Gino Roncaglia e Giovanni Solimine
L’andamento del mercato editoriale – in particolare per quanto riguarda la circolazione e l’uso dei libri – già in passato ci ha sorpreso varie volte, smentendo alcune convinzioni e previsioni che troppo frettolosamente si erano diffuse. Stupisce che molte interpretazioni siano assolutamente sganciate dai fenomeni reali, al punto da poterle definire dei luoghi comuni e non analisi fondate sull’evidenza di dati statistici. Molti commentatori ignorano, per esempio, che l’editoria libraria e la stampa quotidiana e periodica rappresentano nel loro insieme più del 40% dell’industria culturale italiana e non immaginano che l’incasso per la vendita di libri e giornali già prima della pandemia valeva più di otto volte quello del botteghino delle sale cinematografiche o che il fatturato delle pay tv, che hanno dalla loro gli abbonamenti ai maggiori eventi sportivi, supera quello dell’industria editoriale di appena 15 milioni1.
Si rischia di liquidare frettolosamente certi fenomeni e di coglierne solo gli strati più superficiali, trascurando invece l’analisi delle dinamiche profonde che incidono sui comportamenti di lettura2. In molti casi, infatti, la difficoltà a comprendere l’andamento del settore è dovuta al fatto che non si è prestata la dovuta attenzione ai segnali, forse non immediatamente percepibili, di alcune novità che a distanza di poco tempo avrebbero manifestato per intero la loro importanza.
Come vedremo, un’analisi più attenta porta a un quadro assai più articolato e complesso. E va detto subito che non sempre questo quadro è di facile interpretazione: le dinamiche della lettura e del mercato editoriale si lasciano sempre più difficilmente analizzare in base alle poche dimensioni tradizionalmente utilizzate (percentuale di lettori che hanno letto almeno un libro nell’anno precedente, dati sulle vendite a valore e a copie ecc.). Una difficoltà legata per un verso ai molteplici effetti del nuovo ecosistema comunicativo (ruolo degli e-book, ma anche delle nuove forme di testualità digitale diverse dalla forma-libro; crescita del self-publishing e dell’editoria indipendente; mutamenti nelle forme della lettura, spesso più veloce e cursoria, e/o rapsodica e frammentata anche per l’esplosione dei possibili rimandi extratestuali), per altro verso alla comparsa di soggetti di mercato, in primo luogo Amazon, assai rilevanti ma poco o per nulla trasparenti nella diffusione di dati e che spesso sfuggono alle principali rilevazioni statistiche. Le dimensioni da prendere in esame per avere un quadro ragionevolmente soddisfacente della situazione aumentano, mentre la qualità e quantità dei dati disponibili (peraltro spesso interpretati in maniera assai approssimativa) non solo non cresce adeguatamente, ma può in alcuni casi diminuire e di frequente trascura i fenomeni più nuovi, sia sul versante della produzione editoriale, sia dei comportamenti di lettura.
In altri termini: i dati disponibili sono inadeguati a fornire un quadro completo della situazione, e risultano a volte contraddittori. D’altro canto, le semplificazioni e i luoghi comuni sono a loro volta fuorvianti e assai spesso inesatti.
Citiamo solo qualche esempio, in un ordine funzionale al tipo di analisi che vorremmo proporre anche per cercare di comprendere la situazione attuale:
Questa lunga premessa19 aveva il duplice scopo di fornire il quadro di riferimento prima della pandemia, per meglio capirne gli effetti sul mondo del libro e della lettura, e di servire da caveat e da invito alla prudenza, per evitare di gestire con superficialità i dati su quanto è accaduto durante la pandemia e di trarne conclusioni affrettate.
Come vedremo, anche nel corso del 2020 in più occasioni si è reso necessario rivedere i pronostici e alternativamente si sono fronteggiate interpretazioni ottimistiche o pessimistiche riguardo all’impatto del Coronavirus sui comportamenti dei lettori e sui consumi culturali in generale.
