Se il catalogo parlasse, lo capiremmo?
Cinque assiomi della comunicazione catalografica

di Agnese Galeffi

Per capire sé stesso, l'uomo ha bisogno di essere capito dall'altro.
Per essere capito dall'altro, ha bisogno di capire l'altro.
Thomas Hora1

Analizzare il catalogo/analizzare la comunicazione

«Il catalogo di biblioteca è in modo elettivo lo strumento che mette in relazione i lettori con i documenti posseduti dalla raccolta descritta, attraverso chiavi di accesso»2. Già più di trent'anni fa, secondo Maltese il catalogo era, per le biblioteche, lo strumento di mediazione per eccellenza: «non essendo possibile un ordinamento del materiale che consenta in modo immediato e simultaneo di individuare i documenti che interessano in quanto rispondono alle domande diverse che possono porsi al sistema, il catalogo si fa mediatore tra le risorse informative della raccolta e quanti vogliono esplorale»3. Questo articolo ambisce ad applicare i criteri usati nell'analisi della comunicazione alla 'comunicazione catalografica'. Con comunicazione catalografica si vuole intendere lo scambio consapevole e inconsapevole di informazioni che avviene tra un catalogo e un utente durante l'intera fase di ricerca, dall'accesso all'home page del catalogo4 fino al completamento della sessione e alla chiusura della pagina web. Il catalogo, oltre ad essere uno strumento di mediazione, può essere definito uno strumento di comunicazione5.
La letteratura professionale non manca di analisi del catalogo sia di tipo quantitativo che qualitativo. Le prime si basano principalmente sulle statistiche di accesso, desunte in modo automatico, e offrono informazioni molto dettagliate come, ad esempio, nazione di accesso, sito di provenienza, durata di permanenza sul sito, percentuale di ricerche con risultati diversi da zero, percentuale di ricerche che si concludono con una richiesta di prestito o con un download, ecc. L'analisi di questi dati permette di farsi un'idea di tipo statistico e percentuale sull'uso di un catalogo e delle sue funzionalità ma non permettono di dedurre molto altro. A titolo di esempio, si prenda in esame il dato che il 60% (con piccole variazioni mensili) delle visite al catalogo di SBN6 dura da 0 secondi a 2 minuti. Mancando altre informazioni di corredo, questa percentuale è interpretabile in modi diversi: o gli utenti riescono a compiere le proprie ricerche e a ottenere risultati che reputano soddisfacenti in 120 secondi oppure abbandonano il catalogo come se vi fossero capitati per errore, tenendo conto che oltre la metà di queste visite dura meno di 30 secondi. Le statistiche di accesso hanno inoltre fluttuazioni periodiche dovute all'alternanza tra giorni feriali e giorni festivi e, nel corso dell'anno, ai periodi di vacanza e all'andamento degli anni accademici e scolastici.
Le valutazioni qualitative sull'uso dei sistemi di ricerca costituiscono una bibliografia molto ampia7. Si tratta per lo più di case studies finalizzati a testare, tramite questionari, interviste o focus group, uno specifico software, lo sviluppo di una interfaccia o a effettuare valutazioni comparative tra prodotti differenti. Stupisce verificare come, nella maggioranza delle indagini, il numero delle persone coinvolte (studenti, personale accademico o tecnico-amministrativo, stakeholders, ecc.) sia davvero esiguo. Alcuni articoli basano le proprie conclusioni su studi di usabilità o questionari condotti su campioni di cinque studenti8, diciotto unità tra bibliotecari, studenti di biblioteconomia e di altre discipline9, otto studenti universitari più due già in possesso di una laurea di primo livello10. A ben riflettere, anche nel caso di indagini condotte su numeri più consistenti come 17511 o 22012, la percentuale dei coinvolti è esigua se paragonata alla popolazione totale13.
Un'altra possibile modalità di valutazione dell'efficacia di un sistema di ricerca consiste nella verifica della rispondenza agli obiettivi del catalogo14 così come sono stati definiti nella tradizione catalografica e riaffermati nell'edizione aggiornata dei Principi internazionali di catalogazione dell'IFLA.

Ancora sulla crisi del catalogo

La percezione di crisi dell'attività di mediazione dei sistemi di ricerca non è nuova. Una costante sensazione di inadeguatezza mina gli strumenti descrittivi di natura teorica (codici, norme, istruzioni) e pratica, ossia i cataloghi15. La crisi denunciata da Osborn nel 1941 sembrava causata dal difficile equilibrio della catalogazione, in bilico tra arte e artigianato: il catalogatore artista, secondo l'autore, era libero di applicare delle norme di buon senso, cosciente delle specificità della propria utenza, mentre il catalogatore artigiano sarebbe stato solo un applicatore di regole, bisognoso di dettami specifici che coprissero qualsiasi caso possibile, attività quest'ultima potenzialmente senza fine16. Serrai, quarant'anni dopo Osborn, sposta la propria attenzione verso i 'codificatori di regole' che sembrano aver abbandonato quella che dovrebbe essere la loro preoccupazione principale, «realizzare 'lo scopo del catalogo': che non è altro se non la mediazione tra libri e lettori»17, «il catalogo dovrebbe, in verità, imperniarsi sulla relazione libro-catalogo-utente»18.
Avere una reale percezione degli interessi dell'utente è estremamente complesso anche nel caso in cui si conosca con adeguata precisione l'utenza di riferimento19. Gli obiettivi del catalogo formulati da Cutter e, nella sostanza, giunti pressoché immutati ai nostri giorni non rappresentano in modo adeguato, secondo Borgman, come le persone cercano le informazioni, in quanto sarebbero basati su un approccio razionale e positivista. Gli obiettivi di Cutter sarebbero supposizioni su come si 'dovrebbero' formulare ricerche, presupponendo il possesso di determinate competenze20. Miksa arriva a definire gli obiettivi di Cutter «simply a practical map of the entry system»21. Non temendo l'anacoluto temporale, si può chiosare il richiamo di Revelli alla necessità di individuare le necessità informative di chi utilizza il catalogo22 con l'affermazione di Serrai che «i lettori in realtà non reclamano il diritto alla pigrizia ma esigono chiarezza»23. Anche considerando che oggi l'utente medio abbia subito una atrofizzazione delle proprie capacità di ricerca ad opera di Google24, non è corretto trascurare che, da una parte, i cataloghi si dichiarano sempre più semplici da usare mentre, dall'altra parte, forniscono molti più risultati rispetto al passato e presentano molteplici modalità di navigazione e funzionalità25.
Esattamente come il parlante accorto è in grado di modulare l'uso di diversi registri linguistici a seconda dell'occasione e delle persone alle quali sta comunicando, con la libertà di scegliere di utilizzare vocaboli o espressioni prese dal dialetto o da lingue diverse dalla propria, così anche le biblioteche dovrebbero essere in grado di modulare la lingua del proprio catalogo preservando il rispetto delle normi comuni26. Il problema è innanzitutto diacronico: gli strumenti che vengono usati per descrivere e mettere in relazione le entità, per quanto ci si sforzi di renderli sovranazionali e ultratemporali, sono invece strettamente connessi al contesto culturale27, così come gli strumenti teorici come i modelli concettuali. Ad esempio, l'IFLA Library reference model nasce «to make explicit general principles governing the logical structure of bibliographic information», ossia «to reveal the commonalities and underlying structure of bibliographic resources»28. Il modello dipende doppiamente dal contesto culturale, sia perché ambisce a rendere espliciti i principi che governano la struttura logica dell'informazione bibliografica, sia perché definisce il proprio focus sulla base delle attività degli utenti29.

