«Quod non est in rete non est in mundo»:
la proposta della Biblioteca digitale trentina

di Matteo Fadini

Sul sito della Bayerische Staatsbibliothek di Monaco (d'ora in poi: BSB), alla voce Porträt della Sezione Über uns, si trova un elegante report annuale1. Dopo l'editoriale del direttore generale e un intervento della vice direttrice generale, si può leggere un elenco di Kennzahlen: una autorappresentazione della biblioteca tramite numeri. Tralasciando quelli di carattere economico, è interessante riportare tutti gli altri dati:

Gesamtbestand (Bände) [volumi totali] 10.630.000
Zugang in Bänden [nuove acquisizioni] 137.000
Laufende Zeitschriften (Print und elektronisch) [riviste, comprese le elettroniche] 58.000
Handschriften [manoscritti] 136.000
Inkunabeln [incunaboli] 21.000
Alte Drucke (1501-1800) [edizioni antiche 1501-1800] 919.000
Ku¨nstlerbu¨cher [libri d'artista] 20.300
Datenvolumen digitale Objekte (in Terabyte) [volume dati oggetti digitali in TB] 812
Digitalisierte Titel [titoli digitalizzati] 2.300.000
Jährliche Downloads der digitalisierten Titel [numero download annuale] 952.000
   

[Dati economici e sul personale, omessi]

   
Aktive Nutzer [utenti attivi] 71.200
Entleihungen [prestiti] 1.291.000
Dokumentlieferungen [document delivery] 236.500
Wochen öffnungsstunden [ore di apertura settimanali] 112
Nutzerarbeitsplätze [postazioni] 973
Lesesaalbesuche [presenze] 1.046.000
Auskunftsanfragen [richieste di informazioni] 105.200
Zugriffe auf Online-Katalog [accessi all'OPAC] 7.515.000
Ausstellungen, Veranstaltungen [mostre, eventi] 34
Schulungen, Fu¨hrungen [momenti formativi, visite guidate] 367

A parte il legittimo sentimento di invidia che pervade un italiano nel leggere questi dati, considerando anche che il budget complessivo della BSB per il 2017 ha superato i 52 milioni di euro, a fronte di bilancio consuntivo 2017 di poco più di 10 milioni della Biblioteca nazionale centrale di Roma2, i numeri riportati sopra offrono una chiave interpretativa chiara sulla rappresentazione che la BSB fa di sé, sull'immagine che vuole presentare all'esterno e sull'idea stessa di biblioteca che queste cifre sottendono.
Anzitutto non c'è alcuna differenziazione tra i numeri relativi ai volumi fisici posseduti e le digitalizzazioni di materiale antico, come non vengono considerate come fattori diversi, ad esempio, il numero dei prestiti o i download di oggetti digitali, e parimenti sono presentati sullo stesso piano le presenze fisiche degli utenti e il numero delle interrogazioni dell'OPAC. La tabella, cioè, non inserisce in una sezione a sé stante i numeri del comparto digitale, né raggruppa le cifre relative agli originali separando questi dall'universo digitale, come ci saremmo aspettati e come di consueto accade sui siti di altre biblioteche, che elencano il posseduto e poi, in calce o in una sezione a parte, i numeri degli eventuali progetti di digitalizzazione.
Alla BSB, evidentemente, considerano parte di un tutt'uno gli incunaboli e le digitalizzazioni dei propri manoscritti, gli utenti che si recano nelle sale di studio e gli utenti che effettuano download di materiale digitalizzato, stando magari dall'altra parte dell'oceano3.
Questa è la situazione di una delle più grandi biblioteche continentali con un vastissimo settore antico e di conservazione – solo per fare un confronto, la Biblioteca Marciana ha un patrimonio di circa il 10-15% rispetto alla BSB (1 milione di volumi contro più di 10,5; 17.000 manoscritti a fronte di 136.000; meno di 3.000 incunaboli a fronte di più 20.0004) –, una biblioteca che non è costretta a misurarsi con la progressiva perdita di terreno in termini di utenti. Nonostante questo, però, a Monaco – come, ad esempio, anche dalle parti della Vaticana – stanno convintamente perseguendo una trasformazione epocale, vale a dire il traghettamento di una istituzione culturale all'interno del mondo delle biblioteche digitali. Anche solo a partire dai dati elencati sopra e dal modo di presentarli, nel fare questo si dimostrano convinti che la conservazione, la tutela e la valorizzazione dei fondi antichi librari passa attraverso un duplice canale: quello tradizionale, che rimane e viene in ogni caso presidiato5, e quello della digitalizzazione e messa a disposizione online del patrimonio antico.

