Recensioni e segnalazioni

a cura di Silvana de Capua


Sidney E. Berger. Rare Books and Special Collections. Chicago: Neal-Schuman, an imprint of the American Library Association, 2014. 537 p. ISBN 978-55570-964-8. $ 129,00.

L'autore del volume, Sidney E. Berger, è un ben noto studioso, bibliotecario e docente. Direttore ora a riposo della Phillips Library presso il Peabody Essex Museum a Salem, in Massachusetts, insegna alla Simmons College School of Library and Information Science (SLIS) e al College of Arts and Sciences (CAS). Inoltre è professore aggiunto presso la celebre Graduate School of Library and Information Science, University of Illinois at Urbana-Champaign. A tutto ciò si aggiunga che è stato direttore per sei anni (fino al 1999) della maggiore rivista americana del settore, che allora aveva il titolo Rare Books & Manuscripts Librarianship. Berger ha inoltre esperienza di tutti gli aspetti del mondo del libro antico, dalla fabbricazione della carta al collezionismo, dalla tipografia al commercio libraio antiquario, dall'amministrazione e gestione di biblioteca alla redazione di bibliografie scientifiche: ha insomma acquisito una non comune esperienza su ogni aspetto della vita del libro, lungo una filiera che parte dalla sua produzione fino all'approdo nelle biblioteche che assumono l'onere della sua conservazione e fruizione.
Che il volume, di più di 500 pagine in grande formato, sia un'opera importante è stato riconosciuto innanzi tutto dall'ALA, che ha conferito all'autore l'ABC-CLIO Award for the Best Book in Library Literature, riconoscimento destinato a una sola opera all'anno che costituisca un reale passo avanti per la biblioteconomia, attribuito, ad esempio, nel 2012 a The Atlas of New Librarianship di David Lankes. Non si può che consentire con questo lusinghiero giudizio. La materia è trattata in modo insieme onnicomprensivo e approfondito, al culmine di una elaborazione che lo stesso autore dichiara essere durata quarant'anni, generata essenzialmente da un'insoddisfazione didattica. Da molto tempo mancava una sintesi di alto livello in inglese su questo tema, per lo meno dalla pubblicazione del classico Rare Book Librarianship dell'australiano Roderick Cave (London: Clive Bingley, 1976, seconda edizione aggiornata 1982). Nel frattempo erano usciti l'agile sintesi di Steven Galbraith e Geoffrey Smith, dal titolo Rare Book Librarianship (Santa Barbara, CA: Libraries Unlimited/ABC-CLIO, 2012, 185 p.), e il più esteso e ponderato volume di Alison Cullingford, The Special Collections Handbook (London: Facet Publishing, 2011, 224 p.), quest'ultimo scritto da una bibliotecaria inglese e quindi più vicino anche alla tradizione europea continentale nel settore. Ma nulla naturalmente che possa essere messo a confronto con il volume qui recensito.

Il libro di Berger è diviso in quattordici capitoli, sette appendici, e un indice. Ogni capitolo è diviso in sezioni assai brevi, che ne agevolano la lettura, con una fitta presenza di brevi testi stampati in riquadri a fondo più scuro, dove l'autore isola ed enfatizza raccomandazioni particolarmente pressanti, osservazioni di rilievo e soprattutto aneddoti tratti dalla sua vasta esperienza, volendo quindi attribuire anche allo scritto quell'andamento vivace e accattivante che certamente scaturisce dalla sua esperienza didattica. Dopo un'introduzione, segue il primo capitolo Some practical realities (sul ruolo e il significato dei Dipartimenti di libri antichi all'interno di istituzioni più grandi), poi il cap. 2 Running a Rare Book Department (che riguarda la gestione quotidiana: si apre con i problemi etici e si chiude con la gestione di un trasferimento dell'intera collezione, evento che Berger ha dovuto organizzare alla Phillips Library), il cap. 3 Archives (che tratta molto brevemente il tema), e finalmente il cap. 4 The Physical Materials of the Collection, di gran lunga il maggiore del libro. Esso infatti occupa quasi cento pagine e include quasi tutte le illustrazioni comprese nel volume, trattando con dovizia di dettagli tutti i materiali costitutivi i supporti dei testi, con particolare enfasi sull'oggetto-libro. La centralità del capitolo, quasi un libro nel libro, è rivelata anche dal fatto che presenta una vasta bibliografia autonoma alla fine. Il cap. 5 tratta degli spazi del dipartimento dei libri antichi (Physical layout and operations), il 6 è tutto dedicato al Fund-raising, il 7 è intitolato Security, e offre anche una interessante serie di aneddoti riguardanti i più clamorosi furti avvenuti negli Stati Uniti; l'8 tratta le Legal Issue nel quadro naturalmente della legislazione degli USA. Il capitolo 9 è intitolato Bibliography e offre il più tradizionale trattamento dell'argomento, con l'esplicazione delle diverse declinazioni del termine: bibliografia enumerativa, descrittiva (o analitica), storica e testuale. Anche questo capitolo è molto esteso e dotato di una nota bibliografica specifica. Seguono poi il cap. 10, Book collecting and handling (dove si tratta estesamente l'acquisizione e quindi si insegna a negoziare con i librai antiquari; e perciò tratta anche della revisione delle collezioni), il cap. 11 Outreach, dedicato a tutto ciò che chiamiamo promozione (mostre, visite guidate, pubblicazioni, etc), e solo al cap. 12 si giunge a leggere di Preservatiom, conservation, restoration, and disaster planning (comprende la conservazione digitale), ma anche questo è un capitolo molto esteso, di 60 pagine. Infine, una serie di problemi aperti e ancora dibattuti sono svolti, forse in forma un po' troppo elencatoria, nei capitoli 13 e 14 (rispettivamente, Special collections departments today e Other issues). Tra le appendici, la numero 6 delizierà il lettore italiano aduso alla sua dose quotidiana di burocrazia; essa comprende tutti i moduli e dichiarazioni formali che il dipartimento del libro antico deve approntare per la sua gestione quotidiana: ben 22, tra i quali non pochi da compilarsi a cura del lettore.
Questo breve riassunto spero renda chiaro quanto questo volume, pur presentandosi come l'opera più aggiornata sulla materia, scelga di rimanere ancorato saldamente alle competenze specifiche e tradizionali del bibliotecario del libro antico, rivendicandone l'essenza di bibliotecario-studioso. Non si potrebbe essere più d'accordo. Il bibliotecario del libro antico deve essere bibliografo, conoscere il libro come oggetto e la sua storia, i materiali che gli sono affidati e gli eventi che li hanno fatti confluire nell'istituzione in cui lavora. Deve saper proteggere e conservare senza mai sacrificare l'accesso dei lettori ai materiali che gli sono stati affidati. Soprattutto, deve sapere che cosa è la ricerca per essere veramente utile ai suoi utenti ricercatori.
La rassegna a tutto tondo delle competenze che costituiscono la professione del bibliotecario del libro antico difetta stranamente di una sola attività, la catalogazione, desultoriamente trattata in diversi capitoli, ma mai posta di per sé al centro della trattazione. Chi scrive non ritiene questa scelta un difetto del libro; essa, come la stessa struttura del volume, riflette perfettamente la particolare impostazione della Rare book librarianship americana.
Sidney Berger ha scritto non un manuale, ma un vero e proprio trattato di biblioteconomia del libro antico, che, pur essendo tutt'altro che privo di teoresi, conserva tuttavia nel tono quella assoluta mancanza di sussiego e quella godibile leggibilità che scaturiscono da una materia esposta sulla base non di uno mero studio accademico, ma di una decennale, e invidiabilmente ampia, esperienza.

Angela Nuovo
Università di Udine


Rapporto sulle biblioteche italiane 2013-2104, a cura di Vittorio Ponzani. Roma: AIB, 2015. 156 p. ISBN 978-88-7812-237-6. EUR 14,00.

Il Rapporto sulle biblioteche italiane, arrivato alla settima edizione, sempre edito grazie alla puntuale curatela di Vittorio Ponzani, offre una panoramica unica nel suo genere e ricca di spunti per approfondimenti e riflessioni. Rispetto al desolante rapporto precedente, relativo agli anni 2011-2012 (Rapporto sulle biblioteche italiane 2011-2012. Roma: AIB, 2013), emergono alcuni dati che potrebbero far sperare in un cambiamento di tendenza, sebbene sia ancora molto vago e difficile da definire con certezza.
La breve e lucida presentazione di Giovanni Solimine dovrebbe far riflettere tutti coloro che a vario titolo lavorano in contesti bibliotecari, senza arrendersi a uno status quo che nella maggior parte dei casi lentamente ma inesorabilmente marginalizza, poiché nelle realtà più dinamiche si dimostra la possibilità di una presenza forte e attiva delle biblioteche nelle comunità di riferimento.
Il Rapporto presenta, nella sezione In primo piano, interessanti analisi sulla percezione delle biblioteche nella stampa, sull'uso dei social network in biblioteca e sulla situazione dell'editoria per ragazzi e la lettura.
L'attenzione della stampa viene spesso focalizzata da situazioni di disagio o di gravi difficoltà, e la presenza delle biblioteche nella stampa è decisamente limitata, specchio questo della progressiva marginalizzazione di un settore che soffre molto gli stereotipi. Come auspica Galluzzi, alla fine dell'intervento (che, ricordiamo, è una selezione di un lavoro più ampio riguardante la stampa europea nel periodo 2008-2012. Cfr. Anna Galluzzi, Libraries and public perception: a comparative analysis of the European press. London: Chandos, 2014) «la sfida principale è quella di colmare il gap tra ciò che le biblioteche possono offrire alla società e ciò che l'opinione pubblica pensa che esse possano offrire».
L'uso dei social network da parte delle biblioteche è stato analizzato, come affermato dalle autrici (Bambini e Wakefield), in modo empirico, su un campione di circa 70 biblioteche e per un periodo di due settimane nel mese di luglio 2014. Dall'analisi emerge una situazione, anche in questo caso, variegata, dove si trovano sia presenze qualificate e professionali, sia presenze deboli caratterizzate da atteggiamenti dilettanteschi e da attività lasciate all'iniziativa individuale. In quest'ultimo caso, si perdono molti dei potenziali benefici offerti dalle tecnologie della comunicazione.
Il contributo su editoria per ragazzi e lettura (Patregnani) è ricco di spunti e dati statistici, che da un lato mostrano una tendenza negativa per quanto riguarda le medie di lettura, e dall'altro però indicano che il settore dell'editoria per ragazzi è un settore non toccato dalla crisi e in grado di offrire prodotti di qualità, oltre che commercialmente appetibili.
Sono contributi che affrontano temi interessanti e di attualità, la cui importanza dovrebbe portare a continuare il lavoro svolto per il biennio, in modo da disporre di maggiori dati e di una visione diacronica di più ampio respiro.
La situazione delle biblioteche pubbliche (Agostini e Stefanini), in primo piano nell'edizione precedente, viene analizzata in una apposita sezione; se il Rapporto precedente definiva “plumbeo” il quadro della situazione, dopo un biennio l'analisi evidenzia una crisi perdurante, ma non si può negare che lasci dei margini di speranza. Sicuramente la mancanza di dati statistici omogenei prodotti dalle istituzioni non ha aiutato il lavoro di redazione del contributo.
La costituzione del coordinamento MAB - Musei Archivi Biblioteche (Vivarelli), «rappresenta indubbiamente una realtà significativa e interessante, ma della quale è ancora difficile individuare con chiarezza fisionomia e obiettivi strategici». La situazione MAB e le prospettive di sviluppo e azione sono analizzate con attenzione e con spunti critici e costruttivi, e viene fornita una dettagliata sintesi delle attività delle diverse sezioni regionali, grazie alla quale «emergono chiaramente due principali filoni secondo i quali si sono articolate le attività: la proposta formativa e l'indagine sulle problematiche legate all'integrazione di sistemi culturali a livello locale».

Anche la situazione delle biblioteche dell'Università (Mazzitelli e Spinelli) offre una panoramica della situazione a tre anni dall'applicazione della legge Gelmini, con l'emergere di tendenze diverse ma con alcune comuni, che vengono riassunte in quattro punti dai redattori del contributo, ovvero: l'ulteriore evoluzione della biblioteca digitale; la formazione delle nuove professionalità necessarie a far fronte alle esigenze emergenti del sistema universitario, prima fra tutte la valutazione; la necessità che le biblioteche siano in grado di stare “vicine” agli utenti; la consapevolezza che le biblioteche universitarie sono parte integrante dell'assetto strategico delle università.
La sezione sui cataloghi (Trombone e Turbanti) offre una aggiornata e approfondita analisi della situazione relativa a progetti di ampio respiro in corso di realizzazione in Italia (Worldcat e Google Books), una sintetica relazione dei principali incontri sul fronte catalografico (il primo Seminario nazionale di biblioteconomia, l'incontro sul rilancio di SBN, il convegno Noetica versus informatica e FSR - faster, smarter, and richer: reshaping the libray catalogue); la parte sui sistemi di automazione presenta una interessante e utile presentazione (Bertini e Marchitelli), analitica nella sua sinteticità, dei sistemi gestionali elettronici utilizzati in Italia.
Sul fronte della formazione, l'intervento sulla formazione universitaria (Petrucciani e Ponzani) conferma la situazione non rosea in ambito biblioteconomico, con un vistoso regresso dell'offerta e un calo delle iscrizioni. La conclusione a cui giungono gli autori è significativa della situazione generale, ovvero «la contrazione quantitativa e qualitativa dell'offerta di formazione superiore per bibliotecari appare, in sostanza, una conseguenza molto difficilmente evitabile dello stato generale di “strangolamento” dell'istruzione universitaria, che incide particolarmente sui settori tradizionalmente meno radicati e meno nutriti. Nello stesso tempo la formazione a livello di laurea magistrale specifica in Archivistica e Biblioteconomia, soprattutto se riuscirà a consolidarsi in un numero sostenibile di sedi con risorse adeguate, mostra di essere in grado di ottenere buoni risultati dal punto di vista sia dell'apprezzamento dei laureati che dell'efficacia riguardo al successivo raggiungimento di una buona posizione lavorativa». In controtendenza i dati sull'occupazione, che vedono percentuali decisamente alte (dal 50% a un anno dal conseguimento del titolo al 71% a cinque anni) di laureati occupati stabilmente. A fronte di ciò, si nota una «battuta d'arresto dell'occupazione nei diversi settori, a partire dalle biblioteche pubbliche statali, che versano in una gravissima condizione», e anche i settori delle biblioteche universitarie e pubbliche iniziano a mostrare un preoccupante blocco delle assunzioni.

