L'editoria pubblica in rete tra autonomia e controllo:
dal 'feudalesimo' alla 'federazione'?

di Fernando Venturini

L'attività editoriale in rete delle pubbliche amministrazioni

I siti web delle pubbliche amministrazioni sono sempre più 'normati', devono cioè rispondere alle numerose disposizioni che ne regolano le caratteristiche e i contenuti, sia sul piano giuridico che sul piano degli standard tecnici. Ad essi, con sempre maggiore frequenza, le leggi affidano le più diverse finalità, sia nel rapporto con i cittadini che nei rapporti interni alla PA. I siti tendono così a essere lo specchio dell'attività amministrativa e l''interfaccia' tra lo Stato – in tutte le sue articolazioni – e la cittadinanza.
In questo contesto, i siti web sono diventati anche la piattaforma editoriale della pubblica amministrazione. Una parte considerevole di ciò che era pubblicato su carta – in qualche caso tutto – è ora disponibile solo, o anche in formato digitale, e lo troviamo nelle varie sezioni dei siti denominate 'pubblicazioni', 'documentazione' o con altre etichette.
In questo contributo si cercherà di concentrare l'attenzione sulla diffusione, valorizzazione e conservazione dell'editoria di fonte pubblica – quella che un tempo coincideva con le 'pubblicazioni ufficiali' – nella realtà dell'amministrazione in rete e nel contesto italiano.
La chiave interpretativa offerta è quella di un mondo documentale tradizionalmente molto ricco, dove sono state eliminate tutte le istanze di controllo della produzione documentale e di mediazione tra produttori e fruitori, per una serie di cause tra le quali il nuovo contesto tecnologico della rete, le pressanti esigenze di efficienza della pubblica amministrazione e la noncuranza delle istituzioni bibliotecarie.

Qualche precisazione terminologica

L'attività editoriale delle pubbliche amministrazioni si presenta sotto forme e nomi diversi. L'espressione 'pubblicazione ufficiale' è ormai desueta nella letteratura biblioteconomica contemporanea anche se ha una lunga storia, caratterizzata dal dibattito sui problemi della definizione, del controllo bibliografico, degli obiettivi di valorizzazione e di diffusione nelle diverse tipologie di biblioteche1. La classica e ancora solida definizione IFLA della pubblicazione ufficiale non fa riferimento al contenuto espressivo del pensiero o dell'attività dell'ente, ma solo all'origine della pubblicazione: se una pubblicazione ha un legame di responsabilità editoriale o intellettuale con un ente pubblico e non è destinata alla sola circolazione interna, allora è 'ufficiale', «qualunque sia il suo argomento, il suo contenuto o la sua forma fisica»2. Questa definizione è molto pragmatica, non preclude un trattamento diverso in relazione alle diverse categorie ma è orientata a facilitare le attività di controllo bibliografico e, in definitiva, il recupero dell'informazione. Resta ovviamente intatto – irrilevante ai nostri fini – il significato della pubblicazione ufficiale in senso giuridico, come specifica forma di pubblicità volta a garantire la conoscibilità di determinati atti e la loro certezza legale.
Nell'attuale realtà dominata da internet e dalla cultura digitale, le pubblicazioni delle amministrazioni e degli enti pubblici, in generale, sono piccola parte di un insieme documentale e informativo assai più vasto. Sulla rete emergono e assumono una visibilità complessiva, prima sconosciuta, antiche e nuove categorie di documenti che hanno la loro fonte nell'attività istituzionale. Internet è, nello stesso tempo, la piattaforma dove le pubbliche amministrazioni operano, l'interfaccia dei servizi della PA rivolti ai cittadini e agli operatori economici e uno degli strumenti principali di comunicazione verso un pubblico indeterminato. Inoltre, in internet sono via via sempre più accessibili le banche dati alimentate dalle amministrazioni per i più diversi fini di gestione, di studio e di comunicazione. Quindi sulla rete sono presenti – con regimi di accessibilità diversi – pubblicazioni e documenti amministrativi che un tempo erano conservati rispettivamente nelle biblioteche e negli archivi delle amministrazioni (informatizzati o meno). Ma, insieme a questi, trovano visibilità le informazioni strutturate delle basi di dati, le forme di comunicazione multimediale tipiche del web, le registrazioni documentali tipiche della comunicazione istituzionale. In altre parole, le amministrazioni pubbliche 'si presentano' e 'operano' in rete utilizzando i propri siti, aspirano a dare un'immagine della propria organizzazione e della propria attività attraverso un apparato documentale del tutto nuovo o prima sconosciuto perché poco o per niente visibile.
Questa complessa realtà si manifesta nel diffondersi di terminologie che si propongono come un 'ombrello' in grado di coprire una realtà frastagliata. Nel mondo statunitense prevale l'espressione government information dove 'informazione' ha sostituto 'pubblicazione'3. In Europa, dalla pubblicazione del Libro verde sull'informazione del settore pubblico nella società dell'informazione (COM 1998/585) è ormai largamente utilizzata l'espressione public sector information. L'Unesco ha utilizzato anche l'espressione governmental public domain information4. Nel contesto bibliotecario italiano, si è diffusa, fin dagli anni Novanta, l'espressione «documentazione di fonte pubblica»5. Infine, negli ultimi tempi, è emersa con forza la tematica dei dati aperti, strettamente legata al cosiddetto open government.
Non si tratta di sinonimi ma, certamente, ci troviamo di fronte a troppi nomi, troppe espressioni che denotano la difficoltà di rappresentare una realtà accomunata dalla soggettività pubblica ma costituita da forme e contenuti diversi, su cui si esercitano molteplici prospettive di studio e di analisi. Nei testi normativi si continua a utilizzare una terminologia molto incerta che tende alla ridondanza affiancando e sovrapponendo dato, documento e informazione. Questo è quanto si può constatare nel caso italiano6. Nei documenti dell'Unione europea (in primo luogo nella Direttiva 2003/98 sul riutilizzo dell'informazione nel settore pubblico) si è affermato il termine 'documento' in un'accezione che vuole realmente coprire tutto poiché viene a coincidere con «a) qualsiasi contenuto, a prescindere dal suo supporto (testo su supporto cartaceo o elettronico, registrazione sonora, visiva o audiovisiva); b) qualsiasi parte di tale contenuto». È evidente comunque che, sul piano semantico, si assiste a uno slittamento dalla pubblicazione, al documento, al dato, all'informazione, cioè dal concreto all'astratto.

