Conoscersi per riconoscersi:
la partecipazione come specchio del bibliotecario

di Chiara Cauzzi, Valeria De Francesca, Lisa Longhi e Federica Viazzi

Ogni vita è un'enciclopedia, una biblioteca,
un inventario di oggetti, un campionario di stili,
dove tutto può essere continuamente rimescolato
e riordinato in tutti i modi possibili.

(Italo Calvino, Lezioni americane. Molteplicità)

La molteplicità è la cifra distintiva dei bibliotecari. Molteplici sono le strade attraverso le quali si arriva a lavorare in una biblioteca. Molteplici sono le biblioteche all'interno delle quali è possibile mettere a frutto le proprie competenze. Molteplici sono le competenze. Molteplici, ancora, sono le risorse da gestire e valorizzare, così come lo sono le informazioni che si mettono a disposizione nel catalogo. Cosa offre il catalogatore? Cosa cerca lo studioso? Chi decide cosa sia prioritario per gli utenti? Molteplici, infine, sono le reti fra istituti culturali, cresciute esponenzialmente negli ultimi venti anni, che collegano e fanno dialogare a livello internazionale chi si occupa del patrimonio culturale.
L'eterogeneità degli scenari con cui biblioteche e bibliotecari entrano in contatto può apparentemente portare con sé il rischio della dispersione e del disorientamento, ma ciò che qui si vuole provare a dimostrare è esattamente il contrario: avere a che fare quanto più possibile con la molteplicità permette l'arricchimento personale e professionale e valorizza enormemente le risorse della singola biblioteca. Il concetto chiave è il confronto: fra bibliotecari con diversi bagagli formativi che condividono lo stesso terreno di lavoro; fra biblioteche, che attraverso la condivisione e la cooperazione in rete, possono creare un circolo virtuoso di buone pratiche e di risultati comuni, proprio grazie al lavoro sfaccettato degli specialisti che operano al loro interno.

Uno, nessuno, centomila bibliotecari

Come si diventa bibliotecari? Negli ultimi anni, questa domanda ha molto alimentato il panorama della letteratura scientifica biblioteconomica e ha portato a una riflessione profonda, sull'identità delle discipline del libro e sulla fisionomia dei percorsi formativi che permettono di acquisire le competenze necessarie alla professione. Ciò che emerge, a un'analisi del dibattito, è l'immagine controversa e complessa della realtà italiana, che può essere riassunta in tre concetti chiave: "fragilità", "multidisciplinarietà", "riconoscibilità". Nel 2013, l'allora presidente di AIB Stefano Parise lamentava l'evidente «situazione di marginalità degli insegnamenti legati alle discipline del libro (e alla biblioteconomia in senso stretto) all'interno dell'accademia italiana»1, sottolineando in aggiunta il pericoloso scollamento fra i percorsi formativi universitari e l'ingresso nel mondo del lavoro. Nello stesso anno, si teneva a Roma il «1° Seminario internazionale di biblioteconomia: didattica e ricerca nell'università italiana e confronti internazionali»2, durante il quale i diversi interventi confermavano il carattere multiforme dell'ambito di studi biblioteconomico: non soltanto il profilo storico-umanistico e neanche la pura formazione tecnica e tecnologica, ma un'unione virtuosa delle due strade, che rifletta la complessità della realtà bibliotecaria nel senso più ampio possibile3. Il terzo fattore fondamentale nel quadro della formazione specifica italiana contemporanea è la "riconoscibilità": sempre di più diventa importante segnare un tracciato formativo accreditato, attraverso il quale sia possibile non soltanto imparare a fare i bibliotecari, ma soprattutto essere riconosciuti come tali al termine del percorso e soltanto così poter accedere a posti di lavoro specifici, in Italia e nel resto d'Europa4. Quest'ultimo punto permette di aggiungere alla domanda posta in apertura un ulteriore interrogativo: dopo aver studiato per diventarlo, come continuare a essere bibliotecari? In che modo, cioè, la professione del bibliotecario può e deve essere riconosciuta e quindi regolamentata? L'emanazione della l. 14/1/2013, n. 45 ha segnato in Italia un punto di svolta in questo senso, poiché sancisce l'obbligo di rintracciare dei criteri univoci, relativi alle conoscenze e alle competenze, che ogni professionista intellettuale - e quindi anche il bibliotecario - deve dimostrare di possedere, ai fini soprattutto di una facile e tutelata partecipazione al mercato del lavoro europeo. Il ruolo giocato dall'Associazione italiana biblioteche su questo terreno è stato fondamentale, dal momento che essa è stata annoverata dal Ministero dello sviluppo economico fra le associazioni che rilasciano l'attestato di qualità dei servizi6 ed è quindi divenuta allo stesso tempo, garante ufficiale della professionalità dei bibliotecari italiani e responsabile dell'offerta formativa che permette l'aggiornamento continuo, rimarcandone ufficialmente l'importanza7.
L'obiettivo in prospettiva appare chiaro: percorsi di studio il più possibile professionalizzanti e completi e professione che non si dà per scontata, ma si autoverifica e si migliora nel tempo. Cosa esiste, già oggi, di tutto questo? A ben guardare, una realtà dai contorni sfumati: singoli bibliotecari che lavorano mettendo a frutto competenze spesso diversissime fra loro, risultato di percorsi di studio eterogenei e talvolta non pensati a priori nell'ottica della professione bibliotecaria; abilità teoriche e tecniche, acquisite al di fuori dell'accademia e prima dell'esperienza lavorativa concreta (o in parallelo a essa); lavori diversi, in biblioteche diverse, con identità diverse, che impongono di mettere a disposizione conoscenze spesso lontane e non riconducibili a un curriculum univoco. Emblematico, a questo proposito, è il caso per nulla infrequente del "bibliotecario-studioso". Accade infatti sempre più spesso che singoli bibliotecari provenienti dal campo della ricerca, si facciano portavoce all'interno della biblioteca delle reali necessità degli utenti più specialisti, mettendo a frutto le loro competenze di paleografi, filologi, storici del libro, mentre svolgono il lavoro di catalogatore8. Tradizionalmente lo studioso è visto come un utente, il cui approccio al catalogo cambia a seconda della propria specializzazione. In particolare sul materiale antico gli utenti spesso non riconoscono nei criteri fissi della catalogazione la risposta alle proprie esigenze. Non è un caso che si senta ancora parlare di regole per la descrizione degli incunaboli o delle cinquecentine, «quasi potessero esisterne altre, diverse, per descrivere edizioni degli altri secoli»9. Il bibliotecario-studioso sa che nella maggior parte dei casi uno studioso, non ha esperienza di cosa sia un metadato né di come si costruisca, ma ha le idee chiare su cosa cercare davanti a un catalogo: pochi dati certi, che nel caso dei manoscritti hanno la forma della segnatura di collocazione, nel caso degli incunaboli quella dell'identificativo dei repertori. Il bibliotecario-studioso conosce il libro antico e riconosce i dati sensibili che nel catalogo, possono nascondersi fuori dai campi di ricerca. Ad esempio l'interesse degli studi in ambito bibliografico da tempo si è spostato sull'analisi dei singoli esemplari e sulla loro storia: non si tratta più solo di informazione bibliografica, ma di un lavoro storico-filologico che richiede le competenze di catalogatori esperti in grado di riconoscere le parti del libro, le copie varianti, ma anche di identificare l'ambito di stampa, la lingua, o ancora di analizzare le note di possesso o la miniatura. Non bisogna trascurare infine un altro aspetto importante: i cataloghi sono comunque dei work in progress e se da un lato devono fornire pochi dati certi che non cambino mai (titoli uniformi, voci di autorità normalizzate), dall'altro devono permettere che alcuni elementi cambino come cambia la nostra conoscenza del libro. Catalogare infatti può essere un'ottima opportunità di ricerca, soprattutto quando si esce dalla «catena di sant'Antonio«10, scegliendo di descrivere daccapo un'edizione, ridefinendo l'intestazione, identificando i testi e valorizzando le note di esemplare.

