La monografia scientifica e le sfide dell'accesso aperto

di Andrea Capaccioni

Introduzione

Il presente saggio intende proporre un'analisi dei rapporti che intercorrono tra la monografia scientifica e il modello di comunicazione proposto dall'Open Access (OA). Per monografia o libro scientifico intendiamo, seguendo la definizione del sociologo americano John B. Thompson, un lavoro di ambito accademico scritto su un argomento da uno o più studiosi e destinato a essere principalmente utilizzato da altri esperti1. La monografia andrebbe distinta dal manuale universitario, anche se non è raro trovarli accomunati nella letteratura sull'argomento, in quanto quest'ultimo svolge una funzione più propriamente didattica o di introduzione a tematiche riguardanti le diverse discipline. Il termine OA è riferito a una precisa modalità di diffusione della letteratura scientifica, messa a punto da un gruppo internazionale di studiosi nel corso dell'ultimo decennio del secolo scorso, che presenta specifiche caratteristiche (green e gold road, repository istituzionali o disciplinari, ecc.). L'OA è talvolta accostato in modo non corretto ad altre forme di distribuzione gratuita delle risorse digitali online come i free books, gli e-book contenuti nelle biblioteche digitali, Google books, ecc. Deve essere invece inteso come un «rivoluzionario modo di accesso» (Peter Suber) ai prodotti della letteratura scientifica resi disponibili gratuitamente online e privi della maggior parte delle restrizioni imposte dal diritto d'autore e da altri tipi di licenze d'uso2.

Oltre la crisi

«Le roi est mort, vive le roi» con questa formula nella Francia di Antico Regime si annunciava la morte del re e l'arrivo del suo successore. Potremmo prendere in prestito questa espressione per descrivere lo stato di salute della monografia accademica: un tema ricorrente nella letteratura è infatti quello della sua crisi. Da più di trent'anni sono segnalati costanti cali di vendite e negli ultimi tempi è stata messa in evidenza una sostanziale marginalizzazione del libro nell'ambito delle scienze umane e sociali (HSS - Humanities and Social Sciences)3. Di che tipo di crisi si tratta? Gli esperti parlano di un progressivo declino commerciale, ma i segnali sono discordanti. Negli Stati Uniti, per esempio, è stato evidenziato un calo costante delle vendite delle monografie scientifiche sia nel breve (1985-1989, -27,76%) sia nel lungo periodo (1986-1996, -21%)4. In pochi decenni, gli editori americani sono passati da una tiratura media per libro superiore alle duemila copie a una di poche centinaia5.
Il libro scientifico soffre a causa di due fattori: gli alti costi di produzione e le dimensioni del suo mercato. Da un lato esso infatti esige degli investimenti specifici, si pensi alle spese per garantire un'adeguata qualità scientifica delle opere pubblicate (comitati di esperti anche internazionali, attività redazionale, ecc.), e dall'altro non può contare che su un ristretto segmento di mercato costituito sostanzialmente dagli studiosi delle singole discipline e dalle biblioteche universitarie che però negli ultimi anni hanno dovuto ridimensionare sensibilmente gli acquisti. Il declino commerciale della monografia ha dunque decretato la sua scomparsa dalla scena editoriale? Robert Darnton con la consueta ironia ha scritto che il libro scientifico è stato dichiarato così tante volte morto che gode di ottima salute6. è dunque indispensabile analizzare i dati di questa crisi con attenzione. A fronte di un calo delle vendite ampiamente documentato, registriamo un costante aumento del numero dei libri pubblicati. Nel periodo 1986-2000 le university press statunitensi avevano incrementato la produzione annua di monografie da 145 a 2267. La spiegazione a questa apparente contraddizione sta nel fatto che era cresciuta (e cresce) non solo negli Stati Uniti, l'esigenza da parte degli studiosi di pubblicare libri per migliorare la loro condizione accademica. Va ricordato che il libro scientifico non è una prerogativa esclusiva delle discipline umanistiche e sociali, anche se le scienze pure da tempo hanno deciso di privilegiare l'articolo di rivista. Nelle discipline HSS la monografia è stata definita «the cellulose-based engine of academic life in the humanities and social sciences»8. Ancora oggi la carriera accademica di uno storico americano o di uno studioso di biblioteconomia italiano, solo per fare due esempi, è determinata dalla presenza nei rispettivi curricoli di una o più monografie9. Le scienze naturali, quelle sociali e le discipline umanistiche, le «tre culture» secondo Jerome Kagan, «pensano lo stesso evento in modi diversi» e per questo motivo hanno sviluppato linguaggi differenti e selezionato gli strumenti del comunicare più adeguati alle loro esigenze10.

