Si è appena conclusa la ventesima edizione del Convegno delle Stelline "Digital library/La biblioteca partecipata", organizzato dall'Editrice bibliografica e dall'Associazione Biblioteche oggi a Milano, dal 12 al 13 marzo 2015, nel contesto di "Milano Book city".
L'obiettivo che si è posto il convegno era quello di individuare nell'ecosistema digitale la trasformazione delle biblioteche, definita mettendo insieme nel titolo due termini che sono spesso contrapposti: cioè 'biblioteca digitale' e 'partecipata', e non 'biblioteca digitale vs. biblioteca partecipata' o addirittura la dicotomia 'biblioteca digitale o partecipata'. La prima domanda che tutti i circa duemila partecipanti al Convegno delle Stelline hanno pensato è stata: cos'è una biblioteca partecipata? Cosa vuol dire far partecipare un utente alla vita di una biblioteca fisica/digitale? Tutti gli interventi hanno cercato di dare la loro risposta a questa domanda, aprendosi alla discussione che per la prima volta è stata stimolata alla fine delle sessioni.
Partecipare non vuol dire solo conversare, ci sono problemi da risolvere e anche 'falsi' problemi in cui spesso ci attardiamo per difenderci dal cambiamento. La conversazione è continuata dopo il convegno, ad esempio nei blog di giovani bibliotecari come Valeria Baudo, Enrico Francese, Andrea Zanni, Eusebia Parrotto e altri ancora che non posso nominare per brevità. Valeria Baudo ed Eusebia Parrotto giustamente hanno avvertito che bisogna partire dai bisogni degli utenti, incoraggiandoli e sollecitando i loro desideri.
Il primo messaggio chiaro che è arrivato da gran parte dei relatori è stato: in questo periodo di cambiamenti della società, le biblioteche devono 'connettersi' con i loro utenti sia nell'ambiente fisico che in quello virtuale. Nuove partnership con gli utenti significa esattamente questo: dare loro la possibilità di nuovi modi di usare le biblioteche. Gli utenti sono cambiati e devono essere coinvolti a vari livelli, partecipano alla creazione di contenuti e alla gestione delle biblioteche digitali che li rendono capaci (empowered) di diventare innovativi e creativi.
Il primo problema è quello di costruire una comunità di utenti, di stimolare gli utenti a diventare partecipativi. Non tutti i lettori vogliono partecipare, o meglio non tutti vogliono conversare. Valeria Baudo, nella sua relazione Progettare e gestire community on line, ha indicato la regola del 90/9/1, in cui 90 sono i lettori 'silenti' che sembrano passivi, ma che in ogni caso ci sono. Non ci sono biblioteche partecipative, ma bibliotecari agenti attivi, coinvolti nella loro comunità, che sanno facilitare, insieme agli utenti, gli aspetti partecipativi delle biblioteche. Ogni volta che un nuovo utente entra in una biblioteca digitale partecipata, entra anche un creatore di contenuti. I bibliotecari possono dare loro ad esempio la possibilità di creare collezioni, di personalizzare il catalogo e di costruire il sito web. Il ruolo dei bibliotecari, ha affermato Maria Stella Rasetti, nella presentazione Digitali e partecipati: i makerspaces in biblioteca tra collezioni plurali, connessioni molteplici e comunità in trasformazione, si spinge a quello di promuovere l'innovazione, creando spazi come library-makers, laboratori ecc. La biblioteca digitale partecipata si concentra, parafrasando Lankes, sull'azione di 'facilitare la creazione di conoscenza' e questo è l'approccio che contraddistingue la visione della biblioteca digitale. I bibliotecari non sono 'collezionisti', ma sono quelli che conducono a nuove idee, sia con nuovi servizi sia con laboratori e piattaforme tecnologico-organizzative.
Da biblioteche digitali 'centri di risorse' a biblioteche 'centri di comunità'! Il secondo messaggio che è arrivato ai partecipanti è che la biblioteca digitale non è quello che viene comunemente inteso, cioè un deposito di contenuti digitali con servizi di ricerca collegati. L'idea centrale del concetto di biblioteca digitale è che la facilitazione della conoscenza e l'azione sociale devono andare insieme: ci sono molte possibili costruzioni sociali del mondo e ognuna di queste porta a una diversa azione per diverse comunità. Tale azione sociale comporta un approccio critico a tutto quello che è ritenuto da tempo una verità scontata, per cambiare le priorità delle biblioteche adeguandole al contesto e ai bisogni degli utenti, o anche per farlo diversamente.
