Biblioteche e carte d'autore:
tra questioni cruciali e modelli di studio e gestione

di Fiammetta Sabba

Premessa

Il 3 maggio 2016 si è tenuto presso il Dipartimento di beni culturali dell'Università di Bologna, sede di Ravenna, un seminario di studi sulle biblioteche d'autore dallo stesso titolo di questo contributo1. Il seminario è nato da due occasioni personali che si sono felicemente verificate nel medesimo arco di tempo.
La prima circostanza riguarda la visita didattica condotta insieme agli studenti del corso di laurea magistrale ravennate in scienze del libro e del documento presso la Biblioteca nazionale centrale di Roma. Nel corso della visita è stata dedicata particolare attenzione alla mostra attuale di Spazi900, progetto nato nell'ottica di valorizzare il patrimonio letterario novecentesco a partire dalle raccolte documentarie personali di autori di assoluto rilievo2. L'occasione ha destato negli studenti un interesse talmente vivo da stimolare un immediato approfondimento anche scientifico.
Il secondo elemento che ha favorito l'ideazione del seminario è la partecipazione della scrivente alla Commissione nazionale biblioteche speciali, archivi e biblioteche d'autore dell'Associazione italiana biblioteche (2014-2017)3, nella cui riunione, organizzata a Milano al palazzo delle Stelline in concomitanza del Convegno AIB 2016, è emersa, anche attraverso la segnalazione dei referenti regionali, la forte esigenza di riprendere una attività di sensibilizzazione sul tema delle biblioteche e delle carte d'autore. Seppure, infatti, come si dimostrerà anche nelle pagine seguenti, si è constatato che fosse già stato fatto moltissimo dalla Commissione precedente, si è ritenuto necessario continuare ad approfondire il campo di studio e di lavoro legato a queste raccolte documentarie particolari, a censire le esperienze per confrontarle e metterle in rapporto, per condividere questioni cruciali, modelli di gestione ma anche prospettive, percorsi e temi di ricerca.
Dando seguito al seminario ravennate, la Commissione sta organizzando altri due appuntamenti: uno per il prossimo 26 ottobre a Bologna presso la Biblioteca "Ezio Raimondi" del Dipartimento di filologia classica e italianistica4, e una giornata a febbraio 2017 presso la Biblioteca nazionale di Roma. Tra le varie attività che la Commissione sta portando avanti ci sono anche l'allestimento di una bibliografia aggiornata sul tema delle biblioteche e delle carte d'autore e la redazione di una definizione che adegui, cumuli e faccia convergere in una unica quelle loro attribuite negli anni5.

Cosa intendere per 'biblioteca d'autore'

Nel 2007, nella guida alla biblioteconomia diretta da Mauro Guerrini, Giuliana Zagra, già responsabile delle collezioni letterarie del Novecento della Biblioteca nazionale centrale di Roma, descriveva la biblioteca d'autore come «una raccolta libraria privata e personale che, per le sue caratteristiche interne, tramite i singoli documenti e nell'insieme della collezione, sia in grado di testimoniare l'attività intellettuale, la rete di relazioni, il contesto storico culturale del suo possessore»6. Un anno dopo nella Antologia Vieusseux Zagra aggiungeva altre indicazioni rilevanti, sottolineando due elementi per lei distintivi di queste raccolte: la provenienza e la omogeneità; scriveva: «si tratta di biblioteche nelle quali permangono i segni tangibili di come siano state strumenti di lavoro, a volte veri e propri laboratori di scrittura, crocevia di incontri e di scambi culturali e umani»7. Zagra in ciascuna occasione ha poi sottolineato un fatto fondamentale sul quale ritorneremo anche noi in questa sede, ossia che la denominazione di biblioteca d'autore è stata riferita prevalentemente alle raccolte di autori novecenteschi.
Molto interessanti sul tema della definizione della biblioteca d'autore sono gli interventi di Attilio Mauro Caproni che, con il dono della sintesi e dell'efficacia delle parole, sviscera il ruolo e il significato dell'autore rispetto alla formazione della sua biblioteca personale: l'autore è una «persona che scrive, che legge e che pubblica», e a mio parere proprio queste tre azioni dovrebbero essere le tre diverse fasi di analisi e di studio di una biblioteca che vogliamo definire 'd'autore'. Scrive Caproni che si tratta di «biblioteche personali, le quali si etichettano private quando si riferiscono al lettore comune, e diventano d'autore quando rispecchiano la personalità scientifica di uno studioso»8. La biblioteca d'autore «deve essere intesa come luogo di produzione del discorso e di condensazione del medesimo [...] essa crea, facendo ricorso a una figura allegorica, quelle sincronie e tutte le distonie nel fenomeno della conoscenza [...]»9.
Ma va tenuto conto che l'ambito delle biblioteche private e delle biblioteche d'autore davvero è solo uno dei 'frammenti' dell'ampio problema che il concetto di biblioteca propone, tuttavia è certo uno dei più attraenti per chi si occupi di storia delle biblioteche e insieme di biblioteconomia, in quanto le due sfere sono entrambe convergenti nella mater di queste discipline che è la bibliografia, che si occupa sia delle pratiche organizzative e indicizzatorie, che dello studio prettamente bibliografico che si esercita sui piani autoriali, letterari, editoriali, semantici.
Negli ultimi vent'anni si è assistito a un infervoramento dell'attenzione e degli studi sulle biblioteche d'autore, ma questi studi erano stati fecondati già prima sebbene si parlasse di 'biblioteche private'. Su questo tema bibliografico aveva già espresso un chiaro parere Francesco Barberi, uno dei più grandi amministratori bibliotecari intellettuali, dalla personalità ottocentesca, erudita e intellettuale sì, ma anche concreta, pragmatica e critica rispetto ai problemi sui quali interveniva o che evidenziava non di rado per primo10. Barberi ha definito le più scelte e rappresentative tra le biblioteche private con il termine di 'speciali', distinguendole con chiarezza da quelle bibliofiliche e da quelle di carattere regionale.
Su questa linea troviamo i numerosissimi interventi di Alfredo Serrai, sia teorici che ricostruttivi11, e con lui viene marcato il concetto di 'biblioteche private come paradigma bibliografico', un concetto tanto fecondo che ad esso vengono dedicati nel giro di pochi anni ben due Convegni internazionali con pubblicazione dei relativi atti editi i primi nel 200412 e i secondi nel 200713.
Il fatto è che a un certo punto del secolo scorso vi fu una particolare attenzione rivolta a queste biblioteche e concretizzatasi attraverso la riflessione sul patrimonio culturale novecentesco cui Luigi Crocetti dedicò molte pagine14 e attraverso le iniziative che dal 2000 vennero organizzate sotto il nome di Conservare il Novecento e di cui l'Istituto dei beni culturali della Regione Emilia-Romagna fu tra i principali sostenitori insieme all'ICPAL e all'AIB15.

