di Beatrice Eleuteri
È difficile, ad oggi, dare una precisa e univoca definizione di analfabetismo funzionale. Non perché il fenomeno sia sfuggente e superficiale (o addirittura inventato, come si diverte ad affermare qualche complottista da tastiera), ma perché estremamente complesso, sfaccettato e in stretto rapporto con la determinata società in cui si sviluppa.
L'alfabetismo è la conquista umana della capacità di leggere, scrivere e comprendere i testi1; un continuum che parte da un livello di decodifica di base e si evolve lungo un percorso che non è naturale e innato, ma va coltivato modellando i circuiti neuronali che lo sottendono2 attraverso l'esercizio, l'associazione con rinforzi positivi e l'accrescimento della motivazione3, che stimolano il piacere fisico dell'atto del leggere.
Lungo il continuum delle abilità di lettura vi è poi una "soglia", rappresentata dal livello minimo di capacità di comprensione del testo che permettono all'individuo di inserirsi e agire efficacemente nella sua società di appartenenza, che sono quindi "funzionali" al suo inserimento attivo nel mondo. È il concetto di alfabetismo critico descritto da Graff4, il quale ci ricorda che quantità non significa necessariamente qualità e che una popolazione alfabetizzata non diventa automaticamente esperta e competente.
Una volta le persone vivevano in ambienti molto più ristretti5 e la vita quotidiana si svolgeva perlopiù a diretto contatto con gli altri, in un tipo di interazione simbiotica semplice e a responsabilità diffusa, basata sulla delega a figure di riferimento utili a soddisfare le esigenze di ogni giorno.
Oggi i prodotti si moltiplicano, gli spazi si allargano, le vite si fluidificano e frammentano6. In un mondo così, sono sempre meno i referenti di cui una persona non alfabetizzata può riuscire a circondarsi per risolvere oralmente ogni sua esigenza informativa. Non solo. Con l'avvento del web, quelli che erano due, tre, quattro pettegolezzi e credenze a cui dare credito diventano dieci, cento, mille, cangianti ogni minuto, e l'unico modo rimasto per orientarsi è saper ricercare le informazioni. La nostra civiltà è giunta al punto di richiedere all'individuo di informarsi, perire o, peggio, essere manovrato.
Molti si sentono in dovere di affermare che, avendo a disposizione i nuovi mezzi interattivi e ipertestuali che la tecnologia ci ha dato, a questo punto della storia dell'umanità il libro e i testi come noi li conosciamo (e con essi le abilità necessarie a comprenderli) siano diventati obsoleti, ma basta poco per sfatare questo mito.
La rete, divenuta metafora della vita stessa, è un universo dove la distinzione tra informazione e conoscenza è ambigua e sfocata. Non si tratta più di andare semplicemente a ricercare le informazioni, quali che siano; spesso queste sono già a nostra disposizione in grande abbondanza. Si tratta di farsi le domande giuste al fine di trovare l'informazione pertinente7.
I nuovi media sono ovunque e sarebbe inutile, oltre che disastroso, relegarli a futili intrattenimenti senza fornire alcun aiuto per la loro interpretazione e il loro uso critico a fine informativo, oltre che ludico. Si tratta di trasmettere una cultura della documentazione che sempre più metta in condizione di entrare in contatto e continuare a saper leggere le fonti alla radice, riconoscendo che le diverse testualità sono un sistema integrato che necessita di un percorso educativo specifico.
La capacità che permette all'individuo odierno di orientarsi e navigare nel mondo globalizzato è stata chiamata literacy8 e descrive l'abilità di capire, padroneggiare e inferire su testi di varia natura.
Per quanto si possa parlare di homo videns9, supremazia del dito indice e oralità secondaria10, la lettura rimane l'abilità fondamentale per la formazione integrale della persona, in quanto funzionale a ogni ulteriore apprendimento. Un analfabeta funzionale11 è una persona che, pur sapendo leggere e scrivere, spesso non comprende, non assimila o non sa estrarre le informazioni che gli occorrono da un testo (continuo o discontinuo) più o meno complesso. Quest'incapacità si traduce spesso nell'impossibilità di usare mezzi scrittori per accrescere le proprie conoscenze e nell'inettitudine a rispondere efficacemente e in modo critico agli stimoli informativi del mondo contemporaneo, dove il libero accesso alla conoscenza è il diritto e dovere alla base di una società globale e interconnessa.
Le abilità alfabetiche non sono né il primo né l'unico modo per stimolare una mente e sviluppare l'intelligenza di una persona, ma di certo il più potente e necessario.