Nascita e sviluppo dell'editoria pubblica in Italia

Dopo l'unità d'Italia, fino agli anni Venti, ogni amministrazione disponeva la stampa delle proprie pubblicazioni. Solo nel 1923 si cercò di centralizzare l'attività editoriale delle amministrazioni dello Stato tramite l'istituzione del Provveditorato generale dello Stato, cioè dell'ufficio incaricato di acquistare e distribuire tutti i beni mobili necessari al funzionamento delle amministrazioni statali, comprese la modulistica e le pubblicazioni. In quel momento, il concetto di pubblicazione ufficiale a livello centrale venne a coincidere con quello di «pubblicazione autorizzata dal Provveditorato generale dello Stato»7. Le norme prevedevano un elenco delle diverse tipologie di pubblicazione ufficiale: «Fra dette pubblicazioni sono comprese gli annuari, gli annali, le riviste, le memorie, le relazioni, le statistiche, le raccolte di atti, di verbali e varie, compilati a cura delle Amministrazioni statali, o che comunque facciano carico sul bilancio dello Stato». Dopo la l. 6/12/1928, n. 2744, le pubblicazioni ufficiali furono stampate dall'Istituto poligrafico a cui erano affidate le forniture «della carta bianca e da lettere, delle buste e di tutti gli stampati, delle pubblicazioni di ogni genere, e delle carte rappresentative di valori, ordinate dal Provveditorato generale per i propri compiti di istituto»8.
Per quanto riguarda la «Gazzetta ufficiale», anch'essa fu trasformata, nel 1923, in un organo di pubblicità legale, affidandone la stampa e la vendita al Provveditorato generale dello Stato mentre la redazione e la direzione erano presso il Ministero di grazia e giustizia. La «Gazzetta ufficiale» perdeva così quelle caratteristiche di periodico politico, letterario e artistico e di portavoce dell'attività di governo che aveva avuto fino ad allora e che giustificava la sua dipendenza dal Ministero dell'interno.
Dal 1929, fu affidata al Provveditorato generale dello Stato anche una vasta ricognizione di tutte le pubblicazioni delle amministrazioni pubbliche dall'unità d'Italia e la redazione di un catalogo generale delle pubblicazioni ufficiali9 «nonché [...] degli spogli delle pubblicazioni ufficiali periodiche di maggiore importanza». Questo repertorio bibliografico è stato successivamente aggiornato fino al supplemento 1945-1960, pubblicato nel 1974. Si tratta dell'unico strumento bibliografico di carattere generale pubblicato in Italia: infatti né il «Bollettino delle pubblicazioni italiane ricevute per diritto di stampa», né la successiva «Bibliografia nazionale italiana» hanno mai avuto una serie dedicata alle pubblicazioni ufficiali.
Alle dipendenze del Provveditorato generale dello Stato era inoltre istituito un 'Archivio delle pubblicazioni dello Stato' «per conservare le pubblicazioni edite dallo Stato o col suo concorso, possibilmente dalla costituzione del Regno in poi»10.
Per quanto riguarda il diritto di stampa, nel 1910 fu approvata la l. 7/7/1910, n. 432 che stabiliva l'obbligo per i ministeri e per tutti gli enti «che vivano di assegni sul bilancio dello Stato» di inviare una copia delle loro pubblicazioni alle biblioteche del Senato e della Camera dei deputati. Si trattava di una norma legata all'esigenza di garantire ai deputati e ai senatori la possibilità di consultare le relazioni e gli studi prodotti dagli uffici ministeriali, in un periodo in cui l'editoria pubblica era particolarmente vivace e qualificata. La norma del 1910 è stata poi confermata dall'art. 11 della successiva l. 2/2/1939, Norme per la consegna obbligatoria di esemplari degli stampati e delle pubblicazioni11. Questo obbligo normativo ha creato di fatto, presso le biblioteche delle due Camere, una grande collezione di pubblicazioni ufficiali che documentano la vita amministrativa dello stato italiano e lo sforzo delle istituzioni di conoscere la realtà sociale ed economica del paese.
Infine, all'inizio della Seconda guerra mondiale, fu approvata la l. 22/4/1941, n. 633 sul diritto di autore che escludeva dalla tutela i documenti normativi ed amministrativi (art. 5: «Le disposizioni di questa legge non si applicano ai testi degli atti ufficiali dello stato e delle amministrazioni pubbliche, sia italiane che straniere») ma prevedeva un copyright anche per le pubblicazioni degli enti pubblici (art. 11: «Alle amministrazioni dello stato, alle provincie ed ai comuni spetta il diritto di autore sulle opere create e pubblicate sotto il loro nome ed a loro conto e spese»).

