di Giorgio Busetto
Lo scorso 4 dicembre 2013 una giornata di studio ha riunito nelle sale sansoviniane della Libreria di San Marco in Venezia amici e colleghi di Stefania Rossi Minutelli, bibliotecaria marciana dal 1971, scomparsa il 10 ottobre del 2008, stroncata dalla malattia poco dopo raggiunta la quiescenza nel 2005 e ancora nel pieno dell'attività.
È stato allora naturale ripercorrere sul filo dei ricordi la vicenda che ci ha visto dapprima giovani, al primo incontro con la vita di lavoro, lei fresca di vittoria al concorso per bibliotecari ed io volontario aiuto bibliotecario, insieme nella Marciana con Giorgio Emanuele Ferrari direttore. Di lui Stefania è stata certamente l'allieva di più compiuta formazione; e senza conoscere lui non si può capire il lavoro di lei.
Lui ci ha formato alle tradizioni marciane e allo spirito di servizio intesi in un senso quasi religioso; lei, colta, intelligente, disponibile, con un atteggiamento di costante offerta di sé ai bisogni degli altri, ha inteso di quello spirito farsi vestale senza retorica, senza orpelli, senza mai volersi in alcun modo preporre agli altri, senza alcuna esaltazione del suo ruolo, delle sue capacità, del suo modo di "fare biblioteca": cosa questa che concepisco come altra rispetto al "fare la bibliotecaria", un senso talmente più pieno e complesso di incarnarsi nel lavoro. Né per questa sua disponibilità ha mai rinunciato al suo carattere, tanto che non è mancato chi prendesse talune sue fermezze per spigolosità.
Ci frequentammo molto in quegli anni. Tanto lei quanto il marito Alfredo Rossi, che venne poi a lavorare con me alla Fondazione Querini Stampalia, erano ottimi cuochi e la loro casa, un ultimo piano vicino a Ca' Rezzonico, era ospitale e generosa di amatriciane e di prosecchi. Quando la lasciavano per qualche breve vacanza, ebbi a volte il compito, considerato altamente fiduciario, di accudire il gatto, cui tenevano moltissimo. Avvenne una volta che l'animale, seccato per l'assenza dei padroni, prendesse una fuga rocambolesca, presumibilmente attraverso tetti e con superamento del baratro della calle (esercizio questo più volte in precedenza tentato e tanto temuto da Alfredo e Stefania) e finisse per introdursi in una ricca dimora di vicini, riparando sotto un imponente letto a baldacchino, da dove ci volle del bello e del buono per indurlo ad uscire.
Nei primi anni Settanta ebbi un incarico di segreteria per l'organizzazione dei corsi storici dell'UIA, l'Università internazionale dell'arte: uno sulla città americana, curato da Francesco Dal Co, e uno sul rinascimento veneziano curato da Giuseppe Mazzariol, che dell'UIA era direttore oltre che ideatore e fondatore e che progressivamente mi lasciò maggiore autonomia, fino alla scelta dei relatori. Quando cercammo di mettere il focus sull'attività portuale di Venezia e sul mondo che ne derivava, riuscii a convincere Stefania, sempre restia ad esibirsi, a tenere nel 1974 una conferenza su L'imbarco per l'oriente, in coerenza con sue laboriose ricerche su Pietro da Casola, pellegrino milanese imbarcatosi a Venezia per la Terrasanta a fine Quattrocento, oggetto anche di una sua dotta voce nel Dizionario biografico degli italiani.
Alla metà degli anni Settanta la nostra passione per il lavoro era intrisa di '68, di ideologia, di politica, di speranza e si riversò nell'AIB, l'Associazione italiana biblioteche. Naturale che ne nascesse una stagione di contrasti col direttivo allora uscente e di cui faceva parte Stefania, che ne fu segretaria dal 1975 al 1979. Quel direttivo a noi appariva retrivo e riversato sulla parte politica da sconfiggere.
