Ripensare spazi e collezioni: best practices dall'IFLA Satellite Conference "Space and collections earning their keep: transformation, technologies and re-tooling" (Parigi, 13-14 agosto 2014)

di Sara Dinotola

Il 13 e il 14 agosto 2014 si è tenuta presso la Bibliothèque Universitaire des Langues et Civilisations (BULAC) di Parigi la conferenza satellite dell'IFLA dal titolo "Space and collections earning their keep: transformation, technologies and re-tooling", organizzata dall'IFLA Acquisition and Collection Development Section e dall'IFLA Library Buildings and Equipement Section, i cui ambiti di competenza risultano strettamente connessi. È da notare, infatti, che le decisioni riguardanti il collection management (dall'acquisizione di risorse cartacee ed elettroniche, ad una costante revisione finalizzata allo scarto o al trasferimento dei materiali meno utilizzati in magazzini esterni) trovano, o dovrebbero trovare, riscontro in un adattamento degli spazi della biblioteca. Viceversa, quando si decide di costruire una nuova struttura bibliotecaria, la progettazione architettonica e dell'organizzazione interna deve tenere necessariamente conto, oltre che di tanti altri fattori, anche della quantità e della tipologia delle risorse documentarie, accuratamente pianificate, che si metteranno a disposizione degli utenti.
Inoltre, è opportuno ricordare che soprattutto nell'ultimo decennio, caratterizzato da veloci sviluppi tecnologici e cambiamenti socio-economici, nell'ambito del generale ripensamento sul ruolo e sulle funzioni della biblioteca, grandi trasformazioni stanno riguardando anche le collezioni e gli spazi. Di conseguenza, è cresciuto l'interesse della letteratura professionale verso queste tematiche, come testimoniato dai numerosi contributi e convegni in merito1, che pur dedicando, a seconda dei casi, maggiore attenzione alla gestione delle collezioni o alla costruzione e organizzazione delle strutture, cercano di far emergere le complementarietà tra tali ambiti. L'esigenza di rinnovamento si riflette anche nell'aumento dei progetti, realizzati o in corso di attuazione, per la ristrutturazione o per la costruzione di nuove biblioteche2, per permettere un adattamento alla ridefinita immagine della biblioteca e per andare incontro alle nuove esigenze degli utenti, in termini di utilizzo degli spazi, accesso alle collezioni e ai servizi.

La conferenza satellite di Parigi ha avuto origine proprio dalla volontà di portare alla luce dei concreti esempi, individuati come best practices, in grado di mostrare come spazi e collezioni, con i dovuti adattamenti, siano ancora in grado, traducendo letteralmente il titolo, di guadagnare il loro mantenimento.
Nell'arco delle due giornate parigine sono intervenuti ventidue relatori, soprattutto direttori di biblioteche, bibliotecari responsabili della gestione delle collezioni o di progetti di rinnovamento e anche architetti, provenienti da ben dodici nazioni. Le realtà maggiormente rappresentate sono state il nord America, l'Australia e il nord Europa, tradizionalmente all'avanguardia in campo biblioteconomico e che vantano tantissime esperienze recenti di trasformazioni di spazi e collezioni3.

Gli interventi sono stati suddivisi in sette gruppi, ognuno dei quali si è focalizzato su uno specifico topic.
Sul primo argomento, Transformative spaces and collections, si sono soffermati tre relatori, moderati da Dorothea Sommer (Universitäts- und Landesbibliothek Sachsen-Anhalt, Germania).
Jakob Guillois Laerkes (Gladsaxe Bibliotekerne, Danimarca) ha presentato i risultati del Building libraries for tomorrow. INELI Cohort 1 collaborative project, da lui curato insieme a Patti Manolis (Geelong Regional Library Corporation, Australia). Il progetto è stato elaborato partendo dal presupposto che le biblioteche debbano saper ripensare e trasformare i propri spazi, le proprie collezioni e i propri servizi per poter continuare ad esercitare un ruolo centrale nella società. Guardando sia alla letteratura professionale sul tema, sia a dei concreti modelli, rappresentati da diciassette nuove biblioteche di dodici paesi diversi, lo studio ha portato alla definizione di una serie di indicazioni e criteri che vogliono essere di effettivo supporto per la progettazione di nuove public libraries. Il punto di partenza deve essere rappresentato dall'analisi dei bisogni della comunità locale, avendo ben chiari la vision della biblioteca e i rapporti con tutti gli stakeholders. Per quanto riguarda le collezioni e i servizi, essi devono essere pianificati in base alle nuove esigenze dell'utenza. Inoltre, pur rimanendo centrali le raccolte cartacee, si assiste necessariamente all'affermarsi delle e-resources e di conseguenza alla diminuzione dello spazio fisico da destinare alle collezioni. Allo stesso tempo, come ha sottolineato il relatore, aumenta la necessità di spazi per le persone, che siano piacevoli, attraenti e adeguati per l'apprendimento (individuale o di gruppo), l'incontro, la condivisione e lo svago. A tal fine la struttura fisica della biblioteca deve essere caratterizzata dalla flessibilità, dalla funzionalità e dal design accattivante.