Nessuna biblioteca è un'isola

Così come esistono differenti profili di bibliotecario, tante sono le identità che le biblioteche possono avere, definite sulla base di specifiche finalità, bisogni e percorsi di crescita. Per concretizzare l'auspicio della quinta legge di Ranganathan è utile la consapevolezza che collaborazioni e contaminazioni sono foriere del nutrimento e dello sviluppo necessari a una società sana.
Nonostante alcune realtà anaerobiche, la recente congiuntura economica11 ha acutizzato l'importanza di tale strategia, rendendola pressoché indispensabile. Non a caso l'edizione 2013 del convegno Bibliostar aveva come titolo proprio «Biblioteche in cerca di alleati» (Milano, 14-15 marzo 2013). Le alleanze di cui si discusse non furono solo quelle di cooperazione interbibliotecaria12, la cui comprovata efficacia le ha ormai rese imprescindibili, ma di come si potesse sfruttare al meglio le potenzialità offerte dall'interazione con le realtà con le quali le biblioteche si trovano a contatto.
Naturalmente non si può scrivere di collaborazioni senza citare il Servizio bibliotecario nazionale che per la sua capillarità, è il più importante strumento di cooperazione tra le biblioteche italiane. Se per le biblioteche di pubblica lettura e orientate al raggiungimento di un pubblico il più ampio possibile il percorso è quasi obbligato, per le realtà più specialistiche le strategie di cooperazione possono prendere diverse strade. La prima è quella di un'aggregazione il cui minimo comun denominatore sia la posizione geografica, come ad esempio nel caso del consorzio delle biblioteche universitarie dell'area di Washington13, dove la vicinanza geografica ha reso possibile la realizzazione di un'economia di scala e una conseguente ottimizzazione delle risorse. Il Coordinamento delle biblioteche speciali e specialistiche di Torino (COBIS) rappresenta un esempio italiano di come la diversità delle collezioni possa essere sfruttata come una risorsa: le competenze si integrano reciprocamente e il servizio offerto migliora, creando così un circolo virtuoso.
Accanto ai progetti locali e nazionali si trovano poi i grandi progetti internazionali che offrono l'opportunità di allargare gli orizzonti della biblioteca. Oltre ai programmi più strettamente legati alla catalogazione e alle collezioni fisiche, tra i quali spicca il metaOPAC gestito dall'Università di Karlsruhe14, vi sono altri progetti di più ampio respiro come Europeana di cui si dirà nel capitolo successivo. Una menzione d'onore va infine fatta a WorldCat15, la più grande rete al mondo di biblioteche e servizi bibliotecari, gestita dal consorzio OCLC al quale aderiscono oltre 10.000 biblioteche di tutto il mondo.
La partecipazione a progetti di così ampio respiro potrebbe generare il timore che i dati del proprio catalogo perdano visibilità e che non vengano valorizzati con il passaggio al portale internazionale. Tuttavia, questo timore è compensato dalla prospettiva di contribuire alla costruzione di luoghi in cui le proprie risorse, possono essere scoperte e utilizzate in modi non previsti e non realizzabili con il catalogo tradizionale. A tal fine, il presupposto necessario è l'allineamento a regole condivise per la descrizione e lo scambio dei dati, priorità che, del resto, ha già guidato l'evoluzione del catalogo durante l'ultimo secolo.

Il cielo stellato sopra di me, la catalogazione dentro di me

Le prime riflessioni ed esperienze riguardo la condivisione delle informazioni catalografiche si rintracciano già alla metà del XIX secolo. Charles Coffin Jewett, partendo dalla sua esperienza diretta in ambito americano, pubblicò On the construction of catalogues of libraries and of a general catalogue, and their publication by means of separate stereotype titles; with rules and examples16, riprendendo le 91 regole di Antonio Panizzi e raggruppandole in 33, con l'intento di fornire indicazioni precise per la compilazione di cataloghi alfabetici per autore e per soggetto. L'introduzione della stereotipia determinò che ogni scheda rispondesse a precisi standard catalografici e rappresentò il punto di partenza per i progetti di catalogazione partecipata che si svilupparono nel Nord America, andando a diffondersi successivamente anche in Europa. Infatti Jewett elaborò l'idea di creare un grande schedario, una sorta di primitivo catalogo collettivo, che ospitasse le schede a stampa di diverse biblioteche; per la prima volta il catalogo divenne repertorio bibliografico e non più interfaccia di una singola biblioteca. Con la pubblicazione Rules for a dictionary catalog17 del 1876, Charles Ammi Cutter definì le norme da seguire per la redazione di un catalogo a dizionario che avesse la funzione di raggruppare le edizioni di un'opera. L'operato innovativo e lungimirante dei due bibliotecari ha posto così i fondamenti per la realizzazione del catalogo moderno. Negli anni Sessanta del Novecento, sulla base dei criteri di standardizzazione enucleati da Jewett e Cutter, si è iniziato a riflettere su come strutturare, integrare e rendere fruibili i dati di un catalogo elettronico: seppur inizialmente concepito solo come formato di scambio, il MARC divenne il linguaggio condiviso per costituire lo scheletro delle registrazioni, e quindi permettere la catalogazione derivata18. A causa dei costi alti di manutenzione informatica, le biblioteche iniziarono a consorziarsi e a utilizzare il medesimo standard, dando vita al catalogo collettivo immaginato da Jewett. Con il modello FRBR19 e la Dichiarazione di principi internazionali di catalogazione20, si è giunti all'inizio del nuovo millennio alla definizione delle cinque funzioni che il catalogo deve soddisfare: trovare, identificare, selezionare, ottenere e navigare. L'organizzazione di progetti internazionali di condivisione dei metadati, concretizza questa visione del catalogo e la amplifica, creando nuovi spazi di diffusione della conoscenza e di crescita professionale.

Macrocosmi: il patrimonio culturale europeo nei progetti di condivisione dei metadati
La condivisione delle radici culturali e delle espressioni della creatività nei diversi campi del sapere è alla base della percezione di qualunque sentimento di appartenenza. Così è nell'Europa contemporanea e non è dunque un caso se fra i progetti di realizzazione di reti culturali attualmente esistenti e in crescita, vi siano due realtà che pongono alla base la valorizzazione dell'European cultural heritage: il Consortium of European research libraries (CERL) ed Europeana.
Con 264 istituzioni culturali affiliate, distribuite su un territorio che supera i confini europei fino a comprendere Stati Uniti e America del Sud21 e più di venti anni di attività, il CERL22 è uno degli esempi più riusciti di cooperazione e condivisione di contenuti fra biblioteche. La valorizzazione della cultura europea avviene nel CERL attraverso la raccolta e la messa a disposizione del maggior numero possibile di informazioni bibliografiche sui libri a stampa antichi. Con questo intento è nato il database Heritage of printed book (HPB): un gigantesco collettore di registrazioni bibliografiche provenienti dai cataloghi di più di duecento biblioteche - dal 2016 anche molte americane - continuamente aggiornato e arricchito23. La caratteristica principale dei record che confluiscono in HPB è l'aderenza dei metadati allo standard MARC/UTF-824, grazie alla quale il database risulta avere coerenza complessiva e canali di ricerca efficaci. Il valore aggiunto di HPB sta nel fatto che è pensato per un target composto equivalentemente da studiosi e da bibliotecari che si occupano di libro antico, poiché intercetta le esigenze che accomunano entrambe queste tipologie di utenti: avere filtri avanzati che permettano di individuare specifiche edizioni (l'impronta, i dati di autorità di editori e stampatori, il formato) e singoli esemplari (dati sulla provenienza, annotazioni, legatura). Per superare i limiti delle differenze linguistiche e delle varianti nazionali nelle regole per il trattamento dei dati di autorità, HPB si è legato a un altro importante strumento messo a punto dal CERL: il CERL Thesaurus. Si tratta di un thesaurus costituito da liste di autorità per i nomi di persona (autori, tipografi e possessori), di ente e di luogo che forniscono legami controllati nei record bibliografici delle edizioni antiche. Ciascun record raccoglie tutte le varianti dell'intestazione principale, e cioè tutte le forme di autorità scelte nei cataloghi confluiti in HPB, alle quali si aggiungono le varianti grafiche e gli pseudonimi presenti sulle fonti e sulle edizioni catalogate. Inoltre, i record forniscono informazioni biografiche, correlazioni con altre entità descritte nel Thesaurus e recentemente anche link esterni a Wikipedia e a set di linked data di grande diffusione25. A sua volta, l'identificativo persistente dei record del Thesaurus è divenuto una «proprietà per identificativi unici»26 in Wikidata27, che permette di arricchire la descrizione delle risorse wiki nell'ottica RDF per il Web semantico.
Fra il 2005 e il 2010, grazie a un preciso intento della Comunità Europea28, ha preso forma il progetto di costruzione di una grande biblioteca digitale che potesse raccogliere e presentare l'intero patrimonio culturale del vecchio continente: Europeana. Per raggiungere l'obiettivo, sono state coinvolte molte istituzioni culturali presenti nei Paesi dell'UE affinché condividessero le proprie risorse digitali (o almeno, l'accesso a esse) all'interno di un unico portale di raccolta. Negli ultimi cinque anni, la realtà di Europeana si è consolidata, arrivando a contare più di 48 milioni di oggetti descritti e accessibili, provenienti da più di 2500 istituzioni. Lo slogan che guida le attività e l'evoluzione di Europeana è «Culture unites Europe«: avere a disposizione il numero più alto di risorse culturali, permetterà ai cittadini europei di trarne benefici in termini sia sociali che economici. Per rendere concreta questa visione, Europeana ha messo a punto una strategia29 per i prossimi cinque anni basata su tre concetti: "accessibilità" delle risorse digitali, "cooperazione" fra i membri del network per rintracciare buone pratiche e avere vantaggi comuni, "affidabilità" dei dati e dei metadati raccolti. Quest'ultimo punto è particolarmente importante, poiché costituisce il cuore della biblioteca digitale intesa in senso stretto, ovvero ciò che permette al progetto di tenersi in piedi e muoversi, esattamente come lo scheletro di un organismo. La struttura originaria di Europeana prevedeva l'applicazione di un modello di metadatazione chiamato ESE (Europeana semantic elements)30, basato sul set di etichette Dublin Core, opportunamente arricchite per la gestione interna dei record. Tutte le istituzioni che avessero voluto contribuire al progetto condividendo le proprie risorse, avrebbero dovuto sottoporre i metadati a un sistema di mapping finalizzato all'interoperabilità e alla coerenza. Il modello ESE ha però mostrato dei limiti intrinseci di appiattimento dei metadati e, con l'avvento del web semantico, anche veri e propri segni di obsolescenza. Per questo motivo, negli ultimi anni è stato messo a punto uno schema più raffinato, basato sul modello RDF e orientato ai linked data: EDM (Europeana data model)31. Il modello EDM permette di mantenere fermo il vincolo dell'interoperabilità, ampliando però molto le prospettive di riuso dei metadati. Da un lato riesce a lasciare intatti e a non appiattire i metadati di partenza forniti delle istituzioni, dall'altro permette di arricchire le informazioni semantiche e di contesto che descrivono le risorse, collegandole le une alle altre e incentivando la loro riconoscibilità dentro e fuori dal portale di Europeana. Il secondo pilastro che sorregge la piattaforma di Europeana è la tensione verso l'accesso aperto alle risorse: ciascun record descrittivo contiene sempre le informazioni sulle modalità di riuso e sulle eventuali limitazioni dettate dal copyright, ma l'ottica di "aprire i dati" nel public domain è rimarcata costantemente come priorità. Soltanto seguendo questa strada, infatti, è possibile auspicare un utilizzo sempre maggiore e più profondo delle risorse, da parte di un pubblico che deve essere programmaticamente eterogeneo: cittadini europei, alla ricerca di pezzi di memoria collettiva da condividere nel Web 2.0, creativi e sviluppatori di prodotti commerciali32, professionisti dei beni culturali. Per i bibliotecari, far parte del network di Europeana è un triplice vantaggio, poiché favorisce la circolazione delle informazioni, la visibilità dei dati e l'opportunità del confronto e della collaborazione con gli altri professionisti della rete.
La strategia di intervento dei prossimi anni e i nuovi modelli tecnologici implementati da Europeana sono alla base del lancio della nuova veste online del progetto: Europeana collections33. Il sito permette, oltre alla tradizionale navigazione nelle collezioni, anche interessanti approcci che inaugurano nuove prospettive di ricerca e utilizzo degli oggetti digitali. Ne sono un esempio i due nuovi portali tematici, dedicati alla musica34 e all'arte35, e il browser per colore36.