Passaggio di medium come momento di selezione e riorganizzazione

A Monaco, anche grazie all'accordo con Google books, stanno digitalizzando per così dire 'a scaffale' e infatti non è raro trovare online due esemplari diversi di, poniamo, una settecentina italiana6. Lasciamo però ora da parte la BSB di Monaco, inarrivabile esempio per la quasi totalità dei nostri istituti culturali, non fosse altro per le dimensioni del patrimonio e per il budget di cui dispone. Al momento un programma con la parola d'ordine «digitalizziamo tutto l'antico» non solo non è realistico da questa parte delle Alpi, ma forse neppure auspicabile.
La realtà rappresentata dalla digitalizzazione del materiale librario antico e meno antico porta con sé una serie di potenzialità notevoli e un gruppo non meno importante di dubbi e inquietudini. Le domande su 'cosa digitalizzare' sottendono, e contrario, una scelta su cosa 'non' digitalizzare e quindi, in una prospettiva storica ampia, su cosa relegare in un cono d'ombra maggiore, se non proprio condannare all'oblio. La decisione che deve affrontare chiunque sia chiamato a operare scelte sui fondi da digitalizzare ha delle ripercussioni appunto su quali settori del patrimonio librario avranno maggiore visibilità, una più alta tutela e una maggiore possibilità di rimanere all'interno del circuito culturale.
Per limitarsi alla storia occidentale, all'interno della quale, nel bene e nel male, le nostre istituzioni bibliotecarie sono inserite, non è la prima volta che un'innovazione del medium che trasmette il testo o delle modalità di riproduzione del medium portano a un momento di selezione analogo a quello che stiamo vivendo. Il passaggio dal papiro al codice pergamenaceo, l'evoluzione delle consuetudini scrittorie (la transizione dalla cosiddetta onciale alla carolina, per fare un esempio) e l'introduzione della stampa a caratteri mobili – solo per elencare i principali – sono stati momenti, sotto questo aspetto, molto simili. In tutti quei frangenti la storia ha operato una raccolta del patrimonio testuale tradizionale, a volte severa e altre volte meno, e ha consegnato ai posteri una selezione di questo capitale culturale, spesso riorganizzata7.
Questi imbuti della storia non sono stati conseguenza di un preciso disegno, pianificato a monte e perseguito in maniera coerente ovunque, ma il frutto di una serie di innumerevoli scelte e decisioni discrete avvenute in moltissimi luoghi diversi, spesso in un lasso temporale esteso. La decisione di copiare un'opera da un papiro in un codice ha garantito, il più delle volte, che quest'opera si conservasse, destino non riservato a moltissime opere rimaste solo su supporto vegetale e lo stesso si può dire analogamente per tutti i tornanti storici nei quali è avvenuto un cambio di medium. Ciò che è stato trasferito nel nuovo medium ha avuto più chance di sopravvivere e sicuramente è restato all'interno del circuito culturale più a lungo e più intensamente.
Oggi non siamo quindi davanti a un fatto inedito, ma nell'ennesimo momento nel quale una novità per così dire esterna al mondo dei libri produce un salto di qualità nel modo di riprodurre, fruire e conservare i volumi che il nostro retaggio ci ha conservato. Atteso che è tecnicamente ed economicamente impossibile digitalizzare tutto e che, se anche lo fosse, il risultato forse non sarebbe esente da problemi8, si deve essere consapevoli che in questo settore la somma delle decisioni che si stanno prendendo e si prenderanno nei prossimi lustri 'significheranno', nell'insieme, un momento straordinario di scelta e organizzazione culturale.
«Quod non est in rete non est in mundo9» nel senso che la disponibilità sul web di digitalizzazioni già oggi agevola alcuni studi e, di converso, indirizza in parte la ricerca e la fruizione culturale verso un segmento, lasciando in ombra il resto.

Concentrarsi su ciò che è 'significativo'

Stando così le cose, i responsabili delle biblioteche e i bibliotecari potrebbero rimanere legittimamente bloccati dal peso della responsabilità della scelta su cosa digitalizzare. Sono però convinto che l'atteggiamento corretto sia quello icasticamente riassunto da queste due citazioni di Mao Tse-tung, riportate di seguito nel Libretto rosso:

Non aspettate, per risolverli, che i problemi s'accumulino e generino multiple complicazioni. I dirigenti devono mettersi alla testa del movimento, non farsi trascinare.

Ciò che ci occorre è uno stato d'animo entusiastico ma calmo, e un'attività intensa ma ordinata10.

Nessuna singola decisione di una biblioteca sull'inserimento o esclusione di un volume da un progetto di digitalizzazione ha né avrà mai conseguenze dirette sulla sopravvivenza di un testo o di un'edizione nel futuro: come accennato sopra sarà l'insieme delle decisioni, prese ovunque in un lasso di tempo ampio, che costituirà una riorganizzazione del patrimonio librario antico delle biblioteche. Dobbiamo poi ricordare che qui non si tratta di 'sopravvivenza' in senso stretto, dal momento che le istituzioni culturali hanno il compito di conservare gli originali, a maggior ragione nel caso in cui non esista una digitalizzazione degli stessi. 'Sopravvivenza', quindi, all'interno dell'ecosistema digitale, che già oggi rappresenta una discriminante tra ciò che è facilmente consultabile (e quindi ha più probabilità di essere letto, studiato, valorizzato) e ciò che lo è meno.
Cosa è possibile fare quindi, concretamente, per operare buone scelte nel campo della digitalizzazione, che vadano complessivamente nella giusta direzione, soprattutto all'interno di biblioteche e istituti di conservazioni di dimensione e patrimonio medio o medio-piccolo? La risposta può essere: concentrarsi su ciò che è 'significativo' all'interno dei fondi di quella biblioteca. I fondi storici di ogni biblioteca hanno almeno una particolarità: un interesse per la produzione editoriale del territorio, l'acquisizione di una o più biblioteche di personalità importanti, raccolte più o meno organiche di materiale particolare, fondi manoscritti peculiari ecc. Solo per fare due esempi relativi a una tipologia specifica di stampati: la Biblioteca dell'Archiginnasio di Bologna possiede la Raccolta Merlani, che

è composta da oltre 75.000 pezzi fra bandi, leggi e decreti pubblicati a Bologna dal 1560 al 1869. Si tratta di un insieme omogeneo, proveniente dalla Stamperia Camerale di Bologna, tipografia che aveva la privativa per la stampa delle pubblicazioni ufficiali11.