Con il secondo intervento dal titolo Re-tooling library space for learning, Shali Zhang (University of Montana, Maureen and Mike Mansfield Library, USA) ha voluto evidenziare come l'esigenza di spazi rinnovati, flessibili ed amichevoli, non riguardi solo le public libraries, ma anche le academic e college libraries. Esse devono essere in grado di supportare l'attività didattica, di rispondere alle esigenze degli studenti del nuovo millennio, di offrire strumenti tecnologicamente avanzati e nuovi spazi per un apprendimento dinamico, condiviso e interattivo. Zhang ha poi ricordato come a partire dai numerosi studi sul tema, si possano individuare i trends da seguire per la costruzione e l'organizzazione di nuove biblioteche universitarie o per rinnovare quelle esistenti. Dopo tali considerazioni di carattere generale, la studiosa ha riportato un esempio concreto, quello della biblioteca in cui lavora, dove, attraverso un progetto di rinnovamento, avvenuto ascoltando anche le richieste e le necessità degli studenti, si sono realizzati tutti i principi sopra descritti in modo da rendere le biblioteca un luogo adatto per l'apprendimento.

Sulla stessa linea della relazione precedente, si è inserita quella di Jie Li (University of South Alabama, USA) dal titolo Adaptation to transformational change in an academic library: space and collection?. Ancora una volta, infatti, è stato ricostruito il processo di cambiamento di una biblioteca universitaria statunitense, la Biomedical Library dell'University of South Alabama, condotto al fine di adattarla alle esigenze degli utenti nell'era digitale. La prima rilevante trasformazione ha riguardato le collezioni: negli ultimi anni si è registrato un rilevante aumento delle pubblicazioni elettroniche che attualmente ammontano a più del 90% dell'intera offerta e che permettono l'accesso remoto a tutti gli utenti dei differenti campus serviti. Allo stesso tempo, è avvenuta una riduzione delle collezioni cartacee, anche a causa del consistente scarto effettuato, per il quale la relatrice ricorda le linee guida seguite. In conseguenza di ciò, gran parte delle aree prima utilizzate per la conservazione dei materiali cartacei si è resa disponibile per nuove funzioni e per rispondere alla richiesta degli studenti di avere a disposizione maggiori spazi per lo studio, l'incontro e la collaborazione.

