Anna Vanzetti
Per comprendere e affrontare seriamente le sfide che provengono dalla società multiculturale che l’Europa già è – come dimostrano tutte le statistiche demografiche, ma anche la nostra esperienza quotidiana – emerge oggi la necessità di produrre una nuova definizione di spazio politico, realmente democratico e capace di comprendere tutti, non perché tutti indifferentemente uguali, ma tutti ugualmente differenti. Ciò significa pensare allo spazio politico quale luogo di incontro interculturale, dove sia la differenza propria di ogni soggettività, sia il bisogno di maggior uguaglianza e giustizia sociale siano riconosciuti e assicurati a tutti1.
Con queste parole si chiude la voce dedicata al multiculturalismo dell’Atlante geopolitico Treccani ed è significativo che si individui l’intercultura2 come evoluzione del multiculturalismo3: per risemantizzare lo spazio politico in chiave interculturale, i paesi interessati da questo fenomeno4 possono basare la propria azione su scuole e biblioteche pubbliche. In questi istituti culturali, liberi e gratuiti, è possibile mettere in atto un laboratorio sociale in grado di portare un cambiamento significativo in ogni paese; consapevole di questa potenzialità, l’IFLA dagli anni Ottanta dà spazio al dialogo internazionale sull’evoluzione dei servizi bibliotecari in ottica di società multiculturali5.
Le riflessioni internazionali non sono rimaste inascoltate in Italia e molte esperienze delle biblioteche pubbliche in tale direzione sono iniziate negli anni Novanta, a partire da progetti come il punto di lettura in lingua araba istituito a Modena nel 1993 o la nascita nel 1995 del Servizio intercultura per i bisogni dell’intero sistema bibliotecario urbano di Roma; del 1999 è la costituzione della Sezione multiculturale “Léopold Sédar Senghor” presso la Biblioteca Lazzerini di Prato. A queste azioni, dal Duemila si è affiancata anche una riflessione professionale sul tema del multiculturalismo in biblioteca e, tra il 2001 e il 2008, l’Associazione italiana biblioteche ha promosso un Gruppo di studio sulle biblioteche multiculturali (poi confluito nel Gruppo di studio sui servizi bibliotecari per utenze speciali, conclusosi nel 2017) che oltre al confronto sul tema e all’approfondimento dei molteplici aspetti dei nuovi servizi bibliotecari, ha realizzato anche la traduzione italiana della seconda edizione delle Linee guida per i servizi multiculturali dell’IFLA6.
A livello biblioteconomico (ma anche scolastico) il nostro Paese ha quindi vissuto, tra gli anni Novanta e il primo decennio del nuovo millennio, un importante momento di confronto con la società che si stava creando: nuove culture, nuove lingue, nuove religioni. A questo cambiamento si è risposto con il concetto di multiculturalità, valorizzando il ‘diverso’ e promuovendo così l’accettazione dei nuovi residenti nelle comunità autoctone: la fascinazione per le culture diverse dalla nostra ha in parte facilitato questa prima fase di conoscenza reciproca permettendo di avviare stabili progetti rivolti alla popolazione straniera. Come però suggerisce Vinicio Ongini7 (Direzione generale per lo studente, l’integrazione e la partecipazione del MIUR e voce importante della riflessione scolastica e bibliotecaria tra gli anni Novanta e il primo Duemila) la riflessione sull’integrazione in Italia è divisibile in tre fasi, corrispondenti ai tre decenni che copre: la prima fase, negli anni Novanta, viene definita ‘romantica’, perché prevaleva l’esotismo nei confronti degli stranieri, ‘venuti da lontano’; da questa prima fase nasce la letteratura di emigrazione, odissee contemporanee spesso guidate da giornalisti che si pongono come intermediari8. Il secondo decennio viene etichettato da Ongini ‘sguardi da vicino’ perché si scopre come gli stranieri non siano isolati rispetto alla società indigena in cui vivono ma la osservano e la giudicano: inizia quindi una prima fase di dialogo anche se non ancora paritario (e quindi interculturale) perché il centro del dialogo resta la società occidentale9. Per le biblioteche pubbliche queste due prime fasi della riflessione multiculturale, che possiamo ormai definire passate, hanno portato a strutturare alcuni servizi che sono oramai diffusi in moltissime biblioteche italiane come i corsi di italiano, le brochure con i servizi dell’istituzione in diverse lingue e l’acquisizione di testi (in quantità assai variabile) in lingue veicolari o nelle principali lingue parlate dalla popolazione straniera. Queste iniziative sono però generalmente caratterizzate da una endemica disomogeneità sul territorio e con poca continuità progettuale nel tempo, con il risultato di lasciare principalmente alla sensibilità dei singoli bibliotecari il compito di portare avanti questi progetti.
