Il bibliotecario del digitale: quale riconoscimento?

di Raffaele De Magistris

Preliminare una promessa/premessa: riuscirò ad annoiare profondamente tutti voi presenti. Negli anni ho avuto modo, infatti, di constatare come l'argomento di questa relazione risulti piuttosto ostico alla sensibilità di noi bibliotecari, le cui corde sono invece con ben più intensità toccate dai contenuti di natura scientifica (catalogazione, reference, digitale, web ecc.).
Per non poche delle considerazioni e delle idee formulate nel contributo sono debitore all'esperienza pluriennale maturata in seno a vari organi dell'Associazione italiana biblioteche: nell'Osservatorio lavoro e professione (OLAVeP), anche in veste di coordinatore e di delegato CEN; poi nei gruppi di lavoro sui profili professionali, interni a OLAVeP o costituiti per supportare la rappresentanza dell'AIB nella redazione della Norma UNI; e in ultimo come componente della Commissione di attestazione degli associati, incarico che tutt'ora rivesto. Tutto ciò - ed è bene precisarlo da subito - mi porterà ad adottare un punto di vista essenzialmente pragmatico, attento più che altro alle problematiche di natura tecnico-normativa, con un occhio sempre rivolto al mercato del lavoro e alle possibilità di occupazione.
Se questo è il taglio, non vorrei tuttavia si pensasse che, da parte mia, manchi la consapevolezza di "tutto quanto sta dietro", ossia la consapevolezza di come la figura del bibliotecario emerga da un tessuto connettivo dove si tengono legati a filo doppio utenti, società civile, modelli e stili di servizio, tipologie di risorse. In altri termini so perfettamente che una figura di bibliotecario al di fuori della realtà concreta delle biblioteche non ha ragione di esistere; e che le biblioteche, come stamattina già è stato sottolineato, sono degli "organismi viventi". E c'è, in me, come credo in tutti noi, la speranza o la presunzione di credere che di questo organismo vivente, il bibliotecario costituisca il cervello, il motore che mette in moto e fa funzionare e progredire l'intera struttura.
Il focus dell'intervento ruota quindi intorno a un duplice approccio al termine "riconoscimento". Il primo si colloca all'interno di una sfera semantica di matrice più propriamente "culturale"; il secondo in una dimensione più "politicamente funzionale", una dimensione, ripeto, sicuramente meno affascinante della prima, ma con la quale dobbiamo giocoforza misurarci, specie in un contesto di crisi quale l'odierno, se vogliamo ragionare concretamente di quali opportunità di lavoro possono/potrebbero offrirsi, nello specifico, a quella categoria specializzata che, nel titolo dell'intervento ho denominato - forse in modo imperfetto - "bibliotecario del digitale".
A questo riguardo la domanda fondamentale da porci, a mio avviso, è se, nel contesto lavorativo, normativo e istituzionale dei nostri giorni, risulti più proficuo, per l'AIB e l'intera categoria professionale, puntare sul riconoscimento di un profilo unico di bibliotecario, o piuttosto dare risalto (non tanto nelle elaborazioni scientifiche, quanto nelle interlocuzioni con i diversi soggetti politici e istituzionali) alla pluralità di specializzazioni in cui tale profilo può essere, anche con giuste ragioni, declinato; tra le quali quella del "bibliotecario del digitale" rappresenta senza dubbio una delle più "gettonate", seconda soltanto, forse, alle ormai standardizzate "bibliotecario catalogatore" e "bibliotecario conservatore".
Al posto di una risposta secca, può forse rivelarsi più istruttivo ripercorrere rapidamente alcune tappe significative del cammino che, nell'ultima decina d'anni, ha caratterizzato le diverse elaborazioni e definizioni del profilo professionale del bibliotecario, un cammino nel quale si sono cimentati alcune regioni - prima fra tutte la Lombardia, seguita dalla Liguria -, enti come l'ISFOL e l'ISTA e, tra i principali protagonisti per quanto la citi per ultima, l'Associazione italiana biblioteche.
Oggi, come noto, si è per così dire chiuso un ciclo, e in materia di riconoscimento di professioni non regolate, a fare da bussola è la l. n. 4 del 14 gennaio 20131. Questa, in estrema sintesi, definisce due possibili forme di validazione della qualificazione della prestazione professionale, una fondata sulla certificazione di conformità alla norma tecnica UNI, rilasciata da un ente di certificazione accreditato da Accredia2; l'altra derivante dall'attestazione - relativa ai titoli di studio e agli standard di qualità e di qualificazione professionali necessari per essere iscritti - in capo a una associazione professionale riconosciuta, ossia, per quanto concerne i bibliotecari, all'AIB, la sola associazione di settore per adesso in possesso dei requisiti richiesti3. Le due modalità di riconoscimento non sono interdipendenti e possono essere conseguite tramite due iter distinti a disposizione del professionista.