La comparsa del linguaggio ci ha permesso di nominare le cose, comprenderle e manipolarle, pensarle. La scrittura e la lettura ci hanno donato la capacità di tramandare quelle scoperte e raffinare le reti semantiche in cui le collochiamo. La comparsa della scrittura ha plasmato il nostro pensiero rendendolo proposizionale, analitico, fornendoci i mezzi per comprendere e comunicare fenomeni e concetti sempre più complessi12, immaginare strategie d'azione, tecnologie e narrazioni sempre più audaci e innovative. Il progresso tecnico, scientifico e umanistico di una società dipende dalle capacità che ognuno dei suoi membri ha di produrre, acquisire e comunicare conoscenza. La parola scritta è, ad oggi, il mezzo più potente e duraturo da noi conosciuto per fare ognuna di queste azioni. Non solo quindi ci serve ancora saper leggere e scrivere (e la domanda che capitola questo articolo si rivela squisitamente retorica), ma è basilare padroneggiare queste capacità per vivere coscientemente in una società come quella odierna.
Lentezza e negligenza nella gestione dell'alfabetizzazione da parte del governo fin dai suoi esordi come stato unitario, mancata realizzazione di strutture e politiche che permettessero di colmare (e non inasprire, come invece è avvenuto) i divari tra macroregioni, indifferenza protratta verso le politiche culturali, ambientali ed educative. Nonostante tutte queste scelte sbagliate, con fatica siamo riusciti a colmare, decenni dopo i nostri fratelli europei, l'enorme baratro di analfabetismo strumentale con cui partiva la nostra nazione, ma tutto ciò non è bastato a liberare l'Italia dai suoi ultimi posti in graduatoria in materia di letteratismo13.
Parlano chiaro i risultati dei più recenti studi in materia di literacy: l'ISFOL, riferendosi all'indagine OCSE-PIAAC del 201214 riporta che «in totale, il 70% della popolazione italiana si colloca al di sotto del livello 3, il livello di competenze considerate necessarie per interagire in modo efficace nella società del XXI secolo»15. Il punteggio medio (250 punti) si colloca ben 21 punti al di sotto della media europea dei 17 paesi partecipanti, come anche i risultati sia del 10° che del 90° percentile e il divario aumenta con l'età arrivando, sopra i 55 anni, al 41% di individui che non superano nemmeno il livello 1 nei test di literacy16.
Al vertice di Lisbona del 2000 il Consiglio europeo si era posto l'obiettivo di diventare, entro il 2010 (poi 2020), «l'economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale»17. Nel documento, contenente le strategie da attuare per raggiungere tale obiettivo, istruzione e formazione assumono un ruolo fondamentale per la costruzione di una Europa inclusiva e competitiva basata sul concetto di società della conoscenza e connessione tra capitale umano e crescita economica18.
Un paese che non può puntare sul capitale culturale, perché non ne riconosce il valore, è destinato a un futuro di ignoranza e di conseguente decrescita economica e competitiva. L'Italia non ha grandi risorse naturali dal punto di vista energetico (petrolio, gas) o dei materiali preziosi, ma ha un'immensa ricchezza ambientale e culturale che una politica dell'ignoranza rischia di distruggere irrimediabilmente. Serve un cambio di mentalità che porti gli adulti a riconoscere il valore primario dell'educazione alla cultura per i loro figli e della formazione continua per se stessi.
Mentre molti paesi a noi vicini (magari con risultati molto migliori dei nostri) corrono ai ripari e in qualche modo cercano di indagare il problema alla radice, pianificare e attuare strategie d'azione19, noi ci ostiniamo a minimizzare il fenomeno, stampa e politica evitano di concentrarvi troppo l'attenzione pubblica e il termine "analfabeta funzionale" perde lentamente d'impatto, impazzando sui social al pari di antipatici neologismi quali "webete".
Quali che siano state le cause prime del fenomeno (politiche, sociali, storiche o di altra natura) è importante capire cosa oggi continua a ostacolare l'acquisizione e il mantenimento da parte di una così grande fetta della popolazione delle competenze alfabetiche necessarie alla partecipazione in uno Stato che vuole essere democratico. Per fare ciò è innanzitutto indispensabile sfatare un mito: non è (del tutto) colpa della scuola e, soprattutto, non è colpa delle nuove generazioni.
La scuola italiana è un'infrastruttura imperfetta, certo, e tanto potrebbe essere fatto per migliorarne i mezzi e l'efficacia, a partire dalla riqualificazione degli ambienti e dalle politiche di formazione, abilitazione e aggiornamento dei docenti; tuttavia i dati delle indagini PISA20 2015 e PIRLS21 2016 provano che gli studenti di quarta elementare (testati in PIRLS22) riportano dei punteggi in linea, se non superiori, alla media europea, mentre i quindicenni (testati in PISA23), pur riportando punteggi più bassi, non si allontanano di troppo dagli standard. Questi dati ben si sposano con i risultati delle principali indagini ISTAT sulla lettura24, i quali riportano come il maggior numero di lettori si concentrino nella fascia dagli 11 ai 14 anni25, per poi iniziare lentamente a decrescere in età adolescenziale (in coincidenza con i risultati PISA) e crollare definitivamente in età adulta (raggiungendo il ben noto 59% di non lettori del 201726).