Dell’impatto che la pandemia Covid-19 ha avuto sul mondo del libro, sull’industria editoriale, sulle abitudini di lettura si è già detto e discusso moltissimo20. Se analizziamo cosa è successo durante il 2020 riguardo all’acquisto e alla lettura dei libri e alle risposte elaborate dai vari soggetti della filiera, forse riusciamo a capire come potrebbero cambiare la lettura e la circolazione dei libri dopo il Coronavirus.
Per prima cosa, va detto che il 2020 non può essere analizzato e valutato in blocco, senza differenziare le reazioni e i comportamenti del pubblico dei lettori, che si sono mostrati molto diversi nei diversi periodi dell’anno.
Nelle prime settimane di lockdown ci eravamo illusi - un po’ superficialmente, bisogna ammetterlo - che la reclusione forzata avrebbe spinto la gente a leggere di più. Questa speranza trascurava però un elemento essenziale: con la produzione editoriale bloccata, le biblioteche chiuse e le saracinesche delle librerie abbassate, ciò presupponeva che le famiglie avessero tanti libri in casa. Un po’ alla volta ci siamo dovuti render conto che non è affatto scontato che il vuoto che si è creato possa essere riempito dalla lettura, una pratica finora abbastanza trascurata dagli italiani e che adesso speravamo potesse per incanto conquistare terreno. Del resto, lo choc che ha colpito tutti non ha risparmiato neppure i lettori abituali: nelle prime settimane eravamo incollati per ore e ore al computer e al televisore per avere notizie e, pur avendo tanto tempo libero, non avevamo forse la capacità di concentrazione che la lettura richiede21. Forse per questo motivo, nella primissima fase dell’emergenza la lettura non è cresciuta in maniera significativa, mentre il mercato librario ha subito perdite assai notevoli22.
Un’altra previsione sbagliata ha riguardato la lettura a scuola. Si era anche sperato che l’interruzione dell’attività scolastica in presenza potesse rilanciare la lettura: infatti la didattica dovrebbe essere un mix fra attività in presenza, attività collaborative online e studio individuale, assemblate insieme in quel grande fenomeno sociale che è la scuola. Ma molti insegnanti non prevedono uno spazio per la lettura come pratica formativa e quindi il libro non poteva comparire all’improvviso nell’organizzazione della didattica a distanza. Nelle scuole che invece disponevano di biblioteche scolastiche funzionanti e avevano allestito servizi bibliografici e documentari di qualità, anche a seguito dei finanziamenti pervenuti in base all’azione #24 del Piano nazionale scuola digitale23 e dei successivi bandi MIUR-Cepell, pare che le risposte siano state migliori24.
Sembra che invece le cose siano andate diversamente durante la seconda ondata, in cui i comportamenti sono stati diversi, forse perché stiamo imparando a convivere col virus e a usare in modo diverso il tempo reso libero per la mancanza di spostamenti e per il lavoro e lo studio a domicilio. Forse stiamo usando in modo diverso anche la nostra disponibilità di reddito per consumi, destinando al mercato librario un po’ dei soldi non spesi in altre attività culturali e sociali (non si va a teatro o nei musei, non si fa turismo culturale, non si va al ristorante ecc.): ciò riguarda soprattutto i ceti sociali meno toccati dagli effetti economici della pandemia e in primo luogo i ‘lavoratori intellettuali’ dipendenti, come gli insegnanti, che sono anche le categorie in cui molto probabilmente è maggiore la presenza di lettori forti25.
Per effetto di questi diversi atteggiamenti, nella seconda fase dell’emergenza il mercato librario ha avuto un andamento differente, smentendo le aspettative più pessimistiche. Anche grazie alla creatività e all’intraprendenza degli operatori della filiera, infatti, le cose sono andate molto meglio del previsto. Tra marzo e aprile il calo degli incassi per librai ed editori è stato del 70% e si prevedeva di chiudere l’anno con un -40%, mentre, con il trasferimento in rete di gran parte delle attività umane, veniva naturale immaginare che Amazon avrebbe fatto il vuoto attorno a sé.