I tre contributi dedicati al secondo topic, Reetooling spaces for changing needs, al contrario dei tre precedenti che hanno indagato soprattutto il rapporto collezioni-spazi, hanno invece considerato la centralità dell'utenza e dei suoi bisogni nella riconversione degli spazi della biblioteca. Il ruolo di moderatore per questa seconda parte è stato affidato a Joseph Hafner (McGill University Library, Canada).
Marit Andersen Somby (Troms Fylkesbibliotek, Norvegia) con la relazione dal titolo The project library space in Troms creates changes with small resources in rural areas. Is there really a difference between Birmingham and Bardu? ha illustrato il progetto sviluppato tra il 2012 e il 2014 in cooperazione tra diverse biblioteche situate nella contea di Troms in un contesto prevalentemente montuoso e rurale. Il progetto ha preso le mosse dalla volontà di andare incontro alle esigenze delle comunità locali e di rendere le biblioteche dei centri di conoscenza, cultura e incontro. Per raggiungere tale obiettivo è stato necessario ripensare e riorganizzare gli spazi, in modo da renderli più funzionali e 'vibranti', secondo il cosiddetto 4-space model (inspirational, enriching, inclusive, creative). La Andersen, direttrice del progetto, ha sottolineato l'importanza della fase di pianificazione, avvenuta coinvolgendo, nell'ambito di workshops, lo staff delle biblioteche, vari partners del progetto, architetti d'interni e gli utenti. La trasformazione degli spazi ha determinato importanti ed apprezzabili risultati che hanno reso le biblioteche coinvolte delle vere «modern meeting arenas».
Il successivo intervento di Eva Olson (Malmö Stadsbiblioteket, Svezia) dal titolo The library as a meeting space in the city center ha presentato un altro caso di trasformazione degli spazi di una biblioteca pubblica, sempre in area scandinava, ma, al contrario di quanto visto precedentemente, in un contesto urbano di oltre 300.000 abitanti. La pianificazione del rinnovamento della biblioteca è iniziata tenendo conto delle caratteristiche della città, tra cui la bassa età media e la varietà etnico-culturale della popolazione, e avendo come obiettivo l'allargamento dell'utenza reale, raggiungendo in particolare bambini, adolescenti e coloro che parlano una lingua madre diversa dallo svedese. Olson ha dimostrato che per realizzare tutto ciò non è più sufficiente la tradizionale biblioteca orientata alle collezioni e al prestito, ma bisogna offrire molto di più e permettere ai visitatori di vivere nuove e piacevoli esperienze in biblioteca. È importante, quindi, organizzare varie tipologie di eventi per i quali si devono creare spazi flessibili e multifunzionali. I nuovi spazi costituiti all'interno della biblioteca sono: learning center, balagan4, area per giovani adulti, area per bambini e un nuovo ristorante.
Con l'intervento intitolato Transforming old spaces into new functions di Maggie Farrell (University of Wyoming, USA) e dell'architetto Evett Ruffcorn (NBBJ, USA) si è tornati nuovamente negli Stati Uniti e nel contesto di una biblioteca universitaria. I due relatori, infatti, hanno descritto il rinnovamento e l'ampliamento della William Robertson Coe Library, aperta nel 1957 e ingrandita una prima volta nel 1978. Attraverso il confronto tra il personale della biblioteca e il team di architetti e interior designers guidati da Evett Ruffcorn e considerando anche le necessità espresse direttamente dagli studenti, si è arrivati alla stesura del progetto. Esso ha inteso trasformare gli spazi della biblioteca al fine di renderli più funzionali ad una varietà di usi e di adeguarli alle esigenze della generazione attuale, abituata non più solo ad uno studio individuale, ma alla condivisione rapida delle informazioni e della conoscenza tramite l'utilizzo delle nuove tecnologie. Così la biblioteca, a conclusione della trasformazione avvenuta nel 2009, attualmente mostra una maggiore flessibilità complessiva e offre spazi adatti per lo studio individuale e silenzioso, nonché aree per l'apprendimento di gruppo e la collaborazione, dotate di strumenti tecnologici, arredamenti mobili, sedute comode ed informali (poltrone e divani), tavoli bassi e anche ambienti per l'intrattenimento, come il bar. A tutto ciò si aggiunge un design moderno ed accattivante che rende l'ambiente accogliente e polifunzionale.
Durante la seconda parte della giornata si è svolta una tavola rotonda sul tema Best practices for legacy collections storage initiatives, coordinata da Wolfgang Mayer (Universitätsbibliothek Wien, Austria). Sono stati presentati i progetti inerenti alla realizzazione e alla gestione di magazzini condivisi portati avanti in cinque diversi contesti, considerando i seguenti punti: presentazione generale, aspetti finanziari, vantaggi e svantaggi, stato del progetto.