Infine, secondo Ongini, l’ultima fase della riflessione sulla nuova cittadinanza è quella che stiamo vivendo ora e che parte dall’inizio del secondo decennio del Duemila: una fase finalmente pienamente interculturale, dove il contrasto tra ‘noi’ e ‘loro’ viene superato da un ‘noi’ collettivo in quanto il dialogo è stato avviato e stiamo vivendo una società ricca di seconde e terze generazioni.
Il dialogo interculturale è però complesso perché coinvolge non solo la lingua ma anche i valori e i modi di vivere dei paesi coinvolti; per questo è necessario che gli spazi pubblici dove si intende avviare un dialogo interculturale sappiano mettere a disposizione dei cittadini degli strumenti per sviluppare una competenza comunicativa interculturale10 per poter superare i servizi specificatamente rivolti agli stranieri e iniziare a offrire servizi inclusivi e attenti a ogni diversità, compresa quella linguistica e culturale.
Il presente lavoro prende avvio dall’analisi di quelle realtà italiane che hanno saputo cogliere il bisogno di multiculturalità nella propria popolazione integrandolo pienamente nella propria missione e che oggi rappresentano esempi riusciti di dialogo interculturale: sono progettualità che nascono in ognuno di questi ultimi tre decenni di vita delle biblioteche pubbliche, fortemente influenzate dal contesto e dalle possibilità della propria comunità di riferimento. La ricerca analizza complessivamente sei differenti realtà scelte come più rappresentative e solide: si tratta sia di istituzioni definibili pioniere in quanto attive dagli anni Novanta come la Biblioteca “Antonio Delfini” di Modena, il Servizio intercultura del Sistema biblioteche di Roma, la Biblioteca Lazzerini di Prato e il Centro di documentazione interculturale della Regione Toscana, sia di biblioteche che nel nuovo millennio hanno continuato questa progettualità come le Biblioteche civiche torinesi (in particolare nella Biblioteca “Primo Levi”), Biblioteca Salaborsa di Bologna e la Biblioteca regionale “Bruno Salvadori” di Aosta.
La Biblioteca “Antonio Delfini” è stata la prima in Italia a organizzare, come già citato, un punto di lettura in lingua araba presso il Centro stranieri comunale con l’obiettivo di mantenere «l’equilibrio tra salvaguardia dell’identità specifica e integrazione»11: dal 1993 l’amministrazione comunale ha continuato a investire sulla multiculturalità sia nella propria azione sia nel patrimonio delle biblioteche comunali. Questa azione costante e continua è stata riconosciuta già nel 1996 quando Modena è stata identificata dal Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (CNEL) come «laboratorio nazionale per l’immigrazione»12 e l’amministrazione si è mostrata così attenta all’evolversi dell’immigrazione nel nostro Paese da istituire un progetto dedicato ai minori stranieri non accompagnati due anni prima dell’approvazione della legge che prevede azioni concrete nei confronti di queste persone13.
Il Servizio intercultura del Sistema biblioteche di Roma è stato istituito nel 1995 come servizio centralizzato e specializzato: organizza e coordina i servizi bibliotecari rivolti ai migranti e a tutta la cittadinanza interessata per tutte le biblioteche della rete. Il progetto era nato con lo scopo di ampliare la conoscenza sulle culture dei paesi non occidentali (e ha prodotto tre guide della città edite da Villaggio editoriale14) ma dal 2000 ha iniziato a occuparsi anche del coordinamento dei servizi dedicati all’utenza straniera delle biblioteche romane, organizzando corsi di formazione per gli operatori, strutturando corsi di lingua italiana come L215, proponendo alle scuole superiori un progetto sui migranti16 e occupandosi dell’organizzazione di eventi di sensibilizzazione per le biblioteche, in particolare per la Giornata internazionale del rifugiato.