La Biblioteca Casanatense, invece, ha una ricca raccolta di bandi riguardanti la censura libraria in ragione degli intrecci storici tra gli uffici del Prefetto del Sacro Palazzo, del Prefetto della Biblioteca e la Congregazione dell'Indice. Anche in questo caso la Biblioteca sta procedendo alla digitalizzazione di questo fondo12.
In entrambi i casi le due biblioteche hanno deciso di digitalizzare questi fondi particolari perché tutt'e due rappresentano un unicum: anche se altre biblioteche o archivi conservano esemplari dei bandi della Stamperia camerale di Bologna o documentazione a stampa sulla censura libraria dei secoli XVII-XVIII, in nessuna altra istituzione ci sono raccolte così ricche e organiche. Le due biblioteche in questione, oltre a possedere questi fondi così connotati, hanno anche le conoscenze sulla loro costituzione e formazione, il che rende doppiamente significativo procedere alla digitalizzazione e valorizzazione di questi materiali.
Come detto, si tratta semplicemente di due casi, scelti non solo e non tanto per la loro importanza intrinseca – non credo occorra insistere sull'interesse multidisciplinare di quei testi a stampa –, quanto piuttosto sul loro valore metodologico. Ciascuna biblioteca ha, con le debite proporzioni, fondi paragonabili alla Raccolta Merlani o ai bandi dell'Indice, ovviamente in relazione alle dimensioni e ricchezza del singolo fondo storico. Che si tratti di manoscritti miniati o datati, di codici in lingue particolari (s'intenda: particolari in relazioni al contesto culturale occidentale), di edizioni antiche molto rare, di fondi di effimeri a stampa che possono fornire preziosi dati storici, di raccolte di illustrazioni d'epoca, di cartografia antica, ecc., è a questi fondi appunto 'significativi' che le biblioteche di dimensioni medie e medio-piccole dovrebbero rivolgersi per inserire questi materiali nei propri progetti di digitalizzazione.
Detto altrimenti: se una biblioteca possiede una trentina di incunaboli piuttosto comuni13, e se questi non appartengono a una biblioteca storica particolare, ma sono il frutto di una aggregazione più o meno casuale, allora probabilmente la decisione di non digitalizzarli sarebbe sensata. In un caso del genere, forse è preferibile rivolgersi alle cinquecentine stampate nella città o nel territorio dove si trova la biblioteca, dal momento che queste sono molto probabilmente più rare e di difficile accessibilità.
In questo senso, propongo una definizione un po' traslata di ciò che è 'significativo': tutto ciò che è raro, o peculiare, o presente con quella massa critica solo in una data biblioteca, o molto antico, o rilevante per provenienza/possesso/ e contenuto, o illuminante per un aspetto storico e culturale. Un insieme di scelte che concentrino le forze delle biblioteche su fondi appunti significativi – e in questo caso anche 'localmente significativi' è un criterio pertinente – e che lasci alle singole biblioteche la valutazione sui propri fondi produrrà, forse, il migliore risultato sistemico tra quelli possibili, con gli attuali vincoli tecnici ed economici.
Tutto ciò sarà tanto più vero e potrà conseguire tanti migliori risultati se, accanto a una oculata selezione del materiale da digitalizzare, lo sforzo delle singole biblioteche andrà verso due direzioni: a) normalizzare gli accessi, b) collegare il singolo e locale progetto di digitalizzazione a banche dati internazionali.
Uno dei limiti più evidenti della Deutsche Digitale Bibliothek elogiata sopra è l'insufficiente qualità dei dati catalografici agganciati alle digitalizzazioni, da una parte, e il fatto che i nomi degli autori, stampatori e i luoghi di stampa non sono stati sempre normalizzati, dall'altra. Ad esempio, ricercando nella DDB come 'luogo' «Venezia» ottengo 4.789 risultati, «Venedig» 5.679, «Venetiis» 5.097, «Vinegia» 1.175 e così di seguito. Queste contraddizioni rendono più lunga la ricerca e rischiano di compromettere l'accesso a una risorsa pur presente online poiché non appare in una particolare ricerca. Un progetto di dimensioni più ridotte rispetto a quello capeggiato da Monaco deve mettere tutto l'impegno nel normalizzare gli accessi, di modo che le ricerche facciano emergere i materiali digitalizzati, ma soprattutto deve rendere interoperabili i metadati e trasferire questi in altri aggregatori, quali Europeana14, l'informazione che nel sito di una biblioteca magari piccola c'è la digitalizzazione che interessa a un utente, che poteva ignorare l'esistenza di quell'istituzione culturale.
Questo secondo aspetto, cioè lo sforzo costante di collegare il progetto e il sito per così dire locale ai motori di ricerca (Europeana) o ai database internazionali (GW, ISTC, USTC, Edit16 e simili, in relazione ai volumi a stampa antichi) toglie le singole digitalizzazioni effettuate dalle biblioteche in proprio dal rischio di non entrare nel circuito di consultazione internazionale e permette di unificare virtualmente gli sforzi che si stanno profondendo in tutti i luoghi. In questo senso, non è da tacere l'importanza che il mondo Wikipedia può rappresentare per i progetti digitali di singole biblioteche, soprattutto per quanto riguarda la visibilità che quel portale può garantire a singole esperienze locali15.

La proposta della Biblioteca digitale trentina

La Biblioteca digitale trentina16 (d'ora in poi BDT) intende inserirsi all'interno del movimento di transizione della biblioteca di conservazione verso una nuova prassi che tenga assieme i tradizionali servizi e quelli resi possibili dal mondo digitale.
Questa proposta, oltre ai contenuti digitali offerti che verranno descritti più sotto, ha degli aspetti tecnici e teorici innovativi che vorrebbero presentarsi come metodologicamente interessanti. In sintesi sono tre: a) il sito e il database sono stati pensati per fornire un ecosistema digitale per tutte le risorse digitali di una biblioteca; b) attenzione ai dati dell'esemplare anche per superare la parziale aporia della presentazione della digitalizzazione di una edizione; c) possibile riuso dell'infrastruttura.