Microcosmi: la peculiarità delle risorse. Gli incunaboli e i progetti dedicati
Accanto ai grandi portali culturali, esistono poi progetti incentrati su risorse che possiedono peculiari caratteristiche, legate al prodotto editoriale e alla sua tradizione di studi e che esigono standard descrittivi particolari. La catalogazione degli incunaboli ad esempio porta con sé una serie di problematiche che hanno riservato a questo patrimonio, strumenti specifici e talvolta poco comunicativi con l'esterno. La descrizione delle edizioni del XV secolo è rimasta a lungo in un limbo, non essendo stata prevista la loro inclusione fin da subito nei cataloghi nazionali37. Questi libri a stampa, tanto simili ai codici manoscritti dai quali derivano per mise en page, mancano di frontespizio e talvolta anche di colophon e per questo richiedono campi specifici, oltre a quelli già previsti per la descrizione delle edizioni antiche successive al 1501. L'abitudine invalsa di identificare l'edizione nei numeri dei repertori bibliografici piuttosto che in accessi uniformi, ha causato una certa eterogeneità riguardo la scelta e la forma delle intestazioni. Qualcuno ha accolto la proposta di indicare il titolo normalizzato dell'opera, sulla base della descrizione di IGI38, altri hanno preferito ricavare il titolo dalla fonte più completa (dal colophon, dall'occhietto, dall'intitolazione), legando poi la descrizione a titoli uniformi39. Altri ancora caldeggiano il riversamento dei record catalografici da ISTC. L'incunabolistica nella sua lunga storia, oltre a una fitta bibliografia40, vede infatti da decenni nell'Incunabula short title catalogue (ISTC)41 e nel Gesamtkatalog der Wiegendrucke (GW)42 strumenti catalografici di eccellenza. ISTC è il database bibliografico gestito dalla British Library, con il contributo di biblioteche di tutto il mondo43. Contiene le informazioni su ormai quasi tutte le edizioni note del XV secolo, ma non le descrive, fornendo piuttosto una scheda breve, corredata da una serie di indicazioni bibliografiche che consentono di recuperare la descrizione analitica e da un elenco di istituzioni internazionali che ne conservino una o più copie. L'intento non è descrittivo, perciò la scheda prevede campi relativi ad autore, note tipografiche e formato, per convenzione normalizzati nella forma latina per i nomi, e nella forma inglese per il luogo di stampa e la data, allo scopo di facilitare la ricerca. Il campo delle note infine è facoltativo e può contenere informazioni sintetiche circa l'edizione o il singolo esemplare. Attualmente il numero di incunaboli registrati in ISTC è stimato intorno alle 30.000 edizioni44. Il database è privo di immagini ma si arricchisce progressivamente di link a riproduzioni digitali disponibili in rete45. Se ISTC è un grande censimento impareggiabile dal punto vista quantitativo, GW propone un livello di dettaglio superiore. Il Gesamtkatalog è un progetto della Staatsbibliothek di Berlino, anch'esso nato con l'obiettivo di pubblicare un catalogo collettivo di tutti gli incunaboli esistenti. Dal 1925 il catalogo è disponibile in formato cartaceo (attualmente 11 volumi), ma da anni ne esiste una versione online che riflette lo stato attuale della ricerca e che divide il database sostanzialmente in due: alcuni record (lettere A-H) contengono un'analisi dettagliata dell'edizione (autore, titolo, note tipografiche, formato, numero delle carte, formula collazionale) e dei suoi contenuti (lo spoglio prevede la trascrizione diplomatica dell'incipit di ciascun testo e l'indicazione della presenza di paratesti e carte bianche); altri (lettere I-Z) sono costituiti solo da un'intestazione (autore, titolo) e da alcune immagini delle pagine del manoscritto digitalizzate. Il tutto per un totale di 36.000 descrizioni, distribuite su almeno 3.900 voci di autorità in costante aggiornamento46. Al problema della scelta dell'intestazione si aggiungono due criticità ulteriori: la prima riguarda l'oggettiva difficoltà nell'attribuire opere e stampe e nell'identificare molti autori, specie nel caso dei testi minori e paratesti; la seconda nasce dalla povertà di informazioni sulle caratteristiche storiche del singolo esemplare. Al primo problema può venire in aiuto la consultazione del catalogo della Bodleian Library di Oxford: Bod-Inc47. Si tratta di uno short-title di 5600 incunaboli e costituisce una fonte importantissima per l'identificazione di autori e opere. Pubblicato nel 2005 in formato cartaceo (5 volumi), raccoglie le descrizioni degli incunaboli della Bodleian Library iniziate nel 1955 con l'obiettivo, fin da subito, di fornire un'analisi dettagliata dell'edizione, individuando tutti i testi contenuti e i loro autori, e dando, ove possibile, i riferimenti bibliografici alle edizioni moderne di ogni testo. Propone la trascrizione - non diplomatica - di incipit, explicit, colophon, delle parti paratestuali e dei testi minori. Attesta sempre la presenza di note manoscritte, così come la descrizione della decorazione di iniziali e carte. Al problema della storia degli esemplari trova sempre più risposte il portale CERL dedicato alle provenienze degli incunaboli: Material evidence in incunabula (MEI)48, descritto nel capitolo successivo. Appare evidente quanto lo scopo di queste banche dati non sia quello di replicare informazioni bibliografiche già esistenti. Per la prima volta portali dedicati a risorse tanto particolari non si arroccano in horti conclusi con rigide regole interne, ma comunicano con il mondo esterno e vi contribuiscono.