Per quanto riguarda il Regno Unito, Deborah Shorley (UK Research Reserve, Regno Unito) ha illustrato il progetto UK Research Reserve, realizzato grazie alla collaborazione tra l'Higher Education Sector e la British Library, che intende conservare a lungo termine, preservare e mettere a disposizione dei ricercatori le riviste a stampa di carattere scientifico a basso uso. Il progetto è finanziato con circa dieci milioni di sterline e permette alle ventinove biblioteche di università e colleges coinvolte di intraprendere un processo di de-duplicazione al fine di liberare gli spazi e destinarli ad altri scopi. 
Considerando, invece, il nord America, Lesile Weir (University of Ottawa, Canada) ha ricordato differenti iniziative, come il Paper Print Archive Registry (PAPR) presso il Centro per le Biblioteche di Ricerca (CRL) che supporta l'archiviazione e la gestione di collezioni seriali, cui partecipano trenta biblioteche degli Stati Uniti e del Canada. Un progetto esclusivamente canadese è, invece, quello condotto da cinque università dell'area di Downsview (Toronto University, Western University, Ottawa University, McMaster University): esse si occupano della gestione di un deposito condiviso ad alta densità che conserva sia monografie che periodici poco utilizzati.
Passando all'Austria, Brigitte Kromp (Universitätsbibliothek Wien, Austria) ha sottolineato che la realizzazione di depositi librari condivisi è scaturita dalla necessità di recuperare spazio e anche risorse economiche da dedicare non alla conservazione di materiali poco richiesti, ma ad altre attività, come le acquisizioni. A tale progetto collaborativo partecipano attualmente tutte le ventidue biblioteche universitarie del Paese, che devono sottostare ad un preciso accordo. Al contrario di iniziative condotte altrove, l'Austria non vuole costituire un unico grande deposito centrale, ma l'intento è quello di distribuire le copie secondo un principio di archiviazione condivisa tra i vari partners. Il progetto pilota è l'ACS che riguarda la rivista American Chemical Society.
Bernadette Patte (Centre technique du livre de l'enseignement supérieur, Francia) ha descritto l'esperienza francese del CTLes, organo fondato nel 1994 e dotato di personalità giuridica ed autonomia finanziaria, dedicato a raccogliere, archiviare e rendere disponibili per gli studiosi libri e altri documenti di interesse storico e scientifico. Tali risorse sono affidate al deposito del CTLes da parte di biblioteche di università e di altre istituzioni di istruzione superiore inizialmente situate solo a Parigi e nell'Île-de-France. È da sottolineare che da marzo di quest'anno il CTLes opera a livello nazionale. La preservazione e conservazione a lungo termine dei materiali è garantita da eccellenti condizioni ambientali nei magazzini. Il CTLes fornisce anche un servizio di stoccaggio a breve termine in caso di lavori in biblioteca o situazioni di pericolo per i relativi fondi. II ministero per l'educazione superiore e la ricerca fornisce annualmente sussidi pari a 700.000 euro.
Con Janine Schmidt (Mukurta Consulting, Australia) l'attenzione si è spostata sull'Oceania. In Nuova Zelanda, le otto biblioteche universitarie, dopo aver stabilito che una singola copia di seriali a stampa a basso uso sia sufficiente per la comunità dei ricercatori, tramite il CONZUL (Council of New Zealand University Librarians), hanno intrapreso un processo di collaborazione nella conservazione e gestione dei depositi librari, esternalizzando lo stoccaggio a un fornitore commerciale. In Australia sono condotti diversi progetti cooperativi, tra cui l'Universities' Research Repository - South Australia (URRSA), che coinvolge l'università di Flinders, quella di Adelaide e quella del South Australia e si occupa della conservazione in un deposito comune dei volumi meno utilizzati facenti parte delle collezioni delle tre biblioteche. La Smith ha ricordato anche il CARM (CAVAL Archival and Research Materials) Centre, agenzia no-profit che, attraverso un impianto di stoccaggio, gestisce la conservazione, la manutenzione e l'accesso veloce al materiale raramente utilizzato delle biblioteche partecipanti. I membri possono risparmiare milioni di dollari in costi di immagazzinamento e conservazione utilizzando questa struttura.