Succede qualcosa, tra i 13 e i 19 anni (ma anche dopo), che determina il rapporto dei futuri adulti con il libro e influenza fortemente le probabilità di arricchire le folte schiere degli analfabeti funzionali italiani, soprattutto in mancanza di serie politiche per la formazione permanente.
Mettersi nell'ottica di un lifelong learning significa accantonare la "teoria del cammello"27 e capire che l'educazione è un processo che riguarda l'essere umano per tutta la sua vita, in quanto lo sviluppo di un pensiero critico gli permetterà di scardinarsi continuamente da dogmi imposti o precostituiti, aiutandolo a essere cittadino del mondo e umano tra gli umani.
Il Rapporto ELINET28 del 2016, accanto a un'attenta disamina dei dati disponibili per le varie fasce d'età (PIRLS, PISA, PIAAC), regala un quadro poco brillante per quel che concerne le iniziative italiane di potenziamento della literacy e promozione della lettura in età adulta. Testualmente: «Adult education in general is not well-developed in Italy; there are neither clear adult education policies nor outcomes. Instead the adult learning sector in Italy is characterized by a very low degree of regulation»29.
Gli unici servizi preposti a colmare questo vuoto sono i centri provinciali per l'istruzione degli adulti (CPIA). Istituiti per la prima volta nel 199730 e perlopiù ubicati nelle scuole, essi operano a livello locale e dipendono direttamente dai Comuni (delegati dalle Regioni), in stretto contatto con i centri per l'impiego.
La loro presenza e attività sul territorio italiano è abbastanza diffusa31 ma l'effettiva efficacia risente delle limitate operazioni di monitoraggio e numero di insegnanti specializzati nella formazione degli adulti, oltre che della mancanza di organiche e diffuse iniziative di promozione. È stato infatti dimostrato come, a rivolgersi a servizi di apprendimento permanente siano soprattutto persone già competenti e motivate ad aggiornarsi e istruirsi32, lasciando fuori la gran parte di coloro che avrebbero bisogno di farlo ma non ne sentono l'esigenza, ignorando che le competenze alfabetiche, requisito minimo per l'accesso a successive opportunità d'istruzione, se lasciate decadere saranno molto difficili da recuperare. Non impegnarsi in questo campo è quindi un modo per abbandonare un numero sempre più alto di persone nell'incomprensione del mondo contemporaneo, passive nel subire l'incessante flusso di informazioni e inermi nei confronti di un tipo di comunicazione aggressiva e manipolatoria.
Quando si parla di analfabetismo funzionale non si sta facendo un semplice discorso quantitativo riguardo il numero e il genere di informazioni che gli individui sono in grado di acquisire e collezionare; si sta cercando di fare luce sul perché le persone non reputino più un valore il perseguimento della conoscenza. Conoscenza intesa come apprendimento continuo, plasticità mentale e attitudine a comunicare; conoscenza come base di una società sana, cosciente e partecipata, senza la quale è paradossale anche solo parlare di democrazia.
Tutto parte da una scelta, quella di non leggere, che ha radici nella narrazione culturale e sociale che si fa di libri, studio e lettura.
Quella di mettere al mondo un essere umano è una grandissima responsabilità. Non si tratta solo di sfamare e scaldare un'altra vita, ma di darle ciò che l'aiuterà a crescere. Insegnare l'importanza dell'impegno, della conoscenza e della ricerca significa riconoscere la loro centralità nel processo di sviluppo dell'uomo e della società e farne dono alle nuove generazioni.
Sappiamo che le probabilità che un bambino diventi un adulto lettore dipendono molto dalla presenza di libri in casa e dal titolo di studio dei genitori33, ma soprattutto dalle loro abitudini culturali e dall'impegno da essi profuso nel promuoverle nei primissimi anni di vita e oltre. Un alto livello di istruzione e una condizione professionale gratificante sono una base forte per la lettura ma allo stesso tempo la lettura e le abilità con essa conseguite sono spesso un mezzo per l'accesso alle prime due (almeno in teoria), in quanto benessere e lettura formano un circolo virtuoso che se coinvolge i genitori ha ampissime possibilità di includere i figli.
Succede poi che i piccoli esseri umani crescono e, prima a scuola e poi nel mondo, entrano in contatto con la seconda grande forza plasmante della loro vita: la società in tutte le sue diverse sfaccettature. Si verrà inizialmente a contatto con la propria cultura specifica, spesso coincidente con quella trasmessa dal nucleo parentale, ma si auspica che man mano si riesca a interagire con macrocosmi sempre più ampi, superando gli etnocentrismi e diventando cittadini del mondo, una coscienza umana tra gli umani.
L'uomo è un animale culturale: il suo comportamento, le sue motivazioni, i suoi sistemi di pensiero e molte delle sue abilità derivano dall'apprendimento attraverso l'interazione con i suoi simili.
«La cultura di una società consiste in tutto ciò che si deve sapere o credere per operare in maniera accettabile ai suoi membri»34 è la definizione di cultura che diede Ward Goodenough, caposcuola dell'antropologia cognitiva.