Tra i punti più rilevanti della l. 4/2013 vi è la previsione che le associazioni assicurino la «precisa identificazione delle attività professionali cui l'associazione si riferisce»4, le cui implicazioni, in termini di profili professionali, sono facili da immaginare.
Prima ancora che la l. 4/2013 vedesse la luce, l'AIB incominciò ad attrezzarsi, istituendo, nel 2011, un apposito Sottogruppo di lavoro OLAVeP, col compito di fare il punto sullo stato dell'arte e di lavorare alla stesura di profili professionali di riferimento per l'associazione 5.
Quando nacque, il Sottogruppo OLAVeP poteva avvalersi, di fatto, di due uniche esperienze concrete: il profilo di Funzionario bibliotecario dell'attuale Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo 6, ma, soprattutto, i profili elaborati dalla Regione Lombardia, che anche in questa materia si era dimostrata tra le regioni all'avanguardia in Italia, emanando per prima un Atto di indirizzo nel 20047.
Si tratta in quest'ultimo caso, come noto, in totale di otto profili, di cui sette discendenti dal profilo di Bibliotecario di base. Innanzitutto tre profili professionali in senso stretto: oltre al citato Bibliotecario si contano il Direttore di biblioteca e il Coordinatore di Sistema bibliotecario. Questi erano intesi come figure professionali effettivamente "riconosciute" e dotate di modalità di accesso e di inquadramento autonomi. Ad essi vanno ad aggiungersi altri cinque profili di competenza, intesi come definizione di competenze aggiuntive a quelle del Bibliotecario di base, da impiegarsi in situazioni organizzative di maggiore complessità: il Bibliotecario catalogatore, il Bibliotecario conservatore, il Bibliotecario dei servizi di reference, il Bibliotecario della sezione ragazzi e infine il profilo che in questa sede ci interessa di più, il Bibliotecario dei servizi multimediali. Naturalmente ci troviamo davanti, in quest'ultimo caso, a un profilo fortemente contestualizzato, in linea con la tipologia di biblioteche a cui si rivolgeva la Regione (precipuamente le biblioteche di pubblica lettura), ma anche con il periodo in cui è stato elaborato. Siamo poco più che agli albori delle sezioni multimediali, per cui il Bibliotecario multimediale si occupa a tutto tondo della gestione di attività e servizi legati a risorse audio e video sia analogiche che digitali. Si può affermare che il Bibliotecario dei servizi multimediali della Regione Lombardia rappresenta il pioniere, il capostipite delle varie figure di Bibliotecario del digitale avanzato.
Allo schema della Lombardia si atterrà, parecchi anni dopo, la Regione Liguria, la cui Giunta regionale, nel 2012, delibera un Atto di indirizzo8 che prevede un pacchetto di cinque figure professionali. Due sono di tipo verticale: Bibliotecario e Direttore di Biblioteca o di Sistema Bibliotecario; le restanti tre connotano invece delle figure specialistiche: Bibliotecario conservatore, Bibliotecario per ragazzi, Bibliotecario specialista di informatica documentale e bibliotecaria. Nello specifico, per quest'ultima figura, è indicato il possesso, preferibilmente, di un titolo di studio universitario di ambito informatico o comunque scientifico o tecnologico.
Da citare solo per dovere di cronaca la classificazione delle professioni descritta dall'Istat in collaborazione con l'Isfol9, fino a oggi contrassegnata da un estremo disordine e in cui compare di tutto, tranne che il bibliotecario digitale. La professione Bibliotecario è inclusa tra le professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione10. Nell'ambito dell'unità professionale si definiscono come "esempi di professione" (in sostanza quasi ritenendoli sinonimi), accanto a quello del Bibliotecario, gli altri di Conservatore di biblioteca, Direttore di biblioteca, Ispettore bibliografico. Come unità professionali affini, classificate altrove, si elencano invece: Archivisti, Tecnici delle biblioteche, Assistenti di archivio e di biblioteca11. Parallela a questi, si ritrova, nella classificazione ISFOL, la nebulosa della voce Addetti a biblioteche e professioni assimilate, con le sue voci satellite di Addetto al prestito libri in biblioteca, Addetto di biblioteca circolante, Assistente distributore di biblioteca, Distributore di biblioteca12. Ad accrescere la confusione di qualifiche e mansioni contribuisce il guazzabuglio dei livelli EQF (European qualification framework) attribuiti a ciascuna figura, su cui tornerò più avanti.