Sul fronte più specificamente professionale (Manenti fa il punto della situazione partendo dalla legge 4/2013 e dalla emanazione della norma UNI sulla figura professionale del bibliotecario), è decisamente positivo il riconoscimento della professione ma ancora molta strada va fatta per una effettiva ricaduta sulla società e per adeguare l'AIB ai cambiamenti imposti dalla legge 4/2013.
Rispetto al rapporto precedente, come dicevamo, qualche spiraglio positivo pare aprirsi, nonostante la perdurante crisi che colpisce le biblioteche, e la riforma dell'ordinamento statale che lascia ancora sospesa la situazione delle biblioteche e delle reti provinciali. In questo ambito, la riflessione di Bellingeri sulla riforma del MIBACT esplicita i dubbi di molti, se non di tutti, sulle scelte relative ad alcune biblioteche statali e nazionali.
Infine, per il futuro potrebbe essere forse opportuno presentare online alcuni estratti degli interventi, o quantomeno i dati statistici più leggibili e chiaramente estrapolabili, in modo da aumentare la diffusione del Rapporto e stimolare un confronto.
Risulta non facile dare un giudizio complessivo sul Rapporto, specchio in questo della situazione delle biblioteche italiane, che evidenzia, da un lato realtà di eccellenza, radicate nel territorio e proiettate positivamente verso il futuro, dall'altro realtà in costante emergenza economica su tutti i fronti, penalizzate da pratiche miopi e dalla mancanza di attenzione da parte di finanziatori e stakeholder. L'Italia paga ancora lo scotto di una percezione delle biblioteche che potremmo senza timore di smentita definire Ottocentesca, con tutti i limiti e le incongruenze che questa affermazione porta con sé. Una lettura attenta del rapporto aiuta a giudicare e valutare, nonostante tutto, con un certo ottimismo un settore fortemente penalizzato, la cui vitalità è inevitabilmente legata, a giudizio di chi scrive, a una ripresa economica, culturale e morale di un Paese la cui memoria storica e il cui futuro non possono prescindere dalla presenza delle biblioteche

Lucia Sardo
Roma


Mark Y. Herring. Are libraries obsolete? An argument for relevance in the digital age. Jefferson (North Carolina): McFarland & Company, 2014. 258 p. ISBN 978-0-7864-7356-4. $ 25,00.

Qual è il futuro che ci attende? Può il Web sostituirsi alle biblioteche? Le biblioteche del futuro saranno senza libri?
È un tema di grande attualità nel panorama culturale e scientifico quello che viene proposto in questo volume: il dibattito sull'utilità delle biblioteche, sulla loro validità ed efficienza nell'era digitale.
Bibliotecario presso la Winthorp University (South Carolina), Mark Herring aveva pubblicato nella rivista «American libraries» (April 2000) un articolo intitolato 10 reasons why the Internet is no substitute for a library; nel 2007 l'articolo è poi confluito nel volume Fool's gold: why the Internet is no substitute for a library e ha suscitato diversi commenti e critiche nel mondo bibliotecario americano.
Il nuovo testo del 2014, corredato da un ricco apparato bibliografico di riferimento ai diversi capitoli, è diviso in tre parti e prende in esame il ruolo che le biblioteche possono e devono svolgere per adeguarsi ai nuovi sviluppi della cultura e dell'informazione nel mondo moderno, tecnologico e globalizzato, assumendo anche la funzione di distributori di informazioni digitali.
Nella prima parte del volume l'autore si chiede se siano ancora valide le dieci ragioni da lui prese in esame nei suoi precedenti scritti, secondo le quali Internet non può sostituire una “vera” biblioteca. Analizzando pregi e difetti del Web, l'autore non ne disconosce l'importanza e l'utilità, ma pone l'accento sulla sostanziale differenza fra informazione generale e conoscenza: una cosa sono le informazioni, che servono per arricchire le ricerche, altra cosa è la vera conoscenza, cioè il personale bagaglio culturale di ciascuno.
Nel corso degli ultimi venti anni lo scenario della cultura e dell'informazione è profondamente cambiato: con l'avvento di Internet si è trasformato il modo di reperire le informazioni e si è diffusa la convinzione che le biblioteche siano divenute obsolete e quasi inutili, perché “tutto si può trovare tramite Internet”. In effetti il grande vantaggio dei motori di ricerca quali Google è quello di aver organizzato le informazioni in modo tale da renderle facilmente e rapidamente accessibili. Tempestività nell'aggiornamento, ricchezza di dati e documenti, rapidità e facilità di reperimento, visibilità delle informazioni, sono gli innegabili vantaggi che offre la ricerca tramite il Web, che consente l'accesso a molto più di quanto si potrebbe sperare di ottenere in una biblioteca per i più svariati tipi di informazioni, e incoraggia ad usare altre interfacce per proseguire o variare la ricerca. Occorre, tuttavia, rilevare che, in questi ultimi anni, Google ha modificato il proprio core business, affiancando al servizio di ricerca dell'informazione, potente e liberamente accessibile, la produzione e la vendita di prodotti di consumo e di intrattenimento, anche in seguito ad alleanze strategiche con altri grandi protagonisti dell'universo del web.
Per numerose ragioni il digitale non si può considerare un sostituto delle biblioteche e la sua forza è al tempo stesso la sua debolezza: la mancanza di un effettivo e fattivo controllo rende difficile il raggiungimento di una vera e sistematica organizzazione della conoscenza; l'estrema libertà e la possibilità di inserire ogni tipo di informazioni fa correre il rischio di venire in contatto con notizie o immagini che possono essere dannose o pericolose. Inoltre siti e informazioni, dopo qualche settimana di presenza, possono scomparire, subire modifiche di rilievo, o addirittura essere manipolate e sostituite da altre notizie completamente diverse; in altri casi i dati pubblicati non vengono aggiornati, ovvero progetti di digitalizzazione, iniziati con grandi prospettive e aspettative, vengono poi cambiati in corso d'opera, abbandonati o lasciati a metà.

Un problema sorge anche per la pubblicazione di testi che sono ancora sotto la protezione del copyright, e comunque non tutto ciò che è disponibile online lo è gratuitamente e per tutti: alcuni databases hanno dei costi talmente rilevanti che soltanto istituzioni finanziate con denaro pubblico, come le biblioteche più importanti, possono permettersi di affrontare; anche i costi per la digitalizzazione sono notevolmente elevati e senza progetti e finanziamenti adeguati non tutte le biblioteche possono sostenerli. Non si può, poi, trascurare il rischio che, utilizzando a proprio vantaggio e in maniera discrezionale le normative che regolano l'applicazione del copyright nei diversi Paesi, si vengano a restringere e limitare gli spazi dell'accesso a materiale che dovrebbe, invece, rientrare nel perimetro del pubblico dominio.
D'altronde effettuare ricerche tramite il Web non è così semplice come potrebbe sembrare: bisogna sapere “dove” cercare, ma anche “come” cercare: in una ricerca è importante seguire una buona strategia, per evitare di essere fuorviati da una grande mole di dati e di documenti presenti online.
Nella seconda parte del volume vengono presentate e affrontate diverse problematiche create dalla diffusione del Web e riguardanti la lettura, la comprensione e la capacità di usare i mezzi informatici, la questione del copyright, della privacy e della pirateria informatica.
La diffusione degli e-book sta creando nuove abitudini di lettura e Internet offre molte opportunità nei più diversi campi: sociale, culturale, intellettuale, scientifico, amministrativo, legale ecc., e in ogni settore della nostra vita siamo ormai testimoni di questi cambiamenti.
L'autore pone in evidenza i pericoli del lettura sul Web: la preoccupazione maggiore è il fatto di creare una generazione di giovani lettori che non è più capace di leggere bene, che trova noioso leggere senza avere la possibilità di “cliccare” sulle parole per avere informazioni su altri argomenti, una generazione che rifiuta ogni minima fatica per cercare spiegazioni che non siano immediatamente reperibili online.
Altro problema è quello della pirateria informatica, il plagio e gli attacchi cibernetici, che riguardano la musica, l'arte, i film, i giochi, i software, e anche i libri: l'industria cinematografica, come quella editoriale, ha risentito di una grossa contrazione delle vendite. Aspetti della pirateria informatica sono rivolti anche contro le biblioteche, che dovranno in futuro affrontare questa difficoltà. Non è facile prevenire o respingere questi attacchi, ma la difesa delle opere creative è doverosa, e una regolamentazione è necessaria al fine di garantire la sopravvivenza della proprietà intellettuale e la stessa libertà di espressione.
Una visione globale della situazione presente e uno sguardo sui possibili scenari futuri vengono affrontati nella terza e ultima parte del volume: l'autore si chiede se sia finita l'epoca delle biblioteche, se stiamo andando verso la completa eliminazione della lettura dei libri stampati, se la lettura digitale stia modificando non solo il nostro modo di leggere, ma anche di pensare e di agire.
Il giudizio finale viene lasciato al lettore: l'intento è quello di proporre e stimolare un dibattito costruttivo sul problema e sull'uso futuro delle biblioteche. Il pericolo non è quello di avere delle biblioteche senza libri, ma delle biblioteche senza valore. Occorre trovare delle soluzioni per affrontare la situazione e traghettare l'informazione e la cultura verso i futuri sviluppi; occorre investire nella conoscenza, e le biblioteche dovranno mettere a disposizione sia libri stampati che testi elettronici; è necessario incrementare e migliorare i servizi offerti, predisponendo spazi adeguati per lo studio e la riflessione, per il lavoro di gruppo e il confronto con gli altri. Ma fondamentale rimane comunque il rapporto umano fra bibliotecario e utente, valore aggiunto che le biblioteche possono offrire con l'aiuto e la consulenza di veri professionisti, il cui ruolo è quello di orientare e suggerire il miglior metodo di ricerca e dare risposte precise e pertinenti ad ogni singolo utente.
Risultano ancora valide dunque le parole di Ranganathan: «La biblioteca è un organismo in evoluzione» e questa è la grande sfida del futuro: che i bibliotecari sappiano essere innovativi e pronti ad operare le necessarie scelte, mantenendo il meglio di ciò che esiste, e che ha funzionato bene per centinaia di anni, e nello stesso tempo investano nelle nuove tecnologie, accogliendo il nuovo per usarlo nel modo migliore e più proficuo.

Maria Patrizia Calabresi
Biblioteca nazionale centrale di Roma


Alfred Kagan. Progressive Library Organizations: a worldwide History. Jefferson, North Carolina: McFarland & Co. Publishers, 2015. V, 300 p. ISBN 978-0-7864-6400-5. $ 55,00.

Il lavoro di Alfred Kagan, professore emerito presso l'Università dell'Illinois, presenta la storia e l'impatto di sette tra le più importanti associazioni mondiali di progressive libraries, espressione che in italiano potrebbe essere tradotta con “biblioteche progressiste” ma che, nel nostro paese e nella nostra tradizione biblioteconomica, non sembra trovare riscontro.
Le progressive libraries sono biblioteche nelle quali si pratica “biblioteconomia critica” (critical librarianship), ovvero una biblioteconomia epistemologicamente auto-riflessiva (self-reflective) e per sua natura attivista: i bibliotecari che praticano biblioteconomia critica mirano a comunicare i modi in cui le biblioteche, come istituti di produzione e diffusione culturale, consciamente e inconsciamente, supportano i vigenti sistemi di potere, alimentando pratiche di esclusione (e in alcuni casi di oppressione) sociale, razziale e di genere. Partendo da questa consapevolezza, la biblioteconomia critica cerca di promuovere le biblioteche come luogo di empowering, di trasformazione sociale tramite il superamento delle disuguaglianze.
Poiché tale biblioteconomia è legata per sua natura alle diverse modalità di articolazione del potere, nell'opera di Kagan ogni organizzazione o, come preferisce l'autore, gruppo di lavoro è considerato in riferimento al contesto sociale nel quale opera: Kagan, infatti, rifiuta esplicitamente un approccio comparativo e sottolinea come ognuno dei gruppi da lui studiati sia diversamente articolato, presenti idee, obiettivi e programmi differenti. Il lavoro di Kagan, difatti, si organizza intorno all'analisi di sette gruppi di lavoro disseminati tra Europa, Stati Uniti e Africa: il Social Responsabilities Round Table of American Library Association (SRRT), il Progressive Librarians Guild (PLG) entrambi attivi negli Stati Uniti; l'Information for Social Change (ISC), nato in Gran Bretagna, l'Arbeitskreis kritischer Bibliotekarinnen (AKRIBIE), tedesco; l'Arbeiskreis kritischer Bibliothekarinnen und Bibliothekare im Renner-Institut (KRIBIBI) austriaco; il Bibliotek i Samhälle (BiS) svedese; il Library and Information Workers Organization (LIWO) sudafricano. Kagan dedica ciascun capitolo a descrive la storia e l'attività di un gruppo di lavoro nell'arco di trent'anni, e ne valorizza l'esperienza all'interno dell'ambiente sociale in cui esso ha agito.
Il primo capitolo è dedicato al LIWO, gruppo attualmente sciolto, definito come un'organizzazione sudafricana non razziale, fieramente democratica e anti-apartheid. Il LIWO si opponeva all'esistente organizzazione nazionale di biblioteche, costituita a quel tempo esclusivamente da bianchi, e cercava di intessere legami con le altre deboli associazioni di biblioteche africane con l'obiettivo di fornire un sistema informativo non discriminatorio e un luogo di espressione per i senza voce, i marginalizzati, i non conformisti.
Il secondo capitolo è dedicato invece al BiS (“Biblioteche nella Società”), gruppo socialista svedese che promuove un sistema bibliotecario progressista nel quale l'ineguaglianza e l'ingiustizia siano contrastati e sia, invece, promossa la distribuzione equa di beni materiali, sociali e culturali.