Il quarto tema, Innovation and flexibility, è stato affrontato nell'ultima relazione della giornata, dal titolo The die is not yet cast: the value of keeping an open mind and being agile throughout all phases of the renovation planning cycle. Gillian M. McCombs (Southern Methodist University, USA) e l'architetto Anita Picozzi Moran (FAIA, USA) hanno descritto il processo di rinnovamento del complesso del Fondren Library Center, in corso di svolgimento e che si concluderà nel 2016. Le considerazioni da cui è partito il progetto hanno riguardato il riconoscimento della dimensione sociale dell'apprendimento e della trasmissione della conoscenza. La biblioteca vuole proporsi, dunque, come luogo non solo dello studio individuale, ma anche dell'apprendimento collaborativo e della socializzazione. Per questo, nel progetto di trasformazione, sono previsti maggiori spazi per lo studio di gruppo con arredamenti flessibili e orari di apertura che coprono le ventiquattro ore. Inoltre, per soddisfare il bisogno di accesso alla conoscenza e di condivisione, il piano prevede anche di mettere a disposizione degli studenti i più avanzati prodotti dell'information technology. Secondo le relatrici, alla fine di questo processo di trasformazione, la biblioteca potrà diventare il simbolo della missione accademica ed espressione dell'orgoglio istituzionale.

Il secondo giorno è stato aperto dalle tre relazioni sul topic Journey to success, con la moderazione di Regine Schmolling (Staats- und Universitätsbibliothek Bremen, Germania).
La prima best practice è stata presentata da Joseph Hafner e Diane Koen (McGill University Library, Canada) nella loro relazione intitolata The perfect storm: integrating collections and people in record time while addressing user needs. La chiave che nel caso della McGill Library ha portato al successo è stata la capacità del rethink, ovvero di re-immaginare spazi, collezioni e servizi della biblioteca, nonostante il taglio di bilancio, per adattarli alle nuove esigenze degli utenti, risolvendo criticità e migliorando gli aspetti positivi emersi dalle indagini condotte nel 2013. Il primo passo della trasformazione ha portato alla fusione di alcune branch libraries per ottimizzare le spese e gli spazi. Inoltre, dopo aver constatato la forte diminuzione negli ultimi anni del numero di prestiti di libri cartacei e la contemporanea crescita degli accessi alle risorse elettroniche, i bibliotecari hanno deciso da una parte di investire maggiormente in queste ultime e dall'altra di trasferire in magazzini esterni le risorse a stampa poco utilizzate. In questo modo è stato ricavato maggior spazio per lo studio, l'apprendimento e la ricerca. Inoltre, si è deciso di valorizzare il ruolo dei bibliotecari e la loro funzione di consulenza, iniziando una maggiore collaborazione con docenti, ricercatori e studenti e fornendo supporto in aula, oltre che in biblioteca. Secondo i due relatori, tutte queste trasformazioni hanno fatto in modo che gli studenti siano accolti in un ambiente fisico, intellettuale e tecnologico di eccellenza.
Con la successiva presentazione, si è tornati nel contesto europeo e, al contrario di quanto visto nella maggior parte delle relazioni, non si è descritto il rinnovamento di una biblioteca, bensì la costruzione di un nuovo edificio. Infatti, il contributo dal titolo The long road to Castle of Light, a cura di Andris Vilks e di Anda Bakalane (Latvijas Nacionâlâ Bibliotçka, Lettonia), che lo ha presentato, ha riguardato il progetto per la costruzione della nuova Biblioteca Nazionale lettone, aperta al pubblico nel giugno 2014. La biblioteca rimanda, nel nome e nella struttura, ad un'immagine della tradizione popolare lettone, ovvero il Castello della Luce, metafora della saggezza che è stata persa e che risorgerà dalle profondità del fiume Daugava, sulla cui riva sinistra sorge la nuova struttura. L'elemento essenziale che contraddistingue l'edificio, fortemente voluto dall'architetto Gunnar Birkerts, è dunque la luce, che si irradia all'interno grazie alle grandi vetrate e agli specchi che dall'esterno riflettono l'immagine della città. Si ottiene così un forte impatto visivo. Anda Bakalane ha inoltre sottolineato il concetto di biblioteca che hanno voluto concretizzare: al contrario della precedente biblioteca nazionale, la nuova deve essere un luogo per tutti, dove creare, scambiare e diffondere cultura e deve diventare anche una destinazione attrattiva per i turisti. A tal fine, sono stati progettati spazi accoglienti, flessibili e multifunzionali per far fronte ai diversificati bisogni della moderna società dell'informazione.
La serie di esposizioni relative ad esempi di eccellenze si è chiusa con quella dal titolo A three card trick: three new world class libraries in the world's most livable city, presentata sinteticamente da Jeffrey Scherer (MSR Architects, USA), in assenza dell'autrice Paula Kelly (State Library of Victoria, Melbourne, Australia). La città di Melbourne è impegnata a partire dal 2012 e fino al 2015 in un progetto finalizzato alla costruzione di tre biblioteche pubbliche, nella cui fase di pianificazione è stata coinvolta la comunità cittadina allo scopo di esprimere i propri bisogni informativi e culturali. All'interno della vision delle nuove biblioteche sono considerati centrali quattro aspetti, ovvero read, connect, learn, create, attorno ai quali devono ruotare spazi, servizi e collezioni. Per quanto riguarda l'organizzazione degli ambienti, è prevista una suddivisione in tre piani: il piano terra è dedicato all'intrattenimento, allo svago e alla condivisione, approfondendo così la funzione sociale della biblioteca; al primo piano, che accoglie il patrimonio, prevalgono le zone adibite sia alla lettura che allo studio; il terzo piano è invece caratterizzato da spazi per varie performances, dalla musica, al gioco, alle conferenze. Tutto è caratterizzato dalla flessibilità, dal design innovativo e dalla sostenibilità ambientale. In questi luoghi, definiti sorprendenti, i visitatori potranno vivere delle esperienze di crescita personale, condivisione e senso di appartenenza alla comunità della città australiana.