L'ecosistema digitale del sito
Nel disegnare il database e il sito che ospita le digitalizzazioni non si è partiti dai progetti conclusi, da quelli in corso di svolgimento o quelli programmati per il prossimo futuro17. La domanda che ci siamo posti è: quali sono i minimi comuni denominatori per tutti i materiali che una biblioteca conserva nei propri magazzini? In altre parole, abbiamo progettato il funzionamento del database avendo in mente l'idea che il sito potesse accogliere qualsiasi tipologia di materiale presente in biblioteca, a prescindere dal fatto che fossero già state effettuate le relative digitalizzazioni o che fossero in programma. Con un certo grado di semplificazione, in una biblioteca ci sono tre grandi collezioni di beni: testi a stampa, manoscritti, materiale iconografico – tipologicamente vario (cartoline, incisioni, disegni, cartografia, araldica, sigilli ecc.), comprende tutti i documenti in cui la valenza iconografica è prevalente.
Abbiamo quindi predisposto il database per permettere di caricare qualsiasi tipologia di documento appartenente a una di quelle tre collezioni, di modo che la struttura del sito possa rimanere stabile nel tempo anche a seguito di nuovi progetti, al momento neppure ipotizzati, senza dover creare un nuovo sito ad hoc o avere problemi con materiale particolare non previsto all'inizio della progettazione del sito. Solo per fare un esempio: in fase di costruzione del sito non era prevista la digitalizzazione di testi musicali, ma avevamo preventivato una serie di campi pertinenti alla musica tanto nella collezione Manoscritti tanto in quella dei Testi a stampa, per permettere di ospitare anche progetti riguardanti appunto la musica – cosa nel frattempo avvenuta.
Questa intuizione ha un altro importante portato metodologico: la presenza in un solo luogo virtuale di materiali le cui digitalizzazioni normalmente non dialogano tra di loro, poiché inserite in siti e progetti diversi, per i quali quasi mai è possibile fare una ricerca combinata. Nella BDT è possibile cioè effettuare delle ricerche che interrogano i dati di tutte e tre le collezioni, e quindi per esempio ricercare «Madruzzo Carlo Emmanuele», ottenendo le digitalizzazioni di testi a stampa dedicati al principe vescovo trentino, dei bandi sottoscritti da lui in qualità di sovrano territoriale, ma anche di una carta geografica del Territorio di Trento, appartenente quindi alla collezione iconografia, dedicata appunto a Madruzzo.
Chiaramente le possibilità di ricerca su tutte e tre le collezioni sono limitate ai campi che siano significativi ovunque: Progetto, Autore, Nome, Titolo, Luogo di produzione, Anno – gli altri campi sono invece propri di singole collezioni, come ad esempio Copista per i Manoscritti, o di coppie di collezioni, come Editore/produttore per i Testi a stampa e l'Iconografia; questi campi sono utilizzabili nella ricerca avanzata della singola collezione.

L'attenzione all'esemplare digitalizzato
In quasi tutti i database di digitalizzazioni di materiale a stampa c'è una curiosa contraddizione: la maschera di ricerca permette interrogazioni che riguardano l'edizione in quanto tale (Autore, Titolo, Editore ecc.), ma l'accesso è a una risorsa che rappresenta la copia digitale di un singolo esemplare. Questo fatto non è solo importante perché, come noto, tendenzialmente nessuna copia di una tiratura di un volume tipografico è identica alle altre fin dal momento nel quale uscì dalla tipografia, ma anche perché un singolo esemplare può aver subìto danni o modifiche nel corso degli anni e, contemporaneamente, ha su di sé una serie di dati che riguardano esclusivamente la storia di quel particolare individuo18. Si fa riferimento alle eventuali note di possesso, alle postille, ma anche alla legatura: tutti aspetti che se valorizzati e ricercabili aumentano il valore aggiunto della digitalizzazione consultabile online. Comunemente, da una parte, c'è un piccolo cortocircuito tra edizione ed esemplare nelle copie digitali, dall'altra c'è una scarsissima ricercabilità e quindi valorizzazione dei dati dell'esemplare.
Per superare questi due aspetti, in fase di progettazione della BDT abbiamo curato molto gli aspetti riguardanti l'esemplare, impostando una serie di campi (Descrizione esemplare disgiunta da quella relativa all'edizione, Peculiarità dell'esemplare, Legatura, Possesso/provenienza) per permettere di ricercare queste informazioni e per valorizzare a tutto tondo e sotto ogni aspetto gli oggetti digitalizzati. A mia conoscenza non esistono altri progetti di digitalizzazione di libri a stampa antica che permettano di fare ricerche ad esempio sulle legature o di ottenere tutti i volumi digitalizzati con correzioni manoscritte o note di possesso. Il progetto MEI – Material evidence in incunabula19, coordinato da Cristina Dondi, ha dato un formidabile impulso alle ricerche sulle testimonianze materiali desumibili dagli esemplari dei volumi antichi a stampa, ma – benché contenga numerosissimi link a oggetti digitali – non è un progetto di digitalizzazione, bensì un progetto di ricerca.

Riuso dell'infrastruttura
I costi per la creazione del database e del sito della BDT, così come i costi per il nuovo sito istituzionale della Biblioteca, all'interno del quale la BDT si trova, sono stati sostenuti dal Consorzio dei comuni trentini. Questa operazione ha una chiara finalità pubblica, dal momento che la proprietà dell'infrastruttura del sito resta in mano pubblica e può essere riutilizzata, con costi molto contenuti, da parte di altre biblioteche trentine per la creazione di analoghi progetti di digitalizzazioni locali.
Non solo quindi sarà possibile per altre biblioteche ottenere un sito a prezzo irrisorio, ma il costo in termine di tempo e di ideazione di un database complesso sono azzerati, avendo la possibilità di riutilizzare una piattaforma testata, pensata per poter contenere tendenzialmente quasi qualunque tipologia di materiale presente in una biblioteca e già predisposta per avere una serie di agganci e relazioni con OPAC, cataloghi e risorse online, al fine di non disperdere in mille rivoli irrelati i progetti locali di digitalizzazione.