Sicuramente la biblioteca digitale rappresenta il processo della conoscenza e quindi si concentra sull'aspetto del contenuto, piuttosto che l'aspetto del contenitore (manufatto) e del suo contesto fisico (l'edificio). Eppure anche se la tendenza è quella della de-materializzazione e della comunicazione virtuale, la biblioteca digitale ha un suo aspetto percettivo ed emozionale, come la psicologia cognitiva è arrivata a dimostrare, che si realizza nella partecipazione attiva degli utenti, nel loro coinvolgimento nella costruzione della biblioteca digitale e nella collaborazione tra utenti che la biblioteca digitale facilita.
Quasi tutto ciò che accade nel mondo digitale è importante per la costruzione di conoscenza, tuttavia non è visibile a occhio nudo! Le operazioni mentali scorrono senza fatica, molto rapide, perché siamo attenti al risultato e non ad esse. Il problema che è stato ricordato anche al Convegno delle Stelline è quello del possibile contrasto tra spazio fisico e spazio virtuale. La risposta non può essere dicotomica, invece il sistema della biblioteca digitale è aperto, dinamico e flessibile. Nella città dei bit - secondo la visione di William Mitchell1 - luoghi reali sono completati da luoghi virtuali e la loro presenza sarà simultanea. La percezione spazio-temporale, in un'epoca di connessione e presenza in rete costanti, cambia molto rispetto al passato e questo riveste gli architetti di oggi e del futuro di un nuovo compito: progettare luoghi adatti a questa nuova collocazione. La biblioteca digitale non rimpiazzerà in tempi brevi la biblioteca tradizionale, ma vi sarà una sorta di differenziazione, grazie alla quale entrambi i modi di accedere all'informazione sopravvivranno con degli spazi diversi, possibilmente integrati tra di loro.
In conclusione, tutti i relatori hanno convenuto che l'aspetto partecipativo è stato sottovalutato e che le biblioteche fisiche e digitali oggi non sono partecipate. C'è una comunità di bibliotecari vivace e viva, però, che ha consapevolezza dell'importanza della biblioteca partecipata e si interroga su come realizzarla.
Cosa può essere fatto diversamente? Occorre aprire la biblioteca al mondo, ad esempio digitalizzando e dando visibilità al patrimonio culturale che viene conservato nelle biblioteche, come ha affermato Klaus Kempf in Biblioteca digitale ovvero la condanna alla collaborazione forzata. Il caso della Bayerischen Staatsbibliothek. Occorre anche una struttura o un'istituzione adeguata per curare la collezione digitale. Una delle iniziative collaterali al convegno è stata il seminario "Digital curation e cultural heritage", curato da Ornella Foglieni per conto della sezione IFLA Preservazione e conservazione, nell'ottica dell'integrazione delle istituzioni culturali, che ha toccato vari aspetti delle memorie digitali2.
Capire ciò che sta accadendo è molto importante per organizzarci, per definire il futuro che vogliamo, piuttosto che essere degli spettatori passivi se non addirittura vittime della trasformazione!
The Cluetrain manifesto: the end of business as usual aveva dato spunto nel 2005 al Gruppo di studio sulle biblioteche digitali dell'AIB per un Manifesto per le biblioteche digitali, a cui fece seguito un'animata 'conversazione' che poi si è interrotta. Si è avuta la sensazione in questo convegno di aver perso dieci anni, forse resi timorosi dalla paura del nuovo o forse semplicemente perché è mancata una formazione adeguata. È arrivato, quindi, il momento di riprendere dieci anni dopo il manifesto AIB per le biblioteche digitali?
Una voce autorevole alle Stelline è stata rappresentata dalla presidente eletta IFLA Donna Scheeder che, oltre ad aprire il convegno e a partecipare all'evento satellite su "Digital curation e cultural heritage", ha incontrato privatamente i soci AIB della sezione Lombardia e i delegati AIB in IFLA, incoraggiandoli con energia a uscire dalle biblioteche e comunicare con chiarezza ad amministratori e politici la nostra missione (descritta nella Lyon declaration di IFLA). Rendendo chiaro alla società il ruolo insostituibile delle biblioteche per lo sviluppo, potremmo chiedere le risorse necessarie per svolgere questo importante ruolo istituzionale. I principi fondanti della biblioteca partecipata nella Lyon declaration ci sono tutti e chiari: la comunità, la connessione, la collezione aperta.
Anna Maria Tammaro
[1] William J. Mitchell, La città dei bits: spazi, luoghi e autostrade informatiche. Milano: Electa, 1997.
[2] Il seminario "Digital curation e cultural heritage" è accessibile all'indirizzo:
http://www.cultura.regione.lombardia.it/cs/Satellite?c=News&childpagename=DG_Cultura%2FDetail&cid=1213715103551&packedargs=menu-to-render%3D1213349371101&pagename=DG_CAIWrapper.