Non è andata esattamente così, anche se, come vedremo, la prevedibile impennata delle vendite online c’è stata e potrà avere effetti di lungo periodo: era scontato che, con la chiusura degli esercizi commerciali e il confinamento in casa dei consumatori, ci fosse un incremento dell’e-commerce e non sorprende quindi che ciò sia accaduto anche per i libri. A seguito del d.p.c.m. del 10 aprile, le librerie hanno riaperto; si è avuta una rinascita di alcune piccole librerie indipendenti, legata in parte alla capacità di mantenere un solido rapporto con la propria clientela, affidandosi ai social network e organizzando iniziative sul web, e in parte alla tendenza agli acquisti di prossimità indotta dalla pandemia; 320 librai hanno inforcato la bicicletta e si sono organizzati per la consegna a domicilio26, ha preso corpo più o meno consapevolmente un ‘movimento di acquisti militanti’ - che, cioè, intendeva coalizzarsi al fine di contenere il dilagare di Amazon27 - e i risultati, pur non potendo evidentemente arrestare la prevedibile e forte crescita delle vendite online, non si sono fatti attendere.
Il mondo delle librerie fisiche ha insomma subito nel 2020 un danno notevole, ma ha anche mostrato una resilienza assai maggiore rispetto ad altri settori. Nel periodo maggio-dicembre abbiamo così assistito a un fenomeno in assoluta controtendenza e a una stagione di almeno parziale rilancio, forse perché i lettori, non appena è stato possibile uscire di casa, sono tornati in libreria con la voglia di ‘smaltire l’arretrato’ acquistando i libri che frattanto gli editori ricominciavano a sfornare o di cui si era discusso nei tantissimi incontri con autori, presentazioni, webinar ecc. fioriti sulla rete nei mesi precedenti: già durante l’estate le fosche previsioni sono state messe in discussione e la temuta perdita del fatturato si è presto ridotta, passando dal -20% registrato tra gennaio e aprile 2020 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, al -11% rilevabile se facciamo un confronto sui primi sei mesi e mezzo: da gennaio a metà luglio il fatturato è stato di 533 milioni di euro, mentre nello stesso periodo del 2019 era di 600 milioni.
Non si tratta di un fenomeno solo italiano: va infatti notato che forme di riorganizzazione del canale di vendita rappresentato dalle librerie indipendenti davanti all’emergenza Covid e alla crescita delle quote di vendita online si sono verificate anche in altri paesi. Uno degli esempi più interessanti è il successo di Bookshop.com, piattaforma statunitense di vendita online legata alle librerie indipendenti, lanciata prima della pandemia ma che ha mostrato i propri punti di forza proprio durante la crisi, allargandosi anche al Regno Unito28.
In ottobre, facendo il punto come ogni anno in occasione della Buchmesse di Francoforte, l’AIE ha cominciato a manifestare un certo ottimismo (a quel momento le vendite di libri cartacei, tra librerie, grande distribuzione e store online, valevano 850 milioni, contro i 914 del corrispondente periodo dell’anno precedente)29 e a fine anno si è potuto constatare che il 2020 si è chiuso addirittura con il segno + su alcuni indicatori (incremento del 3,31% a valore30 e leggero decremento delle copie vendute rispetto al 2019, nell’ordine dello 0,39%), pur con il ricordato e preoccupante spostamento di parte del volume d’affari dalle librerie ‘fisiche’ verso quelle online31.