Questa speciale considerazione venne determinata sia dall'idea che quella del Novecento sarebbe stata l'ultima cultura documentata attraverso i classici mezzi di carte, libri e oggetti fisici16, sia dalla quantità di fondi documentari personali costituitisi a cavallo tra la fine dell'800 e tutto il '900, giunti a biblioteche e archivi pubblici per donazione o vendita, a volte del formatore ma spesso degli eredi di costui, di sovente per necessità pratiche e logistiche ma non di rado anche per liberalità disinteressata.
Le clausole nei contratti di vendita o donazione di libri e carte d'autore sono sempre una spia delle volontà e delle intenzioni del proprietario e dei suoi eredi, e sono le prove tangibili della complessità di queste azioni di cessione documentaria, costituendo infatti anche l'aspetto più cavilloso per l'ente di accoglienza che deve modellare le attività di gestione e valorizzazione dei documenti proprio su queste condizioni e su questi codicilli. Posso rendere tutto fruibile, o almeno consultabile, e non dico riproducibile? Posso farlo se ho la giustificazione che lo chiedo in nome della ricerca? Spesso no, almeno 'non ancora'. Copyright, diritto d'autore, dati sensibili sono ostacoli a volte insuperabili per una piena e libera fruizione dei patrimoni documentari d'autore o personali (ma non privati, perché sono privati anche quelli familiari).
Il quadro normativo è oggi piuttosto complesso e articolato, e nel caso di carte d'archivio sono molte le attenzioni da avere17, rifacendosi a una serie normativa che comprende il Codice in materia di protezione di dati personali, il Codice dei beni culturali e del paesaggio, il Codice di deontologia e buona condotta per la ricerca storica e archivistica, la legge sulla trasparenza amministrativa e il Codice dell'amministrazione digitale18.
Nonostante questo battaglione giuridico non poche sono le questioni passibili di interpretazione a causa del poco chiaro collegamento di queste determinazioni con quelle relative ai diritti economici e a quelli morali dell'autore disciplinati ancora dalla Legge sul diritto d'autore del 1941 che regola l'utilizzo dei documenti in vita dell'autore, fino a 70 anni dopo la sua morte e con gli eredi o acquirenti qualora quei diritti siano stati trasmessi per patto tra le parti (oltre al legato testamentario, vi sono il comodato, la compravendita, e il deposito permanente o temporaneo)19.
Le implicazioni sono ancora maggiori nel caso degli archivi privati per il fatto che la natura dei documenti specifici è tale da coinvolgere non solo l'autore ma anche altri individui con i quali questi ebbe rapporti di collaborazione o corrispondenza, e così sussistono diritti d'autore sia per il mittente che per il destinatario, oltre che il diritto di riservatezza relativo a fatti e persone20.

Questioni bibliografiche legate a biblioteche e carte d'autore

Sarebbe indispensabile incominciare però a chiedersi con convinzione se i vantaggi e i problemi - soprattutto gestionali - di avere a che fare con biblioteche e archivi d'autore del '900 non siano stati gli stessi che bibliotecari e archivisti hanno incontrato nel '800 e prima nel '700 ecc. Anche allora c'erano degli autori, personaggi eruditi e di rilievo per la nostra cultura, che sono stati possessori di grandiose biblioteche. Ha scritto Barberi riferendosi alla storia delle biblioteche "rivela le storie di uomini variamente responsabili verso la cultura, e il concetto che n'ebbero"21. Storia delle biblioteche e cultura, un binomio caratterizzato da un'aura di sacralità.
Le biblioteche di formazione settecentesca rispecchiavano la cultura enciclopedica di quel secolo; nell'800 il passaggio allo Stato e ai comuni di queste raccolte palatine e conventuali coincise con due avvenimenti culturali che influenzarono la storia del libro e delle biblioteche non come discipline ma come fatti: gli studi iniziarono sempre più a specializzarsi e la tipografia divenne sempre più meccanica, agguerrita e impetuosa22. Cosa accadde? Accadde che non si proseguì la creazione di 'biblioteche universali' ma neppure si tese a una continuazione con incrementi per settori scelti e specialistici, mentre si verificarono piuttosto incrementi occasionali di intere, anche vaste, raccolte private23.
Ciò che nel secolo scorso ha dato avvio a riflessioni su biblioteche e archivi del '900 e che ancora oggi spinge i nostri ragionamenti sulle questioni cruciali che le riguardano, ha origine da due esigenze nuove rispetto ai secoli precedenti: da un lato la presenza di cavilli giuridici subordinanti, limitanti e influenzanti allorché ci si applichi a un trattamento e a una pubblicizzazione di questi apparati documentari novecenteschi, e dall'altro la ricerca - anche e soprattutto attraverso le raccolte librarie e archivistiche - di rafforzare una identità nazionale. La ricerca di un'unità nazionale era iniziata geograficamente e politicamente già prima con l'irredentismo, ma l'affermazione della coscienza nazionale italiana appartiene particolarmente al Novecento. Nel mondo delle biblioteche questa consapevolezza si concretizzò con una serie di vicende, alcune anche normative, tra le quali possiamo rammentare l'affacciarsi del sogno del catalogo unico (il Centro nazionale per il catalogo unico venne promosso dal senatore Aldo Ferrabino) e della Bibliografia nazionale, la costituzione di una struttura ministeriale ben precisa come la Direzione generale delle accademie e biblioteche, fino al dibattito nelle commissioni Franceschini e Papaldo e alla costituzione del Ministero dei beni culturali che determinarono il concetto di 'bene librario' e portarono a una sempre maggiore musealizzazione delle biblioteche, almeno di una parte di esse, con il conseguente loro scollamento dall'ambito dell'istruzione al quale fino a allora si erano trovate ancorate24.
Non è l'occasione per perdersi nelle critiche o valutazioni di questo momento cruciale della storia delle biblioteche, ma tutto si congiunge evidentemente. Tornando ai nostri fondi speciali, non c'è dunque da stupirsi che prima del Novecento senza troppi sentimentalismi le raccolte incamerate venissero spalmate sul preesistente di sovente organizzato ancora in sezioni disciplinari, badando alla necessità più immediata della fruizione che ai ricami storiografici e ricostruttivi. E laddove si incontrassero prima del Novecento situazioni di fondi ancora conservati intatti ciò si doveva essenzialmente al fatto che essi si trovassero ancora in magazzini e depositi in attesa di nuova vita.
La biblioteca d'autore, dunque, c'è da interrogarsi se sia un fatto culturale per i motivi identitari appena detti (e in questo senso solo alcune istituzioni possono vantare appieno questa finalità), o se si tratti di un fatto bibliografico o ancora, c'è da stabilire se la 'biblioteca d'autore' sia in realtà, a parte le eccezioni sopradette, piuttosto principalmente un fatto biblioteconomico legato a una problematicità gestionale.
Che sia un fatto bibliografico si potrebbe avere dubbi e riserve in particolare sulla 'omogeneità' di cui ha scritto in più occasioni Giuliana Zagra, ma non solo lei, in quanto la biblioteca di un professionista dell'intelletto non è composta solo da libri che ha postillato per studio per produrre a sua volta le proprie opere, ma anche da libri ricevuti e in molti casi direi 'subiti', in altri solo letti, e ancora da libri di gusto bibliofilico che con il culturale e il bibliografico in quanto prodotto o selezionato da un 'autore' non c'entrano molto25. Si condivide ciò che ha affermato Mauro Caproni sostenendo che «L'idea [...] che la biblioteca sia l'esito di scelte precise di uno scrittore o rappresenti il punto da cui si dipartiscono delle assonanze, va del tutto capovolta per quanto concerne l'arco cronologico e spaziale del Novecento. La biblioteca personale nasce anche in modo inaspettato e indipendente dall'autore e, soprattutto, si palesa con quello che egli ha letto e ha deciso di leggere, non sottostando all'usuale canone di autorità tipico del Cinque-Ottocento»26.

