Quattro approcci agli studi sull'utenza:
user studies, information behaviour,
information practice e information experience

di Aurora González-Teruel

Introduzione

Nel contesto della biblioteconomia e della documentazione, la ricerca sull'utenza è attualmente un'area con una solida base teorica1. L'origine di questo ambito di studi va ricercata in discipline come la psicologia, la sociologia o la pedagogia, tra le altre. Non solo, la riflessione su questo tema si è sviluppata anche a partire dall'osservazione sistematica di diversi gruppi in ambienti specifici2. La storia di questo particolare settore è quindi la storia della ricerca di un maggiore rigore e di una maggiore applicabilità dei suoi risultati3, è frutto di discussioni su cosa nello specifico deve essere oggetto di studio4 e sulla metodologia più appropriata da applicare5. È per questo che è possibile affermare che attualmente questa specifica area di ricerca ha un grado di consolidamento e di visibilità simile a quello di altre aree con una maggiore tradizione nella biblioteconomia e nella documentazione, come la bibliometria o l'information retrieval6.
Tuttavia, nonostante sia un'area di studio consolidata e dai confini nitidi, abbracciare questo ambito da parte dei ricercatori non esperti implica una serie di difficoltà terminologiche. Le ricerche centrate sull'utenza dei servizi informativi possono infatti essere identificate almeno attraverso quattro differenti espressioni:
a) Studi sugli utenti o studi sui bisogni e gli usi dell'informazione (user studies o information needs and uses studies),
b) Studi sul comportamento informativo o sul comportamento di ricerca di informazioni (information behaviour o information-seeking behaviour),
c) Studi sulle pratiche informative (information practices),
d) Studi sull'esperienza informativa (information experience).
Questa diversità di espressioni utilizzate per riferirsi agli studi sull'utenza era evidente nella call for papers dell'ultima edizione del congresso di riferimento internazionale per questa linea di ricerca, l'“Information seeking in context” (ISIC). Nella call venivano infatti richiesti contributi basati sull'approccio interdisciplinare che caratterizza gli studi sull'utenza, con il seguente obiettivo comune:

A common thread is the focus on contextualised information activities, expressed in different framings such as 'information behaviour', 'information practice', 'information seeking' 'information experience' and others7.

Questa diversità di denominazioni può anche essere osservata nella diversità di espressioni che gli autori usano quando si tratta di nominare il loro oggetto di studio. Così, una ricerca esplorativa nella categoria Information science and library science di Web of science (WoS) rivela che le quattro espressioni sopra menzionate sono attualmente quelle più utilizzate e che la loro inclusione nel discorso scientifico è stata progressiva, come mostrato dalla Figura 1.

Figura 1 - Evoluzione dell'inclusione delle diverse denominazioni degli studi centrati sugli utenti
(Fonte: categoria Information science and library science di Web of science)

Il campo degli user studies (studi sull'utenza) apparve già negli anni Settanta e fu seguito da espressioni relative all'information behaviour (comportamento informativo) o al comportamento di ricerca di informazioni, più tipiche degli anni Ottanta. Negli anni Novanta iniziò ad essere utilizzata l'espressione information practice (pratiche informative) e, infine, quella di information experience (esperienza informativa) che si è fatta strada nel primo decennio del XXI secolo. Di fatto la Figura 1 riflette indirettamente l'evoluzione della ricerca centrata sull'utenza, così come i dibattiti teorici, concettuali o metodologici che hanno avuto luogo dagli anni Settanta del XX secolo. Questi dibattiti su questioni di fondo sono stati accompagnati da diverse proposte su come nominare l'oggetto di studio e quindi, per estensione, anche il campo di indagine. Ecco perché, in linea di principio, la scelta di una denominazione o di un'altra da parte degli autori delle opere pubblicate risponde in larga misura ad un approccio teorico e metodologico specifico e differente.
È in questo contesto che viene presentata questa analisi che, senza aspirare ad essere esaustiva, ha l'obiettivo di individuare le coordinate di base dalle quali partire per capire cosa c'è dietro le diverse espressioni usate per riferirsi al campo degli studi sull'utenza, le ragioni per cui le stesse iniziarono ad essere usate e che tipo di ricerca dobbiamo aspettarci di trovare sotto le etichette sopra evidenziate. Quest'analisi ha anche l'obiettivo di fornire ai professionisti e ai ricercatori interessati a questo argomento il recupero completo di una bibliografia specializzata e la sua lettura critica secondo considerazioni teoriche e metodologiche. L'obiettivo non è quello di rivedere l'evoluzione di un'area di ricerca, ma piuttosto quello di capire come questa evoluzione si rifletta sulle sue basi teoriche e concettuali e in che modo la denominazione dell'ambito di studio ne abbia tenuto traccia.