Per quanto riguarda quest’ultimo aspetto, la quota di mercato delle vendite online è stata nel 2020 assai vicina al 45%, ed è un settore come sappiamo largamente appannaggio di Amazon (che ne detiene oltre l’80%), mentre le librerie di catena sono scese a poco più del 30%, le librerie indipendenti a poco più del 18%, e la grande distribuzione è ormai sotto il 7%. Confrontando la quota di mercato 2020 con quella 2019 l’e-commerce ha dunque guadagnato circa il 36% (un dato vicinissimo alla crescita complessiva di Amazon stimata per il 2020 anche nel mercato USA)32, le catene hanno perso circa il 23%, le librerie indipendenti oltre il 10%, la GDO oltre il 7%33.
A un andamento complessivo che ha visto un forte recupero dal punto di vista delle vendite, si accompagnano dunque cambiamenti assai rilevanti (e preoccupanti) del peso relativo dei diversi canali di vendita. Tale situazione - ed è questa forse la novità profonda che si sta manifestando e che rischiamo di non valutare in tutta la sua portata - sembra indicare due linee di tendenza, compresenti ma in parte contraddittorie, che possono forse giustificare sia l’interpretazione ottimista di chi vede il bicchiere mezzo pieno, sia l’interpretazione pessimista di chi vede il bicchiere mezzo vuoto.
La prima tendenza, confermata anche dai numeri di altri mercati internazionali34, fa pensare a un almeno parziale recupero, nel caso della pandemia e più segnatamente della seconda fase dell’emergenza Covid-19, della funzione anticiclica che il libro aveva perso (soprattutto nel nostro paese) durante la crisi economica. Abbiamo già ricordato alcuni dei fattori che possono aver contribuito a questo risultato: anche se le librerie fisiche sono rimaste chiuse per alcuni mesi, nel corso del 2020 il libro ha comunque indubbiamente sofferto meno rispetto ad altre tipologie di consumi culturali (come teatro, musei, concerti) molto più strettamente legati agli spostamenti e alla presenza fisica nei ‘luoghi della cultura’. Comprare e soprattutto leggere libri è stato possibile durante tutto l’arco dell’emergenza, e questa possibilità ha accentuato i già ricordati, tradizionali caratteri anticiclici della lettura: costo relativamente basso rispetto all’impegno di tempo, maggiore adattabilità a situazioni difficili, flessibilità rispetto alla dialettica informazione/evasione che tende a manifestarsi in questi casi (con la possibilità di scegliere sia libri di approfondimento legati alla crisi e all’attualità, sia libri di ‘conforto’ che permettono una temporanea evasione)35. Si è anche già accennato al fatto che per i redditi da lavoro dipendente e in particolare per il pubblico impiego (a partire dagli insegnanti) la pandemia può aver paradossalmente portato a una maggiore capacità di acquisto, legata alla riduzione di alcune voci di spesa (ad esempio i trasporti per raggiungere il luogo di lavoro) in costanza di reddito.
D’altro canto, una seconda tendenza – che, come si è detto, è in almeno parziale contrasto con la prima – è quella a un mutamento abbastanza radicale (e per molti versi potenzialmente pericoloso) dell’organizzazione interna e del funzionamento del mercato del libro: a fronte di un recupero dei canali di vendita tradizionali negli ultimi mesi dell’anno, che comunque non permette di pareggiare le perdite del primo lockdown, c’è infatti da considerare la decisa crescita della quota di vendite rappresentata dagli acquisti online36, in un contesto che rafforza ulteriormente il ruolo semi-monopolistico di Amazon (sbarcata proprio nei mesi della pandemia in un altro mercato europeo, quello svedese). Crescita avvenuta soprattutto a spese dei punti di vendita collocati nelle zone più affollate (centri commerciali, centri cittadini), tipicamente legati a librerie di catena e alla grande distribuzione, che hanno risentito ancor più delle librerie indipendenti dei periodi di lockdown. Sembra ragionevole ritenere che sul medio e lungo periodo una tendenza di questo tipo – che non è detto sia facilmente riassorbibile – accentui ulteriormente le difficoltà delle librerie, in particolare GDO e librerie di catena, e la differenza fra lettori forti e lettori occasionali, con un recupero legato in larga parte ai primi.
