di Agnese Bertazzoli
Negli ultimi decenni profondissimi cambiamenti hanno interessato l’università e le biblioteche accademiche, modificando le funzioni, la gestione e il rapporto con l’utenza di queste ultime. Una delle cause di tali mutamenti risiede nell’avvento delle nuove tecnologie: l’introduzione dei sistemi di automazione a partire dalla fine degli anni Novanta dello scorso secolo ha infatti rivoluzionato la gestione del lavoro nelle biblioteche. Allo stesso tempo, un sempre più massiccio trasferimento delle pubblicazioni scientifiche dal supporto cartaceo a quello elettronico ha avuto ripercussioni sulle modalità di diffusione e di fruizione dei prodotti della ricerca, modificando di conseguenza l’uso e la percezione dei servizi bibliotecari e mutando in parte l’identità stessa delle biblioteche delle università, trasformate «da fornitrici di documenti a fornitrici di accesso»1. Con l’avvio delle pratiche di valutazione della ricerca scientifica, poi, è cambiato per gli studiosi il modo di progettare e di pubblicare le proprie ricerche: le strutture bibliotecarie degli atenei si sono adattate a questo importante cambiamento assumendo nuove funzioni, come quella di controllo e validazione dei prodotti della ricerca. Nei primi anni Duemila, inoltre, è stato riformato l’assetto dei percorsi universitari, riorganizzati in corsi di laurea triennali e magistrali2: il primo approccio degli studenti alla ricerca scientifica è stato anticipato al momento della stesura della tesi di laurea triennale e anche in questo caso molte biblioteche hanno rimodulato i propri servizi per venire incontro alle nuove e diverse esigenze degli utenti.
A tali cambiamenti se ne sono sommati altri, di natura amministrativa: due riforme universitarie hanno ridefinito l’ordinamento degli atenei italiani, dotandoli di autonomia3 e modificando i rapporti tra le strutture didattiche, di ricerca e di servizio4. Ciò ha comportato un diffuso processo di razionalizzazione delle strutture presenti nelle università e tale processo ha coinvolto anche le biblioteche. Nel caso di queste ultime, per rimediare alla polverizzazione delle strutture, quasi sempre di piccole dimensioni, si è fatto ampio ricorso a processi di accorpamento5. Questi hanno condotto a risultati alterni: talvolta ne è effettivamente derivato un riassetto delle strutture bibliotecarie, talaltra le biblioteche risultanti dalle fusioni sono rimaste entità perlopiù virtuali, che riuniscono in sé strutture che hanno mantenuto sedi, servizi, personale e in alcuni casi addirittura modalità di gestione distinti.
Infine, un importante cambiamento ha riguardato le missioni delle università: negli ultimi anni, infatti, gli atenei italiani hanno riconosciuto tra le proprie finalità l’apertura alla società e la diffusione della conoscenza prodotta negli ambienti accademici6. L’introduzione di una terza missione universitaria ha determinato, per le biblioteche accademiche, una riscoperta della loro «natura profondamente pubblica» e, di conseguenza, un ulteriore ampliamento delle loro funzioni7.
In questi anni, dunque, le biblioteche accademiche sono profondamente cambiate perché è profondamente cambiato il mondo intorno ad esse. Proprio la crescente consapevolezza che le biblioteche delle università sono inserite in un contesto e vivono una costante evoluzione insieme e a causa dei mutamenti di quel contesto ha fatto sì che negli anni cambiassero anche gli oggetti (e con essi i metodi) della valutazione dei servizi bibliotecari. Da una prospettiva più interna, volta alla misurazione di quanto veniva realizzato nella biblioteca, si è passati a una più esterna, concentrata sulla soddisfazione dell’utenza, e infine si è giunti alla valutazione dell’impatto, che vede il ricercatore volgere la propria attenzione al di fuori delle mura della biblioteca, per concentrarsi sui benefici che essa genera nella vita dell’utente e nell’istituzione alla quale appartiene8.
I cambiamenti sinora riassunti non riguardano solo il passato, anzi continuano a influenzare la gestione, le attività e l’identità stessa delle biblioteche delle università. Pensiamo, ad esempio, all’importanza della «vocazione formativa della biblioteca accademica», riaffermata proprio in conseguenza dell’introduzione delle risorse elettroniche, strumenti di cui spesso gli utenti non hanno piena padronanza e capacità d’uso9, oppure al lavoro svolto dai bibliotecari per la diffusione del movimento open access, nato come reazione alla crisi del prezzo delle pubblicazioni scientifiche. Sono, queste, sfide quanto mai attuali per le biblioteche delle università, frutto dei cambiamenti appena descritti. Continua ad essere una questione attuale e urgente per gli atenei e per i loro sistemi bibliotecari anche una razionalizzazione delle risorse che risponda alle reali esigenze dell’utenza e a determinati requisiti di efficacia ed efficienza delle strutture.
