Anna Maria Viotto, Barbara Cena, Laura Massaia
La biblioteca dell’Associazione Archivio storico Olivetti (AASO) è una biblioteca specialistica che conserva parte del patrimonio delle biblioteche di fabbrica Olivetti 1 oltre a studi e saggi, espressioni dell’attività dell’associazione.
Dal 2014 partecipa al Sistema bibliotecario di Ivrea e Canavese2; l’ingresso nel sistema bibliotecario ha richiesto un riordino del patrimonio bibliografico finalizzato alla catalogazione, foriera, quest’ultima, di molti interrogativi e curiosità sulle collezioni. La presenza di un considerevole fondo antico, ad esempio, ha dato adito a questioni legate alla provenienza e alla tutela, ma anche a interrogativi sul motivo della sua presenza nei fondi di un’industria meccanica. Le diverse tematiche presenti nella biblioteca del Centro di psicologia Olivetti lasciano intravedere un modo particolare di condurre gli studi da parte degli psicologi. Sigle incomprensibili – come ad esempio ‘LS’3, riportata su alcune vecchie etichettature – sono rimaste degli acronimi incomprensibili per molto tempo.
Le interviste condotte a dipendenti anziani e le ricerche sulla documentazione d’archivio hanno fornito notizie frammentarie. Gli articoli presenti nella collezione dei periodici di fabbrica4, invece, sono stati un valido supporto per gettare le basi per una prima ricostruzione storica delle biblioteche di fabbrica.
La biblioteca riveste un ruolo preciso nella ‘comunità concreta’5 di Adriano Olivetti6. Poco prima di morire nel febbraio del 1960, Adriano rilascia un’intervista al filosofo Emilio Garroni nella quale, parlando della sua idea comunitaria, spiega che a Ivrea e nel Canavese ha dato vita a:
un laboratorio sociale in cui nella realtà, nella vera vita, si dà luogo a un’azione comunitaria. Un’azione in cui, ciascuno nel proprio ambito e nella propria funzione, lavora ad un fine comune e coordinato che è la caratteristica vitale dell’ideologia comunitaria7.
In questo contesto, la Biblioteca Olivetti che Adriano presenta a Garroni non è una pura e semplice collezione di libri ma:
questa biblioteca fa parte di un organismo più complesso che è un Centro culturale con un insieme di corsi per giovani, per adulti, corsi complementari, mostre, conferenze. Si tenta di educare i giovani alla comprensione dei valori della cultura8.
Figura 1 – La Biblioteca Olivetti, sala di lettura
Un articolo di Notizie Olivetti9 cita per la prima volta la presenza di una piccola biblioteca nelle attività del dopolavoro. Il nucleo principale della collezione è composto da alcuni trattati di tecnologia appartenuti a Camillo Olivetti e da una raccolta completa dei classici stranieri della UTET; l’articolo descrive anche le attività lavorative del prof. Mirto Doriguzzi, collaboratore di Adriano e redattore della rivista il Foglio di comunicazione interne. Il giornale ha una rubrica dedicata alla biblioteca e proprio in questa sezione viene pubblicata la lettera di un lettore, che pone una questione importante:
la distribuzione dei libri della biblioteca del dopolavoro è fatta in ore determinate durante le quali io e altri operai del mio reparto lavoriamo. Non sarebbe possibile fare la scelta dei libri dal catalogo e ottenere il prestito senza doverci recare in biblioteca?10.
La lettera è un’ottima occasione per sottolineare il successo della biblioteca, ma la problematica evidenziata è sicuramente un ostacolo al servizio; Doriguzzi è convinto che l’inizio della stesura di un catalogo e l’istituzione di un doppio schedario per autore e per materia siano fondamentali. Sottopone le sue proposte e la richiesta del lettore alla Presidenza che accoglie i suggerimenti e dota la biblioteca di locali più idonei: dalla piccola stanza del dopolavoro, adiacente alla vecchia portineria della ICO11, la nuova biblioteca si trasferisce al primo piano di Casa Gallo, accanto alla tipografia12. Nel frattempo la collezione è stata catalogata e sono stati acquistati libri di racconti, novelle, romanzi e commedie di grandi autori russi, cechi e polacchi in traduzioni dirette, fedeli e integrali. Nel 1942 è ancora Doriguzzi che inaugura, con la conferenza “Principi nuovi di educazione”, un lungo ciclo di incontri in biblioteca; tra il pubblico sono presenti Camillo, Adriano e Massimo Olivetti. Per la conferenza successiva la capienza della sala è insufficiente e si deve tenere presso la portineria principale della ICO; così avviene in seguito per tutte le attività della biblioteca, in particolare i corsi serali per adulti che sono fin dall’inizio caratterizzati da contenuti vari e liberi e non solo attinenti alle tematiche professionali.