Questioni gestionali (sia biblioteconomiche che archivistiche) legate a biblioteche e carte d'autore

Vanno poi segnalati in particolare alcuni fatti manageriali e biblioteconomici stringenti, alcuni dei quali già anticipati e già presenti nella letteratura specialistica, ma dai quali possono nascere ancora considerazioni sia di carattere teorico che pratico e manageriale.
Innanzitutto ci sono attività fondamentali che dovrebbero precedere l'acquisizione di un fondo, e si tratta di una ispezione della raccolta che va condotta per valutare una serie di aspetti di utilità e convenienza dell'acquisizione, e una intervista ai donatori se viventi per assumere quante più notizie possibili circa la genesi e la storia della raccolta ma anche riguardo implicazioni e condizioni giuridiche27.
Successivamente ci si dovrebbe poter rifare a modelli contrattuali predefiniti di accettazione delle raccolte donate o vendute. Tali modelli, poi adattabili, dovrebbero venire impostati in modo tale che non svantaggino troppo l'ente accettante, che per gratitudine e devozione missionaria non sempre riesce a imporre le sue reali e future necessità di disponibilità e trattamento dei documenti. Si tratta di arrivare a individuare quindi soluzioni contrattuali equilibrate così che possano essere meglio valutati i limiti, le spettanze e i vantaggi dei soggetti coinvolti senza venir schiacciati dal riferimento ai concetti giuridici di privacy, copyright e diritti di terzi.
Una volta incamerato il fondo, si tratta di fare innanzitutto scelte adeguate riguardo alla sua organizzazione: se optare per il mantenimento dell'ordinamento originario, o per l'adattamento dei documenti alla nuova sede di conservazione mettendo in atto strategie che preservino almeno la memoria di quell'ordinamento primigenio28.
L'ordinamento è da considerare però quando questo ci sia stato, perché come ha sempre sostenuto Antonio Romiti si tratta di una forma di archivio (e di biblioteca) particolare, che non presuppone costituzionalmente un ordine sistematico o intenzionale, poiché il soggetto produttore, in quanto entità privata e dunque persona, accumula e conserva la propria documentazione non solo in base a esigenze specifiche e contingenti ma spesso anche in rapporto a eventi che vive o subisce, e per questo spesso all'interno dello stesso archivio di persona si ritrovano tracce di ordinamenti diversi che obbligano a individuare e considerare i vari mutamenti e le loro ragioni29.
Su questi aspetti gestionali Crocetti si rifece invece in particolare alle indicazioni dal titolo Criteri generali di ordinamento e iter del documento e del libro nell'archivio contemporaneo fornite nel 1980 da Alessandro Bonsanti, direttore del Gabinetto Vieusseux, che nel 1975 vi aveva costituito la sezione Archivio contemporaneo che ne porta oggi il nome30. Bonsanti tra l'altro aveva una visione già molto ampia e complessiva, poiché guardava sia ai casi di biblioteche d'autore confluite con le carte in archivi, che ad archivi d'autore confluiti con i libri in altre istituzioni culturali come biblioteche, accademie, musei ecc.
Si arriva in questo modo all'attività che si è sempre rivelata la più critica, ossia quella del 'condizionamento'. Nelle ultime occasioni seminariali e convegnistiche sul tema delle biblioteche e delle carte d'autore si è imposta come urgente la necessità di poter operare una adeguata catalogazione che tenga conto appieno e insieme della componente archivistica e di quella biblioteconomica, che integri libri e carte, quindi archivio e biblioteca, senza tralasciare quei materiali che Anna Manfron ha chiamato 'anfibi' e quegli elementi (come ad esempio dediche, tracce di lettura, e postille autografe) che più caratterizzano una biblioteca privata e personale come biblioteca d'autore. Numerosi ed esplicativi sono stati gli interventi di Giuliana Zagra31 e Anna Manfron su questi temi32, e vi intervenne tra i primi anche il recentemente scomparso Nazareno Pisauri33; alcuni esperimenti importanti sono stati invece pubblicati a opera di Cristina Cavallaro34; e nel dettaglio è sceso anche Alberto Petrucciani proprio mentre era in ultima revisione la bozza del nuovo codice italiano di catalogazione, che da lì a poco è stato poi pubblicato con il nome di REICAT35.
Ultima in questa elencazione, ma di assoluto rilievo e di pari importanza rispetto alle questioni precedenti, l'individuazione di finalità, strumenti e azioni per una corretta attività di valorizzazione. Si tratta di un momento cruciale nel quale possono emergere nodi prima non evidenti, ma che di contro può rivelarsi risolutivo rispetto alle varie problematiche prima esposte, oltre che realizzare l'unione di esperienze letterarie, documentarie e museali come nel caso di Spazi900. Divulgare queste occasioni di conoscenza può contribuire inoltre davvero a una crescita culturale dei cittadini, ed è soprattutto di conseguenza il primo strumento di tutela del patrimonio.

