Dalla parte delle biblioteche

di Simonetta Buttò

Franca Arduini, Dalla parte delle biblioteche, a cura di Elisabetta Francioni, Sabina Magrini, Roberto Maini, Rino Pensato. Milano: Editrice Bibliografica, 2013, 320 p. (Bibliografia e biblioteconomia. I segni). ISBN 978-88-7075-750-7

Diciannove scritti, selezionati personalmente dall'autrice su una produzione di 117, pubblicati fra il 1970 e il 2012, sono raccolti in questa antologia che copre tutto l'arco della carriera di Franca Arduini: dal primo incarico presso il Dipartimento dei manoscritti della Biblioteca nazionale centrale di Firenze, alla responsabilità delle Sale di consultazione della stessa Biblioteca, fino alla direzione della Biblioteca universitaria di Bologna, della Marucelliana e infine, per 13 anni, della Biblioteca Medicea Laurenziana, fino al volontario pensionamento.
L'antologia ripropone dunque il complesso dell'esperienza pensata e vissuta da una bibliotecaria che ha saputo lasciare traccia di sé nelle biblioteche per le quali ha lavorato e fra i bibliotecari che hanno collaborato con lei, partecipando dei suoi studi, delle sue idee, della sua capacità progettuale, come i quattro curatori del volume, che l'hanno accompagnata nelle varie stagioni della sua carriera.
Articoli apparsi su importanti riviste, professionali e non, italiane e straniere, atti di convegno, cataloghi, conferenze e saggi apparsi in pubblicazioni miscellanee sono stati disposti in quattro corpose sezioni che suddividono il complesso delle testimonianze della presenza attiva di Franca Arduini nel mondo delle biblioteche, secondo un criterio che va dal generale al particolare: La percezione dei problemi accoglie un decennio di studi sui nodi centrali della storia e della politica delle biblioteche italiane, fra cui il celebre Troppi regolamenti, nessuna legge; nella seconda sezione, Nel solco della tradizione, la riflessione sui tradizionali strumenti della professione rappresenta l'innesco per avviare progetti e adottare strategie innovative; segue Libri, raccolte, biblioteche: esercizi di storia,che comprende studi e ricerche nella migliore tradizione erudita, sorretta dalla convinzione - pià volte ricorrente nelle osservazioni dell'autrice - che la ricostruzione delle raccolte attraverso il catalogo, quando esiste, o la loro ricomposizione ideale è addirittura prioritaria rispetto alla descrizione del singolo documento, e infine Bibliotecari ma non solo, dedicato ai grandi maestri che hanno guidato o accompagnato la riflessione dell'autrice lungo l'arco della sua carriera professionale: Desiderio Chilovi, Augusto Campana, Emanuele Casamassima e Claudio Leonardi.
Salvo qualche eccezione (non così vistosa e comunque giustificabile per la pertinenza con la materia trattata), i saggi compresi nelle quattro parti si dispongono lungo un arco cronologico ordinato, dal 1978 (anno dell'uscita del primo saggio della raccolta, Dalla parte del bibliotecario, ma anche dell'utente, su Il Ponte di Enriques Agnoletti), alla pubblicazione dell'unico inedito presente nel volume, dedicato alla figura e al ruolo di Claudio Leonardi nelle biblioteche italiane, quasi a voler indicare una traccia di lettura che accompagna l'evoluzione del pensiero dell'autrice e del suo modo di fare biblioteca.