Uguali eppure diversi: gli esemplari

In un articolo del 199949 l'attuale direttore della Biblioteca nazionale centrale di Roma, Andrea De Pasquale, scriveva dell'importanza di segnalare le peculiarità dei singoli esemplari nelle note d'inventario. I libri, così come i "cugini" documenti d'archivio, diventano infatti fonti d'informazioni storiche se studiati come oggetti in sé e non solo per i testi che contengono.
Per ricostruire la storia di un singolo esemplare sono necessarie, come abbiamo detto, competenze specifiche che talvolta esulano da quelle che caratterizzano i percorsi di formazioni classici dei bibliotecari. Certo è che man mano che le descrizioni catalografiche si arricchiscono di note d'esemplare, la ricostruzione storica delle collezioni e le stratificazioni che hanno strutturato la biblioteca prendono forma. Nella realtà italiana non sono molte le biblioteche che mettono a disposizione del pubblico un elenco strutturato, ricercabile e corredato d'immagini dei loro possessori; uno dei migliori rimane attualmente quello gestito dalla Biblioteca nazionale di Napoli50.
In ambito internazionale, il CERL coordina gruppi di lavoro focalizzati sugli ambiti di attività del Consorzio e tra questi figura quello sulle provenienze: Provenance and standards for the description of provenance evidence51. Gli obiettivi che si prefigge sono: estrapolare e rielaborare le informazioni di provenienza presenti in HPB e nel portale CERL; promuovere l'integrazione dei dati di provenienza nel CERL Thesaurus; fornire consulenze alle biblioteche che vogliono creare i loro record di provenienza accessibili a livello internazionale; sviluppare vocabolari che descrivano le provenienze; mantenere una costante mappatura UNIMARC/MARC21 dei campi di provenienza; sostenere la ricerca degli studiosi attraverso il sito web Can you help?52; incoraggiare la condivisione di studi e ricerche sul sito del CERL e aggiornare la comunità scientifica sugli ultimi progetti disponibili online53.
Un coordinamento internazionale quindi, che cerchi di rendere il più possibile interoperabili, standardizzate e interpretabili le informazioni che si possono estrapolare dai libri e dai segni d'uso che portano su di sé. Per rendere tutto ciò possibile è stato necessario definire in maniera chiara quali metadati fossero imprescindibili perché delle semplici informazioni testuali potessero trasformarsi in elementi di una ricerca scientifica. Béatrice Delestre definisce quattro livelli di interoperabilità e usabilità delle note di provenienza54: un livello base che prevede solo un quadro comune di riferimento (ad esempio la terminologia definita tramite SKOS55); un secondo livello, dove si identifica almeno un minimo comune denominatore, i dati sono armonizzati e quindi indicizzati meglio, cominciando anche a isolare ad esempio un set di metadati specifico. Il terzo livello vede un ulteriore miglioramento della struttura dei dati, eventualmente attraverso strumenti multilingue, e la possibilità di ricercare informazioni in database diversi collegati fra loro. Il quarto livello è (sarà) l'assoluta navigabilità: non più un catalogo ma un discovery tool votato alla più totale interoperabilità. &Erave; tra il terzo e il quarto livello che potremmo collocare il MEI, dove i dati bibliografici sono attinti da ISTC - al quale è collegato - e vengono registrate, per ogni esemplare di un'edizione, tutte le informazioni sulla specifica copia. I dati, georeferenziati e contestualizzati cronologicamente, possono essere ricavati sia «libro in mano» sia da fonti esterne, quali vecchi inventari o cataloghi d'aste. Per una maggiore ricercabilità e chiarezza ogni segno di provenienza viene registrato in maniera indipendente dagli altri.
I possessori, indicizzati internamente e collegati al CERL Thesaurus, sono classificati secondo il sesso, il ruolo sociale, l'attività in modo da rendere il più semplice possibile la ricerca e l'incrocio dei dati. Prezzi e valute, dati fondamentali per lo studio economico del commercio librario, sono anch'essi registrati singolarmente.
Tutte le informazioni inserite in MEI, il modo in cui sono strutturate, e il loro costante accrescimento hanno offerto la possibilità di creare un recente spin-off, 15cBOOKTRADE: an evidence-based assessment and visualization of the distribution, sale, and reception of books in the Renaissance56. Dall'aprile del 2014 un gruppo internazionale di ricercatori studia infatti quattro ambiti ancora parzialmente inesplorati del libro del quindicesimo secolo: distribuzione, uso e abitudini di lettura; commercio e valore monetario dei libri; circolazione e riuso dei legni delle illustrazioni; diffusione e trasmissione dei testi contenuti nei libri. Su quest'ultimo punto il team del 15cBOOKTRADE ha già trasformato Bod-Inc in un database internazionale in grado di ospitare la descrizione di edizioni conservate anche presso altre biblioteche, ma con il medesimo standard elevato del catalogo della Bodleian. La nuova banca dati, TEXT-inc57, costituisce una piattaforma per l'archiviazione delle informazioni e per la loro ricerca integrata, con CERL Thesaurus, ISTC e MEI. Una rete di condivisione sempre più capillare restituisce risultati migliori. Le ricerche saranno sempre più efficienti ed efficaci man mano che si allargheranno gli ambiti di conoscenza delle provenienze, coinvolgendo le opere successive al quindicesimo secolo e i beni culturali non librari58.

Parola d'ordine: «mi manda Wikipedia»

Confrontarsi con gli scenari della cooperazione nazionale e internazionale è un'occasione ormai imprescindibile per chi lavora nel settore dei beni culturali e in particolare librari. Questo perché giova all'istituzione di appartenenza, nella misura in cui rende più visibile e più facilmente fruibile il suo patrimonio, ma anche perché impone al professionista di dialogare con i colleghi. Questo confronto permette di arricchire le proprie competenze specifiche, facilitando le prassi di lavoro e aggiungendo in moltissimi casi qualità ai dati creati. Tuttavia, gli scenari analizzati fino a questo punto sono tutti contestualizzati nel mondo per certi versi 'tradizionale' dello scambio di metadati bibliografici, si tratta cioè di progetti in cui il singolo bibliotecario e la rete di cui entra a fare parte parlano sostanzialmente "la stessa lingua". Diverso sarebbe se il bibliotecario dovesse confrontarsi con universi totalmente estranei alla tradizione e apparentemente eterodossi. Diverso è stato, ad esempio, quando le biblioteche hanno incontrato Wikipedia.
La prima e più istintiva reazione è quella di collocare agli antipodi le realtà dei bibliotecari e dei wikipediani: da un lato una professione che si regge su secoli di storia e normative chiare e condivise per il trattamento e la valorizzazione delle risorse bibliografiche; dall'altro una comunità fondata sulla crescita collaborativa e su un'etica che parte dal basso per costruire un'enciclopedia online in continua mutazione. Tuttavia, negli ultimi anni è apparso sempre più chiaro il fatto che questa impressione derivi da un pregiudizio da sfatare. Perché se è vero che «Wikipedia non ha regole fisse»59, è stato però chiarito60 che esistono molti punti di contatto fra le tradizioni bibliotecarie e le prassi di Wikipedia: nelle intenzioni programmatiche di estendere il più possibile l'accesso libero alla conoscenza e nell'uso concreto di strutture ricorrenti per organizzare le informazioni. Questa seconda caratteristica si può verificare nelle voci dell'enciclopedia, sempre più strutturate secondo schemi fissi, che prevedono l'utilizzo di template e legami con URI, entrambi strumenti familiari a chi si occupa di information literacy e di cataloghi bibliografici.
Non è un caso che il progetto VIAF - strumento preziosissimo di interconnessione e scambio di metadati di autorità per i bibliotecari (e non solo) di tutto il mondo e risultato concreto dell'applicazione del modello FRBR - abbia preso le mosse da un'idea di Max Klein, wikipediano in residence per OCLC61. Così come non stupisce che nell'universo wikipediano si sia consolidato l'iniziale esperimento di Wikidata62, il database superlinguistico di dati strutturati che utilizza ormai di prassi le coppie proprietà-valore che rimandano a dataset di biblioteche autorevoli63.
Il dialogo fra istituti culturali e Wikimedia - l'associazione a cui fanno capo i progetti Wiki, primo fra tutti Wikipedia - ha assunto negli ultimi anni la forma di veri e propri accordi progettuali, sinteticamente riassumibili nella formula GLAM64 (Galleries, libraries, archives and museums). La prima collaborazione tra l'enciclopedia libera e il mondo della cultura risale all'estate del 201065 quando Lyam Wyatt trascorse cinque settimane alla British Library66 come wikipediano in residence67. La collaborazione tra Wikipedia e gli istituti deputati alla raccolta, organizzazione e divulgazione delle informazioni è stata la risposta naturale ai cambiamenti sociali venuti con la diffusione capillare della rete68.
I progetti GLAM legati alle biblioteche69 sono forse quelli in cui sono più evidenti i reciproci vantaggi della partnership. Un altro esempio ad hoc fra i numerosi attivi70 è il recente allineamento semantico tra il Thesaurus del Nuovo soggettario della BNCF e le voci dell'enciclopedia71. Il mondo delle biblioteche è infatti per definizione custode e produttore di dati controllati e attendibili, esattamente quello che serve a un 'aggregatore di informazioni' per poter esser definito autorevole, oltre che il più completo possibile. I lettori, soprattutto nell'era del Web 3.0, vanno fidelizzati: ciò vale, come è noto, per quelli delle biblioteche, ma anche per quelli di Wikipedia. Tra le molte strategie per coinvolgere e ampliare il pubblico e contemporaneamente migliorare la qualità dei contenuti, Wikipedia ciclicamente organizza contest e concorsi72. Per festeggiare il quindicesimo anniversario, tra le decine di eventi73 organizzati in tutto il mondo, uno in particolare ha coinvolto la realtà bibliotecaria: #1Lib1Ref74 (One librarian, one reference, letteralmente: un bibliotecario, una fonte). Per una settimana Wikipedia ha chiesto ai bibliotecari di tutto il mondo di rendere la rete un posto migliore, arricchendo le voci di riferimenti a fonti attendibili e poi condividendo la notizia sulle piattaforme social con hashtag #1Lib1Ref.
Bibliotecari e wikipediani, insomma, si parlano e si capiscono. Di più: dall'unione virtuosa delle competenze di entrambe queste figure75 risulta un arricchimento vicendevole di abilità e punti di vista, del tutto simile all'apertura degli orizzonti e alla circolazione delle conoscenze proprie delle reti internazionali di stampo più squisitamente bibliotecario.

