‘Libraries create futures: building on cultural heritage’ è stato il motto del 75. Congresso IFLA che si è svolto a Milano dal 23 al 27 agosto 2009, col coinvolgimento finanziario del Ministero dei beni culturali, del Comune di Milano (con il sindaco Letizia Moratti e il dirigente Cultura Massimo Accarisi sostenitori convinti), della Regione Lombardia e della Provincia di Milano, con bilancio finale in positivo. Un appuntamento che tornava in Italia dopo il 1. Congresso mondiale dei bibliotecari del 1929, l’incontro del 1951 (con l’International Federation for Information and Documentation, FID) e il Congresso del 1964. Milano 2009 è stato un congresso particolarmente importante nel quale l’IFLA ha formulato l’elenco dei compiti futuri delle biblioteche: gli atti sono una base rilevante da cui ripartire e sulla quale trovare altri partner della società civile. Il messaggio di quel consesso è stato l’invito a esaminare globalmente e in termini cooperativi, di risposte avanzate condivise, il tema del contributo delle biblioteche alla costruzione delle comunità multiculturali. Le iniziative sociali hanno valorizzato aspetti caratterizzanti la nostra storia: l’emissione di una serie di francobolli da parte delle Poste vaticane (come era stato fatto nel 1929); la serata culturale alla Scala; l’esibizione del Codice atlantico di Leonardo da Vinci in Galleria; il concerto in Duomo con un violino di Stradivari; la pubblicità del congresso sui tabelloni elettronici (6x3 metri) in piazza Duomo; la borsa arancione che alcuni partecipanti ai congressi IFLA continuano a indossare; il torneo di calcio, unico nella storia dell’IFLA, battezzato dalla presidente Claudia Lux. Momenti immortalati nel reportage fotografico di Vittoria Bonani IFLA: in 70 scatti: culture, tradizioni e biblioteche a confronto1 e narrati puntualmente in IFLA 2009 a Milano di Cristina Selva pubblicato nel Rapporto sulle biblioteche italiane 2009-20102.
Le assenze dei politici (escluso il presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni) furono imbarazzanti. Un discorso di alto profilo ideale fu quello pronunciato dal card. Dionigi Tettamanzi, nel segno del Concilio Vaticano II, all’incontro Babel, Bible and Kor’an: from texts to contexts: from cultures to sacred books: modern functions of libraries in the religious traditions of Mediterranean civilizations che si tenne alla Biblioteca Ambrosiana il 24 agosto, promosso insieme all’ABEI (atti editi dalla CEI nel 2010).
Purtroppo il Congresso IFLA coincise con l’inizio della crisi economica mondiale e l’esplosione
di internet (strumento amico e contemporaneamente concorrente), che hanno portato a un progressivo declino delle
biblioteche. L’Australia ritirò la propria candidatura per il congresso dell’anno successivo (sostituita
dalla ricca Svezia); e pensare che australiano era stato pochi anni prima il presidente Alex Byrne, insignito di
un’alta onorificenza a settembre 2019 per il suo contributo a favore delle biblioteche in ambito internazionale.
Il 2009 è una data che ha segnato una cesura in molti ambiti sociali. Furono interrotti o ridimensionati
gli impegni strategici assunti a Lisbona nel 2001: la società della conoscenza, la centralità del
lifelong learning per la crescita delle competenze dei cittadini, la coesione sociale e lo sviluppo
economico; quindi l’istruzione e le biblioteche come luoghi d’apprendimento fondamentali per tutti. Su questo
tema vi è una connessione tra un messaggio apparentemente molto alto, in realtà politico (le
biblioteche costruiscono polis aperte) e la quotidianità delle nostre biblioteche.
La crisi economica è stata il motivo o piuttosto ha costituito un alibi a non proseguire sulla strada
indicata da IFLA Milan 2009? I policy maker italiani hanno, infatti, ignorato o svalutato le
sollecitazioni del Congresso e ancora oggi non hanno capito il profondo valore sociale, oltreché culturale,
della biblioteca. La disattenzione a livello centrale nel nostro Paese verso una politica di finanziamenti e di
investimenti in risorse umane per le biblioteche ha comportato una disattenzione agli scambi professionali,
lasciati troppo spesso alla disponibilità individuale; l’Italia rischia davvero l’isolamento. Numerosi
bibliotecari sarebbero stati interessati, ma la stretta alle spese per la cultura, per le biblioteche in
particolare, e al finanziamento delle missioni, soprattutto da parte dei comuni, iniziò proprio in quegli
anni, nel biennio 2008-2009. Le responsabilità non sono solo dei politici ma anche dei bibliotecari, molti
dei quali (pur potendosi permettere di essere iscritti all’IFLA e partecipare) considerano l’IFLA e
l’internazionalizzazione incontri e valori lontani o addirittura estranei alla professione.
Quale impatto ha avuto IFLA 2009 per il contesto italiano? Sono dieci anni che mi pongo la
domanda e dieci anni che rinvio la risposta perché, forse, non la ritengo ancora matura o (ma non vorrei)
la concepisco negativa; ancora ho titubanze a scrivere. Mi limito a poche considerazioni.
IFLA Milan 2009: un investimento o un’occasione sprecata? Sempre più italiani (compresi alcuni che non
hanno partecipato a IFLA 2009) sono stati sollecitati a impegnarsi durante tutto l’anno e hanno assunto cariche
importanti quali chair, segretari e responsabili della comunicazione di sezione, membri del Government
Board (Anna Maria Tammaro); un’italiana, Raissa Teodori, ha svolto proficuamente il ruolo di
chair del Professional Committee.