Nella preziosa intervista a cura di Roberto Maini, premessa alla raccolta1, i grandi temi che hanno pervaso la produzione scritta di Franca Arduini si intrecciano e si sostengono in un discorso ininterrotto nel tempo e saldo nei principi fondamentali, tanto da non essere scalfito dalle pur numerose "riforme" che hanno interessato direttamente e indirettamente nel corso di oltre quaranta anni le biblioteche italiane.
Verrebbe da chiedersi innanzitutto: dalla parte delle biblioteche, oppure dei bibliotecari?
Perché è innegabile che l'oggetto centrale nelle riflessioni dell'autrice consiste nella funzione del bibliotecario, di ieri e di oggi. Tuttavia, a ben vedere, nel pensiero di Franca Arduini biblioteche, utenti e bibliotecari rappresentano una triade inscindibile, perché è evidente che nessuno dei tre elementi ha senso senza gli altri due. Il servizio di biblioteca si fonda infatti sulla conoscenza del fenomeno complesso che mette in azione congiuntamente le collezioni, il sapere scientifico e le esigenze della ricerca (a qualunque livello essa venga esercitata).
La lezione è quella di Chilovi, la grande tradizione fortemente coltivata in ambito fiorentino (di cui l'autrice, romagnola di nascita, è pienamente partecipe), ma direi ostinatamente italiana, che coniuga nella considerazione della tipologia e delle funzioni delle biblioteche italiane le esigenze degli utenti e il ruolo dei professionisti.
Una lezione ancora oggi vitale e ampiamente condivisibile se solo - per dirla con le parole dell'autrice - non si fosse scontrata, perdendo sistematicamente, con «una classe politica che in questo settore, come in altri, ha puntato sempre alla banalizzazione dei problemi, a scelte riduttive e dilatorie [...] rifugiandosi nell'alibi della mancanza di mezzi che nasconde la pericolosa incapacità mentale a concepire investimenti produttivi»2.
Il mancato ascolto della voce delle biblioteche, che è la stessa voce dei bibliotecari e degli utenti, ha comportato negli anni la stratificazione di un " non sistema" bibliotecario, cresciuto senza una guida e nella quasi assoluta indifferenza dei decisori politici e spesso anche della società civile.
Manca ancora oggi una legge generale sulle biblioteche italiane «che le inquadri in un sistema differenziato per ruoli e funzioni», come avrebbe detto Chilovi, ma come è stato tante volte richiamato dopo di lui da Guido Biagi, dalla Commissione Franceschini, da Emanuele Casamassima e da Diego Maltese (e - fuori dalla tradizione fiorentina - si potrebbero aggiungere Luigi De Gregori, Francesco Barberi, Virginia Carini Dainotti).

L'attualità che si riscopre ad ogni rilettura degli interventi di Franca Arduini, non è dunque solo il segno evidente della vitalità e della solidità del suo pensiero, del fatto di non essere contagiata da mode del momento ma interessata a temi di spessore, ma è anche - in negativo - la spia della totale inerzia del sistema bibliotecario italiano che, per dirla con le parole di Paolo Traniello, ha ricevuto con l'Unità d'Italia un assetto rimasto sostanzialmente lo stesso fino ai giorni nostri, a parte lo sviluppo delle biblioteche di ente locale dopo l'avventuroso trasferimento alle regioni delle competenze statali in materia di biblioteche nel 1972.
Un'inerzia del sistema che si riflette soprattutto - come sottolinea l'autrice nell'intervista - nel progressivo ripiegamento della classe dei bibliotecari italiani entro i confini delle discussioni di categoria, incapace di porsi come validi interlocutori rispetto ai poteri decisionali: il silenzio del bibliotecario si va ad aggiungere al silenzio dell'utente, creando quel clima di separatezza, di impermeabilità che avvolge attualmente il mondo delle biblioteche rispetto all'opinione pubblica.
Se però l'attualità del pensiero di Arduini non è in discussione, quello che colpisce - almeno che colpisce noi di una certa generazione - è l'impossibilità di sottrarsi al gioco di specchi che si crea quando si vada a vedere, al di là delle idee, lo spirito, lo stile, il pathos.
Qui si scopre che il suo sentimento, come il nostro, si è come velato nel tempo, essendo subentrata non direi una rassegnazione (ché anzi le tesi appaiono sempre più mature e solidamente argomentate), quanto piuttosto una esperienza permeata di una realistica consapevolezza sulla straordinaria capacità di tenuta della struttura esistente, nonostante le numerose prove delle sua insufficienza, sia a livello gestionale che strategico.
«Quanto al silenzio del bibliotecario, francamente non me lo spiego»3: questa semplice ammissione, che siamo in tanti a condividere in questi anni di tagli reali e di "riforme" annunciate, non offre solo lo spunto all'autrice per ricordare gli «infuocati consigli di istituto della Biblioteca nazionale centrale di Firenze» degli anni Settanta e Ottanta, ma rappresenta anche l'occasione per riflettere sulla libertà d'espressione, non quella concessa nelle varie stagioni della nostra storia, ma quella personalmente (e collettivamente) conquistata.
Nei suoi scritti Franca Arduini pone costantemente il problema dell'identità - a cavallo fra questo e lo scorso secolo - della professione bibliotecaria, almeno di quella intesa ai suoi massimi livelli, sempre entrando nel merito del ruolo e delle funzioni delle biblioteche in rapporto all'evoluzione della società.
Ma la disposizione quasi perfettamente cronologica dei saggi compresi nella raccolta ci porta in primo luogo a fare i conti con una volontà di denuncia che gradualmente lascia il passo a una sempre maggiore severità e capacità di approfondimento specialistico negli studi e sembra indicare un preciso percorso intellettuale.
C'è da una parte l'esperienza personale che non si appaga nella militanza, e rilancia verso la conoscenza, ma dall'altra parte, proprio quando sembra subentrare un ripiegamento, si apre a una discussione che era stata centrale nei suoi primi anni in carriera e che torna sotto altra forma negli ultimi interventi: quella sulla formazione dei bibliotecari, un altro di quei temi nei quali tutto si tiene, l'identità delle biblioteche, la funzione del bibliotecario, l'utente.