Ad esempio, la BEIC

La Biblioteca europea di informazione e cultura (BEIC)76 è nata con l'obiettivo di dotare Milano e l'Italia di una struttura d'avanguardia, pensata come sistema di accesso universale all'informazione e alla conoscenza, attraverso la realizzazione di un'estesa piattaforma di raccolta, catalogazione e diffusione di prodotti e contenuti culturali77.
Dal 2008 la BEIC sta realizzando una biblioteca digitale (BeicDL)78 che raccoglie collezioni tematiche selettive e multidisciplinari. Per le digitalizzazioni si è affidata a singoli studiosi e a istituzioni di prestigio che, attingendo a raccolte italiane e straniere, hanno selezionato gli esemplari in base a specifici criteri, legati alla rilevanza degli autori e delle opere e al carattere internazionale delle fonti.
Attualmente la BeicDL conta circa 28.000 oggetti digitali per un totale di oltre 77.000 registrazioni79, che spaziano per tipologia dagli incunaboli alle opere d'arte, dai libri antichi ai periodici, dai manoscritti alle risorse audio-video80. Molta attenzione è stata dedicata alla messa a punto di un catalogo amichevole che ponesse particolare cura nella presentazione dei dati e nella loro integrazione con altri cataloghi, così come nella rapida visualizzazione e nella facile manipolazione delle immagini. In questo modo la BeicDL si propone di rendere liberamente accessibile un vasto complesso di opere umanistiche e scientifiche, lungo un arco temporale che va dal mondo antico all'età contemporanea.

Consultare
Lavorare in una biblioteca digitale significa poter contare unicamente sulle risorse disponibili sul Web, non potendo disporre di fonti e repertori cartacei per la verifica delle informazioni. La BeicDL si avvale di uno staff eterogeneo, la cui routine di lavoro prevede un confronto quotidiano con cataloghi nazionali (SBN OPAC, Edit16, ACNP) e internazionali (Karlsruhe, GW, ISTC, HPB), con database per il controllo delle voci di autorità (VIAF e CERL Thesaurus) e con strumenti enciclopedici, come il Dizionario biografico degli italiani81 e Wikipedia che, va detto, sta diventando una fonte sempre più autorevole e risolutiva, spesso l'unica fonte di informazioni strutturate accessibile online.
La politica adottata per tutte le risorse digitali è quella di una "metadatazione" profonda che ricalca quella «libro in mano» e che sia strutturata su dati affidabili, controllati e riutilizzabili. Poiché la priorità è quella di allestire un catalogo coerente e uniforme, le descrizioni delle singole risorse condividono l'utilizzo di un'unica griglia di metadati, sia pure di volta in volta adattata alle specificità dei materiali trattati e rispettosa dei differenti standard catalografici di riferimento82. Parallelamente, la consultazione di fonti online autorevoli è fondamentale per raggiungere una buona qualità nelle informazioni proposte.
Nel caso di risorse librarie, la procedura prevede prima di tutto l'identificazione dell'edizione in OPAC e repertori, cui segue una verifica dei dati sulle immagini della copia digitalizzata. Se infatti la descrizione fornita dalle biblioteche digitali tende normalmente a rimandare ad altri cataloghi e repertori83 o a proporre record sintetici e non particolarmente dettagliati84, le registrazioni delle opere a stampa in BeicDL vengono rifatte ex novo85: a una breve scheda di intestazione si preferisce una scheda che offre la trascrizione del frontespizio - o del colophon e dell'intitolazione nel caso degli incunaboli -, una descrizione minuziosa e un esteso apparato di note, al fine di risultare utile anche all'utente più esigente. Da una trascrizione analitica può infatti emergere una nuova attribuzione che la scheda breve trascura86, così come la descrizione della copia digitalizzata può segnalare anomalie della segnatura di fascicolo o singoli aspetti della storia dell'esemplare. La registrazione full-title87 presuppone inoltre la creazione di schede di spoglio che diano notizia dei testi contenuti. La consultazione di cataloghi internazionali e portali dedicati è prevista soprattutto di fronte alla digitalizzazione di copie mutile o lacunose, che non permettono quindi di ricavare tutti i dati bibliografici della copia ideale. La mappatura delle immagini assicura lo spoglio di tutti i testi contenuti nella risorsa e la consultazione di VIAF (o di Bod-Inc per gli incunaboli) garantisce la loro identificazione in modo accurato e scientifico. L'obiettivo di fare emergere le opere contenute è prioritario anche per risorse non librarie, come avviene nel caso dei periodici e delle risorse musicali miscellanee.
Tutte le registrazioni sono completate dai metadati semantici e dai campi di normalizzazione di titoli uniformi, nomi di persona (autori, tipografi, etc.) e luoghi di stampa, strutturati grazie alla consultazione di VIAF e CERL Thesaurus e, per convenzione, proposti nella lingua di origine o di appartenenza. Un limite riscontrato nella consultazione dei cataloghi internazionali è infatti l'eterogeneità nella creazione degli authority file. L'esistenza di questi grandi collettori che, come abbiamo visto, mettono a disposizione in un'unica banca dati le voci di autorità di numerosi cataloghi, aiuta soprattutto nell'individuazione della corretta intestazione.
La cura riservata alla creazione delle liste di autorità ha di nuovo un duplice scopo: all'interno di BeicDL favorisce il raggruppamento e la ricerca delle risorse, attraverso l'utilizzo di faccette e l'aderenza al modello FRBR, trasformando il catalogo in un discovery tool; nel confronto con l'esterno individua voci controllate di facile accesso anche in un contesto internazionale.

Contribuire
Consultare portali online autorevoli è una prima, basilare azione, che somiglia al guardare fuori. A questo però, come si è visto, è utile affiancare un ulteriore movimento: uscire dal proprio spazio e contribuire direttamente alle reti che si ritengono efficaci.
La BEIC collabora da tempo ad alcuni progetti di rilievo internazionale: HPB, Europeana, ISTC. Per quanto riguarda HPB, è previsto a breve il riversamento di circa 6.000 registrazioni di incunaboli e libri antichi della biblioteca digitale, possibile grazie all'interoperabilità degli standard MARC. Oltre a condividere i metadati, la BEIC partecipa al CERL anche collaborando ad alcuni gruppi di lavoro88 dedicati a specifici ambiti disciplinari: CERL Thesaurus, HPB, Provenance and standards for the description of provenance evidence. Lo scambio di idee e di prospettive con gli altri componenti dei gruppi, in occasione di incontri e convegni dedicati, favorisce il perfezionamento dei progetti in corso e di quelli futuri e consente allo staff di dialogare con i colleghi con esperienze e background differenti e di conseguenza arricchire il proprio bagaglio di competenze.
La BEIC contribuisce anche a The European Library e quindi a Europeana, con l'obiettivo di valorizzare le proprie collezioni in un contesto che superi i confini nazionali e di permettere il massimo riutilizzo dei metadati, per questo rilasciati con licenza CC089. La partecipazione a progetti di questo tipo presuppone che il lavoro sia svolto in prospettiva e che i metadati vengano creati già nell'ottica della condivisione internazionale. Ciò risulta un vantaggio per entrambe le parti: chi collabora fornirà un servizio duraturo e sostenibile e contemporaneamente i portali si arricchiranno di contenuti. Per raggiungere questo risultato, lo sforzo maggiore si è rivelato essere la progettazione di un sistema di mapping dei metadati di partenza verso lo standard di Europeana, che permettesse la loro valorizzazione e anche il superamento delle differenze strutturali e strategiche dei due cataloghi.
L'accordo con ISTC prevede il riversamento dei dati relativi agli incunaboli presenti nella biblioteca digitale. Le schede ISTC contengono un campo Reproductions che ospita i link alle riproduzioni digitali, tra le quali quelle BEIC, permettendo il confronto fra esemplari di una medesima edizione90; dal link si raggiungono direttamente le immagini e la mappa strutturale nella BeicDL. La scelta di puntare alle immagini e non al catalogo è stata fatta consapevolmente per fornire all'utente l'accesso immediato alla risorsa digitale, pur a scapito della registrazione bibliografica corrispondente.
Accanto ai percorsi offerti dai portali internazionali, la BEIC ha scelto di sperimentare anche la strada proposta dal mondo di Wikipedia per la circolazione della conoscenza e per l'utilizzo delle proprie risorse digitali. In quest'ottica è stato avviato un progetto GLAM91 in collaborazione con Wikimedia Italia a partire da settembre 2014 fino a luglio 2015, poi rinnovato per tutto l'anno 2016. L'obiettivo è stato quello di apportare un contributo significativo alle voci di Wikipedia, inserendo immagini, riferimenti bibliografici e dati di autorità di cui la biblioteca digitale dispone. Le due istituzioni hanno intenti comuni di promozione e condivisione dei contenuti: Wikipedia infatti viene concepita come fonte secondaria e terziaria92, mentre il lavoro dei bibliotecari può portare valore aggiunto grazie all'inserimento di fonti primarie all'interno delle voci. La formazione è però necessaria per iniziare a compiere i primi passi nel mondo di Wikipedia, per questo la presenza di un wikipediano in residence ha facilitato il contatto del personale con la realtà wikipediana, tramite incontri di didattica teorica ed esercitazioni pratiche. La sua funzione di intermediario fra lo staff e la comunità è stata fondamentale affinché i bibliotecari comprendessero la filosofia dell'enciclopedia ed entrassero nell'ottica di contribuire secondo le regole definite dal mondo wiki.
Le attività svolte hanno riguardato non solo Wikipedia, ma anche altri progetti ad essa collegati. Sono state innanzitutto caricate in Wikimedia commons le immagini di opere presenti nella BeicDL in formato TIFF a 300 o 400 dpi; successivamente sono state inserite nelle voci già esistenti della Wikipedia italiana e delle altre versioni linguistiche. Ad esempio, l'immagine dell'incipit della prima edizione a stampa della Divina Commedia è stata utilizzata in 74 voci diverse93. In ogni voce così arricchita, sono stati aggiunti anche i link agli oggetti digitali, in modo tale che l'utente interessato possa visionare l'opera completa e la mappa strutturale direttamente nella BeicDL. Di volta in volta, partendo dalle voci di autore, sono stati anche creati o arricchiti gli elementi Wikidata corrispondenti, ad esempio attraverso l'inserimento degli identificativi VIAF e CERL. In Wikisource, infine, sono stati creati gli indici di alcune opere in italiano provenienti da Internet archive.
La partecipazione a questi progetti ha portato notevole visibilità agli oggetti digitali: a luglio 2015 più del 50" delle visite al portale BEIC proveniva dai progetti Wikimedia94. Il rinnovo del progetto GLAM per il 2016 ha recentemente portato a un ulteriore importante traguardo: la condivisione in Wikicommons di quasi 17.000 fotografie digitalizzate provenienti dal fondo del fotografo Paolo Monti. La disponibilità di queste foto garantisce la loro libera consultazione e circolazione, prima di tutto per l'arricchimento delle voci dell'enciclopedia95.
Il CERL, Europeana, ISTC e il progetto GLAM sono stati e continuano a essere per la BEIC vere e proprie finestre per guardare oltre i propri confini e per amplificare le competenze eterogenee delle persone che lavorano al suo interno. Ancora una volta, conoscere per riconoscere, consultare per contribuire: il lavoro svolto all'interno della BEIC si specchia nell'ottica del contributo che esso può dare alle reti di cui fa parte.