Cosa c'è nella BDT (e cosa ci sarà in futuro)

Attualmente (1° settembre 2019) nella Biblioteca digitale trentina sono presenti 12.071 oggetti digitali per un totale di 158.330 immagini, così suddivisibili: 3.979 edizioni a stampa (90.164 immagini), 981 manoscritti (57.924 immagini), 7.293 pezzi iconografici (7.789 immagini) immagini e ulteriori 2.453 immagini legate ad ESTeR – Editori e stampatori di Trento e Rovereto20. Questo materiale è suddiviso in 13 progetti:

1. Carte geografiche del Trentino. Si tratta di 143 elementi di cartografia antica (1513-1889) riguardanti l'odierno territorio del Trentino, comprese anche carte geografiche che ritraggono porzioni più vaste dell'attuale provincia21.
2. Cartoline del Trentino. Più di 5.500 cartoline storiche del Trentino.
3. Codici medievali. La biblioteca conserva 180 manoscritti anteriori al secolo XVI ed è in corso la digitalizzazione di tutto questo fondo.
4. Edizioni trentine dei sec. XV-XVIII (STABAT). Si tratta di un progetto svolto grazie al finanziamento della Fondazione Caritro (Bando archivi 2014) e del primo nucleo dell'attuale BDT, col quale sono state digitalizzate tutte le edizioni stampate in Trentino nei primi tre secoli della stampa a caratteri mobili. Si segnalano le 20 edizioni ebraiche stampate nel XVI secolo a Riva del Garda.
5. Imago mundi. La Comunale di Trento conserva una serie di cinque atlanti all'interno dei quali un ignoto possessore degli anni '30 del XVIII secolo ha inserito una raccolta di carte geografiche e incisioni (667 pezzi in tutto).
6. Incisioni del Trentino. Raccolta digitale di xilografie, litografie e calcografie pubblicate entro gli inizi del XX secolo e riguardanti il territorio trentino e del Tirolo storico.
7. In scena. Digitalizzazione di 545 manifesti e fogli volanti di promozione dell'attività teatrale a Trento e degli spettacoli presentati nei teatri della città dai primi anni dell'Ottocento fino agli anni Cinquanta del XX secolo.
8. Manoscritti musicali. Tra i fondi musicali spiccano il lascito Anzoletti, raccolta dell'importante violista che è stata digitalizzata integralmente (742 manoscritti22), e quello di Raffaello Lazzari.
9. Piante di Trento. La raccolta delle carte topografiche della città pubblicate fino alla metà del XX secolo.
10. Preserving the world's rarest books. La Biblioteca comunale di Trento è stata una delle prime istituzioni ad aderire a questo progetto dell'USTC dell'University of St Andrews (Scotland), che mira a indagare e preservare le antiche edizioni rare (fino a 5 esemplari superstiti noti). Al momento sono in corso di digitalizzazione gli incunaboli e le cinquecentine in copia unica e quelli di cui la copia locale è una delle due note, insieme alle edizioni eventualmente legate con i pezzi rari.
11. Ritratti trentini. Raccolta di ritratti non fotografici di personaggi trentini e tirolesi.
12. Trento nei disegni di Giuseppe Anders. Digitalizzazione di disegni del pittore G. Anders (1871-1946) che hanno la città di Trento come soggetto.
13. Tridentina manifesta. Il progetto, che contiene nel nome un omaggio al lavoro di Zita Zanardi sui manifesti bolognesi23, presenta la digitalizzazione di quasi 3.000 tra bandi, manifesti e nuptialia stampati ovunque fino al 1850 e riguardanti il Trentino.

Tutti i progetti, ad eccezione di Codici medievali, Manoscritti musicali, PWRB, sono già conclusi e quindi tutte le digitalizzazioni sono già visibili sul sito; per i progetti in corso, invece, stiamo procedendo al caricamento di gruppi di oggetti, per permettere comunque la consultazione parziale dei fondi anche prima della conclusione del relativo progetto.
Oltre ai 13 progetti elencati sopra, al momento e in maniera temporanea si trova sulla BDT anche Del Concilio, progetto quadriennale tuttora in corso, condiviso tra tutte le biblioteche di conservazione del Trentino con il sostegno finanziario della Fondazione Caritro e del Comune di Trento. Con il progetto Del Concilio si sta digitalizzando tutta la documentazione a stampa prodotta in Europa in epoca immediatamente preconciliare, conciliare e post-consiliare disponibile a Trento e, tendenzialmente, in Trentino riguardante non solo il Concilio, ma anche il dibattito religioso e culturale tra Riforma e Controriforma. In una seconda fase il progetto sarà consultabile sul portale Trentino Cultura24.
Tutte le digitalizzazioni sono visualizzabili tramite lo sfogliatore di Internet Archive che ha il pregio di essere open access, permettere la visualizzazione di un'immagine o di due accoppiate in modalità libro, effettuare zoom e salti di pagina. La sua architettura è particolarmente indicata poiché procede al caricamento in background delle immagini successive a quella che si sta visualizzando, il che permette, con un minimo di tempo di attesa iniziale, di procedere poi a sfogliare le immagini con tempi di risposta molto rapidi. In tutte le schede è possibile effettuare il download delle singole immagini o, per le edizioni a stampa e a breve anche per i manoscritti, anche di un PDF con l'intero pezzo, trattato con il riconoscimento OCR se si tratta di un volume tipografico. Per permettere la più ampia consultabilità e ogni tipo di riuso abbiamo deciso di rilasciare le immagini in pubblico dominio.
Infine, oltre ai progetti non ancora conclusi, è in corso di preparazione Manoscritti moderni, con una selezione dei più significativi manoscritti successivi al periodo medievale, tra i quali spicca il più antico testimone della Citta del sole di Campanella25.