Ecco come Ottorino Beltrami13 racconta la sua prima esperienza alla biblioteca Olivetti:
sono stato ospite di Adriano Olivetti a Ivrea e ho assistito ad una riunione nella biblioteca. Erano riunioni serali a cui intervenivano personalità di primo piano, che a quei tempi a me sembravano dei veri mostri sacri. Quella sera c’era Gaetano Salvemini e il tema era la ricostruzione del Paese e della democrazia. Dopo un breve intervento dell’ospite, iniziava la discussione che durava fino a tardi. Parlava Adriano Olivetti e parlavano gli operai; mi sorprese l’estrema libertà e democrazia con cui tutti interloquivano. Adriano parlava come se fosse uno dei tanti: lo interrompevano anche. Non ho mai visto un simile esempio di democrazia neppure in America: erano tutti eguali, una cosa emozionante, da far venire i brividi. Mi sembrava di essere entrato nella città dell’utopia. Me ne sono tornato a Roma più che mai convinto di aver fatto la scelta giusta accettando la proposta di entrare in Olivetti14.
La direzione della biblioteca viene affidata, nel 1941, a Umberto Campagnolo15 che la organizza in tre sezioni16: la prima è costituita dalla raccolta di narrativa in dotazione alla biblioteca del dopolavoro; una seconda comprende le pubblicazioni di carattere tecnico scientifico esistenti nei vari uffici e reparti e la terza raccoglie le opere di cultura umanistica.
In questi anni le tre ‘biblioteche della fabbrica’17 sono frequentate durante l’orario di pausa mensa, ovvero dalle 12.00 alle 14.00; l’emeroteca conta oltre 300 periodici nazionali e stranieri e riscuote grande interesse. Il prestito è gratuito ed è rivolto non solo ai dipendenti, ma anche a esterni e al territorio. Durante la guerra, infatti, quando le biblioteche civiche di Torino erano chiuse, molti studenti hanno potuto continuare gli studi consultando le tre biblioteche. Nel 1949 si registrano quasi 15.000 prestiti complessivi e la biblioteca assume il ruolo di polo culturale per tutta la città18.
Le sale sono collocate di fronte alla fabbrica, in via Jervis, sede comoda per attività ricreative. Ogni anno vengono organizzati corsi a carattere divulgativo e una serie di conversazioni sugli argomenti che spaziano dall’ambito scientifico a quello letterario. Nelle sale della biblioteca è esposta una piccola raccolta di opere di artisti contemporanei, tra i quali Campigli, De Pisis, Maffai, Fontana e Bonfante: quasi un museo all’interno di una biblioteca. Libri e arte per tutti: le biblioteche hanno la doppia funzione di informazione e di educazione verso il mondo della cultura moderna. Nel frattempo, nel 1947 Geno Pampaloni19 assume la direzione della biblioteca, che consolida la sua funzione e il suo patrimonio. Sotto la sua direzione le tre sezioni vengono identificate dalle lettere dell’alfabeto A, B, C, rispettivamente la sezione culturale, ricreativa e tecnica; sempre nello stesso anno inizia l’attività del Centro culturale Olivetti, costituendo un’unica entità dal punto di vista programmatico e operativo che si sviluppa negli anni successivi. Il compito principale del Centro culturale è di mettere a disposizione non solo dei dipendenti una serie di servizi secondo i canoni del servizio sociale dell’impresa.
Nel 1953 viene, infatti, presentato ufficialmente l’organigramma dell’assistenza e dei servizi sociali della Ing. C. Olivetti & C., Spa.
Figura 2 – Quadro organizzativo del Servizio sociale Olivetti
La Direzione servizi sociali coordina una serie di servizi assistenziali tra cui le biblioteche. Essa dipende dalla Direzione centrale relazioni interne che riferisce direttamente alla presidenza della società. È opportuno tuttavia ricordare, specialmente nel campo dei servizi sociali, l’attività fondamentale svolta dal Consiglio di gestione Olivetti (CdG)20: è infatti merito del CdG aver definito nel 1949 una ‘carta assistenziale’ che afferma il principio secondo cui i servizi sociali non sono una concessione, ma un diritto dei dipendenti dell’impresa21. Esaustivo a questo proposito è il racconto della visita di Franco Modigliani e di altri referenti del CdG ai servizi di fabbrica della Marzotto di Valdagno. Modigliani riferendosi ai servizi sociali del conte Marzotto, che comprendono anche una biblioteca, afferma:
insomma queste provvidenze hanno il marco indubbio di una generosa beneficienza, non di una modificazione nei rapporti spirituali e sociali del lavoro. L’operaio non sembra partecipare, neppure consultivamente all’azione e al funzionamento di queste istituzioni22.
