La relazione tra informazioni e opinioni è sempre stata fluida e incerta. Ciò è vero in politica come nella scienza o in ogni altro settore della vita. Ci sono sempre stati anche i ciarlatani, i bugiardi e i contraffattori, che puntano a guadagnare denaro, potere o semplicemente attenzione.
Tuttavia, il 2016 ha visto il tema delle notizie false spostarsi al centro del palcoscenico, anche se il concetto del politico che mente o del giornalista sensazionalista non è affatto nuovo. La velocità alla quale le storie viaggiano online ha comportato che i tradizionali metodi per smascherare le storie false - correzioni, scuse ecc. - sono incapaci di tenere il passo.
In aggiunta alle storie che nascono da un giornalismo pigro o da esagerazioni finalizzate a ottenere più click, hanno catturato l'immaginazione i racconti di una città macedone che opera come un'industria di fake news2. Il collegamento evidente, per quanto non misurabile, tra queste storie e i risultati delle elezioni americane ha reso il tema terribilmente serio.
Quali risposte sono possibili? Un'immediata reazione è stata quella di provare a censurare le fake news. Un certo numero di Paesi ha proposto interventi legislativi in quest'area, dall'Iran e la Cina all'Italia e la Germania. Quanto queste mosse sarebbero efficaci nel tentativo di fermare le fonti delle bufale è incerto. C'è sempre il rischio che l'accusa di essere 'falso' possa essere utilizzata abusivamente per limitare la libertà di parola. Non tutte le notizie 'false' lo sono davvero, e in ogni caso le notizie false per una persona possono essere l'opinione di un'altra.
Facebook è stata fortemente biasimata per il suo atteggiamento 'non-interventista' rispetto alla fase pre-elettorale, dal momento che i suoi algoritmi tendono a creare delle 'camere dell'eco', ossia dei mondi online in cui gli utenti vedono soltanto quello che tendenzialmente piace loro, piuttosto che la varietà delle opinioni che si dovrebbero poter vedere in un'edicola.
All'azienda è stato almeno riconosciuto il merito di essersi adesso data da fare. Già nella settimana successiva alle elezioni americane, sia essa che Google hanno promesso di limitare la pubblicità relativa a noti siti di bufale. Entrambe le aziende hanno anche promesso di non promuovere queste storie, nonché di rendere più facile per gli utenti l'identificazione delle bufale, affidandosi di più a organizzazioni che si occupano di fact-checking per verificare le storie, e sviluppando software per scoprire se gli articoli sono falsi. Anche se niente di tutto ciò è ancora stato fatto, si tratta di una proposta più costruttiva rispetto alla censura.
E le biblioteche? La discussione relativa alle fake news ha portato una nuova attenzione sulla media literacy e sul ruolo delle biblioteche e di altre istituzioni nell'offrirla.
Ai bibliotecari è stato da sempre insegnato ad aiutare gli utenti a trovare e comprendere l'informazione di cui hanno bisogno, ed essi stanno cercando di adattare il loro approccio al mondo di oggi. Questa può essere una sfida, in quanto dire semplicemente alle persone di dubitare di ciò che stanno leggendo non è abbastanza. E implementare nuovi approcci sul campo richiederà tempo, dati i relativamente bassi livelli di consapevolezza.
Ma le biblioteche e i loro utenti possono anche avere un ruolo positivo nello sviluppare gli strumenti che aiutino le persone a fare delle verifiche su ciò che stanno leggendo. Wikipedia mette a disposizione proprio uno strumento siffatto. Il 21 gennaio Wikipedia ha pubblicato su Twitter un video che mette in evidenza il principio di verificabilità applicato a tutti gli articoli pubblicati sull'enciclopedia partecipativa online. Un contributore di Wikipedia spiega che «lavorare con Wikipedia non riguarda solo la scrittura di articoli, ma la comprensione dell'intero sistema di produzione della conoscenza».
Così, come il lavoro di pubblicazione accademica assicura la qualità attraverso la peer-review, milioni di utenti di Wikipedia rivedono e verificano i loro articoli. Nel flusso dei fatti con cui dobbiamo fare i conti ogni giorno, questo fact-checking partecipativo cambia le regole del gioco nel business della verificabilità, portando la fiducia nella comunità in un'epoca di sospetto. Con la loro conoscenza esperta su dove trovare informazione affidabile, i bibliotecari e i loro utenti possono aiutare a verificare che i fatti siano fatti, senza aggettivi qualificativi.
Traduzione di Anna Galluzzi.
[1] Il presente editoriale è la traduzione del post pubblicato il 27 gennaio 2017 sul Library policy and advocacy blog dell'IFLA a firma di Karolina Andersdotter: http://blogs.ifla.org/lpa/2017/01/27/alternative-facts-and-fake-news-verifiability-in-the-information-society/. Si ringrazia l'autrice per la disponibilità a pubblicare il testo su AIB studi.
[2] O 'bufale', come sono chiamate in italiano [n.d.t.].
[3] L'IFLA ha realizzato questa infografica allo scopo di indicare e promuovere otto utili passi per verificare l'affidabilità di una notizia. Per scaricare, stampare, tradurre o condividere l'infografica si rinvia al sito dell'articolo originale. La presente versione ufficiale italiana è a cura di Matilde Fontanin: https://www.ifla.org/publications/node/11174.