C’è stato, pertanto, e qual è stato (ed è) il ritorno alla comunità italiana? L’aspetto
evidente è che nonostante il contesto insolito – Milano in piena estate – i colleghi italiani hanno
dimostrato di poter organizzare efficientemente un evento mondiale di questa dimensione, che ha visto la
partecipazione di 4.496 tra bibliotecari, volontari e giornalisti provenienti da 120 paesi diversi: tuttora la
partecipazione più numerosa a un congresso IFLA.
Un congresso IFLA in Italia, fortemente voluto dall’AIB e da un’ampia parte dei bibliotecari, con un aiuto
notevole di Biblioteche oggi e degli organizzatori delle Stelline (in particolare, Massimo Belotti),
supportato dalle principali associazioni bibliotecarie europee e dall’ALA grazie a un lavoro ‘diplomatico’
durato alcuni anni, non poteva cambiare radicalmente una situazione in cui le biblioteche da decenni sono
vittime di una politica economica, sociale e culturale che non le considera un investimento per il presente e il
futuro; una condizione molto diversa da quella dei Paesi Bassi, dei paesi scandinavi e in generale del Nord
Europa e, fuori dal nostro continente, oltre gli USA e il Canada, dei paesi economicamente sviluppati negli
ultimi decenni, quali la Corea del Sud, Singapore e la Cina.
A partire dalla fine del XX secolo, da parte di alcune regioni e di parecchi comuni vi era stato
un sostegno convinto a progetti innovativi di edilizia bibliotecaria e di biblioteche moderne per le quali
l’assetto architettonico dell’edificio era stato concepito come messaggio positivo per la gamma dell’offerta di
servizi tecnologici, culturali e sociali, d’inclusione delle varie anime della comunità e per la rete di
relazioni col territorio. A questa spinta dal basso, tuttavia, non corrispose e non ha corrisposto un’adeguata
spinta istituzionale tale da iniziare a disegnare un rinnovato sistema delle biblioteche e dell’accesso alla
conoscenza inteso come bene comune fondante il presente e il futuro di una comunità. Infatti, salvo alcuni
esempi virtuosi (per fortuna sempre più diffusi), ha continuato a prevalere la politica del ‘navigare a
vista’, ovvero del perseguire obiettivi contingenti e non strategici finalizzati al ‘bene superiore’ della
comunità.
La risposta dell’AIB e delle biblioteche a questa politica, più esattamente a questa non-politica
bibliotecaria, non è stata e non è la rassegnazione o il ripiego in autoconsolatorie torri d’avorio,
piuttosto un impegno quotidiano per l’advocacy della biblioteca che diventa una difesa della democrazia,
un sostegno al diritto dei cittadini al libero e gratuito accesso all’informazione e alle risorse, seppure a
certi politici, in particolare a livello locale, ciò non sempre piaccia. Ancor più che in passato,
infatti, le biblioteche stanno caratterizzandosi come difensori della società aperta; soprattutto le
biblioteche pubbliche si distinguono come avvocati delle minoranze di qualsiasi tipo. Almeno sotto questo
aspetto le biblioteche italiane – che pur si trovano spesso in circostanze precarie – sono diventate il ‘terzo
luogo’, uno dei pochi spazi pubblici, uno spazio non-commerciale, senza obbligo di consumo, aperto a tutti senza
distinzione di ceto, colore della pelle o fede religiosa. L’AIB gioca un ruolo decisivo come movimento civile,
aperto e partecipato di promozione della lettura, della cultura e della ricerca, oltre che rappresentante e
difensore della professione bibliotecaria.
Il Congresso IFLA 2009 è stato un momento in cui è stata messa in luce la ricchezza
delle biblioteche italiane, documentata da numerose relazioni e dal volume Italian libraries3.
IFLA Milan 2009 è, dunque, da leggere come un evento storico per la comunità dei bibliotecari italiani
per aver contribuito a diffondere la consapevolezza della funzione della biblioteca all’interno del tessuto
culturale locale e nazionale; il Congresso IFLA, con il suo vasto e ricchissimo programma, ha dato un impulso ai
colleghi italiani nel rendersi conto che la vera ‘musica biblioteconomica’ suona a livello internazionale e che,
in particolare, i giovani colleghi sono invitati a orientarsi verso impegni adeguati al contesto cosmopolita e a
cercare di avere esperienze fuori d’Italia, in biblioteche e in altre istituzioni culturali internazionali.
Last but not least, IFLA Milan 2009 è stato l’evento che ha posto al centro la formazione: IFLA
significa standard, linee guida, visione, innovazione, disciplina. Quei pochi che partecipano ai congressi IFLA
e non fanno turismo culturale lo sanno bene lavorando tutto l’anno nelle sezioni e nei vari comitati; è,
perciò, decisivo per la qualità della professione e delle biblioteche italiane stimolare il maggior
numero possibile di bibliotecari a partecipare costruttivamente alle attività IFLA, prevedendo un
finanziamento statale, come chiesto tante volte. Lo statuto del bibliotecario non può, infatti, che essere
orientato ai modelli che rappresentano lo state of the art più avanzato e condiviso a livello
globale, abbinando la tecnologia alla valorizzazione del nostro peculiare cultural heritage.
Mauro Guerrini