Pensando alla nostra storia culturale, dall'introduzione dell'alfabeto greco in poi, possiamo affermare che la scrittura sia entrata a pieno titolo tra le componenti del nostro mondo. La realtà chirografica prima e tipografica dopo, ha sempre più permeato e cambiato il sistema-pensiero dei nostri avi35. Con l'alfabetizzazione di massa e l'avvento delle democrazie ci si sarebbe quindi aspettati che il letteratismo e quindi le abilità basilari di comprensione e produzione di testi dovessero attestarsi come prioritarie nel nostro sistema di valori, in quanto strumento essenziale per la partecipazione societaria e, quindi, per «operare in maniera accettabile ai suoi membri», ma questo non sta avvenendo, soprattutto in Italia.
Il problema non è economico, o almeno non solo. È vero che il libro, quindi la lettura di svago, viene considerato un bene accessorio, ma nei risultati delle inchieste sulla lettura in Italia il costo dei libri si colloca tra le ultime motivazioni36.
Nella società della comunicazione, dove si è continuamente richiamati a guardare, rispondere, ascoltare e comprare; chiedere di fermarsi e leggere (ma anche votare, andare a teatro, fare la differenziata...) significa andare completamente contro alla mentalità del tutto e subito, in quanto l'attività della lettura non offre un prodotto facile e immediato ma impone di dedicarvi del tempo, informarsi, impegnarsi, sforzarsi.
La lettura e la scrittura sono due operazioni cognitive per niente facili e scontate e padroneggiarle significa investire tempo e energie. Questo richiede una forte motivazione, estrinseca e intrinseca.
Storicamente, la spinta all'acquisizione di un bagaglio culturale è pari al vantaggio sociale che esso rappresenta per l'individuo e il sistema di valori della comunità di cui fa parte37. Questo oggi, in Italia, è praticamente nullo. Considerando che la maggior parte della popolazione campionata dalle indagini OCSE dichiarava di non sentirsi minimamente limitata nella vita professionale, pur riportando punteggi molto bassi nei test di literacy e numeracy, dobbiamo prendere atto del fatto che per molti di questi soggetti il minimo indispensabile effettivamente basta loro per lavorare e vivere quotidianamente, mentre un accrescimento porterebbe, in base alla loro esperienza, a vantaggi incerti, limitati o addirittura nulli.
Il contesto italiano non premia lo studio, non lo rende un vantaggio sociale, e il gran numero di neolaureati parcheggiati in attesa di un lavoro che probabilmente si rileverà frustrante e non proporzionato alle proprie competenze38 contribuisce a convincere le persone che prolungare il tempo e gli sforzi per la propria formazione (e quella dei figli) sia più uno svantaggio che altro. Le conseguenze di questa svalutazione ideologica sono visibili: aumento del tasso di istruzione rallentato, quota di lettori ferma al 40%39, mercato editoriale trainato da un misero 14% di lettori forti.
Considerando quanto le abitudini culturali di un individuo siano fortemente influenzate dal contesto in cui cresce, sembrerebbe un'impresa epica quella a cui vorremmo accingerci, ovvero riaffermare l'importanza e il piacere della lettura, dell'approfondimento e della formazione continua in un paese che sembra volerla continuamente svilire e sottovalutare. Per fortuna esistono numerosi agenti che possono intervenire nel processo: familiari, bibliotecari, insegnanti ma anche amici, conoscenti, gente incontrata in tram, su una chat, in biblioteca. Chiunque, svincolato dalla mentalità imperante, può aiutare a trasmettere l'amore della lettura, perché si sa, la lettura è contagiosa (a patto che non si trasformi in imposizione).
È una guerriglia quella che si porta avanti in Italia contro le politiche dell'utile e l'ideale del consumo immediato. Quanti nascono già impoveriti dal loro ambiente sociale, dall'ottusità della loro schiera parentale, dalla scarsità di stimoli culturali ricevuti? Quanti di questi riescono oggi a trovare una via d'uscita, una scintilla di libertà di scelta, una finestra sul mondo infinito delle possibilità?
Cambiare è possibile, mettendo al centro le istituzioni culturali e proponendo una disintossicazione dall'appiattimento consumistico attraverso il coinvolgimento intellettuale e culturale.
Ridare dignità alla professione dell'insegnamento, assicurare stabilità a chi si prende carico dell'istruzione ed educazione delle nuove generazioni dovrebbe essere al primo posto tra le priorità del Governo. Promuovere il continuo aggiornamento, le innovazioni nella didattica, il coinvolgimento nella crescita della classe. Soprattutto incentivare la cooperazione e collaborazione del corpo insegnante, al fine di ottenere organismi scolastici che insieme funzionino meglio della somma dei singoli professori40. Formare vere e proprie squadre di specialisti, che sappiano coinvolgere gli alunni e trasmettere loro la passione per il pensiero critico e la ricerca trasversale, istituendo dei percorsi di formazione universitaria e accademica qualitativamente validi e accessibili, che possano portare alla formazione di una classe docente solida, d'eccellenza.