Da free a open. Origini di un fenomeno editoriale

Il ruolo che la monografia ha conservato nel mondo universitario, e in particolare in alcune aree disciplinari, costituisce la sua migliore garanzia di sopravvivenza. Non è corretto dunque parlare di declino del libro scientifico, bisognerebbe far invece riferimento a una lunga fase di transizione in corso durante la quale gli editori sperimentano nuove soluzioni anche grazie alle opportunità offerte dalla tecnologia digitale e dalla rete.
I primi esperimenti di libri accessibili online in modo gratuito non sono nati in ambito accademico, ma sono stati realizzati grazie all'intuizione di alcuni esperti come Michael Hart che allora utilizzava il Bulletin Board System, un precursore del Web11. Nel 1971 Hart aveva fondato il Project Gutenberg con lo scopo di rendere disponibili in rete, senza fini di lucro, opere letterarie di pubblico dominio12. Il primo etext, questo il termine impiegato, fu la Dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti curata dallo stesso Hart, a cui seguirono negli anni Alice in Wonderland, le opere di Shakespeare, la Bibbia e altri testi13. Fu un processo graduale, Hart stesso ha fatto notare che nel 1991 si potevano trovare in rete solo 18 «eText/eBook»14. I tempi erano però maturi per una svolta e nel giro di pochi anni, anche grazie all'avvento di Internet, il numero dei libri online aumentò in modo consistente15. Questo nuovo fenomeno suscitò l'interesse del mondo editoriale americano e in particolare delle university press molto impegnate nell'affrontare il rilancio del libro scientifico. Una prima importante iniziativa fu presa nel 1994 dalla MIT Press. L'editore legato al Massachusetts Institute of Technology rese disponibile attraverso il proprio sito una copia gratuita in formato HTML del saggio di William J. Mitchell, City of Bits. Space, place, and the Infobahn mettendo contemporaneamente in vendita l'edizione cartacea attraverso i canali tradizionali16. La sperimentazione, antesignana del modello definito "ibrido" ancora oggi diffuso, fornì indicazioni interessanti: nonostante la disponibilità della copia gratuita online, l'edizione a stampa riuscì a vendere 10.000 copie. Una curiosità: l'opera è ancora oggi presente nel catalogo dell'editore, mentre non è più disponibile l'e-book. A metà degli anni Novanta del secolo scorso, anche un'altra casa editrice americana, The National Academies Press (NAP), propose gratuitamente alcuni saggi in formato elettronico e successivamente altri editori, come l'Australian National University Press, ne seguirono l'esempio17.
L'esigenza di affrontare i problemi legati alla diffusione del libro scientifico spinse gli editori universitari a cercare nuove soluzioni. Il direttore della NAP, Scott Lubeck, aveva già capito nel 1994 che la rete, allora allo stato nascente, si sarebbe potuta trasformare in un importante strumento di propaganda per le attività della casa editrice e per il rilancio delle monografie18. Le iniziative promosse in questa fase, senza dubbio lungimiranti, ispirarono altri tentativi, ma restarono ancora per qualche anno circoscritte a una ristretta (anche dal punto di vista geografico) cerchia di editori accademici. I tempi non erano ancora maturi. Bisogna attendere il primo decennio di questo secolo per tornare a sentir parlare di e-book gratuiti, anche se non si tratterà solo di libri accademici. Il caso più noto è quello di Google, che nel 2004 lancia l'iniziativa di Google Print, una raccolta online di volumi digitalizzati parte dei quali scaricabili gratuitamente19. L'azienda californiana ha poi deciso di cambiare la denominazione in Google Books e di connotare il progetto in modo più commerciale trasformandola in parte in una piattaforma rivolta agli editori interessati a una maggiore visibilità online e in parte in una grande libreria virtuale dedicata ai lettori (Google Play). In questo periodo inizia a diffondersi l'espressione Open Access books (OA books).