Nel 1958 Luciano Codignola23 subentra a Pampaloni, ampliando le attività della biblioteca proponendo nuovi cicli di conferenze, corsi di cultura popolare e anche iniziative che diventeranno fondamentali per gli anni a venire, come la proiezione di film, fiction, documentari e l’allestimento di mostre d’arte.
Figura 3 – Biblioteca Olivetti, dati statistici
Nel 1948 Adriano Olivetti fonda il Movimento di comunità24 con il sostegno degli amici Giuseppe Ravero e Giovanni Cairola. Un anno più tardi il movimento inaugura la sede di Ivrea e altre nei piccoli centri del Canavese. Adriano usa il suo territorio come campo di sperimentazione per testare la missione del movimento:
il nuovo organismo doveva essere ad un tempo una protesta e una testimonianza atta a dimostrare che è possibile dar vita ad un nuovo sistema capace di dar finalmente libertà e benessere a tutti gli italiani, di interpretare le più profonde naturali, umane ispirazioni del nostro popolo25.
In questo contesto i Centri comunitari sono delle ‘cellule democratiche’, luoghi dove la popolazione locale può liberamente organizzare attività culturali, di formazione ed educazione. Il ventaglio delle iniziative è in realtà molto più ampio e comprende corsi professionali (taglio cucito, steno-dattilografia), proiezioni di filmati e dibattiti su temi a richiesta tenuti da esperti.
L’attività culturale è, dunque, l’obiettivo primario dei Centri e la biblioteca gioca un ruolo fondamentale:
il primo piano del lavoro sociale intrapreso dai Centri comunitari fu l’istituzione di biblioteche e la notevole circolazione di riviste tecniche e culturale26.
In seguito Adriano affida a Giancarlo Buzzi27 il compito di organizzare le 51 biblioteche dei centri dei paesi attorno a Ivrea, alle quali si aggiungono alcune biblioteche specializzate per i ragazzi e una biblioteca centrale di consultazione che si trova nella sede del Movimento di comunità di Ivrea. Ogni centro ha a disposizione una dotazione di volumi che varia tra i 50 e i 130, a seconda del numero di abitanti. Il totale è di circa 3.600 libri che le biblioteche si scambiano essendo biblioteche circolanti28.
Al termine del suo operato, Buzzi afferma:
proprio qui in Canavese si sta ora compiendo un esperimento su larga scala. In non facili condizioni, tra operai e contadini, certo fecondo di scoperte e di indirizzi importanti nel campo della cultura popolare e ancor più della formazione civile del popolo. Arriveremo presto alla condizione che ci proponiamo come meta? Ad una rete di biblioteche funzionali, cioè amiche di un pubblico considerevole; ambienti dove nei villaggi ci si raccolga senza più diffidenza29.
Le biblioteche sono la struttura di base attorno alla quale vengono organizzate tutte le altre funzioni dei centri comunitari, non solo di educazione degli adulti ma anche di formazione politica, sociale, civica e amministrativa. Stiamo parlando di piccole realtà spesso precollinari o premontane a prevalenza di attività agricola con una popolazione in possesso a mala pena della quinta elementare. Adriano Bellotto30 racconta la sua esperienza nei centri comunitari:
agli inizi degli anni ‘50 venni contattato da Antonio Barolini, un poeta e romanziere veneto che Adriano Olivetti aveva contattato per organizzare le attività culturali dell’intera rete dei Centri Comunitari. Toccò a me il compito di dare vita ad una piccola biblioteca, dalla collocazione negli scaffali dei libri e dei giornali e soprattutto fino al momento più gratificante: orientare i frequentatori nelle scelte di lettura31.
Altri centri comunitari nascono a Terracina e a Borgo San Paolo – quartiere popolare di Torino – mentre in altre parti d’Italia si sviluppano i centri culturali di Treviso, Napoli, Palermo, Matera, Potenza dove si organizzano dibattiti sulle questioni locali.
Il sogno di Buzzi si realizza quasi dieci anni dopo inglobando le biblioteche di fabbrica con alcune dei centri comunitari del territorio32.
Un piccolo sistema bibliotecario33 governato dalla biblioteca divulgativa (Biblioteca C/ICO), il nucleo più antico delle biblioteche Olivetti, allocata al primo piano dell’edificio dei servizi sociali, di fronte alla fabbrica e con un patrimonio di 25.000 volumi. La Biblioteca C è suddivisa in sezioni con consistenza variabile tra 2.000 ai 10.000 volumi, dislocati presso la mensa principale (NM), la Biblioteca delle novità (NOV), gli stabilimenti di San Lorenzo (TS), San Bernardo (PMA), Scarmagno (Sc), lo stabilimento di Agliè, presso la sede del centro culturale di via Cavour a Ivrea e la biblioteca del centro comunitario di Palazzo Canavese (PAL)34. A queste si aggiungono, poi, le biblioteche dei centri di Albiano e di Borgofranco35.