Nonostante i profondi mutamenti vissuti dalle biblioteche accademiche, la loro principale finalità è rimasta invariata: esse continuano a costituire, con la propria attività, un supporto alle missioni delle università alle quali appartengono10. Assai più complesso risulta invece comprendere quale sia oggi il loro ruolo all’interno delle istituzioni nelle quali e per le quali esse vivono e cosa debbano diventare in futuro per assecondarne le evoluzioni. Con ‘ruolo’ si intende il comportamento di un soggetto nel contesto nel quale è posto, in relazione alla posizione che vi occupa11: quale comportamento adottano le biblioteche nel contesto in continua evoluzione degli atenei italiani, quale comportamento dovranno adottare per mantenere o rafforzare la loro funzione di supporto alle missioni universitarie? È importante chiedersi se i mutamenti che hanno interessato le modalità di fruizione e di gestione delle biblioteche accademiche abbiano determinato e possano ancora determinare un cambiamento del ruolo che esse ricoprono all’interno delle università e dell’impatto che hanno sul proprio ateneo e sull’utenza. Rispondere a tali interrogativi comporterebbe due vantaggi:
Che ruolo hanno, dunque, e che ruolo dovranno avere le biblioteche all’interno e all’esterno dell’ateneo cui appartengono? Non è possibile rispondere alla domanda avvalendosi dei tradizionali metodi di valutazione delle strutture bibliotecarie, basati sull’utilizzo di indicatori12. Qualche suggerimento può essere invece offerto dallo standard ISO 16439 Methods and procedures for assessing the impact of libraries13.
Lo standard definisce e descrive i metodi utili alla valutazione dell’impatto economico e di quello sociale delle biblioteche, per il quale considera tre tipi di prove: inferred, solicited e observed evidence. Nel caso dell’inferred evidence, le prove prese in considerazione sono dati raccolti al fine di valutare la performance della biblioteca e i livelli di soddisfazione dell’utenza: l’impatto, dunque, non è esplicitamente indagato, ma dedotto a partire da dati quantitativi che fanno riferimento alle strutture e alle attività della biblioteca; nel caso della solicited evidence, invece, le prove dell’impatto sono sollecitate, cioè emergono in risposta a domande che indagano esplicitamente questo tema (ad esempio attraverso questionari, interviste, focus group); infine, nel caso dell’observed evidence, i benefici generati dalla biblioteca emergono attraverso pratiche di osservazione specificamente dirette alla rilevazione dell’impatto14.
Il concetto di ruolo non coincide con quello di impatto, ma è ad esso collegato: valutare i benefici generati dalla biblioteca, infatti, permette di capire come questa si comporta e come si dovrebbe comportare e, quindi, quale ruolo ricopre. La vicinanza dei concetti di impatto e ruolo permette di adattare i metodi proposti dalla norma ISO anche a un’indagine che abbia come oggetto l’individuazione del comportamento delle biblioteche all’interno del contesto istituzionale e culturale nel quale sono poste. L’approccio misto contemplato dallo standard, che combina evidenze dedotte, sollecitate e osservate, consente di rispondere alla domanda sul ruolo delle biblioteche considerando entrambi i piani temporali: quello futuro, che deve essere indagato esplicitamente (solicited evidence), sondando le intenzioni dei bibliotecari e i progetti delle biblioteche, e quello presente, per il quale è possibile far riferimento ai dati relativi alle loro strutture e alle loro attività (inferred evidence)15.
A una riflessione sull’evoluzione del ruolo delle biblioteche si prestano bene le strutture della Sapienza Università di Roma, che sono state interessate negli anni passati dai cambiamenti appena descritti e si trovano tuttora in evoluzione. Tali mutamenti coinvolgono un sistema bibliotecario ampio, che coordina oltre 50 strutture per rispondere ai bisogni di quasi 115.000 utenti istituzionali16, mettendo a loro disposizione circa 2.600.000 volumi e 6.000 posti di lettura17. Sinora la gestione amministrativa, finanziaria e contabile delle biblioteche della Sapienza è stata affidata ai dipartimenti o alle facoltà18, mentre esse hanno mantenuto una certa autonomia gestionale e progettuale rispetto al sistema bibliotecario19. Negli ultimi tempi questi equilibri si stanno modificando: attualmente è infatti in corso una riorganizzazione funzionale dell’intero sistema bibliotecario, che prevede la revisione del suo regolamento e l’introduzione di forme di coordinamento a livello interdipartimentale, volte ad adeguare il livello dell’offerta a una dimensione di maggiore complessità e interdisciplinarità e a rendere le strutture bibliotecarie maggiormente autonome rispetto ai dipartimenti nei quali finora sono state incardinate20. Il coordinamento interbibliotecario dovrebbe portare – dopo le iniziali attività di deduplicazione e svecchiamento delle collezioni, di revisione dei regolamenti delle singole strutture e di coordinamento degli acquisti – a una maggiore uniformità dei servizi e a una razionalizzazione delle risorse. Il piano per la riorganizzazione del sistema bibliotecario prevede anche la prosecuzione del processo di accorpamento delle strutture avviato negli anni passati: le biblioteche della Sapienza sono oggi 51, erano 168 nel 1985, 59 nel 2017, 56 l’anno seguente21. La progressiva riduzione del loro numero è frutto di una riflessione sulla distribuzione delle risorse e sulle attività delle biblioteche, che il sistema bibliotecario porta avanti con l’obiettivo di garantire un’armonizzazione dei servizi e un’omogeneizzazione del livello minimo delle loro prestazioni.