Il Sottogruppo di lavoro OLAVeP si indirizzò da subito nel solco tracciato dai profili della Regione Lombardia. Fu una scelta sua, ma non solo. A spingere verso una concezione che evidenziasse le differenziazioni - o ad avallarla - era l'Associazione nel suo insieme, dai principali organi politici, in primo luogo il CEN e il CNPR, alle rappresentanze scientifiche, come le Commissioni nazionali. In quel momento, tra le due opposte tendenze, quella "centripeta", che riteneva pericoloso frazionare la professione in una molteplicità di profili, e quella "centrifuga", propensa a valorizzare e formalizzare in figure professionali specifiche le differenti forme di attività, prevalse nettamente quest'ultima.
Richard e Daniel Susskind, in un bel libro sul futuro delle professioni pubblicato nel 201513, dicono che un ordine professionale è definito da quattro componenti. Due fanno capo alla sfera dei valori "culturali-professionali-deontologici", per cui innanzitutto devono esserci: a) una conoscenza specialistica; b) dei valori condivisi. Le altre due invece presumono il possesso di requisiti che dipendono da condizioni regolamentari e di "strategia politica": c) un accesso con delle credenziali; d) l'attività deve essere regolata.
In ambito AIB, lo sguardo è stato difficilmente rivolto alle implicazioni che riguardano le ultime due questioni.
In un contributo apparso nel 2013 su «AIB studi»14 ho sostenuto, non senza un po' di voluta provocazione, che l'Associazione deve ancora completare la sua metamorfosi in una vera associazione professionale (anche, perché no? con una forte accentuazione lobbistica), alleggerendo la tradizionale fisionomia di associazione culturale e tecnico-scientifica, tranne laddove queste caratteristiche servano a supportare le sue finalità di rappresentanza professionale.
Prendiamo ad esempio la figura professionale di nostro interesse: quella del Bibliotecario del digitale. Che poggi su una solida base tecnico-scientifica è fuor di dubbio. A testimoniarlo ci soccorre una saggistica ormai fluviale.
In merito, in Italia, durante il periodo fine 2012 inizio 2013, va ricordato il Seminario di studio Oltre la biblioteca e i bibliotecari: professioni necessarie per la biblioteca accademica di ricerca, organizzato a Roma nel novembre 2012 da CNUR e AIB Lazio15. A partire dalle relazioni presentate al Seminario, la sezione Note e discussioni di «AIB studi» gennaio-aprile 2013 è stata dedicata ai profili professionali emergenti nella biblioteca accademica, ospitando contributi di numerosi studiosi preceduti da una nota introduttiva di Maria Cassella16.
A corollario di queste riflessioni la CNUR chiese con forza al CEN e a OLAVeP che il Sottogruppo tenesse in considerazione, tra i profili a cui stava lavorando, quelli degli operatori "universitari/digitali". E, dietro invito del Sottogruppo a collaborare alla stesura del profilo (analoga richiesta il Sottogruppo rivolse, anche per altri profili, a diversi esperti e associazioni professionali)17, inviò un documento che descriveva, nell'insieme, nove profili filiati dall'attività che ho appena enunciato18.
In breve, OLAVeP ha chiuso il mandato consegnando al CEN dodici profili: un profilo base di Bibliotecario, che costituisce il nucleo dell'intera costruzione; due profili di natura verticale: Direttore di biblioteca e Coordinatore di sistema (descrivono figure di carattere manageriale); nove profili di natura orizzontale, specializzazioni di tipo tecnico, tipologie di figure consolidate nella prassi lavorativa quotidiana, che non individuano figure di rango più elevato rispetto al Bibliotecario di base: Bibliotecario catalogatore, Bibliotecario di reference, Bibliotecario conservatore, Bibliotecario musicale, Bibliotecario biomedico, Bibliotecario dei servizi per bambini e ragazzi, Bibliotecario documentalista, Bibliotecario documentalista scolastico, e infine, quello che interessa in questa sede, il Bibliotecario dei servizi digitali.
Un impianto di questo genere ha mostrato tutti i suoi punti deboli nel giro di poco tempo, soprattutto, ma non solo, in relazione alla discussione che ha accompagnato la redazione della norma UNI sulla figura professionale del bibliotecario19.
Provo a riassumere stringatamente quelle che, a mio parere, rappresentano le principali criticità.
Intanto, a badarci, i nove profili orizzontali sono frutto di un ibrido concettuale. Alcuni di essi, infatti, hanno un carattere funzionale, si legano cioè a specifiche attività che possono essere svolte in qualsiasi tipo di biblioteca (come il Bibliotecario catalogatore). Altri sono, al contrario, profili tipologici, la cui attività si può prevedere soltanto in alcune biblioteche particolari o in presenza di specifiche varietà di documenti (esempi tipici: Bibliotecario per bambini e ragazzi o Bibliotecario musicale).
Soprattutto, però, dodici profili e, in particolare, nove profili orizzontali sono decisamente troppi. Attualmente, rappresenterebbe un "suicidio politico" parcellizzare in un ventaglio così ampio di figure specializzate una professione che deve ancora ottenere l'imprimatur di una codifica "ufficiale" negli ordinamenti istituzionali e nella mentalità collettiva; una professione, come dire? "tutta da scoprire" non solo per la società civile, ma, spesso, per i nostri stessi stakeholders.
C'è da chiedersi, inoltre, se confinarsi entro profili eccessivamente specialistici, di nicchia, non possa diventare un boomerang per gli stessi bibliotecari, penalizzando in special modo gli "operatori privati", (crudamente: la schiera sempre più folta dei "senza posto fisso") specie in una fase di contrazione dell'offerta. Quante sedi di lavoro sono (e saranno ancor più nell'immediato futuro) disponibili esclusivamente per il Bibliotecario musicale? Oppure, restando nel campo del digitale, per un ipotetico Repository manager? E il bibliotecario chiamato a un contratto per la "schedatura e digitalizzazione" di 5.000 volumi di una biblioteca scolastica, dovrà provenire dai Bibliotecari documentalisti scolastici, dai Bibliotecari catalogatori o dai Bibliotecari digitali?