La monografia e il movimento OA

Il movimento dell'Open Access (OA) si andava consolidando in quegli stessi anni. La sua storia è nota: i sostenitori dell'OA si erano posti in modo critico nei confronti di alcuni grandi editori internazionali accusati di mettere a rischio l'accesso alla letteratura scientifica20. L'interesse del movimento si era concentrato fin dagli inizi su un prodotto editoriale: gli articoli scientifici. Basta esaminare i documenti fondativi per rendersi conto che delle monografie non c'è traccia. Non troviamo alcun cenno nella dichiarazione denominata Budapest Open Access Initiative del 200121; nel Bethesda Statement del 2003 si può rintracciare un riferimento generale all'editoria scientifica, ma gli editori sono definiti «journal publishers»22; e nella Berlin Declaration (2003) si utilizza la generica espressione «pubblicazioni di risultati originali della ricerca scientifica», ma le monografie a differenza delle riviste non sono menzionate23. Quali possono essere state le cause di questa disattenzione? Non va sottovalutato l'elemento culturale: gran parte di coloro che avevano aderito al movimento dell'OA appartenevano, almeno in una prima fase, all'area scientifica. Basti ricordare che solo 5 dei 16 firmatari del manifesto di Budapest facevano parte dell'ambito umanistico. La causa principale va tuttavia rintracciata nella natura editoriale della monografia scientifica. Peter Suber sostiene che il movimento OA si è concentrato sulle riviste scientifiche in quanto gli autori non sono pagati per la pubblicazione di una articolo e pertanto non subiscono un danno economico24. Il libro lega invece l'editore e l'autore a una maggiore condivisione di scelte. Autore ed editore si trovano accomunati nello sfruttamento economico dell'opera ed è per questo che potrebbero mostrarsi meno disponibili a concedere spazio a modalità alternative (e gratuite) di diffusione della stessa. Da un lato l'editore teme di non ricavare un adeguato guadagno, tenuto conto delle spese sostenute per la pubblicazione, dall'altro l'autore deve rinunciare ai proventi che gli spettano (royalty).