Tra archivi e biblioteche, tra carte e libri

Sulla complessità del materiale tra il biblioteconomico e l'archivistico nelle raccolte d'autore molto si è intrattenuto Crocetti coniando il concetto di 'archivi culturali'36. Crocetti preferiva la definizione di archivi culturali - che riteneva inclusiva delle tipologie di archivi da quelli letterari a quelli editoriali ad esempio - per quegli agglomerati autoriali documentari che sono presenti per lo più in biblioteche, fondazioni, deputazioni di storia patria, accademie, associazioni e musei, e che si differenziano dagli archivi 'classici' imperniati su politica, diritto e rapporti giuridici, confluiti invece particolarmente negli archivi di stato.
Rosaria Campioni valutando la questione ha fermamente sostenuto l'esigenza di una maggiore collaborazione intersettoriale37, mentre Stefano Vitali ha sviscerato le varie posizioni degli archivisti sulle convergenze e divergenze del trattamento di 'pezzi' tra il documentario e il letterario (può non essere corretto infatti contrapporre le biblioteche e gli archivi, nella loro veste istituzionale), senza prendere una posizione che non fosse quella di valutare la specificità di ogni caso38.
Emergono dunque come rilevanti il problema dell'eterogeneità del materiale che compone le realtà delle biblioteche e delle raccolte documentarie d'autore, e la preziosità della collaborazione di figure diverse per ricostruirne il mosaico. Sono utili infatti le competenze più varie per interpretare tutte quelle che io definirei delle 'frammentarie e difformi connessioni di senso' contenute in queste raccolte: da quelle del bibliotecario e dell'archivista, a quelle del filologo e degli studiosi delle diverse discipline e tematiche39.
Recentemente, sia nel corso delle riunioni della Commissione che negli interventi del seminario ravennate, è pertanto emerso, da tutte queste considerazioni sulla tipologia del materiale e sul loro problematico trattamento, il suggerimento di adottare contemporaneamente un approccio biblioteconomico e uno archivistico, e per far ciò di 'proteggere' l'ordinamento originario, sottolineando dunque l'importanza del 'nesso' anche per i fondi librari nella loro integralità e non solo libro per libro, o come ovvio e universalmente riconosciuto per documento e documento e per serie e serie di archivio.
Dal punto di vista descrittivo si è ritenuto che la scheda archivistica attraverso lo standard descrittivo ISAD (G) associato allo standard ISAAR (CPF) potrebbe prestarsi bene per dare conto della raccolta d'autore come fondo integrale40. Questo standard, infatti, fornisce una guida per l'elaborazione di record di autorità archivistici che offrano descrizioni di entità (enti, persone e famiglie) coinvolte nella produzione e conservazione degli archivi, e ne promuove, perciò, la condivisione, incoraggiando l'elaborazione di descrizioni coerenti, appropriate e autoesplicative41.
Dopotutto i record d'autorità archivistici sono simili a quelli bibliotecari in quanto entrambi intendono rendere possibile l'elaborazione di chiavi d'accesso normalizzate alle descrizioni, e di tali chiavi d'accesso il nome del soggetto produttore dell'unità di descrizione è una delle più importanti. Va segnalato però che i record d'autorità archivistici, tuttavia, richiedono - rispetto ai record d'autorità bibliografici - di soddisfare un insieme molto più ampio di requisiti, alcuni connessi al rilievo che hanno le informazioni che documentano i soggetti produttori e il contesto di produzione della documentazione42. In conseguenza di ciò, lo scopo primario di questo standard è di fornire regole generali per la normalizzazione delle descrizioni archivistiche, e di rendere così possibili sia l'accesso agli archivi e ai documenti, sia una piena comprensione da parte degli utenti del contesto di produzione e uso di essi (cosicché ne possano interpretare meglio il significato e la rilevanza), sia ancora l'identificazione del soggetto produttore anche nei suoi mutamenti amministrativi, istituzionali o genealogici, e infine lo scambio di queste descrizioni fra istituzioni, sistemi e reti.
Dal punto di vista biblioteconomico, tenendo positivamente presente l'inclusione di queste raccolte con il nome di 'raccolte miscellanee' nelle nuove REICAT al paragrafo 6.0.5, si tratterebbe invece principalmente di giungere a standardizzare la descrizione d'esemplare nel campo 'note' in maniera tale che ciascun documento bibliografico possa venire valorizzato nella sua portata di documento speciale in quanto parte integrante di una collezione voluta e prodotta da un individuo particolare (che legge, che scrive e che pubblica), e in quanto documento che, oltre alle sue caratteristiche standardizzate, ne ha altre che lo rendono un unicum come accade ad esempio per i manoscritti.

L'influenza del locus di destinazione nella sorte delle biblioteche d'autore: il caso delle Università

Moltissimi sono i 'fatti documentari d'autore' presenti nelle biblioteche pubbliche, e a parte i più eclatanti delle biblioteche nazionali, del Gabinetto Vieusseux, e quelli presenti in biblioteche civiche di importanti città e in note fondazioni, vi è una grande quantità di collezioni personali nelle biblioteche universitarie che sono ancora da esplorare, sia nella loro singola portata, che nella loro rappresentazione generale di fondi specialistici43.
Quelle nelle università forse più di tutte le tipologie di biblioteche d'autore possono sintetizzare le questioni bibliografiche e biblioteconomiche, poiché il contesto di destinazione può rivelarsi estremamente aderente con quello di arrivo, quando si tratti però di raccolte a fini di studio e ricerca. Si tratta di collezioni nate proprio per questo, formatesi e cresciute con il loro ideatore che ne è dunque autore volendovi identificare un'azione creativa, le quali poi, arrestatesi con la morte di costui, possono tornare in vita, se destinate alla fruizione - e non semplicemente depositate quindi - all'interno di istituti documentari specificatamente volti allo studio e alla ricerca. Partenza e arrivo, e provenienza e destinazione in questi casi si identificano positivamente. Così come vi risulta potenziata la triade: persona, apparato documentario e luogo di conservazione e fruizione, che sono elementi che possono fare la minore o maggiore fortuna di queste complesse raccolte.
Partendo da questa consapevolezza Caproni ha sottolineato infatti come le raccolte personali, non essendo un hortus conclusus, nella attività di contestualizzazione organizzativa all'interno di una mappa bibliografica più complessa, tendono a modificare la loro implicita fisionomia, perdendone l'origine anche se non l'originalità44.
Sarebbe interessante analizzare quindi nel caso delle raccolte d'autore all'interno di Università come l'elemento locus45 incida, oltre che sulla natura della raccolta, su tutti gli aspetti gestionali via via indicati in questo contributo, e anche sulla specifica fruizione e sul tipo di servizio che in queste circostanze dovrebbero trovarsi almeno in teoria avvantaggiati.
Un nuovo ambito di analisi per le biblioteche d'autore potrebbe aprirsi partendo dunque da qui, dalle Università e dai loro fondi librari e archivistici, come luoghi eletti per le attività di didattica, sperimentazione e laboratorio, e soprattutto per la ricerca, che distingue un paese come il nostro erede di una tradizione letteraria, culturale e storica di grande valore e prestigio.