La seconda sessione della giornata, che ha visto nel ruolo di moderatrice l'architetto Anette Franzkowiak (Technische Informationsbibliothek und Universitätsbibliothek Hannover, Germania), ha ruotato intorno al tema Adaptation of space.
Edwin N. Qobose (Library of University of Botswana), unico rappresentante del continente africano, ha illustrato la relazione intitolata Renovated space at University of Botswana Library: a reappraisal. Dopo una breve introduzione sul Botswana e sulla sua università, Qobose si è soffermato sulla biblioteca universitaria inaugurata nel 2002 e sul relativo progetto di rinnovamento iniziato nel 2007 e completato nel 2011. La trasformazione è stata pianificata sulla base delle analisi relative all'uso della biblioteca e dei suoi servizi e delle indagini sulla soddisfazione degli utenti. Il piano ha previsto una riduzione dello spazio destinato allo staff ed un conseguente aumento delle aree da dedicare allo studio di gruppo, alla discussione e all'utilizzo dei computers. Inoltre, il relatore ha sottolineato come tale ristrutturazione abbia permesso un generale miglioramento del servizio e dell'accesso e utilizzo delle risorse.
La relazione From room for books to room for users an old infantry barrack as an answer to lack of space, tenuta da Santi Balagué i Linares (Consorci de Serveis Universitaris de Catalunya, Equipament GEPA, Spagna), ha ripreso il tema del deposito cooperativo affrontato nella tavola rotonda. All'inizio del ventunesimo secolo il Consorzio delle Biblioteche Universitarie della Catalogna, sorto nel 1996, partendo dalla consapevolezza della mancanza di spazi nelle biblioteche e della necessità di un loro adattamento alle esigenze degli studenti, ha deciso di intraprendere un progetto finalizzato alla costituzione di un magazzino comune, denomitato GEPA (Garantia d'Espai per la Preservació de l'Accés), per permettere la preservazione e la conservazione a lungo termine delle opere a basso indice di utilizzo. Nel 2002 è stato condotto uno studio iniziale e subito dopo, non avendo la possibilità di costruire appositamente una struttura, è stato necessario ricercare la possibile collocazione. Dopo aver considerato varie opzioni, un'antica caserma di fanteria situata nella città di Lleida è stata individuata come la sede più idonea. È stato quindi avviato nel 2007 un progetto di ristrutturazione dell'edificio per ricavare il maggior spazio possibile per lo stoccaggio e per adattarlo alle esigenze conservative delle risorse a stampa. In conclusione, Santi Balagué ha voluto ricordare, mostrando anche esempi concreti, che con la costituzione del GEPA è stato possibile liberare molte aree delle biblioteche universitarie partecipanti e metterle a disposizione degli utenti, soprattutto per lo studio.
L'ultima sessione della conferenza ha riguardato il settimo topic, ovvero Space and collections: earning their keep, ed è stata affidata alla moderazione di Sharon Bostick (Illinois Institute of Technology, USA).
Céline Leclaire (Médiathèque de Roubaix, Francia) nel suo intervento dal titolo Roubaix Public Library ha descritto il processo di trasformazione della Mediateca di Roubaix in corso di realizzazione e da completare nel 2015, finalizzato a renderla più dinamica e al passo con i tempi, lavorando contemporaneamente su tre aspetti. La convinzione espressa dalla relatrice è che per superare i vecchi modelli su cui è costruita la biblioteca, è necessario innanzitutto ripensare gli spazi sia dal punto di vista strutturale che funzionale. Partendo dal presupposto che la biblioteca non debba più essere un deposito, ma un resource centre e un luogo per il confronto e lo scambio, è opportuno organizzare molti eventi culturali e offrire anche orari di apertura più ampi. Inoltre, una migliore gestione delle collezioni, che permetta di selezionare migliori risorse, anche digitali, e preveda una costante fase di revisione e scarto, contribuisce a migliorare l'immagine dell'intera biblioteca agli occhi degli utenti. Infine, bisogna promuovere l'impiego della tecnologia per ottimizzare i servizi sia in loco (RFIS, SIGB) che online.
A Vicki McDonald (State Library of New South Wales, Australia) è stato affidato l'ultimo intervento intitolato Adapting library spaces to enable collection engagement by diverse audiences: a case study of the State Library of New South Wales che ha descritto la trasformazione di tale biblioteca per renderla una meta culturale contemporanea. Il progetto, come molti altri presentati durante la conferenza, è stato elaborato tenendo conto del giudizio e delle aspettative degli utenti ed è in corso di realizzazione. Da una parte si mira alla valorizzazione del patrimonio storico di rilevanza nazionale, permettendo un accesso più ampio a tali risorse non solo nello spazio fisico della biblioteca, ma anche online, tramite un progetto di digitalizzazione tuttora in corso. Dall'altro la State Library vuole diventare un luogo adatto non solo a studiosi e ricercatori, ma anche ad un pubblico più ampio, coinvolgendo tutta la cittadinanza. A tale scopo, il piano di rinnovamento prevede la ristrutturazione della reading room e la realizzazione di un'area detta verandah da dedicare all'intrattenimento e dove si possono utilizzare computers, incontrare amici, parlare e anche mangiare.