Il capitolo successivo descrive l'attività dell'AKRIBIE, “Gruppo di Lavoro dei Bibliotecari Critici”, articolatosi come una rete informale di biblioteche i cui esponenti si incontravano due volte l'anno per confrontarsi su tematiche quali la responsabilità delle biblioteche nel cambiamento sociale e la partecipazione degli utenti ai processi decisionali delle biblioteche, e per organizzare i programmi in grado di influenzare la professione bibliotecaria. L'organizzazione si è sciolta nel 2012, ma un piccolo gruppo ha deciso di sviluppare un sito per proseguire il lavoro, nonostante lo scioglimento.
Al KRIBIBI, gruppo austriaco simile al tedesco (l'acronimo è traducibile con “Gruppo di Lavoro dei Bibliotecari Critici dell'Istituto Renner”) ma legato al partito socialista austriaco, è dedicato il capitolo seguente. Anche in questo caso si tratta di una rete informale i cui membri si impegnano a rispettare i principi del “lavoro bibliotecario sociale”, ossia ad assumere come proprio obiettivo specifico e dovere principale quello di provvedere all'accesso dell'intera popolazione a tutti i tipi di informazione, in particolare di quella parte alla quale tale accesso non è immediato per ragioni sociali, materiali e culturali.
Il quinto è dedicato invece all'ISC che, da gruppo di attivisti inglesi con base a Londra si è evoluto in un'organizzazione internazionale, il cui fulcro è l'omonimo giornale Information for social change. La missione primaria dell'ISC è stimolare il confronto su temi di giustizia sociale, censura, libertà ed etica rispetto ai paradigmi dominanti nel settore bibliotecario in modo tale che esso risulti utile al loro stesso cambiamento.
Il sesto capitolo descrive lo statunitense SRRT, un gruppo interno all'American Library Association, il cui scopo principale è garantire un forum di discussione sulle responsabilità che biblioteche e bibliotecari hanno in relazione a importanti problemi di cambiamento sociale e di agire da stimolo per l'ALA nelle sue varie componenti per rendere le biblioteche più sensibili ai correnti bisogni sociali e in grado di presentare programmi e condurre attività appropriate a tali scopi.
Il settimo descrive, infine, il PLG, gruppo fondato negli Stati Uniti ma con un certo seguito anche nel resto del mondo, il quale si configura come un'organizzazione radicale indipendente che cerca di influenzare le politiche dell'ALA in senso democratico. Esso si riconnette alla tradizione novecentesca di attivismo sociale statunitense, per la quale le biblioteche, lungi dall'essere soltanto istituzioni neutrali, sono invece agenti di cambiamento storico.
Come si evince, lo studio di Kagan, fondato su interviste e rilievi di prima mano, si colloca a consuntivo di esperienze non soltanto radicate in ambienti socioeconomici assai differenti, e con bisogni conseguentemente variegati, ma anche di pratiche e metodologie poco frequentate in Italia, un paese nel quale la collocazione disciplinare della biblioteconomia tra le scienze sociali, su cui pochi nel mondo anglosassone nutrono dubbi, è osteggiata dalla fortissima relazione che la blioteconomia ha con le scienze storico filologiche e bibliografiche, come d'altro canto ricorda Di Domenico in Biblioteconomia e culture organizzative (Editrice Bibliografica: 2009), quando asserisce la concezione di biblioteca come istituto della società e, di conseguenza, come oggetto di indagini e studi sociologici dei quali il Progressive Library Organizations di Kagan è una esemplificazione. Lo stesso sottolinea come un approccio sociologico possa descrivere e spiegare le biblioteche quali fenomeni sociali esse stesse, definendo quale forma di agire le caratterizzi e andandole a delimitare come oggetti concettualmente complessi e rilevanti anche in chiave teorica. Allo stesso tempo, la sociologia potrebbe fornire alla biblioteconomia gli strumenti per effettuare ricerche empiriche utili a osservarne le concrete manifestazioni, esattamente come avviene nell'opera di Kagan.
L'opera di Kagan va quindi letta principalmente come una proposta editoriale utile a comprendere la necessità preliminare di sondare questo passaggio teorico e metodologico, prima di ripercorrere la biblioteconomia come una scienza che sappia darsi procedure autoriflessive (ossia procedure di autocontrollo del proprio statuto disciplinare) e iniziare a interpretare la biblioteca come un'istituzione “agente” la società e le sue relazioni di potere: in altri termini comprendere quali siano le forme che la biblioteca seleziona per collocarsi nella società, e quale tipo di saperi intenda organizzare, diffondere e ottimizzare in vista di un preciso obiettivo sociale.

Maria Francesca Stamuli
Biblioteca Nazionale di Napoli


Fulvio Panzeri. La biblioteca a scuola: lettera a una giovane maestra. Milano: Editrice Bibliografica, 2015. 127 p. (Conoscere la Biblioteca; 16). ISBN 978-88-7075-812-2. EUR 12,00.

«Cara Sabrina». L'autore rivolgendosi ad una immaginaria insegnante di scuola elementare evidenzia il problema che, tra i tanti, dovrà affrontare: trasmettere il gusto della lettura ai bambini. Perché la scuola non aiuta a raggiungere questo importante obiettivo. Anzi! Panzeri offre la propria esperienza di maestro elementare, impegnato nella promozione della lettura, per dare qualche consiglio utile a «far vivere la biblioteca a scuola».
Quest'ultima, tra la fine degli anni Ottanta e l'inizio del nuovo Millennio, ha saputo cogliere quella piccola rivoluzione culturale che ha portato ad un nuovo approccio alla lettura, ossia la personalizzazione dell'atto del leggere, e che ha visto impegnati in prima linea bibliotecari, editori e certi insegnanti sensibili all'innovazione.
In questo scenario al lettore viene affidato il ruolo centrale. Si parla, quindi, non della lettura come mezzo strumentale finalizzato a migliorare le prestazioni scolastiche, ma di quella che favorisce la crescita della persona, nella sua interezza, «cogliendo gli aspetti dell'emotività, della scelta individuale, del gusto personale».
Negli ultimi anni, l'invasiva presenza del digitale ha portato nuovi cambiamenti nella scuola e ha prodotto nuove instabilità che hanno sottratto tempo e spazio all'educazione alla lettura, dimenticando quanto l'educazione alla lettura possa, invece, favorire e sviluppare quella capacità critica «di interpretazione dei testi e delle informazioni», che è necessaria per affrontare il mondo digitale, i suoi strumenti e i suoi contenuti.

L'autore, ritornando sugli anni Ottanta, focalizza la propria attenzione su quegli autori provocatori-innovatori, come Bichsel, Lodi, Pennac, Zaccuri e Rodari, che avevano dato, attraverso la loro stessa esperienza di lettori, una nuova dimensione e funzione sociale alla lettura, avvicinandola ai bisogni del lettore.
«Personalmente mi accontento di aver osservato che leggo con il corpo» scriveva Peter Bichsel, al quale rispondono Alessandro Zaccuri «ma sono convinto che l'atto della lettura produca di per sé una trasformazione fisica del nostro corpo» e Daniel Pennac «Se qualche pagina di un bel libro è noiosa la si può saltare», senza dimenticare Gianni Rodari «non dare la colpa ai bambini se non amano la lettura».
Non bisogna trascurare nemmeno quanto sia stata importante «la nuova cultura dell'illustrazione», sostenuta da figure quali Costa, Mariniello, Innocenti e Nidasio, che contribuirono a confezionare un nuovo ruolo per l'immagine ponendola sullo stesso piano del testo. L'immagine diventa una componente stessa del racconto che interagisce con le parole per costruire una storia.
Ma a margine di tutto questo, dopo lunghi anni, tra scuola e libro rimangono ancora aperte alcune questioni: la ridefinizione del ruolo delle biblioteche scolastiche e lo sviluppo di progetti di ricerca scolastica legati alla narrativa.
Qualche consiglio allora per creare una biblioteca di classe che sia centrale in un progetto didattico: organizzarla secondo un modello, simbolico, che ricostruisca la struttura di una qualsiasi biblioteca della quale i ragazzi possano apprenderne i meccanismi di funzionamento. Non solo. I ragazzi devono essere i veri protagonisti nel rapporto col mondo dei libri, perché questo si trasformi in un valore anche di natura sociale, una esperienza condivisa all'interno di un gruppo, dove ciascuno possa arricchirsi attraverso l'incontro con l'altro.
Panzeri, chiude la sua “lettera aperta” con le parole di Mario Lodi: «Non c'è bisogno di tanti, troppi libri, ma di libri letti ai bambini perché si formino l'idea di un mondo positivo».
L'autore pur evidenziando i troppi problemi e i ritardi che ingessano la scuola italiana, riesce ad individuare e a trasmettere elementi di stimolo e di positività, perché educare alla lettura agisce sulla crescita emotiva e civile di ogni bambino, «Perché leggere è bello e dà felicità», come dice Lodi. E perché, cara Sabrina, insegnare ai bambini è uno dei mestieri più belli e difficili del mondo.

Fabrizio Melchiori
Dipartimento di Scienze della Formazione, Università degli Studi Roma Tre


Robert L. Maxwell. Maxwell's Handbook for RDA: Explaining and illustrating RDA: Resource Description and Access Using MARC 21. London: Facet Publishing, 2014. 900 p. ISBN 978-1-85604-832-3. £59.95.

Il titolo di questo ponderoso manuale richiama immediatamente l'attenzione del lettore sull'autore. Robert Maxwell - catalogatore esperto e presidente del Special Collections and Formats Catalog Department presso la Harold B. Lee Library della Brigham Young University - è un autore molto stimato, noto per numerosi e fortunati lavori pubblicati nell'ambito della catalogazione. Tra essi si distinguono il Maxwell's Handbook for AACR2, che è il più famoso, il volume FRBR: A guide for the Perplexed (2008), il più recente e infine il Maxwell's Guide to Authority Work che ha meritato l'Highsmith Library Literature Award nel 2002. In questo nuovo lavoro, Maxwell si cimenta con la presentazione completa e dettagliata di RDA (Resource Description and Access), le nuove linee guida per la registrazione dei dati delle risorse di interesse scientifico e culturale.
Al momento attuale, RDA è il tema centrale degli studi catalografici a livello internazionale. Le numerose innovazioni introdotte dalle linee guida e la loro progettazione mirata a una più facile e profonda integrazione dei dati prodotti dalle agenzie bibliografiche nel web semantico le rendono oggetto di grande interesse da parte di studiosi, catalogatori e studenti. Spesso, tuttavia, i cambiamenti percepiti come profondi suscitano nelle persone interessate anche una certa apprensione ed è naturale che la domanda fondamentale intorno a RDA sia il potenziale impatto che il nuovo codice avrà sui cataloghi delle biblioteche, ovvero sui dati, sulle procedure e sui sistemi di catalogazione oggi in uso.
L'autore di questo ponderoso manuale osserva che con RDA l'apprensione tra i professionisti è forse ancora maggiore di quella registrata all'uscita del predecessore di questo volume, ovvero la prima edizione del Maxwell's Handbook for AACR2 nel 1980 (di Margareth Maxwell, madre di Robert); e per questo motivo, Maxwell ha progettato il nuovo manuale allo scopo di «aiutare i catalogatori esperti ma anche gli studenti di biblioteconomia nell'applicazione delle linee guida più comunemente usate di RDA per la descrizione di entità e risorse e la creazione dei relativi punti di accesso» (p. VII).