La Biblioteca Lazzerini di Prato, che coordina il sistema urbano della città, dal 1996 ha lavorato continuativamente sull’intercultura concentrandosi particolarmente sullo sviluppo delle raccolte in lingua e sull’acquisto di documenti inerenti agli aspetti sociali e culturali del fenomeno migratorio, oltre a testi dedicati all’insegnamento e all’autoapprendimento dell’italiano come seconda lingua; il tutto con una particolare attenzione alla comunità cinese così notoriamente presente nella provincia (al 1 gennaio 2020 il 58,8% dei residenti stranieri era infatti cittadino cinese). Il Centro di documentazione interculturale della Regione Toscana è invece nato nel 2003 con una convenzione tra Regione e Comune di Prato ed è coordinato dalla Lazzerini: i principali servizi del Centro sono la formazione per insegnanti e bibliotecari sui temi dell’intercultura e dell’inclusività, la consulenza agli stessi soggetti in ambito interculturale e bibliografico, l’organizzazione del prestito di lunga durata di documenti in lingue straniere (lo Scaffale circolante è attivo dal 2006, quello in carcere è attivo dal 2015)17. È inoltre il punto di riferimento per l’intera regione per quanto riguarda la documentazione specialistica su interculturalità, insegnamento dell’italiano come lingua straniera e in generale sulle tematiche relative all’immigrazione.
Le Biblioteche civiche torinesi (BCT) sviluppano da venticinque anni progetti rivolti agli utenti stranieri, in particolare presso la Biblioteca “Primo Levi” che, per la sua collocazione in un quartiere popolare densamente abitato da cittadini stranieri, è dal 2007 il punto di riferimento cittadino sul tema. Oltre a una generale attenzione all’acquisizione di documenti nelle lingue della popolazione cittadina, la biblioteca organizza dal 2009 il corso di italiano “Diamoci una mano” e dal 2008 è sede del corso di italiano per donne arabofone “Torino la mia città”18; a queste attività associa progetti con le scuole, eventi dedicati alle molte culture presenti nel quartiere e nell’insieme offre uno spazio sicuro e aperto di ritrovo, dove nessuno si sente escluso.
Nell’ambito bolognese è stata analizzata la Biblioteca Salaborsa di Bologna in quanto la sua missione è, dal 2001, concentrata in tre parole quali contemporaneità, intercultura e multimedialità. Sul territorio comunale sono presenti altre due istituzioni fortemente orientate all’intercultura quali la Biblioteca Casa di Khaoula, la biblioteca del quartiere popolare Navile nata nel 2008 per favorire l’integrazione tra le diverse culture della comunità e il Centro Amilcar Cabral, che dal 1974 si occupa di politica internazionale e studio della vita politica e socioeconomica dei paesi non occidentali.
Biblioteca Salaborsa sviluppa sia nella sua sezione Ragazzi sia nella sezione principale una progettualità fortemente interculturale, con una particolare attenzione all’importanza delle lingue madri. In un articolo di Giacomo Bianco dedicato principalmente a Salaborsa Ragazzi si legge come la loro missione sia divisa in tre direttrici: arricchire l’offerta di libri per bambini e ragazzi italiani; valorizzare la lingua madre dei bambini non italofoni, a prescindere dal prestigio linguistico della lingua che parlano; fornire un riconoscimento della propria lingua alle famiglie straniere includendo documenti nelle varie lingue nel patrimonio di un ente pubblico italiano19. Sempre in questa direzione è stata inaugurata nel 2016 una biblioteca multiculturale presso il Centro interculturale Zonarelli chiamata “La biblioteca nella mia lingua madre”20.
La Biblioteca regionale “Bruno Salvadori” di Aosta è da sempre attenta al plurilinguismo a causa delle particolarità del proprio territorio. Nel secondo decennio del Duemila, in parallelo con l’aumento della popolazione straniera residente, ha impostato parte della sua progettualità in direzione dell’accoglienza e dell’integrazione. Risorsa fondamentale di questa azione è stato il Fondo europeo asilo migrazione e integrazione (FAMI) tramite cui la Biblioteca regionale ha finanziato e strutturato tre diversi progetti tra il 2016 e il 2018, mantenendo poi molte delle novità introdotte. Anche a causa della particolarità del territorio, questi tre progetti hanno visto un coinvolgimento di tutta l’amministrazione pubblica valdostana, trovando però spazio attuativo principalmente in scuole e biblioteche.
Le molteplici zone geografiche, le diverse estensioni di questi sistemi bibliotecari e la differenza dei loro approcci si sono rivelati una risorsa più che un ostacolo nello studiare la risposta di queste significative biblioteche pubbliche al crescente cambiamento della società nazionale perché ha permesso di avere un quadro più completo delle diverse risposte a un tema comune. Un innegabile aspetto negativo messo in evidenza dallo studio di queste ragguardevoli realtà, concentrate nel Centro e Nord Italia, è la profonda differenza che divide il nostro Paese riguardo alla solidità della progettualità biblioteconomica in questo campo.