Open Access book: più modelli per affrontare la crisi del libro scientifico

In uno dei precedenti paragrafi abbiamo visto come a metà degli anni Novanta del secolo scorso ci fossero stati dei tentativi da parte di un ristretto numero di editori accademici di rilanciare il libro scientifico anche attraverso l'adozione di modalità di produzione e distribuzione alternative. Alla fine del decennio scorso, in un contesto economico e sociale sensibilmente mutato, alcuni editori europei e americani decisero di riprendere la sperimentazione in questo settore in collaborazione con alcune istituzioni pubbliche e private, anche alla luce di una maggiore consapevolezza del ruolo dell'OA25. Una delle prime tappe di questo nuovo cammino è stata senza dubbio l'istituzione nel 2008 in Olanda dell'Open Access Publishing in European Networks (OAPEN), dal 2011 trasformato in fondazione, con lo scopo di riunire editori pubblici e privati di ambito umanistico e delle scienze sociali interessati ad un approccio OA-oriented26. OAPEN Foundation è oggi impegnata nell'elaborazione di nuovi standard (valutazione, copyright, metadati, ecc.), nella cura di un catalogo online di monografie ad accesso aperto e nella partecipazione alla realizzazione della Directory of Open Access books (DOAB), un discovery tool dedicato alle monografie scientifiche ad accesso aperto27. Gli e-book presenti in DOAB, quasi duemila libri di più di sessanta editori di diverse nazionalità, sono sottoposti a un processo di valutazione scientifica e sono disponibili con licenze Creative Commons. Sempre nel 2008, una sorta di annus mirabilis per i destini dell'OA book, ha iniziato a operare anche l'Open Access Scholarly Publishers Association (OASPA) con la finalità di coordinare editori privati e enti pubblici, non solo europei, interessati alle pubblicazioni OA28. Tra i fondatori troviamo BioMed Central, Hindawi Publishing, Journal of Medical Internet Research, Medical Education Online, Public Library of Science, SAGE, SPARC Europe e la biblioteca dell'Università di Utrecht. L'associazione realizza ricerche di settore, contribuisce all'elaborazione di standard e promuove le migliori pratiche per il sostegno e la diffusione della comunicazione scientifica ad accesso aperto. OASPA fin da subito si è occupata di riviste scientifiche, ma dal 2010 ha cominciato a interessarsi anche delle monografie ad accesso aperto. Da segnalare infine l'attività di SOAP (Study of Open Access publishing), un progetto promosso tra il 2009 e il 2011 dalla Commissione Europea in collaborazione con BioMed Central, SAGE, Springer Science and Business Media, CERN, Max Planck, Science, technology facilities Council29. SOAP ha avuto il compito di studiare lo stato dell'arte della produzione OA e di proporre alcune soluzioni in grado di coinvolgere diversi soggetti in questo tipo di editoria30.
Per fare ora il punto, necessariamente provvisorio in quanto il panorama sta cambiando con grande rapidità, sui più recenti orientamenti del mondo editoriale OA ci affidiamo all'analisi dell'olandese Eelco Ferwerda, un esperto che ha iniziato il suo percorso professionale presso l'Amsterdam University Press (AUP) per poi passare alla presidenza dell'Association of European University Presses (AEUP) e successivamente alla direzione dell'Open Access Publishing in European Networks (OAPEN). Il quadro complessivo mostra un settore di nicchia, ma in espansione. Al momento nel mondo si possono contare 55 editori universitari che pubblicano con regolarità libri o collane OA: il 47% è concentrato in Europa, il 36% negli Stati Uniti; prevalgono le pubblicazioni in lingua inglese (60%)31. Gli editori OA sono in maggioranza non-profit (81%), seguono quelli commerciali (19%); il 71% delle imprese editoriali viene compresa nel novero delle university press. Ferwerda ha proposto di raggruppare in quattro categorie i business model utilizzati dagli editori per la realizzazione di monografie scientifiche ad accesso aperto32. Nella prima sono riunite le iniziative che prevedono di coprire le spese per sostenere la pubblicazione degli OA books attraverso la commercializzazione della copia a stampa o digitale. è la cosiddetta modalità ibrida, sperimentata come abbiamo visto fin dalle prime fasi dell'editoria OA e ancora oggi molto diffusa: l'editore mette a disposizione del lettore una versione gratuita e ad accesso aperto del volume, in genere online (HTML), mentre le copie a stampa (ricorrendo anche al print on demand) o digitali dello stesso sono vendute attraverso i canali commerciali. La seconda categoria raccoglie le iniziative che sovvenzionano la realizzazione degli OA book con il ricorso all'uso di fondi in particolare di provenienza pubblica (borse per la ricerca, stanziamenti delle università, ecc.). Secondo alcune critiche il ricorso a risorse pubbliche impegna le istituzioni a finanziare attività editoriali a discapito di interventi in altri settori come la ricerca33. La terza categoria include una modalità diffusasi in tempi recenti e che può ricondursi al modello definito author side publication fee. In questo caso, per la pubblicazione della versione OA di un articolo o di un volume l'editore richiede all'autore il pagamento di un contributo, il più delle volte corrisposto dall'istituzione presso cui lavora. Nell'ultima categoria sono raggruppate alcune esperienze innovative. Tra queste ne segnaliamo due: Freemium e Knowledge Unlatched. Freemium è un progetto francese di natura pubblica lanciato nel 2011 da OpenEdition, un portale internet che offre alla comunità scientifica dei servizi editoriali basati su web, il cui scopo è quello di promuovere la pubblicazione di monografie OA34. OpenEdition opera nell'ambito delle scienze umane e sociali e ha adottato una particolare versione del modello ibrido che abbiamo in precedenza esposto. Attraverso il sito web, l'editore rende disponibile una versione HTML e OA della monografia e in più aggiunge dei servizi a pagamento: il print on demand del volume o la realizzazione di versioni digitali ottimizzate per tablet, telefonini, ecc. La novità consiste nel coinvolgimento delle biblioteche, in particolare quelle universitarie, che diventano il principale soggetto finanziatore delle iniziative editoriali. Le biblioteche, o meglio i sistemi bibliotecari di ateneo, attraverso la sottoscrizione di un abbonamento accedono a una piattaforma web che mette loro a disposizione la collezione delle monografie scientifiche OA edite da Freemium in diversi formati elettronici. In questo modo essi contribuiscono a finanziare l'intero progetto il cui ricavato per due terzi viene distribuito alle riviste e agli editori che si sono impegnati a pubblicare prodotti scientifici ad accesso aperto e per un terzo è utilizzato per finanziare lo sviluppo della stessa piattaforma web. Anche la seconda iniziativa riserva alle biblioteche universitarie un ruolo essenziale. Knowledge Unlatched nasce nel 2012 da un'idea di Frances Pinter, fondatrice delle edizioni Pinter e poi responsabile della casa editrice Bloomsbury Academic35. All'inizio del 2014 l'organizzazione ha proposto un'iniziativa denominata Pilot Collection con l'obiettivo di realizzare pubblicazioni scientifiche OA attraverso un'attiva collaborazione con gli editori e con le biblioteche. Alcune biblioteche accademiche sono state invitate a versare un contributo (title fee) per sostenere la pubblicazione di 28 nuovi libri ad accesso aperto proposti da 13 importanti editori accademici36. Più di 250 biblioteche di venti paesi hanno aderito all'iniziativa e in questo modo hanno fornito i finanziamenti necessari per pubblicare in formato PDF e OA (con licenza Creative Commons) i volumi selezionati che sono ora disponibili sulle piattaforme OAPEN e HathiTrust. Secondo gli ideatori del progetto la riuscita dell'iniziativa mostra come sia possibile garantire la sostenibilità delle pubblicazioni OA anche grazie a un modello basato sulla collaborazione tra i diversi soggetti (autori, editori e biblioteche).