Dagli user studies all'information behaviour

Gli studi sugli utenti sono stati definiti come la ricerca sistematica delle caratteristiche, dei bisogni, dei comportamenti e delle opinioni degli utenti (potenziali e reali) dei sistemi informativi8. Fu questa la denominazione più frequente degli studi centrati sull'utenza durante la gran parte del XX secolo, insieme ai bisogni e agli usi delle informazioni.
Nel contesto in cui gli studi sugli utenti si svilupparono fino agli anni Settanta del XX secolo, risaltano due fatti importanti: il primo è che il paradigma positivista era quello di gran lunga dominante nelle scienze sociali, il secondo è che la maggior parte di questi lavori di ricerca furono realizzati da bibliotecari. La diretta conseguenza fu che l'approccio alla ricerca più utilizzato - anche se non l'unico - fu quello quantitativo, basato sui sondaggi incentrati sui sistemi informativi e orientati alla pratica bibliotecaria, con poca o nessuna ricaduta sulla riflessione teorica9. È questa la ragione per la quale, frequentemente, il campo di studi sugli utenti è identificato con indagini relative alle transazioni tra l'utente e la biblioteca, sulla base di un approccio metodologico quantitativo.
Lo sviluppo che ha avuto luogo negli anni Ottanta spiega il cambiamento di denominazione dagli studi sugli utenti (user studies) agli studi sul comportamento informativo (information behaviour). Così, nel 1981, Tom Wilson pubblicò il lavoro On user studies and information needs10, dove introdusse il concetto di comportamento di ricerca di informazioni (information-seeking behaviour) come alternativa al bisogno informativo. Wilson considerava quest'ultimo come un'esperienza del tutto soggettiva, che si verifica solo nella mente delle persone e pertanto non osservabile. Per questa ragione lo studioso ritenne che l'oggetto di studio non potesse essere il bisogno informativo, ma il comportamento che dalla percezione del bisogno di informazione poteva derivare.
Nel lavoro del 1981, Wilson presentò uno dei modelli teorici che ebbe maggiore impatto negli anni a seguire11: in esso descrisse il processo di ricerca di informazioni, delimitando la portata degli studi sugli utenti. In un lavoro successivo, Wilson e Walsh12 ripresero questo modello introducendo concetti relativi ad altre discipline, riferendosi ad esso come modello di comportamento informativo. Nell'ambito del convegno ISIC del 1996, Wilson13 iniziò la sua relazione proponendo la seguente precisazione terminologica:

The terms used by researchers have varied over the years, from "library surveys" to "user needs" and "information-seeking behaviour". However, having at least popularised (if not introduced) the latter term in a paper in 1981, I now feel that the term "information behaviour'' is more appropriate, since other behaviours, in addition to seeking, can be embraced14