Punto di partenza della ricerca è stato lo studio, tramite la letteratura prima e il confronto con i protagonisti poi, di quella fase di riflessione teorica e azione professionale in merito al multiculturalismo in biblioteca che si è svolta tra gli anni Novanta e il primo decennio del Duemila. A partire dallo studio delle biblioteche innovatrici di Modena, Prato e Roma e sulla base di ulteriori dati di tipo statistico sono state individuate le sei realtà illustrate precedentemente.
Tramite interviste semi strutturate con le responsabili dei diversi servizi presi in considerazione la ricerca ha infatti analizzato le singole progettualità delle biblioteche secondo alcune direttive generali; i dati sono stati raccolti nella primavera del 2020 totalmente per via telematica a causa dell’emergenza sanitaria da coronavirus. Per ogni istituzione contattata sono state raccolte informazioni riguardanti i seguenti aspetti:
La seconda parte della ricerca ha invece individuato attraverso un’analisi comparativa degli otto aspetti indagati i punti di contatto tra le realtà, individuando un metodo di lavoro comune e alcune attività particolarmente funzionanti. Da questa analisi sono state tratte le otto azioni progressive proposte nei paragrafi successivi e che costituiscono una guida all’implementazione di un servizio interculturale nelle biblioteche pubbliche.
Il principale elemento in comune tra le sei realtà analizzate è indubbiamente la cooperazione. Tema fondamentale nella discussione biblioteconomica di questi anni, tutte queste istituzioni hanno saputo dare spessore e continuità alla propria progettualità tessendo relazioni stabili con il territorio: in primo luogo con gli altri servizi pubblici (dagli stessi uffici dedicati alla gestione della popolazione immigrata, alle scuole ai Centri provinciali per l’istruzione degli adulti (CPIA) e poi con tutte quelle istituzioni e realtà nell’orbita della biblioteca e non solo (partendo dalle associazioni private fino ad arrivare a cooperative, fondazioni, università o ambasciate). Questo approccio è inoltre ampiamente richiesto dalla progettualità europea e, anche grazie a questo, realtà come Modena e Aosta hanno potuto accedere ai finanziamenti del Fondo asilo migrazione e integrazione (FAMI).
Benché non tutte le sei realtà bibliotecarie analizzate offrano gli stessi servizi in modo omogeneo, sono state identificate otto azioni ricorrenti che, generalizzate, possono indirizzare la progettualità interculturale di una biblioteca pubblica; si tratta di azioni graduali e progressive nel tempo, implementabili ai ritmi dello sviluppo dell’azione di ogni biblioteca. Diverse di queste azioni sono già presenti in molte biblioteche italiane ma per istituire un’efficace proposta interculturale è necessario svilupparle organicamente per poter costruire nel tempo un esempio di dialogo interculturale negli spazi fisici e virtuali della biblioteca.
Le otto azioni individuate sono:
Di queste azioni proposte sono presenti esempi eccellenti nella storia delle realtà bibliotecarie analizzate, oltre ad avere importante supporto nei documenti IFLA e in parte nella nostra letteratura nazionale. Si vuole in questa sede sottolineare però come un elemento fondamentale della riflessione e dell’azione internazionale manchi nelle realtà analizzate: la programmatica presenza di personale non solo indigeno. In altri contesti come gli Stati Uniti, il Canada, il Regno Unito o l’Australia la diversa composizione del personale è un elemento presente da molto tempo e condiviso con i decisori politici21; quando non è possibile assumere personale con origini molteplici, si cerca comunque di ovviare al problema scegliendo personale plurilingue. Per ragioni complesse che non trovano spazio in questa sede e che concernono lo stato dell’accesso alla professione in Italia ma anche le diverse storie migratorie, è importante sottolineare come il nostro Paese sia carente di questa attenzione nonostante, almeno nelle realtà analizzate, la presenza di personale di diversa provenienza comporti una capacità collettiva migliore nell’affrontare la progettualità interculturale22.
L’analisi di comunità è l’inevitabile punto di partenza per qualsiasi progettualità, compresa quella interculturale. Come si è avuto modo di apprezzare analizzando le realtà individuate, non sempre i progetti interculturali nascono in zone ad alta presenza di residenti stranieri; sempre però rispondono a un’esigenza del territorio che deve essere riconosciuta e contestualizzata. Le motivazioni che hanno portato le realtà studiate ad analizzare la propria comunità sono molteplici: un aumento di popolazione straniera ad Aosta, Modena, Prato e Roma; la nascita di una nuova biblioteca a Bologna; la ristrutturazione dei servizi del Sistema a Torino. Ciò che accomuna queste situazioni è il cambiamento, che viene affrontato a livello sistemico (non per singola biblioteca) e tramite il supporto di specialisti.