Avevamo dalla nostra la nascita delle regioni, che portò con sé la legificazione in materia di biblioteche, nel caso veneto premiale a pioggia (ahimé debole...) per quei comuni che istituissero la biblioteca; le nuove disponibilità dei comuni, fatti ricchi dai decreti Stammati, che avviarono l'enfiarsi del debito pubblico e la conseguente svalutazione a due cifre; l'avanzata delle sinistre nelle elezioni, col loro carico di ideologia, comprensivo delle biblioteche come diritto, diritto alla lettura, diritto all'istruzione, anche molto rivolto in quel torno di tempo all'apertura delle biblioteche scolastiche, credute e volute diverse da quel che erano e da quel che serviva facessero; la legge per l'occupazione giovanile, fallimentare quanto all'obiettivo di incentivare datori di lavoro privati, ma a maggior ragione utile per immettere nuove leve nella professione, senza alcun vaglio di merito e quindi bisognose ancor di più di formazione professionale.
Avevamo di fronte tutta la storica malattia della funzione pubblica, ma anche tutte le incredibili nuove disponibilità della legge e dei bilanci; e se da un lato si metteva a dura prova la struttura bibliotecaria statale, protervamente mantenuta al Ministero, ma progressivamente depauperata di risorse umane e finanziarie e sempre più burocraticamente ingessata, dall'altro grazie alle regioni si dava vita in un decennio a quella rete della pubblica lettura in Italia tanto invocata dalla Carini Dainotti, da Balsamo, da ragguardevoli personaggi del bibliotecariato italiano.
Organizzammo un gruppo di bibliotecari quasi tutti degli enti locali, con personaggi come Gastone (Giuseppe) Dallan, storico faro della pubblica lettura nella nostra regione, che aveva creato a Castelfranco Veneto una delle prime e migliori biblioteche comunali, sul modello danese, poi uno dei primi sistemi bibliotecari italiani e addirittura una cooperativa di enti locali specializzata in forniture e servizi per le biblioteche, sicché fu motore non solo dello sviluppo della pubblica lettura, ma anche dei caratteri di originalità e uniformità del modello veneto delle nostre strutture; con noi fu Bruno Francisci, che da sempre aveva affiancato le iniziative di Dallan da Abano Terme e che fu autore dei simboli disegnati per le tanto fortunate etichette dei libri per ragazzi; grande sostegno, anche per l'esperienza politica, diede Paola Geretto, proveniente dall'occupazione giovanile, che sarebbe dopo qualche anno divenuta direttrice della biblioteca dell'Istat a Roma e autrice di un bel manuale di biblioteconomia.
Stefania volle essere dei nostri, non senza dispiacere per dover prendere le distanze dal presidente uscente Ettore Bertazzoni e da altri colleghi che formarono una lista contrapposta alla nostra e che avremmo poi surclassato. Conducemmo una campagna elettorale intensa, fissando riunioni in tanti diversi centri della regione, direi quasi dovunque ci fosse come riferimento almeno un bibliotecario attivo e interessato ai temi della professione.
Tutti avevano bisogno che si parlasse dei loro problemi, della biblioteconomia di carne e di carta, di amministratori orgogliosamente incapaci e presuntuosi, e di utenti che si sarebbero potuti servire assai meglio, e noi parlavamo un linguaggio nuovo, suscitando speranze molte delle quali avremmo poi anche deluso, non disponendo di alcun potere di intervento sulle amministrazioni al di fuori di quello di moral suasion di quasi nessuna efficacia, specie con quanti avevano la diffusa convinzione che l'elezione di primo e secondo grado rappresentasse una sorta di unzione e con quanti erano entrati nei comitati di gestione affamati di compiti decisionali e del tutto impreparati a distinguere i ruoli e le competenze di carattere tecnico.
Stefania partecipò a molte di queste riunioni e il conforto della sua provenienza dalla grande biblioteca statale, oltre che, come ricordato, dalla magnifica scuola ferrariana, non fu per noi poca cosa. Il suo apporto saggio e sapiente e i suoi modi sempre gentili nel proporre le proprie convinzioni e posizioni furono certamente di grande aiuto anche in quella fase.
Come detto sbaragliammo la lista alternativa alla nostra, cui andarono comunque due posti in direttivo su sette, in ragione non delle proporzioni dei voti, ma del meccanismo di assegnazione di quei ruoli. Proposi a quel punto di decidere che la presidenza andasse a lei, benché con diversi voti in meno rispetto a me, perché io incarnavo una figura di rottura, mentre lei poteva ben rappresentare l'intera Associazione, e difatti, se non ricordo male, fu votata anche dalla minoranza, che in ogni caso le tributò attestazioni di stima e gradimento.