Qualche anno più tardi, durante il Congresso ISIC del 1998, Wilson15 definirà il comportamento informativo come un settore più generale della ricerca, all'interno del quale si collocano altre aree specifiche come il comportamento di ricerca di informazioni (information-seeking behaviour), che a sua volta include il comportamento di ricerca nei sistemi informativi (information searching behaviour).
Tutte queste espressioni hanno avuto grande risonanza nella comunità dei ricercatori, tanto che hanno cominciato ad essere usate frequentemente dagli anni Ottanta, nel caso di information-seeking behaviour, e dalla fine degli anni Novanta nel caso di information behaviour. Quest'ultima in particolare ha anche sostituito la più generica espressione di studi sull'utenza o bisogni e usi dell'informazione per riferirsi all'area di ricerca in generale. Una prova dell'adozione di questa nuova terminologia si trova nel nome del congresso ISIC, “Information seeking in context”, che si è tenuto per la prima volta nel 1996, come anche nel titolo degli articoli dell'Annual review of information science and technology che, dopo 11 capitoli intitolati information needs and use(s) dal 1966, nel 2001 introducono nei loro titoli l'espressione information behaviour. Infine, nel 2010 Bates ha affermato quanto segue: «Information behaviour is the currently preferred term used to describe the many ways in which human beings interact with information, in particular, the ways in which people seek and utilize information»16.
Oltre ai testi di Wilson, un altro riferimento che dovrebbe essere preso in considerazione per meglio comprendere il passaggio dagli studi sull'utenza al comportamento informazionale è l'articolo di Dervin e Nilan17. Qui si descrive un cambio di paradigma degli studi sui bisogni e gli usi dell'informazione da uno focalizzato sul sistema ad uno centrato sull'utente. La concezione dell'informazione da un punto di vista soggettivo, l'osservazione dell'utente al di fuori del sistema informativo che utilizza (o non utilizza) oppure l'importanza del contesto per osservare il processo di ricerca di informazioni, sono tutti fattori che determinano un cambiamento nel modo di approcciare le indagini sull'utenza. Si tratta di un passaggio verso una ricerca la cui caratteristica principale è l'osservazione globale del processo di ricerca delle informazioni e non solo l'interazione dell'utente con i sistemi di informazione (studi della domanda e uso delle biblioteche o di altri sistemi), attraverso l'uso della metodologia qualitativa e cercando il suo fondamento teorico in presupposti provenienti da altre scienze sociali o proponendo modelli basati su dati empirici. Da un punto di vista metodologico Ellis18 fa coincidere questo cambiamento con una maggiore attenzione della biblioteconomia e della documentazione verso le scienze sociali, nello stesso momento in cui all'interno di questa area disciplinare si rintraccia una transizione verso la ricerca qualitativa.
Appurata l'esistenza di un paradigma centrato sul sistema e di uno centrato sull'utenza, è frequente che gli studi sull'utenza, sugli usi e i bisogni informativi - ovvero quelli che assumono la prospettiva del sistema - vengano relazionati prevalentemente con l'approccio quantitativo, mentre gli studi sui comportamenti informativi - o quelli che in generale abbracciano la prospettiva dell'utente19 - vengano associati all'approccio qualitativo o a strategie di triangolazione metodologica che tendono a combinare i metodi qualitativi e i quantitativi.