Coinvolgere gli studenti e le loro famiglie fin da subito, dalle elementari, in progetti e iniziative di partecipazione civile. Educare alla cittadinanza attiva attraverso il conferimento di responsabilità decisionali già da piccolissimi, con discussioni, dibattiti e dialogo. Spesso ci dimentichiamo di come lettura e scrittura siano indissolubilmente legate alla parola e al pensiero, in quanto tecnologia atta al loro potenziamento; allora perché non partire da parola e pensiero, indicando poi le fonti che possono accrescerne portata ed effetto41?
Aprire dunque le scuole, le biblioteche, i musei, i teatri il più possibile e far sì che essi diventino una rete integrata, osmotica, intessendo relazioni stabili in modo che diventi un'abitudine quella di cercare un libro in biblioteca, andare a teatro, visitare un museo, che permarrà anche in età adulta. È oggi che la biblioteca può dimostrare, e in alcuni casi sta dimostrando42, di essere quella forza accentratrice e propositiva in grado di interpretare le esigenze della comunità e di elevare i suoi standard qualitativi e culturali, ma questo può accadere solo tramite una riqualificazione delle sue strutture e dei suoi professionisti, nonché uscendo dal pregiudizio tutto italiano della biblioteca come magazzino polveroso di volumi vecchi e avvicinandosi invece, concettualmente e materialmente, a modelli come quello dei learning commons43.
Promuovere infine uno studio approfondito delle motivazioni che spingono così tante persone a non leggere, non scrivere, non informarsi, per poi capire quali possano essere gli approcci metodologici più utili a garantire un'opportunità egualitaria per tutti di accedere alla conoscenza e alla scelta, a prescindere dalle condizioni di origine.
Mi rendo conto che si tratta di obiettivi ambiziosi e di quanto la formulazione di chiari e concreti indirizzi d'azione sia complessa, data la quantità di variabili in gioco, ma questo non muta il carattere d'urgenza del fenomeno su cui siamo chiamati a intervenire. Tutto questo ha anche un prezzo, certo, ma è un prezzo che lo Stato e ognuno di noi dovrebbe essere felice di pagare. Un investimento che non può che rendersi a ogni generazione più vantaggioso.
Leggere, scrivere, pensare e parlare sono azioni che formano un circolo virtuoso e creativo, fonte di innovazione e fertile terreno per il benessere di molti. In un mondo che per sopravvivere avrebbe sempre più bisogno di integrazione tra le conoscenze e gli individui, di comprensione delle macro e micro-dinamiche e di progettazione a livello globale, continuare a trascurare il protrarsi di forme di pensiero rigide, etnocentriche e refrattarie all'apprendimento permanente e all'alfabetizzazione critica appare sempre più come un suicidio annunciato.
Queste poche righe non possono certo contenere la risposta a come fare per cambiare le cose; semmai, nel loro piccolo, cercano di aggiungere forza alle molte voci intente a chiarire il perché è necessario farlo.
Ultima consultazione siti web: 6 luglio 2019.
[1] Nella letteratura contemporanea quest'area funzionale è coperta dalle definizioni di prose e information literacy, che vanno a inserirsi in un articolato sistema di abilità identificate come fondamentali per la partecipazione dell'individuo nella società e che comprendono anche l'alfabetizzazione numerica e digitale. Definizioni specifiche per ogni tipo di literacy sono ben descritte in Gli obiettivi generali del programma PIAAC. In: ISFOL, PIAAC-OCSE: Rapporto nazionale sulle competenze degli adulti. Roma: ISFOL, 2014, p. 15-33, https://www.isfol.it/piaac/Rapporto_Nazionale_Piaac_2014.pdf.
[2] I fondamenti neuro scientifici su cui si basa questo lavoro possono essere ritrovati in Stanislas Dehaene, I neuroni della lettura. Milano: Cortina, 2009. Un utilissimo approfondimento sulle fasi di apprendimento della letto-scrittura è contenuto invece nel volume di Maryanne Wolf, Proust e il calamaro: storia e scienza del cervello che legge. Milano: Vita e pensiero, 2009.
[3] Testi utili per l'approfondimento del concetto di motivazione e il suo rapporto con l'apprendimento sono Rossana De Beni; Angelica Moè, Motivazione e apprendimento. Bologna: Il Mulino, 2000; Heinz-Dieter Shmalt, Psicologia della motivazione. Bologna: Il Mulino, 1989 e Alain Lieury; Fabien Fenouillet, Motivazione e successo scolastico. Roma: Magi, 2001.
[4] Harvey J. Graff, Alfabetismo di massa: mito storia e realtà. Milano: Bonnard, 2002.
[5] La "bottega familiare" rievocata da Tullio De Mauro, La cultura degli italiani. Roma-Bari: Laterza, 2010, p. 9-10.