Partiamo dalla fine: nell'intervista Arduini sintetizza molti anni di riflessione in tema di formazione professionale rivendicando il valore di una preparazione universitaria «di ampio respiro, che consenta di affrontare poi i temi specifici della biblioteconomia con una base culturalmente solida, anche se non obbligatoriamente solo umanistica»4, seguita da «una scuola di perfezionamento con piani formativi mirati alle varie figure di bibliotecario» da svolgersi in concomitanza con «una non breve e non casuale permanenza in biblioteca, perché è lì che si imparano molte cose che neanche l'università o la scuola di perfezionamento possono insegnare»5.
Le facoltà e i corsi di laurea in beni culturali diffusi in diverse università italiane negli anni Novanta - secondo Arduini - non hanno dato buone prove.
Il modello di riferimento più resistente passa anche in questo caso attraverso la migliore tradizione italiana, quella di Campana, di Casamassima, maestri capaci di dettare il futuro avendo coltivato in proprio discipline del passato, o meglio, a quel modello l'autrice torna oggi dopo avere denunciato a chiare lettere il provincialismo culturale e la povertà del confronto internazionale che ha caratterizzato la storia delle nostre biblioteche negli ultimi 150 anni, consentendo una «progressiva burocratizzazione del ruolo del bibliotecario, un'accentuazione della sua figura amministrativa, mortificandone l'attività scientifica che rimane generalmente un'iniziativa di carattere personale e individuale non organizzata né finalizzata alla conoscenza delle raccolte librarie»6.
Grandi temi di politica bibliotecaria di respiro ampio e scritti storico-filologici sembrano occupare spazi ben definiti all'interno della bio-bibliografia di Arduini, i primi circoscritti all'inizio della carriera, gli altri legati all'esperienza dirigenziale svolta nei decenni successivi, sul campo.
Ma il pensiero ha la sua propria vitalità, e capita, per esempio, che una riflessione sull'attività di catalogazione dei manoscritti connessa all'attuazione del Progetto europeo Rinascimento virtuale - Digitale Palimpsestforschung costituisca lo spunto per alcune interessanti affermazioni sul mutamento del ruolo e della funzione del bibliotecario. «La mia posizione riguardo a una identificazione del ruolo del bibliotecario con quello del catalogatore, sentito come un attributo non delegabile, è mutata», sostiene realisticamente Arduini al momento di assumere un ruolo dirigente per la gestione di un progetto di cooperazione internazionale della durata di tre anni: «il ruolo del bibliotecario, anche di quello conservatore, non si identifica nell'attività diretta della catalogazione, ma nell'organizzazione della catalogazione, anche se non si può escludere la gestione in proprio di quella attività»7.
E forse perché è proprio nell'oscillazione fra esigenze di ricerca e doveri d'ufficio il nodo centrale della storia della professione bibliotecaria, e non solo in Italia: un fenomeno complesso e ambivalente per capire il quale si deve tenere conto di problematiche interne legate allo sviluppo della professione nelle diverse epoche e delle sue successive specializzazioni.