Lo studio e la comprensione di RDA pongono diversi problemi al lettore, perché richiedono un profondo cambiamento di mentalità e di prospettiva rispetto al lavoro che si svolge quotidianamente per la registrazione dei dati. In realtà in RDA una parte consistente di essi è identica a quella di AACR2; ciò che cambia è la funzione nuova che quei dati dovranno svolgere (soprattutto in relazione al mutato contesto tecnologico, con particolare riferimento al web semantico).
Un aspetto piuttosto critico di RDA, in questo momento, è la rapidità con la quale sta evolvendo. Anche se molte biblioteche hanno scelto di attendere, molte altre stanno già utilizzando le linee guida e la loro esperienza mette in evidenza necessità di miglioramenti e aggiornamenti che rapidamente vengono trasferiti nel testo di RDA (accessibile nella sua forma aggiornata tramite un apposito strumento in linea: http://rdatoolkit.org). La rapidità con cui il testo si sviluppa è in qualche misura allarmante ma, da un lato il numero delle modifiche necessarie si andrà sempre più riducendo nel tempo, dall'altro RDA si basa sugli stessi principi fondamentali della tradizione catalografica internazionale ai quali si sono ispirate in passato anche le Anglo-American Cataloguing Rules, e quindi i cambiamenti non incidono sull'essenza più profonda delle linee guida.
Il manuale di Maxwell, pubblicato nel febbraio 2014, si è basato sul testo disponibile nel 2012 e ha cercato di tenere presente le revisioni stabilite nell'incontro di novembre 2012 e pubblicate in luglio 2013. In seguito alla chiusura del testo, il numero delle modifiche è stato ancora maggiore, perché ne sono state apportate in febbraio, aprile, agosto, ottobre 2014 e in febbraio, aprile e agosto 2015; queste saranno probabilmente incluse e trattate nelle edizioni successive.
L'inevitabile conclusione è che per poter seguire sempre le pratiche più aggiornate, il «Manuale deve essere usato sempre in tandem con RDA e con le dichiarazioni di policy» (p. 21-22).
Per comprendere appieno RDA è necessario tenere presente un altro aspetto estremamente rilevante: è uno standard di contenuto (con le parole di Maxwell è format-agnostic; p. VIII), ovvero non richiede necessariamente le strutture di ISBD o del MARC. Le linee guida di RDA si applicano per stabilire qual è l'informazione necessaria per descrivere una risorsa, cioè per stabilire il contenuto di una descrizione; esse però svincolano le decisioni sul contenuto dei dati dalla tecnologia di registrazione dei dati (cartacea o elettronica), dal formato di registrazione dei dati (per esempio, MARC 21, UNIMARC, Dublin Core, ecc.) e da altri aspetti, come la modalità di presentazione dei dati (sequenza delle aree o degli elementi, punteggiatura prescritta, intestazioni della scheda, formato a bandiera, ecc.).
Per questo motivo RDA non fornisce nel testo esempi completi - dal momento che le singole linee guida forniscono informazioni e istruzioni completi solo per singoli elementi - ma fornisce di volta in volta esempi del contenuto di un determinato elemento. In RDA gli esempi completi sono presentati nella sezione dei tools
(http://www.rdatoolkit.org/sites/default/files/6jsc_rda_complete_examples_bibliographic_revisedoct2015.pdf), e la totalità dei dati relativi a una risorsa sono presentati in una tabella di dati a quattro colonne (Riferimento all'istruzione RDA, Elemento RDA, Entità, Dato registrato).
Questa scelta, da un lato aumenta la difficoltà di lettura iniziale e disorienta un lettore abituato alla tradizionale registrazione bibliografica, dall'altro, come ha osservato Mauro Guerrini, richiede una metanoia, una profonda trasformazione del modo di concepire la catalogazione.
Con tipico pragmatismo americano, la scelta del manuale di Maxwell è presentare gli esempi di RDA ricorrendo alla struttura di MARC21: come afferma l'autore infatti «il Manuale è stato scritto nella convinzione che la maggior parte dei catalogatori, almeno per il prossimo futuro, continuerà a codificare le informazioni catalografiche utilizzando i formati MARC e seguendo le strutture ISBD» (p. VIII). Infatti, dal momento che gli esempi di RDA illustrano solo il contenuto dell'elemento specifico oggetto della norma, è possibile che «catalogatori e studenti dei corsi di biblioteconomia trovino questi esempi fuorvianti per la loro essenzialità». A questo scopo, il manuale «tenta non solo di spiegare le linee guida, ma anche di dare esempi completi di catalogazione per illustrare ciascuna linea guida presentata» (p. VIII). In questo modo Maxwell utilizza l'altra opzione di RDA nella presentazione degli esempi finali: la codifica dei dati in MARC21.
Un altro aspetto cruciale, tra le novità di RDA, è la struttura del codice. Se infatti si confronta l'indice generale di AACR2 e di RDA si trova un'importante differenza: il primo era organizzato in 2 parti (1. Descrizione e 2. Punti d'accesso (Scelta e Forma)); il secondo è organizzato in 3 parti (1. Introduzione (capitolo 0), 2. Attributi delle entità (Sez. 1-4); 3. Relazioni tra le entità). Questo cambiamento di struttura generale è conseguenza di un profondo cambiamento di prospettiva: l'operazione compiuta dall'agenzia che utilizza queste linee guida passa dalla catalogazione - cioè la produzione di uno strumento specifico, storicamente determinato e altamente specializzato, come il catalogo, caratterizzato da una particolare tecnologia (per esempio manoscritto a volume, a stampa, a schede, per record bibliografici e d'autorità, ecc.) - alla registrazione dei dati relativi alle entità riferibili a una risorsa e soprattutto con la possibilità che i dati così prodotti possano essere riutilizzati per funzioni diverse da quelle per cui sono stati prodotti. In altri termini, con le parole di Daniel Van Spanje (al convegno «Faster, smarter and richer. Reshaping the library catalogue», Roma 27-28 Febbraio 2014), con RDA si attua il passaggio dal record management all'entity management e una piena attuazione della riusabilità dei dati. In RDA, la struttura del testo non è un aspetto formale o accidentale; è sostanziale ed è già un modo per trasmettere al lettore la profondità del cambiamento concettuale in corso.
Maxwell è consapevole di questo problema: il manuale, come i suoi predecessori, è basato sulla struttura del codice di riferimento. Però in parte se ne distacca, perché «dal momento che RDA è organizzato sulla base della struttura dei Functional Requirements for Bibliographic Records (FRBR) e non su quella dell'International Standard Bibliographic Description (ISBD) come faceva AACR2 [...], molti catalogatori potrebbero provare confusione fino a che non familiarizzano con il nuovo codice. Per aiutare i catalogatori abituati ad AACR2, è stato inserito nel manuale un insieme di appendici basate sul formato (libro, manoscritto, film ecc.) e organizzate secondo l'ordine AACR2/MARC» (p. IX).
Maxwell, mediante la scelta degli esempi formulati secondo il MARC 21 e la presentazione di appendici basate sul formato - cioè l'approccio della catalogazione tradizionale - si sforza di rispondere a un'indubbia urgenza didattica, ma corre il rischio di depotenziare la comprensione più profonda degli aspetti più innovativi e caratterizzanti di RDA.
La struttura del manuale è organizzata in nove capitoli. Il primo è l'Introduzione, in cui Maxwell traccia il quadro del contesto internazionale in cui RDA si colloca, ricostruendone le relazioni con FRBR, con la Dichiarazione di principi internazionali di catalogazione, con lo standard ISBD, con formato di registrazione MARC e con i programmi di catalogazione cooperativa (PCC) in atto negli Stati Uniti.

I capitoli dal secondo all'ottavo guidano il lettore nella comprensione e nello studio della prima delle due funzioni fondamentali di RDA: rappresentare le entità mediante la registrazione dei rispettivi attributi. Le entità sono trattate secondo questo ordine: manifestazioni e item (capitolo 2, con un'appendice per i facsimili e le riproduzioni), persone (cap. 3), famiglie (cap. 4), enti (cap. 5), entità geografiche (cap. 6), opere (cap. 7, con un'appendice per le registrazioni di autorità per le serie) ed espressioni (cap.8).
Il nono e ultimo capitolo del manuale è dedicato alla seconda funzione essenziale in RDA: la registrazione delle relazioni tra entità. La presenza di un solo capitolo dedicato alla registrazione delle relazioni non deve ingannare riguardo alla loro importanza; le relazioni hanno sempre rappresentato una parte fondamentale della catalogazione fin dalla sua nascita, anche se questo aspetto non è sempre stato così evidente. Se però si pensa agli obiettivi di Cutter, essi sono raggiungibili soltanto se, per esempio, si mostrano le relazioni tra un autore e le sue opere (primo obiettivo), o tra una persona, un genere o un argomento e le opere registrate (secondo obiettivo), o tra le manifestazioni e le espressioni relative a una data opera (terzo obiettivo). Come sottolinea Maxwell, nel testo di RDA esattamente «metà dei capitoli (dal 17 al 39) sono dedicati alla registrazione delle relazioni tra entità» (p. 591).
Un quarto del volume è dedicato alle appendici - da non confondere con quelle del RDA Toolkit - che trattano le linee guida dal punto di vista dell'oggetto bibliografico da descrivere, per consentire al lettore di leggere RDA non secondo la nuova struttura basata sulle entità, ma secondo quella tradizionale basata sull'oggetto bibliografico. Le appendici sono: Appendice A per libri e fogli a stampa; Appendice B per risorse cartografiche; Appendice C per manoscritti non pubblicati e collezioni manoscritte; Appendice D per musica notata; Appendice E per registrazioni audio; Appendice F per risorse con immagini in movimento; Appendice G per risorse grafiche bidimensionali; Appendice H per oggetti e risorse tridimensionali; Appendice I per risorse digitali; Appendice J per risorse su microfilm; Appendice K per risorse seriali e integrative e Appendice L per la descrizione analitica.
Per facilitare la lettura e la ricerca all'interno del manuale e favorire il confronto con il testo delle linee guida, laddove possibile Maxwell ha numerato i paragrafi del proprio testo con un numero corrispondente all'istruzione in RDA. Per esempio, il paragrafo Nota del catalogatore a pagina 218 del manuale di Maxwell è numerato 8.13 e tratta del paragrafo 8.13 Nota del catalogatore di RDA. Inoltre il recupero delle informazioni da un testo di oltre ottocento pagine è garantito da un corposo e accurato indice analitico (da p. 863 a p. 900).
Lo stile del testo è sempre molto scorrevole e di piacevole lettura. Le frasi tendono ad essere sempre semplici e di facile comprensione, secondo la chiarezza che contraddistingue la prosa anglosassone.
Non ci sono illustrazioni in senso stretto, ma il volume è ricchissimo di figure che consistono in riquadri contenenti la presentazione in formato MARC21 degli esempi, accompagnate o precedute spesso da figure che mostrano come le informazioni si presentano sulla risorsa; forse in qualche caso la rappresentazione diretta della fonte della risorsa (per esempio l'immagine di un frontespizio, di un contenitore ecc.) avrebbe giovato a rompere la monotonia di un testo che si presenta piuttosto compatto.
La pagina è gradevole e i rientri sono utilizzati con regolarità per facilitare al lettore l'individuazione delle parti di testo relative di volta in volta a esempi, a liste che segnalano opzioni o ordini di precedenza e a citazioni da RDA.
Dal momento che l'essenza del manuale di Maxwell è fornire un robusto commento al testo di RDA e se ne allontana davvero poco, è comprensibile che sia privo di bibliografia (se si eccettuano le rarissime note di questo tipo presenti alla fine di ciascun capitolo). Qualche indicazione bibliografica su possibili approfondimenti critici, sui principi che hanno guidato la transizione da AACR a RDA o sulle funzioni nuove che RDA mira a realizzare avrebbe aiutato il lettore a orientarsi in un ambito bibliografico in continua espansione e soprattutto a formarsi un'opinione più solida sulle nuove linee guida. In questo modo, in particolare, avrebbe favorito il formarsi di quel giudizio del catalogatore che Maxwell stesso considera «un fondamentale passaggio teorico realizzato nel passaggio da AACR2 a RDA» (p. VIII) e che diventa indispensabile proprio nei tanti casi del tutto imprevedibili in un manuale come questo.
In conclusione, il volume di Maxwell è una guida efficace per studenti e a catalogatori esperti alla lettura, alla comprensione e all'utilizzo delle linee guida, da affiancare al testo di RDA. Per come è strutturato, per la varietà, la completezza e la profondità delle informazioni, per l'autorevolezza della casa editrice e dello stesso autore questo manuale costituisce un acquisto caldamente consigliato a chi desidera uno strumento per iniziare ad applicare RDA nella propria struttura, in particolare con il formato MARC21.

Carlo Bianchini
Università di Pavia


Peter Hernon - Ellen Altman - Robert E. Dugan. Assessing Service Quality : satisfying the expectations of library customers. Peter Hernon, Ellen Altman, Robert E. Dugan. 3. ed. London: Facet, 2015. XXIII, 218 p. ; 28 cm. ISBN 978-1-78330-059-4. $ 67,00. (servizi al pubblico e utenza, 17).

«Iniziamo come abbiamo iniziato ogni argomento con la missione del bibliotecario (...) ci siamo occupati dei diversi aspetti su cui si fonda il bisogno della missione (...) non abbiamo però fornito consigli e indicazioni precise accompagnate da esempi e testimonianze: potreste dunque chiedervi: Cosa devo fare esattamente? La risposta in sintesi è: chiedete alla vostra comunità».
Con queste parole, riportate nel suo “Atlante della biblioteconomia moderna” David Lankes sembra indicare una direzione operativa a quei bibliotecari che reputano che l'analisi delle aspettative e della soddisfazione degli utenti sia uno strumento fondamentale per adeguare il servizio alle esigenze della comunità, in modo da convincere gli stakeholders che le biblioteche svolgono un ruolo decisivo nei contesti sociali in cui si collocano. L'indicazione di Lankes è raccolta e messa in pratica in questo manuale, pubblicato in terza edizione aggiornata dall'American Library Association e vincitore -- nell'edizione del 1999 -- dello Highsmith Library Literature Award. Bilanciando correttamente analisi teorica ed esempi pratici, il volume, nei suoi tredici capitoli, guida i bibliotecari alla pianificazione ed alla pratica di un programma di valutazione della qualità del servizio. Pur prendendo le mosse dalla situazione delle biblioteche statunitensi, gli autori forniscono un'analisi dei rapporti tra le diverse componenti del sistema bibliotecario (utenti, personale, amministratori) che con poche varianti può essere adeguata alla situazione italiana, e formulano un ipotesi di servizio centrato sull'utente che corrisponde all'idea di Lankes. Con tale ipotesi non vogliono affermare, che “l'utente ha sempre ragione”, piuttosto, che gli utenti sono “la ragione dell'esistenza delle biblioteche”. Sulla base di questo principio, la necessità di praticare l'ascolto degli utenti costituisce il motivo guida dell'intero volume. Nei diversi capitoli in cui descrivono i modi e le forme con i quali la biblioteca può gestire le critiche (ma anche gli apprezzamenti) espressi dagli utenti, gli autori invitano a sollecitare le une e gli altri con specifici strumenti, dalle suggestion boxes ai blogs, e richiederli esplicitamente attraverso pubbliche dichiarazioni di intenti ( “«la biblioteca accoglie le critiche e fa tesoro degli apprezzamenti (...) consideriamo le critiche come opportunità per migliorare (...) gli apprezzamenti ci dicono che stiamo andando nella giusta direzione»”). E quando passano ad analizzare e a descrivere gli strumenti più propriamente volti al rilevamento della qualità del servizio, il principio dell'ascolto degli utenti è affermato fin dal titolo dei capitoli (“Listening through surveys”, “Listening through focus group interviews”). Nell'esposizione delle pratiche utili alla valutazione della qualità, si distinguono classicamente le indagini quantitative da quelle qualitative. Nel capitolo che riguarda le prime si dà conto brevemente dei modelli consolidati (ServQual, LibQual, LibQual+Lite), si esaminano i problemi di individuazione del campione, si spiega in che modo formulare le domande e somministrare dei questionari; anche in questa parte, gli autori sostanziano l'analisi teorica con un molti esempi, schemi e tabelle, che rappresentano il valore aggiunto dell'opera. Questo versante pratico del volume si fa apprezzare anche nelle pagine che riguardano le indagini qualitative, in cui è maggiore il rischio di aleatorietà e di incertezza valutativa, ed ancora negli ultimi capitoli dell'opera, che riguardano l'interpretazione dei dati e l'utilizzazione dell'indagine per il miglioramento dei servizi. Secondo gli autorie è importante che i dati raccolti “«catturino l'attenzione degli utenti e degli stakeholders»”: si presenta qui il nesso tra analisi della qualità, miglioramento dei servizi e comunicazione dei risultati, che sottolinea l'importanza che riveste per le biblioteche una continua attività di valutazione. Le biblioteche debbono sapere quanto utilmente svolgono il loro servizio e lo debbono '“far sapere'”, comunicare: possiamo dire che da ciò dipende la loro sopravvivenza.
Destinato sia alle biblioteche accademiche che a quelle di pubblica lettura, con esempi specifici per l'una e per l'altra tipologia, il volume si colloca in quell'ambito di studi, praticati validamente da molti anni anche in Italia, che chiariscono i rapporti tra la biblioteca ed il suo contesto, e può rappresentare uno strumento utile per le biblioteche che vogliano stabilire una relazione virtuosa con i loro utenti, migliorando il servizio e rispondendo compiutamente alle esigenze della loro comunità.

