Da dove cominciamo? Dalle biblioteche o dai bibliotecari? Dalla lettera da inviare al tale sindaco per un bando di concorso poco coerente con le professionalità richieste, o dal comunicato sulla censura annunciata dal talaltro sindaco sulle collezioni delle biblioteche di base e scolastiche? Dal sostegno ai tanti progetti di promozione della lettura e per l'information literacy che (anche) sulle biblioteche fanno leva, o dalla partecipazione alla lobbying del Forum del libro per la rapida approvazione della proposta di legge sul libro e la promozione della lettura, che finalmente fornirebbe, tra l'altro, una visione chiara e di rango normativo primario dei compiti delle biblioteche, dei sistemi bibliotecari e del Servizio bibliotecario nazionale? Dal contrasto alla prospettiva di una biblioteca digitale statale a pagamento, quale sembra profilarsi dalla lettura di alcune leggi e alcuni provvedimenti ministeriali, o dalla pressione sui decisori nazionali ed europei affinché adottino emendamenti migliorativi e non peggiorativi riguardo al 'pacchetto' di direttive sul copyright attualmente in discussione presso le varie autorità? Dall'organizzazione degli eventi già programmati per il 2017, o da una riflessione ad ampio raggio sullo stato di salute della libertà di espressione e sui compiti antichi e nuovissimi delle biblioteche nel mercato dell'informazione? Dai contatti da riprendere, le alleanze da stabilire o consolidare, le collaborazioni da coltivare o da abbandonare, o dal miglioramento dell'organizzazione interna per rendere la nostra azione più agile, puntuale e incisiva? Dall'elaborare una visione di sistema che possa entrare nell'agenda politica delle istituzioni della repubblica, delineando un profilo più nitido del servizio bibliotecario nei diversi contesti e per le diverse fasce di pubblico, o dal cogliere di volta in volta le opportunità e fronteggiare i rischi che si presentano quotidianamente a bibliotecari e biblioteche a livello nazionale e nei territori?
Ovviamente, vanno fatte tutte queste cose le abbiamo fatte e le stiamo facendo , ma il punto è: come definire un ordine di priorità e una conseguente agenda, contemperando la gestione ordinaria, i servizi agli associati, il supporto all'attività delle sezioni e delle altre articolazioni, con l'esigenza di raccogliere le idee e lavorare alla stesura di un programma triennale di ampio respiro? Insediarsi a fine maggio, con una programmazione annuale in gran parte già predisposta e in parte sospesa in vista del rinnovo delle cariche elettive, non facilita il compito: ci si deve immediatamente orientare tra un mare di appuntamenti, scadenze e questioni minute su argomenti i più disparati, con pochissimo tempo per riflettere e prendere decisioni.
Eppure, è proprio dalla prassi quotidiana che, a poco a poco, le brevissime linee di indirizzo che abbiamo pubblicato pochi giorni dopo l'insediamento cominciano a prendere corpo e sostanza. L'AIB è un'organizzazione leggera (siamo quasi tutti volontari), ma complessa e molto estesa, ed è questo il suo, il nostro principale punto di forza: qui s'incontrano l'intelligenza e le passioni di generazioni di bibliotecari di diversa sensibilità e provenienza, provvisti di diverse specializzazioni e attitudini, che insieme offrono un quadro ampio delle molteplici competenze oggi impegnate a supporto della ricerca, dell'apprendimento, della partecipazione attiva dei cittadini alla vita delle comunità, della tutela e valorizzazione delle risorse bibliografiche e che, attraverso la condivisione di valori fondamentali e l'impegno a contribuire alle attività associative, restituiscono una percezione più nitida dell'identità di fondo, della ricchezza e dello spessore sociale e culturale della nostra variegata professione, e anche di quella grande capacità, lavorando insieme, di resistere a decenni di disinvestimento politico e progettuale sulle biblioteche, un disinvestimento che non solo è attestato da tagli ai finanziamenti e riforme che spesso le hanno 'dimenticate', ma è spesso assecondato da una notevole parte (per fortuna non tutta) della dirigenza pubblica, appiattita sull'amministrazione dell'esistente o protesa a compiacere i referenti politici di turno.