In tutto dieci sezioni fuse in un unico organismo biblioteconomico36 con un patrimonio di circa 100.000 volumi.
La Biblioteca C ha la funzione di agevolare la circolazione dei volumi. Ogni biblioteca è dotata di schedari nei quali i libri sono ordinati alfabeticamente per autore, per titolo e per argomento.
Il patrimonio librario di carattere culturale (C) comprende ambiti diversi: architettura, arte, classici latini, italiani, francesi, inglesi e in altre lingue, comunicazione di massa, critica letteraria, filosofia, poesia, religione, scienza, storia, teatro e altro. Il settore delle opere di consultazione (dizionari, enciclopedie, guide, manuali di ogni genere) è molto ampio e continuamente aggiornato. La Biblioteca C acquista circa 6.000 libri all’anno e gestisce anche la Sezione 22, una biblioteca di letteratura infantile che dispone di 1.500 titoli per le diverse fasce di età, collocata al primo piano dell’edificio dei servizi sociali e arredata su misura.
La sezione A (umanistica e destinata alla conservazione) comprende, nel 1953, 13.000 volumi, è aperta al pubblico di qualsiasi categoria con orario continuato 9.00-20.00 e senza restrizioni per il prestito esterno. Il suo scopo è supportare un pubblico di professionisti, tecnici e studenti universitari nel tentativo di stimolare nuovi interessi e curiosità. La pratica degli acquisti risulta fondamentale per sostenere questi obiettivi e va condotta tenendo conto di:
una serietà scientifica garanzia di lunga attività nel tempo, una viva attualità, un richiamo sempre rinnovato. E di qui la necessità di una larga divulgazione degli acquisti fatti con scaffali delle novità, mostre, bollettini bibliografici regionali, referendum, conferenze culturali [...]37.
Molto attivo in questo senso è il gruppo di ‘amici della biblioteca’ che organizza, con cadenza settimanale, conferenze e seminari, mostre di arti figurative, scelte tramite referendum, che riscuotono un ottimo successo. Ludovico Zorzi, responsabile dei servizi culturali Olivetti, in occasione dei 18 anni del centro culturale racconta che, dal 1950 al 1966, sono state organizzate 270 conferenze, 113 concerti di musica da camera, 118 mostre d’arte figurativa e 80 altri eventi quali dibattiti e presentazioni di libri38. Zorzi supporta la sezione A nell’acquisto di libri rari e di antiquariato e in merito afferma:
la nostra biblioteca possiede un bell’esemplare della seconda edizione dell’Encyclopédie di Diderot e D’Alembert pubblicata a Livorno a partire dal 1770 racchiuso in una splendida rilegatura coeva. Un’opera simile non può mancare in un centro dotato degli strumenti essenziali di documentazione e di aggiornamento39.
Luciano Gallino40, ricercatore a tempo pieno presso la Olivetti, sottolinea la singolarità delle biblioteche di fabbrica Olivetti:
ad Adriano Olivetti ed alla Società Olivetti di Ivrea debbo il vantaggio di aver potuto utilizzare per anni una delle poche grandi biblioteche di scienze sociali esistenti in Italia, molto tempo prima che strutture analoghe cominciassero a formarsi nell’ambito universitario41.
Quando nel 1963 Ludovico Zorzi assume la direzione, come racconta Adriano Bellotto:
la biblioteca viene utilizzata come sede operativa e propulsiva dell’intero ventaglio di attività, che intanto si era allargato, e comprende una lunga e articolata serie di iniziative. E si decentrano le sedi di lettura e di prestito dei libri: ora non si parla più di biblioteca, ma di biblioteca Olivetti42.
Nella gestione delle biblioteche i libri sono acquistati in base ai desiderata dei lettori, alle recensioni che compaiono su giornali e riviste e alle scelte dei responsabili delle singole biblioteche. A seconda delle richieste e dell’importanza del titolo vengono acquistate copie sufficienti per fornire le varie biblioteche con la premura di far circolare i libri da una sede all’altra. I nuovi arrivi sono subito schedati43 per sapere dove si trova il libro, qual è il suo contenuto, qual è l’autore e l’editore, in quale scaffale è riposto, quanto tempo e a chi è dato in prestito e infine quanti libri le biblioteche possiedono su un argomento. Il pubblico ha a disposizione il catalogo ordinato per autore, titolo e argomento, ma soprattutto ha la possibilità di accedere direttamente agli scaffali. Il catalogo dei libri permette invece ai bibliotecari di gestire i prestiti e le prenotazioni degli utenti dei vari stabilimenti a cui afferiscono le biblioteche. Tutte le schede bibliografiche vengono raccolte in schedari Synthesis44.