Mediazione, comunicazione e dialogo

La mediazione svolta dal catalogo è, per sua natura, predefinita e statica. Predefinita perché il catalogatore inserisce a priori gli elementi descrittivi e i legami previsti dalle norme in quanto ritenuti di interesse per l'utente e utili per la ricerca. Ma, per ribadire quanto già detto in precedenza, vi è grande distanza tra come i professionisti suppongono che si comportino quanti usano i cataloghi e la realtà. Come efficacemente detto da Tarulli e Spiteri, «if cataloguers begin to understand the difference between their access points and how readers want to access the collection, they may be able to assist in creating readers' advisory terms and content to bibliographic records»30. Inoltre, la mediazione ha caratteristiche di staticità dal momento che non è previsto, salvo rare eccezioni, che i dati vengano modificati una volta creati e, come vedremo più avanti, i tentativi di dargli maggiore dinamicità grazie al social tagging sono in gran parte falliti.
Serrai aveva anticipato l'esistenza di una forma di comunicazione tra sistemi: «non è necessario che la comunicazione sia deliberata, che abbia luogo in contemporaneità […] essa si realizza ugualmente, a patto che l'emissione scaturita da un sistema - detta anche messaggio - venga ricevuta da un altro sistema e vi susciti delle modifiche»31.
Volendo ipotizzare l'esistenza di una comunicazione catalografica, si potrebbero identificare emittente - messaggio - ricevente in
1) cataloghi - dati descrittivi/relazioni - utenti: i cataloghi sono emittenti in quanto gli utenti dialogano con questi nel momento in cui effettuano ricerche mentre i dati descrittivi e le relazioni svolgono il ruolo di messaggi;
2) biblioteche/bibliotecari - sistemi - utenti. Le biblioteche e i bibliotecari, termine che vuole comprende, in questo caso, tutti coloro che hanno una quale responsabilità rispetto ai sistemi di ricerca, dalla redazione delle norme alla scelta e personalizzazione dei software, comunicano con gli utenti attraverso sistemi di ricerca costituiti da dati ed interfacce32. Questa seconda ipotesi, che prende in considerazione un punto di vista più ampio, si rivela più proficua per l'analisi condotta di seguito. Sebbene il flusso informativo sovra descritto sia noto33, occorre ricordare che la comunicazione non è un processo monodirezionale ma bidirezionale, caratterizzata dal reciproco scambio di informazioni34.