Alcuni cambiamenti, poi, si sono registrati anche a proposito delle attività gestite dalle singole biblioteche della Sapienza. Esse, infatti, negli ultimi anni hanno affiancato ai servizi tradizionalmente garantiti dalle strutture bibliotecarie delle università iniziative di altro tipo. Tra queste figura l’erogazione di corsi di information literacy, attività su cui si concentrano gli sforzi di molte delle biblioteche della Sapienza. Nella maggioranza dei casi essi sono rivolti agli studenti laureandi e dedicati all’introduzione alla ricerca bibliografica, talvolta sono destinati ai dottorandi e trattano le tematiche della valutazione della ricerca scientifica, talaltra si tratta di incontri volti alla formazione degli studenti vincitori di una borsa di collaborazione o dei volontari del Servizio civile nazionale. Sinora i corsi di information literacy sono stati erogati solo da alcune biblioteche per iniziativa del personale, ma la loro istituzionalizzazione presso tutte le facoltà è stata prevista dal sistema bibliotecario Sapienza22.
Un’altra attività portata avanti dalle biblioteche dell’ateneo romano è la digitalizzazione delle proprie risorse, pubblicate sulla piattaforma Sapienza Digital Library o su Google Books. Nel primo caso, l’iniziativa è stata gestita da strutture interne all’ateneo, col supporto tecnologico di Cineca23; nel secondo, invece, la digitalizzazione è curata da Google24. Queste iniziative vanno nella direzione di un’apertura delle biblioteche e del loro patrimonio all’esterno dell’ateneo, a beneficio degli studiosi di altre università oppure della comunità extrauniversitaria. Nella medesima direzione si collocano anche i Percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento (ex Alternanza scuola-lavoro), proposti dalle biblioteche della Sapienza agli studenti delle scuole superiori romane25.
Alle attività appena citate, poi, alcune strutture bibliotecarie della Sapienza ne hanno affiancate altre, che non rispondono alle funzioni tipiche delle biblioteche accademiche: gruppi di lettura, cineforum, corsi di scrittura creativa, tandem linguistici eccetera. Proprio il fatto che alcune biblioteche inizino ad avvertire la spontanea necessità di affiancare a quelle più tradizionali iniziative ‘straordinarie’ rende evidente quanto sia importante riflettere sull’identità di tali strutture e sul ruolo che esse aspirano a ricoprire all’interno dell’ateneo.
Prima di dare avvio a questa riflessione è necessario delineare in sintesi il contesto nel quale ci muoveremo. Le biblioteche della Sapienza, si è scritto, sono 51: per la maggior parte si tratta di strutture dipartimentali (35), assai più raramente interdipartimentali (7) o appartenenti alle facoltà (7) e in soli due casi sono incardinate in centri di ricerca; sette di esse fanno riferimento all’area disciplinare delle scienze di base, quattordici a quella della medicina e altrettante all’ambito dell’architettura e dell’ingegneria, sette a quello delle scienze umanistiche, due all’area giuridico-politica e sette a quella economico-sociale. La loro distribuzione su tante aree disciplinari rende le strutture bibliotecarie della Sapienza un campo d’indagine adatto, un punto di vista privilegiato dal quale cogliere i diversi ruoli che una biblioteca dell’università può ricoprire. Prendere in considerazione la disciplina nella quale una biblioteca è specializzata è fondamentale per comprenderne l’identità, il funzionamento e, dunque, il ruolo ricoperto all’interno e all’esterno dell’ateneo. Dalle aree disciplinari, infatti, dipendono il carattere e le finalità delle ricerche condotte dagli utenti. Su di essi si plasma la biblioteca: i materiali acquistati, la loro modalità di fruizione, i servizi stessi. Si pensi alla differenza che ancora esiste tra le discipline di area umanistica, nelle quali prevalgono la monografia, il supporto cartaceo, lo studio individuale, e quelle di area tecnico-scientifica, che prediligono il periodico e la banca dati, la risorsa elettronica, il lavoro in gruppo: ne deriva la necessità di biblioteche completamente diverse e un diverso bisogno di biblioteca. Non solo, dunque, a seconda dell’ambito scientifico, le raccolte e i servizi che tali strutture metteranno a disposizione saranno differenti, ma lo saranno anche l’uso che ne faranno gli utenti e il motivo per il quale essi si rivolgeranno alla biblioteca. Si può supporre che le diverse discipline plasmeranno diversi tipi di biblioteca e, dunque, il fattore della ‘vocazione’ scientifica va necessariamente considerato in un’indagine volta alla definizione del ruolo delle biblioteche accademiche.
Le biblioteche della Sapienza sono state oggetto di un’indagine svolta tra l’estate e l’autunno 2019 e finalizzata a comprenderne il ruolo presente e futuro e a definirne l’impatto26. La ricerca si è avvalsa di un approccio misto, che ha combinato gli strumenti della metodologia quantitativa e di quella qualitativa27. L’indagine sul futuro, sui progetti e sull’impatto delle biblioteche ha coniugato inferred evidence, prove dedotte dall’analisi dei dati di struttura e di attività raccolti annualmente dal sistema bibliotecario d’ateneo, e solicited evidence, prove sollecitate attraverso le interviste rivolte ai direttori di alcune biblioteche. Queste due fasi della ricerca non sono rimaste a sé stanti, anzi dall’una è derivata l’altra: sono stati infatti i dati analizzati nella prima fase a suggerire cosa domandare e quali biblioteche prendere in esame in quella successiva.