Enrico M. Dotti
Biblioteca Generale “E. Barone”, Sapienza Università di Roma


Piero Cavaleri - Laura Ballestra. Manuale per la didattica della ricerca documentale: ad uso di biblioteche, università e scuole. Milano: Editrice bibliografica, 2014. 278 p. (Biblioteconomia e scienza dell'informazione; 6). ISBN 978-88-7075-796-5. EUR 28,00.

Da alcuni anni di parla di Terza missione anche per le biblioteche accademiche. La Terza missione è la missione culturale dell'università. Grazie alla Terza missione il ruolo delle biblioteche accademiche si amplia e si rivolge al territorio; una serie di attività sostengono questo nuovo ruolo. Una delle più interessanti è l'attività didattica rivolta agli studenti liceali. La biblioteca “Mario Rostoni” dell'Università “Carlo Cattaneo” di Castellanza ha maturato negli ultimi anni una vasta esperienza in questo ambito grazie ai progetti Non solo tesine e Ri-cercare per imparare. Da queste esperienze nasce il Manuale per la didattica della ricerca documentale che si rivolge ad educatori, docenti, formatori, bibliotecari e, soprattutto, studenti per spiegare i percorsi e le metodologie della didattica della ricerca documentale. Il manuale è un po' un unicum nel panorama della biblioteconomica italiana; la sua pubblicazione sottolinea un rilevante cambiamento di ruolo per la professione bibliotecaria e, in modo più diretto, per il bibliotecario accademico. Il bibliotecario diventa, infatti, un educatore, insegna i percorsi della ricerca documentale, fondamentale nello studio come sul lavoro, per l'aggiornamento professionale e per la crescita continua dei giovani adulti e dei meno giovani.
«La biblioteconomia e le scienze informative e documentali sono le discipline secondo noi meglio attrezzate per proporre specie ai giovani attività didattiche che li aiutino a capire come ricercare attraverso i documenti e, quindi, a provocare il sorgere del bisogno soggettivo di usare i documenti per capire il mondo» (p. 9).
Nella parte iniziale il manuale dà indicazioni circa l'analisi e la valutazione del paratesto, dal momento che una ricerca documentale parte appunto dall'individuazione dei “buoni” documenti. La valutazione delle fonti nel “docuverso” analogico e digitale è, infatti, un argomento di primaria importanza.

Per impostare una ricerca documentale e selezionare un argomento, gli autori consigliano di partire dai documenti di sintesi. È necessario, infatti, indirizzare gli studenti nella selezione di un argomento e nell'individuazione, all'interno di questo, di una domanda di ricerca.
«La ricerca, anche quella documentale, deve prevedere un'ipotesi e una domanda di ricerca che nascono sì da un ambito che è stato focalizzato, ma che hanno natura diversa dallo stesso. Qui avviene il vero snodo del processo di ricerca documentale. Chi non trova una domanda può non riuscire mai ad argomentare e deve limitarsi a “ripetere” qualcosa già scritto da altri» (p. 57).
Nel capitolo quarto gli autori propongono la tecnica della scomposizione dell'argomento a livello di termini/concetti elementari e la loro categorizzazione in strutture gerarchiche per analizzare e rappresentare gli ambiti indagati. L'analisi terminologica condotta in tal modo fa scaturire idee e intuizioni anche se non è scevra da qualche rischio. Ad esempio, quello che gli studenti confondano tra loro termini, concetti elementari ed espressioni/concetti complessi o limitino l'analisi a pochi concetti ovvi. Altro problema: quando vengono forniti esempi pratici gli studenti tendono a replicarli in modo meccanico inserendo nell'analisi terminologica termini non rilevanti o pertinenti. Nel compiere l'analisi terminologica di un argomento può anche insorgere il rischio di suddividere l'argomento in sotto-argomenti. Per questo motivo è necessario inserire nel modello terminologico solo termini e non espressioni complesse. Ottenuto un insieme di termini strutturato gerarchicamente è possibile creare una mappa grafica che evidenzi i collegamenti gerarchici tra un termine e l'altro.
«L'elenco dei termini significativi espressi da sostantivi o sostantivi e aggettivi andrà poi organizzato a seconda dei ruoli semantici - “categorie” - che i singoli termini svolgono» (p. 68).
Il quinto capitolo è dedicato alla didattica dell'elaborazione della domanda di ricerca. Il manuale, infatti, fa riferimento ad esperienze didattiche svolte con studenti liceali che non partono da un bisogno informativo preciso; bisognerà, quindi, guidare ogni studente nell'individuazione di un sotto-argomento e di una domanda di ricerca in linea con gli interessi e le inclinazioni di ciascuno.
«Vista in questa prospettiva la scelta del sotto-argomento assume un aspetto problematico molto più ampio. Non si tratta, infatti, di scegliere tra alternative equivalenti, ma di individuare quelle che, in base alle conoscenze esistenti e alle proprie capacità, sembrano offrire migliori possibilità di compiere ricerche feconde di risultati» (p. 79).

Scelto il sotto-argomento sarà necessario formulare la domanda di ricerca. Se non si conosce in modo approfondito un ambito di ricerca si rischia di formulare delle pseudo domande o di porsi delle domande insolubili, perché non basate su vere e proprie ipotesi. Le domande utili derivano dalla formulazione di un'ipotesi esplicativa di un fenomeno, ipotesi che può essere verificata o falsificata. L'approccio alla ricerca documentale è sempre disciplinare; la conoscenza della disciplina, la competenza sui metodi di indagine accettati dalla disciplina, l'esperienza sono importanti nella formulazione delle domande di ricerca. Gli autori sottolineano come esistano due correnti di pensiero cui può essere ricondotta la genesi di una domanda di ricerca.
Il metodo di Holmes che suggerisce che le domande siano vicine ai canoni della scienza, conformi ai codici e alle leggi riconosciute e quello di Pierce che, invece, cerca di formulare ipotesi che vadano al di là del consueto, che rompano gli schemi, esaltando il carattere originale e creativo dell'abduzione. Entrambi validi, vanno scelti secondo le predisposizioni dell'allievo e il contenuto della ricerca.
Il sesto capitolo si concentra sugli strumenti di ricerca. Si tratta di argomenti ben noti ai bibliotecari molto meno al grande pubblico, scarsamente agli insegnanti di scuola secondaria: i cataloghi, gli OPAC e i discovery tools, le chiavi di ricerca del catalogo online, la descrizione e la soggettazione, la classificazione, ecc.
Il settimo capitolo affronta il tema della comprensione del testo e della scrittura. La bibliografia che viene costruita mediante il lavoro di analisi andrebbe letta dallo studente e per ogni testo andrebbe redatta una scheda di valutazione. Questa metodologia di lavoro mette gli studenti di fronte al problema della scrittura. Gli autori si soffermano, quindi, sul tema della stesura degli abstract, utili all'analisi contenutistica dell'argomento, e sulle diverse tipologie di abstract (indicativo, critico e misto). L'esercizio della scrittura mette anche in evidenza il tema del plagio. Di fatto gli studenti liceali sono scarsamente consapevoli delle problematiche del diritto di autore e spesso violano le “regole del gioco”. È necessario affrontare il tema del plagio, rendere consapevoli gli studenti che il plagio non paga. D'altro canto va insegnato il corretto utilizzo della citazione, gli stili citazionali, la citazione diretta e quella indiretta, la citazione di una monografia, quella di un articolo, quella di opere in più volumi, la citazione dei siti web.
L'ottavo e ultimo capitolo propone esempi di attività didattiche realmente svolte nel contesto scolastico e bibliotecario. Gli studi di caso sono stati realizzati con le classi che hanno partecipato nel triennio 2010-2013 ai corsi Ri-Cercare per imparare della Biblioteca “Mario Rostoni”.

Maria Cassella
Biblioteca “Norberto Bobbio”, Torino


Library services from birth to five: delivering the best start, edited by Carolynn Rankin and Avril Brock. London: Facet, 2015. XXV, 326 p.: ill. ; 24 cm. ISBN 978-1-78330-008-2. £54.95. (servizi al pubblico e utenti, 17)

L'opera è un'evoluzione di Delivering the Best Start: a guide to early years libraries, edita nel 2009, e costituisce una utile guida per i bibliotecari che si rivolgono alla fascia 0-5 anni, fornendo supporto alla sviluppo dei servizi bibliotecari, all'acquisizione e organizzazione delle risorse bibliografiche e soprattutto alle attività di promozione della lettura. Il testo, ampliato e completamente rivisto nell'impianto, si articola in 14 contributi di prevalente ambito britannico o di carattere internazionale che intendono esporre best practices, conoscenze e strategie sviluppate in biblioteca per aumentare l'accesso ai programmi, alle risorse e ai servizi bibliotecari dedicati agli utenti più piccoli - quelli della fascia d'età 0-5 anni - e ai loro genitori.
Nell'introduzione i curatori enfatizzano la funzione svolta dai bibliotecari in quanto agenti di sviluppo del capitale sociale che innescano favorevoli relazioni inter e intra generazionali, e sottolineano l'importanza del loro ruolo - tuttavia spesso incompreso o sottovalutato - di “promotori” dei diritti dei bambini, riconosciuti sin dal 1948 dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo. Nel primo capitolo Rankin e Brock osservano, anche in riferimento ad alcuni studi quali Start with the Child del CILIP (Chartered Institute of Library and Information Professionals), come lo sviluppo dei servizi di lettura e alfabetizzazione nei primi anni contribuisca a costruire e allargare quella “via di opportunità” per i bambini e le loro famiglie, che si tradurrà in una maggiore e più consapevole partecipazione ai processi di mutamento sociale.
L'importanza di queste riflessioni si traduce anche in una forte rivalutazione dei luoghi fisici della biblioteca in cui i bambini e le loro famiglie possano incontrarsi, svagarsi, socializzare e immergersi nella lettura in modo più rilassante; in tal modo viene favorito l'accrescimento del senso di appartenenza alla comunità, e la percezione della biblioteca come “proprio luogo di tutti”, che celebra la diversità culturale.
Lo sviluppo dei processi di alfabetizzazione riguarda le diverse forme tramite le quali si veicola la comunicazione, soprattutto per le generazioni dei “nativi digitali” cresciute in un ambiente popolato da una miriade di strumenti dell'era digitale (p.e., computer, tablet, cellulari, videogiochi).
Nel capitolo secondo si riflette sulle nuove conoscenze relative allo sviluppo infantile e sul modo in cui il processo di alfabetizzazione e di acquisizione delle competenze informative e delle capacità di comprensione critica venga attivato sin dalla nascita dal complesso di esperienze del linguaggio (parlato, ascoltato, raccontato, rimato, cantato e letto) di cui il bambino è stato attore, di contro a un modello pedagogico tradizionale che considerava i bambini predisposti a queste attività solo a partire dai 6-7 anni.
Alcuni capitoli sono dedicati alla promozione delle prime esperienze di lettura nel contesto familiare (cap. 3 e 4, progetti australiani City of Melbourne's early Literacy Strategy e Better beginnings), alla valutazione dei bisogni informativi e allo sviluppo della partecipazione e dei processi di lifelong learning nella comunità locale (cap. 5), ai criteri di sviluppo delle collezioni di primi libri (cap. 6), all'uso di media digitali (Vancouver Public Library, cap. 7), all'interazione tra bambini e genitori tramite giochi o videogiochi (Brooklyn Public Library, cap. 8). Di rilievo sono i contributi che valutano lo sviluppo globale delle collezioni e dei servizi in termini che devono essere inclusivi dei bisogni dei bambini con disabilità e rispettosi dei tempi diversi di sviluppo della persona (cap. 9), o considerano la centralità dell'educazione musicale e gli aspetti pratici della conduzione di sessioni di canto nelle sezioni ragazzi delle biblioteche pubbliche, esperienze ispirate all'approccio teorico del compositore ungherese Zoltán Kodály (cap. 10).