Nel suo contributo al volume I servizi interculturali nelle biblioteche pubbliche, che offre una testimonianza scritta curata da Franco Neri delle molte fasi che hanno portato a istituire il Centro di documentazione interculturale toscano, Federico Batini scrive come l’analisi di comunità risulti fondamentale per la comunità analizzata, poiché la arricchisce in due modi differenti: fornendo empowerment alla comunità locale (risoluzione dei conflitti e delle marginalizzazioni, incremento della capacità di risposta dei servizi del territorio) e rendendo empowered i singoli individui (accrescendone competenze e quindi aumentando il potere di controllo sulla propria vita e sulle proprie decisioni) permette di avviare un concreto processo di cambiamento23.
Benché l’importanza di questo strumento sia ormai condivisa e presente anche nelle linee guida IFLA24, questo primo passo è, da quanto emerso dalla ricerca, uno dei più complessi e quindi meno diffusi nelle biblioteche italiane in quanto presuppone un lavoro a livello di sistema bibliotecario che deve essere tendenzialmente affidato a specialisti esterni, comportando un impegno economico e programmatico non indifferente. Qualora non fosse possibile attuare un’analisi di comunità completa, è stata condivisa la proposta di uno strumento iniziale di studio della propria comunità all’interno del toolkit allegato al IFLA/Unesco Multicultural library manifesto pubblicato nel 2018: l’appendice B25 è dedicata al tema, offrendo due strumenti pratici per iniziare a impostare la propria analisi di comunità in relazione all’esigenza interculturale.
Realizzata l’analisi di comunità, si hanno gli strumenti per iniziare a realizzare le azioni successive: primo passo essenziale di una biblioteca che intenda iniziare a offrire servizi interculturali o migliorare quelli già presenti è l’organizzazione del materiale informativo26. Anche nelle linee guida per le biblioteche multiculturali si sottolinea come, in qualità di information centre, il servizio debba essere offerto agli utenti nel maggior numero di lingue possibili e che il servizio di reference debba essere offerto in molteplici lingue per accogliere al meglio le richieste degli utenti stranieri27. Come si deduce dai casi studiati, i materiali informativi possono essere sia fisici sia online: si intendono come fisici sia le brochure su servizi e attività della biblioteca sia la cartellonistica all’interno della struttura; come servizio di informazione online si intende la possibilità per un utente non italofono di accedere ai contenuti web della biblioteca, tramite pagine dedicate in diverse lingue o un widget di traduzione automatica.
Molte biblioteche di pubblica lettura presentano già alcuni di questi materiali, soprattutto in forma di brochure: è necessario però renderli ben visibili e distribuirli, eventualmente anche al di fuori degli spazi della biblioteca (uffici comunali, scuole, centri di aggregazione). Le principali lingue usate sono le lingue veicolari europee (l’inglese, il francese, lo spagnolo) a cui si può aggiungere l’arabo; ulteriori lingue sono da scegliere in base alla composizione demografica della propria utenza: la Biblioteca Delfini di Modena, per esempio, offre depliant sui servizi della biblioteca in arabo, cinese, francese, inglese, spagnolo e urdu e diffonde il materiale informativo plurilingue del progetto Nati per leggere (in albanese, arabo, cinese, francese, inglese, rumeno, russo, spagnolo, tedesco e turco). Oggetto di questo materiale informativo è in primis l’uso dei servizi della biblioteca ma può, e dovrebbe, poi rispondere a un basilare bisogno informativo che collochi l’utente nel contesto civico, tramite schede informative sui servizi di pubblica utilità del territorio: dove se ne rilevi il bisogno, l’obiettivo della biblioteca è costituirsi come fonte di assistenza e consulenza agli utenti, creando poi sinergie con le altre realtà del territorio per poter reindirizzare i cittadini.
Altro aspetto dell’accoglienza negli spazi della biblioteca è la cartellonistica interna plurilingue, di cui le linee guida IFLA evidenziano l’importanza28, ma anche quella accompagnata da simboli che facilitino l’orientamento dell’utente29. Tra le realtà analizzate, la Biblioteca Delfini di Modena presenta segnaletica in italiano, inglese e francese.