In un primo momento i prestiti vengono gestiti manualmente, dopo aver sperimentato che solo un numero giornaliero elevato di questi giustifica l’utilizzo di un sistema automatizzato. È invece possibile produrre gli stampati per i solleciti ai lettori che devono restituire un volume e ottenere statistiche periodiche sul numero dei prestiti, sugli argomenti e sui titoli maggiormente richiesti. Le operazioni, completamente o parzialmente automatizzate, agevolavano e velocizzavano il lavoro del bibliotecario e dell’impiegato amministrativo. In questo contesto la figura del bibliotecario assume una nuova veste, non più il classico stereotipo del bibliotecario che vive di catalogo ed è visto come un ‘catalogo ambulante’ ma un consigliere/guida che stimola gli utenti, propone libri recenti e di interesse attuale:
un personaggio giovane e agile, disponibile per le innovazioni, rispettoso non tanto delle tecniche di biblioteconomia quanto delle diverse personalità culturali rappresentate dal pubblico di oggi45.
Allo stesso tempo gli si chiede competenza per rispondere agevolmente a quesiti telefonici su come si scrive una parola straniera o dove si trova un certo comune; a queste attività si affianca anche quella di fornitura di informazioni bibliografiche a sostegno delle attività del centro culturale, ad esempio in occasione della proiezione di un film o dell’organizzazione di un dibattito o di un seminario.
Nel gennaio 1966 viene riaperta, a Ivrea, la Biblioteca civica “Costantino Nigra” grazie al coinvolgimento della Soprintendenza bibliografica del Piemonte, del Comune di Ivrea, del Centro culturale Olivetti e della Fondazione Adriano Olivetti. All’inaugurazione sono presenti in rappresentanza delle biblioteche Olivetti, Ludovico Zorzi, direttore del Centro culturale e Adriano Bellotto, direttore della Biblioteca delle novità. A supportare e a sostenere la ‘Civica’, il cui posseduto non avrebbe consentito un’offerta congrua per i suoi utenti (sia dal punto di vista della quantità sia della qualità dei documenti) e che non ha una dotazione finanziaria né per l’acquisto di libri idonei, né di arredi e scaffalature, interviene la Società Olivetti con la donazione di schedari, scaffalature e altri arredi provenienti dalla fabbrica Olivetti Synthesis:
gran parte dei libri che costituivano la biblioteca generale è stata ceduta al Comune di Ivrea. La biblioteca comunale si è così arricchita di alcune decine di migliaia di volumi, che saranno inseriti nel circuito di lettura della città e del territorio di Ivrea46.
Anche la biblioteca centrale Olivetti, la vecchia sezione C, si rinnova e nel 1974 viene fusa con la biblioteca tecnica47. La sede rimane la stessa, al primo piano dei servizi sociali, in via Jervis 24. L’orario di apertura è dalle 9.00 alle 12.30 e dalle 13.30 alle 16.30. Il patrimonio è di oltre 12.000 volumi di argomento organizzativo e tecnico; i volumi ammessi al prestito, riservato ai soli dipendenti, sono circa 6.600. Il pubblico ha a disposizione, ovviamente, i cataloghi alfabetici per autore, per argomento e per parole chiave. La biblioteca è abbonata a circa 500 periodici, tra giornali e riviste di vario argomento, da consultare in sede con l’ausilio di un catalogo dedicato. A chi lo richiede viene fornito un servizio di documentazione che comprende: la segnalazione di indici di riviste, fotocopie di articoli (anche di riviste che la biblioteca non ha in abbonamento), segnalazione e distribuzione di bibliografie sulle lavorazioni meccaniche e di pubblicazioni dell’Istituto di tecnologia del Massachusetts. Si assiste quindi a un profondo cambiamento: la biblioteca Olivetti si trasforma in biblioteca di supporto alle attività aziendali, pur mantenendo a livelli alti l’attenzione per il patrimonio librario e i servizi connessi:
La biblioteca centrale, con il patrimonio librario che verrà sistematicamente aggiornato e ampliato e con i servizi di riviste e documentazione costituirà un centro di informazione culturale di interesse aziendale48.