Conclusioni

Il rischio della molteplicità è arginato. Avere più punti di partenza in quanto singoli bibliotecari, con tipi di formazione differenti e punti di vista sfaccettati arricchisce il lavoro e garantisce il confronto: le competenze tradizionali per il trattamento delle risorse bibliografiche si integrano con gli approcci derivanti dalla ricerca storica e filologica. La catalogazione può così diventare un'opportunità di studio e di scoperta. La stessa eterogeneità che caratterizza i bibliotecari quanto a obiettivi, percorsi formativi e retroterra culturali si ritrova anche nella fisionomia dei diversi progetti internazionali di condivisione: l'offerta dei contenuti è talvolta esplicitamente destinata a un pubblico specialistico, come negli strumenti di ricerca per chi si occupa di incunaboli o libri antichi; viceversa, altri progetti si presentano più generalisti, pur avendo basi altrettanto scientifiche, e offrono percorsi culturali che non solo mirano a soddisfare un pubblico più ampio possibile, ma anche a stimolarne la curiosità verso argomenti poco conosciuti.
In questo contesto il bibliotecario, a seconda delle sue esigenze informative, potrà interrogare un portale piuttosto che un altro, diventando di fatto il primo utente delle reti. Di più: un primo utente molto esigente, che forte della propria professionalità e consapevole di quali siano le informazioni che gli sono necessarie è in grado anche di riconoscere, all'interno degli stessi portali ai quali sta contribuendo, quali siano i punti di forza ed eventualmente le debolezze.
Fare il bibliotecario oggi, in ogni caso, significa far esplodere la propria sfera di azione e soprattutto pensare in prospettiva: la routine quotidiana si svolge anche in funzione della partecipazione a una rete e, in questo modo, i risultati possono essere più autorevoli e più visibili. La parola chiave deve essere "contaminazione": più ci si apre e si guarda oltre i confini tradizionali della professione, accogliendo stimoli esterni verso nuovi approcci, più si dà profondità al proprio lavoro, si è portati al confronto e quindi a un aggiornamento costante, garantendo un servizio migliore.
Questa è certamente la strada per ottenere risultati duraturi: per sé stessi, per la biblioteca, per le biblioteche.

NOTE

Ultima consultazione siti web: 6 giugno 2016.

[1] Stefano Parise, Formazione, lavoro, occupazione: il triangolo delle Bermuda che rischia di inghiottire i bibliotecari italiani, «AIB studi», 53 (2013), n. 3, p. 217-219, http://aibstudi.aib.it/article/view/9457.

[2] Il sommario degli atti, a cura di Gianfranco Crupi, è disponibile all'indirizzo http://www.dolinfige.uniroma1.it/node/5997. Si veda anche il report di Chiara Faggiolani, Stato dell'arte e prospettive future della biblioteconomia nell'università italiana, «AIB studi», 53 (2013), n. 2, p. 95-103, http://aibstudi .aib.it/article/view/9007, DOI: http://dx.doi.org/10.2426/aibstudi-9007.

[3] Si veda anche, a questo proposito, Maurizio Vivarelli, Alcune osservazioni a proposito della formazione del bibliotecario, «AIB studi», 53 (2013), n. 1, p. 101-108, http://aibstudi.aib.it/article/view/8810, DOI: http://dx.doi.org/10.2426/aibstudi-8810.

[4] Anna Maria Tammaro, Formazione continua e riconoscimento delle qualifiche dei bibliotecari. In: Le professioni dei beni culturali: affinità, differenze, sviluppi futuri: atti del Convegno MAB FVG Trieste, 13 dicembre 2013, a cura di Cristina Cocever. Trieste: EUT Edizioni Università di Trieste, 2015, p. 47-57, http://hdl.handle.net/10077/10738.

[5] Disposizioni in materia di professioni non organizzate. Per una disamina della legge e dei suoi effetti in ambito bibliotecario, si veda Raffaele De Magistris, Il riconoscimento delle professioni non regolate e la legge n. 4 del 14 gennaio 2013, «AIB studi», 53 (2013), n. 3, p. 239-260, http://aibstudi.aib.it/article/view/9074, DOI: http://dx.doi.org/10.2426/aibstudi-9074.

[6] Ministero dello sviluppo economico, Associazioni professionali che rilasciano l'attestato di qualità dei servizi. 2016, http://www.sviluppoeconomico.gov.it/index.php/it/cittadino-e-consumatori/professioni-non-organizzate/associazioni-che-rilasciano-attestato-di-qualita.

[7] Il 29 dicembre 2015 il CEN dell'AIB ha emanato la Direttiva sulla formazione continua, http://www.aib.it/chi-siamo/statuto-e-regolamenti/direttiva-formazione-continua, che regolamenta gli obblighi della formazione continua attraverso il sistema di acquisizione di crediti formativi e la gestione di un portfolio personale dell'associato; la documentazione delle competenze acquisite diventa vincolante ai fini della verifica quinquennale dello status di "associato". La fondamentale importanza della formazione continua viene sottolineata anche nel nuovo Regolamento di iscrizione http://www.aib.it/chi-siamo/statuto-e-regolamenti/regolamento-iscrizioni e dalle attività dell'Osservatorio lavoro e professione http://www.aib.it/struttura/osservatori/olavep/ e dell'Osservatorio formazione http://www.aib.it/struttura/osservatori/osservatorio-formazione/.

[8] Mirella Ferrari e Stefano Zamponi hanno approfondito l'argomento nel contributo L'esperienza degli studiosi alla giornata di studi «Manoscritti e metadati» (Milano, Archivio storico civico e Biblioteca Trivulziana, Castello Sforzesco, 26 novembre 2015).

[9] Luigi Balsamo, Funzione e utilizzazione del censimento dei beni librari, «Biblioteche oggi», 7 (1989), n. 1, p. 31-40: p. 32.

[10] Alfredo Serrai, Intorno agli incunaboli ed ai cataloghi di incunaboli, «Il bibliotecario», 20-21 (1989), p. 209-210: «Quando un bibliografo o uno studioso, citano un incunabolo per indicarne con esattezza le caratteristiche evita di descriverlo daccapo, ma si limita a riferire che l'esemplare incunabolo che ha tra le mani corrisponde a una delle edizioni riportate in uno dei suddetti repertori o in qualche altro, sotto un certo numero di matricola».

[11] Campidoglio, tagli alla cultura: a rischio le attività delle biblioteche di Roma, «RaiNews.it», 28 febbraio 2015, http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/biblioteche-roma-0f636ab6-17de-4340-b345-fdf2f352caad.html.

[12] Per esempio la sperimentazione di una nuova forma di prestito interbibliotecario: accanto al prestito del documento fisico compare il prestito digitale. Si veda: Il prestito interbibliotecario digitale: un'innovazione tutta italiana, «Biblio media blog», 5 marzo 2015, http://bibliomediablog.com/2015/03/05/il-prestito-interbibliotecario-digitale-uninnovazione-tutta-italiana/.

[13] Washington Research Library Consortium. 2016, https://www.wrlc.org/.

[14] KVK - Karlsruher Virtueller Katalog. 2016, http://kvk.bibliothek.kit.edu/?digitalonly=0&embedfulltitle=0&newtab=0.

[15] What is WorldCat? 2016, http://www.worldcat.org/whatis/default.jsp.