Quest’azione ha evidentemente un impatto maggiore sui costi e deve essere valutato attentamente in base alle lingue parlate sul territorio: sia le indicazioni per le diverse sale sia le varie etichette di scaffali e spazi contribuiscono a rendere la biblioteca uno spazio plurilingue e a favorire l’autonomia degli utenti. Se, come sostiene Antonella Agnoli, «la segnaletica contribuisce in modo determinante all’immagine della biblioteca»30, allora sarà essenziale valorizzare le molteplici lingue della comunità integrando uniformemente la segnaletica plurilingue a quella già presente.
Per quanto riguarda la comunicazione online, delle biblioteche analizzate, la maggior parte fornisce una sezione del sito riservata alle risorse rivolte alla popolazione straniera sul territorio: si pensi al Sistema bibliotecario valdostano31, alla Biblioteca Salaborsa32 e alle Biblioteche civiche torinesi33. Altre hanno realizzato tramite i finanziamenti del FAMI siti autonomi indirizzati esclusivamente alla popolazione straniera: la Regione Valle d’Aosta, all’interno del progetto Vivere in Valle d’Aosta ha realizzato un sito web che accoglie servizi dedicati, testimonianze, spazio per le associazioni dei cittadini stranieri34; il sistema bibliotecario di Modena ha realizzato un sito trilingue per offrire una panoramica dei servizi e delle biblioteche civiche35. Caso a parte è poi il sito gestito dal Servizio Intercultura delle biblioteche di Roma36, che ne costituisce una parte significativa della sua azione: al suo interno si trovano sei pagine (in arabo, inglese, romeno, russo, albanese e cinese) dedicate ai non italofoni che riassumono non solo i servizi delle biblioteche romane ma anche una breve storia dell’immigrazione di quel gruppo nazionale e una raccolta di informazioni utili a un membro di quella comunità appena arrivato a Roma. Il sito si articola in sei sezioni fondamentali che rispecchiano l’azione del Servizio Intercultura: i servizi per le biblioteche romane, l’educazione interculturale, l’aggregazione di servizi utili ai cittadini37.
Seconda azione sono i corsi di italiano, che risultano essere tra le progettualità più diffuse nelle biblioteche italiane. Attualmente in Italia è presente una realtà stabile e dall’offerta completa come i Centri provinciali per l’istruzione degli adulti (CPIA) che, garantendo corsi di preparazione per ottenere sia diplomi scolastici sia certificazioni linguistiche per permessi di soggiorno e cittadinanza, sono un naturale melting pot di esperienze, oltre a garantire personale preparato e strutture solitamente adeguate per l’attività scolastica. Ciò che rende i CPIA così intrinsecamente interculturali è la loro offerta formativa: in ottica di apprendimento continuo, la loro attività non si esaurisce nelle proposte per i cittadini stranieri ma comprende corsi di altre lingue, corsi di riqualificazione professionale e percorsi di storia e cultura. Fondamentale è quindi cercare una relazione con queste strutture presenti sul territorio, come accade a Bologna e Modena dove le biblioteche offrono ai CPIA spazi dedicati, documenti per studenti e insegnanti e uno spazio nella rete di relazione dell’ente che può portare a percorsi tematici stimolanti rivolti esplicitamente a quella fascia di utenza, come è successo a Bologna col progetto Destini incrociati38 e la mostra “Le lingue a fumetti”39. Qualora non si riuscisse a instaurare un rapporto con i CPIA o volendo ampliare la propria azione, lo stesso supporto può essere offerto alle associazioni di volontariato locali che si occupano dell’insegnamento dell’italiano come L2. Un esempio significativo della collaborazione tra associazione esterna e biblioteca ospitante è il corso “Torino la mia città”40 che trova spazio dal 2008 nella Biblioteca “Primo Levi”: organizzato dall’Associazione Mondi in città, rivolgendosi specificatamente alle donne arabofone, offre non solo un corso di italiano ma anche strumenti di supporto sociale ed economico per affrontare con più risorse la vita quotidiana, riuscendo anche a valorizzare la bellezza della città.