Il servizio di documentazione diventa una delle attività fondamentali; viene attivato presso la biblioteca un sistema automatico di ricerca in collegamento diretto online con alcuni grandi centri internazionali di documentazione49. Un terminale TC 485 che si collega per via telefonica con l’Information Retrieval Service (IRS) dell’ESA-ESRIN di Frascati e con il Lockeed Information Service di Palo Alto (California) permette la consultazione di archivi elettronici di periodici, rapporti, relazioni, brevetti, tesi di laurea, ricerche con aggiornamento mensile; tutte informazioni preziose non recuperabili su saggi o riviste scientifiche, ma che diventano fondamentali per la vita dell’azienda. Gli enti aziendali che hanno problemi di documentazione sono invitati a rivolgersi ai bibliotecari, che possono aiutarli mediante la ricerca con parole chiave.
Con opportuni comandi è possibile estrarre e stampare una bibliografia ragionata delle opere presenti in biblioteca.
In questi anni le biblioteche sono dirette da Gino Giorda50 e in una sua relazione del novembre del 198051 si apprende che le biblioteche sono ormai sei52. Sono aperte solo ai dipendenti e coordinate dalla Direzione attività sociali e culturali (D.A.S.C). Negli anni successivi anche le biblioteche seguono progressivamente le sorti dell’azienda con tagli al personale e scarsità di risorse.
Difficile in questo contesto capire le diverse destinazione del patrimonio bibliografico; è necessario organizzare un percorso di ricerca e seguire una metodologia che non sempre porta a risultati desiderati. In altri casi si riesce a definire tutti i passaggi, come per la biblioteca dello stabilimento di Agliè che è stata donata alla biblioteca civica del comune dove aveva sede lo stabilimento53.
Il conferimento a biblioteche civiche o ad altre biblioteche del territorio o il recupero da parte di queste stesse, potrebbe essere stata la via naturale per gran parte del patrimonio delle biblioteche di fabbrica. Volendo azzardare e prendendo come esempio Il Montiferru, periodico della comunità del Montiferru54, si può verificare che è presente nelle collezioni delle biblioteche del nuorese, del sassarese, zone confinate con il Centro comunitario di Santu Lussurgiu, o in alcune biblioteche di Cagliari. Una supposizione tutta da verificare con la relativa documentazione, ma è molto probabile che a Santu Lussurgiu ci fosse una biblioteca del centro comunitario.
All’atto della sua costituzione, l’Associazione Archivio storico Olivetti, riceve parte del posseduto bibliografico e archivistico che si è andato ad arricchire nel corso degli anni con ulteriori recuperi e donazioni. La biblioteca dell’AASO, ancora in fase di riordino e catalogazione, conserva nei casi più sfortunati alcune decine di esemplari di sezioni delle biblioteche di fabbrica, come, ad esempio, per quello che riguarda il patrimonio della biblioteca tecnica (BT) o quello dei centri comunitari. In altri casi, come per la biblioteca del Centro di psicologia Olivetti, la sensibilità dell’ultima direttrice dei servizi sociali di fabbrica, Roberta Barini, ha reso possibile il trasferimento all’AASO di parte della biblioteca55. Al momento non abbiamo nessun riferimento o catalogo che racconti la consistenza originaria. Un incontro con Giancarlo Baussano56 ha aumentato il sospetto che il posseduto sia molto più rilevante.
C’è poi la reale possibilità che, nel momento della dismissione e chiusura delle varie biblioteche di fabbrica, i dipendenti siano stati invitati a prendere alcune pubblicazioni a secondo dei loro interessi. Questa ipotesi trova riscontro effettivo nel dialogo con alcuni di essi.
Tra i tanti manifesti pubblicitari conservati presso l’archivio dell’AASO, Olivetti in the world57 raffigura in modo singolare la presenza della Olivetti nel mondo. La didascalia cita 14 fabbriche in Italia, 16 consociate all’estero e una miriade infinita di punti di assistenza e concessionari sparsi nei più remoti angoli della terra. Viene spontaneo pensare che quasi in ogni stabilimento italiano ci fosse una biblioteca sul modello eporediese.
Quando, ad esempio, Luigi Cosenza disegna nel 1955 la fabbrica di Pozzuoli, affacciata sul golfo di Napoli, replica gli ideali di bellezza già applicati a Ivrea da Figini e Pollini. Riprende anche i principi alla base dello stato sociale olivettiano: infatti, all’interno dello stabilimento, ci sono una mensa, gli ambulatori per l’assistenza sanitaria e una biblioteca. Al momento non si è ancora trovata una documentazione che descriva la sua consistenza, ma ci sono fotografie e un elenco dettagliato delle conferenze e mostre che si svolgevano al suo interno. La Olivetti lascia, poi, il comprensorio di Pozzuoli nel 2001; tutto viene smantellato, anche la biblioteca.
