Lamento costruttivo

di Luciano Canfora

Non so in quali limiti il nuovo ministro possa intervenire sugli antichi problemi delle nostre numerose biblioteche nazionali. L'Italia infatti è l'unico Paese che dispone di almeno sei biblioteche nazionali, di cui due centrali. So bene che il principale problema del Ministero dei beni culturali è la tradizionale carenza di risorse economiche (a fronte di un patrimonio culturale immenso). Nessun governo risolverà il problema in tempi storici e forse neanche biblici. Le conseguenze però sono ben precise: personale non molto motivato, locali non sempre adeguati, orario di apertura in costante crisi, difficile attuazione di una razionale politica di acquisti ecc. È curioso che gli orari cambino da sede a sede: quelli della Nazionale di Torino sono diversi da quelli della Nazionale di Roma o della Braidense. Invece la Nazionale di Parigi è aperta tutti i giorni, compreso il sabato, dalle 9.00 alle 20.00.
Tralascio gli aspetti molesti della guerriglia sindacale (l'aneddotica riguardante la cosiddetta Nazionale di Bari l'ho più volte raccontata nei giornali: può essere comunque sintomatico che essa, pur possedendo una collezione completa delle microfiche degli archivi biografici editi dalla SAUR di Monaco di Baviera, da molti anni si ostini a non far riparare la macchina che consente di leggere le microfiche (non so come qualificare questo comportamento e a quale patologia ricondurlo).
Esiste anche una generazione di bravi bibliotecari, spesso lasciata a se stessa e costretta a fronteggiare le più diverse emergenze. Un'emergenza molto diffusa consiste nel dover ospitare masse di studenti con fotocopie proprie (ho verificato il fenomeno sia a Torino che a Napoli), in quanto le biblioteche universitarie che dovrebbero probabilmente ospitarli sono in realtà inospitali.
Scrissi una volta di questo malcostume sul Mattino di Napoli e prontamente protestò il rettore dell'epoca, denunciando il carattere antidemocratico del mio più che fondato rilievo. Più che fondato perché in tal modo si snatura il carattere e la finalità delle biblioteche nazionali. Non approfondisco il caso barese, reso particolarmente esilarante dall'ostinato rifiuto del pluridecorato ex sindaco della città di istituire una navetta, ovvero autobus, che collegasse per esempio la stazione centrale alla nuova sede della biblioteca, con l'effetto della desertificazione della medesima, con grande gioia degli accidiosi addetti sparsi nelle varie sale (ma la loro eventuale tristezza viene attenuata dalla possibilità di giocare con il proprio computer).

Una maniera molto diffusa, specie in passato, di simulare un certo attivismo delle biblioteche fu la frenetica organizzazione di 'eventi' (mostre o simili). Niente di male se questo può attirare lettori, ma purtroppo, a parte i costi, l'effetto non è quello di incrementare la pubblica lettura, ma di attribuire alle biblioteche una finalità impropria o comunque non essenziale.
Rimediare in radice a inconvenienti di questo genere comporta due operazioni quasi impossibili: 1) poter disporre di risorse ben superiori a quelle attuali; 2) cambiare lo stile di lavoro di buona parte del personale.
Si possono intravedere obiettivi intermedi o meno utopistici? Forse sì. Per esempio avviando un'inchiesta ben preparata tra i lettori al fine di conoscere dalla loro viva testimonianza gli inconvenienti maggiori, ma soprattutto mirare a un provvedimento che unifichi al meglio gli orari di apertura, che garantisca la continuità dei servizi, che responsabilizzi il personale, che vieti drasticamente che il personale molesti i lettori vociando ininterrottamente nelle sale di lettura. Un episodio celebre riguarda un collega defunto da vari anni, il grecista Vincenzo De Benedetto, il quale anni fa per protesta contro il cicaleccio molesto nella sala dei manoscritti e rari della Nazionale di Torino si sdraiò sul tavolo, dichiarando che ne sarebbe disceso soltanto quando essi avessero smesso di chiassare. L'episodio meriterebbe una targa ricordo, che potrebbe costituire anche un antidoto al disprezzo dei bibliotecari verso gli utenti.
Nelle grandi biblioteche nazionali (mi riferisco in particolare a Roma) un problema è costituito dai tempi della distribuzione. Questo è un inconveniente sul quale si può intervenire senza necessariamente riformare il mondo.