L'editoria pubblica in Italia prima della rete

Veniamo a tempi più recenti. Come si è visto, negli anni Venti e Trenta si sono succedute iniziative volte al controllo, alla centralizzazione e alla valorizzazione delle pubblicazioni che allora si definivano «ufficiali o edite con il concorso dello Stato» con risultati apprezzabili e anche originali (si pensi allo spoglio dei periodici ufficiali). Tuttavia, tali iniziative, in un clima culturale statocentrico e in un quadro di rigido controllo finanziario, erano affidate a strutture ministeriali che avevano come compito principale la gestione degli acquisti per la pubblica amministrazione ed erano completamente separate dal mondo delle biblioteche italiane. Dopo la Seconda guerra mondiale, mentre la funzione del Provveditorato generale dello Stato lentamente regredisce a favore delle singole amministrazioni12, queste attività assumono un carattere sempre più burocratico e si inaridiscono fino a spegnersi, creando un vuoto palese nel controllo bibliografico e nella conoscibilità stessa dell'editoria pubblica: questa situazione non ha tardato a ripercuotersi negativamente anche sulla diffusione e sulla utilizzazione di tali pubblicazioni, al di là del circuito degli addetti ai lavori.
Proviamo a riassumere la situazione delle pubblicazioni ufficiali italiane all'inizio degli anni Novanta, cioè alla vigilia dello sviluppo di internet in Italia.
- L'Istituto poligrafico e zecca dello Stato era l'ente stampatore delle amministrazioni centrali ma molte amministrazioni utilizzavano editori commerciali per le pubblicazioni più prestigiose e producevano un numero crescente di documenti di 'letteratura grigia amministrativa', cioè documenti di interesse generale a circolazione limitata, a metà strada tra il documento archivistico e la pubblicazione vera e propria. Tra livello centrale e livello regionale si pubblicavano circa 2.000/2.500 nuovi titoli l'anno13.
- Al di là del numero dei titoli, ciò che caratterizzava le pubblicazioni ufficiali era il vasto numero di pubblicazioni seriali e il numero delle pagine stampate. Una ricerca condotta nel 199214 portò all'individuazione di circa 600 serial prodotti correntemente dai ministeri e dalle aziende autonome. Le pubblicazioni legali («Gazzetta ufficiale», «Bollettini ufficiali», «Bollettini regionali» ecc.) e le varie serie degli atti e documenti parlamentari avevano dimensioni veramente notevoli, impensabili fino a venti anni prima, e raggiungevano ogni anno diverse centinaia di miglia di pagine.
- Vi era una totale assenza di adeguati strumenti di controllo bibliografico. Le pubblicazioni edite dalle amministrazioni pubbliche registrate dalla «Bibliografia nazionale italiana» erano in numero molto ridotto e occorreva fare ricorso, nella pratica, ai bollettini delle nuove accessioni delle due biblioteche parlamentari, della Banca d'Italia, di alcuni enti nazionali, di alcune regioni e della Biblioteca della Corte dei conti “Antonino De Stefano” che produceva un «Bollettino della documentazione di fonte amministrativa» a periodicità semestrale.
- Il contenuto delle pubblicazioni ufficiali destinate a garantire la conoscenza legale delle leggi e degli atti giuridici di interesse generale era disponibile anche in grandi banche dati centralizzate, curate in particolare dall'Istituto poligrafico e zecca dello Stato e dalla Corte di cassazione. Per quanto riguarda gli «Atti parlamentari», la Camera dei deputati e il Senato avevano sviluppato grandi banche dati di indici e anche di full text. Tutte queste banche dati erano per uso interno o per un uso unicamente professionale. Vi erano inoltre grandi banche dati di carattere amministrativo alla base dei sistemi informativi per la gestione del territorio e dei fenomeni sociali (per esempio: ambiente, sanità) e dei grandi comparti amministrativi (in particolare fisco e finanza pubblica). Per quanto riguarda la documentazione statistica, vi era un quasi monopolio dell'Istat con diffusione professionale o a stampa.
- La legge sull'accesso ai documenti amministrativi (l. 7/8/1990, n. 241) legava il diritto di accesso alla presenza di precisi interessi giuridici del richiedente, escludendo il modello del Freedom of information act. Nello stesso tempo, la legge individuava nell'art. 13 e nell'art. 26, categorie di atti e documenti esclusi dal diritto di accesso perché pubblici fin dalle origini e per i quali stabiliva l'obbligo di pubblicazione:

sono pubblicati, secondo le modalità previste dai singoli ordinamenti, le direttive, i programmi, le istruzioni, le circolari e ogni atto che dispone in generale sulla organizzazione, sulle funzioni, sugli obiettivi, sui procedimenti di una pubblica amministrazione ovvero nel quale si determina l'interpretazione di norme giuridiche o si dettano disposizioni per l'applicazione di esse.

L'editoria pubblica in Italia al tempo della rete

Cos'è cambiato oggi che le amministrazioni e gli utenti si muovono in un contesto tecnologico e informativo completamente nuovo?
Dopo la diffusione di internet si è assistito a cambiamenti radicali anche nel campo della produzione editoriale degli enti pubblici e nel campo dell'informazione amministrativa. Inizialmente internet era usata come un semplice strumento alternativo di comunicazione e di diffusione, in seguito è diventata 'il luogo della disponibilità dei documenti e dei dati pubblici' ed è diventata, progressivamente, la piattaforma editoriale della PA. Le conseguenze più interessanti e le tendenze della produzione editoriale pubblica possono essere riassunte intorno ai seguenti quattro punti.

Dal documento al dato
L'editoria pubblica era caratterizzata, oltre che da una varia e disordinata pubblicistica – rispondente alle finalità più diverse – dalla pubblicazione di grandi contenitori informativi. Per fare qualche esempio: la «Gazzetta ufficiale», i bollettini ufficiali, gli atti parlamentari, gli atti dei consigli regionali, destinati a ospitare documenti normativi e amministrativi, gli atti del processo decisionale degli organi rappresentativi, alcuni documenti del procedimento amministrativo, in qualche caso assicurando ad essi anche certezza giuridica; gli annuari e le altre pubblicazioni periodiche del servizio statistico nazionale; i ruoli e gli annuari amministrativi, con dati sul personale e sulla gestione. Come si è detto, ad alcuni di questi contenitori si erano già progressivamente affiancate specifiche banche dati dalla fine degli anni Settanta.
La nascita di internet ha determinato la 'liberazione' dei documenti (atti normativi, atti amministrativi, verbali, resoconti ecc.) e dei dati (statistici e altro) in essi contenuti, che ormai sono riprodotti, citati, elaborati e circolano indipendentemente dal loro contenitore. In altre parole, attraverso la rete, sempre più i dati e le informazioni si separano dai documenti, ovvero i documenti stessi si frammentano, si atomizzano. Come è noto, attualmente le copie su carta di queste pubblicazioni-contenitore o si sono ridotte a una tiratura quasi simbolica o non vengono più prodotte (è il caso degli atti parlamentari del Senato dalla XVII legislatura o di molte pubblicazioni ufficiali). In questo modo, i dati e i documenti che, per varie ragioni, avevano una circolazione su supporti cartacei si sono omologati alla ben più numerosa categoria dei dati prodotti o raccolti dalla PA e già disponibili da molti anni solo su supporto elettronico.
In tale contesto, internet è diventata anche il luogo della pubblicità legale, tramite i bollettini ufficiali telematici e l'albo pretorio telematico. Molte regioni si sono dotate di un bollettino ufficiale online come strumento di conoscenza e pubblicità legale delle leggi regionali, dei regolamenti e di tutti gli atti in esso pubblicati15. Per quanto riguarda comuni e altri enti pubblici, la l. 18/6/2009, n. 69, Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile, prevede all'art. 32 che «gli obblighi di pubblicazione di atti e provvedimenti amministrativi aventi effetto di pubblicità legale si intendono assolti con la pubblicazione nei propri siti informatici da parte delle amministrazioni e degli enti pubblici obbligati». Dal gennaio 2011, in base al c. 5 (come modificato dall'art. 2 del d.l. 30/12/2009, n. 194) dello stesso art. 32, l'effetto di pubblicità legale è riconosciuto solo agli atti e ai provvedimenti amministrativi pubblicati dagli enti pubblici sui propri siti informatici. Da questa norma è peraltro esclusa, per il momento, la «Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana».