Conclusioni

Tutto è cominciato con una sperimentazione, la pubblicazione online di alcune monografie gratuite, che aveva preceduto di poco la nascita del movimento dell'OA. In questo modo sono state gettate le basi per un futuro dialogo tra le esigenze della comunità accademica e quelle degli editori. Nella seconda parte degli anni Novanta del secolo scorso però le parti si sono spesso trovate in disaccordo su molte questioni, eccetto una, sia pure per ragioni diverse: il disinteresse verso la monografia. I sostenitori dell'accesso aperto erano convinti che l'opzione OA applicata ai libri avrebbe danneggiato economicamente gli autori, mentre gli editori in un primo tempo avevano incluso questo prodotto tra quelli da considerare in declino. Negli ultimi anni, come abbiamo visto, il mondo dell'editoria scientifica è tornato a investire sulle monografie e a sperimentare nuove forme di pubblicazione. Tutto ciò è stato favorito anche da una progressiva apertura degli editori nei confronti dell'OA, come dimostra la disponibilità al dialogo espressa dell'International Publishers Association concretizzatasi nel 2009 con la sottoscrizione con l'IFLA di un documento sull'accesso aperto37. Gli editori hanno capito che in un settore così complesso come quello scientifico si deve necessariamente puntare su soluzioni diversificate e tra queste includere l'accesso aperto. In questo modo gli OA book sono entrati a far parte dei modelli di business. Non mancano certo le situazioni critiche, come per esempio la presenza di alcune iniziative editoriali che hanno come unico scopo lo sfruttamento economico dell'OA38. Tuttavia dalle analisi che abbiamo proposto ci sembra sia emerso con sufficiente chiarezza che gli editori accademici hanno svolto un ruolo di primo piano nel rilancio della monografia scientifica ad accesso aperto.

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

Ultima consultazione siti web: 8 luglio 2014.

[1] «A work of scholarship on a particular topic or theme which is written by a scholar (or scholars) and intended for use primarily by other scholars», John B. Thompson, Books in the digital age: the transformation of academic and higher education publishing in Britain and the United States. Cambridge (UK): Polity, 2005 [Kindle edition], cap. 4, par. The field of academic publishing.

[2] Peter Suber, Open Access. Cambridge, Massachusetts; London, England: The MIT Press, 2012, p. 4. Si veda anche Ernest Abadal, Open Access: l'accesso aperto alla letteratura scientifica. Milano: Ledizioni, 2014, http://ledibooks.com/openaccess/.

[3] John B. Thompson, Books in the digital age, cit.