Le teorie della comunicazione alle quali si fa riferimento in questo articolo sono quelle di Paul Watzlawick, filosofo costruttivista della scuola di Palo Alto. Cinquant'anni fa, insieme a Beavin e Jackson in Pragmatics of human communication35 ha definito cinque assiomi della comunicazione, divenuti poi dei classici36:
1: è impossibile non comunicare. Dal momento che è impossibile 'non avere un comportamento' e ogni comportamento, anche quello più passivo, è comunicazione, qualsiasi cosa si faccia o non si faccia si sta comunicando qualcosa;
2: ogni comunicazione è costituita da contenuto e relazione. Il contenuto è costituito dalle informazioni, mentre la relazione è la metacomunicazione che si instaura tra i comunicanti e che ne regola i rapporti;
3: nello scambio di messaggi viene usata una 'punteggiatura' che scandisce e organizza la comunicazione;
4: gli esseri umani comunicano 'analogicamente' e 'digitalmente'. La comunicazione analogica è quella non verbale (postura, espressioni, inflessione, cadenza della voce, ecc.) mentre quella digitale si avvale delle parole;
5: lo scambio di messaggi può essere simmetrico, se i comunicanti sono sullo stesso piano, o complementare, se sussista una qualche differenza di status e di livello.
Dal momento che i sistemi di ricerca sono, o dovrebbero essere, sistemi di risposta37 (ed infatti vengono usati termini come query, interrogazione, tempo di risposta, ecc.) è possibile utilizzare questi assiomi, adattandone il contesto, per l'analisi della comunicazione catalografica. Gli assiomi della comunicazione catalografica sono:
1: è impossibile per un sistema di ricerca non comunicare. Anche quando dichiara che non possiede o non è a conoscenza dell'esistenza di qualcosa38 (un nome, un titolo, un anno, un luogo, ecc.) che corrisponda alla stringa immessa, il catalogo comunica con l'utente tramite l'interfaccia (si veda oltre il punto 2). Ad esempio, le modalità scelte per avvisare che non vi sono risultati ('nessun risultato trovato', 'nessun documento estratto', '0 risultati per Tutte le risorse', solo per portare alcuni esempi) quando sono prive di suggerimenti su come modificare la ricerca o proseguirla altrove, oltre a un senso di frustrazione, forniscono un messaggio ambiguo: quanto ricercato non è disponibile attraverso quel catalogo specifico, non esiste affatto o la stringa immessa presenta qualche errore?
2: oltre ai dati che costituiscono il contenuto del messaggio catalografico, i sistemi stabiliscono una metacomunicazione con quanti effettuano ricerche tramite le interfacce, i messaggi di risposta, i comandi attivabili, ecc. È impossibile inviare un messaggio di contenuto senza mandare, al tempo stesso, un messaggio di relazione (si veda oltre il punto 5);
3: la 'punteggiatura' che scandisce la comunicazione catalogo-utente è costituita dalle azioni (ricerca, raffinamento dei risultati, navigazione, selezione, salvataggio dei dati, ecc.) che costituiscono una sessione di ricerca;
4: la comunicazione 'digitale' dei sistemi di ricerca è costituita dai dati e dalle relazioni, mentre la comunicazione 'analogica' da quanto i sistemi comunicano o trascurano di comunicare. In molti casi, ad esempio, viene dato per scontato che l'utente conosca quale sia la copertura del catalogo, a quale biblioteche faccia riferimento e quali siano le modalità descrittive (copertura di indicizzazione semantica, uso di specifici soggettari o di parole chiave, ecc.);
5: è molto raro che la comunicazione catalografica sia simmetrica. Per effettuare una ricerca che permetta di sfruttare appieno il patrimonio che si cela dietro un catalogo sarebbe ottimale per l'utente conoscere sia la materia che si vuole indagare (in modo da conoscere la terminologia, gli autori fondamentali o le riviste più autorevoli) sia le tecniche di ricerca e di navigazione. È abbastanza comune, quindi, che l'utente si trovi rispetto al catalogo in una relazione asimmetrica, o complementare per usare la terminologia di Watzlawick, che lo pone su un piano di inferiorità. Inoltre il contesto stesso nel quale avviene lo scambio comunicativo non è neutrale ma appartiene al sistema di ricerca che utilizza un linguaggio, quello catalografico, di natura tecnica.

Per una comunicazione efficace: fattori personali

Ogni lingua porta con sé una visione del mondo39 e non sfugge a questa considerazione il linguaggio catalografico. Come detto in precedenza in questo articolo, i modelli concettuali presentano una visione dell'universo bibliografico secondo quelle che si ritiene, con una certa presunzione, siano le entità di interesse dell'utente nel momento in cui effettua una ricerca. A loro volta, le norme di catalogazione forniscono 'un' modo per creare una rappresentazione di questo universo bibliografico40. Ma, in quanto tali, anche le più fedeli rappresentazioni non corrispondono alla realtà41. Per questi motivi, i sistemi di rappresentazione e organizzazione della conoscenza (codici di catalogazione, schemi di metadati, tesauri, ontologie, sistemi di classificazione, ecc.) introducono problemi di natura etica, come ha ricordato Beghtol introducendo il concetto di cultural warrant, giustificazione culturale. La studiosa ha messo in evidenza come solo i gruppi sociali ai quali viene riconosciuta autorevolezza siano rappresentati e tenuti in considerazione nei sistemi di descrizione e di indicizzazione42.
Una comunicazione efficace si basa su fattori di natura personale e su elementi tecnici; applicandoli al catalogo, al primo posto tra i fattori personali vi è la consapevolezza degli obiettivi, tema già accennato in precedenza. Il costante richiamo a obiettivi e principi sembrerebbe poter degenerare fino a una sorta di rimozione delle responsabilità dei professionisti e degli esperti in catalogazione sia nei confronti della definizione di standard e norme, sia nei confronti della creazione e la manutenzione dei dati prodotti. Parafrasando il già citato The crisis in cataloging di Osborn del 1941 e la sua disanima di quattro diverse teorie catalografiche (la legalista, la perfezionistica, la bibliografica e la pragmatica), Gorman nel 1975 in Osborn revisited; or the catalog in crisis; or, four catalogers, only one of whom shall save us ha tratteggiato il profilo di altrettante tipologie di catalogatori. Il decadente è attento più all'eleganza della forma che al contenuto delle sue schede, l'austero meccanico crede che tutti i problemi possano essere risolti dalla tecnologia, il pio rispetta le regole alla lettera, mentre il funzionalista, pur apprezzando l'eleganza di una bella scheda catalografica, sa che non è fine a sé stessa. Conosce e usa la tecnologia ma la ritiene un mezzo per lavorare, non il fine. Il funzionalista conosce l'importanza della standardizzazione ma ritiene che «catalogs are instruments of communication between the library user (and library staff) and the documents the library can make available. Anything increasing this communication is good, and anything detracting from it is bad»43. Gli obiettivi del catalogo dovrebbero trovare riscontro, in primo luogo, negli obiettivi della biblioteca che si raggiungono anche tramite le azioni del catalogatore.