L’obiettivo della prima fase della ricerca era fare assumere ai dati di struttura e di attività un nuovo valore, in modo che potessero comunicarci non solo informazioni relative alle performance delle strutture bibliotecarie della Sapienza, ma anche qualcosa a proposito del loro ruolo, dei loro progetti e del loro impatto. Si sono quindi attribuiti nuovi significati ai vecchi dati di output, interpretandoli alla luce delle riflessioni sull’impatto e sul ruolo delle biblioteche accademiche.
I dati presi in esame riguardano le strutture (ad esempio: numero di punti di servizio, numero di posti disponibili, personale, patrimonio documentario) e le attività delle biblioteche (presenza del servizio di reference, movimenti del materiale documentario registrati, organizzazione di corsi eccetera)28. Essi vengono raccolti dal sistema bibliotecario per valutare le strutture e per distribuire il personale bibliotecario presente in ateneo sulla base delle loro reali esigenze; inoltre, forniscono una ‘fotografia’ delle biblioteche della Sapienza, che ne immortala la situazione e l’operato nell’anno trascorso. Da una prima analisi dei dati relativi agli anni 2017 e 2018 sono emersi comportamenti molto diversi nelle varie biblioteche della Sapienza, per quanto riguarda sia le loro performance, sia le attività e i progetti che esse portano avanti. Proprio questa eterogeneità dei dati ha suggerito che le biblioteche della Sapienza non potessero essere omologate sotto un’unica etichettatura, né per il ruolo svolto né per l’impatto generato: si sono allora divise in segmenti le strutture dal comportamento simile, in modo da individuare in quale ambito ciascuna di esse generasse dei benefici e ricoprisse un ruolo29.
I dati raccolti dal sistema bibliotecario sono stati organizzati in una matrice casi per variabili, nella quale ogni biblioteca presa in esame costituiva un caso (una riga della matrice) e ogni caratteristica rilevata una variabile (una colonna). In primo luogo, è stata data una nuova interpretazione alle variabili, ipotizzando cosa potessero significare in termini di ruolo e di impatto le risorse e le attività delle biblioteche monitorate dal Sistema bibliotecario Sapienza attraverso la raccolta dei dati. In particolare, si sono considerati, di volta in volta, insiemi costituiti da variabili affini tra loro: quelle che facevano riferimento agli spazi, al patrimonio documentario, al personale, alle spese, ai movimenti e ai servizi innovativi. Si è poi tentato di definire quale tipo di ruolo e di impatto avrebbero potuto avere le biblioteche che presentassero, in quegli insiemi di variabili, dati di output particolarmente positivi:
Al termine di questa operazione sono emersi, secondo l’interpretazione data delle variabili prese in esame, quattro segmenti, ognuno dei quali descrive un tipo di ruolo e di impatto che le biblioteche della Sapienza sembrano avere. In questa fase di segmentazione ci si è chiesto se le attività delle biblioteche e le varie fisionomie che sembravano emergere dall’esame dei dati fossero dovute a precise scelte dei loro responsabili o se fossero invecenon «rispondenti ad un’idea di servizio piuttosto che ad un’altra, quanto piuttosto […] risultato di una situazione di fatto»32: a questa domanda si è tentato di rispondere nella seconda fase della ricerca.
A partire dall’analisi dei dati di output ogni biblioteca della Sapienza è stata attribuita ad almeno uno dei quattro segmenti33. I cluster individuati ci parlano di biblioteche che sembrerebbero aver individuato queste mission:
I segmenti descrivono quattro diversi tipi di ruolo che ricoprono attualmente le biblioteche della Sapienza e confermano in sostanza la funzione di supporto delle biblioteche accademiche alle tre missioni dell’università: ricerca, didattica (segmenti delle ‘biblioteche per eque opportunità di studio’ e delle ‘biblioteche per la formazione’) e terza missione (Figura 1). Avere ipotizzato il genere di ruolo che le strutture bibliotecarie della Sapienza rivestono oggi e gli ambiti nei quali esse potrebbero avere un impatto, però, non è sufficiente. Uno degli obiettivi dell’indagine, va ricordato, era rivolgere uno sguardo al futuro delle biblioteche: per poterlo fare, ci si è rivolti ai bibliotecari. Tale scelta è dovuta alla consapevolezza che i bibliotecari – con la propria visione del ruolo che la biblioteca dovrebbe ricoprire all’interno dell’università – sono i responsabili non solo della gestione del presente, ma anche e soprattutto della progettazione del futuro delle biblioteche accademiche35.
La seconda fase della ricerca, dunque, è stata dedicata all’ascolto dei bibliotecari, per comprendere quale ruolo dovrebbero svolgere a loro avviso le biblioteche dell’università, e al confronto delle informazioni dedotte dall’interpretazione dei dati con altre, di diversa natura e provenienti da fonti differenti. Tale confronto non va inteso solo nell’ottica della verifica, che certo è stata utile, ma ha rappresentato soprattutto un’opportunità di approfondimento delle tematiche oggetto della ricerca. L’obiettivo della metodologia qualitativa che si è adottata in questa fase, infatti, è proprio la comprensione profonda di alcuni casi ritenuti particolarmente rappresentativi, e non la generalizzazione dei risultati36.