[4] Jennifer W. Thompson, The death of the scholarly monograph in the humanities? Citation patterns in literary scholarship, «Libri», 52 (2001), n. 3, p. 121-122.

[5] John B. Thompson, Books in the digital age, cit., cap. 4, par. The decline of the scholarly monograph.

[6] Robert Darnton, A program for reviving the monograph, «Perspectives on history», 37 (March 1999), n. 3, http://goo.gl/rQ5uIJ. Alcune osservazioni sull'argomento si possono trovare anche in: Robert Darnton, Il futuro del libro. Milano: Adelphi, 2011.

[7] John B. Thompson, Books in the digital age, cit.

[8] John Willinsky, Toward the design of an Open Monograph Press, «Journal of electronic publishing», (February 12th, 2009), n. 1, http://dx.doi.org/10.3998/3336451.0012.103.

[9] Per gli Stati Uniti si veda Blaise Cronin; Kathryn La Barre, Mouse and Milton: book publishing in the humanities, «Learned publishing», 17 (2004), p. 85-98. Per l'Italia si può far riferimento ai criteri di valutazione per l'abilitazione all'insegnamento universitario (in particolare per le aree HSS) recentemente elaborati dall'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR).

[10] Jerome Kagan, Le tre culture. Scienze naturali, scienze sociali e discipline umanistiche nel XXI secolo. Milano: Feltrinelli, 2013.

[11] Per una introduzione alla storia e agli scopi del progetto si veda: Michael Hart, The History and Philosophy of Project Gutenberg, http://www.gutenberg.org/wiki/gutenberg:the_history_and_philosophy_of_project_gutenberg_by_michael_hart.

[12] Cfr. http://www.gutenberg.org/.

[13] Michael J. Jensen, Michael Hart, 1947-2011, defined the landscape of digital publishing, «Chronicle of higher education», (September 12th 2011), http://chronicle.com/article/michael-hart-who-defined-the/128953/.

[14] Michael Hart, How etexts will become the "killer app" of the computer revolution, http://www.gutenberg.org/wiki/Gutenberg:How_eTexts_Will_Become_the_%22Killer_App%22_of_the_Computer_Revolution_by_Michael_Hart.

[15] Si veda Andrea Capaccioni, Le biblioteche dell'università. Storia, modelli, tendenze. Milano: Apogeo, 2012, [EPUB edition], in particolare il par. 2.4 Lavori in corso: monografie ad accesso aperto.

[16] John B. Thompson, Books in the digital age, cit., cap. 13 Academic publishing and the digital revolution, par. Academic books as digital.

[17] Cfr. http://www.openoasis.org/index.php?option=com_content&view=article&id=348&itemid=381.

[18] Barbara K. Pope, How to succeed in online markets: National Academy Press: a case study, «Journal of electronic publishing», 4 (May, 1999), n. 4, DOI: http://dx.doi.org/10.3998/3336451.0004.408.

[19] Cfr. Google Books history, https://www.google.com/googlebooks/about/history.html.

[20] Per una ricostruzione più ampia si veda Mauro Guerrini, Gli archivi istituzionali. Open Access, valutazione della ricerca e diritto d'autore, a cura di Andrea Capaccioni. Milano: Editrice Bibliografica, 2010, p. 9-19, http://eprints.rclis.org/15609/. Si veda anche Maria Cassella, Open Access e comunicazione scientifica. Verso un nuovo modello di disseminazione della conoscenza. Milano: Bibliografica, 2012.

[21] Si veda Paola Castellucci, Dichiarazione di Budapest per l'accesso aperto. Testo e commento, «Nuovi annali della Scuola speciale per archivisti e bibliotecari», 24 (2010), p. 131-158.

[22] Budapest Open Access Initiative (2001), http://www.soros.org/openaccess: «Either the Open Access Movement began (as I prefer to think) in the '80s or perhaps even the '70s, when (some) researchers first began making their papers freely accessible online in anonymous FTP archives, or it began with the Budapest Open Access Initiative (BOAI) (2001), where the term "Open Access (OA)" was first coined (a few months after the first meeting, just as "Open Archives" had been coined a few months after the Santa Fe meeting)», Stevan Harnad, 12th Anniversary of the birth of the Open Archives Initiative (sic), (Thursday, October 20th 2011). In: Open Access Archivangelism, http://openaccess.eprints.org/index.php?/archives/846-12th-anniversary-of-the-birth-of-the-open-archives-initiative-sic.html. Bethesda Statement on Open Access Publishing (2003), http://www.earlham.edu/~peters/fos/bethesda.htm.