In chiusura, alcune considerazioni: la gestione di un progetto di digitalizzazione di materiale antico necessità di personale formato e competente, e ovviamente anche di strumenti tecnici (scanner, macchine fotografiche, server ecc.), ma soprattutto sono fondamentali le conoscenze sui diversi oggetti che si intende digitalizzare per far sì che una biblioteca digitale non sia semplicemente una giustapposizione di immagini, ma uno strumento utile e che dia un valore aggiunto nel contesto della transizione al web dei nostri istituti culturali.
Spiace notare che ancora oggi la maggior parte dei progetti di digitalizzazione non è stabilmente inserita all'interno delle attività ordinarie delle istituzioni. Sulla base dell'ultima analisi statistica di Europeana26, a livello continentale, in media i progetti di digitalizzazione impiegano sì complessivamente quasi 11 persone a tempo pieno, contro le 8 della precedente periodo, ma questo incremento è stato reso possibile dall'impiego di personale non pagato (volunteer): nel periodo 2013-2014 il rapporto era di circa 5 persone pagate e 3 volontari per progetto, ora è 6,5 persone pagate e 4,1 volontari, con un aumento corrispondente di volontari, anzi con un lieve incremento proporzionale di questi rispetto a quelli.
La natura per così dire episodica e non strutturale dei progetti digitali è plasticamente rappresentata anche dalla suddivisione dei budget di tali progetti per centro di costo: solo 2% dei fondi è impegnato per la selezione del materiale e solamente il 10% per la creazione dei metadati (attività ad alto valore aggiunto di competenze), di contro al 17% utilizzato per la creazione e sviluppo software e web-design. Questo fatto è strettamente collegato a un altro punto rilevante: la conservazione a lungo termine delle collezioni digitali e l'impiego di standard internazionali27 in questo ambito. Ancora alla fine del 2017 in media il 45% delle istituzioni continentali con progetti digitali in corso non utilizzava un sistema di archiviazione dei dati a lungo tempo che rispettasse almeno parzialmente gli standard internazionali28.
La transizione dei nostri istituti verso una nuova prassi digitale sarà avviata verso la strada giusta solo quanto invertiremo queste rotte: formando e assumendo specialisti – bibliotecari/archivisti digitali esperti che sappiano gestire complessivamente il flusso di lavoro –, rispettando gli standard e le linee guida nazionali e internazionali, anche per l'archiviazione a lungo termine delle immagini, e inserendo stabilmente all'interno della mission culturale dei nostri enti la digitalizzazione.

Note

L'articolo è il frutto del mio precedente lavoro, come assegnista di ricerca del Dipartimento di lettere e filosofia dell'Università di Trento, all'interno della Biblioteca comunale di Trento. I miei più sentiti ringraziamenti vanno a tutto il personale della Biblioteca comunale, un luogo di lavoro eccezionale, e nello specifico a Elisabetta Alberti, Giorgio Antoniacomi, Milena Bassoli, Franco Cagol, Giovanni Delama, Alessandra Faes, Silvano Groff, Mauro Hausbergher ed Eusebia Parrotto. Senza il sostegno convinto di tutti, senza il loro lavoro e le loro competenze la Biblioteca digitale trentina non sarebbe mai nata.
Ultima consultazione siti web: 19 ottobre 2019.

[1] Jahresbericht 2007 Bayerische Staatsbibliothek München, consultabile qui: https://www.bsb-muenchen.de/fileadmin/pdf/publikationen/jahresbericht/bsb_jb_2017.pdf.

[2] Qui è visibile il bilancio della Biblioteca nazionale centrale di Roma: www.bncrm.beniculturali.it/getFile.php?id=1472.

[3] L'intervento di Klaus Kempf, Direttore del Digitalisierungszentrum della BSB, al Convegno “Patrimonio librario antico: conoscere e valorizzare” (Trento, 26 settembre 2018) verteva proprio sul fatto che per la BSB l'utenza è composta dall'insieme delle persone che fisicamente studiano nelle sale di Monaco, prendono libri in prestito oppure consultano il materiale digitalizzato sul sito.

[4] Dati desunti dal sito della biblioteca veneziana: https://marciana.venezia.sbn.it/la-biblioteca/il-patrimonio/patrimonio-librario; per la storia della Marciana, si vedano almeno Maria Luxoro, La Biblioteca di San Marco nella sua storia. Firenze: Olschki, 1954; Biblioteca Marciana, Venezia, a cura di Marino Zorzi. Firenze: Nardi, 1988; Marino Zorzi, La Libreria di San Marco: libri, lettori, società nella Venezia dei Dogi. Milano: Mondadori, 1987. La scelta di confrontare BSB e Marciana non è casuale: le nostre nazionali centrali hanno una storia tutto sommato recente, soprattutto quella di Roma, e le biblioteche ecclesiastiche (Ambrosiana e Capitolare di Verona, solo per a fare due esempi) non si presterebbero a una comparazione in ragione della loro diversità rispetto alle biblioteche pubbliche. La Marciana ha una storia tutto sommato analoga alla BSB di Monaco: più o meno coeva, anche se di un secolo più antica, nel corso del XVII secolo entrambe le istituzioni divennero biblioteche di deposito legale e tutte e due – al netto degli eventi bellici – hanno una tradizione ininterrotta anche per quanto riguarda la sede.

[5] Il 9 novembre 2018 la BSB inaugurava un nuovo spazio di studio di 400 mq con 130 nuove postazioni: https://www.bsb-muenchen.de/article/mehr-platz-fuer-studium-und-wissenschaft-staatsbibliothek-eroeffnet-modernen-lern-und-arbeitsbereich-mit-130-arbeitsplaetzen0-2684/.

[6] Ad esempio, dell'edizione María de Jesús, de Ágreda, Mistica citta di Dio miracolo della sua onnipotenza, ed abisso della grazia [...] Tomo primo [-quinto]. Trento: Giovanni Parone, 1712, sono presenti due esemplari digitalizzati nella biblioteca digitale monacense: http://mdz-nbn-resolving.de/urn:nbn:de:bvb:12-bsb11228124-0> e <http://mdz-nbn-resolving.de/urn:nbn:de:bvb:12-bsb10222621-5.