È stata avviata una nuova raccolta di dati (solicited evidence, secondo lo standard ISO) di diversa natura. Si è adottato il metodo dell’intervista qualitativa, che indaga «il sistema valoriale degli individui, permettendo loro di ‘ancorare la situazione’ alla propria quotidianità»37, cioè – in questo caso – alla situazione reale delle biblioteche. Si sono scelti come interlocutori i responsabili delle biblioteche, poiché i temi trattati rendevano necessario il coinvolgimento di «un intervistato esperto o ben informato sull’argomento in questione […] individui che, per la loro peculiare condizione e posizione, hanno un’esperienza di tipo generale e possibilmente longitudinale»38.
Per definire a quali biblioteche rivolgersi per realizzare le interviste, si è scelto di selezionare un campione che non soddisfacesse criteri di rappresentatività statistica, ma di «rappresentatività sostantiva»39, privilegiando «i casi da approfondire, non per la loro uniformità rispetto alla popolazione di riferimento, ma per precise caratteristiche che gli sono proprie o per il livello d’interesse che sembrano esprimere rispetto agli obiettivi dell’indagine»40. In particolare, si sono presi in considerazione, ai fini del campionamento, due criteri: il grado di rappresentatività del cluster di appartenenza e l’area scientifica di riferimento. Per quanto riguarda il primo aspetto, si è tenuto conto di quanto ciascuna biblioteca riuscisse a essere una realtà effettivamente rappresentativa del segmento di appartenenza. Infatti, alcune biblioteche della Sapienza presentavano, a partire dall’analisi dei loro dati di output, una fisionomia del tutto analoga a quella descritta nella presentazione del cluster al quale erano state riferite, mentre per altre la somiglianza era più debole. Al momento della selezione del campione ci si è concentrati sulle prime. Il secondo criterio è stato introdotto sulla base delle riflessioni riguardanti l’importante ruolo della ‘vocazione’ scientifica nella definizione dell’identità delle biblioteche accademiche. Si è così ottenuto un campione di otto biblioteche (un numero ridotto, che consentisse l’approfondimento richiesto dalla metodologia qualitativa), i cui responsabili sono stati intervistati nei mesi di novembre e dicembre del 2019.
Per indagare i temi oggetto della ricerca e al tempo stesso rispettare e approfondire le particolari caratteristiche delle biblioteche prese in esame, ci si è orientati verso una modalità d’intervista semi-strutturata41. La traccia d’intervista è stata cioè elaborata in modo che fosse contemplata la possibilità di porre interrogativi diversi a seconda della fisionomia della biblioteca e della sua appartenenza a uno o più dei segmenti delineati nella fase di ricerca precedente. Si è scelto di articolare la traccia in cinque parti: la prima è stata dedicata al presente delle biblioteche, la seconda al loro futuro, la terza e la quarta alla verifica della corrispondenza tra la presentazione di ciascuna struttura fatta nel corso dell’intervista e la fisionomia emersa attraverso la segmentazione, la quinta all’impatto.
1. Introduzione; la biblioteca nel presente
a. Presentazione della ricerca e richiesta dell’autorizzazione a registrare l’intervista.
b. Breve presentazione dell’intervistatrice.
c. Presentazione del bibliotecario intervistato e della sua biblioteca.
2. I cambiamenti e la biblioteca nel futuro
d. Il futuro. La biblioteca ha elaborato un progetto che le dia un orientamento preciso nel futuro? Quale ‘direzione’ ritiene importante seguire? Perché?
e. La fase di cambiamento. In base a quanto emerso dalla presentazione della biblioteca com’è oggi e dal confronto con quello che la biblioteca vuole o cerca di diventare è possibile proporre altre domande:
- Per le ‘biblioteche per la ricerca’ di alcune aree disciplinari: la biblioteca (non nella sua accezione di struttura fisica, ma di servizio garantito attraverso il lavoro del bibliotecario) è diventata o ha rischiato di diventare più invisibile ora che si usano soprattutto risorse elettroniche? Come ha reagito o dovrebbe reagire?
- Per le ‘biblioteche per la ricerca’: l’introduzione delle pratiche di valutazione della ricerca ha modificato il rapporto dei docenti e ricercatori con la biblioteca e con i bibliotecari? Cosa ha fatto la biblioteca per venire incontro ai ricercatori per quanto riguarda la valutazione della ricerca?
- Per le ‘biblioteche per la terza missione’: perché si è avvertita la necessità di uscire dall’ambito accademico?
f. I modelli per orientare il cambiamento. Nella fase di elaborazione dei progetti si è fatto riferimento anche alle attività di altre biblioteche o a esperienze condotte dal bibliotecario intervistato nelle precedenti sedi di servizio?
3. La fisionomia della biblioteca emersa dai dati del sistema bibliotecario
g. Presentazione del lavoro di analisi dei dati e di creazione dei segmenti. Verifica dell’effettiva appartenenza della biblioteca oggetto dell’intervista al cluster al quale era stata riferita.
4. Le attività della biblioteca
h. Parlando dei progetti della biblioteca è emerso che si sta tentando di orientare i suoi sviluppi futuri nella direzione X. Indicare tre attività concrete, in atto o in via di attuazione, che dimostrano che la biblioteca si sta effettivamente muovendo in questa direzione.