La credibilità di fronte alla propria audience è un altro fattore determinante per una comunicazione efficace: la credibilità di un sistema di ricerca si ottiene primariamente dal suo buon funzionamento ma è anche il riflesso della reputazione di cui gode l'istituzione che lo mantiene e, di conseguenza, il suo staff. La professionalità dell'emittente e la conoscenza della materia sono, quindi, altri due elementi chiave che influenzano la qualità della comunicazione. Nel caso della comunicazione catalografica, la prima impressione del livello di professionalità deriva dalla credibilità di cui gode l'istituzione responsabile del catalogo, così come, di rimando, la qualità del catalogo si ripercuote sulla percezione dell'istituzione. La professionalità è multidimensionale perché, oltre che a livello di sistema, si esplica a livello personale e riguarda i catalogatori e i responsabili per la scelta e la manutenzione del software in uso, ma riguarda anche quanti svolgono corsi di information literacy all'interno dell'istituzione o forniscono informazioni sull'uso degli strumenti di ricerca, o coloro che preparano i testi per le guide in linea o per i messaggi di help contestuale nei cataloghi. Forma e contenuto, ossia professionalità e conoscenza della materia, procedono a pari passo; «un comportamento appropriato del personale qualificato» è prerequisito della professione bibliotecaria secondo il codice etico emanato dall'IFLA44. La competenza catalografica, intesa qui in senso ampio e non limitato all'applicazione delle norme, e anche l'imparzialità nel trattamento degli utenti45 ha un contraltare nella necessità di modulare il linguaggio a seconda dell'interlocutore per cercare di ottenere, per usare il linguaggio di Watzlawick, una comunicazione simmetrica. Per quello che riguarda i dati, sebbene i catalogatori abbiano la responsabilità di creare record che corrispondano ai bisogni degli utenti, questa abilità è ostacolata sia dalla scarsa conoscenza dei bisogni degli utenti, sia dalla necessità di standardizzazione46. Il fatto che i sistemi di ricerca disponibili a una utenza che non è, ovviamente, solo quella locale, crea un dilemma locale/globale sia catalografico che etico47. Le biblioteche che comunemente allestiscono pagine web e portali diversificati per età o lingua, non con altrettanta frequenza offrono cataloghi che, oltre a effettuare ricerche su specifiche porzioni di collezioni, presentino interfacce, linguaggi e logiche di ricerca differenziati48.

Per una comunicazione efficace: fattori tecnici

La seconda categoria di fattori necessari a una comunicazione efficace include le tecniche del discorso: comunicare poco alla volta e sviluppare progressivamente il discorso al fine di presentare un quadro unitario sono indicazioni che permettono di sviluppare i temi in modo da facilitarne la comprensione. Queste tecniche, quando applicate al catalogo, ricordano le strategie del design e, in particolar modo, il design delle interfacce tra i cui principi base vi sono:
1) rendere comprensibile quali azioni siano possibili in ogni determinato momento, ossia utilizzare vincoli che limitino, di volta in volta, le operazioni che si possono compiere;
2) rendere visibili il modello concettuale del sistema, le azioni alternative e i risultati delle azioni stesse;
3) permettere la valutazione dello stato del sistema49;
4) rendere chiare le connessioni tra informazione visibile e stato del sistema.
Si tratta sostanzialmente di permettere la comprensione di cosa si possa fare e di cosa succede di conseguenza. L'utente, infatti, interagisce con il catalogo non conoscendo né i criteri secondo i quali sono stati scelti e creati i dati né le tecniche di information retrieval o la logica delle interfacce. Nel migliore dei casi, ossia quando abbia già una certa familiarità con questi strumenti, l'utente opera grazie a un'immagine del sistema che si è costruito in maniera inconscia durante l'uso del sistema stesso50. Questa immagine può anche essere errata in tutto o in misura variabile. Creare un catalogo che sviluppi il discorso progressivamente, presenti un quadro unitario e anticipi le obiezioni vuol dire offrire un sistema di ricerca che restringa, in una fase iniziale, il cosiddetto Golfo dell'esecuzione, ossia quanto l'utente può fare. Le interfacce 'Google like' alle quali fanno seguito liste di risultati ricche di filtri e faccette devono la propria fortuna proprio al restringimento del Golfo dell'esecuzione51. Presupponendo infatti una bassa conoscenza del meccanismo di funzionamento del sistema, l'utente ha all'inizio una sola possibile azione, ossia una ricerca per parole chiave. Solo nel momento in cui questi si ritrova all'interno del sistema e può vedere il contenuto e la struttura dei dati, gli viene presentata un'ampia scelta di funzioni: le faccette permettono la navigazione o l'applicazione di filtri in modo da anticipare possibili necessità/obiezioni dell'utente, come spostarsi tra set di dati, restringerne il numero o modificare la propria ricerca.

Altri fattori tecnici per una comunicazione efficace sono connessi alla diversificazione del messaggio e delle modalità di espressione. Fino a non molto tempo fa, l'unica personalizzazione possibile della presentazione dei dati riguardava la scelta tra alcuni modelli (la visualizzazione a etichette, quella in formato ISBD o MARC) di scarso interesse per l'utenza. Si tratta di una funzionalità utile più che altro ai catalogatori che, pur sfruttando una potenzialità dei sistemi, ha una rilevanza discutibile per l'utenza. In ogni caso, la personalizzazione nella presentazione dei dati catalografici non dovrebbe permettere all'utente (o a quanti amministrano il sistema!) di scegliere soluzioni che rendano poco chiari i dati stessi.
L'ultima categoria di elementi tecnici per una efficace comunicazione catalografica comprende quelle caratteristiche dei sistemi che riescono a coinvolgere l'audience, ossia chi effettua la ricerca, creando il cosiddetto 'engagement'. L'engagement nei confronti dei prodotti tecnologici, categoria nella quale rientrano i nostri sistemi di ricerca, si sviluppa attraverso fasi continue di coinvolgimento, distacco e ricoinvolgimento (engagement, disengagement e reengagement) nelle quali hanno un ruolo determinante elementi come l'estetica, la consapevolezza, il controllo, l'interattività, il feedback e una positiva sensazione di interesse52. La forma più comune di interattività presente nei nostri cataloghi consiste nel social tagging53 e nella valutazione del gradimento relativo a una certa risorsa. Si tratta di funzionalità che, nella maggioranza dei casi, sono sottoutilizzate sia in termini quantitativi che qualitativi: non solo la partecipazione dell'utenza, almeno di quella italiana, è percentualmente minima ma i commenti sono spesso brevi o poco significativi54. Anche l'interazione durante la fase di ricerca, ossia la possibilità di offrire aiuto esattamente nel momento in cui serve, è stata poco sviluppata. Molti servizi commerciali hanno ormai introdotto pop up automatici che, durante transazioni commerciali come la ricerca di un biglietto del treno o una prenotazione alberghiera, si attivano al primo segno di inattività dell'utente offrendo aiuto. Alcune università italiane (ad esempio Torino55) hanno iniziato a offrire della chat live integrate nel catalogo, dimostrandone l'utilità e la sostenibilità. Un'ultima criticità nella comunicazione catalografica è il feedback, elemento cruciale per la valutazione e lo sviluppo di forme di engagement. Quanti gestiscono i cataloghi sono molto interessati alle opinioni relative ai software in uso, mentre non dimostrano analogo interesse verso il livello di soddisfazione degli utenti riguardo alla ricerca appena compiuta o ai risultati recuperati (o non recuperati). Eppure basterebbe proporre un breve questionario che chiedesse un giudizio non sul catalogo ma su quanto appena ricercato e sui risultati ottenuti in relazione a quelli sperati, con la possibilità di contattare un servizio di reference tradizionale o via chat, sincrono o asincrono.