Questa logica "moltiplicatoria" può rivelarsi deleteria: più frammentiamo all'interno della professione e più generiamo confusione, soprattutto all'esterno, nel mondo istituzionale e del lavoro che ci circonda e che dei requisiti e contenuti della nostra professione conosce ben poco, come dimostra, ad esempio, la pletora di denominazioni con cui ancora oggi troviamo inquadrati nelle piante organiche degli Enti locali le figure del Bibliotecario e dell'Assistente bibliotecario.
Il che non vuol dire che alle "specializzazioni" acquisite da ciascuno nel tempo, non vadano attribuiti il rilievo e l'importanza che meritano. A questo proposito, mi pare che puntuali tipologie di Dossier, come il Portfolio a cui l'AIB sta lavorando, se adeguatamente avvalorati e rafforzati da una "certificazione" UNI o una "attestazione" di associazione professionale, possano giocare un ruolo notevole nel facilitare e rendere più trasparente il rapporto tra "domanda del committente" e "offerta del professionista". In presenza infatti di una "garanzia" sulla qualificazione professionale generale, il Dossier diventa lo strumento, la bacheca su cui far incontrare specifiche competenze ed esperienze lavorative del bibliotecario con i "desiderata" dell'ente, istituto o società di servizi che ne ha bisogno: più o meno come quando, tra due cardiologi, entrambi distintisi per le loro doti, si sceglie il più idoneo sulla scorta della sua storia professionale.
Piuttosto che sul riconoscimento formale (mediante certificazione o attestazione) di profili professionali specialistici, in questa fase, conviene forse concentrarsi su altre questioni, al fine di puntualizzare e difendere il sistema e il livello di conoscenze, abilità e competenze occorrenti per svolgere la nostra professione.
Qui mi limito a richiamarne tre, senza approfondirle.
Prima questione: si avverte urgente la necessità di armonizzare i livelli EQF tra le professioni afferenti ai beni culturali, livelli che oggi, tra l'altro, vanno spesso a discapito della figura del bibliotecario. Eclatanti le disparità tra il bibliotecario e l'archivista: per gli archivisti la Norma UNI prevede i livelli 6, 7 e 8 contro i nostri 6 e 720, mentre nel Repertorio ISFOL esistono addirittura due livelli di scarto: livello 5 per i bibliotecari, contro il 7 per gli archivisti21.
Seconda questione: sono da monitorare con attenzione gli effetti potenziali di provvedimenti emanati dopo la l. 4/2014, nella fattispecie la l. 22 luglio 2014, n. 110, recante modifiche al Codice dei beni culturali in materia di professionisti addetti a tali beni22 e la l. 29 luglio 2014, n. 106, più nota come Art Bonus23. La l. n. 110/2014 introduce un nuovo soggetto, il MIBACT, con prerogative e competenze che vanno ad affiancarsi o a sovrapporsi a quelle contemplate dalla l. 4/2013 a favore delle associazioni professionali, dell'UNI e degli organismi di certificazione. Preoccupante soprattutto il "combinato disposto" con la l. 106/2014, dove, all'art. 8, si prevede che, per esigenze temporanee di accoglienza, assistenza, tutela e conservazione, lo Stato, le regioni e gli altri Enti pubblici territoriali possono impiegare, mediante contratti di lavoro a tempo determinato, professionisti competenti (tra cui i bibliotecari) di età non superiore a 40 anni. A decorrere dall'istituzione presso il MiBACT degli elenchi nazionali previsti dalla l. 110/2014, i contratti saranno riservati unicamente ai professionisti iscritti in quegli elenchi.
Si intuisce agevolmente come il mondo della professione debba vigilare e collaborare affinché non si determinino discordanze eclatanti tra UNI, associazioni professionali e MiBACT in tema di requisiti di accesso alla professione e di aggiornamento permanente. Da non sottovalutare, inoltre, il rischio di due forme di discriminazione: che gli elenchi MiBACT finiscano per godere di una condizione di privilegio, forzando i principi ispiratori della l. 4/2013; che il limite di quarant'anni d'età (trentacinque nel precedente d.l.) penalizzi tanti "ex giovani" ormai ultraquarantenni, già drammaticamente colpiti dalla crisi.
Terza questione: il moltiplicarsi di istanze legate al riconoscimento di mansioni o a progressioni di carriera da parte di chi opera in settori "di confine", specie nel campo delle nuove tecnologie, può destabilizzare il quadro di professioni come la nostra. A titolo esemplificativo sottolineo come sia da presidiare l'iter di una eventuale Norma UNI sulla figura del Professionista della digitalizzazione documentale, patrocinata tra gli altri dall'Associazione nazionale per operatori e responsabili della conservazione digitale (ANORC Professionisti)24. L'elaborazione della Norma è giunta, nel giugno 2015, fino alla fase della "inchiesta pubblica preliminare"25. In merito ai contenuti professionali di questa figura e all'utilità pratica di una sua codificazione, si manifestarono tuttavia all'epoca, e continuano a manifestarsi, tali profonde divergenze e voci di dissenso (anche in seno alla Commissione documentazione e informazione della stessa UNI) da indurre, per il momento, al congelamento della Norma26.
Naturalmente - e il discorso vale per questa come per altre analoghe aree a cui si sono estese le competenze del bibliotecario - le azioni di denuncia e di difesa non bastano, ma devono essere associate a capillari programmi di advocacy bibliotecaria, di divulgazione della "modernità" della nostra professione, che ne mettano in luce i risvolti sociali e tecnologici e smontino il luogo comune dei "depositi polverosi di libri".