Concludendo, la conferenza satellite di Parigi è stata una proficua occasione per riflettere, a partire dai casi concreti e di eccellenza, brevemente ricordati in queste pagine, sulle attuali tendenze relative alla gestione delle collezioni e alla progettazione ed utilizzo degli spazi delle biblioteche di varie tipologie e situate in contesti nazionali molto diversi tra loro.
Per quanto riguarda le collezioni, è emersa una situazione dal duplice carattere. Da una parte si sta decisamente puntando sulle risorse elettroniche, cui, soprattutto nelle biblioteche accademiche, viene destinata la gran parte del budget stanziato per le acquisizioni. I relatori hanno più volte sottolineato i vantaggi che derivano da questa tipologia di materiale, soprattutto in termini di accesso che può essere multiplo e remoto. Inoltre, accanto ai documenti digital born, trovano sempre maggior attenzione anche quelli digitalizzati, di solito nell'ambito di grandi progetti cooperativi o di portata nazionale. Dall'altra parte, dai diversi interventi è emerso che, nonostante la forte tendenza alla smaterializzazione delle collezioni, le e-resouces non hanno sostituito, e non lo faranno neanche nel breve periodo, le risorse su supporto cartaceo. Queste ultime, infatti, sono ancora identificate con il core collection da molti bibliotecari e anche dagli utenti coinvolti nella definizione dei vari piani di rinnovamento o realizzazione di nuove biblioteche.
In riferimento agli spazi, il trend emerso testimonia che è stato superato il pericolo, paventato a partire dalla metà degli anni Novanta, di una perdita di rilevanza o di senso della biblioteca in quanto spazio fisico, dovuto all'affermarsi delle collezioni elettroniche e dei servizi disponibili online. Al contrario, oggi è forte l'esigenza di liberare le biblioteche da raccolte cartacee obsolete o poco utilizzate proprio al fine di recuperare spazi da destinare ad altre funzioni, soprattutto lettura, studio e intrattenimento. Ogni progetto descritto durante la conferenza mira, infatti, a recuperare e trasformare lo spazio e a valorizzare la funzione sociale della biblioteca, in quanto «modern meeting arenas» (Marit Andersen Somby), «community space» (Paula Kelly), «place for flow and exchanges» (Céline Leclaire), «contemporary 21th century cultural destination» (Vicki McDonald).
Per fare tutto ciò bisogna abbandonare l'idea di uno spazio fisso, occupato prevalentemente da scaffali e tavoli pesanti, e progettarne uno flessibile, piacevole e multifunzionale. Solo in questo modo la biblioteca può diventare, riprendendo il suggerimento dei relatori, il terzo spazio di cui parlava il sociologo Ray Oldenburg ed essere scelta, quindi, come il luogo per trascorrere il tempo che non si passa a casa o al lavoro. Guardando le esperienze presentate, è lecito ritenere che si stia percorrendo la strada giusta.