Perché acquisire ancora oggi fondi privati e d'autore?

Ammesso che quello biblioteconomico e quello archivistico siano l'aspetto più cogente, calzante, innegabile e incontestabile in questo momento di studio delle biblioteche d'autore, arriverà poi il momento di tornare su quello bibliografico e ancora più genericamente culturale, chiedendoci perché una biblioteca accoglie ancora oggi, che sia per dono accettato o per acquisizione da acquisto, un fondo particolare e personale? Consideriamo che in esso c'è, non di rado, materiale che l'istituzione documentaria di accoglienza già possiede, e ci sono anche collezioni, specie quelle di repertori vari o di periodici specialistici, interrotte con la sparizione del proprietario di quel fondo.
Questa domanda non vuole essere negativa, tutt'altro, vuole lasciare intravedere la sostanza di queste operazioni di incremento: quella bibliografica e culturale che sottende alla 'natura viva' delle biblioteche, degli archivi e del loro ruolo. Certamente, come Claudia Giuliani nel corso del seminario ravennate ha specificato, anche per motivare l'illuminata politica di acquisizione che la Biblioteca Classense sta in questo senso portando avanti, si tratta da un lato di un'occasione da cogliere per salvaguardare un fondo importante a conferma che la memoria collettiva è funzionale alla sensibilità, e dall'altro di un modo per rinnovare l'utenza di una istituzione documentaria, che sia archivistica o bibliotecaria, perché quello della fruizione è il momento in cui tanto le problematiche gestionali che quelle culturali e di ricerca vengono esaltate.
Ma quali modalità di analisi e misurazione di valore adottare è argomento più complicato46. Infatti come sempre la storia delle biblioteche è viva se rapportata alla bibliografia come storia della cultura scritta, e quindi necessita di paradigmi e termini di confronto per valutare gli apporti reali delle raccolte; tuttavia per il Novecento deve ancora palesarsi del tutto il canone storico-letterario, tenendo conto inoltre che il concetto di biblioteche d'autore apre un ventaglio di manifestazioni tipologiche, legate alle diverse professioni degli autori e quindi ai diversi metodi di lavoro e di approccio alla cultura generale. Attraverso situazioni specifiche che verranno ancora studiate e illustrate, avremo modo pertanto di riscoprire e di continuare a meditare su ciò che più conta per noi professionisti e studiosi delle materie del libro e del documento: le biblioteche e gli archivi come specchi della cultura, e come relazioni tra documenti, fondi, idee e soprattutto, per mezzo di questi oggetti e strumenti, tra uomini pensanti e scriventi.

NOTE

Ultima consultazione siti web: 8 agosto 2016.

[1] http://www.beniculturali.unibo.it/it/eventi/biblioteche-e-carte-dautore.-tra-questioni-cruciali-e-modelli-di-studio-e-gestione. Hanno partecipato, oltre me, Eleonora Cardinale (BNCR), Claudia Giuliani (Biblioteca Classense di Ravenna), Anna Manfron (Biblioteca dell'Archiginnasio di Bologna), Chiara Semenzato (Biblioteca del campus universitario di Ravenna), e i membri della Commissione: Francesca Ghersetti (coordinatrice della Commissione, e Fondazione Benetton studi e ricerche), Barbara Allegranti (Biblioteca della Scuola normale superiore di Pisa), Elisabetta Zonca (Biblioteca dell'Accademia di architettura, Università della Svizzera italiana), Neda Furlan (Fondazione Querini Stampalia), Valentina Sonzini (Università di Parma), e Annantonia Martorano (Università di Firenze).

[2] http://www.bncrm.librari.beniculturali.it/index.php?it/881/spazi900.

[3] http://www.aib.it/struttura/commissioni-e-gruppi/gbaut/.

[4] http://www.aib.it/biblioteche-dautore/2016/56911-fondiecollezioni-in-archivi-biblioteche-musei/

[5] Per una bibliografia sul tema delle biblioteche d'autore si vedano intanto quelle fornite in: Biblioteche d'autore, pubblico, identità, istituzioni: atti del Convegno nazionale, Roma, Bibliocom, 30 ottobre 2003, a cura di Giuliana Zagra. Roma: Associazione italiana biblioteche, 2004; Elena Baldoni, La gestione delle biblioteche d'autore: un confronto tra realtà italiana e realtà americana, «AIB studi», 53 (2013), n. 2, p. 29-46, DOI: 10.2426/aibstudi-8930; Lorenzo Baldacchini; Anna Manfron, Dal libro raro e di pregio alla valorizzazione delle raccolte. In: Biblioteche e biblioteconomia : principi e questioni, a cura di Giovanni Solimine e Paul Gabriele Weston. Roma: Carocci, 2015, p. 342-349.

[6] Per la definizione di biblioteca d'autore si fa riferimento alla voce: 027.1 Biblioteche d'autore, a cura di Giuliana Zagra. In: Biblioteconomia: guida classificata, diretta da Mauro Guerrini. Milano: Bibliografica, 2007, p. 719-20.

[7] Giuliana Zagra, Biblioteche d'autore in biblioteca: dall'acquisizione alla valorizzazione, «Antologia Vieusseux», 14 (2008), n. 41/42, p. 37-48: p. 38.

[8] Attilio Mauro Caproni, Biblioteca privata: ipotesi di definizione, «Bibliotheca», 5 (2006), n. 1, p. 22-28: p 27.