[7] Per il passaggio dal rotolo al codice si vedano i classici Colin H. Roberts; Theodore C. Skeat, The birth of the codex. London: Oxford University Press, 1985; Les débuts du codex: actes de la Journée d'étude organisée, Paris les 3 et 4 juillet 1985, par l'Institut de papyrologie de la Sorbonne et l'Institut de recherche et d'histoire de textes, édités par Alain Blanchard. Turnhout: Brepols, 1989; Theodore C. Skeat, Roll versus codex: a new approach, «Zeitschrift für Papyrologie und Epigraphik», 84 (1990), p. 297-299. Sulle conseguenze del mutamento di prassi scrittorie in relazione alla trasmissione, selezione e perdita di patrimonio testuale antico, si veda il classico Leighton D. Reynolds; Nigel G. Wilson, Copisti e filologi: la tradizione dei classici dall'antichità ai tempi nostri, traduzione di Mirella Ferrari, con una premessa di Giuseppe Billanovich. 2. ed. riveduta e ampliata. Padova: Antenore, 1973, in particolare il capitolo II (p. 43-79); sull'intreccio tra questioni materiali e trasmissione dei testi si rinvia a Guglielmo Cavallo, Caratteri materiali del manoscritto e storia della tradizione. In: Filologia classica e filologia romanza: esperienze ecdotiche a confronto: atti del Convegno, Roma 25-27 maggio 1995, a cura di Anna Ferrari. Spoleto: Centro italiano di studi sull'alto Medioevo, 1998, p. 389-397. Sul passaggio dal manoscritto alla stampa a caratteri mobili non è possibile in questa sede fornire una seppur minima rassegna bibliografica, ma si cita perlomeno Stampa meretrix: scritti quattrocenteschi contro la stampa, a cura di Franco Pierno. Venezia: Marsilio 2011, per una raccolta delle reazioni contro l'arte tipografica in un momento e in un periodo (la Venezia sul finire del XV secolo) nei quali questa si stava affermando.

[8] In ambito archivistico il dibattito sullo scarto e sulla selezione del materiale da conservare è antico quasi quanto la disciplina. Almeno nel corso dell'ultimo trentennio si è riflettuto molto sul fatto che «la distruzione è un paradosso inevitabile e intrinsecamente connesso a ogni politica di conservazione della documentazione» (Stefano Vitali, Abbondanza o scarsità? Le fonti per la storia contemporanea e la loro selezione. In: Storia d'Italia nel ventesimo secolo, a cura di Claudio Pavone. Roma: Ministero per i beni e le attività culturali, 2006, vol. I, p. 21-50: p. 44; sull'argomento si veda anche Isabella Zanni Rosiello, Spurghi e distruzioni di carte d'archivio. In L'archivista sul confine: scritti di Isabella Zanni Rosiello, a cura di Carmela Bianchi e Tiziana Di Zio. Roma: Ministero per i beni e le attività culturali, Ufficio centrale per i beni archivistici, 2000, p. 273-303). Ovviamente il mondo degli archivi e lo scarto, e quello delle biblioteche e le scelte riguardanti la digitalizzazione, non sono sovrapponibili, dal momento che in biblioteca non si distrugge ciò che non si digitalizza, ma i problemi metodologici di entrambi i mondi hanno delle tangenze interessanti.

[9] Abbiamo scelto per la Biblioteca digitale trentina questo motto, esemplato sul noto brocardo «Quod non est in actis non est in mundo», concetto giuridico cardine presente nel nostro ordinamento («Salvi i casi previsti dalla legge, il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti o dal pubblico ministero nonché i fatti non specificatamente contestati dalla parte costituita», Codice di procedura civile, art. 115, comma 1). L'origine della massima latina pare essere Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, II.ii, quaestio 64, art. 6:
Ad tertium dicendum quod iudex, si scit aliquem esse innocentem qui falsis testibus convincitur, debet diligentius examinare testes, ut inveniat occasionem liberandi innoxium, sicut Daniel fecit. Si autem hoc non potest, debet eum ad superiorem remittere iudicandum. Si autem nec hoc potest, non peccat secundum allegata sententiam ferens, quia non ipse occidit innocentem, sed illi qui eum asserunt nocentem.

[10] Citazioni del presidente Mao Tse-tung: il libro delle guardie rosse. Milano: Feltrinelli, 1967, p. 146. La prima è tratta da un testo del 1955, la seconda da uno del 1936.

[11] Dalla presentazione della raccolta Merlani sul sito della Biblioteca digitale dell'Archiginnasio: http://badigit.comune.bologna.it/bandimerlani/index.html. Al momento sono stati digitalizzati e sono consultabili online quasi 23.000 di questi bandi. Per uno studio sul periodo più antico della Stamperia Camerale, si veda Pierangelo Bellettini, La stamperia camerale di Bologna. I. Alessandro e Vittorio Benacci (1587-1629), «La bibliofilia», 90 (1988), p. 21-53.

[12] Negli scaffali digitali della Casanatense si possono consultare quasi 500 edizioni, per lo più bandi, riguardanti la censura libraria: http://scaffalidigitali.casanatense.it/Products/News. Sulla storia della Casanatense si veda almeno Vincenzo De Gregorio, La Biblioteca Casanatense di Roma. Napoli: Edizioni scientifiche italiane, 1993, mentre per i fondi riguardanti la censura libraria presenti in questa biblioteca, si vedano Inquisizione e Indice nei secoli XVI-XVIII: controversie teologiche dalle raccolte casanatensi. Vigevano: Diakronia, 1998 e Inquisizione e Indice nei secoli XVI-XVIII: testi e immagini nelle raccolte casanatensi. Milano: Aisthesis, 1998.

[13] Le edizioni del XV secolo sono sopravvissute in media in 70 esemplari ciascuna e ormai è abbastanza agevole reperire digitalizzazioni online per una porzione molto grande di tutto quanto stampato entro il 1500. Chiaramente ogni esemplare ha una storia a sé e può trasmettere informazioni testuali o note manoscritte storiche di interessantissimo valore; se però il fondo degli incunaboli non fosse esteso e appunto molto poco caratterizzato, allora sarebbe forse più interessante studiare questo gruppo, piuttosto che digitalizzarlo. Sui temi della sopravvivenza delle edizioni antiche, si rimanda almeno ai volumi Lost books: reconstructing the print world of pre-industrial Europe, edited by Flavia Bruni, Andrew Pettegree. Leiden: Brill, 2016 e Il libro antico tra perdite e sopravvivenza: rarità, valorizzazione, collezionismo, a cura di Flavia Bruni. Cargeghe (SS): Editoriale Documenta, in corso di stampa.