Information practice

Savolainen20 definisce le pratiche di informazione come un insieme di forme, stabilite socialmente e culturalmente, per individuare, trovare, utilizzare e condividere le informazioni disponibili attraverso varie fonti. L'origine di questo concetto è situato in diverse teorie e nozioni della sociologia, dell'antropologia e della pedagogia emerse negli anni Ottanta. Si tratta di un approccio che considera la ricerca sull'utente come focalizzata sull'individuo, inteso come unità di analisi; un approccio inadeguato a cogliere la natura sociale dei processi di informazione, giacché la creazione di informazione e conoscenza è sempre radicata in un contesto socio-culturale21.
In biblioteconomia e documentazione una delle prime indagini su questo oggetto di studio che è stata riferita come information practice (pratica informativa) invece di information behaviour (comportamento informativo) fu realizzata da Pamela McKenzie, con l'obiettivo di studiare la ricerca di informazioni da parte delle donne durante la gravidanza22. La studiosa partì dalla premessa che i modelli teorici che erano emersi in precedenza negli studi sull'utenza si erano concentrati sulla ricerca intenzionale e attiva dell'informazione, dimenticando quelle pratiche meno dirette come le scoperte casuali o la ricerca fatta attraverso intermediari. In questo studio partì quindi raccogliendo i dati attraverso delle interviste con un gruppo di donne, per poi analizzarli attraverso le tecniche di codifica dell'analisi del discorso. I risultati hanno poi dato impulso ad un modello teorico di pratiche informative nell'ambito della vita quotidiana23.
Tuttavia, sono stati probabilmente i ricercatori dei paesi nordici coloro che hanno contribuito maggiormente a stimolare il dibattito sulle pratiche di informazione e a usare questa espressione per riferirsi agli studi centrati sull'utenza. I lavori di Tuominen, Talja e Savolainen24 sono, tra molti altri, utili riferimenti per capire perché venne proposta l'espressione di information practice (pratica informativa) al posto di quella di information behaviour (comportamento informativo). Questi ricercatori hanno analizzato gli assunti ontologici ed epistemologici della ricerca nell'ambito della biblioteconomia e della documentazione, individuando inizialmente tre meta-teorie: il modello di trasferimento delle informazioni, il costruttivismo e il costruzionismo sociale25. In una ricerca successiva hanno approfondito il costruttivismo, il collettivismo e il costruzionismo come meta-teorie che rappresentavano prospettive importanti o emergenti nello studio della ricerca delle informazioni, nonché nella costruzione di conoscenze nell'ambito della biblioteconomia e della documentazione26.
In questo modo hanno presentato il costruttivismo cognitivo come la meta-teoria che ha costituito la base intellettuale degli studi sui comportamenti informativi; essa si è concentrata sugli aspetti cognitivi e sul modello che ogni individuo ha del mondo, perché sono entrambi a determinare come l'informazione venga interpretata e utilizzata. È a partire da questa prospettiva che i ricercatori si sono concentrati nel rivelare il contenuto delle mappe cognitive o delle strutture della conoscenza dell'utente per capire come l'utente interagisce con le informazioni. Il contesto dell'utente è considerato una variabile in più nel processo di ricerca, variabile influenzata dalle specifiche situazioni, dai ruoli o dagli ambienti sociali. Rispetto al costruttivismo cognitivo, il costruzionismo sociale si propone come una solida base sulla quale poggiare gli studi sull'utenza, dato che la prospettiva cognitiva non ha saputo risolvere la concettualizzazione del contesto socio-culturale dei processi informativi. In questo modo, si ritiene che gli attori del processo di ricerca delle informazioni siano esseri sociali che costruiscono le informazioni attraverso l'interazione all'interno di una comunità, e non solo nelle loro menti. Di conseguenza, poiché il linguaggio degli attori rivela le loro costruzioni sociali della realtà, il modo migliore per capire gli utenti è analizzare le loro narrazioni, non solo il loro comportamento.
È questo il contesto teorico nel quale alcuni ricercatori preferiscono la denominazione di pratiche informative a quella di comportamento informativo. La prima espressione denota una concezione del processo di ricerca di informazioni costruito socialmente in contrapposizione alla denominazione di comportamento informativo che riflette l'interesse della ricerca più sui processi mentali, cognitivi e individuali del processo stesso27. Recentemente, Tabak28 ha sostenuto che non vi sia alcun accordo su cosa sia realmente un paradigma orientato all'utente. Descrive quindi l'esistenza di un continuum in cui ad un estremo troviamo l'oggetto della ricerca definito sotto forma di modelli di comportamento, in cui l'attenzione è rivolta all'utente delle informazioni, e dall'altra troviamo le pratiche di informazione, intese come fenomeni sociali, in cui la ricerca si focalizza sui significati e sui valori che le persone attribuiscono a queste pratiche29.
Un'analisi approfondita dei concetti di comportamento informativo e di pratiche di informazione dal punto di vista del discorso scientifico può essere trovata in Savolainen30. Riguardo ai concetti di pratiche di informazione e comportamento informativo, lo studioso afferma quanto segue:

Ultimately, the major concepts of behavior and practice seem to denote the same phenomena: they deal with the ways in which people “do things”. The concepts of information behavior and information practice both seem to refer to the ways in which people “deal with information”. The major difference is that within the discourse on information behavior, the “dealing with information” is primarily seen to be triggered by needs and motives, while the discourse on information practice accentuates the continuity and habitualization of activities affected and shaped by social and cultural factors31.