[9] Attilio Mauro Caproni, Le biblioteche d'autore: definizione, caratteristiche e specificità. Alcuni appunti. In: Biblioteche d'autore, pubblico, identità, istituzioni cit., p. 13-21: p. 21. Di Caproni sul tema si vedano anche: Fogli di taccuino: appunti e spunti vari di biblioteconomia (1971-1988). Manziana: Vecchiarelli, 1988; Il concetto di 'raro': archivi e biblioteche d'autore, «Culture del testo e del documento», 1 (2000), n. 1, p. 31-53; Le biblioteche e gli archivi personali. In: Collezionismo, restauro e antiquariato librario: convegno internazionale di studi e aggiornamento professionale per librai antiquari, bibliofili, bibliotecari conservatori, collezionisti e amatori di libri: atti del convegno (Spoleto, Rocca Albornoziana, 14-17 giugno 2000), a cura di Maria Cristina Misiti. Milano: Bonnard, 2002, p. 11-20; Le librerie personali nelle biblioteche pubbliche: appunti per una riflessione, «Bibliotheca», 2 (2003), n. 2, p. 268-271; Le biblioteche degli scrittori del Novecento: la palude delle parole, «Bibliotheca», 2 (2003), n. 1, p. 29-40; Le biblioteche d'autore: definizione, caratteristiche e specificità: alcuni appunti, «Bibliotheca», 3 (2004), n. 1, p. 15-22; Biblioteca privata cit.; La bibliografia e le biblioteche d'autore nel XX secolo: un rapporto difficile. In: Le biblioteche private come paradigma bibliografico: atti del convegno internazionale (Roma, 10-12 ottobre 2007), p. 395-401.

[10] Nel 1956 Barberi scrisse in Notizie AIB un breve saggio sulle 'biblioteche private' (p. 6-12) poi ripubblicato col titolo di Librerie private nel 1981 in una raccolta di suoi scritti dal lui curata e intitolata Biblioteche in Italia: saggi e conversazioni, edita da La Nuova Italia (p. 7-11). Alcuni brani significativi tratti da questo suo testo: «Una libreria privata è specchio anzitutto della personalità di chi l'ha formata - purché, beninteso, non nasconda un inganno [...] [n.d.r.: sulle insidie e sulle trappole che una biblioteca sottende se non subisce un «fenomeno di programmazione e un processo d'interpretazione», cfr. Attilio Mauro Caproni, Le biblioteche d'autore cit., p. 14]. Ma i libri, a parte la vitalità del loro contenuto, assai varia, hanno in quanto oggetti fisici una durata che supera ordinariamente di gran lunga la vita di un uomo [...] Il più delle volte [...] l'unità della libreria si disgrega [...] Il mercato antiquario è l'indispensabile strumento che permette questo processo vitale di ricambio e giova a valorizzare i singoli 'pezzi' [...]. Eppure quanto duole l'apprendere che una raccolta organica si è smembrata in una vendita all'asta! L'apporto delle collezioni private alle biblioteche pubbliche è incalcolabile [...] Quando poi trattasi di raccolte speciali, l'apporto assume un valore anch'esso particolare. Nessuna biblioteca pubblica, per quanto fornita di mezzi (che deve destinare al suo incremento generale), potrebbe mai acquistar tutto, o il meglio, di un solo ramo dello scibile, di una singola specialità, ciò che riesce invece ai privati collezionisti [...]».

[11] Alfredo Serrai, Le dimensioni bibliografiche di una raccolta bibliotecaria. In: I fondi librari antichi delle biblioteche: problemi e tecniche di valorizzazione, a cura di Luigi Balsamo e Maurizio Festanti. Firenze: Olschki, 1981, p. 199-207; id., Biblioteche private in Italia: guida storico-bibliografica: idee orientative. In: Alfredo Serrai, Racemationes bibliographicae. Roma: Bulzoni, 1999, p. 45-57; id., Bernardino Baldi: la vita, le opere. Milano: Bonnard, 2002; id., Domenico Passionei e la sua biblioteca. Milano: Bonnard, 2004; id., Juan Caramuel e la sua biblioteca. Milano: Bonnard, 2005. id., Equivoci ed insufficienze della tradizionale storia delle biblioteche: un metodo bibliometrico per la valutazione delle raccolte storiche. In: Biblioteche private in età moderna e contemporanea: atti del convegno internazionale, Udine, 18-20 ottobre 2004, p. 15-21; id., Breve storia delle biblioteche in Italia. Milano: Bonnard, 2006, p. 77-88; id., Le biblioteche private quale paradigma bibliografico: la biblioteca di Aldo Manuzio il giovane. In: Le biblioteche private come paradigma bibliografico: atti del Convegno internazionale. Roma: Bulzoni. 2008, p. 19-28; id., La biblioteca Altemps. Roma: Bulzoni, 2008; id., Romolo Spezioli e la Biblioteca civica di Fermo (numero speciale 2015 di «Bibliothecae.it»). Perugia: Morlacchi, 2015. Numerosi sono gli interventi sulla storia delle biblioteche e il suo rapporto con la bibliografia nelle riviste da lui dirette in oltre 30 anni: Il Bibliotecario (Bulzoni, in tre serie), Bibliotheca (Bonnard), Bibliothecae.it (Morlacchi e ora AlmaDL dell'Ateneo di Bologna www.bibliothecae.it).

[12] Biblioteche private in età moderna e contemporanea: atti del convegno internazionale, Udine, 18-20 ottobre 2004, a cura di Angela Nuovo. Milano: Bonnard, 2005.

[13] Le biblioteche private come paradigma bibliografico: atti del Convegno internazionale (Roma, Tempio di Adriano, 10-12 ottobre 2007), a cura di Fiammetta Sabba. Roma: Bulzoni, 2008.

[14] I primi principali interventi di Luigi Crocetti sono: Memorie generali e memorie specifiche: alcune considerazioni sul fenomeno della proliferazione degli archivi letterari, «Biblioteche oggi», 17 (1999), n. 4, p. 24-27; id., Che resterà del Novecento?, «IBC», 9 (2001), n. 3, p. 6-10; id., Parole introduttive. In: Conservare il Novecento: atti del convegno (Ferrara, 25-26 marzo 2000), a cura di Maurizio Messina e Giuliana Zagra. Roma: Associazione italiana biblioteche, 2001, p. 23-26; id., Indicizzare la libertà, «Biblioteche oggi», 20 (2002), n. 1, p. 8-11.