5. Impatto
i. Secondo l’intervistato, grazie alle attività che svolge e ai servizi che offre, la biblioteca ha un impatto, produce un cambiamento positivo? In che cosa? In che modo? Su chi?
l. Che cosa lo rende evidente?
m. Gli organi di governo della facoltà o del dipartimento seguono l’attività della biblioteca, offrono stimoli o spunti per il miglioramento, formulano esplicite richieste?
La traccia, insieme a una breve descrizione degli obiettivi della ricerca, è stata inviata ai direttori che avrebbero dovuto essere intervistati: tale scelta è stata motivata dal fatto che gli argomenti trattati parevano particolarmente complessi e avevano a che fare con una riflessione sul futuro e sui progetti della biblioteca che non poteva in alcun modo essere ‘improvvisata’. Le interviste, previa autorizzazione, sono state registrate e trascritte, e i dati testuali raccolti sono stati elaborati attraverso un processo di analisi interpretativa, per il quale si è fatto ricorso al software per l’analisi qualitativa dei testi ATLAS.ti42. Questo strumento ha permesso di organizzare una grande quantità di dati, in modo da estrapolare dalle riflessioni dei bibliotecari intervistati le risposte alle domande dalle quali aveva preso avvio la ricerca: il ruolo delle biblioteche della Sapienza all’interno e all’esterno dell’università, l’indirizzo verso il quale tali biblioteche avrebbero scelto di concentrare i propri sforzi nel futuro e l’impatto generato43. Nel corso di diverse interviste, poi, sono emerse spontaneamente altre tematiche, come il significato che gli intervistati attribuiscono all’istituzione bibliotecaria, le difficoltà che i bibliotecari devono affrontare con urgenza e che impediscono loro di concentrarsi sulla progettazione di nuove attività, la rete di relazioni nella quale le biblioteche della Sapienza sono inserite.
La risposta agli interrogativi riguardanti il tipo d’impatto che potrebbero generare le biblioteche è stata affidata all’ultima parte delle interviste, che si è concentrata in particolare sulle prove raccolte dai bibliotecari in questo senso. Oltre all’impatto reale della biblioteca, oggetto della domanda posta, le risposte degli intervistati hanno riguardato anche l’impatto immaginato e alcune riflessioni sull’impatto e sulla sua misurazione.
Riscontri dell’impatto generato negli utenti si possono innanzitutto rinvenire, secondo i bibliotecari della Sapienza, in seguito alla partecipazione alle attività organizzate dalla biblioteca. In tre casi si è citata come dimostrazione dell’impatto l’acquisizione di nuove competenze e conoscenze da parte degli studenti che prendono parte ai corsi di formazione proposti dalla biblioteca, in altrettante interviste si è fatto riferimento alla crescita del numero dei partecipanti alle attività. L’aumento degli iscritti ai corsi e agli eventi della biblioteca pare poi strettamente collegato con la soddisfazione espressa dagli utenti che abbiano preso parte a tali attività: prova di questo legame sarebbe il passaparola, indicato in due interviste come elemento dimostrante l’utilità dei corsi e la soddisfazione degli utenti, nonché come principale causa dell’aumento della partecipazione ai corsi. Sebbene i concetti di user satisfaction e impatto non coincidano, le risposte fornite dagli intervistati suggeriscono che il livello di soddisfazione degli utenti sia la prima prova alla quale i bibliotecari fanno riferimento nel momento in cui viene richiesto loro di dedurre da riscontri concreti i benefici generati dalla biblioteca.
A proposito di ricercatori e docenti, invece, per dimostrare l’impatto della biblioteca si sono spesso riportati episodi attestanti la loro stima nei confronti dei bibliotecari o la loro consapevolezza della qualità dei servizi, che si concretizzano, di volta in volta, nel ricorso ai servizi della biblioteca anche per attività extrauniversitarie, nel coinvolgimento della biblioteca in iniziative gestite dalla facoltà o dal dipartimento, o, viceversa, nell’autonomia progettuale e gestionale lasciata ai bibliotecari. In due interviste, invece, è emersa la consapevolezza che la biblioteca possa generare un impatto non solo su studenti e docenti, ma anche sulla facoltà o sul dipartimento di appartenenza e, in particolare, sulla loro reputazione.
È interessante il fatto che il tema dell’impatto delle biblioteche accademiche sulla ricerca, comunemente considerato fondamentale nella letteratura scientifica dedicata al tema, sia stato citato solo da uno degli intervistati44. Ciò rende evidente come non sempre un tema centrale nella teoria biblioteconomica risulti altrettanto centrale nella prassi del lavoro in biblioteca. La scarsità di riferimenti all’impatto sulla ricerca è solo in parte imputabile al campionamento, realizzato sulla base del criterio dei segmenti: delle biblioteche alle quali ci si è rivolti per le interviste, quelle appartenenti al cluster ‘per la ricerca’ erano due. Tuttavia, il fatto che in un solo caso su otto si sia portata una prova di impatto della biblioteca dell’università sulla ricerca accademica pare sorprendente e andrebbe certamente approfondito: sarebbe necessario comprendere se questa mancanza di riferimenti alla ricerca sia motivata dalle difficoltà a verificare empiricamente l’impatto della biblioteca in questo campo o se sia dovuta ad altri fattori.