[6] Zygmunt Bauman, Modernità liquida. Roma-Bari: Laterza, 2002; Gino Roncaglia, L'età della frammentazione: cultura del libro e scuola digitale. Roma-Bari: Laterza, 2018.
[7] L'information literacy è la capacità di riconoscere i propri bisogni informativi e l'abilità di identificare, localizzare, valutare, organizzare ed efficacemente usare, creare e comunicare l'informazione per risolvere problemi e questioni, su qualunque supporto essa si presenti. Essa è basilare per far fronte al fenomeno del sovraccarico informativo (information overload) caratteristico della nostra società e potenziare le strategie di ricerca e rielaborazione delle informazioni alla base di apprendimento e innovazione.
[8] Il termine literacy nasce in ambito anglosassone quando si inizia a riconoscere la differenza che intercorre tra analfabetismo strumentale (persone incapaci di leggere e scrivere) e analfabetismo funzionale (la cui prima definizione fu data dall'Unesco nel 1956). Correlare la capacità alfabetica a un livello di efficacia di azione ha significato riconoscere il suo collocamento lungo un continuum qualitativamente rilevante di competenze potenzialmente misurabile da una ricerca empirica e che permettesse ulteriori specificazioni del fenomeno (prose literacy, document literacy, numeracy, information literacy ecc.). Una definizione di literacy come dominio (comprendente tutte le tipologie) può essere quella riportata nel framework teorico del programma PIAAC (Programme for the international assessment of adult competencies): «capire, valutare, utilizzare ed esaminare testi scritti per partecipare alla vita sociale, per raggiungere obiettivi e sviluppare conoscenza e potenziale umano», ISFOL, Il framework teorico del programma PIAAC: metodologia e strumenti per la valutazione delle competenze degli adulti. Roma: ISFOL, 2013, p. 38.
[9] Giovanni Sartori, Homo videns: televisione e post-pensiero. Roma-Bari: Laterza, 2000.
[10] Walter Ong, Oralità e scrittura: le tecnologie della parola. Bologna: Il Mulino, 2014.
[11] I termini analfabetismo funzionale e di ritorno non coincidono, in quanto il primo è il risultato di un processo, mentre il secondo è una condizione relativa al contesto. L'analfabetismo di ritorno consiste nell'inevitabile decadimento delle competenze che inizia non appena il soggetto smette di studiare e, se non contrastato, può portare alla perdita delle stesse abilità di base del leggere, dello scrivere e del numerare producendo, di fatto, una condizione di analfabetismo funzionale. Un utilissimo, seppur brutale, approfondimento in materia è fornito nel testo di Arturo M. Allega, Analfabetismo: il punto di non ritorno: teoria dell'evoluzione della popolazione istruita. Roma: Herald, 2011.
[12] Gerald M. Edelman, Seconda natura: scienza del cervello e della conoscenza umana. Milano: Cortina, 2007.
[13] Il termine "illetteratismo" (contrario di letteratismo) è un sinonimo apparentemente più politicamente corretto di analfabetismo funzionale.
[14] L'Italia, assieme ad altri 23 paesi OCSE, ha aderito, tra il 2011 e il 2012, al primo ciclo di indagini del Programme for the international assessment of adult competencies, i cui risultati sono stati resi noti in italiano dalle pubblicazioni ISFOL del 2014. Progetti precedenti che hanno coinvolto il nostro paese in indagini internazionali sulle abilità di literacy sono state ALL (Adult literacy and life skills) nel 2003 e SIALS (Second international adult literacy survey) nel 1998. Il primo quadro teorico di riferimento fu quello approntato da Irwin S. Kirsch e Scott Murray (Scott Murray [et al.], Adult literacy in OECD countries: technical report on the first international adult literacy survey. Washington DC: National Center for Education Statistics (ED), 1998) che identificava le fasi del lavoro e i vincoli fondamentali per avere una rilevazione comparabile tra nazioni. Successivamente (in ALL), ci si avvalse dei risultati del progetto DeSeCo (Description and selection of key competencies: theorical and conceptual foundation) condotto dall'Ufficio statistico federale svizzero in collaborazione con il National Center of Educational Statistics (USA) al fine di ottenere un quadro teorico orientato al sostegno di politiche per l'apprendimento autonomo permanente. PIAAC, infine, ha inserito l'indagine sul letteratismo in un contesto tecnologico più vicino agli scenari d'azione contemporanei, coniando una nuova definizione, un nuovo framework e dei nuovi strumenti di valutazione, anche online. Per l'approfondimento circa le principali indagini sul letteratismo e i loro risultati si consiglia la lettura di Federica Cornali, Proprio analfabeti no, ma quasi. Roma: Bonanno, 2004; Irwin S. Kirsch, The International adult literacy survey (IALS): understanding what was measured. Princeton: Educational Testing Service, 2001; Vittoria Gallina, Letteratismo e abilità per la vita: indagine nazionale sulla popolazione italiana 16-65 anni. Roma: Armando, 2006; ISFOL, Il framework teorico del programma PIAAC cit.; nonché la tesi magistrale da cui è tratto questo lavoro, capitolo 3.