Open government e trasparenza
La realtà che si è sommariamente descritta costituisce la base tecnologica e normativa su cui si è sviluppato il movimento dell'open government e degli open data. L'open government è la prospettiva politica e di governo delle società democratiche che ha avuto la sua più nota e sintetica espressione nella Open government directive del Presidente degli Stati Uniti dell'8 dicembre 2009. Il tema dei 'dati aperti' (cioè gratuiti, manipolabili, perché in formati non proprietari, e riutilizzabili perché privi di restrizioni giuridiche) ne costituisce una componente essenziale già introdotta a livello europeo dal Libro verde sull'informazione del settore pubblico (COM 1998/585) e dalla successiva Direttiva 2003/98/CE del 17 novembre 2003 recepita con il d.lgs. 24/1/2006, n. 36 poi modificato dalla l. 4/6/2010, n. 96 (art. 44) e poi modificata dalla dir. UE 2013/37 del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 giugno 2013.
I dati aperti sono interpretati come una risorsa economica, perché il loro riutilizzo da parte dei privati può generare valore aggiunto, ma anche come una risorsa civile, perché consentono al cittadino di controllare e comparare l'attività e le performance delle amministrazioni pubbliche. In Italia, una recente riforma del Codice dell'amministrazione digitale ha previsto, all'art. 52 il principio open by default in base al quale i dati resi disponibili senza indicazione di licenza devono intendersi dati aperti16.

Decentramento/accentramento
Tramite la rete, gli enti pubblici hanno la possibilità di pubblicare con grande facilità e rapidità, nonché di portare a un livello pubblico, in modo spesso estemporaneo e disordinato, parte della grande massa di documenti e di dati già disponibili in formato elettronico. Un altro elemento che ha contribuito ad accrescere la presenza in rete delle pubblicazioni di fonte pubblica sono state le leggi che hanno scoraggiato in tutti i modi le tirature su carta, per ragioni di contenimento della spesa17. In questo modo, internet ha reso ancora più difficile la centralizzazione o il semplice coordinamento dell'attività editoriale degli enti pubblici, in una situazione come quella italiana, caratterizzata dall'assenza di un ente centrale di coordinamento dell'editoria pubblica. Non lo è infatti il Poligrafico e zecca dello Stato che ha funzioni di stampatore centrale per le pubblicazioni ufficiali in senso stretto e che, nel portale Modus, ha reso disponibile una biblioteca digitale delle sole pubblicazioni curate dal Poligrafico stesso, e cioè i bollettini ufficiali dei ministeri e poche altre18.
Di fonte alla responsabilità di gestire in autonomia la propria attività editoriale, le amministrazioni pubbliche hanno cercato, in molti casi, di presentare in modo ordinato ed efficace le proprie pubblicazioni. Naturalmente, molto dipende dal peso che i prodotti editoriali hanno per l'attività dei diversi enti e dall'importanza ad essi attribuita dai vertici e dalle strutture di comunicazione. Le funzioni dell'ente rivestono, da questo punto di vista, un peso decisivo poiché è evidente che un ente con funzioni strettamente amministrative, ad esempio un'amministrazione comunale, non darà lo stesso peso ai prodotti editoriali di un ente che ha funzioni di programmazione, di regolazione, di studio. Non a caso, alcune delle biblioteche digitali più complete sono presenti nei siti web delle amministrazioni indipendenti (ad esempio Autorità garante della concorrenza e del mercato e Banca d'Italia). Ovviamente, anche nelle amministrazioni comunali, soprattutto se di dimensioni medie o grandi, sono presenti uffici che utilizzano pubblicazioni di vario tipo per comunicare le proprie attività e meglio svolgere le proprie funzioni.
Alcune amministrazioni che hanno una tradizione di supporto agli studi storici hanno creato specifici repertori di pubblicazioni: ad esempio il portale della pubblicistica militare che raccoglie le pubblicazioni delle tre articolazioni del Ministero della difesa, il sito Politica estera e storia: documenti e immagini della diplomazia italiana sviluppato dal Ministero degli esteri o il Portale storico della Camera dei deputati.
In altri casi, nei siti regionali si trovano sezioni dedicate alle pubblicazioni degli enti locali e degli altri enti appartenenti alla regione (ad esempio Regione Toscana, Regione Emilia-Romagna). In questo caso, l'ente territoriale più ampio tenta almeno di costruire uno strumento di conoscenza e di monitoraggio.
Sul piano del coordinamento nazionale, sono state individuate linee guida, standard e poi leggi che impongono la pubblicazione di dati e documenti per le più diverse finalità19. Il cosiddetto Decreto trasparenza ha disposto il «diritto alla conoscibilità» di documenti, informazioni e dati oggetto di pubblicazione obbligatoria e ha previsto una specifica sezione dei siti web istituzionale, denominata Amministrazione trasparente. La finalità di queste norme è prevalentemente orientata a creare strumenti di trasparenza e di controllo delle pubbliche amministrazioni da parte della cittadinanza, anche in funzione anticorruzione. La stessa tematica dei dati aperti tende a superare l'autonomia nelle modalità di gestione del patrimonio informativo delle singole amministrazioni per uniformarlo e valorizzarlo secondo standard fissati a livello nazionale o internazionale.