Il nostro Comitato esecutivo rimase in carica per circa cinque anni, per allinearsi alle tempistiche definite dalle nuove regole dell'organizzazione nazionale. Fu per Stefania un periodo di intenso lavoro, con riunioni a Roma e presenze in varie situazioni istituzionali, ma anche di minuta attività d'ordine, che veniva svolgendo insieme a Paola Geretto, sgravandone così me, che pur ero segretario regionale dell'AIB.
Serbo ancora gratitudine per il loro lavoro e di Stefania andrà quantomeno ricordato quanto operato per il Congresso nazionale del 1983, che ottenemmo di tenere ad Abano Terme, grazie anche al sostegno delle amministrazioni locali conquistato da Bruno Francisci. Stefania volle farsi carico anche della curatela degli atti. Cito tutto questo per sottolineare come la sua presidenza e la vita della nostra sezione fossero state capaci di attrarre l'attenzione e il riconoscimento dell'Associazione nel suo complesso.
Il clima di quel periodo e anche le disponibilità sia di risorse umane, grazie al coinvolgimento di tanti specie veneti e friulano-giuliani, che finanziarie, grazie ai rapporti con le autonomie locali, rimane esemplarmente manifestato dall'organizzazione della Prima festa nazionale delle biblioteche (25-27 giugno 1982), che pur cadde poco dopo l'uscita di Stefania e mia dall'organo di conduzione dell'AIB. La tenemmo a Venezia, all'interno della Querini Stampalia, ma anche investendo l'omonimo antistante campiello e il contiguo grande campo di Santa Maria Formosa con iniziative diverse, espositive, spettacolari, di vendita di libri, modulistica e oggettistica per i nostri servizi, mentre si susseguivano incontri, dibattiti, giochi. Insomma una vera piccola sagra, col concerto del cantautore Gualtiero Bertelli, assessore alla cultura a Mira, con partecipazioni varie e diverse, con la trattazione di tematiche molto serie, ma anche con momenti di svago e di leggerezza appropriati al carattere di festa popolare che si intese dare alla manifestazione. Mancavano gli stand gastronomici e per il resto si poteva fare concorrenza ai festival di partito... Il fatto non era casuale, ma rimarcava un'identità professionale di cui l'Associazione si faceva latrice, identità rivolta non a patetiche rivendicazioni sindacali come avvenne in anni successivi, ma a richiedere con forza e con atteggiamenti costruttivi il riconoscimento di un ruolo sociale e un appropriato miglioramento e organamento dei servizi di lettura e solo all'interno e in funzione di questi della professionalità del bibliotecario.
Stefania fu una presenza costante per chi voleva a lei riferirsi per attività di studio e/o professionali. Fu così che con lei avviammo, a sua cura e con la partecipazione di Susy Marcon per le miniature, il catalogo dei manoscritti della Querini Stampalia, "assaggiando" il problema a partire dalla classe prima, quella di religione, che con la sua consistenza di una trentina di unità appariva uno specimen più facilmente dominabile. L'opera giace tuttora inedita, benché di recente si sia discorso di curarne l'edizione.
Fu di nuovo di casa alla Querini Stampalia allorché venne rieletta nel Comitato esecutivo regionale dell'AIB per altre due tornate, dal 1992 al 1997, come pure al tempo in cui attendeva alla stesura dei saggi sulla storia delle biblioteche veneziane dell'Ottocento e del Novecento con cui contribuì alla grande Storia di Venezia dell'Istituto dell'Enciclopedia Treccani e della Fondazione Giorgio Cini.
L'ultimo affaire che avemmo insieme riguardò il ricordo di Ferrari, che dovevo stendere come apertura del secondo volume della Miscellanea Marciana dedicato al comune maestro. Non piacque però al direttore Marino Zorzi che io ne scrivessi senza tacere dell'espulsione di Ferrari dalle biblioteche governative. Dopo ripetuti confronti tra me e lui, sempre molto cordiali, ma con posizioni fra noi molto distanti (io non accettai censure di sorta), conclusione fu il rifiuto della pubblicazione, che io poi rimisi alla Bibliofilia diretta da Balsamo. A Stefania, curatrice dei volumi, dispiacque molto e mi confessò di sentirsene molto in imbarazzo e degradata ad un ruolo curatoriale meramente esecutivo, ma l'episodio non toccò in alcun modo il nostro rapporto.
Quella fu anzi occasione di riconferma del legame fraterno che ci univa e che ci unisce - si parva licet... - nella discendenza dal magistero di Ferrari.