Ritornando al nucleo centrale dell'intervento, penso di poter concludere, per quel che mi concerne, che sia l'UNI sia l'AIB hanno giustamente optato per una declaratoria unica della professione del bibliotecario, senza dare evidenza di qualificazione professionale (vale a dire un riconoscimento "formale") ad alcuna ripartizione specialistica.
Il Regolamento di iscrizione dell'AIB27, approvato il 29 novembre 2013, all'art. 2 dà una definizione sintetica, quanto esaustiva e chiara, della professione nella sua globalità, che si è rivelata molto utile e funzionale anche per la Commissione di attestazione. Posso infatti assicurare, da suo componente, che per la Commissione risulterebbe parecchio complicato incasellare un bibliotecario in uno o più profili specialistici, in assenza, allo stato, di una griglia analitica suffragata da parametri e dati oggettivi.
Ovviamente un punto di riferimento essenziale per tutti costituisce la Norma UNI 11535 sulla figura professionale del Bibliotecario, ratificata il 3 luglio 201428.
La Norma nasce nell'ambito della Commissione tecnica UNI documentazione e informazione - GL 7: Qualificazione delle professioni per il trattamento di dati e documenti29. Al GL 7 l'AIB ha dato un contributo determinante, grazie alla partecipazione diretta dell'allora vicepresidente, e in seguito presidente, Enrica Manenti30.
Nella figura professionale di bibliotecario descritta dalla Norma UNI confluiscono, in buona sostanza, benché portati a sintesi, i dodici profili del Sottogruppo OLAVeP.
I profili verticali sono ripresi specialmente nelle attività 7 e 8, tipiche del management, ma anche, direi, nel fatto che la Norma prevede due livelli EQF, il sesto e il settimo, a seconda del grado di competenze e di responsabilità richieste.
Tra i profili orizzontali sono, tuttavia, sviluppati soprattutto i profili di natura funzionale, legati ad attività "trasversali", che possono essere svolte in qualsiasi tipo di biblioteca.
La figura del bibliotecario viene definita attraverso cinque compiti fondamentali. Tra essi quello che riguarda più da vicino il Bibliotecario digitale è il quarto compito: «Acquisire e gestire i sistemi informativi alimentati dalla biblioteca»31.
A loro volta i compiti fondamentali sono concretamente declinati in nove attività32.
Al compito quattro corrisponde l'attività 5: Acquisizione e gestione della strumentazione, delle attrezzature e dei sistemi informativi33. Dell'attività 5 la UNI fornisce una descrizione suddivisa in quattro linee di azione: Pianificazione e gestione della strumentazione, delle attrezzature e dei sistemi informativi; Organizzazione della produzione di dati e di documenti digitali; Manutenzione e monitoraggio degli apparati; Gestione della sicurezza dei dati34.
Per la stessa attività 5 è contemplata una gamma molto cospicua e articolata di conoscenze, abilità e competenze, più d'una delle quali rimanda chiaramente a discipline e materie "di confine", informatiche o in generale tecnologiche35.
Nell'ambito della Norma UNI l'attività 5 può essere considerata il core content della figura del bibliotecario digitale, ma essa non esaurisce affatto i riferimenti che a questa figura si possono rintracciare nella Norma. Conoscenze, abilità e competenze variamente collegabili al profilo del bibliotecario digitale si incontrano infatti anche all'interno di altre attività.
Ad esempio, nell'attività 4, Conservazione e tutela dei documenti, tra le abilità richieste vengono elencate: «valutare lo stato dei documenti da sottoporre a digitalizzazione»; «valutare le tecnologie digitali da adottare»; «verificare la necessità di conversioni periodiche del formato degli archivi digitali»36. E ancora, nell'attività 3, Descrizione e indicizzazione dei documenti e produzione dati, tra le competenze è indicata quella di «determinare le strutture di metadati», che si sostanzia a sua volta in tre abilità: «applicare la sintassi dei metadati»; «applicare regole per collezioni di elementi di dati»; «validare la coerenza strutturale dei dati»37.
Infine, in determinate attività previste dalla Norma è possibile enucleare varie competenze che convergono con quelle tipiche del bibliotecario digitale, quando non vi si attaglino espressamente. Per limitarci a un solo esempio, all'interno dell'attività 1, Progettazione e sviluppo delle raccolte, il bibliotecario del digitale può avere molti addentellati con le seguenti due competenze: «organizzare le acquisizioni»; e «selezionare le risorse documentarie acquisite o prodotte». Anzi, tra le abilità che contribuiscono a formare quest'ultima competenza vediamo esplicitamente evidenziata quella di «gestire le licenze d'uso e l'accesso on line per le risorse digitali»38.
Mi avvio a conclusione proponendo, come suol dirsi, uno spunto di riflessione, il seguente: in futuro avrà un significato (nella professione, nell'immaginario collettivo ecc.) un ipotetico profilo di bibliotecario del digitale?
Partiamo da un'evidenza: già oggi non poche delle canoniche attività del bibliotecario si basano di fatto su un complesso di conoscenze e competenze che potremmo definire attinenti alla fisionomia del bibliotecario digitale. Basti pensare ai tradizionali settori della catalogazione e del trattamento dei documenti (attività 2 e 3 della Norma UNI); o ancora ad alcuni consueti servizi di front office (attività 6 della Norma UNI): dal reference a servizi quali "Chiedi al bibliotecario" o "Risposte a domande frequenti". Né va dimenticato che spesso al bibliotecario è richiesta anche la realizzazione e implementazione del sito web della biblioteca, oltre alla conclamata padronanza dei social network. Attività, tutte, che tanto più rientrano nel bagaglio professionale del bibliotecario quanto più le tecnologie che le sottendono diventano "amichevoli" (si pensi alla diffusione dei content management system). Insomma, sotto tanti aspetti, un bel po' di "futuro" è già qui; e a questo futuro/presente i bibliotecari hanno ormai dedicato, lo dicevo prima, una mole considerevole di studi e occasioni di riflessioni39.
Il "digitale avanzato" si sta facendo strada pure in settori di attività per i quali difficilmente avremmo ipotizzato grandi prospettive di impiego, quali la promozione della biblioteca e le visite guidate o, su un altro versante, l'analisi della logistica dei servizi. Mi limito ad accennare esclusivamente a due tipi di sperimentazioni di cui sono stato testimone, principalmente nell'ambito di Cultura crea, il programma di Invitalia finalizzato a creare e sviluppare iniziative imprenditoriali nell'industria culturale-turistica e no profit nel Sud Italia40.
Il primo tipo di progetti (e so di una startup anche ammessa ai finanziamenti) ha l'obbiettivo di realizzare una app rivolta al settore culturale-turistico, di grande interesse anche per le biblioteche, perché fornirebbe agli utenti (laddove possibile anche in remoto) sia la disponibilità di audio-guide alle sedi e al patrimonio culturale (si pensi all'illustrazione di testi preziosi ecc.), sia interazioni "AR" o cosiddette di "realtà aumentata" (ad esempio: il visitatore, sul suo telefonino, potrebbe vedere all'opera un copista o un miniatore, o "aggirarsi" in una sala storica animata da personaggi d'epoca).
Il secondo tipo di progetti riguarda invece l'applicabilità in biblioteca di un insieme di tecnologie che grossolanamente definisco di "geolocalizzazione" del pubblico e dei suoi flussi, ad esempio per una più razionale disposizione di spazi, attrezzature e servizi.
Provo a tirare le somme. Ho descritto in precedenza due categorie di profili bibliotecari "di specializzazione": i profili funzionali, che si collegano a specifiche attività, praticabili in qualsiasi tipo di biblioteca, e i profili tipologici, che si occupano esclusivamente di documenti speciali, per lo più in biblioteche particolari. Vorrei rilevare come la figura del bibliotecario del digitale, a differenza delle altre, appaia difficilmente inquadrabile in una sola di tali categorie; a ben vedere, può essere ascritta a entrambe, o meglio a nessuna.
Questo perché, dal punto di vista logico, culturale e professionale, la figura del bibliotecario del digitale si configura non come un segmento, non come una porzione del bibliotecario dell'analogico - cioè del bibliotecario tout court (per come ha imparato a conoscerlo la mia generazione), che si è formato e ha operato fino agli anni Settanta in ambiente "non digitale" - bensì ne costituisce la continuazione, la naturale evoluzione storica e professionale. Oggi, ancora ne parliamo come di due tipologie distinte (qualcuno si ostina a vederle in contrapposizione), perché siamo alle prese con una civiltà e quindi con una biblioteca cosiddette "ibride". Con l'attuale tasso di accelerazione del digitale, perché mai domani, un domani a mio avviso neanche lontano - diciamo da qui a trent'anni, non di più - dovremmo ancora discutere di "specializzazioni" come quella del bibliotecario del digitale? Non esisteranno solamente biblioteche e bibliotecari digitali? Dopodomani non so, il "futuro remoto" non oso nemmeno figurarmelo.