Ulteriore indebolimento del deposito obbligatorio
Un importante strumento di coordinamento nazionale sarebbe la Legge sul deposito legale ma nella nuova legge italiana del 2004 sul deposito obbligatorio (l. 15/4/2004, n. 106, Norme relative al deposito legale dei documenti di interesse culturale destinati all'uso pubblico) vi sono elementi contraddittori che da un lato sembrano porre le condizioni per una risposta alle esigenze poste dalle novità tecnologiche, dall'altro indeboliscono l'unico strumento reale di controllo bibliografico esistente.
Da un lato, la legge prevede che i documenti diffusi tramite rete informatica siano oggetto di deposito presso le biblioteche nazionali centrali. Il regolamento attuativo della nuova legge sul deposito legale (d.p.r. 3/5/2006, n. 252) prevede, all'art. 37, che le modalità di deposito siano definite con successivo ulteriore regolamento – non ancora emanato – e che, nel frattempo, si promuovano forme volontarie di deposito a titolo sperimentale, dando priorità a quattro tipologie di documenti tra i quali «quelli elaborati e messi in rete da soggetti pubblici». Questa specifica disposizione è stata affrontata attraverso la creazione di un'infrastruttura tecnologica denominata Magazzini digitali basata su due siti di deposito, gestiti dalla Biblioteca nazionale centrale di Firenze e dalla Biblioteca nazionale centrale di Roma e da un dark archive gestito dalla Biblioteca nazionale Marciana di Venezia20. Tuttavia, si tratta di un progetto che ha caratteristiche di nicchia e non ha ancora affrontato il tema delle pubblicazioni prodotte dalle amministrazioni pubbliche. D'altro canto, la legge conferma il deposito delle pubblicazioni ufficiali e delle pubblicazioni edite dallo Stato presso le due biblioteche parlamentari ma lo trasforma in deposito 'su richiesta'. Ciò ha ridotto fortemente l'efficacia della norma come strumento di controllo bibliografico poiché ha cancellato qualunque reale obbligo finalizzato all'interesse generale del controllo bibliografico e ha lasciato ai direttori delle due biblioteche la facoltà di 'selezionare' ciò che si ritiene utile alla propria biblioteca.
Si può infine notare che nel citato regolamento attuativo della nuova legge è stata introdotta una definizione di pubblicazione ufficiale che appare abbastanza originale:

Art. 2. Definizioni, lett. L: Pubblicazioni ufficiali: documenti in cui sono pubblicati atti o provvedimenti adottati da istituzioni e amministrazioni pubbliche nell'esercizio delle proprie funzioni. Sono altresì considerate ufficiali le pubblicazioni dei predetti soggetti pubblici previste da norma di legge o di regolamento.

In sostanza, oltre alle pubblicazioni finalizzate alla pubblicità legale (gazzette ufficiali, bollettini ufficiali ecc. tutte previste, come è noto, da precise disposizioni normative), sono considerate 'pubblicazioni ufficiali' tutte le altre previste da un qualsiasi atto normativo, legislativo o regolamentare. Si tratta di una norma che sicuramente restringe i confini 'bibliografici' delle pubblicazioni ufficiali, fissati dalla definizione dell'IFLA ma si allontana definitivamente dall'idea che una pubblicazione ufficiale si possa definire tale sulla base del contenuto. In questa definizione è ufficiale ciò che la legge stabilisce sia tale. Ciò può consentire di individuare una sorta di nocciolo duro dell''ufficialità' che può essere ampliato o ristretto in base alle diverse politiche legislative. Visto che ormai si pubblica tramite la rete, ne deriva che tutti i contenuti obbligatori disponibili sui siti delle amministrazioni pubbliche possono essere ricondotti al concetto di 'pubblicazione ufficiale'.

Uno sguardo all'estero: contro la feudalizzazione dell'editoria pubblica

La situazione italiana appare isolata rispetto alle esperienze straniere di riferimento. Di fronte ai caratteri che ha assunto lo sviluppo dell'editoria e della documentazione di fonte pubblica, le tendenze che si possono registrare nelle realtà nazionali e amministrative sembrano rispondere tutte a uno stesso obiettivo, quello di evitare in ogni modo la feudalizzazione dell'attività documentale della pubblica amministrazione, cercando di applicare alla nuova situazione tecnologica i principi del controllo bibliografico.
Le tendenze principali si possono riassumere nella drastica riduzione delle pubblicazioni su carta, nella progressiva separazione del valore legale dal supporto cartaceo, nell'affidamento della produzione editoriale ad agenzie centrali oppure nella creazione di organismi di coordinamento e pianificazione. In questo modo, l'accesso all'informazione bibliografica e al testo integrale delle pubblicazioni ufficiali è centralizzato in forma per lo più gratuita attraverso la creazione di piattaforme in rete e il loro utilizzo su dispositivi mobili. Si assiste inoltre alla creazione di portali dei dati aperti e allo sviluppo di iniziative per il web archiving dell'informazione in rete e per la conservazione di lungo periodo delle pubblicazioni digitali.
Cercando di fornire qualche esemplificazione, si può constatare che le buone pratiche si riscontrano nelle realtà nazionali dove le agenzie preposte al controllo bibliografico esercitano un ruolo anche in questo settore e dove la cultura bibliotecaria e archivistica è più presente all'interno delle amministrazioni e ha una qualche influenza sull'organizzazione dell'informazione pubblica.
I due casi emblematici di accentramento nell'attività editoriale sono quelli del GPO, il General Publishing Office, e l'Ufficio delle pubblicazioni dell'Unione europea. Il GPO è un'agenzia federale degli Stati Uniti che dal 1861 è preposta alla pubblicazione, alla diffusione e alla conservazione delle pubblicazioni federali, prodotte dagli organi dei tre poteri, compresi gli atti del Congresso. Il GPO fino al 2014 era denominato General Printing Office. La nuova denominazione esprime il ruolo di cura e distribuzione dell'informazione digitale21.
L'Ufficio delle pubblicazioni dell'Unione europea è un organismo interistituzionale il cui compito è di provvedere all'informazione normativa, alla produzione delle pubblicazioni delle istituzioni delle Comunità europee e alla gestione dei siti web istituzionali. Dal 2009 tutta la produzione editoriale dell'UE è disponibile in full text nella Biblioteca digitale di EU Bookshop (EU Bookshop digital
library). Attualmente l'Ufficio delle pubblicazioni dell'Unione europea è regolato dalla decisione 2009/496/CE, Euratom22.
Altri due casi che si possono citare sono, in Francia, la Direction de l'information légale et administrative (DILA) e, nel Regno Unito, il TSO (The Stationery Office). La prima è un direzione che fa capo ai servizi del Primo ministro e che è nata dalla fusione della Direction des journaux officiels e dalla Direction de la documentation française. L'attività editoriale della DILA opera attraverso il marchio Documentation francaise che pubblica sia per proprio conto che per conto di circa 150 enti pubblici centrali23. Il TSO è un'agenzia privata, erede dell'Her Majesty Stationery Office, che svolge la funzione di editore delle pubblicazioni ufficiali del Regno Unito24.
Diversa è la situazione spagnola dove non esiste un ente centrale paragonabile a quelli citati ma dove è presente un quadro normativo molto articolato che prevede un'attività di programmazione a livello interministeriale tramite la Junta de coordinación de las publicaciones oficiales25 e l'attività del Ministerio de la presidencia y para las administraciones territoriales che coordina le attività editoriali dell'amministrazione statale.