[15] Una sintesi di alcuni punti fondamentali affrontati è proposta in: Laura Desideri, Esemplari postillati di biblioteche d'autore, «Antologia Vieusseux», 14 (2008), n. 41/42, p. 17-36: p. 17-21.

[16] Luigi Crocetti, Che resterà del Novecento? cit., p. 6-10.

[17] Su questo tema si vedano: Paola Carucci, Consultabilità dei documenti e tutela della privacy, p. 51-75, e Silvia Stabile, Archivi di persona: appunti in tema di diritti d'autore, p. 77-93, entrambi in Archivi di persona del Novecento. Guida alla sopravvivenza di autori, documenti e addetti ai lavori, a cura di Francesca Ghersetti e Loretta Paro. Treviso: Fondazione Benetton studi ricerche; Fondazione Giuseppe Mazzotti; Antiga, 2012.

[18] La normativa è composta essenzialmente da questi punti di riferimento: d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196 (Codice in materia dei dati personali); provvedimento del Garante 14 marzo 2001, n.8/P/2001 (Codice di deontologia e buona condotta per la ricerca storica e archivistica); l. 7 agosto 1990, n. 241, modificata con l. 11 febbraio 2005, n. 15 (Provvedimento amministrativo e diritto d'accesso ai documenti amministrativi); d.p.r. 28 dicembre 2000, n. 445 (testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa); d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 442, modificato fino al decreto 22 maggio 2008, n. 63 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, che in particolare detta regole in materia di conservazione, scarto e versamento negli archivi storici dei documenti della pubblica amministrazione, disciplina la consultazione dei documenti conservati negli archivi di stato e negli archivi degli enti pubblici, e indica a quali vincoli siano sottoposti gli archivi privati dichiarati di 'interesse storico particolarmente importante'); d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82 e successive modifiche (Codice dell'amministrazione digitale).
Ci si riferisce anche alla l. 31 dicembre 1996, n. 675 (Legge in materia di protezione dei dati personali) che però invece di una regolamentazione corretta e pacifica poneva vincoli restrittivi per quanto concerneva l'acquisizione di fonti documentarie e tutte le attività di trattamento dei documenti archivistici; questi ostacoli legislativi e normativi sono poi stati risolti con il decreto 11 maggio 1999, n. 135 (sull'informativa e il consenso degli interessati nel trattamento dei dati personali nell'ambito di competenze della pubblica amministrazione) e con quello del 30 luglio 1999, n. 281 (sulla protezione dei dati personali nell'ambito della ricerca storica, statistica e scientifica).

[19] L. 22 aprile 1941, n. 633 e relative modifiche.

[20] Cfr. Silvia Stabile, Archivi di persona: appunti in tema di diritti d'autore. In: Archivi di persona del Novecento cit., p. 77-94.

[21] Francesco Barberi, Le biblioteche nel loro tempo, «Accademie e biblioteche d'Italia», 34 (1966), p. 284-291: p. 284.

[22] Cfr. Francesco Barberi, La scelta dei libri e l'incremento delle biblioteche, «Accademie e biblioteche d'Italia», 28 (1960), p. 215-230: p. 218.

[23] Enrico Jahier scriveva nel 1947 con grande lungimiranza che «Il dilemma cultura generale/specializzazione e la disciplina degli acquisti fra istituti specializzati sarà [n.d.r. sarebbe stata] con ogni probabilità in testa ai problemi biblioteconomici dei prossimi [n.d.r. successivi] 50 anni»: Enrico Jahier, L'acquisto dei libri, «Rivista delle biblioteche», 1 (1947), p. 59.

[24] Angela Vinay, Istituto Centrale per il Catalogo Unico delle biblioteche italiane: esperienze e programmi (p. 109-119); Francesco Sisinni, La tutela del patrimonio librario nazionale: vicende storiche e programmi attuali (p. 237-244). In: I fondi librari antichi delle biblioteche: problemi e tecniche di valorizzazione, a cura di Luigi Balsamo e Maurizio Festanti. Firenze: Olschki, 1981.

[25] Anche Sergio Campailla, che interviene sul fondo Michelstaedter acquistato dalla Biblioteca statale Isontina tramite il libraio triestino Simone Volpato con la sua Drogheria 28, sostiene che aver posseduto un libro non significa averlo letto, e che la sua presenza all'interno di una raccolta è solo indiziaria, se non ci sono postille, note di commento, sottolineature: Sergio Campailla [et al.], La biblioteca ritrovata: Saba e l'affaire dei libri di Michelstaedter. Firenze: Olschki, 2015, p. 7.

[26] Attilio Mauro Caproni, Biblioteca privata cit.; id., Le biblioteche degli scrittori del Novecento cit., p. 39.

[27] Cfr. Anna Manfron, Biblioteche e archivi d'autore: le relazioni da preservare. In: Spigolature d'archivio: contributi di archivistica e storia del progetto Una città per gli archivi, a cura di Armando Antonelli. Bologna: Bononia University press, 2011, p. 323-343: p. 329-332.

[28] Caterina Del Vivo, Accostarsi a un archivio di persona: ordinamento e condizionamento. In: Archivi di persona del Novecento cit., p. 15-37.

[29] Si vedano su questo: Antonio Romiti, Per una teoria dell'individuazione e dell'ordinamento degli archivi personali. In: Specchi di carta. Gli archivi storici di persone fisiche: problemi di tutela e ipotesi di ricerca, Firenze: Fondazione Ezio Franceschini, 1993, p. 89-111; Elisabetta Insabato, Esperienze di ordinamento negli archivi personali contemporanei. In: Specchi di carta cit., p. 69-88; Antonio Romiti, Archivistica generale: primi elementi, Torre del lago: Civita, 2011, p. 25-31; e anche Roberto Navarrini, Gli archivi privati, Torre del lago: Civita, 2005, p. 51-58.

[30] Luigi Crocetti, Indicizzare la libertà. In: Uguccione Ranieri di Sorbello Foundation, Biblioteche nobiliari e circolazione del libro tra Settecento e Ottocento: atti del Convegno nazionale di studio (Perugia, Palazzo Sorbello, 29-30 giugno 2001), a cura di Gianfranco Tortorelli. Bologna: Pendragon, 2002, p. 397-407.
Sullo stesso tema, ma contribuendo con la visione dell'archivista, e mettendo in guardia dal mito dell'ordinamento originario, è intervenuta Diana Toccafondi con Gli archivi letterari del Novecento: un laboratorio per la collaborazione tra professionisti. In: Conservare il Novecento: gli archivi culturali (Ferrara Salone internazionale dell'arte del restauro 27 marzo 2009, Atti del convegno, seguiti da Luigi Crocetti). La tradizione culturale italiana del Novecento e altri scritti, a cura di Laura Desideri e Giuliana Zagra. Roma: AIB, 2010, p. 46.