[16] Charles Coffin Jewett, On the construction of catalogues of libraries and their publication by means of separate, stereotyped titles. Washington: Smithsonian Institution, 1853.

[17] Charles Ammi Cutter, Rules of a dictionary catalog. Washington: Government Printing Office, 1904.

[18] Paul Gabriele Weston, Il catalogo elettronico: dalla biblioteca cartacea alla biblioteca digitale. Roma: Carocci, 2002, p. 51-53.

[19] IFLA Study group on the Functional Requirements for Bibliographic Records, Functional requirements for bibliographic records: final report. München: Saur, 1998.

[20] International Federation of Library Associations and Institutions, Dichiarazione di principi internazionali di catalogazione. 2009, http://www.ifla.org/files/assets/cataloguing /icp/icp_2009-it.pdf.

[21] Consortium of European Research Libraries, List of members. 2016, https://www.cerl.org/membership /list_members.

[22] Ingeborg Versprille; Marian Lefferts; Cristina Dondi, The Consortium of European research libraries (CERL): twenty years of promoting Europe's cultural heritage in print and manuscript, «027.7 Zeitschrift fur bibliothekskultur», 1 (2014), p. 30-40, http://0277.ch/ojs/index.php/cdrs_0277/article/view/50, DOI: http://dx.doi.org/10.12685/027.7-2-1-50.

[23] L'accesso a HPB è mediato da autenticazione e tutte le istituzioni che fanno parte del CERL possiedono le credenziali per la consultazione.

[24] Per i metadati che seguono lo standard UNIMARC è stato messo a punto un sistema di conversione al MARC21, a cura del Data Conversion Group del CERL: https://www.cerl.org/_media/publications/cerl_hpb_june_2014.a4_p1.pdf.

[25] VIAF, DBPedia, Geonames, oltre a dataset di grandi biblioteche europee, come la Bibliothèque nationale de France, http://data.bnf.fr/, e la Deutsche Nationalbibliothek, https://portal.dnb.de.

[26] CERL ID (P1871), https://www.wikidata.org/wiki/property:p1871. L'utilizzo dell'identificativo del CERL Thesaurus nelle pagine wiki è costantemente in crescita: nella versione italiana di Wikipedia, ad esempio, è utilizzato 15557 volte. Dati conteggiati al 18 febbraio 2016: https://quarry.wmflabs.org/query/7178.

[27] «The Wikidata repository consists mainly of items, each outlined by a label, a description and likely one or more aliases. Sitelinks connect each item to corresponding articles on all client wikis. Statements describe detailed characteristics of each Item. Each statement consists of a property and a value»: Wikidata: introduzione. 2016, https://www.wikidata.org/wiki/wikidata:introduction/it.

[28] European Commission, Timeline of digitisation and online accessibility of cultural heritage. 23 luglio 2014, https://ec.europa.eu/digital-agenda/en/news/timeline-digitisation-and-online-accessibility-cultural-heritage.

[29] We transform the world with culture: Europeana strategy 2015-2020, http://pro.europeana.eu/files/europeana_professional/publications/europeana%20strategy%202020.pdf.

[30] Europeana semantic elements specification and guidelines. 2013, http://pro.europeana.eu/files/europeana_professional/share_your_data/technical_requirements/ese_documentation//europeana%20semantic%20elements%20specification%20and%20guidelines%2014%20july%202013.pdf.

[31] Europeana data model documentation. 2016, http://pro.europeana.eu/share-your-data/data-guidelines/edm-documentation.

[32] Nel febbraio 2016 è stato indetto il primo Europeana challenge per il riuso creativo del patrimonio digitale: http://labs.europeana.eu/incubation/europeana-challenges.

[33] Il sito è attualmente in versione beta: http://www.europeana.eu/portal/.

[34] Europeana music: http://www.europeana.eu/portal/collections/music.

[35] Europeana art history: http://www.europeana.eu/portal/collections/art-history.

[36] Colours - Europeana collection: http://www.europeana.eu/portal/browse/colours.

[37] SBN solo di recente ha deciso aprire la catalogazione degli incunaboli nel catalogo collettivo (circolare n. 608.SBN.3.3 del 24 febbraio 2012). Per una rassegna dei punti di vista sul trattamento difforme degli incunaboli nei singoli poli si vedano: Francesca Nepori, La catalogazione degli incunaboli in SBN, «Biblioteche oggi», 32 (2014), n. 4, p. 38-45, http://www.bibliotecheoggi.it/rivista/article/view/95, DOI: http://dx.doi.org/10.33 02/03 92-8586-201404-038-1; Alessandra Sirugo, Problemi e prospettive del trattamento del libro antico nel Polo TSA. In: Il punto sul Servizio bibliotecario nazionale e le sue realizzazioni nel Friuli Venezia Giulia, a cura di Fabrizio De Castro. Trieste: EUT Edizioni Università di Trieste, 2014, p. 265-288, https://www.openstarts.units.it/dspace/bitstream/10077/10584/1/sirugo.pdf.

[38] Indice generale degli Incunaboli delle biblioteche d'Italia. Roma: Istituto poligrafico e Zecca dello Stato, Libreria dello Stato, 1943-1981. Sulla confluenza di IGI in ISTC: Biblioteca nazionale centrale di Roma, Manoscritti e rari. 2016, .

[39] Lorenzo Baldacchini, Dubbi di un catalogatore (occasionale) di incunaboli. In: Tra i libri del passato e le tecnologie del presente: la catalogazione degli incunaboli, a cura di Lorenzo Baldacchini e Francesca Papi. Bologna: Compositori, 2011, p. 81-82.

[40] Per la storia e la critica dell'incunabolistica: Edoardo Barbieri, Haebler contro Haebler: appunti per una storia dell'incunabolistica novecentesca. Milano: Università cattolica del Sacro Cuore, 2008.

[41] Incunabula short title catalogue. 2015, http://www.bl.uk/catalogues/istc/index.html.

[42] Gesamtkatalog der Wiegendrucke. 2016, http://gesamtkatalogderwiegendrucke.de/.

[43] Incunabula short title catalogue, contributors. 2015, http://istc.bl.uk/search/contributors.html.

[44] Tra cui molte stampe del XVI secolo erroneamente catalogate in passato come incunaboli.

[45] Fino al 1998, il database era disponibile su CD-ROM e questa versione conteneva poche immagini rappresentative per ciascuna edizione. Nella versione online è presente un campo Reproductions che ospita i link alle riproduzioni integrali accessibili.

[46] GW fornisce inoltre un elenco degli altri cataloghi di incunaboli online: Gesamtkatalog der Wiegendrucke, Weitere Inkunabelkataloge im Internet. 2016, http://gesamtkatalogderwiegendrucke.de/.

[47] Bod-Inc online. 2005, http://incunables.bodleian.ox.ac.uk/home.

[48] Material evidence in incunabula. 2015, http://data.cerl.org/mei/_search.

[49] Andrea De Pasquale, SBN per il libro antico, «Biblioteche oggi», 17 (1999), n. 8, p. 16-26.

[50] Biblioteca nazionale di Napoli, Archivio possessori. 2014, http://www.bnnonline.it/index.php?it/330/archivio-possessori.

[51] Consortium of European research libraries. Provenance Working Group. 2015, https://www.cerl.org/collaboration/work/provenance/main.

[52] Can you help? 2016, http://provenance.cerl.org/cgi-bin/canyouhelp/start.pl.

[53] Un elenco di risorse online è reperibile sulla pagina dedicata all'interno del sito CERL: Online provenance resources. 2016, https://www.cerl.org/resources/provenance/geographical.

[54] Presentazione fatta dalla bibliotecaria dell'Institut de France l'11 marzo 2015 presso il Warburg Institute di Londra. Le slides sono liberamente scaricabili da: Consortium of European research libraries, Presentations. 2016, https://www.cerl.org/services/seminars/powerpoint_presentations_warburg.

[55] SKOS: Simple knowledge organization system. 2012, https://www.w3.org/2004/02/skos/.

[56] Sul sito dell'Università di Oxford si possono trovare gli obiettivi ai quali ambiscono i ricercatori. Due presentazioni verranno fatte da Cristina Dondi a Salamanca a marzo 2016 e nell'estate 2016 in occasione della Digital humanities at Oxford Summer school: Digital.Humanities @ Oxford. 2016, https://digital.humanities.ox.ac.uk/project/15cbooktrade-evidence-based-assessment-and-visualization-distribution-sale-and-reception.

[57] TEXT-Inc: a corpus of text printed in the 15th century. 2016, http://textinc.bodleian.ox.ac.uk/.

[58] Questo è l'auspicio espresso da Cristina Dondi alla presentazione delle attività del CERL presso la Biblioteca nazionale centrale a Roma il 18 novembre 2015.

[59] Wikipedia: non ci sono regole fisse. 2016, https://it.wikipedia.org/wiki/wikipedia:non_ci_sono_regole_fisse.

[60] Si citano, fra i molti, due contributi dei bibliotecari-wikipediani italiani. Andrea Zanni; Virginia Gentilini, Bibliotecari e wikipediani, alleati insospettabili, «Vedianche», 23 (2013), n. 1, http://riviste.aib.it/index.php/vedianche/article/view/8969 e Susanna Giaccai, Biblioteche e Wikipedia, prove di collaborazione. 14 marzo 2013, http://eprints.rclis.org/18781/. Susanna Giaccai è anche l'autrice della recente monografia Come diventare bibliotecari wikipediani. Milano: Bibliografica, 2015.