Una piccola collezione di periodici58 viene inviata all’AASO; consultando, invece, il sito web della Biblioteca civica “Raffaele Artigliere” di Pozzuoli si scopre che la Olivetti dona, al contempo, il restante delle collezioni a questa biblioteca59. In assenza di un catalogo del posseduto, non è chiaro se oltre alla collezione di Edizioni di comunità, come evidenziato nel sito, siano state conferite altre raccolte.
Le consociate estere sono spesso dotate di una biblioteca. Per un caso fortuito è stato possibile risalire ad alcuni dati60 relativi alla biblioteca della Hispano Olivetti61 di Barcellona.
Visto gli esempi citati è facile supporre che altri stabilimenti o luoghi olivettiani avessero una biblioteca. Conoscendo il modello organizzativo della società, sembra strano non avere informazioni di raccolte a Villa Natalia, sulla collina di Firenze, che ha ospitato, tra il 1960 e il 1970, la formazione del personale commerciale in Italia; stessa cosa dicasi per l’Olivetti Training Centre di Haslemere in Inghilterra, orientato alla formazione internazionale. I documenti testimoniano che il modello di fabbrica eporediese è stato replicato sia in Italia che all’estero; mancano, però, ancora parecchi elementi per attestare la presenza delle biblioteche nelle diverse fabbriche. Un esempio vale per tutti: nello stabilimento di Torino, sorto nel 1946, c’era una biblioteca, purtroppo andata perduta, che sembra essere totalmente assente nello stabilimento Synthesis di Massa, sorto nel 1938, ma completamente ristrutturato nel 1947.
Dopo aver cercato di ricostruire e descrivere il sistema delle biblioteche di fabbrica Olivetti, e dopo aver ritenuto di aver raggiunto un traguardo definitivo per quanto riguarda la loro storia, si scopre invece che due centri, quello di psicologia e quello della formazione, hanno al loro interno una biblioteca specialistica, anche se con caratteristiche diverse, completamente indipendente dalle biblioteche di fabbrica fin qui descritte.
Il Centro di psicologia Olivetti, voluto e realizzato da Adriano, che mostrò grande attenzione alle problematiche sociali e culturali dei suoi dipendenti, introdusse la psicologia nell’ambiente di lavoro. In tempi diversi vi ha lavorato un gruppo di psicologi dal 1943 al 1993 circa. Suo scopo principale è quello di contribuire a migliorare sia l’organizzazione aziendale sia le condizioni del lavoro e il benessere dei lavoratori nella fabbrica. In quegli anni storicamente difficili, la psicologia del lavoro industriale si affianca allo studio delle condizioni del lavoro e del lavoratore. Il periodo del dopoguerra vede un rapido sviluppo delle attività produttive e si rende necessaria l’assunzione di numerosa manodopera; in questi frangenti si rivela prezioso l’aiuto degli psicologi che nei colloqui affiancano gli addetti alla selezione e assunzione del personale e somministrano specifici test psico-attitudinali62. Tramite colloqui e interviste gli psicologi cercano di aumentare la conoscenza dei lavoratori e degli ambienti di lavoro e di rimuovere i disagi e difficoltà che impediscono al lavoratore di contribuire in modo ottimale allo sviluppo aziendale. Parallelamente al lavoro di routine (esami per nuove assunzioni o per spostamenti e/o promozioni di personale, impiego di test attitudinali, consulenze individuali) sono svolte indagini e ricerche, che ora rimangono a testimonianza dell’importanza del centro nell’attività dell’azienda Olivetti. Nel corso degli anni il centro di psicologia collabora con i servizi sanitari e i servizi sociali e viene dotato di una biblioteca specialistica, giunta parzialmente a noi (circa 2.147 monografie in gran parte raggruppate per argomento e una cinquantina di periodici di tematiche inerenti alla psicologia, negli aspetti che possono coinvolgere il lavoratore a 360°). Tra le tematiche rinvenute nel corso dei lavori di riorganizzazione e di catalogazione sembra importante sottolineare: l’organizzazione del lavoro in fabbrica, la riduzione degli infortuni, l’assenteismo, la riqualificazione del personale, la collaborazione a programmi di formazione, gli studi sulla determinazione dei tempi di lavorazione (analizzando anche i fattori psicologici e fisiologici), l’individuazione dei fattori di successo dei venditori, verifiche sull’efficienza e il rendimento dei diversi settori lavorativi, lo studio delle esperienze di altre aziende in Italia e all’estero, il linguaggio, la matematica e i problemi di coppia.