Conclusioni

L'analisi degli strumenti di ricerca secondo i parametri della comunicazione mette in luce una serie di ambiti nei quali è possibile intervenire per rendere i cataloghi e il loro uso più comprensibili.

'Comprensibile' non è sinonimo di 'amichevole': molti cataloghi in linea per la pretesa di essere amichevoli semplificano le modalità di ricerca fino a rendere inutile una parte non trascurabile del lavoro dei catalogatori. 'Comprensibile' non vuol dire negare la complessità, ma renderla esplicita, chiarirla, in modo da fare intuire agli utenti tutte le opportunità che restano troppo spesso nascoste nelle registrazioni catalografiche e negli indici predisposti per l'organizzazione e la ricerca dei documenti56.

L'analisi della confusione comunicativa del catalogo può essere un'occasione per acutizzare i sensi e porre l'attenzione su alcuni dettagli57. Un catalogo che comunica bene permette una ricerca più soddisfacente in quanto aumenta la comprensione dei sistema diminuendo il senso di disagio e le difficoltà che si sperimentano nel momento di bisogno informativo. Oltre a quanto già esposto, altre soluzioni potrebbero apportare notevoli benefici come una profilazione profonda dell'utente e l'inserimento di valutazioni professionali tra i dati descrittivi.
La profilazione degli utenti è un ambito al quale le biblioteche potrebbero rivolgere maggiore attenzione58. Per offrire servizi e modalità di ricerca personalizzati e per incrementare suggerimenti basati sulla serendipità, è necessario conoscere molto bene i comportamenti di ricerca e di navigazione all'interno dei cataloghi di molti utenti, ma anche poterne identificare le caratteristiche ritenute significative (fascia di età, sesso, interessi, titolo di studio, ecc.). Ad esempio nelle università, sarebbe molto interessante poter tracciare in forma anonima, conoscendone i campi di interesse, le modalità di ricerca del personale accademico, così come sapere quali siano le preferenze bibliografiche di quanti si occupano di un determinato ambito di studi. Le analisi di questi dati potrebbero portare alla realizzazione di segnalazioni bibliografiche basate su una serendipità di qualità59. Per il catalogo, quindi, gli utenti costituirebbero un patrimonio di conoscenza finora sotto-utilizzato o confinato a settori specifici come gli studi di user experience o il design thinking.
Tra il bibliotecario catalogatore e il bibliotecario addetto al reference, che possono anche essere la stessa persona in momenti diversi della propria settimana lavorativa, esiste una sorta di schizofrenia. Nella pratica descrittiva, e in particolare nell'indicizzazione semantica, viene compiuto ogni sforzo per evitare che trapelino giudizi di valore sul contenuto della pubblicazione. Dal momento che, in fase di acquisizione, l'inserimento della risorsa all'interno delle collezioni è stato ben ponderato, si lascia l'utente libro di scegliere secondo il proprio gusto e i criteri personali la pubblicazione che ritiene più opportuna, limitando qualsiasi forma di censura. Chi si occupa di reference invece ha il dovere di segnalare, tra tutte le risorse che possono corrispondere ai bisogni informativi dell'utente, quelle che ritiene maggiormente utili, esprimendo quindi un giudizio di valore. I cataloghi ambiscono a una oggettività che priva l'utente di alcune informazioni di sicuro interesse: volendo individuare, ad esempio, i classici di una disciplina come l'economia o l'antropologia per iniziare un percorso di studio o per sviluppare un interesse, i sistemi di ricerca non offrono alcun aiuto. L'utente più scaltro potrebbe, dopo una ricerca per soggetto, individuare gli autori maggiormente pubblicati e dedurne un giudizio di valore che però non avrebbe alcuna garanzia di fondatezza. Come detto in precedenza, gli utenti vengono invitati a lasciare giudizi mentre i professionisti non sono autorizzati a farlo in modo dichiarato. Probabilmente, invece, sarebbe di grande utilità dotare le descrizioni presenti nei cataloghi di una qualche forma di valutazione professionale60, lasciando agli utenti la libertà di tenere conto o meno.
I cinque assiomi della comunicazione catalografica proposti vogliono costituire un'altra modalità per procedere da come le cose sono a come potrebbero essere, ossia dall''ora' al 'poi'61, con l'obiettivo, per riprendere le parole di Watzlawick62, di massimizzare la comprensione e minimizzare la confusione catalografica.

NOTE

Il presente articolo riprende e amplia l'intervento tenuto durante il diciottesimo workshop di Teca del Mediterraneo “Il futuro delle biblioteche: nuovi ruoli nell'universo digitale” (Bari, 7 aprile 2017

[1] Thomas Hora in Paul Watzlawick, La realtà della realtà.

[2] Diego Maltese, La biblioteca come linguaggio e come sistema. Milano: Bibliografica, 1985, p. 7.

[3] Ibidem.

[4] In questo articolo il termine catalogo viene usato in senso generico per indicare qualsiasi tipo di sistema di ricerca, dagli OPAC ai portali ai discovery layer.