Il lavoro di Savolainen è stato pubblicato in un numero speciale della rivista Library quarterly, dedicato agli approcci discorsivi negli studi sulla ricerca dell'informazione. I curatori del fascicolo ritengono di aver realizzato la prima raccolta di contributi di biblioteconomia e documentazione sul tema, dalla teoria alla pratica32. A questo proposito, Pilerot, Hammarfelt e Moring33 hanno analizzato l'impatto su questo campo e sostengono che esso non possa attualmente essere considerato un corpus integrato, piuttosto un insieme di linee di lavoro influenzate, tra gli altri, dagli studi di scienza e tecnologia, dalle teorie di apprendimento ed educazione, dalla filosofia e dalla sociologia. Di conseguenza, da un punto di vista teorico, le sue basi sono varie così come lo sono gli approcci metodologici.

Information experience

L'ultima espressione che è stata incorporata nel discoro relativo alle indagini sull'utenza, e quindi l'espressione tuttora meno definita, è information experience o esperienza informativa. Di fatto solo sette anni fa Bruce e Partridge34 consideravano l'information experience come un campo di ricerca che doveva essere ancora definito, poiché non ancora ben articolato, delineato ed esplorato. È interessante notare che le autrici non definivano cosa fosse l'esperienza informativa, mentre definivano ciò che essa non era. Sostenevano così che sebbene l'information experience emergesse come una linea di ricerca derivata dall'alfabetizzazione informativa, essa non potesse essere completamente identificata con questa, che ha tradizionalmente adottato una prospettiva comportamentale. E nonostante essa condivida con la ricerca sui comportamenti informativi l'interesse per gli utenti e per il contesto, affermavano che il modo di interpretare ed affrontare la ricerca fosse diverso.
Più di recente, Bruce e i suoi collaboratori35 hanno definitivo l'information experience come il modo in cui le persone sperimentano e ottengono un significato quando si relazionano con l'informazione e il suo mondo man mano che avanzano nella propria vita e nel lavoro quotidiano, comprese le sfumature di questa esperienza come conseguenza di diverse culture, comunità e contesti. Questi studiosi affermano che il loro interesse per l'esperienza informativa è basata su ciò che la fenomenologia descrive come le esperienze vissute dalle persone nei propri ambiti di vita. La fenomenologia è definita da Adams e van Manen36 come lo studio della vita, intesa come lifeworld, ovvero come esperienza pre-riflessiva piuttosto che consapevole, frutto di teorie, classificazioni o riflessioni su di essa. Dal punto di vista dell'indagine, per questi autori l'adozione di una prospettiva fenomenologica presuppone di dare la priorità all'osservazione di come l'essere umano sperimenta il mondo. Questa affermazione è esemplificata nel modo seguente: come il paziente sperimenta la malattia, come l'insegnante sperimenta l'incontro pedagogico o come lo studente sperimenta un momento di successo o fallimento37.
Dal punto di vista della ricerca di informazioni, Bruce e Partridge38 affermano che si tratta di un approccio che consente di adottare una visione più olistica dell'interazione delle persone con l'informazione rispetto a quella che fornisce un approccio comportamentale. Una prospettiva comportamentale o cognitiva considera il contesto dell'individuo nella ricerca di informazioni come un'altra variabile del processo di ricerca, mentre la prospettiva dell'information experience considera le persone e il loro mondo come entità inseparabili. Tuttavia, Bruce e il suo gruppo39 ritengono che, insieme a quella fenomenologica, la prospettiva comportamentale è stata una di quelle più frequentemente utilizzate per studiare l'esperienza informativa, concentrandosi su azioni relative alle informazioni, competenze, pensieri e sentimenti. Allo stesso modo, la prospettiva socio-culturale è stata adottata per questo scopo, condividendo con la fenomenologia l'interesse per il contesto dell'individuo, ma sottolineando il modo in cui l'esperienza è costruita all'interno della comunità.
Infine, da un punto di vista metodologico, Hughes40 afferma che nello studio dell'esperienza informativa sono stati adottati diversi approcci prevalentemente qualitativi, a seconda della prospettiva teorica di riferimento e del problema di ricerca affrontato. Questi includono l'approccio fenomenografico, la constructivist grounded theory (CGT), la ricerca-azione, l'etnometodologia, la expanded critical incident approach (ECIA), gli studi di caso e così via41.