L’altro oggetto della nostra ricerca, cioè il ruolo ricoperto dalle biblioteche della Sapienza, non è stato tradotto in una domanda esplicita nella traccia d’intervista. Un primo tentativo di rispondere al quesito era stato affidato al processo di segmentazione delle biblioteche in cluster omogenei, ciascuno dei quali rappresentava un ruolo che le biblioteche possono ricoprire all’esterno (‘biblioteche per la terza missione’) o all’interno dell’ateneo (‘biblioteche per la ricerca’, ‘biblioteche per eque opportunità di studio’ e ‘biblioteche per la formazione oltre la didattica’). Nel corso delle interviste si intendeva innanzitutto accertare l’effettiva appartenenza delle biblioteche ai segmenti ai quali esse erano state assegnate. Lo si è fatto presentando agli intervistati i risultati del processo di segmentazione svolto nella prima fase dell’indagine e chiedendo loro se concordassero con l’assegnazione della propria biblioteca al (o ai) cluster cui era stata riferita. Solo in un caso si è scelto di non dichiarare l’appartenenza della biblioteca al segmento ‘biblioteche alla ricerca di una missione’ e si è preferito che fosse l’intervistato a collocare la struttura in uno dei quattro cluster presentati.
Tutti gli altri bibliotecari intervistati hanno dichiarato che la descrizione del segmento al quale la propria biblioteca era stata assegnata rispecchiava correttamente la sua fisionomia. In particolare, quattro bibliotecari hanno concordato con l’intervistatrice, senza esitazioni, sull’appartenenza della biblioteca al segmento al quale era stata riferita. I direttori di altre due strutture, invece, pur non negando che le loro biblioteche ricoprissero il ruolo indicato dal cluster di riferimento, hanno espresso la necessità di affiancarvi nuovi ambiti d’influenza:
Intervistatrice: Io, come le ho già anticipato, analizzando i dati avevo collocato la sua biblioteca nel gruppo […].
Intervistato: […] Stiamo cercando di far sì che ci sia qualcosa di più!
Quasi tutti gli intervistati hanno espresso l’intenzione di allargare gli ambiti di influenza delle biblioteche oltre quelli attribuiti loro tradizionalmente: questo obiettivo è emerso in particolare in risposta alla domanda riguardante il futuro delle biblioteche (Figura 2)45.
Andare oltre il ruolo tradizionale significa, per la metà dei bibliotecari intervistati, porsi obiettivi che solitamente associamo alla biblioteca pubblica piuttosto che a quella accademica: accoglienza, senso d’appartenenza, attrattività, promozione di cultura in senso lato. Il fatto che alcuni intervistati abbiano scelto questi termini per descrivere il futuro delle biblioteche dell’università dimostra quanto la loro identità e il ruolo che esse ricoprono sia in evoluzione.
La futura apertura delle biblioteche dell’ateneo ai ruoli di operatore culturale e di promotore di scambi sociali dovrà essere rivolta, secondo molti degli intervistati, non solo all’utenza istituzionale, ma alla cittadinanza tutta. L’intenzione di concentrare gli sforzi futuri delle biblioteche della Sapienza nella direzione dell’apertura alla comunità extrauniversitaria è stata manifestata in sette delle otto interviste effettuate ed è stata spesso posta in relazione alla spinta che negli ultimi anni l’ateneo ha dato alle attività relative alla terza missione. I progetti – futuri o già in atto – che gli intervistati hanno più frequentemente citato a proposito di terza missione sono stati i Percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento, il Servizio civile nazionale e l’organizzazione di eventi culturali aperti al pubblico. Solo in due casi si è parlato di iniziative – entrambe ancora in fase di elaborazione – di diverso tipo: un’apertura al territorio in chiave di prestazione di servizi bibliotecari che sono assenti nel quartiere nel quale la biblioteca accademica è collocata; il ricorso alla piattaforma di prestito digitale Media Library on Line per offrire un servizio alla popolazione extrauniversitaria46. Non sono poi mancati, nel corso di cinque interviste, i riferimenti a progetti futuri che si concentrino sulla comunicazione dei servizi offerti dalle biblioteche e sulla formazione degli utenti. La necessità di lavorare in questa direzione pare strettamente legata a due dei problemi che più spesso sono stati citati nel corso delle interviste: la mancata conoscenza dei servizi che le biblioteche dell’università mettono a disposizione e l’assenza di consapevolezza del proprio bisogno informativo da parte degli studenti.
Dalle risposte degli intervistati si comprende dunque che i segmenti delineati nella prima fase della ricerca inquadrano efficacemente i profili delle biblioteche della Sapienza per ora, ma probabilmente non riusciranno a mantenere questa aderenza ancora per molto. Se le parole e le intenzioni espresse dai bibliotecari nel corso delle interviste troveranno attuazione, le biblioteche tenderanno sempre più a un modello unico, concentrato contemporaneamente su tutte le tre missioni dell’università. Un futuro in cui il ruolo svolto dalle singole biblioteche sia fondamentale in tutti gli ambiti d’interesse dell’ateneo è quello auspicato dai bibliotecari della Sapienza:
Intervistato: L’analisi è giusta, queste di cui abbiamo parlato sono innovazioni, però fino al 2018 è giusto quello che ha visto lei dall’analisi […].