[5] Il recente e ben documentato volume di Marie L. Radford e Gary P. Radford, Library conversations: reclaiming interpersonal communication theory for understanding professional encounters. Chicago: ALA Neal-Schuman, 2017, non affronta purtroppo il rapporto tra comunicazione e catalogo.

[6] http://www.iccu.sbn.it/opencms/opencms/it/main/sbn/cat_sbn/pagina_340.html.

[7] Ad esempio, Jody C. Fagan [et al.], Usability test results for a discovery tool in an academic library, «Information technologies and libraries», 31 (2012), n. 1, p. 83-112, http://commons.lib.jmu.edu/letfspubs/16/. Teri Oaks Gallaway; Mary Finnan Hines, Competitive usability and the catalogue: a process for justification and selection of a next-generation catalogue or web-scale discovery system, «Library trends», 61 (2012), n. 1, p. 173-185. Eric Lease Morgan, Use and understand: the inclusion of services against texts in library catalogs and 'discovery systems', «Library hi tech», 30 (2012), n. 1, p. 35-59, DOI: 10.1108/07378831211213201. Laurel Tarulli; Louise F. Spiteri, Library catalogues of the future: a social space and collaborative tool?, «Library trends», 61 (2012), n. 1, p. 107-131. Jason Vaughan, Investigations into library web scale discovery services, «Information technology and libraries», 31 (2012), n. 1, p. 32-82, DOI: 10.6017/ital.v31i1.1916. Nancy Fawley; Nikki Krysak, Learning to love your discovery tool: strategies for integrating a discovery tool in face-to-face, synchronous, and asynchronous instruction, «Public services quarterly», 10 (2014), n. 4, p. 283-301, DOI: 10.1080/15228959.2014.961110. Shiv Kumar, Relationship of OPAC users' satisfaction with their demographic characteristics, computer skills, user education, user assistance and user-friendly OPAC, «The electronic library», 32 (2014), n. 1, p. 106-123, DOI: 10.1108/EL-01-2012-0002. Chin-Feng Lai [et al.], An evaluation model for digital libraries' user interfaces using fuzzy AHP, «The electronic library», 32 (2014), n. 1, p. 83-95, DOI: 10.1108/EL-05-2012-0046. Boram Lee; Eun Kyung Chung, An analysis of web-scale discovery services from the perspective of user's relevance judgment, «The journal of academic librarianship», 42 (2016), n. 5, p. 529-534, DOI: 10.1016/j.acalib.2016.06.016.

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[12] Sean Cordes, Student perceptions of search tool usability, «Internet reference services quarterly», 19 (2014), n. 1, p. 3-32, DOI: 10.1080/10875301.2014.894955.

[13] Nel primo caso, infatti, l'analisi condotta è stata condotta presso la BRAC University (Bangladesh) che nel 2014 aveva una popolazione studentesca di circa 6500 persone secondo il rapporto annuale della University Grants Commission of Bangladesh disponibile online in bengali http://www.ugc.gov.bd/en/home/downloadfile/24. Nel secondo caso, i questionari sono stati distribuiti alla totalità dei partecipanti di un corso sugli information skills per undergraduate della Western Illinois University la cui popolazione studentesca supera le 11.000 unità.

[14] Un interessante modello in tal senso è stato preparato dalla Fondazione BEIC in occasione dell'incontro Dai un voto al tuo catalogo tenutosi durante il convegno delle Stelline (Milano, 16-17 marzo 2017). I partecipanti sono stati invitati a valutare i cataloghi utilizzando una scheda nella quale vengono elencati anche gli obiettivi del catalogo come descritti nella sezione 6 dei Principi Internazionali di catalogazione dell'IFLA http://www.beic.it/sites/default/files/attachmen ts/Dai%20un%20voto%20al%20tuo%20catalogo%20-%20Originale.pdf.

[15] Nei cataloghi convivono dati (descrizioni e punti di accesso) disomogenei per motivi diversi: perché creati secondo regole o consuetudini differenti, perché scelti e allestiti da persone con livelli di professionalità e con sensibilità catalografiche diversi, disomogenei perché relativi a materiali eterogenei.

[16] «Cataloging is an art, and as an art it is technical [...] In point of fact, the less the cataloger is a craftsman pure and simple, the more room there is for him to be just an excellent librarian», Andrew D. Osborn, The crisis in cataloging, «The library quarterly», 9 (1941), n. 4, p. 394-395.

[17] Alfredo Serrai, Sistemi bibliotecari e meccanismi catalografici. Roma: Bulzoni, 1980, p. 100.

[18] Ivi, p. 101.

[19] Una delle analisi più interessanti si trova in Gretchen L. Hoffman, Meeting users' needs in cataloging: what is the right thing to do?, «Cataloging & classification quarterly», 47 (2009), n. 7, p. 631-641, DOI: 10.1080/01639370903111 999.

[20] Christine L. Borgman, Why are online catalogs 'still' hard to use?, «Journal of the American Society for Information Science», 47 (1996), n. 7, p. 495.

[21] Francis Miksa, The legacy of the library catalogue for the present, «Library trends», 61 (2012), n. 1, p. 21, DOI: 10.1 353/li b.2012.0023.

[22] Carlo Revelli, Il catalogo. Milano: Bibliografica, 2008, p. 22.

[23] A. Serrai, Sistemi bibliotecari e meccanismi catalografici cit., p. 106.

[24] Roberto Raieli, Vecchi paradigmi e nuove interfacce: la ricerca di un equilibrato sviluppo degli strumenti di mediazione dell'informazione. Seconda parte, «AIB studi», 55 (2015), n. 2, p. 198-199, DOI: 10.2426/aibstudi-11200.

[25] Loriene Roy; Greg Hardin, Teaching the catalog as a reference tool, «The reference librarian», 56 (2015), n. 1, p. 73-77, DOI: 10.1080/02763877.2015.972915.