[14] Europeana (https://www.europeana.eu), come noto, è l'aggregatore di metadati per le risorse degli archivi, biblioteche e musei dell'Unione europea che agevola l'accesso a più di 50 milioni (ad oggi) di oggetti digitali. Al momento è in corso di perfezionamento l'accordo per riversare in Europeana, tramite Cultura Italia (http://www.culturaitalia.it/), i dati e i link alle digitalizzazioni presenti nella Biblioteca digitale trentina.

[15] Da anni la Biblioteca comunale di Trento collabora con Wikipedia, coltivando progetti paralleli e convergenti rispetto alla Biblioteca digitale trentina: https://it.wikipedia.org/wiki/Categoria:Collaborazioni_GLAM_-_Biblioteca_comunale_di_Trento.

[16] www.bdt.bibcom.trento.it.

[17] L'idea di fondo della BDT e la sua architettura è il frutto del lavoro congiunto di Mauro Hausbergher e di Milena Bassoli, oltre che mio.

[18] Oltre al progetto MEI – Material evidence in incunabula citato sotto, nel contesto trentino esiste la serie dei cosiddetti 'cataloghi rossi' – cataloghi cartacei dedicati ai fondi antichi a stampa delle biblioteche locali – che venne inaugurata più di trent'anni fa con Gli incunaboli e le cinquecentine della Parrocchia di S. Maria Maggiore di Trento presso la Biblioteca diocesana tridentina A. Rosmini di Trento, catalogo descrittivo di Anna Gonzo, a cura di Fabrizio Leonardelli, presentazione di Piero Innocenti. Trento: Provincia autonoma, Servizio beni culturali, 1988. Quel catalogo, come tutti i successivi (in tutto dieci, fino all'ultimo Gli incunaboli della Biblioteca capitolare di Trento, catalogo a cura di Mauro Hausbergher. Trento: Provincia autonoma di Trento, Soprintendenza per i beni librari, archivistici e archeologici, 2009), descrive le legature, le note di possesso e, in breve, i dati riguardanti i singoli esemplari accanto ai dati dell'edizione. Benché non fosse una novità assoluta, questa serie di cataloghi è stata una delle prime in Italia a perseguire con impegno la descrizione degli aspetti legati all'esemplare.

[19] https://www.cerl.org/resources/mei/main.

[20] ESTeR – Editori e stampatori di Trento e Rovereto è un progetto curato dalla Biblioteca comunale di Trento di bibliografia locale retrospettiva, pubblicato online nel 2004, che censisce tutte le pubblicazioni, monografiche e periodiche, stampate all'interno dell'attuale territorio del Trentino dalle origini della stampa a caratteri mobili fino al 1800, a prescindere dall'attuale luogo di conservazione. ESTeR censisce anche le edizioni non sopravvissute, ma la cui notizia è desumibile da risorse bibliografiche attendibili. Su questa bibliografia retrospettiva si veda Milena Bassoli, ESTeR: la bibliografia del libro antico trentino a cura della Biblioteca comunale di Trento. In: Descrizione del libro antico secondo la nuova ISBD: Seminario di studio, Trento, Biblioteca comunale, 14 maggio 2007, direzione scientifica di Mauro Guerrini, atti a cura di Maria Enrica Vadalà. Roma: Associazione italiana biblioteche, 2007, p. 139-145 e Lodovica Braida, ESTeR, edizioni e stampe di Trento e Rovereto: un sito per l'editoria settecentesca. In: Mente colorata: studi in onore di Attilio Mauro Caproni per i suoi 65 anni, promossi, raccolti, ordinati da Piero Innocenti, curati da Cristina Cavallaro. Manziana: Vecchiarelli; Roma: Il libro e le letterature, 2007, p. 166-173. Attualmente ESTeR è ospitata all'interno della BDT: http://bdt.bibcom.trento.it/ESTeR.

[21] Questo progetto, assieme alle Cartoline del Trentino e alle Incisioni del Trentino facevano parte di CATINA – Catalogo trentino di immagini, il primissimo progetto di digitalizzazione della Comunale di Trento, ora confluito nella BDT.

[22] Su Marco Anzoletti, si veda «Aspro cammino è l'arte». Marco Anzoletti (1867-1929): atti della Giornata di studi, Trento, 3 febbraio 2009, a cura di Giovanni Delama. Trento: Società di studi trentini di scienze storiche, 2010.

[23] Si veda Bononia manifesta: catalogo dei bandi, editti, costituzioni e provvedimenti diversi, stampati nel XVI secolo per Bologna e il suo territorio, a cura di Zita Zanardi. Firenze: Olschki, 1996, e il Supplemento uscito sempre per Olschki nel 2014.

[24] Su questo ambito, mi permetto di rimandare a mio contributo in corso di pubblicazione. 'Del Concilio': progetto di valorizzazione di fondi antichi delle biblioteche trentine. In: Patrimonio librario antico: conoscere e valorizzare, a cura di Laura Bragagna e Italo Franceschini, premessa di Edoardo Barbieri. Trento: Provincia autonoma di Trento, Soprintendenza per i beni culturali, 2019.

[25] Si tratta del ms. BCT1-1538, a proposito del quale si rimanda allo studio di Luigi Firpo, Per il testo critico della Città del sole di T. Campanella, «Giornale storico della letteratura italiana», 125 (1984), n. 372, p. 245-255.

[26] Europeana DSI 2–Access to digital resources of European heritage, Report on ENUMERATE core survey 4, con dati aggiornati al 31/12/2017; il precedente report, Core survey 2 riguardava gli anni 2013/2014 https://pro.europeana.eu/files/Europeana_Professional/Projects/Project_list/ENUMERATE/deliverables/DSI-2_Deliverable%20D4.4_Europeana_Report%20on%20ENUMERATE%20Core%20Survey%204.pdf. La sezione con i dati qui discussi è la 7.5, p. 50 e seguenti. Ringrazio Walter Biondani dell'Archivio provinciale di Trento per aver attirato la mia attenzione su questi dati.

[27] Si veda il citato report, sezione 7.4, p. 47 e seguenti.

[28] Si veda il citato report, sezione 6.2, p. 43 e seguenti.