Reaching your audience: the librarian's role (cap. 11) si divide in due parti: la prima riguarda la pianificazione delle sessioni in biblioteca, dalla predisposizione dell'ambiente, alla realizzazione delle varie attività (p.e., fare libri, disegni, un albero della lettura, raccontare una storia, giocare con le marionette) con riferimenti ad alcune campagne di promozione della lettura 0-5 anni (Bookstart, World Book Day); la seconda offre un panorama internazionale di casi di studio (Australia, Croazia, Danimarca, Italia, Irlanda del Nord, Russia, Svezia), con il contributo di Giovanna Malgaroli nell'illustrazione del progetto AIB Nati per leggere, inaugurato nel 1999.
Si valutano infine gli aspetti pratici della promozione della lettura (cap. 12) e l'importanza della predisposizione e pianificazione di adeguati spazi in biblioteca, in termini di architettura, arredo e design. Il capitolo conclusivo è incentrato sull'organizzazione dei progetti e sul reperimento delle necessarie risorse economiche. I contributi sono in prevalenza corredati di conclusioni, bibliografie e di riferimenti utili ai siti delle organizzazioni.

Stefano Gambari
P. O. Area Polo SBN
Istituzione Biblioteche di Roma - Roma Capitale
presso Biblioteca Guglielmo Marconi, Roma


Data information literacy: Librarians, Data, and the Education of a New Generation of Researchers, edited by Jake Carlson and Lisa R. Johnston. West Lafayette: Purdue University Press, 2015. X, 271 p. ISBN 978-1-55753-696-9. $ 29,95.

Nel linguaggio quotidiano del mondo della ricerca sono oramai entrate di fatto (e, in alcuni casi, di diritto se si pensa alla legislazione comunitaria in materia) espressioni come open data e big data, legate a questioni fino a pochissimi anni fa ancora poco conosciute. In un sistema della ricerca sempre più internazionale e, auspicabilmente, sovranazionale (il progetto dello Spazio europeo della ricerca, ad esempio), è oramai sentita da più parti la necessità di condividere liberamente non più solamente i risultati finali della ricerca, ma anche i dataset con i quali questa è stata condotta. Dati che, in alcuni casi, raggiungono dimensioni tali da essere difficilmente utilizzabili e gestibili senza un'adeguata formazione.
Formazione che rientra senz'altro nella sfera della data information literacy, oggetto specifico del volume curato da Jake Carlson e Lisa R. Johnston, bibliotecari ed esperti di data curation, nonché coniatori del termine. Il volume, il secondo della collana Purdue Information Literacy Handbooks, è uno dei risultati di una ricerca avviata nel 2010, il progetto Data Information Literacy (DIL), della quale si descrivono le attività svolte (soprattutto adottando il metodo del caso di studio) e le riflessioni emerse (in particolare sui programmi formativi e sul ruolo dei bibliotecari).
Come dichiarato dagli stessi curatori (Preface, p. IX-X), l'obiettivo principale del libro non è tanto quello di descrivere l'esperienza affrontata, quanto quello di mettere a disposizione dei bibliotecari un corredo di strumenti che li aiutino a sviluppare attività ad hoc per le proprie esigenze. Guardando alla struttura del volume, si può intuire come l'impostazione scelta sia funzionale a raggiungere tale scopo.
Il libro è infatti organizzato in tre parti. La prima (Making the case for data information literacy, p. 9-69) fornisce le basi teoriche su cui si fonda la data information literacy e il progetto DIL, e focalizza l'attenzione sulle 12 competenze fondamentali individuate nel corso della ricerca, riguardanti le attività di raccolta, organizzazione, gestione e riutilizzo dei dati.
La seconda parte (Data information literacy disciplinary case studies, p. 71-201) illustra cinque differenti casi di studio, ciascuno incentrato su uno o più capacità relative alla DIL: il primo, applicato al settore delle scienze naturali, mostra l'importanza di una corretta organizzazione dei dati nell'ottica di un loro riutilizzo futuro; il secondo (settore dell'informatica e sviluppo software) si focalizza sulla capacità di comunicare i dati al fine di permetterne l'utilizzo futuro da parte di altri; nel terzo (settore dell'ingegneria agraria) viene studiata la capacità di comparare dati relativi al medesimo argomento, prodotti però in maniera differente; il quarto (settore dell'ingegneria civile) è incentrato sulla qualità dei dati, sui fattori che possono influenzarla e sulle modalità per mantenerla inalterata nel tempo, anche a seguito della loro trasmissione a terzi; il quinto (studi sull'ecologia) riguarda la gestione dei dati nell'ambito della stesura di un progetto per la richiesta di finanziamenti.
La terza parte (Moving forward, p. 203-259) è dedicata ai lettori del volume, al fine di guidarli nella creazione di programmi DIL specifici per la propria comunità di riferimento: dall'analisi dei casi di studio affrontati, si passa alla rivisitazione delle 12 competenze fondamentali alla luce delle interviste condotte nel corso del progetto, per terminare con una serie di riflessioni sul futuro di questa branca disciplinare e sugli sviluppi professionali connessi alla figura del bibliotecario.
In conclusione, si segnalano gli strumenti forniti in appendice ai capitoli che, a conferma dell'orientamento “pratico” dell'opera, possono essere utilizzati come base per replicare le esperienze descritte, adattandole alle esigenze della propria utenza di riferimento.

Luca Lanzillo
Sapienza Università di Roma


Martin De Saulles. Information 2.0: new models of information production, distribution and consumption. London: Facet Publishing, 2015. 2nd edition. 192 p. ISBN 978-1-78330-009-9. £ 49.95 (CILIP members: £39.96).

Il breve e accessibile volume di De Saulles, in questa seconda edizione aggiornata con l'inserimento di nuovi case studies, riassume alcuni dei cambiamenti chiave intervenuti nel settore dell'informazione negli ultimi venti anni. L'intento dell'autore è di offrire una visione generale sul panorama dell'informazione digitale e spiegare le diverse implicazioni dei cambiamenti tecnologici per gli attori che operano in questo ambito: editori, consumatori e professionisti, che gestiscono l'informazione in tutte le sue forme.
La struttura lineare in sei capitoli guida il lettore attraverso i nuovi modelli di produzione, archiviazione, distribuzione e consumo dell'informazione, mettendoli in relazione con i cambiamenti tecnologici.
Il focus di De Saulles è dimostrare il profondo cambiamento in atto nei diversi aspetti del ciclo di vita dell'informazione dovuto ai rapidi sviluppi in ambito tecnologico.
Dopo un capitolo introduttivo, nel capitolo 2 (New models of information production) De Saulles analizza l'impatto che i blog e i podcast hanno sull'industria dell'informazione e il ruolo da loro giocato nel cambiamento del tradizionale concetto di “pubblicare”. Ci troviamo in un'era in cui «anyone with an internet connection can be a journalist, commentator and publisher, it is not surprising that many see the emergence of blogs and social media as tools for social change»: stanno emergendo nuovi modi di creare informazione, che a prima vista sembrano essere rivali della tradizionale industria dell'informazione, ma che De Saulles auspica invece possano integrarsi per produrre un servizio migliore per la comunità. Il capitolo continua esplorando il fenomeno della democratizzazione dei media nella produzione dell'informazione attraverso i wikis e le iniziative di pubblicazione collaborativa come Wikipedia.
Il capitolo 3 (New models of information storage) offre una serie d'informazioni sul delicato aspetto della conservazione digitale, sulle operazioni di data mining, sugli aspetti e le implicazioni legali di quest'attività. Si evidenziano le nuove skills e le nuove procedure richieste per l'organizzazione di un processo di conservazione digitale, sottolineando come il futuro dell'archiviazione in cloud crei un problema di base tra possesso e accesso.
Il capitolo 4 (New models of information distribution) scava a fondo nelle implicazioni legali, economiche e tecnologiche prodotte in questi ultimi anni da Internet nei modelli di distribuzione dei contenuti informativi. Internet sta riconfigurando la catena di valori nel mondo dell'informazione e creando nuovi canali di distribuzione, in cui gli “autori” possono comunicare direttamente con il “pubblico”, senza bisogno d'intermediari, attraverso i mobile networks, gli online videos e l'open Web.
Tutti questi cambiamenti nell'attuale ecosistema informativo hanno trasformato anche i modi con cui l'informazione viene “consumata”: nel capitolo New models of information consumption De Saulles evidenzia come mai prima di ora così tante persone hanno avuto accesso ad un mondo di informazioni attraverso le loro dita con smartphone, tablet e pc, e l'impatto dell'informazione 2.0 sulla società ha iniziato ormai a farsi sentire.
L'autore conclude il suo volume sottolineando come oggi sia elevata l'abilità degli individui di creare e condividere contenuti, trasformando così la fisionomia di tradizionali strutture coinvolte nel mondo dell'informazione, come il settore editoriale.
Non indifferenti sono anche le implicazioni per i professionisti dell'informazione, in particolare per i bibliotecari, che devono riconsiderare il loro ruolo e le loro azioni per rimanere importanti attori in questo nuovo panorama.

Manuela La Rosa
Pontificia Università Gregoriana


M-Libraries 5: from devices to people, edited by Gill Needham and Mohamed Ally. London: Facet, 2015. 224 p. ISBN 978-1-78330-034-1. £ 59.95 (CILIP members: £ 47.96).

Si tratta dell'ultimo volume di una serie alquanto fortunata, la M-Libraries series, pubblicata dalla Facet publishing,, che ogni anno presenta, in un nuovo volume, gli atti della conferenza internazionale sul tema biblioteche e tecnologia mobile. Questo volume, in particolare, riporta i contributi della quinta conferenza (Fifth International M-Libraries Conference) tenuta alla Chinese University of Honk Kong nel 2014. Questo volume, come i precedenti, è curato da Gill Needham e Mohamed Ally. Needham é attualmente Associate Director alla biblioteca dell';Open University, la rinomata università britannica che svolge la propria didattica per undergraduates e post-graduates completamente online; Needham si occupa di information literacy, di supporto alla didattica flessibile e dello sviluppo dei sistemi informatici bibliotecari. Ally é professore al Centre of Distance Education and Researcher in the Technology Enhanced Knowledge Research Institute (TEKRI) presso la Athabasca University in Canada. Si tratta quindi di una collaborazione tra l'ambito accademico e quello più propriamente professionale.
I contributi raccolti in questo volume sono ben 22, in gran parte di autori provenienti dall';ambito bibliotecario universitario, il più ricettivo e pronto, si direbbe, a fare uso delle tecnologie mobili per fornire servizi. Non mancano, però, interventi di bibliotecari o specialisti dell'informazione provenienti da biblioteche pubbliche e speciali. Il volume pertanto ha qualcosa da dire a bibliotecari di ogni tipo.
La mappa geografica dei paesi di provenienza dei relatori si rivela tutt';altro che monotona: Regno Unito, Stati Uniti, Canada, Australia e Nuova Zelanda, Germania, Zimbabwe, Nigeria, Swaziland, India, Bangladesh, Cina (Hong Kong), Sud Africa.
Non meno interessanti sono i cenni biografici degli autori degli interventi, riportati all'inizio del volume. Si tratta spesso di bibliotecari impegnati in prima linea a rinnovare, con ingegno e arguzia, e spesso non supportati da finanziamenti adeguati, i servizi bibliotecari dei propri istituti grazie all';aiuto delle tecnologie mobili.
Il libro è ripartito in quattro parti. La prima delle quattro parti si intitola Best practices for the use of mobile technologies in libraries. In questa sezione vale la pena di segnalare, in particolare, il primo intervento di John Paul Anbu K. (Swaziland) e Sanjay Kataria (India) sul design e la sperimentazione di portali di biblioteche leggibili su mobile device. Uno studio pratico e chiaro, ricco di suggerimenti e consigli a chi si appresta al medesimo compito. Interessante anche l'intervento di Michael J. Whitchurch della Brigham Young University, sullo sviluppo in senso "mobile" (cioè con l'aiuto dei mobile device) del tour della biblioteca di quell'università, tour che è parte integrante del programma di studio degli studenti del primo anno. Per Whitchurch la tecnologia deve supportare le esigenze degli studenti, e non il contrario, come invece troppo spesso accade. Mark Williams (Joint Information Systems Committee, UK) racconta di una serie di workshops organizzati nel 2013, con la partecipazione di 30 editori e 40 istituzioni accademiche, per trovare insieme un modo per affrontare i problemi che lo sviluppo delle tecnologie mobili stanno creando a editori e biblioteche. Gli incontri hanno portato alla redazione da parte degli editori di una mappa di tutte le loro risorse attualmente ottenibili sui mobile devices. Da segnalare anche la relazione di Gillian Nowlan (Canada) sulle differenze tra native app e web app riguardo al design di portali delle biblioteche per mobile device.
La seconda parte del volume ha il titolo: Challenges and strategies involved in embracing mobile innovation for libraries. Kay Munro e Karen Stevenson (Scotland) relazionano su un programma di training per motivare lo staff della biblioteca ad utilizzare i mobile devices come strumenti di lavoro. La nuova tecnologia mobile permette, secondo gli autori, una maggiore flessibilità nel modo di lavorare, ma è necessario motivare lo staff con un programma adeguato di training. Particolarmente interessante è la descrizione delle metodologie didattiche usate per stimolare l'interesse e la partecipazione all'addestramento mediante differenti tecniche, incluso l';impiego di attività semi ludiche. Sarah-Jane Saravani e Gaby Haddow (Nuova Zelanda e Australia), invece, propongono una ricerca sui diversi gradi di accettazione delle tecnologie mobili da parte dello staff delle rispettive biblioteche. Alison Mackanzie (UK) traccia un breve disegno storico di strategia, per così dire, mobile (mobile strategy) all'interno della propria biblioteca universitaria, riportando della redazione di un documento di raccomandazioni per lo sviluppo e l'utilizzo della tecnologia mobile da parte dei servizi della biblioteca.
Nella terza parte, Mobile technologies enhancing information access and pursuing the Millennium development goal, troviamo due contributi piuttosto lontani dalle usuali tematiche bibliotecarie ma che possono suscitare un qualche interesse anche nel lettore professionale. Si tratta di due interventi nati all'interno dell'ambizioso progetto delle Nazioni Unite, il Millenium Development Goals, che si pone come fine la sconfitta di povertá e malattia in gran parte del globo. Il primo intervento, di Colleen McMillan e Tony Tin (Canada), racconta della creazione di una app per aiutare a combattere l'Alzheimer nella popolazione canadese anziana i cui contenuti si rifanno alle tecniche della medicina cinese di Qi Gong. Il secondo intervento, di Collence Takaingenhamo Chisita e Thembani Malapela (Zimbawe e Sud Africa), é una literature review sull'uso delle tecnologie mobile impiegate per lo sviluppo e l'accrescimento della produzione agricola nei paesi sudafricani. L'intervento si conclude con una raccomandazione alle biblioteche a farsi promotrici di servizi bibliotecari su mobile devices che facilitino l'accesso della popolazione contadina alle informazioni tecnico-economiche necessarie allo sviluppo e al progresso delle tecniche del lavoro nei campi.
La quarta e ultima parte del volume, The impact of mobile technologies on libraries of the future, riporta l'unico intervento del libro che si concentri esclusivamente sull'uso di tablet nelle biblioteche (iPad), di Kristy Lee (US). Lee riporta gli esiti di ricerche sul campo che testimoniano l'alto grado di accettazione della popolazione studentesca dei tablet come strumento didattico, in gran parte dovuta all'alto grado di flessibilitá che il tablet presenta rispetto agli e-reader (iPad can do more than e-readers). Infine, vorrei segnalare il contributo di Lizzie Caperon (UK), Developing adaptable, efficient mobile library services: librarians as enablers. Un breve intervento su uno studio intrapreso per la valutazione dei servizi su mobile devices nelle biblioteche accademiche, utilizzando la biblioteca universitaria di Leeds come case study. Lo studio intende mostrare alcune vie attraverso le quali i bibliotecari possono agire e operare come (futuri) facilitatori (enablers) nei confronti dei propri utenti.
Credo, in ultima analisi, che i punti forti di questo volume siano gli stessi che hanno reso popolare tutta la serie M-Libraries: l'utilizzo di contributi brevi, ricchi di consigli pratici (best practices), sempre molto concreti e, per così dire, vissuti sulla pelle degli stessi autori (e un certo calore ed entusiasmo sembrano trasparire da alcuni interventi, in particolare da quelli geograficamente più lontani dalla nostra realtà); la varietà delle situazioni indagate che fa sì che ogni tipo di lettore possa trovarci qualcosa.
Tra i punti deboli del volume è onesto ricordare che i contributi spesso concernono l';uso del cellulare (smartphone) per i servizi bibliotecari, mentre sono poche le pagine dedicate ai mobile devices propriamente detti (e-readers e tablet): sono infatti tanti gli interventi sull'uso degli sms nelle biblioteche, un tipo di servizi che le biblioteche italiane ed europee già impiegano da anni; infine, alcuni contributi appaiono, duole dirlo, scientificamente poco consistenti.
Se i precedenti volumi della serie hanno presentato forse un maggior numero di contributi interessanti, ciononostante questo volume si raccomanda al professionista dell'informazione per i numerosi consigli pratici che dispensa e per l'ampio sguardo extra-europeo che offre al mondo bibliotecario italiano, così spesso ripiegato su se stesso.