NOTE

L'articolo è tratto dalla relazione tenuta al diciottesimo workshop di Teca del Mediterraneo "Il futuro delle biblioteche: nuovi ruoli nell'universo digitale" (Bari, 7 aprile 2017).
Ultima consultazione siti web: 11 dicembre 2017.

[1] L. 14 gennaio 2013, n. 4, Disposizioni in materia di professioni non organizzate, in vigore dal 26/01/2013.

[2] Ivi, artt. 6 e 9.

[3] Ivi, artt. 7 ed 8.

[4] Ivi, art. 5, c. 1, lett. b.

[5] Il Sottogruppo era composto da Rachele Arena, Nerio Agostini, Raffaele De Magistris. In merito alla sua attività è utile consultare la densa relazione di Rachele Arena e Ilario Ruocco (Osservatorio lavoro e professione AIB), Lavorare in biblioteca nell'Italia di oggi: una prima ricognizione quantitativa e qualitativa, tenuta al 58° Congresso nazionale dell'Associazione italiana biblioteche "Quale lavoro in biblioteca? Riconoscimento professionale e valorizzazione della professione bibliotecaria" (Roma, Università Roma Tre, 28-29 novembre 2013), Terza sessione "Lavorare in biblioteca, fra vecchie storie e nuove sfide" (29 novembre 2013), ora in Il futuro della biblioteca e della professione: atti del 57° e 58° Congresso nazionale AIB, a cura di Andrea Marchitelli, Enrica Manenti. Roma: Associazione italiana biblioteche, 2015.

[6] Vedi l'Accordo concernente l'individuazione dei profili professionali del Ministero per i beni e le attività culturali sottoscritto tra Direzione generale per l'organizzazione, gli affari generali, l'innovazione, il bilancio e il personale e le Organizzazioni sindacali il 20 dicembre 2010.

[7] Regione Lombardia, Delibera di Giunta regionale del 26 marzo 2004, n. VII/16909: Profili professionali e profili di competenza degli operatori delle biblioteche di enti locali e di interesse locale.

[8] Regione Liguria, Delibera di Giunta regionale del 9 marzo 2012, n. 256: Atto di indirizzo sui contenuti delle professionalità del personale addetto ai servizi bibliotecari.