[26] «La necessità di fare della catalogazione uno dei fondamenti della professione bibliotecaria, non considerandosi che le necessità delle singole biblioteche e dei loro pubblici non sono identiche e che la valorizzazione del proprio materiale – anche perché le notizie relative sono sempre più disponibili al di fuori delle loro mura - richiede compatibilità tra i cataloghi collettivi, con notizie valide per tutte le necessità. La singola biblioteca viene in tal modo ad assumere un significato particolare per la determinazione dei documenti, per l'approfondimento dell'analisi e per la scelta dei punti di accesso e può produrre informazioni che risultano esaltate proprio in vista di un'utilizzazione ben più estesa»; «la norma comunque permetterà di parlare lo stesso linguaggio rendendo quindi possibile il catalogo collettivo, mentre la scelta delle informazioni e un'articolazione approfondita permetteranno di valorizzare aspetti particolari» (C. Revelli, Il catalogo cit., p. 20 e p. 24).

[27] «D'altronde è sempre stato saggio non considerare le norme come disposizioni rigide, non solamente per ammetterne l'elasticità nell'approfondimento dell'applicazione, tale da consentire a ciascuno di utilizzarle a seconda delle proprie necessità pur parlando un linguaggio comune a tutti, ma anche nell'intenderle legate a una cultura determinata e come tali modificabili seguendo le variazioni della cultura stessa», Ivi, p. 19.

[28] IFLA library reference model. March 2017, p. 7, https://www.ifla.org/files/assets/cataloguing/frbr-lrm/ifla_lrm_ 20 17-03.pdf.

[29] Ivi, p. 13.

[30] L. Tarulli; L.F. Spiteri, Library catalogues of the future: a social space and collaborative tool? cit., p. 116.

[31] Alfredo Serrai, Racemationes bibliographicae. Roma: Bulzoni, 1999, p. 89.

[32] Una sorprendentemente moderna analisi della comunicazione con gli utenti nelle transazioni di reference e nei cataloghi si trova in Robert S. Taylor, Question-negotiation and information seeking in libraries, «College & research libraries», 29 (1968), n. 3, p. 178-194, http://crl.acrl.org/index.php/crl/article/view/12027/13473. Per i problemi relativi alla comunicazione tra ordinamento dello scaffale aperto e utenti, Lucia Sardo, Io venìa pien d'angoscia a rimirarti: cataloghi e utenti delle biblioteche pubbliche, «JLIS», in corso di pubblicazione, cortesia dell'autrice.

[33] Anche la Conversation theory di R. David Lankes affronta i temi del catalogo e dei sistemi di ricerca.

[34] «Comunicazione: ogni processo consistente nello scambio di messaggi, attraverso un canale e secondo un codice, tra un sistema (animale, uomo, macchina ecc.) e un altro della stessa natura o di natura diversa», http://www.treccani. it/enciclopedia/comunicazione/.

[35] Paul Watzlawick; Janet Helmick Beavin; Don D. Jackson, Pragmatics of human communication: a study of interactional patterns, pathologies, and paradoxes. New York, London: Norton & Company, 1967.

[36] Per approfondire, Encyclopedia of communication theory. Los Angeles, London, New Delhi, Singapore, Washington DC: Sage, 2009.

[37] «Members [cioè gli utenti] don't want to search for information; they want to find information», R. David Lankes, The atlas of new librarianship. Cambridge (MA), London: The MIT press, p. 89.

[38] La differenza tra 'non possedere' e 'non essere a conoscenza' segna la differenza tra un catalogo che permette la ricerca nel posseduto di una biblioteca o di un sistema di biblioteche, e un discovery layer che allarga la ricerca anche a risorse non possedute ma esistenti.

[39] Paul Watzlawick, La realtà della realtà. Roma: Astrolabio, 1976, p. 18.

[40] Si pensi a copie diverse della stessa fotografia del Wrapped Reichstag di Christo possedute da un archivio, una biblioteca e un museo descritte secondo modelli concettuali diversi. Agnese Galeffi, The spatial value of information, «Knowledge organization», 40 (2013), n. 3, p. 185.

[41] Usando la celeberrima espressione di Korzybski, «A map is not the territory it represents, but, if correct, it has a similar structure to the territory, which accounts for its usefulness». Alfred Korzybski, Science and sanity: an introduction to non-Aristotelian systems and general semantics. Lancaster (PA): Science Press Printing, 1933, p. 58. I dati non sono l'entità descritta tutt'al più, se corretti e significativi, possono darne un'idea abbastanza precisa.

[42] Clare Beghtol, Ethical decision-making for knowledge representation and organization systems for global use, «Journal of the American Society for Information Science and Technology», 56 (2005), n. 9, p. 903-912, DOI: 10.1002/ asi.20184.

[43] Michael Gorman, Osborn revisited; or the catalog in crisis; or, four catalogers, only one of whom shall save us, «American libraries», 6 (1975), n. 10, p. 601.

[44] Codice etico IFLA per le bibliotecarie e le altre lavoratrici nel settore dell'informazione, p. 2, https://www.ifla.org /files/assets/faife/codesofethics/italiancodeofethicsfull.pdf.

[45] Il Codice etico IFLA per le bibliotecarie e le altre lavoratrici nel settore dell'informazione dell'IFLA dichiara la necessità che siano forniti «identici servizi per tutti - a prescindere da età, nazionalità, convinzioni politiche, abilità fisica o mentale, identità sessuale, appartenenza culturale, formazione, guadagno, stato di immigrato o richiedente asilo, stato di famiglia, origine, appartenenza etnica, religione o orientamento sessuale», ivi, p. 3. Sul fatto che persone oggettivamente diverse debbano ricevere servizi identici si potrebbe a lungo discutere: non è necessariamente equo trattare tutti in modo identico. Nel contesto delle transazioni di reference il tema è stato largamente affrontato: ci si limita in questa sede a riportare le Linee guida delle performance di comportamento per i professionisti dei servizi informativi e di reference dell'IFLA: «Come buon comunicatore, il bibliotecario: [...] 3.2 Usa un tono di voce e/o un linguaggio scritto appropriato alla natura della transazione», http://www.aib.it/aib/cen/ifla/rusa0804b.htm.