Ancora sul versante negativo, possiamo osservare come la tipologia di contenuti uscita sicuramente vincente dalla crisi Covid-19 non sia comunque rappresentata dai libri ma semmai per un verso dalle serie televisive e in generale dal consumo di contenuti audio-video37, con una crescita significativa del fenomeno del binge watching (la visione consecutiva di più episodi della stessa serie), e per altro verso, in particolare per quanto riguarda le fasce più giovani della popolazione, dai videogiochi online38. Anche in questo caso, sul fronte essenziale della concorrenza nell’uso del tempo fra la lettura (e in particolare la lettura di libri) e la fruizione di altre tipologie di contenuti più direttamente legati al nuovo ecosistema digitale e di rete, gli effetti della pandemia non sembrano particolarmente favorevoli, e – accentuando una tendenza già presente negli anni passati – non sembrano facili da recuperare.
Alcune ragioni di ottimismo insomma ci sono, ma sono accompagnate anche da considerazioni che sembrano andare nel senso opposto.
Forse, le differenti interpretazioni sono in parte dovute a una certa soddisfazione sui risultati nel breve periodo in confronto con la preoccupazione riguardo alle tendenze su tempi medio-lunghi. Parimenti, si può pensare che nell’immediato i risultati siano abbastanza favorevoli agli editori che, grazie al maggior peso dell’e-commerce avevano già da tempo visto allungare il ciclo di vita dei propri libri e che nella seconda fase della pandemia pur con una variazione nel peso relativo dei canali di vendita, hanno comunque ottenuto risultati importanti, mentre i librai, sia indipendenti che di catena, hanno motivo per essere preoccupati.
Sicuramente, a incidere sulla situazione – e in questo caso a incidere positivamente – sono stati anche alcuni provvedimenti governativi, come l’erogazione di 30.000 euro alle biblioteche, da utilizzare in acquisti da effettuare presso le librerie del territorio, nelle cui casse sono entrati circa 15 milioni39. A proposito di questa e di altre misure adottate in Italia, come il rifinanziamento della App destinata ai diciottenni, il presidente dell’AIE ha affermato che esse sono da considerare un esempio per l’Europa40.
Non si sono ancora visti gli effetti delle norme sulla promozione della lettura contenute all’interno della recente legge sul mercato del libro e promozione della lettura, entrata in vigore proprio nei giorni in cui il nostro paese chiudeva tutto per occuparsi dell’emergenza sanitaria. La l. 15/202041, prima firmataria l’on. Flavia Piccoli Nardelli, giunta in porto alla fine di un lungo e tormentato iter iniziato nel lontano 2013, prevede molti interventi, come i ‘Patti locali per la lettura’, azioni per il contrasto della povertà educativa e il rafforzamento delle biblioteche scolastiche, incentivi a favore delle librerie, e altro ancora. Queste azioni vengono finanziate con stanziamenti assolutamente insufficienti (meno di 30 milioni di euro in tre anni), ma ora il quadro è completamente diverso e questa legge può essere un ottimo ‘contenitore’ al quale agganciare misure più incisive e risorse adeguate. Ora la palla passa al Centro per il libro e la lettura, cui spetta il compito di avviare un ‘Piano nazionale d’azione per la promozione della lettura’, che ci auguriamo venga impostato sulla base di un’analisi rigorosa delle maggiori criticità che il settore manifesta e individuando precise priorità su cui intervenire in modo continuativo e sistematico.
Quello cui stiamo assistendo, e che secondo gli ottimisti ha del miracoloso, è un fenomeno passeggero, destinato a esaurirsi a mano a mano che si tornerà alla ‘normalità’, o si può ipotizzare che la maggior attenzione verso libro e lettura che si è manifestata nei mesi scorsi possa essere almeno in parte mantenuta anche dopo la fine dell’emergenza?