[9] A partire dal 2011 l'Istat ha adottato la nuova classificazione delle professioni CP2011, frutto di un lavoro di aggiornamento della precedente versione (CP2001): https://www.istat.it/it/archivio/18132.

[10] Vedi classificazione 2.5.4.5.2 http://cp2011.istat.it/index.php?idFamiglia=1&idIndice=1&flag=1&codice=2.5.4.5.2 o anche a partire da: http://fabbisogni.isfol.it/professioni_navigazione.php?flag_ricerca=0&tipo_ricerca=1&tip_ricerca=3&parola=bibliotecario&uno=2.

[11] Nell'ordine classificati a: 2.5.4.5.1, 3.4.4.2.2, 3.3.1.1.2.

[12] La voce ha come classificazione 2.4.4.2.2.0. Vedi a partire da http://fabbisogni.isfol.it/professioni_navigazione.php?flag_ricerca=0&tipo_ricerca=1&tip_ricerca=3&parola=addetto alle biblioteche e professioni assimilate&uno=4.

[13] Richard Susskind; Daniel Susskind, Future of the professions: how technology will transform the work of human experts. Oxford, United Kingdom: Oxford University Press, 2015.

[14] Raffaele De Magistris, Il riconoscimento delle professioni non regolate e la legge n. 4 del 14 gennaio 2013, «AIB studi», 53 (2013), n. 3, p. 239-260, DOI: 10.2426/aibstudi-9074.

[15] "Oltre la biblioteca e i bibliotecari: professioni necessarie per la biblioteca accademica di ricerca", Seminario di studio CNUR e AIB Lazio, organizzato da Università degli studi Roma Tre, Associazione italiana biblioteche, EBSCO, (Roma 5 novembre 2012), http://www.aib.it/attivita/2012/27882-professioni-biblioteca-accademica/.

[16] «AIB studi», 53 (2013), n. 1, Le professioni per le biblioteche accademiche di ricerca: Maria Cassella, Il bibliotecario accademico tra passato, presente e futuro: alcune considerazioni a margine di un seminario CNUR/AIB Lazio sui profili professionali emergenti nella biblioteca digitale; Paola Gargiulo, L'electronic resources librarian fra competenze vecchie, nuove e future; Pierfranco Minsenti, Il discovery services librarian; Maddalena Morando, Repository manager: nuovi scenari per i bibliotecari accademici a supporto della ricerca; Ellis Sada, Liliana Gregori, Paolo Sirito, Un bersaglio mobile: l'evoluzione dei profili degli information professional alla luce dei nuovi scenari accademici; Maurizio Vivarelli, Alcune osservazioni a proposito della formazione del bibliotecario.

[17] Hanno fornito una preziosa collaborazione: Luisa Marquardt per il profilo del Bibliotecario documentalista-scolastico; l'International Association of Music Libraries, Archives and Documentation Centres - IAML Italia per il profilo del Bibliotecario musicale; l'Associazione Gruppo italiano dei documentalisti dell'industria farmaceutica e degli istituti di ricerca biomedica (GIDIF-RBM) per il profilo del Bibliotecario biomedico e la Commissione nazionale AIB biblioteche delle università e della ricerca CNUR per il profilo del Bibliotecario dei servizi digitali.

[18] La declaratoria comprendeva sette profili specialistici e due sottoprofili per il bibliotecario accademico: 1 - Scholarly communication librarian; 1.2 - Repository manager; 2 - Copyright and licensing librarian; 3 - Semantic librarian; 4 - Metadata librarian; 4.1 - Data librarian; 5 - Electronic resources (ER) librarian; 6 - Digital service librarian; 7 - Knowledge manager.

[19] Al riguardo mi sia consentito rinviare all'intervento tenuto al Convegno organizzato a Trieste nel 2013 dal MAB Friuli Venezia Giulia sul tema "Le professioni dei beni culturali: affinità, differenze, sviluppi futuri", dove già esprimevo (anche in una sorta di mea culpa) alcune perplessità di varia natura sui profili OLAVeP: Raffaele De Magistris, Il profilo professionale del bibliotecario. In Le professioni dei beni culturali: affinità, differenze, sviluppi futuri. Atti del Convegno MAB FVG. Trieste, 13 dicembre 2013, a cura di Cristina Cocever. Trieste: EUT Edizioni Università di Trieste, [2014], p. 15-26, [ebook: formato PDF].

[20] UNI - Ente italiano di normazione. UNI 11536:2014: Qualificazione delle professioni per il trattamento di dati e documenti. Figura professionale dell'archivista: requisiti di conoscenza, abilità e competenza. [Milano: UNI, 2014]. La norma è stata elaborata in concomitanza con quella del bibliotecario (vedi nota 27) ed è entrata in vigore nello stesso giorno, il 3 luglio 2014.

[21] Nel Repertorio sono attribuiti livelli EQF a dir poco fantasiosi: Tecnici delle biblioteche EQF 5; Assistenti di archivio e di biblioteca EQF 6; tuttavia, Addetti a biblioteche e professioni assimilate, nessun numero guida. Per i riferimenti vedi note 10-12.