Ultima consultazione siti web: 31 agosto 2014.

NOTE

[1] Una selezione dei contributi più rilevanti su questi temi, di ambito italiano, ma anche anglo-americano, francese e tedesco, è presentata nelle bibliografie a corredo di ogni capitolo del volume Lo spazio della biblioteca: culture e pratiche del progetto tra architettura e biblioteconomia, a cura di Maurizio Vivarelli, collaborazione di Raffaella Magnano, prefazione di Giovanni Solimine, postfazione di Giovanni Di Domenico. Milano: Editrice Bibliografica, 2013. In riferimento ai convegni, sono da segnalare la serie di conferenze "Designing Libraries for the 21st Century" e le conferenze organizzate dall'IFLA, elencate nei siti http://www.ifla.org/library-buildings-and-equipment/conferences-seminars e http://www.ifla.org/acquisition-collection-development/conferences-workshops.

[2] A tal proposito un'interessante rassegna è presentata in Carlo Revelli, Biblioteche nuove e rinnovate, «Biblioteche oggi», 32 (2014), n. 6, p. 48-53.

[3] È da segnalare l'assenza dell'Italia, nonostante le proficue riflessioni in merito ad una nuova idea di biblioteca (si vedano ad esempio Antonella Agnoli, Le piazze del sapere: biblioteche e libertà. Roma-Bari: Laterza, 2009; Anna Galluzzi, Biblioteche per la città: nuove prospettive di un servizio pubblico. Roma: Carocci, 2009) e i validi progetti che negli ultimi anni hanno portato alla costruzione di una serie di innovative biblioteche pubbliche, come la Biblioteca San Giorgio di Pistoia (2007), il Multiplo di Cavriago (2011), la MedaTeca di Meda (2012), ilPertini di Cinisello Balsamo (2012), la Biblioteca MoviMEnte di Chivasso (2012) e, ancora in fase di progettazione, la Nuova biblioteca generale centrale di informazione e cultura della città di Monza nonché il Polo Bibliotecario di Bolzano..

[4] Il balagan è un nuovo spazio della biblioteca di Malmö dedicato ai bambini tra i 9 e 12 anni, progettato da Sara Stilber e da Eva-Johanna Sandström e aperto il 9 giugno 2012. L'obiettivo è quello di superare la visione della biblioteca come luogo statico, del silenzio e della lettura individuale, per trasformarla in un angolo per l'incontro, l'apprendimento di gruppo, il gioco, la sperimentazione e la fantasia. Da qui deriva la scelta del nome della sezione, balagan, che letteralmente significa "caos" e si contrappone all'ordine tradizionalmente associato alla biblioteca. Gli ambienti sono polifunzionali, dinamici, colorati e suggestivi e in essi i bambini, muovendosi liberamente, possono svolgere varie attività, tra cui lo storytelling, la musica, i lavori manuali e creativi. Si tratta, inoltre, di un luogo transmediale, che attraverso l'incontro tra i libri e le nuove tecnologie, mira a superare i confini fisici della biblioteca.