[61] Si vedano, oltre al sito ufficiale di VIAF, http://viaf.org/, le comunicazioni sul sito di OCLC in merito alla collaborazione con Wikipedia attuata nel 2012: Online Computer Library Center, Max Klein named OCLC research Wikipedian in residence. 2012, http://www.oclc.org/research/news/2012/05-22.html e id., Viafbot edits 250,000 Wikipedia articles to reciprocate all links from VIAF into Wikipedia. 2012, http://www.oclc.org/research/news/2012/12-07a.html.

[62] Inaugurato il 29 ottobre 2012, Wikidata conta attualmente più di sedici milioni di elementi.

[63] Il già citato identificativo CERL, ma anche - solo per fare qualche esempio - quelli della Library of Congress, https://www.wikidata.org/wiki/property:p244, della Bibliothèque nationale de France, https://www.wikidata.org/wiki/property:p268, ovviamente del VIAF, https://www.wikidata.org/wiki/q19832964.

[64] GLAM (cultura). In: Wikipedia: l'enciclopedia libera, https://it.wikipedia.org/wiki/glam_(cultura).

[65] «GLAM newsletter», 2011, https://outreach.wikimedia.org/wiki/glam/newsletter/january_2011.

[66] Susan Manus, Galleries, libraries, archives, museums with Wikipedia (GLAM-Wiki): insights interview with Lori Phillips, «The Library of Congress blogs», 20 aprile 2012, https://blogs.loc.gov/digitalpreservation/2012/04/galleries-libraries-archives-museums-with-wikipedia-glam-wiki-insights-interview-with-lori-phillip/.

[67] La definizione è stata mutuata dal mondo dell'arte: gli artisti "in residenza" sono ospiti presso un istituto culturale che li sostiene affinché possano produrre nuove opere e dare valore aggiunto all'istituzione stessa. Sull'argomento si veda Noam Cohen, Venerable British Museum enlists in the Wikipedia revolution, «The New York times», 4 giugno 2010, http://www.nytimes.com/2010/06/05/arts/design/05wiki.html?_r=0.

[68] L'impatto è tale che se ne riporta notizia anche sui quotidiani nazionali: Noam Cohen, Warming up to the culture of Wikipedia, «The New York times», 19 marzo 2014, http://www.nytimes.com/2014/03/20/arts/artsspecial/warming-up-to-the-culture-of-wikipedia.html.

[69] Progetto:GLAM/biblioteche, https://it.wikipedia.org/wiki/progetto:glam/biblioteche.

[70] Per l'elenco completo delle iniziative: Wikipedia loves libraries. 2015, https://outreach.wikimedia.org/wiki/wikipedia_loves_libraries.

[71] Progetto:GLAM/Biblioteche: Biblioteca nazionale di Firenze. 2016, https://it.wikipedia.org/wiki/progetto:glam/biblioteche/progetti#biblioteca_nazionale_di_firenze. Si vedano anche due articoli di Anna Lucarelli, Nuove scommesse della BNCF: wikipediani in residence, Wikisource e altro ancora, «DigItalia», 2 (2014), p. 100-106, http://digitalia.sbn.it/article/view/1292/849 e «Wikipedia loves libraries»: in Italia è un amore corrisposto..., «AIB studi», 54 (2014), n. 2/3, p. 241-259, http://aibstudi.aib.it/article/view /10108, DOI: http://dx.doi.org/10.2426/aibstudi-10108.

[72] Wikipedia:Contests. 2016, https://en.wikipedia.org/wiki/wikipedia:contests. Accanto a concorsi specifici, che coinvolgono quindi contributori esperti, la comunità wikipediana organizza eventi di carattere più generalista che possano toccare la sensibilità di un pubblico il più ampio possibile, come per esempio il concorso fotografico WikiLovesMonuments , che è entrato nel Guinness dei primati come il più grande concorso fotografico del 2011.

[73] Wikipedia 15. 2016, https://meta.wikimedia.org/wiki/wikipedia_15.

[74] The Wikipedia Library/1Lib1Ref. 2016, https://meta.wikimedia.org/wiki/the_wikipedia_library/1lib1ref.

[75] Dal 28 gennaio 2016 il "wikipediano" è una figura riconosciuta dalla norma UNI 11621-3 relativa alle Attività professionali non regolamentate - Profili professionali per l'ICT: http://www.skillprofiles.eu/stable/g3/profiles/wsp-g3-025.pdf.

[76] Biblioteca europea di informazione e cultura (BEIC). 2016, http://www.beic.it/it.

[77] Per le tappe del progetto: La Biblioteca europea di Milano (Beic): vicende e traguardi di un progetto, a cura di Antonio Padoa-Schioppa. Milano: Skira, 2014.

[78] Biblioteca europea di informazione e cultura, Biblioteca digitale. 2016, http://www.beic.it/it/articoli/biblioteca-digitale.

[79] A marzo 2016: 27.813 oggetti, 77.282 registrazioni bibliografiche, 3.052 autori, più di 18.000 immagini tra foto d'autore e opere d'arte, circa 7.000 volumi digitalizzati, più di 700 audiovideo, circa 50 mappe, 912 siti web.

[80] Biblioteca europea di informazione e cultura, Le collezioni. 2016, http://www.beic.it/it/pagina/le-collezioni.

[81] Treccani.it. Biografie: http://www.treccani.it/biografie/.

[82] Il protocollo catalografico BEIC ha come primo punto di riferimento le Regole italiane di catalogazione: REICAT, integrate con norme per il trattamento di risorse particolari (ad esempio, per la musica, ci si attiene a: Istituto centrale per il catalogo unico, Titolo uniforme musicale: norme per la redazione. Roma: ICCU, 2014, http://www.iccu.sbn.it/opencms/export/sites/iccu/documenti/2015/titolo_uniforme_musicale_2015.pdf, allo standard MARC21 e alle indicazioni di RDA).

[83] Ad esempio la collezione degli incunaboli della Bayerische Staatsbibliothek (Münchener Digitalisierungszentrum, Alte Drucke. 2016, http://www.digitale-sammlungen.de/index.html?c=sammlungen&kategorie_sammlung=2&l=de), o il progetto BAVIC della Biblioteca Apostolica Vaticana (Biblioteca Apostolica Vaticana, Incunabula. 2015, http://opac.vatlib.it/iguana/www.main.cls?v=9b21bf8c-18c4-11e1-9e67-5056b200 1200&locprofile="INC").

[84] Questo è il caso di grandi collettori come Internet archive, https://archive.org/, o Google books, https://books.google.it/.

[85] In principio anche in BeicDL le registrazioni bibliografiche erano ricavate direttamente dai repertori, mutuandone titolo, note tipografiche e descrizione.

[86] Per esempio ISTC e GW non identificano il Bonincontrus autore della Summula de appellationibus, contenuta nelle Repetitiones super libro Decretorum (ia01437500), ma trascrivendo l'intitolazione scopriamo trattarsi del figlio di Giovanni D'Andrea («per dominum Bonincontum filium domini Ioannis Andree»), noto giureconsulto canonista del XIV secolo, cui per altro il DBI dedica una scheda personale (Bonincontro di Giovanni d'Andrea, http://www.treccani.it/enciclopedia/bonincontro-di-giovanni-d-andrea_(Dizionario-biografico)/).

[87] Sulla definizione di schede short-title e full-title: L. Balsamo, Funzione e utilizzazione del censimento dei beni librari cit.

[88] Consortium of european research libraries, Working groups. 2013, https://www.cerl.org/collaboration/work.

[89] La licenza consente di utilizzare i materiali senza restrizioni di diritto d'autore: https://creativecommons.org/choose/zero/.

[90] Si veda ad esempio: Fiore di virtù. Venezia: nel Beretin Convento della Ca Grande, 1477 http://istc.bl.uk/search/search.html?operation=record&rsid=438664&q=5.

[91] Progetto GLAM/BEIC. 2016, https://it.wikipedia.org/wiki/progetto:glam/beic.

[92] Wikipedia:Cinque pilastri. 2015, https://it.wikipedia.org/wiki/wikipedia:cinque_pilastri.

[93] Chiara Consonni; Federico Leva, Progetto GLAM/BEIC: la collaborazione tra Fondazione BEIC e Wikimedia Italia, «Biblioteche oggi», 33 (2015), n. 3, p. 47-50.

[94] GLAM/BEIC/2015-07. 2015, https://it.wikipedia.org/wiki/progetto:glam/beic/2015-07. Durante l'anno 2016 si intende proseguire e sviluppare le attività già avviate e impostarne di nuove: in seguito alla pubblicazione dei volumi della Biblioteca idraulica italiana e all'apertura di un portale dedicato, si vorrebbe ampliare la voce "idraulica" e utilizzare i materiali della BeicDL a supporto degli argomenti trattati. È previsto inoltre il miglioramento delle voci di ambito biblioteconomico.

[95] Biblioteca europea di informazione e cultura, BEIC condivide con Wikipedia il Fondo Paolo Monti. 2016, http://www.beic.it/it/articoli/beic-con divide-con-wikipedia-il-fondo-paolo-monti.