Per la cultura degli archivi istituzionali nelle pubbliche amministrazioni

In Italia non è presente un ente con competenze di coordinamento dell'attività editoriale e, più in generale, dell'attività informativa delle pubbliche amministrazioni. Inoltre, per vari motivi, dopo i repertori promossi dal Provveditorato generale dello Stato a partire dagli anni Venti, vi è una pressoché totale assenza di controllo bibliografico della documentazione prodotta, in quanto il numero delle pubblicazioni ufficiali presenti nella «Bibliografia nazionale italiana» è del tutto marginale. Questo significa che l'editoria pubblica si svolge, in massima parte, senza controlli, né a monte né a valle. Sono numerose, come si è detto, le norme che riguardano il web della pubblica amministrazione, cioè lo strumento di comunicazione più versatile e più importante, da dove passa gran parte della pubblicistica di fonte pubblica. Tuttavia, queste norme sono principalmente volte a favorire la trasparenza, il controllo della cittadinanza sull'operato dei poteri pubblici e a ostacolare inefficienze e fenomeni corruttivi e toccano quindi del tutto marginalmente i temi da noi trattati.
In questa situazione, appare molto difficile prendere a modello le esperienze dei paesi che hanno un sistema con una presenza centrale molto forte. Occorre invece immaginare soluzioni che sfruttino le due caratteristiche principali della situazione italiana: la fortissima dispersione della produzione editoriale e il massiccio utilizzo della rete come strumento di pubblicazione di diffusione dell'editoria pubblica. Il modello appare quello del decentramento e dell'utilizzo di standard, per consentire ai produttori di continuare a fare quello che stanno già facendo, cioè pubblicare in piena autonomia, e, nello stesso tempo, porre le condizioni per la creazione di depositi volontari di pubblicazioni ufficiali, standardizzando formati e metadati.
Il modello a ben vedere è del tutto simile a quello degli archivi istituzionali open access in ambito accademico. Questi ultimi sono risorse digitali full text realizzate e gestite da una o più università (o da altri istituti) che, tramite la volontaria auto-archiviazione o tramite regolamenti che prevedono l'obbligo di deposito, contengono i risultati di ricerche prodotte nell'ambito dell'attività istituzionale. In sostanza, gli archivi istituzionali OA sono finalizzati all'organizzazione, alla conservazione di lunga durata e alla diffusione delle risorse digitali prodotte dai membri delle istituzioni26.
Come è noto, l'accesso aperto nasce per facilitare la comunicazione scientifica tramite internet ed è considerato «un fattore di riequilibrio»27 del sistema di diffusione della ricerca scientifica basato sul diritto d'autore e sulla cessione dei diritti di utilizzazione economica. Questo contesto è sostanzialmente estraneo all'ambito delle pubbliche amministrazioni che detengono, per legge, il diritto d'autore delle opere create e pubblicate sotto il loro nome e a loro spese. Gli archivi istituzionali possono quindi essere sviluppati, senza timore di conflitti con i circuiti tradizionali della ricerca scientifica.
L'obiettivo che è qui descritto era già stato individuato con chiarezza nelle Linee guida per i siti web delle PA pubblicate nel 201028, dove con riferimento ai criteri di indirizzo per il trattamento e la reperibilità dei dati e della documentazione pubblica, al punto 5.1 (Classificazione e semantica) si raccomanda di:

coltivare una politica di accesso aperto ai documenti prodotti secondo un modello simile a quello sviluppato in ambito accademico tramite il movimento Open Access, e, su tale modello, di creare repository istituzionali.

Subito dopo si raccomanda di:

facilitare l'accesso alla documentazione inserendo un'area "Documentazione” identificata in modo chiaro sull'homepage. Tale area permette l'accesso a tutte le raccolte di risorse informative presenti sul sito (raccolte di documenti, banche dati) e a tutte le pubblicazioni curate dall'ente, anche se non contenute o non più contenute (documenti eliminati dal sito e presenti in siti di archiviazione) nel sito stesso.

Questo documento è formalmente ancora vigente ma, nei fatti, appare scavalcato da un approccio più orientato al design dei siti web e alla creazione di servizi fortemente orientati all'utente attraverso la pubblicazione, nel 2017, da parte dell'Agenzia digitale, delle Linee guida di design per i servizi web della PA29. Il tema è quindi stato abbandonato anche perché avrebbe avuto bisogno non di una semplice raccomandazione, tra le tante legate allo sviluppo dei siti web. La sua realizzazione all'interno dei siti web non può che essere l'ultima tappa di un progetto articolato, guidato attraverso iniziative di sensibilizzazione delle pubbliche amministrazioni e avviato tramite esperimenti pilota. Per la verità, alcune amministrazioni hanno sviluppato archivi aperti ma si tratta, per lo più, di enti facenti parte del comparto della ricerca scientifica e perciò 'immersi' in un contesto dove l'open access è di casa30. Un esempio diverso, purtroppo non più attivo, è l'archivio istituzionale SSPAL.DOC della Scuola superiore della pubblica amministrazione locale dove furono raccolti a partire dall'ottobre 2007 materiali didattici, studi ricerche e altra documentazione prodotta dalla Scuola, poi soppressa31. Si tratta di un esperienza che non ha avuto seguito ma che i curatori presentarono come una vera e propria best practice, orientata anche a sensibilizzare le strutture bibliotecarie interne alle pubbliche amministrazioni:

l'obiettivo delle biblioteche dovrebbe essere quello di cominciare sul serio a svolgere un ruolo chiave all'interno dell'ente di appartenenza, uscendo da una segregazione a volte nemmeno troppo imposta e facendosi spazio per valorizzare la documentazione istituzionale attraverso l'utilizzo di strumenti tecnologicamente all'avanguardia, che siano principalmente finalizzati alla diffusione e alla condivisione delle informazioni.