Conclusioni

Attraverso l'analisi presentata in questo articolo, si è cercato di dimostrare che, per una revisione esaustiva della ricerca incentrata sull'utente, è necessario fare riferimento ed utilizzare almeno quattro diverse espressioni. Probabilmente un ricercatore che usa l'espressione information practice invece di information behaviour vuole porsi all'interno di un filone che è stato avviato in risposta a una ricerca sull'utente più focalizzata sull'individuo stesso che sul suo contesto di riferimento. Oppure, probabilmente, un altro ricercatore usa l'espressione user studies semplicemente per rendere più riconoscibile il suo ambito di studio, anche se il progetto di ricerca non è propriamente un'indagine sugli utenti della biblioteca. Non c'è sempre una relazione così diretta tra queste quattro espressioni e il disegno di ricerca adottato. Come afferma Fidel42, in alcune indagini che dichiarano di seguire una certa teoria e la metodologia che ne deriva, a volte vengono presentati concetti che non hanno nulla a che fare con il presupposto teorico originario. Alla confusione che tutto ciò può causare, dobbiamo aggiungere la frequente comparsa in biblioteconomia e documentazione di espressioni di moda che mirano a sostituire espressioni simili con connotazioni negative per rappresentare il vecchio che si contrappone al nuovo. Inoltre, nel contesto di lingua spagnola, la confusione aumenta a causa della mancanza di un criterio unanime per la traduzione di espressioni come information behaviour e, occasionalmente, gli studi centrati sull'utente sono erroneamente identificati con altre linee di lavoro come quelle dedicate all'information literacy43.
A parte questo, per una revisione critica della ricerca centrata sugli utenti è necessario conoscere le connotazioni che possono derivare da ciascuna delle espressioni che sono state trattate in questo lavoro. Inoltre, dal punto di vista della diffusione dei risultati di questo tipo di ricerca, è anche importante utilizzare ciascuna delle espressioni in base alle ipotesi teoriche o metodologiche che hanno guidato la ricerca stessa.
Come è stato dichiarato nell'obiettivo di questa analisi, non si è trattato di presentare in modo esaustivo il tema ma sono state delineate le linee generali che spiegano perché negli studi sull'utenza vengano utilizzate diverse denominazioni. Altre espressioni che si riferiscono a linee di ricerca sviluppate in parallelo e che a volte convergono, come l'alfabetizzazione informativa, sono state omesse. Così come sono state omesse altre espressioni derivate da quelle che sono state discusse, come nel caso del collaborative information behavior o information sharing.
Abbiamo solo cercato di individuare il momento specifico in cui le quattro denominazioni sono emerse e di metterle in relazione con un contesto teorico e/o metodologico. L'evoluzione degli studi centrati sull'utenza non è lineare, molti contributi provengono da proposte e dibattiti che qui non sono stati presi in esame.
La ricerca focalizzata sull'utente è attualmente un campo di sperimentazione di una moltitudine di teorie e metodologie confluenti in un corpus diversificato e talvolta confuso. Ma il disegno di questo tipo di ricerca deve essere basato sui risultati di studi precedenti, qualunque sia la prospettiva adottata. Gli studi sugli utenti, il comportamento informativo, le pratiche informative o l'esperienza informativa sono tutti ambiti di ricerca centrati sull'utente, con maggiore o minore enfasi sulle diverse dimensioni della relazione di quest'ultimo con l'informazione. Come affermato da Case e Given44, sebbene l'uso di più termini per concetti simili o diversi possa confondere i lettori, questo genere di dibattito è utile per avanzare nella riflessione su come le attività di ricerca delle informazioni impattino nella vita delle persone.

Note

Traduzione di Chiara Faggiolani.

[1] Aurora González-Teruel [et al.], Mapping recent information behavior research: an analysis of co-authorship and co-citation networks, «Scientometrics», 103 (2015), n. 2, p. 687-705, https://link.springer.com/article/10.1007/s11192-015-1548-z, DOI: 10.1007/s11192-015-1548-z.