[31] A firma di Giuliana Zagra su questo tema si ricorda in particolare: Biblioteche d'autore nelle biblioteche pubbliche. In: Conservare il Novecento cit., p. 31-38: p. 35-36.

[32] Le biblioteche degli scrittori, "Bollettino AIB", 44 (2004), n. 3, p. 345-358; Il fondo speciale "Riccardo Bacchelli" dell'Archiginnasio di Bologna: percorsi sommersi e problematiche descrittive della raccolta. In: Biblioteche d'autore cit., p. 47-63; Dai libri alle carte: la gestione dei materiali 'anfibi'. In: Collezioni speciali del Novecento. Le Biblioteche d'autore: atti della giornata di studi (Firenze, Gabinetto Vieusseux, 21 maggio 2008), «Antologia Vieusseux», 14 (2008), n. 41/42, p. 63-73; Biblioteche e archivi d'autore: le relazioni da preservare. In: Spigolature d'archivio cit., p. 323-343; Biblioteca e archivio di persona: da fondo speciale a complesso documentario. In: Archivi di persona del Novecento cit., p. 39- 49; un paragrafo intitolato Una tipologia particolare: la biblioteca d'autore all'interno del contributo scritto con Lorenzo Baldacchini, Dal libro raro e di pregio alla valorizzazione delle raccolte. In: Biblioteche e biblioteconomia cit., p. 315-349: p. 333-342.

[33] Nazareno Pisauri, Lussuria e devozione, «IBC informazioni», n. s., 4 (1988), n. 3/4, p. 13-21: p. 18.

[34] Cristina Cavallaro, Fra biblioteca e archivio: catalogazione, conservazione e valorizzazione di fondi privati, introduzione di Caterina Del Vivo e Marielisa Rossi. Milano: Bonnard, 2007.

[35] Alberto Petrucciani, Biblioteche d'autore in biblioteca: una catalogazione speciale?, «Antologia Vieusseux», 14 (2008), n. 41/42, p. 49-61.

[36] Se ne fa richiamo in particolare in: Conservare il Novecento cit.

[37] Ivi, p. 17.

[38] Cfr. Stefano Vitali, Le convergenze parallele: archivi e biblioteche negli istituti culturali. In: Il futuro della memoria: archivi per la storia contemporanea e le nuove tecnologie (Torino, Fondazione Donat-Cattin, 26-27 febbraio 1998), «Rassegna degli archivi di stato», 59 (1999), n. 1/3, p. 36-58: p. 39-40, 50-52; Mauro Guerrini, Saluti, «Antologia Vieusseux», 14 (2008) n. 41/42, p. 13-16.

[39] Su questo anche: Diana Toccafondi, Gli archivi letterari del Novecento: un laboratorio per la collaborazione tra professionisti. In: Conservare il Novecento cit., p. 39-46. Gli archivi di persona del Novecento sono stati oggetto di importanti e specifici incontri, alcuni dei quali hanno dato luogo a pubblicazioni come la già citata Archivi di persona del Novecento, a cura di Francesca Ghersetti e Loretta Paro. Va ricordata poi una giornata del 2007 a Treviso promossa dalla Fondazione Benetton studi e ricerche con il titolo Carte libri memorie: conservare e studiare gli archivi di persona, di cui è disponibile il dossier di lavoro che consiste nella raccolta dei testi degli interventi curata da Francesca Ghersetti della quale si segnala l'utile sintesi finale dalla quale emerge una attenzione a questioni soprattutto di carattere pratico e gestionale, non di rado con contestualizzazioni locali.

[40] ISAAR (CPF): standard internazionale per i record d'autorità archivistici di enti, persone, famiglie. Traduzione italiana di ISAAR (CPF): International Standard Archival Autorithy Records for Corporate Bodies, Persons and Families, seconda ed., http://www.icar.beniculturali.it/biblio/pdf/standard/isaar%202.pdf, p. 1-10.

[41] Guidelines for the Preparation and Presentation of Finding Aids, traduzione a cura di Francesca Ricci, http://media.regesta.com/dm_0/ANAI/anaiCMS//ANAI/000/0111/ANAI.000.0111.0007.pdf.

[42] Standard internazionali di descrizione archivistica, a cura di Carlo Vivoli, http://media.regesta.com/dm_0/ANAI/anaiCMS//ANAI/000/0111/ANAI.000.0111.0006.pdf.

[43] Si segnala un intervento tra i primi: Giovanni Di Domenico, Non omnes legi sed omnes dilexi: la biblioteca della Fondazione Carlo e Marise Bo per la letteratura europea moderna e contemporanea. In: Biblioteche d'autore, pubblico, identità e istituzioni cit., p. 23-37. Un altro contributo da non trascurare è: Sandra Di Majo, Raccolte private in una biblioteca di ricerca, «Antologia Vieusseux», 14 (2008), n. 41/42, p. 119-130.

[44] A. M. Caproni, Le biblioteche degli scrittori del Novecento cit., p. 32-33.

[45] Già Ezio Raimondi in apertura del Convegno «Conservare il Novecento» del 2000 osservava l'importanza del contesto reale di origine di archivi letterari e culturali per la loro valorizzazione; testo pubblicato in Archivi e vita letteraria. In: Conservare il Novecento cit., p. 37-44: p. 41.

[46] Mauro Caproni su questo ha scritto: «[...] una più qualificata e attendibile rappresentatività di una libreria privata sarà possibile non tanto dallo studio parcellizzante della biblioteca di uno scrittore, ma dal confronto di diverse biblioteche eseguito sulla base di precise griglie di identificazione, quali la valenza storico-letteraria, l'ordine tematico e sociale. Così, in sintesi, si tratta, anche per il Novecento, di stendere una storia della bibliografia, nel tentativo di tracciare un filo conduttore tra questi due settori di analisi e di studio e nella convinzione di poter mettere in rilievo anche le rotture, le interruzioni della comunicazione letteraria tra l'autore, il pubblico e le forme di trasmissione»: A. M. Caproni, Le biblioteche degli scrittori del Novecento cit., p. 40. Si veda anche il suo: Biblioteca privata cit.