Forse, rispetto a 10 anni fa, la situazione è più dinamica. La comunità dei bibliotecari appare più sensibile al tema della conservazione e della diffusione dei prodotti digitali e l'esperienza open access è più matura. Inoltre, il contesto nazionale è ora caratterizzato da un'Agenda e da un'Agenzia digitale che si muovono su di un terreno più ampio rispetto alle pubbliche amministrazioni e coinvolgono la cittadinanza per favorire le competenze digitali e l'uso intelligente delle risorse di rete. Un archivio aperto delle pubblicazioni delle amministrazioni darebbe finalmente valore e visibilità ai contenuti di qualità prodotti dagli enti pubblici e sarebbe un riferimento importante per tutte le iniziative volte a migliorare il rapporto tra cittadini e pubblica amministrazione.

NOTE

Testo tratto dall'intervento tenuto nel corso della "Giornata della documentazione di fonte pubblica: vent'anni di evoluzione dell'informazione nel settore pubblico", Roma, Polo bibliotecario parlamentare, 4 dicembre 2017.
Ultima consultazione dei siti web: 17 aprile 2018

[1] Per l'Italia si veda: Vilma Alberani, Pubblicazioni ufficiali italiane. Roma: Associazione italiana biblioteche, 1995 e Fernando Venturini (con la collaborazione di Gaetano Palombelli e Giorgio Pietropaoli), Le pubblicazioni di fonte amministrativa: le pubblicazioni ufficiali, la letteratura grigia. In: Le fonti per lo studio dell'amministrazione pubblica italiana: guida bibliografica (1848-1992), a cura di Fernando Venturini. Bologna: Il Mulino, 1994; Id., Italy. In: Guide to official publications of foreign countries. Bethesda: Congressional Information Service, 1997, p. 201-210.

[2] La traduzione italiana in V. Alberani, Pubblicazioni ufficiali italiane cit., p. 12-13.

[3] Nello specifico government publication, così come definita dall'U.S. Code, 44, sec. 1901, è «informational matter which is published as an individual document at Government expense, or as required by law». Le successive sec. 4101-4104 aggiunte con una legge del 1993 introducono la federal electronic information definita «Federal public information stored electronically».

[4] Policy guidelines for the development and promotion of governmental public domain information, prepared by Paul F. Uhlir. Paris: Unesco, 2004.

[5] Nel 1995 l'Associazione italiana biblioteche istituì un gruppo di studio sulle pubblicazioni ufficiali da me coordinato che ha svolto la sua attività fino al 2001. Nel 1997, il Gruppo ha prodotto un documento denominato Relazione sul problema della definizione e del controllo bibliografico http://www.aib.it/aib/commiss/pubuff/relazion.htm. Successivamente il Gruppo di studio organizzò un convegno a Roma intitolato “Dalle pubblicazioni ufficiali alla documentazione di fonte pubblica” http://www.aib.it/aib/commiss/pubuff/pubuff.htm e, nel 2001, una vasta indagine statistica sulla diffusione sull'uso della documentazione di fonte pubblica nelle biblioteche pubbliche italiane: http://www.aib.it/aib/cen/q0106a/q0106a.htm. Dal 1997, il Gruppo ha creato un repertorio di documentazione pubblica disponibile in rete denominato DFP: documentazione di fonte pubblica in rete = Italian government information on the net, http://dfp.aib.it. Infine, è da ricondurre in parte all'attività del Gruppo dell'AIB l'ideazione e la stesura di una guida, ormai datata, all'informazione di fonte pubblica in rete: Documenti e dati pubblici sul web: guida all'informazione di fonte pubblica in rete, a cura di Piero Cavaleri e Fernando Venturini. Bologna: Il Mulino, 2004.

[6] Così, ad esempio, all'art. 3 del Decreto trasparenza (d.lgs. 14/3/2013, n. 33 così come modificato dal d.lgs. 25/5/2016, n. 97: «Tutti i documenti, le informazioni e i dati oggetto di accesso civico, ivi compresi quelli oggetto di pubblicazione obbligatoria ai sensi della normativa vigente sono pubblici e chiunque ha diritto di conoscerli, di fruirne gratuitamente, e di utilizzarli e riutilizzarli».

[7] R.d. 20/6/1929, n. 1058, Approvazione del Regolamento sui servizi del Provveditorato generale dello Stato, art. 26.

[8] L. 6/12/1928, n. 2744, art. 9.

[9] Ministero delle finanze. Provveditorato generale dello stato, Pubblicazioni edite dallo Stato o col suo concorso (1861-1923): catalogo generale. Roma: Libreria dello Stato, 1924.

[10] R.d. 20/6/1929, n. 1058, art. 29-30. L'archivio è stato abrogato dall'art. 13 della l. 12/7/1999, n. 237: «L'articolo 30 del regolamento approvato con regio decreto 20 giugno 1929, n. 1058, relativo alla istituzione presso il Provveditorato generale dello Stato dell'Archivio delle pubblicazioni dello Stato, è abrogato. Le pubblicazioni e le stampe di carte valori depositate presso il predetto Archivio sono trasferite alle istituzioni bibliotecarie e archivistiche nazionali individuate con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali».

[11] «[...] i ministeri, gli uffici ed istituti ad essi dipendenti, e tutti gli altri istituti od enti che godano di assegni sul bilancio dello Stato, o che comunque siano enti di diritto pubblico, devono inviare alle Biblioteche del Senato del Regno e della Camera dei deputati una copia di tutte le loro pubblicazioni comprese le cartografiche e le fotografiche, degli estratti di essi e di ogni ristampa».

[12] Si veda Stefania Zuccolotto, Evoluzione storica del processo d'acquisto della Pubblica amministrazione, «Astrid rassegna», 1 (2005), n. 10, http://www.astrid-online.it/static/upload/protected/Zucc/Zuccolotto_Evoluzione-acquisti_18050.pdf.

[13] Si veda: AIB. Gruppo di studio sulle pubblicazioni ufficiali, Relazione sul problema della definizione e del controllo bibliografico, Aprile 1997, http://www.aib.it/aib/commiss/pubuff/relazion.htm.

[14] Bibliografia dei periodici correnti dei ministeri, a cura di Fernando Venturini, ed. provvisoria (gennaio 1993). [S.l.: s.n.], 1993.

[15] Barbara Malaisi, Brevi riflessioni sugli attuali sistemi di pubblicazione ufficiale delle leggi a partire dalle esperienze regionali sul punto, «Federalismi.it», 2012, n. 22, http://www.federalismi.it/nv14/articolo-documento.cfm?artid=21166.