[46] Louise F. Spiteri, Social discovery tools: extending the principle of user convenience, «Journal of documentation», 68 (2012), n. 2, p. 206-17, DOI: 10.1108/00220411211209195.

[47] Ridi parla del bilico tra «l'utopica ricerca di 'uno sguardo da nessun luogo', neutrale ed equidistante, e l'approntamento di strumenti di ricerca che, per risultare massimamente utili, dovrebbero tenere conto delle caratteristiche e delle esigenze di una utenza specifica», Riccardo Ridi, Etica bibliotecaria. Milano: Bibliografica, 2011, p. 131. Tra quanti hanno trattato questi temi si segnalano Sheila Bair, Toward a code of ethics for cataloging, «Technical services quarterly», 23 (2005), p. 1, p. 13-26, DOI: 10.1300/J124v23n01_02. Anna M. Ferris, The ethics and integrity of cataloging, «Journal of library administration», 47 (2008), n. 3-4, p. 173-190, DOI: 10.1080/01930820802186514. Richard P. Smiraglia, Bibliocentrism, cultural warrant, and the ethics of resource description: a case study, «Cataloging & classification quarterly», 47 (2009), n. 7, p. 671-686. Nik Dragovic, Recognizing cultural diversity in library interface development, «Code4Lib journal», 28 (2015), http://journal.code 4lib.org/articles/10456. Karen Snow, An examination of the practical and ethical issues surrounding false memoirs in cataloging practice, «Cataloging & classification quarterly», 53 (2015), n. 8, p. 927-947, DOI: 10.1080/01639374 .2015.1056571. Richard P. Smiraglia, Bibliocentrism, cultural warrant, and the ethics of resource description: a case study, «Cataloging & classification quarterly», 47 (2009), n. 7, p. 671-686, DOI: 10.1080/01639370903112013.

[48] Molto interessante, anche se solo in giapponese, il catalogo per bambini della National Diet Library del Giappone http://iss.ndl.go.jp/children/top#. Tra le varie funzionalità, la selezione dei kanji da inserire per creare la stringa di ricerca http://iss.ndl.go.jp/children/inputkeyword21?haikasitu=kodomo.

[49] Per una efficace e agile introduzione alle tematiche del design connesse al funzionamento dei processi cognitivi e della memoria a breve termine, Donald A. Norman, La caffettiera del masochista: psicopatologia degli oggetti quotidiani. Firenze: Giunti, 2005.

[50] Donald A. Norman, Cognitive engineering. In: User centered system design: new perspectives on human-computer interaction. Hillsdale: Erlbaum associates, 1986, p. 31-62.

[51] Ivi.

[52] Heather L. O'Brien; Elaine G. Toms, What is user engagement? A conceptual framework for defining user engagement with technology, «Journal of the American Society for Information Science and Technology», 59 (2008), n. 6, p. 938-955, DOI: 10.1002/asi.20801.

[53] Per un'analisi anche di natura etica del fenomeno, L.F. Spiteri, Social discovery tools: extending the principle of user convenience cit.

[54] Per fare un esempio, una ricerca condotta su Bibliotu http://www.bibliotu.it/, il portale delle biblioteche di Roma, scegliendo come autore Zerocalcare produce otto risultati ma solo uno di questi, relativo a Un polpo alla gola, ha ricevuto una valutazione e un commento che assomiglia molto a un riassunto.

[55] Per i dettagli sul servizio, Maria Vittoria Muzzupapa; Marco Stefano Tomatis; Franco Bungaro, Live chat e natural language processing in sinergia per il miglioramento dei servizi bibliotecari, «Biblioteche oggi trends», in corso di pubblicazione, cortesia dell'autrice. Il progetto verrà inoltre presentato durante la 38° IATUL conference (Bolzano, 20 giugno 2017).

[56] Andrea Fabbrizzi, An atlas of classification: signage between open shelves, the Web and the catalogue, «JLIS», 5 (2014), n. 2, p. 101-122, DOI: 10.4403/jlis.it-10068, https://www.jlis.it/article/view/10068/9531 (traduzione italiana).

[57] P. Watzlawick, La realtà della realtà cit., p. 35.

[58] Recenti spunti da un diverso punto di vista in Paola Castellucci, Formiche virtuali o virtuose? Verso un'etica dell'accesso, «AIB studi», 57 (2017), n. 1, p. 51-62, DOI: 10.2426/aibstudi-11555.

[59] La proposta necessita di numerosi approfondimenti: ad esempio, i classici di una disciplina che si suppone siano già posseduti da quanti fanno ricerca potrebbero non comparire mai tra le opere maggiormente ricercate così come non vi comparirebbero alcune pubblicazioni elettroniche già scaricate. Mutuando una caratteristica già presente nelle librerie online, si potrebbe però chiedere di spuntare le pubblicazioni già possedute. Una funzionalità di questo genere permetterebbe, anche accedendo al catalogo dopo una qualche forma di autenticazione, di escludere dai risultati della ricerca tutte quelle pubblicazioni che sono state dichiarate come già possedute o che risultano al sistema come già prese in prestito o scaricate.

[60] Altri elementi di sicuro interesse e che appaiono raramente nei cataloghi sono l'epoca alla quale appartiene un autore e quindi le sue opere, la complessità di un testo, il livello di approfondimento o la lunghezza. Altri suggerimenti in Eric Lease Morgan, Use and understand: the inclusion of services against texts in library catalogs and 'discovery systems', «Library hi tech», 30 (2012), n. 1, p. 35-59, DOI: 10.1108/07378831211213201.

[61] Robert S. Taylor, Question-negotiation and information seeking in libraries, «College & research libraries», 29 (1968), n. 3, p. 178-194, http://crl.acrl.org/index.php/crl/article/view/12027/13473.

[62] P. Watzlawick, La realtà della realtà cit., p. 13.