[15] ISFOL, PIAAC-OCSE cit., p. 69.
[16] Elinet, Literacy in Italy: Country report. Adults, March 2016. 2016, http://www.eli-net.eu/research/country-reports/italy/.
[17] Punto 5 delle conclusioni presentate dal Consiglio europeo di Lisbona 23 e 24 marzo 2000, https://archivio.pubblica.istruzione.it/argomenti/qualita/testi/allegati/lisbona_conclusioni.htm.
[18] Shahid Yusuf, From creativity to innovation: World Bank Policy Research Working Paper 4262, June 2007. Washington DC: World Bank, 2007, https://openknowledge.worldbank.org/bitstream/handle/10986/7439/wps4262.pdf?sequence=1&isAllowed=y.
[19] Degli esempi di linee guida sono il modello inglese dei "sette pilastri" Sconul (Society of College National and University Librarians) per la formazione degli utenti della biblioteca, lo standard a nove livelli e tre ambiti (competenza informativa, apprendimento autonomo e responsabilità sociale) dell'AASL (American Association of School Librarians) pensato per il potenziamento delle abilità informative degli studenti, lo standard a sei livelli Anzil (Australian and New Zealand Information Literacy Framework). Anche in Europa non mancano quadri di riferimento come le linee guida IFLA e l'European framework of good practice in raising literacy levels of children, adolescents and adults: final version, March 2016 http://www.eli-net.eu/fileadmin/ELINET/Redaktion/user_upload/European_Framework_of_Good_Practice1.pdf elaborato da Elinet (European Literacy Policy Network), sul cui sito http://www.eli-net.eu/good-practice/, si trovano ben 109 esempi di "buone pratiche" attualmente in opera.
[20] Il Programme for international student assessment è un'indagine internazionale OCSE che, a cadenza triennale dal 2000, ha l'intento di rilevare le competenze degli studenti di 15 anni in lettura, matematica e scienze.
[21] Il Progress in international reading literacy study è uno studio condotto dal IEA's TIMSS & PIRLS International Study Center di Boston ogni cinque anni dal 2001 e rileva i dati riguardanti le abilità di literacy degli studenti al quarto anno di scuola primaria, considerato periodo chiave nell'evoluzione del lettore da colui che impara a leggere a colui che legge per imparare.
[22] Ina V.S. Mullis [et al.], PIRLS 2016: international results in reading. TIMSS & PIRLS International Study Center, Lynch School of Education, Boston College and IEA. 2017, http://timssandpirls.bc.edu/pirls2016/international-results/download-center/.
[23] Invalsi, Indagine OCSE PISA 2015: i risultati degli studenti italiani in scienze, matematica e lettura. 2015, http://www.invalsi.it/invalsi/ri/pisa2015/doc/rapporto_PISA_2015.pdf.
[24] Mi riferisco all'indagine campionaria quinquennale I cittadini e il tempo libero e all'annuale Aspetti della vita quotidiana, da cui l'estratto Produzione e lettura di libri in Italia.
[25] Tabelle per il 2017 e 2018, http://dati.istat.it/Index.aspx?QueryId=22374.
[26] ISTAT, Annuario statistico italiano 2018, https://www.istat.it/it/archivio/225274.
[27] Shiyali Ramamrita Ranganathan, Le cinque leggi della biblioteconomia. Firenze: Le Lettere, 2010, p. 112-113. In Giovanni Solimine, Senza sapere: il costo dell'ignoranza in Italia. Roma-Bari: Laterza, 2014, p. 117.
[28] European Literacy Policy Network.
[29] Elinet, Literacy in Italy: Country report. Short version, March 2016. 2016, p. 12, http://www.eli-net.eu/research/country-reports/italy/.
[30] Prima erano chiamati CTP, centri territoriali permanenti per l'istruzione e la formazione in età adulta.
[31] INAPP, Indagine sulla consistenza e l'efficienza delle Reti territoriali attivate dai CPIA. IT - Implementation of the EU Agenda for adult learning. 2015-2017, https://inapp.org/sites/default/files/newsletter/Indagine%20Reti%20Territoriali%20dai%20CPIA%20(Italiano).pdf.
[32] «Nello specifico del dato italiano la percentuale dei cittadini high skilled (livello 4/5) che partecipano ad attività di apprendimento adulto supera il 56% (in percentuale sull'intera popolazione i cittadini al livello 4 sono poco più del 3%). Tale percentuale scende al 40% per gli appartenenti al livello 3, al 20% per il livello 2 mentre solo il 14% circa dei cittadini low skilled (livello 1 e inferiore a 1) accede ad attività di istruzione o formazione» ISFOL, PIAAC-OCSE cit., p. 162.
[33] Istat, Produzione e lettura di libri in Italia: anno 2016. 27 dicembre 2017, https://www.istat.it/it/files/2017/12/Report_EditoriaLettura.pdf.