Possiamo immaginare che i comportamenti individuali risentiranno per qualche tempo delle misure di distanziamento adottate durante l’emergenza: per esempio, si possono ipotizzare anche sul medio periodo difficoltà per la GDO, i centri commerciali e le grandi librerie di catena, ubicate nei centri storici e in luoghi di transito, dove per il momento transita poca gente e dove fino al superamento completo dell’emergenza Covid il pubblico forse non si recherà volentieri, se prevarrà un atteggiamento responsabile, che spinge a evitare gli assembramenti. Ma non sappiamo se e come cambierà la vita nei quartieri e se ci sarà un rilancio duraturo per il commercio di prossimità, legato al fatto che la gente si sente più tranquilla restando nei pressi della propria abitazione, il che potrebbe determinare almeno nell’immediato un futuro un po’ più roseo per le piccole librerie indipendenti a conduzione familiare.
È anche probabile, come già osservato, che il rilevante aumento nel peso dell’e-commerce come canale di vendita possa manifestare i suoi effetti anche nel lungo periodo. La maggior efficienza distributiva di tale canale rispetto alla gestione delle copie (con un minor peso delle rese e una movimentazione anche dei titoli di coda lunga) potrebbe incidere positivamente sui bilanci degli editori, più che compensando i prezzi più bassi normalmente praticati nella distribuzione agli store online, mentre un mancato o solo parziale riassorbimento della maggior quota di mercato dell’e-commerce non potrà non danneggiare gli altri canali distributivi e in particolare le librerie, indipendentemente dalla loro tipologia.
È molto probabile che la produzione e il commercio librario debbano passare attraverso una fase di rinnovamento, che preveda un uso più spinto del digitale. Questo sviluppo riguarderà prevedibilmente non solo i prodotti editoriali ma anche il lavoro dell’editore: la pandemia ha sdoganato il cosiddetto smart working, e in campo editoriale sono diverse le attività lavorative che anche in una situazione ‘normale’ potrebbero essere svolte da remoto o comunque in forme più flessibili, con il vantaggio di una riduzione dei costi. Una tendenza che potrebbe partire dalle case editrici maggiori, con sedi più ampie e costose: per quanto riguarda il mercato editoriale USA, ad esempio, il citato report Covid-19 and book publishing: impacts and insights for 2021 osserva che
the pandemic has had an enormous impact on how publishing companies are staffed and how staff execute their work. And, by all accounts, that impact may mark a permanent shift in publishing workflows. No one expects publishing offices to disappear, but even the largest publishers are finding that they can keep the boat afloat with hardly a soul in their enormous, and enormously costly, Manhattan headquarters42.
Effetti di lungo periodo potrà avere anche la diffusione delle pratiche legate allo svolgimento online di incontri, presentazioni di libri, gruppi di lettura e simili: mentre è evidentemente prevedibile e auspicabile che, una volta superata l’emergenza, molte di queste attività possano tornare a svolgersi anche in presenza, è altrettanto probabile che sempre più spesso il canale aggiuntivo rappresentato dallo streaming online – che permette una partecipazione assai più ampia, senza i vincoli di prossimità territoriale – si affiancherà come opzione integrativa a quello fisico, con una integrazione che tenderà a diventare strutturale.
Non è questa la sede in cui discutere di come gli editori potrebbero immaginare nuovi prodotti editoriali, capaci di andare oltre gli attuali libri elettronici, che utilizzano in misura minimale le potenzialità offerte dalle tecnologie: si tratta di uno sviluppo atteso da tempo, finora mai davvero concretizzato, ma che continua ad essere all’orizzonte.