Luca Furlotti
European Central Bank, Frankfurt am Main


Libri, lettori, immagini: libri e lettori a Brescia tra Medioevo ed Età moderna, a cura di Luca Rivali. Udine: Forum, 2015. 297 p. ISBN 978-88-8420-859-0. EUR 26,00.

Il volume raccoglie gli atti della quinta giornata del convegno che si è svolto a Brescia nel 2012 nell'ambito del progetto Libri e lettori a Brescia tra Medioevo ed Età moderna. Si analizzano molti aspetti della storia del libro, la sua produzione e il suo uso. Partendo dal medioevo, si giunge alla piena età moderna toccando la storia dell'arte, la paleografia, l'agiografia, la bibliografia, la storia delle biblioteche e del collezionismo: si va dalla riscoperta di antichi testi religiosi ai raffinati codici miniati, da testi agiografici e loro contaminazioni ai testi della “poesia della bugia”, dall'origine della stampa a Brescia alla prima Divina Commedia illustrata, dalle preziose biblioteche di colti umanisti alla dispersione delle stesse.
È recente la riscoperta presso l'Archivio di Stato di Brescia di due testi in versi del XIII secolo, il Planctus Virginis Mariae e la Sententia finalis Iudicii, che in realtà, insieme alla celebre Passio, costituiscono un gruppo unitario per l'Ufficio liturgico per il Giovedì Santo della confraternita di San Cristoforo di Brescia (R. Tagliani).
Di ambito agiografico sono due saggi che riguardano due figure femminili, Santa Giulia e Santa Margherita. Della prima si raccontano le curiose trasformazioni subite nel tempo dalla storia della sua vita, da quando nel corso dell'VIII secolo il corpo arriva a Brescia. Le contaminazioni finiscono per influenzarne anche l'iconografia (G. Bergamaschi). Viene poi analizzata un'inedita redazione della leggenda di santa Margherita di Antiochia presente in un manoscritto della prima metà del XV secolo conservato alla Queriniana. Si viene in questo modo ad aggiungere un altro tassello allo stemma codicum di questo testo (V. Marenda).
Il Quattrocento è un periodo ricco di fermento: Brescia vive una straordinaria spinta culturale durante la breve signoria di Pandolfo III Malatesta (1404-1421). La sua magnificentia si manifesta nella produzione di raffinati codici miniati, dei quali l'unico sicuramente scritto e miniato per Pandolfo III è il De Civitate Dei della Gambalunghiana di Rimini (S. Buganza e M. Rossi).
A fine Quattrocento si colloca, invece, Altobello Averoldi, il quale, indirizzato alla carriera ecclesiastica, ricoprì vari incarichi. Uomo di cultura, manifestò una particolare sensibilità artistica e l'amore per la bibliofilia, maturate entrambe grazie all'amicizia di Raffaele Riario. Il tentativo di ricostituirne almeno in parte la biblioteca porta alla conoscenza di raffinati manoscritti (S. Gavinelli).
Quanto a Bartolomeo da Castel della Pieve, è un rimatore umbro del XIV secolo, un poeta costretto a girovagare in cerca di protezione. Di Bartolomeo viene ricostruito il periodo in cui egli stringe rapporti con Manfredino da Sassuolo, podestà di Brescia nel 1374 e si avanzano ipotesi su alcuni episodi della sua vita, oltre che indagare a proposito di uno scambio di sonetti con un altro poeta, nei quali si coglie a volte la volontà di ricalcare il modello dantesco (M. Francinelli).
La stampa della prima Divina Commedia illustrata è l'impresa alla quale si dedica nel 1487 Bonino Bonini, dopo lo sfortunato tentativo fiorentino del 1481. Bonino sostituisce le lastre in metallo con il legno: con le silografie diventa possibile imprimere insieme testo e immagine. Le illustrazioni arrivano fino al primo canto del Paradiso, per poi interrompersi. Varie sono le ipotesi che avanza il relatore, che indaga anche sull'aspetto iconografico delle immagini (G. Petrella).
Bartolomeo Fontana stampa nel 1610 un'opera incentrata sulla “poesia della bugia”: la raccolta di sonetti caudati intitolata Bugie, capricci fantastichi, veri non veri, di diverse fantasie di Francesco Moise Chersino, un caso non comune di poesia nonsensica. Azioni paradossali e incongruenti, capricci e fantasie si richiamano alle composizioni di A.F. Doni e di G.C. Croce (G. Crimi).
Le biblioteche patrizie dopo la morte del loro creatore vengono generalmente disperse, sorte che è toccata anche alla straordinaria biblioteca della famiglia Saibante di Verona. Due sono i documenti presi in considerazione. Uno ora alla Staatsbibliothek di Berlino contiene la Constantinopolis di Ubertino Posculo, umanista bresciano, un testimone oculare della caduta di Costantinopoli. L'altro, che si trova alla Bibliothèque Municipale di Metz, contiene l'Ordo per l'ingresso delle novizie nel monastero di Santa Maria degli Angeli di Brescia. Il relatore sottolinea come sia importante ricostruire i passaggi dei documenti da un proprietario all'altro e capire quali canali possano essere stati seguiti per reperire i manoscritti utili per formare una biblioteca (E. Valseriati).
Tommaso Ferrando nel 1471 introdusse la stampa a Brescia. Ma dal Settecento in poi i pareri sulla sua figura sono stati assai controversi, considerato ora un umanista capace, pioniere della stampa a Brescia, ora invece denigrato e ritenuto estraneo ai segreti di quest'arte. Con l'analisi di testimonianze documentarie e dei cataloghi delle opere uscite dalla sua attività, ci viene consegnata una figura totalmente riabilitata (A. Tedesco).
Ultimo momento - anche cronologicamente - del percorso attraverso la storia e l'uso del libro è quello che indaga il rapporto tra Ugo da Como e Paolo Guerrini, l'uno senatore e colto collezionista, l'altro bibliotecario alla Queriniana. Guerrini, profondo conoscitore della storia dell'editoria e fidato consigliere e guida ad acquisti di pregio, in stretto contatto con Da Como, ebbe infatti un ruolo fondamentale nella creazione della ricca collezione personale di quet'ultimo (L. Rivali).

Elisabetta Pasqualin
Biblioteca - Archivio di Stato di Venezia


Noetica versus informatica. Le nuove strutture della comunicazione scientifica: Atti del Convegno Internazionale, Roma, Tempio di Adriano 19-20 novembre 2013, a cura di Fiammetta Sabba. Firenze: Leo S. Olschki Editore, 2015. XI, 270 p. ISBN: 978-88-222-6367-4. EUR 29,00.

Il nostro tempo - “post-moderno”, intendendo con questa espressione solo una precisazione che descrive il presente come un periodo che segue il moderno, al di là di ogni finalità definitoria - è caratterizzato da fenomeni complessi come la globalizzazione, la virtualizzazione, la mobilità ma anche una costante spinta all'innovazione tecnologica e organizzativa. L'evoluzione dei computer, delle reti e del Web è in piena accelerazione, ed è in questo contesto che evolvono i bisogni informazionali e il comportamento degli utenti.
L'utilizzo della parola “complessità” (complexity) - che richiama una precisa teoria sviluppata da Seth Lloyd, un fisico del MIT che già nel 1967 aveva individuato un elenco di 31 definizioni di complessità - sempre più pervasiva e usata (o abusata), è in crescita costante dagli anni Cinquanta del secolo scorso come testimonia l'interessante funzione di Google Books Ngram Viewer che consente di visualizzarne l'andamento.
Realizzata da un team di ricercatori dell'Università di Harvard diretto da Jean-Baptiste Michel in collaborazione con lo stesso colosso Google (https://books.google.com/ngrams), l'applicazione consente la ricerca su un sistema di corpora in diverse lingue che utilizza circa il 4% dei libri pubblicati dal 1500 in poi e digitalizzati da Google Books per un totale di circa 500 miliardi di occorrenze, permettendo di osservare l'evoluzione di certi termini nel tempo (Cfr. Jean-Baptiste Michel et al., Quantitative Analysis of Culture Using Millions of Digitized Books, «Science», 331 (2011), n. 6014, p. 176-182).
Gli autori dell'articolo utilizzano l'espressione “Culturomics” - lo studio del genoma culturale - e aggiungono che tale funzione estende i confini dell'indagine quantitativa a un ampio spettro di nuovi fenomeni nelle scienze umane e sociali.
L'applicazione di Google non è la sola, ce ne sono tante basate su meccanismi di text mining e machine learning che consentono a chiunque di effettuare comparazioni di grande rilevanza dal punto di vista linguistico e socio-culturale. Non a tutti è chiaro però che l'estrazione di informazioni attraverso questo genere di analisi automatizzate di dati non genera di per sé conoscenza fintanto che l'informazione non divenga oggetto di interpretazione.
Questo genere di applicazioni esemplifica un fenomeno che ha letteralmente investito il mondo dell'informazione: la disponibilità di ingenti quantità di dati (big data), unito alla possibilità di conservazione, gestione e analisi che le applicazioni disponibili in rete consentono, ha generato da una parte una incredibile semplicità di accesso ai dati e dall'altra la necessità di figure professionali preparate e capaci di confrontarsi, appunto, con questa “complessità” per trarre dall'informazione disponibile conoscenza.
Se nel mondo dell'impresa la sfida è individuare nuove competenze capaci di trasformare dati in informazioni utili e remunerative, dando vita ad una nuova cultura organizzativa, nel mondo della ricerca la sfida è soprattutto quella della valorizzazione delle informazioni disponibili.
Il volume curato da Fiammetta Sabba, Noetica versus Informatica: le nuove strutture della comunicazione scientifica: atti del convegno internazionale, ideato da Alfredo Serrai, che si è tenuto il 19-20 novembre 2013 a Roma presso il Tempio di Adriano, affronta questi temi offrendone una preziosa chiave di lettura, corale e al contempo unitaria, funzionale ad una riflessione interdisciplinare sulle profonde trasformazioni che il digitale sta apportando alla produzione e alla diffusione della conoscenza.
I computer e le reti nati al nostro servizio hanno un'interfaccia caratterizzata da una propria struttura di senso, animata da una logica di base e strutturata secondo un'architettura che ha profonde conseguenze sul comportamento di chi li utilizza. L'insieme di persone connesse fra loro attraverso computer molto intelligenti e reti molto potenti è cresciuto esponenzialmente, dando origine ad una inusitata forma di “intelligenza collettiva”.