Nell’autonomia della propria azione, invece, il primo compito della biblioteca è quello di acquisire nel proprio patrimonio testi aggiornati per l’autoapprendimento dell’italiano, nelle lingue di partenza più rilevanti per la propria comunità di riferimento, come nelle realtà di Aosta41, Modena42 e Prato43. Organizzare invece corsi di italiano internamente è un’azione da intraprendere come sistema bibliotecario o comunque come realtà più ampia della singola biblioteca, per gestire al meglio la complessità che ne deriva: eccellente esempio è il Servizio Intercultura di Roma che, inserito nella rete Scuole migranti44, dal 2009 organizza corsi di italiano per stranieri, anche con esigenze specifiche (come la popolazione sinofona o le donne arabe e musulmane) offrendo a tutte le biblioteche del sistema che ne facciano richiesta una proposta omogenea e di qualità: nell’anno scolastico 2019-2020 sono stati attivati cinque diversi tipi di corsi in 12 biblioteche urbane45. Un caso invece limitato a una singola biblioteca è il corso “Diamoci una mano”46 della Biblioteca “Primo Levi” di Torino che attraverso un albo di volontari civici del comune (i senior civici47) offre dal 2009 la possibilità di incontri individuali, anche non continuativi, a chiunque abbia bisogno di una consulenza linguistica, dal capire un documento a un più strutturato corso di italiano: un progetto di successo e che si rifà metodologicamente al modello romano della Scuola Penny Wirton48.
Un’azione che richiede diverso tempo prima di essere completa è la diversificazione del proprio patrimonio sia da una prospettiva linguistica sia da una prospettiva culturale. Infatti, secondo le più recenti linee guida IFLA, il patrimonio deve rispettare la composizione sociale dell’utenza della biblioteca per favorire la diversità culturale: i documenti che entrano nella collezione devono essere plurilingui per permettere a tutti l’accesso all’informazione nella lingua più congeniale, devono essere in grado di rappresentare temi culturali, politici e sociali delle minoranze presenti nella società e devono in generale diffondere informazioni e consapevolezza riguardo alle minoranze culturali49. Per rispettare gli obiettivi posti dalle linee guida IFLA è necessario dunque saper raccogliere materiali dai temi molto diversi, che spaziano dalla narrativa alla saggistica: un volume ancora valido per orientarsi nella scelta dei soggetti è indubbiamente Lo scaffale multiculturale di Ongini50. Oltre ai testi nelle diverse lingue madri, sia per adulti sia per bambini e ragazzi, è importante affiancare testi bilingui all’interno del patrimonio per favorire lo scambio e la curiosità reciproca: questi documenti sono infatti risultati essere i più fruiti nelle strutture analizzate, sia dai singoli utenti sia durante le attività proposte dai bibliotecari.
Ma quali sono le lingue che diventano necessarie nel nostro Paese? Tra le lingue europee, inglese, francese e spagnolo risultano essere le più usate; per completare lo spettro delle lingue veicolari, fondamentali sono il russo e l’arabo, con la necessaria precisazione che non esiste un unico arabo e che gli oltre ventidue paesi in cui è parlato hanno tali differenze storiche e sociali che non può esistere una sola letteratura araba. Interessante nello studio della gestione del patrimonio è il caso delle due biblioteche emiliane, dove si sta evolvendo la politica di acquisizione per la lingua romena e quella albanese: le comunità hanno ormai raggiunto un tale livello di integrazione linguistica da usufruire quasi ovunque del solo patrimonio italiano e da testi in lingua si è passati all’acquisizione di testi di storia e cultura, per garantire anche agli italofoni di trovare la lingua della propria famiglia e documenti della propria cultura. Questa azione rientra pienamente nella visione delle bibliotecarie di Biblioteca Salaborsa Ragazzi: per costruire un rapporto stabile tra la biblioteca e le comunità straniere del territorio, è necessario che in veste di istituzione pubblica la biblioteca valorizzi il proprio patrimonio plurilingue per farsi specchio della società composita che la vive51.
La principale difficoltà52 nel cercare di acquisire documenti in lingue extraeuropee è proprio la conoscenza del mercato editoriale di paesi stranieri, soprattutto nei paesi che hanno poco mercato nel contesto europeo. Per ampliare le proprie conoscenze sono necessarie le fiere internazionali dell’editoria così come i portali specifici di promozione della lettura: un primo orientamento, almeno nell’ambito della letteratura per bambini e ragazzi, è la bibliografia Mamma lingua53. Il Polo di documentazione interculturale della Regione Toscana supplisce proprio a questo problema: poter concentrare le risorse in un solo organo che benefici poi tutte le biblioteche regionali è una delle missioni di questa istituzione, che la realizza non solo creando delle bibliografie di riferimento54 disponibili a tutti, ma soprattutto costituendo dal 2006 lo Scaffale circolante55 ossia un servizio di prestito a lungo termine (fino a 12 mesi) disponibile per tutte le biblioteche, le scuole e le associazioni della Regione tramite cui si possono prendere in prestito fino a cento documenti in dieci lingue diverse.