[23] Berlin Declaration (2003), http://oa.mpg.de/berlin-prozess/berliner-erklarung/.

[24] Peter Suber, Open Access cit., p. 106-112.

[25] The Association of American University Presses, Sustaining scholarly publishing: new business models for university presses. A report of the AAUP task force on economic models for scholarly publishing, (March 2011), p. 18, http://www.aaupnet.org/policy-areas/future-of-scholarly-communications/task-force-on-economic-models-report.

[26] Cfr. http://www.oapen.org/.

[27] Cfr. http://www.doabooks.org.

[28] Cfr. http://www.oaspa.org/.

[29] Cfr. http://project-soap.eu.

[30] Si veda Andrea Capaccioni, Le biblioteche dell'università. Storia, modelli, tendenze, cit.

[31] Eelco Ferwerda, OA models for monographs gaining momentum. In: Academic publishing in Europe. Berlin, (January 2013), http://river-valley.tv/media/conferences/ape-2013/0203-Eelco-Ferwerda/.

[32] Ibidem. Su una precedente suddivisione proposta dello stesso Ferwerda si veda Andrea Capaccioni, Le biblioteche dell'università. Storia, modelli, tendenze, cit. Per un esame dei singoli modelli di editoria libraria OA si veda: OA book business models. In Open Access Directory, http://oad.simmons.edu/oadwiki/OA_book_business_model; The Association of American University Presses, Sustaining scholarly publishing: new business models for university presses, cit.; Janneke Adema, Overview of Open Access: models for ebooks in the humanities and social sciences, OAPEN, 2010, http://project.oapen.org/images/documents/openaccessmodels.pdf; John Willinsky, Monograph funding, [Working Paper], 29 june 2008, http://pkp.sfu.ca/files/Monograph%20Funding_0.doc.

[33] Si veda per esempio: Kent Anderson, OA rhetoric, economics, and the definition of "research", «The Scholarly Kitchen», 7 september 2011, http://scholarlykitchen.sspnet.org/2011/09/07/oa-rhetoric-economics-and-the-definition-of-research/; Piero Attanasio, Elogio della promiscuità: editoria Open Access, archivi istituzionali, editoria tradizionale tra pubblico e privato. In: Pubblicazioni scientifiche, diritti d'autore e open access: atti del Convegno tenuto presso la Facoltà di giurisprudenza di Trento il 20 giugno 2008. Trento: Università degli studi di Trento, 2009, p. 199-219.

[34] Cfr. OpenEdition Freemium, http://www.openedition.org/8873.

[35] Frances Pinter, Rethinking the role and funding of academic book publishing, average rating. In: O'Reilly TOC Conference, 24 febbraio 2010, New York, http://www.toccon.com/toc2010/public/schedule/detail/11833.

[36] Cfr. Knowledge Unlatched Pilot Collection, http://collections.knowledgeunlatched.org/collection-availability-1/.

[37] Enhancing the debate on Open Access. A joint statement by the International Federation of Library Associations and Institutions and the International Publishers Association, May 2009, http://www.ifla.org/news/joint-iflaipa-statement-enhancing-the-debate-on-open-access. Per l'Italia segnaliamo la dichiarazione dell'Associazione italiana editori, Un contributo dell'Associazione italiana editori al dibattito sull'Open Access (2010), http://goo.gl/aiBOZg in cui si afferma, tra distinguo e accenni critici, la condivisione dei principi dell'OA.

[38] Un esempio è costituito dall'OA publication option, una tassa che alcuni editori richiedono agli autori per pubblicare in accesso aperto i loro contributi. La option può avere effetti positivi in quanto favorisce l'aumento del numero di articoli OA nei periodici ad accesso a pagamento, ma in realtà tradisce la sua vera natura e cioè quella di sfruttare una modalità di diffusione della letteratura scientifica caratterizzata da ben altri fini.