[16] D.lgs 7/3/2005, n. 82, art. 52, c. 2: «I dati e i documenti che le amministrazioni titolari pubblicano, con qualsiasi modalità, senza l'espressa adozione di una licenza di cui all'articolo 2, comma 1, lettera h), del decreto legislativo 24 gennaio 2006, n. 36, si intendono rilasciati come dati di tipo aperto». Il portale italiano dei dati aperti http://www.dati.gov.it ha lo scopo di diffondere la cultura dei dati aperti e pubblicare un catalogo dei dati resi pubblici da tutte le amministrazioni italiane.

[17] Si veda la cosiddetta norma Taglia carta (art. 27 del d.l. 25/6/2008, n. 112, convertito con l. 6/8/2008, n. 133) che prevede «al fine di ridurre l'utilizzo della carta [...] le amministrazioni pubbliche riducono del 50 per cento rispetto a quella dell'anno 2007, la spesa per la stampa delle relazioni e di ogni altra pubblicazione prevista da leggi e regolamenti e distribuita gratuitamente od inviata ad altre amministrazioni».

[18] Biblioteca virtuale: pubblicazioni ufficiali dello Stato, http://www.bv.ipzs.it .

[19] Negli ultimi anni, a più riprese, l'Italia ha approvato norme che fissano per legge alcuni contenuti minimi dei siti pubblici. In particolare, dopo alcune norme contenute nel Codice dell'amministrazione digitale, si veda il d.lgs. 27/10/2009, n. 150 Attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni (cosiddetto Decreto trasparenza). In questo caso, per la prima volta, la pubblicazione in rete è utilizzata come strumento di trasparenza e di controllo delle pubbliche amministrazioni da parte della cittadinanza. In seguito, è stato approvato il cosiddetto Codice della trasparenza delle pubbliche amministrazioni (d.lgs. 14/3/2013, n. 33), in attuazione della legge anticorruzione, con il quale sono state riordinate le disposizioni in materia di obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni. Di recente questo provvedimento è stato profondamente modificato dal d.lgs. 25/5/2016, n. 97 che ha introdotto alcune novità importanti come il diritto di accesso civico libero, secondo il modello statunitense del FOIA, Freedom of information act.

[20] Cfr. http://www.bncf.firenze.sbn.it/pagina.php?id=212.

[21] Il catalogo delle pubblicazioni ufficiali federali è il CGP, Catalogue of Government publications, https://catalog.gpo.gov/F?RN=425313150. Si veda anche lo US Government Bookstore https://bookstore.gpo.gov. Il sistema statunitense si basa anche su di una rete di biblioteche depositarie che hanno il compito di facilitare la diffusione dell'informazione e dei documenti governativi. Attualmente le biblioteche depositarie sono circa 1.200 con 51 biblioteche regionali. Si veda il sito del Federal depository library program, https://www.fdlp.gov.

[22] Cfr. http://data.europa.eu/eli/dec/2009/496/oj.

[23] Si veda il portale http://www.ladocumentationfrancaise.fr.

[24] Il catalogo delle pubblicazioni ufficiali della Gran Bretagna è UKOP https://www.tsoshop.co.uk/Subscriptions/?DI=510784 che mette insieme le pubblicazioni dello Stationery Office e il Catalogue of official publications not published by The Stationery Office. Si veda anche la sezione delle pubblicazioni ufficiali della British Library, http://www.bl.uk/reshelp/atyourdesk/docsupply/collection/official/index.html.

[25] Sulle pubblicazioni ufficiali in Spagna si veda Gloria Carrizo Sainero, Las publicaciones oficiales en España: sistema editorial del Gobierno y la administración central del Estado, «Documentación de las ciencias de la Información», 36 (2013), p. 257-272, https://revistas.ucm.es/index.php/DCIN/article/viewFile/41412/41532, DOI: http://dx.doi.org/10.5209/rev_DCIN.2013.v36.41412.

[26] I contenuti di questa definizione sono tratti da Mauro Guerrini, Gli archivi istituzionali: open access, valutazione della ricerca e diritto d'autore. Milano: Editrice bibliografica, 2010, p. 25-28.

[27] Antonella De Robbio; Rosa Maiello, Archivi istituzionali e diritto d'autore. In: M. Guerrini, Gli archivi istituzionali cit., p. 103 e ss.

[28] Si tratta di un documento che, in attuazione dell'art. 4 della dir. 8/09 del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, fu elaborato da un gruppo di lavoro composto, allora, da DigitPA, dal Dipartimento della funzione pubblica, dal Dipartimento per la digitalizzazione e l'innovazione tecnologica e dal FormezPA. Le linee guida ebbero una seconda edizione, più ampia, nel 2011, http://egov.formez.it/content/linee-guida-siti-web-pa-2011.

[29] Cfr. http://design-italia.readthedocs.io/it/stable/index.html.

[30] Ad esempio, l'Istituto superiore di sanità ha un archivio digitale aperto che (gennaio 2018) «contiene circa 34.000 record, relativi a pubblicazioni edite dall'Istituto – disponibili a testo pieno dal 2001 – e a pubblicazioni (articoli di rivista, atti di congresso, rapporti tecnici, monografie, ecc.) prodotte dal personale di ricerca dell'Istituto e di istituzioni similari». L'archivio è sviluppato tramite Dspace: http://dspace.iss.it/dspace/?locale=it.

[31] Si veda Lucia Antonelli; Andrea Marchitelli, Un archivio aperto della Pubblica amministrazione: “SSPAL.DOC”, «Bollettino del Cilea», 20 (2008), n. 110, p. 18-24, http://eprints.rclis.org/13397. Da ricordare anche l'iniziativa Rete delle biblioteche per la PA, nato nell'ambito del progetto Sistema biblioteche pubblica amministrazione (SBPA), iniziato nel 2003 e realizzato dal Formez su incarico del Dipartimento della funzione pubblica, con l'intento di creare una rete di servizi e una comunità di buone pratiche e di formazione che avrebbe potuto sfociare nella creazione di un archivio aperto. Si veda: Alessandra Cornero, La rete delle biblioteche per la pubblica amministrazione, «Le carte e la storia: rivista di storia delle istituzioni», 14 (2008), n. 2, p. 90-91 e le schede progettuali sul sito del Formez: http://focus.formez.it/content/sbpa-sistema-biblioteche-pubblica-amministrazione, http://focus.formez.it/content/bibliothesaurus-thesaurus-sistema-c . Ringrazio Alessandra Cornero per avermi fornito queste informazioni.