All’inizio della catalogazione del fondo Centro formazione meccanici presso l’Associazione Archivio storico Olivetti non era chiaro né il punto di partenza, né tanto meno quello di arrivo. È stato un po’ un salto nel vuoto. Si è avviata, pertanto, un’attività di ricognizione, cui è seguita l’inventariazione e la catalogazione e a cui è importante far seguire lo studio del materiale appartenente al CFM e proveniente dalle varie sedi, utilizzato dall’azienda, tra gli anni Quaranta e i primissimi anni Ottanta del secolo scorso per la formazione interna di lavoratori, operai, impiegati e quadri. La mancanza di cataloghi topografici e le condizioni fisiche di ubicazione del materiale hanno reso necessaria una fase preliminare di studio della tipologia dei documenti (quasi tutta letteratura grigia sistemata in oltre 70 metri lineari), la valutazione di quale e quanto materiale mettere a disposizione di tutti gli studiosi e la definizione di criteri per il trattamento uniforme e coerente del fondo nel suo insieme. Si è deciso di catalogare quanti più documenti fosse possibile, tralasciando solo i fogli sparsi e i documenti non rilegati oppure privi del titolo o di qualsiasi elemento di identificazione. Per questa ragione nell’ultima fase del lavoro alcuni testi del primo periodo sono stati rivisti e successivamente inseriti nel catalogo.
La sezione catalogata comprende dispense preparate dai docenti (dirigenti e tecnici della Olivetti) ed esperti della materia e poi pubblicate internamente o in collaborazione con case editrici (nello specifico, Einaudi e Bollati Boringhieri). Il fondo contiene volumi di interesse soprattutto aziendale: ingegneria, matematica, fisica, elettronica, elettrotecnica e talvolta anche economia e diritto, ma fondamentale è l’importanza che veniva data alla biblioteca all’interno della fabbrica e l’importanza che è stata data nel tempo alla veste grafica ed editoriale dei volumi pubblicati, spesso solo per uso interno. Il materiale catalogato rispecchia fedelmente le materie insegnate. Di particolare rilevanza sono, ad esempio, i volumi a cura di Gina Pischel, Lezioni di educazione artistica63 indirizzati agli allievi della scuola del CFM.
Un’altra criticità è stata la scelta della forma dell’intestazione. La descrizione del fondo, già realizzata dal punto di vista archivistico, non era conforme alla normativa per la catalogazione nel Servizio bibliotecario nazionale, ma era altresì necessario fare in modo che gli archivisti potessero continuare a reperire il loro materiale, cercando di mantenere una certa uniformità tra l’intestazione catalografica e quella archivistica (in un’ottica di lavoro comune di musei, archivi e biblioteche). Talvolta, soprattutto nella seconda fase del lavoro, ci si è imbattuti in documenti ‘doppi’. Si è deciso di procedere alla catalogazione di entrambe le copie sia perché sono pezzi unici sia perché dimostrano che vi è stato un recupero e una raccolta del materiale che è confluito da tutte le sedi dell’Azienda in Italia e all’estero nella sede dell’Associazione Archivio storico Olivetti. Oggi sono stati inseriti nell’OPAC oltre 3.000 titoli (di cui solo il 10% circa sono monografie) e sono stati modificati e/o inseriti quasi 1.000 autori: possiamo dire che questa attività ha dato – e sta dando – i suoi frutti. La gran parte del materiale catalogato va dall’inizio degli anni Quaranta fino agli anni Ottanta del secolo scorso. Il materiale usato per la formazione dei lavoratori (o delle masse dei lavoratori, come spesso viene indicato nei testi) è moltissimo e variegato, spesso accompagnato da schede riassuntive, di riepilogo e di verifica e da documenti audiovisivi. Molti sono gli estratti catalogati che sono la traduzione di volumi ancora oggi mai tradotti in Italia e poi inseriti in biblioteca. Interessante è anche l’analisi delle lingue in cui erano scritte le dispense: non solo italiano, ma anche francese, spagnolo, inglese e tedesco.
Analizzare lo sviluppo, le attività e l’organizzazione delle Biblioteche di fabbrica Olivetti può essere un altro modo per ‘leggere’ o ‘rileggere’ la storia dell’azienda64 e dei suoi principali attori. Il patrimonio librario, la scelta e la costituzione delle collezioni, la figura del bibliotecario, i punti di prestito negli stabilimenti, le biblioteche nelle consociate italiane e straniere, gli arredi sono tematiche da narrare per rafforzare il legame tra la public history e la storia delle biblioteche, valorizzando al contempo i contenuti etici e di responsabilità sociale di questa particolare vicenda della storia sociale, culturale e industriale del Novecento.
Ultima consultazione dei siti web: 21 dicembre 2020.
Barbara Cena e Laura Massaia hanno curato la stesura del paragrafo Altre biblioteche di fabbrica: la biblioteca del Centro di psicologia Olivetti e il fondo Centro formazione meccanici Olivetti (CFM).