Restando sul terreno della circolazione e commercializzazione, è forse giunta l’ora di guardare anche a ciò che è avvenuto in settori affini. Forse il futuro è nello streaming, una modalità tecnica di fruizione che ha già rivoluzionato il mercato della musica e dell’homevideo e che è ormai ben presente anche nel mercato degli audiolibri43, trasformando profondamente il rapporto fra ‘possesso’ e ‘accesso’ e tra ‘offerta’ e ‘uso’. Più saranno ricchi e complessi gli oggetti digitali e più sarà inevitabile ricorrere a questa modalità di fruizione. L’evoluzione dei consumi culturali in rete sta dimostrando che siamo sempre meno interessati a disporre in modo permanente ed esclusivo di un prodotto culturale, ritenendoci appagati dal poter accedere facilmente a grandi quantità di prodotti: c’è una stretta relazione tra la loro smaterializzazione e la perdita di senso del concetto di ‘possesso’. Siamo passati dall’acquisto dei supporti su cui erano registrati testi o suoni o immagini, all’era del download e ora a quella della fruizione in streaming, in cui gli utilizzi culturali si consumano in modalità flat, con l’accesso illimitato a una enorme quantità di oggetti smaterializzati.
Questo sistema è molto competitivo rispetto alle tradizionali forme di acquisto e fruizione (non occupa spazio, costa poco, consente un accesso praticamente illimitato a oggetti che non si deteriorano con l’uso) ed è perfettamente coerente con gli stili di vita cui la rete ci sta abituando, perché ci libera da qualsiasi vincolo costituito dall’offerta e dai palinsesti: possiamo formare di volta in volta la nostra collezione di riferimento e decidere a nostro piacimento inizio, pause e fine della visione, dell’ascolto o della lettura. È la vittoria dell’on demand. Radio e televisioni sono entrate pienamente in questa nuova era e ne sono state completamente stravolte. Anche tutti i servizi commerciali vanno nella stessa direzione: cominciò Spotify con la musica e l’offerta si sta estendendo a ogni genere di partecipazione culturale in ambiente digitale. Recentemente, la rivoluzione è arrivata anche nel campo dei videogiochi.
Così come avviene per i consumi privati, veicolati attraverso i canali commerciali, lo stesso sta accadendo anche per quelli che passano attraverso i servizi pubblici: anche il concetto di collezione di una biblioteca sta perdendo di significato, con l’accesso a pacchetti di risorse elettroniche, alle piattaforme di digital lending o ai servizi di document delivery44.
Staremo sempre meno tra i nostri scaffali a godere delle nostre cose, ma le sfioreremo, sazi per la sola idea di avere a portata di mano non più soltanto i ‘nostri’ libri, i ‘nostri’ DVD o i ‘nostri’ dischi, ma tutti i libri del mondo e tutta la musica del mondo. Forse andrà proprio così. Per questo ci si può aspettare - e qualcosa comincia a vedersi con i giornali, che finalmente cominciano a incrementare il numero degli abbonati alle versioni online45, anche perché si riduce progressivamente la quota di contenuti liberamente accessibili - una maggiore diffusione di formule miste di servizi pay per view e tariffe flat, sul modello unlimited già sperimentato da Amazon con il servizio Kindle Unlimited46, particolarmente allettante per i lettori forti. Non a caso, tanto i servizi di digital lending quanto – almeno sulla base dei pochi dati resi disponibili dalle piattaforme – quelli basati su abbonamenti a pacchetto, come appunto Kindle Unlimited, hanno visto nel periodo dell’emergenza Covid-19 una crescita ancor più sensibile di quella, già discussa, relativa alla vendita di e-book47.
Il testo riprende e amplia il contenuto della relazione tenuta in streaming dai due autori il 5 febbraio 2021 in apertura del seminario “2020: Il miracolo dei libri. L’impatto della pandemia sui comportamenti di lettura e sul mercato librario”. La registrazione dell’incontro è disponibile sul canale YouTube del Forum del libro, <https://www.youtube.com/watch?v=zr8WinPScXw>. Questo testo è il frutto di un lavoro congiunto, sviluppatosi per progressivi approfondimenti, che si sono avvalsi anche delle preziose osservazioni di Bruno Mari.
Ultima consultazione dei siti web: 7 aprile 2021.