Sono da tempo convinta che, se vogliamo costruire il sistema bibliotecario nazionale, infrastruttura necessaria allo sviluppo di efficaci politiche per la crescita civile, l'inclusione sociale e lo sviluppo sostenibile, se vogliamo valorizzare l'attività professionale dei bibliotecari e ottenerne il riconoscimento, se vogliamo affermare la necessità delle biblioteche e dei bibliotecari per accrescere l'istruzione, diffondere il piacere di leggere, favorire il dialogo tra diversi modi di vedere il mondo e assicurare la più ampia disponibilità all'uso pubblico e al riutilizzo innovativo dell'informazione e delle opere dell'ingegno oggi e in futuro nel nostro paese, allora dobbiamo cominciare dall'AIB, dalla consapevolezza che l'AIB è il nostro laboratorio, il nostro cervello collettivo e il nostro principale strumento d'azione, perché non esiste oggi un organismo, pubblico o privato, altrettanto rappresentativo, insieme, della pluralità e unicità del mondo bibliotecario, altrettanto capace di promuovere il dialogo e la sintesi tra conoscenze, esigenze e punti di vista diversi, e altrettanto capace di interloquire, senza condizionamenti e senza arroccamenti, con tutti gli stakeholders e con gli altri attori nella filiera della conoscenza.
Dunque bisogna rapidamente far ripartire la macchina associativa, riorganizzare la segreteria dopo la nomina del nuovo segretario nazionale, distribuire le deleghe all'interno del nuovo Comitato esecutivo nazionale, confermare o rinnovare gli incarichi riguardanti gli 'strumenti operativi' la biblioteca, l'editoria, la formazione, gli eventi, gli osservatori, le commissioni e i gruppi di lavoro confrontarsi con i rispettivi coordinatori e con il Consiglio nazionale dei presidenti regionali, fare in modo che le assemblee regionali e quella nazionale vedano la partecipazione attiva degli iscritti, cosicché il programma per il triennio possa essere effettivamente il programma dell'Associazione italiana biblioteche e non solo 'il programma del CEN', e che la sua stessa stesura sia occasione per una rivisitazione critica delle tesi elaborate finora.
A corollario di quanto sopra, bisogna, da un lato, adottare soluzioni per accrescere la comunicazione e lo scambio tra le diverse articolazioni associative e la loro convergenza su progetti comuni e, dall'altro lato, migliorare la 'inclusività' dell'associazione, ponendosi in ascolto delle ragioni di quanti possono essersene tenuti a distanza negli ultimi anni, da quelle più banali (la complessità della modulistica da compilare per il riconoscimento dello status di associato; la mancata rispondenza dei servizi offerti a quelli attesi secondo le situazioni personali e i diversi contesti lavorativi; il mancato coinvolgimento; qualche disattenzione nella cura dei rapporti personali e nella valorizzazione delle competenze), a quelle che richiederanno una revisione delle nostre regole di funzionamento, a cominciare da quelle per l'iscrizione che, a mio parere, pur garantendo piena coerenza con la legislazione sulle associazioni professionali, possono e devono essere rese più ospitali: sia nei confronti di quanti partecipano alla vita associativa perché interessati a essere parte attiva di un progetto comune e non a conseguire attestati, sia nei confronti di coloro che, pur non essendo provvisti di tutti i titoli di studio richiesti, possono dimostrare di essere a pieno titolo bibliotecari in virtù di percorsi di apprendimento e autoapprendimento ineccepibili.
E soprattutto ci sono i colleghi più esposti, coloro che oggi fanno i bibliotecari e domani finiscono in un call center perché di lavoro in biblioteca ce ne sarebbe, e tanto, ma l'offerta di lavoro retribuito è scarsa. Stiamo facendo proprio tutto quanto possiamo per stare dalla loro parte, dalla parte del futuro delle biblioteche, oppure ci sono nuove vie da esplorare? A questo interrogativo dobbiamo impegnarci a trovare risposte. Di sicuro, in tempi di disoccupazione a due cifre e con una legislazione sul lavoro che non aiuta a prevenire dinamiche perverse, o forme di assurda concorrenza tra gli ultimi della catena che mortificano gli entusiasmi e la dignità personale, quanti tra noi hanno avuto più fortuna e possono contare su un lavoro stabile e sufficientemente remunerato hanno la responsabilità di affermare per primi che, se la biblioteca deve essere 'aperta', e deve essere aperta, è necessario assicurare, mediante appropriate politiche di reclutamento, quel normale ricambio generazionale che contribuisce a farne 'un organismo in crescita'.
Insomma, le cose da fare sono tante, ma ci incoraggia qualche primo piccolo segnale che ci siamo incamminati sulla strada giusta. Del resto, non cominciamo certo da zero: siamo eredi di una storia antica e illustre e l'AIB è arrivata a essere ciò che è grazie alla dedizione di tutti coloro che ci hanno preceduto: dobbiamo essere all'altezza della nostra tradizione, consapevoli del nostro passato per coltivare l'ambizione a costruire il futuro.