[2] Aurora González-Teruel, Referentes teóricos y dimensiones aplicadas en el estudio del usuario de la información. In: Informação: agentes e intermediação, edited by María Nélida González de Gómez and Rodrigo Rabello. Brasilia: Instituto Brasileiro de informaçao em ciencia e tecnologia, 2017, p. 135-194.

[3] Michael Brittain, Pitfalls of user research, and some neglected areas, «Social science information studies», 2 (1982), n. 3, p. 139-148, https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/0143623682900278, DOI: 10.1016/0143-6236(82)90027-8.

[4] Maurice B. Line, Draft definitions: information and library needs, wants, demands and uses, «Aslib proceedings», 26 (1974), n. 2, p. 87, https://www.emeraldinsight.com/doi/abs/10.1108/eb050451, DOI: 10.1108/eb050451.

[5] Barbara M. Wildemuth, Effective methods for studying information seeking and use, «Journal of the American Society for Information Science and Technology», 53 (2002), n. 14, p. 1218-1222, https://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1002/asi.10163, DOI: 10.1002/asi.10163.

[6] Dangzhi Zhao; Andreas Strotmann, The knowledge base and research front of information science 2006-2010: an author cocitation and bibliographic coupling analysis, «Journal of the Association for Information Science and Technology», 65 (2014), n. 5, p. 995-1006, https://onlinelibrary.wiley.com/doi/abs/10.1002/asi.23027, DOI: 10.1002/asi.23027.

[7] Jagiellonian University. Institute of Information and Library Science, Call for paper, ISIC 2018: The Information Behaviour Conference. 2017, http://www.isic2018.com/paper-submission/call-for-papers.html (ultima consultazione: 27/11/2018).

[8] Andy Exon, Getting to know the user better, «Aslib proceedings», 30 (1978), n. 10, p. 352-364, https://www.emeraldinsight.com/doi/abs/10.1108/eb050649, DOI: 10.1108/eb050649.

[9] Tom Wilson, The information user: past, present and future, «Journal of information science», 34 (2008), n. 4, p. 457-464, https://journals.sagepub.com/doi/10.1177/0165551508091309, DOI: 10.1177/0165551508091309.

[10] Tom Wilson, On user studies and information needs, «Journal of documentation», 37 (1981), n. 1, p. 3-15, https://www.emeraldinsight.com/doi/abs/10.1108/eb026702, DOI: 10.1108/eb026702.

[11] Ibidem.

[12] Tom Wilson; Christina Walsh, Information behaviour: an interdisciplinary perspective: a review of the literature. London: British Library, Research and Innovation Centre, 1996.

[13] Tom Wilson, Information behaviour: an inter-disciplinary perspective. In: Information seeking in context: proceedings of an International Conference on Research in Information Needs, Seeking and Use in Different Contexts, 14-16 August, 1996, Tampere, Finland, edited by Pertti Vakkari, Reijo Savolainen, Brenda Dervin. London: Taylor Graham, 1997, p. 39-49.

[14] Ivi, p.39.

[15] Tom Wilson, Exploring models of information behaviour: the 'Uncertainty' project. In: Exploring the contexts of information behaviour: proceedings of the Second International Conference on Research in Information Needs, Seeking and Use in Different Contexts, 13/15 August, 1998, Sheffield, UK, edited by David Allen, Tom Wilson. London: Taylor Graham, 1999, p. 55-66.

[16] Marcia J. Bates, Information behavior. In: Encyclopedia of library and information sciences, edited by Marcia J. Bates, Mary Niles Maack. New York: CRC Press, 2010, p. 2381-2391: p. 2381.

[17] Brenda Dervin; Michael Nilan, Information needs and uses, «Annual review of information science and technology», 21 (1986), p. 3-33.

[18] David Ellis, A behavioural approach to information retrieval system design, «Journal of documentation», 45 (1989), n. 3, p. 171-212.

[19] Donald O. Case; Lisa M. Given, Looking for information: a survey of research on information seeking, needs, and behavior. Bingley: Emerald, 2016.