[34] Ward H. Goodenough, Culture, language and society. Reading (MA): Addison-Wesley Modular Publications, No. 7, 1971.
[35] W. Ong, Oralità e scrittura cit.
[36] Emanuela Bologna, Perché non hai letto nessun libro quest'anno? Slides presentate in occasione di Tempo di libri, Milano, 2018. Ai primi posti compaiono motivazioni quali noia e mancanza di tempo libero. Un interessante approfondimento sul tema del loisir può essere la lettura di Isabella Mingo; Miria Savioli, Tempi di vita moderni: il loisir della società italiana. Roma: Guerini scientifica, 2011.
[37] Concetto molto ben espresso in Carlo M. Cipolla, Istruzione e sviluppo: il declino dell'analfabetismo nel mondo occidentale. Bologna: Il Mulino, 2012.
[38] In Italia il fenomeno del mismatch (combinazione errata tra skill possedute dal lavoratore e quelle richieste dal lavoro svolto) è particolarmente diffuso, con un'incidenza più alta della media dei paesi OECD, e il nostro paese è l'unico del G7 in cui la quota dei laureati nei lavori routinari è maggiore di quella nei lavori non routinari (Piero Esposito; Sergio Scicchitano, Il mismatch tra domanda e offerta di lavoro: l'effetto del mismatch e del routine bias technical chamge sul rischio di disoccupazione in Italia, INAPP. Giugno 2019, https://oa.inapp.org/bitstream/handle/123456789/440/INAPP_%20Esposito_Scicchitano_Effetto_Mismacht_Routine_Bias_Technical_Change_2019.pdf?sequence=1&isAllowed=y). Sebbene il possesso di un titolo di studio superiore sembri ancora garantire maggiori probabilità di trovare lavoro, questo non garantisce che l'occupazione trovata sia in linea con le abilità e le conoscenze possedute, né che una prospettiva di carriera possa colmare il divario. Il mismatch dei giovani laureati occupati si attesta al 42,1% (raggiungendo il 46,2% per le laure magistrali, 15 punti percentuali sopra i loro pari titolo adulti) e sembra destinato a mantenersi nel tempo, causando una minore soddisfazione lavorativa e ricadute negative sia per gli individui che per la società. Il sintomo più evidente di questo inefficiente valorizzazione del capitale umano è ravvisabile nel numero di laureati emigrati all'estero negli ultimi anni. Tra il 2008 e il 2017 infatti si è mantenuto negativo il saldo migratorio interregionale e con l'estero, con quasi la metà dei migranti costituita da giovani tra i 20 e i 34 anni, due terzi dei quali in possesso di un livello di istruzione medio-alto. Ulteriori approfondimenti sono contenuti in Istat, Rapporto annuale 2019: la situazione del Paese, Analisi e approfondimenti 3.1 e 4.2, https://www.istat.it/it/archivio/230897.
[39] Fonte: Istat, Aspetti della vita quotidiana: quotidiani e libri - sesso, età, titolo di studio, anni 2017 e 2018, http://dati.istat.it/Index.aspx?QueryId=22373.
[40] È il concetto di content area literacy di cui, tra gli altri, si fa promotrice Elinet attraverso il progetto Basic curriculum for teachers' in-service training in content area literacy in secondary schools (BaCuLit), http://www.eli-net.eu/good-practice/examples-of-good-practice/detail/project/baculit-basic-curriculum-for-teachers-in-service-training-in-content-area-literature-in-secondary-schools.
[41] Un esempio è uno studio che sto portando avanti circa l'adozione della retorica come metodo di ricerca di tipo qualitativo. L'indagine pilota si è svolta nel maggio del 2018 con il sostegno del professor Giovanni Solimine e della professoressa Chiara Faggiolani e i suoi risultati sono consultabili presso la Biblioteca della Scuola di specializzazione in beni archivistici e librari della Sapienza Università di Roma in quanto facenti parte della tesi di specializzazione dal titolo Nuove metodologie di indagine motivazionale del rapporto tra adolescenti e lettura.
[42] Esistono numerose buone pratiche a livello nazionale e internazionale intercettate e descritte dai principali enti che si occupano di lettura e literacy. Un'utilissima piattaforma è per esempio quella dell'Elinet che, accanto alla pubblicazione di un framework teorico a livello europeo, ha pubblicato una selezione di esempi virtuosi di promozione della literacy consultabile all'indirizzo http://www.eli-net.eu/good-practice/examples-of-good-practice/. Un altro utilissimo compendio è Esperienze internazionali di promozione della lettura, a cura del Forum del libro, Roma, Centro per il libro e la lettura, 2015, il quale contiene un elenco dei principali enti di promozione della lettura e molti esempi di iniziative valide a livello internazionale.
[43] Un'ottima concettualizzazione di questa rinnovata idea di biblioteca è rintracciabile nel fondamentale testo di David Lankes, L'atlante della biblioteconomia moderna. Milano: Editrice bibliografica, 2014.