[22] L. 22 luglio 2014, n. 110: Modifica al codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo n. 42 del 2004, in materia di professionisti dei beni culturali, e istituzione di elenchi nazionali dei suddetti professionisti. La legge apporta un ulteriore, significativo riconoscimento alle professioni dei beni culturali, richiamandole e incardinandole all'interno del Codice stesso, ma nel contempo determina anche qualche elemento di perplessità nella definizione del quadro complessivo. L'art. 2 comma 1 afferma infatti che «sono istituiti presso il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo elenchi nazionali di archeologi, archivisti, bibliotecari, demoetnoantropologi, antropologi fisici, esperti di diagnostica e di scienze e tecnologia applicate ai beni culturali e storici dell'arte». Il comma 2 aggiunge che «il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo [...] sentite le rispettive associazioni professionali [...] stabilisce, con proprio decreto, le modalità e i requisiti per l'iscrizione dei professionisti negli elenchi nazionali di cui al comma 1 del presente articolo nonché le modalità per la tenuta degli stessi elenchi nazionali in collaborazione con le associazioni professionali».

[23] L. 29 luglio 2014, n. 106: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 31 maggio 2014, n. 83, recante disposizioni urgenti per la tutela del patrimonio culturale, lo sviluppo della cultura e il rilancio del turismo.

[24] In merito vedi il documento: I professionisti della digitalizzazione documentale, studio a cura del Digital & Law Department, http://www.anorc.it/documenti/I%20Professionisti%20digitalizzazione%20documentale.pdf. Per un approccio alla complessità della questione e alle numerose figure coinvolte, utile un articolo di Andrea Lisi, Presidente di ANORC Professioni, sul profilo del DPO - Data protection officer, introdotto nel sistema normativo europeo dal Regolamento UE 2016/679, dove si propone una riflessione sui tratti che accomunano e differenziano il DPO/Responsabile della protezione dei dati personali dal Responsabile del trattamento, così come disciplinato dal nostro Codice per la protezione dei dati personali: Andrea Lisi, Data protection officer interno o esterno? Il DPO sarà una figura strategica per ogni tipo di organizzazione, non affidiamola al caso, «ANORC news. Professioni», https://www.anorc.eu/news/item/data-protection-officer-interno-o-esterno-il-dpo-sara-una-figura-strategica-per-ogni-tipo-di-organizzazione-non-affidiamola-al-caso?category_id=271.

[25] Vedi tra le Inchieste pubbliche preliminari: UNI, Attività professionali non regolamentate - Profili professionali per l'ICT - Parte 5: Professionista della digitalizzazione documentale, Codice progetto E14D00035. Organo tecnico di riferimento: UNINFO - Tecnologie Informatiche e loro applicazioni; data di inizio inchiesta preliminare: 17 giugno 2015; data di fine inchiesta preliminare: 2 luglio 2015, http://www.uni.com/index.php?option=com_wrapper&view=wrapper&Itemid=2450#.

[26] Anche l'AIB e l'ANAI si sono schierate contro la Norma «in quanto queste conoscenze fanno già parte delle competenze professionali degli archivisti e dei bibliotecari, con il rischio di inutili e dannose sovrapposizioni [...]»; vedi il Comunicato AIB a http://www.aib.it/attivita/2015/50394-sul-progetto-di-norma-uni-professionista-digitalizzazione-documentale/. Un sentito ringraziamento va a Enrica Manenti, nel 2015 presidente dell'Associazione ed oggi ancora membro della Commissione documentazione e informazione dell'UNI, per i costanti e preziosi aggiornamenti sulla vicenda.

[27] http://www.aib.it/chi-siamo/statuto-e-regolamenti/regolamento-iscrizioni/.

[28] UNI - Ente italiano di normazione, UNI 11535:2014: Qualificazione delle professioni per il trattamento di dati e documenti. Figura professionale del bibliotecario: requisiti di conoscenza, abilità e competenza. [Milano: UNI, 2014].

[29] http://www.uni.com/index.php?option=com_uniot&view=uniot&id=853557&Itemid=2447&lang=it e http://www.uni.com/index.php?option=com_uniot&view=struct&id=853557&Itemid=2447.

[30] Il GL7 fu costituito nel maggio 2012, con la partecipazione di rappresentanti delle associazioni professionali, dei rappresentanti sindacali, di esperti del settore. Al proprio interno l'AIB ha inoltre costituito una Commissione interassociativa col compito di supportare l'attività svolta dalla propria rappresentante nel GL 7.

[31] UNI - Ente italiano di normazione. UNI 11535:2014 cit. p. 4-5.

[32] Ivi, p. 6-10.

[33] Ivi, p. 5.

[34] Ibidem.

[35] Ivi, p. 8.

[36] Ivi, p. 7.

[37] Ibidem.

[38] Ivi, p. 6.

[39] Basta ricordare la sequenza organica di convegni susseguitisi alle Stelline a partire dal 2014: "La biblioteca connessa: come cambiano le strategie di servizio al tempo dei social network" (Milano, 13-14 marzo 2014), "Digital library. La biblioteca partecipata: collezioni, connessioni, comunità" (Milano, 12-13 marzo 2015); "Bibliotecari al tempo di Google: profili, competenze, formazione" (Milano, 17-18 marzo 2016); "La biblioteca aperta: tecniche e strategie di condivisione" (Milano, 16-17 marzo 2017).

[40] Su Cultura crea vedi a partire da http://www.invitalia.it/site/new/home/cosa-facciamo/creiamo-nuove-aziende/cultura-crea.html.