Non è un caso che uno dei personaggi che ricorre di frequente negli scritti di Franca Arduini sia Maria Ortiz, indomabile donna d'azione " dalla parte delle biblioteche", bibliotecaria per vocazione ma con forti interessi scientifici, anche accademici, nel campo degli studi letterari italiani, francesi e tedeschi, e particolarmente della storia del teatro, che ha lottato tutta la vita contro il conflitto interiore fra gli studi e la professione, cercando faticosamente la conciliazione fra due istanze che non si prestano ad essere considerate alternative nello spirito, ma che spesso si incastrano malamente una dentro l'altra nella vita.
Nel caso di Maria Ortiz il dilemma personale - dopo una serie di oscillazioni fra la rigidità di una posizione di principio (quella di impegnarsi senza ripensamenti nella professione che si è scelta) e il rispetto delle legittime aspirazioni dei funzionari di biblioteca a coltivare nonostante la routine quotidiana più alti interessi scientifici - aveva trovato alla fine uno sbocco tutto interno alla professione stessa:

Se i miei colleghi volessero permettermi di rivolgere loro la stessa esortazione che da qualche tempo vado rivolgendo a me stessa, direi loro di non persistere nel generoso errore, in cui più o meno siamo tutti caduti: di sacrificare alle nostre Biblioteche ogni nostra più legittima ed accessibile soddisfazione personale, di non annientarsi troppo in esse [...]. A noi lo sforzo di riguadagnare posizioni di testa nel campo della scienza militante; non per una sterile e tardiva ambizione; ma per mettere quanto ne ritrarremo di sapere e prestigio ancora a servizio delle Biblioteche italiane8,

concludeva al Congresso dell'AIB del 1932.
Una posizione ripresa oltre 30 anni più tardi da Francesco Barberi, rivendicando l'utilità per lo sviluppo razionale delle biblioteche e della professione che i bibliotecari coltivino, insieme ai doveri d'ufficio, seri studi professionali («due attività, d'altronde, difficilmente separabili, data la singolare natura del nostro lavoro, le cui conoscenze specifiche sono soggette a continuo approfondimento ed esigono un aggiornamento incessante; cosicché può dirsi che trattasi piuttosto di due aspetti, integrantisi e soccorrentisi a vicenda, di un'attività unica»9). Dal momento però che il mondo moderno ha favorito una grande espansione delle funzioni delle biblioteche, anche gli interessi e gli orizzonti intellettuali del bibliotecario si sono aperti a diversi settori della conoscenza: «Oggi non solo l'erudizione bibliologica e bibliografica coi suoi perfezionati metodi di ricerca, ma la teoria e le tecniche dell'informazione, della comunicazione e della documentazione, i problemi psicologico-sociali della lettura, del loisir, della educazione degli adulti - oltre, s'intende, gli argomenti più strettamente biblioteconomici - rientrano di pieno diritto nelle competenze del bibliotecario»10.
Un progressivo allargamento di prospettiva, ma anche una modifica sostanziale degli ambiti disciplinari, che ricorre nella storia e accompagna anche i bibliotecari di oggi nel corso della loro carriera.
Lo stesso percorso compiuto da Franca Arduini che, passando da un iniziale atteggiamento di chiusura (il bibliotecario studioso «può continuare a studiare, ma il suo studio è una fuga dalla realtà»11), alla consapevolezza della varietà delle competenze indispensabili per svolgere la propria missione («Le figure del bibliotecario e del direttore devono entrambe essere 'arricchite' da esperienze organizzative e progettuali necessarie a gestire le risorse»12) ha, nei fatti, restituito il senso del proprio impegno nella vita delle biblioteche italiane.
Proprio in questi giorni mi è capitato di leggere uno studio comparativo sul passaggio dal bibliotecario erudito al bibliotecario moderno, che esamina, anche con riferimento alla tradizione americana, come le innovazioni organizzative e tecnologiche introdotte in Inghilterra, Francia e Germania, grazie ad un orientamento sempre più marcato verso la fornitura di servizi al pubblico, soprattutto in tema di catalogazione e classificazione, abbiano finito per seminare nelle grandi biblioteche di ricerca europee il germe di una grave crisi della professione bibliotecaria, sia con riguardo all'immagine percepita all'esterno, da parte della comunità scientifica di riferimento, che in merito all'autorappresentazione, e dunque all'autostima, del bibliotecario13. Lo studio si fonda sull'analisi di testi ottocenteschi, come quelli di Ebert, Petzhold, Edwards, che costituiscono gli stessi punti di riferimento che Franca Arduini ha avuto presenti nei suoi scritti, sia storici che militanti e si conclude con queste parole:

Crestadoro's quip that " It is the duty of a librarian to make himself useless" arguably holds true in two senses: firstly, technical advances from within the profession will always be inclined to render librarians superfluous; secondly, librarians' own image-building, particularly when it rests on a view of librarianship as the handmaiden of scholarship, does not necessarily foster professional self-esteem. The situation of academic librarians in nineteenth-century Western Europe offers a representative example of a tension between self and other that seems to bedevil librarians — and not only those of the nineteenth century14.

Adattabilità e cambiamento sono dunque basilari nella storia della professione, ma possono metterci improvvisamente di fronte anche a capovolgimenti non previsti che ci mostrano il rovescio della medaglia. Come diceva Renato Serra: «Ma io voglio sapere di più, non solo che cosa si è cambiato, e come, ma anche se c'è stato guadagno. Non è una domanda oziosa; ogni generazione ha bisogno di far qualche volta il suo esame di coscienza e il suo bilancio morale»15.
Franca Arduini ha fatto per sé e per la sua generazione questo esame di coscienza, questo bilancio morale: le ragioni delle biblioteche vi sono esposte attraverso pensieri e idee che traggono origine da una sensibilità umana e morale, ma anche da una coscienza politica (in senso lato) di rara forza ed efficacia.
Anche il suo libro è, come ha osservato Francesco Erspamer a proposito degli scritti di Gramsci, «Una lettura opportuna [...] per affrontare le tante scomode verità del nostro tempo senza cedere alla paralizzante rassegnazione dei pessimisti né all'ottimismo metafisico degli integralisti»16.

NOTE

[1] A colloquio con Franca Arduini, p. 27-34.

[2] Sulla formazione professionale del bibliotecario in Italia(1980), p. 46.

[3] A colloquio con Franca Arduini cit., p. 29.

[4] Ivi, p. 27.

[5] Ivi, p. 28.

[6] Sulla formazione professionale del bibliotecario in Italia cit., p. 57.

[7] "Rinascimento virtuale" : il ruolo delle biblioteche e delle istituzioni culturali italiane nell'ambito del Progetto (2002), p. 152. Ma cfr. anche Digitalizzare per catalogare (2010), p. 177-178.

[8] Maria Ortiz, L'acquisto dei libri nelle biblioteche governative italiane, in: Il secondo Congresso dell'Associazione dei bibliotecari italiani, Modena-Firenze, 12-15 giugno 1932, «Accademie e biblioteche d'ltalia», 6 (1932/33), n. 5, p. 475.

[9] Francesco Barberi, Gli studi del bibliotecario, «Bollettino d'informazioni AIB», 1 (1961), n. 4/5, p. 202.

[10] Ivi, p. 203-204.

[11] L'affermazione, che è tratta da una intervista pubblicata su «Biblioteche oggi» del 1988, è ripresa in A colloquio con Franca Arduini cit., p. 30.

[12] Ivi, p. 31.

[13] Catherine Minter, Academic library reform and the ideal of the librarian in England, France, and Germany in the long Nineteenth Century, «Library & information history», 29 (2013), n. 1, p. 19-37.

[14] Ivi, p. 37.

[15] Renato Serra, Scritti critici, Firenze: Casa editrice italiana, 1910, p. 92. La frase è ripresa e ampiamente discussa da Alberto Petrucciani nel suo Libri e libertà : biblioteche e bibliotecari nell'Italia contemporanea, Manziana: Vecchiarelli, 2012, p. 289.

[16] Francesco Erspamer, Harvard Diary, http://www.italica.rai.it/scheda.php?scheda=gramsci_nelmondograndeeterribile.