[20] Reijo Savolainen, Information behavior and information practice: reviewing the “umbrella concepts” of information seeking studies, «Library quarterly», 77 (2007), n. 2, p. 109-132, https://www.journals.uchicago.edu/doi/10.1086/517840, DOI: 10.1086/517840.

[21] Crystal Fulton; Jean Henefer, Information practice. In: Encyclopedia of library and information sciences. New York: CRC Press, 2010, p. 2519-2525.

[22] Pamela J. McKenzie, Negotiating authoritative knowledge: information practices across a life transition [PhD dissertation]. London (ON): University of Western Ontario, 2001.

[23] Pamela J. McKenzie, A model of information practices in accounts of everyday-life information seeking, «Journal of documentation», 59 (2003), n. 1, p. 19-40, https://www.emeraldinsight.com/doi/abs/10.1108/00220410310457993, DOI: 10.1108/00220410310457993.

[24] Kimmo Tuominen; Sanna Talja; Reijo Savolainen, Discourse, cognition, and reality: toward a social constructionist metatheory for library and information science. In: Emerging frameworks and methods: CoLIS 4: proceedings of the Fourth International Conference on Conceptions of Library and Information Science, Seattle, WA, USA, July 21-25, 2002, edited by Harry Bruce [et al.]. Greenwood: Libraries unlimited, 1997, p. 271-283; Sanna Talja; Kimmo Tuominen; Reijo Savolainen, “Isms” in information science: constructivism, collectivism and constructionism, «Journal of documentation», 61 (2005), n. 1, p. 79-101, https://www.emeraldinsight.com/doi/abs/10.1108/00220410510578023, DOI: 10.1108/00220410510578023.

[25] K. Tuominen; S. Talja; R. Savolainen, Discourse, cognition, and reality cit.

[26] S. Talja; K. Tuominen; R. Savolainen, “Isms” in information science cit.

[27] R. Savolainen, Information behavior and information practice cit.

[28] Edin Tabak, Jumping between context and users: a difficulty in tracing information practices, «Journal of the Association for Information Science and Technology», 65 (2014), n. 11, p. 2223-2232, https://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1002/asi.23116, DOI: 10.1002/asi.23116.

[29] Ibidem.

[30] R. Savolainen, Information behavior and information practice cit.

[31] Ivi, p. 126

[32] Sanna Talja; Pamela J. McKenzie, Editors' introduction: special issue on discursive approaches to information seeking in context, «Library quarterly», 77 (2007), n. 2, p. 97-108, https://www.journals.uchicago.edu/doi/abs/10.1086/517839?mobileUi=0&journalCode=lq, DOI:10.1086/517839.

[33] Ola Pilerot; Björn Hammarfelt; Camilla Moring, The many faces of practice theory in library and information studies, «Information research», 22 (2017), n. 1, http://InformationR.net/ir/22-1/colis/colis1602.html.

[34] Christine Bruce; Helen Partridge, Identifying and delineating information experience as a research domain: a discussion paper. In: “Social Media and Information Practices Workshop” (Boras, Sweden, 10-11 November 2011), https://eprints.qut.edu.au/47204/.

[35] Christine Bruce [et al.], Information experience: contemporary perspectives. In: Information experience: approaches to theory and practice, edited by Christine Bruce [et al.]. Bingley: Emerald Group Publishing Limited, 2014, p. 3-16.

[36] Catherine Adams; Max van Manen, Phenomenology. In: The Sage encyclopedia of qualitative research methods, edited by Lisa M. Given. Los Angeles: SAGE, 2008, p. 614-619.

[37] Ibidem.

[38] C. Bruce; H. Partridge, Identifying and delineating information experience as a research domain cit.

[39] C. Bruce [et al.], Information experience cit.

[40] Hilary Hughes, Researching information experience: methodological snapshots. In: Information experience cit. Bingley: Emerald, 2014, p. 33-50.

[41] Ibidem.

[42] Raya Fidel, Human information interaction: an ecological approach to information behavior. Cambridge (MA): MIT Press, 2012.

[43] Michela Montesi, El comportamiento relacionado con la información en la literatura en lengua hispana, «Ibersid», 5 (2011), p. 61-70.

[44] D. Case; L. Given, Looking for information cit.