Attorno a questa osservazione, che rimane sullo sfondo, si articolano i differenti punti di vista proposti, che mettono in evidenza il limite di un'interpretazione unidimensionale di questi fenomeni e la necessità di una loro migliore comprensione per aprire lo spazio ad una occasione costruttiva.
L'aspetto davvero interessante per i professionisti dell'informazione e per i bibliotecari è che questi temi, pervasivi in diverse discipline, vengono affrontati in questa sede non unicamente ma soprattutto attraverso la particolare prospettiva bibliografico-biblioteconomica.
Il volume raccoglie gli interventi di venti importanti esperti provenienti da diversi ambiti del sapere - filosofia, storia della scienza, neuro-scienze, bibliografia, documentazione, biblioteconomia etc. - che focalizzano l'attenzione sul tema della gestione della conoscenza e del sapere scientifico, valorizzando in particolar modo il ruolo della noesi, della interpretazione e della saggezza nel data deluge (diluvio di dati) in cui siamo immersi.
La “domanda cruciale”, posta da Alfredo Serrai nell'intervento d'apertura al volume - L'informazione può essere indipendente dalla noesi? (p. 1-12) - ovvero se l'informazione semantica possa essere o meno trattata ed elaborata dalle macchine elettroniche, suggerisce sin dalle prime righe una chiave di lettura interpretativa dei contenuti che seguiranno: «I Dati si fanno Informazione solo nell'ambito di un sistema che sia adeguatamente ricettivo, reattivo, e cognitivo. Soddisfatte queste condizioni, l'Informazione può diventare allora ciò che dà forma e che può modificare quindi un sistema. Gli organismi biologici sono dotati di strutture e di capacità ricettive abilitate a percepire, ricevere, e interpretare informazioni riguardanti il loro ambiente naturale essenzialmente a fini di sopravvivenza. Gli apparati di diffusione informatica, detti anche reti, offrono a loro volta, ad una panoplia di organizzazioni sistemiche, dotate ciascuna di una propria gamma di strutture concettuali, una varietà di occasioni e di stimoli di natura informazionale. Tutto ciò che è formalizzabile è informatizzabile in senso cognitivo. I testi sono informatizzabili ma solo al livello dei segni o dei dati che li costituiscono. La conoscenza, in quanto attività e processo del conoscere, non è informatizzabile se non per segmenti limitati. Ciò vale anche, in particolare, per la individuazione e la diagnosi delle “scoperte” o meglio delle costruzioni esplicative o teoretiche che rimangono ancora irriperite o non edificate, in quanto non ancora individuate o riconosciute sia nella sfera concettuale che nei labirinti della realtà e nelle pieghe della storia.» (p. 1-2)
Seguono due saggi, che potremmo anch'essi considerare introduttivi.
Il saggio di Alberto Petrucciani - Convergenza o Divaricazione? La crisi dei paradigmi di organizzazione dell'informazione (p. 13-38) - in cui l'Autore propone un'ampia rassegna di taglio storico-sociologico che articola una riflessione approfondita riguardo l'evoluzione del rapporto tra sviluppi della Rete e mondo delle biblioteche e della biblioteconomia.
Il saggio di Giorgio Montecchi, Scrivere e leggere con la mente: dal manoscritto al libro tipografico nell'Elogio degli amanuensi di Giovanni Tritemio (p. 39-51), in cui l'Autore fa rivivere le obiezioni di Johannes Trithemius nel De laude scriptorum, ripercorrendo il passaggio dal libro manoscritto a quello a stampa e dando enfasi alla trasformazione della scrittura e al suo allontanamento dall'oralità, dalla manualità, dalla lettura stessa, e, dunque, la conseguente perdita della dimensione più intima e interiore legata alla meditazione e alla contemplazione.

Per il taglio scelto e per la centralità del punto di vista interpretativo adottato, gli altri interventi possono essere ripartiti fra due gruppi, che rispondono ai diversi interessi e alle curiosità del lettore.
Del primo gruppo fanno parte i contributi che, interrogandosi su questioni di fondo, illustrano gli attuali sviluppi delle reti, dell'intelligenza artificiale e degli strumenti informatici ed evidenziano gli indirizzi di studio e di ricerca che ne conseguono. Vi trovano posto i contributi di Luciano Floridi, Alberto Oliverio, Osvaldo Duilio Rossi e Gabriele Alese, Paola Castellucci, Aldo Gangemi, Domenico Bogliolo e Judith Simon.
Del secondo gruppo fanno parte le relazioni che, concentrandosi sul rapporto tra informatica e biblioteche e centri di documentazione, mettono in particolare evidenza le ricadute applicative in ambito educativo e culturale. Di questo gruppo fanno parte i contributi di Giovanni Solimine, Fabio Venuda, Paola Gargiulo, Mauro Guerrini, Giovanna Granata, Maria Teresa Biagetti, Fiammetta Sabba, Alberto Salarelli e Anna Maria Tammaro.
Senza la pretesa di essere esaustivi e con il solo obiettivo di rendere conto della principale caratteristica di questo bel volume - il saper offrire una visione corale, inter-disciplinare e al contempo coerente e completa del complesso rapporto tra informazione e conoscenza, tra noetica e informatica - si rende conto di seguito brevemente dei principali temi affrontati nei venti stimolanti saggi che lo compongono.
Giovanni Solimine nel contributo La comunicazione scientifica, le promesse dell'informatica e la funzione formativa delle biblioteche (p. 53-58) sottolinea come la funzione di mediazione tra domanda e offerta e di supporto alla ricerca esercitata dalle biblioteche stia subendo profonde trasformazioni a causa di una pericolosa tendenza alla disintermediazione e alla semplificazione dei comportamenti di ricerca. È in questo contesto che acquistano crescente importanza le funzioni di information literacy, ovvero la capacità di recuperare l'informazione attuando strategie di ricerca efficaci, ma anche di saper valutare l'informazione recuperata, per trarne conoscenza. Proprio alle biblioteche «spetta anche il compito di non assecondare - e di combattere, anzi - la frammentazione dei saperi e la deprecabile abitudine che nella società contemporanea vede le conoscenze viaggiare separate le une dalle altre» (p. 57).
Domenico Bogliolo nel saggio Lo Zen e l'arte della manutenzione del knowledge management (p. 59-70) sviluppa una riflessione filosofica sulla conoscenza e ne enfatizza la natura dinamica, il suo essere incapace di venire «proceduralizzata in forme definite, ricorsive» (p. 63). Nell'ambito del knowledge management, sottolinea l'Autore, la conoscenza è frutto di un processo fluido, aperto, caotico e, dunque, non delegabile ad una procedura informatizzata.
Fabio Venuda in Testi, rete e modalità di lettura (p. 71-98) presenta i risultati di una ricerca con focus group volta a rilevare la percezione della lettura digitale di giovani studenti universitari con l'obiettivo di approfondire le ragioni per cui in Italia il mercato dell'e-book stenti ancora a decollare.
Il contributo di Paola Gargiulo in L'accesso aperto alla conoscenza scientifica fra barriere e opportunità (p. 99-111) descrive il contesto e le origini del movimento open access, ne analizza le caratteristiche e i benefici per i diversi stakeholders e descrive le azioni necessarie ad una sua piena affermazione.
Il bel saggio di Osvaldo Duilio Rossi e Gabriele Alese Rete, cultura e dissenso (p. 113-129) ripercorre l'evoluzione di Internet, da strumento neutro, decentralizzato e idealmente modellato secondo le esigenze della comunità scientifica, a comune medium di massa, plasmato da interessi commerciali, di profitto e potere. In questo scenario «gli utenti credono di produrre contenuti, oltreché fruirne, ma il più delle volte li riproducono: rielaborano e condividono discorsi piovuti dall'alto o dall'altrove, collezionati spesso in archivi bulimici [...]: tutti offrono gli stessi identici documenti» (p. 117).
Luciano Floridi nel saggio Present and foreseeable future of artificial intelligence (p. 131-136), dopo aver passato in rassegna le dicotomie concettuali sorte in seguito all'avvento dell'intelligenza artificiale, espone l'efficacia di due strumenti interpretativi: il suo celebre concetto di “infosfera”, utile a definire il nuovo ecosistema dell'informazione in cui viviamo, e quello meno noto perché più recente di “re-ontologizzazione”, che si rapporta ad una profonda trasformazione della natura intrinseca del mondo.

Il contributo di Alberto Oliverio Mente estesa e nuove tecnologie (p. 137-144) approfondisce il concetto di mente estesa, sottolineando come lo studio della mente debba includere anche quei sussidi attraverso cui il nostro cervello apprende, matura e opera, puntando ad una concezione sistemica. Il saggio richiama il concetto di materia connessa (networked matter), che riassume i modi in cui, attraverso lo sviluppo delle tecnologie, la rete e il cosiddetto mondo reale diventano quasi indistinguibili. Le parole, come tecnologia cognitiva attraverso le quali le idee vengono esteriorizzate, sono il motore che ci consente di «compiere generalizzazioni e veri e propri salti del pensiero» (p. 139).
Mauro Guerrini nell'intervento Classificazioni del sapere: web semantico, linked data e ontologie. Il ruolo rinnovato delle biblioteche nella trasmissione della conoscenza registrata (p. 145-155), dopo aver sottolineato la differenza tra “web di documenti” e “web di dati” (o web semantico), in cui cambia sia la tipologia di oggetti collegati (dati e non testi), sia la natura dei collegamenti che «hanno un loro specifico “significato” strutturato in una modalità interpretabile e utilizzabile da una macchina» (p. 147), presenta e chiarisce il contributo di RDA, che, in quanto sistema di identificazione e di collegamento fra i dati, eliminerà l'attuale divario tra il web e i dati forniti dalle strutture bibliotecarie.
In Semantic technologies: abridging data extraction, linked data, and machine reading (p. 157-169) Aldo Gangemi descrive la complessità del passaggio nell'evoluzione fra il Web 1.0 e il Web 3.0 e illustra le procedure e le operazioni che attengono al Web semantico.

Giovanna Granata in A cavallo della tigre? Il catalogo tra web 2.0 e semantic web (p. 171-185), a partire dalla competizione tra i motori di ricerca e gli OPAC, sottolinea la conseguente tendenza di questi ultimi a potenziare le opzioni di ricerca libera tipiche dell'IR (Information Retrieval) con effetti negativi in termini di efficacia, e ritorna sull'importanza dei metadati bibliografici favorita dai più recenti sviluppi della rete nella direzione del web semantico, grazie alla cui valorizzazione le biblioteche potrebbero ottenere una presenza ben più incisiva di quanto non sia avvenuto finora.
Nel contributo Organizzazione della conoscenza, esigenze della ricerca semantica e soluzioni informatiche (p. 187-202) Maria Teresa Biagetti presenta diverse strategie per l'indicizzazione e il ritrovamento dei documenti: da una parte l'Information retrieval e l'impiego di modelli basati sulla frequenza delle forme grafiche nei testi, dall'altra l'indicizzazione semantica approfondita che permette il ritrovamento dei documenti rilevanti sulla base dell'analisi contenutistica dei documenti stessi. L'Autrice mette in evidenza come le biblioteche digitali e il modello internazionale DELOS, abbiano adottato strategie di indicizzazione basate su Vector space model e modelli di ricerca dei documenti incentrati sull'Information retrieval, e abbiano definitivamente rifiutato l'analisi contenutistica.

Nel saggio Sense and sensibility: l'algoritmo di Google (p. 203-215), Paola Castellucci analizza il motore di ricerca Google come fenomeno insieme tecnologico e culturale, sottolineando il suo essere macchina narrativa e interfaccia cognitiva e mettendo in evidenza che i parametri e le ponderazioni per far “girare” il famoso, se pure segreto, algoritmo PageRank, partono da premesse culturali e politiche strettamente occidentali non applicabili in altri contesti.
Fiammetta Sabba, che è anche la curatrice del volume, nel saggio La biblioteca digitale tra risorsa e aspirazione del bibliografo (p. 217-229) riporta le questioni tecnologiche sul terreno di fondo della Bibliografia e ricorda che soltanto da un adeguato sviluppo della disciplina, anche attraverso la riaffermazione dei suoi compiti disciplinari precipui che riguardano innanzitutto i testi, «contro il confinamento [...] a “Disciplina del libro a stampa”» (p. 219 ), potranno venir impostati e risolti i veri problemi della trasmissione e della diffusione delle conoscenze.
Il saggio di Alberto Salarelli Il multimedia information retrieval in ambito musicale: alcune considerazioni sul caso Soundhound (p. 231-244) illustra i sistemi di recupero dell'informazione dedicati ai documenti digitali musicali, secondo i principi del Multimedia Information Retrieval (MMIR), fornendo ai lettori uno stimolante spaccato su un ambito di ricerca di notevole interesse, anche per l'apprezzamento che questa tipologia di documenti riscuote da parte di un pubblico sempre più vasto. L'Autore si concentra inoltre sulla tecnologia di SoundHound, uno dei servizi più evoluti di questa categoria di applicazioni.
Anna Maria Tammaro, in Biblioteche digitali come strumento per gli studi filologici (p. 245-258), passa in rassegna le applicazioni della biblioteca digitale nel particolare ambito degli studi filologici, il cui oggetto è il testo, inteso come oggetto «immateriale e basato sull'interpretazione del lettore, che estrae quegli elementi che ritiene utili ai suoi scopi di ricerca» (p. 250). L'Autrice parte dalle criticità di tali studi per arrivare a delineare le principali implicazioni per la biblioteca digitale.
L'abstract di Judith Simon Trust, knowledge and technologies of information, communication and computation (p. 259-260) sottolinea, infine, il valore della “fiducia epistemica” come condizione che valida tutti i processi della comunicazione informazionale.
Come, credo, dimostri questa rapida panoramica sui contenuti, la lettura del volume è gratificante, poiché non solo stimola la curiosità rispetto a questioni di estrema attualità, ma risponde con grande efficacia tanto ad interessi più generali quanto a questioni più specifiche inerenti il nostro settore.
Tutti i saggi, grazie alla pluralità dei punti di vista esplicitati, esortano a non sorvolare i fenomeni, educano alla comprensione della complessità informazionale nella quale siamo immersi, richiamano e aiutano a distinguere tra ciò che è importante e ciò che è solo interessante.
Il volume, in sostanza, porta anche il lettore meno esperto a compiere un salto culturale e a ricordare che, anche se i computer vanno più veloci, il pensiero critico e il ragionamento riflessivo possono condurre più lontano.

Chiara Faggiolani
Viterbo