Intervistatrice: E invece ora […]?
Intervistato: Io non saprei dove collocare adesso la biblioteca, perché sono tre le linee: ricerca, didattica e terza missione. Io vorrei seguire tutte e tre le cose, con un’apertura verso tutte e tre.
Questo orientamento è in linea con quello del Sistema bibliotecario Sapienza, che – si è detto – sta lavorando all’omogeneizzazione dei servizi garantiti dalle strutture e al coordinamento delle loro attività. Ad esempio, la necessità – espressa nel corso di diverse interviste – di curare la formazione delle competenze degli studenti coincide perfettamente con le direttive del sistema bibliotecario Sapienza, che recentemente ha previsto l’istituzionalizzazione di corsi di information literacy presso tutte le facoltà; allo stesso modo, lo sforzo intrapreso da diverse biblioteche nel campo della terza missione si colloca in una più generale spinta data dall’ateneo alle attività di questo tipo47. Nel futuro potrebbe attenuarsi, dunque, la forte eterogeneità che attualmente caratterizza le biblioteche della Sapienza e realizzarsi davvero un sistema di biblioteche che, pur nel rispetto delle specificità, condividano obiettivi e assumano un medesimo ruolo all’interno dell’ateneo, collaborando e progettando le proprie attività avendo ben presente il contesto nel quale sono inserite.
Per fare sì che ciò accada sembra necessario concentrarsi proprio su quest’ultimo aspetto: il contesto nel quale le biblioteche sono collocate, infatti, è uno dei temi più frequentemente citati nel corso delle interviste, pur non figurando tra gli oggetti dell’indagine. La ricerca qualitativa, del resto, «trova quello che trova» e non è raro che nel corso del suo svolgimento affiorino tematiche inaspettate48. In questo caso, il tema del contesto è emerso attraverso i continui riferimenti che gli intervistati hanno fatto agli altri soggetti coi quali ogni biblioteca si trova a interagire. Ne è emersa una vera e propria rete di relazioni, che lega le strutture bibliotecarie agli organi di governo delle facoltà o dei dipartimenti dai quali dipendono, ai docenti e ai ricercatori, alle istituzioni e alle associazioni del territorio, al Sistema bibliotecario della Sapienza, alle altre biblioteche del medesimo ateneo (Figura 3).
Tenere presente il contesto nel quale le biblioteche sono inserite significa, secondo gli intervistati, curare i rapporti con i docenti, ascoltare le esigenze e abbracciare i progetti dei dipartimenti o delle facoltà di appartenenza, avviare collaborazioni con gli enti presenti sul territorio cittadino, coordinare le proprie attività con quelle del Sistema bibliotecario Sapienza49. Per gli intervistati, però, considerare il contesto significa soprattutto guardare all’operato e alle attività delle altre biblioteche della Sapienza. I responsabili di sei strutture hanno parlato dell’importanza della collaborazione con altre biblioteche dell’ateneo a proposito di attività formative, di comunicazione di nuove iniziative, di gestione degli spazi e degli acquisti.
È interessante e importante notare che i rapporti intrattenuti con altre biblioteche della Sapienza sono stati descritti da tutti gli intervistati nei termini delle relazioni personali dovute all’iniziativa dei singoli bibliotecari. Se a questa informazione si somma il fatto che in alcune interviste è emersa la mancata conoscenza delle attività proposte da altre biblioteche della Sapienza, appare chiaro quanto ancora queste strutture potrebbero insistere, insieme al Sistema bibliotecario d’ateneo, sulla collaborazione, della quale i bibliotecari stessi hanno sottolineato l’importanza nel corso delle interviste. Comunicazione e diffusione di buone pratiche, poi, andrebbero incrementate anche in previsione dei cambiamenti che in futuro interesseranno le biblioteche, diminuendone l’eterogeneità, pur nel rispetto delle specificità di ogni struttura. Il Sistema bibliotecario Sapienza, in questo momento di riassetto, ha infatti l’obiettivo di selezionare – attraverso i processi di razionalizzazione delle risorse e di omogeneizzazione dei servizi – biblioteche che garantiscano determinati livelli di servizio e che allentino il proprio legame di dipendenza dai dipartimenti e dalle facoltà d’appartenenza, per rafforzare invece il coordinamento e la collaborazione con le altre strutture bibliotecarie. Proprio attraverso la messa in comune di iniziative, progetti e buone pratiche, le biblioteche potrebbero contribuire alla più ampia e capillare diffusione di nuovi servizi e al coordinamento che il sistema bibliotecario richiede loro.
Il presente articolo sintetizza e rielabora i contenuti della tesi di laurea magistrale in Archivistica e biblioteconomia Il ruolo delle biblioteche e le finalità delle università: metodologia per definire e misurare l’impatto delle biblioteche della Sapienza, discussa il 22 gennaio 2020 presso il Dipartimento di lettere e culture moderne della Sapienza Università di Roma. Si ringraziano il relatore, prof. Giovanni Solimine, e la correlatrice, prof.ssa Chiara Faggiolani, per il supporto alla realizzazione della tesi.
Ultima consultazione siti web: 14 aprile 2020.