Il rapporto con le comunità può essere di beneficio nella conoscenza dell’offerta editoriale dei diversi paesi: accedere direttamente alle fonti instaurando dei rapporti per esempio con studenti stranieri attraverso rapporti di tirocinio o di alternanza scuola-lavoro può essere una metodologia efficace e che la Biblioteca Salaborsa sviluppa con attenzione: negli anni sono stati creati rapporti di collaborazione informale con la giornalista albanese Albana Temali, sono stati avviati due tirocini curriculari in collaborazione con il Collegio di Cina, e il rapporto con le associazioni cittadine ha portato a significative donazioni; a tutto ciò si aggiunge anche la preziosa presenza di personale non di origine italiana.
Una soluzione più economica sul breve termine, rivolta principalmente alle piccole biblioteche monoperatore a budget limitato, è quella di sfruttare, ove presente, uno strumento già disponibile come sono i portali per il prestito digitale di e-book: le più diffuse, Media library online (MLOL) e ReteIndaco, contengono entrambe un consistente numero di documenti, soprattutto periodici, in molte lingue straniere. Per valorizzare questo patrimonio è possibile allestire del materiale informativo presso le postazioni internet o inserire degli indicatori a scaffale, segnalando la presenza dello stesso testo in lingua originale o in una traduzione in una delle lingue più rilevanti per la comunità.
L’alta presenza di popolazione straniera nella fascia 0-1856 rende prioritaria l’azione nei confronti dei bambini e degli adolescenti, nella consapevolezza che molti di questi sono nati e cresciuti in Italia: le azioni rivolte ai bambini e alle loro famiglie sono dunque fondamentali. Per rivolgersi a questa fascia di popolazione è preziosa la presenza dei presidi Nati per leggere sul territorio attraverso i quali in diverse biblioteche oltre a quelle analizzate sono state organizzati letture ed eventi anche rivolti specificatamente ai bambini figli di stranieri.
La principale attività intrapresa dalle biblioteche analizzate, spesso in collaborazione con i volontari Nati per leggere, è generalmente rivolta alla fascia prescolare o comunque entro i dieci anni: letture ad alta voce e brevi spettacoli teatrali sono in generale ottime azioni di promozione della lettura che nel caso dell’azione plurilingue diventano strumenti particolarmente efficaci; nella scelta dei testi, la bibliografia Mamma Lingua risulta essenziale. Un metodo innovativo per la lettura ad alta voce è quello intrapreso dalla Biblioteca Salaborsa, dove lo stesso libro viene letto alternativamente in lingue diverse senza una traduzione ma rendendo i diversi suoni parte integrante della narrazione57. Rassegne dedicate alle letture plurilingui, rivolti a tutti i bambini che frequentano la biblioteca, sono state realizzate anche nella Biblioteca regionale di Aosta con la rassegna bilingue “Favole e racconti di altri paesi”, nelle biblioteche modenesi con l’evento “Culla di parole”58, nelle biblioteche di Prato con letture bilingui in cinese. L’importanza del contatto sul territorio con scuole e studi pediatrici ha portato le biblioteche di Modena e di Torino a organizzare punti informativi ed eventi in questi luoghi.
Delle azioni dedicate ai bambini più grandi e ai preadolescenti sono interessanti i progetti proposti dalla Biblioteca Salaborsa: da una parte la collaborazione con il portale russo Papmambook che indice un concorso di traduzione russo-italiano per giovani dai 6 ai 18 anni59, dall’altra l’attenzione a riservare, all’interno del progetto per l’apprendimento delle lingue tramite conversazioni con madrelingua “Scioglilingua”, uno spazio dedicato ai ragazzi tra gli 11 e i 18 anni in Salaborsa Ragazzi60. Altra azione intrapresa per rivolgersi a questa fascia d’età è il sostegno del doposcuola per gli alunni delle scuole medie proposta dalla Biblioteca “Primo Levi” di Torino, con gli stessi volontari a disposizione degli adulti stranieri: poiché molti dei ragazzi sono figli di non italofoni, spesso non riescono a trovare in casa il supporto di cui hanno bisogno e l’attenzione di questi volontari al loro contesto di provenienza risulta essere un aiuto significativo; un altro servizio che offrono i volontari è quello di mediare tra la scuola e i genitori nel confronto didattico ed educativo.
Le scuole italiane sono caratterizzate da una presenza straniera costante (nell’anno scolastico 2017-2018 è stata del 9,7%61) e sono quindi un luogo prezioso di incontro tra bambini nati nello stesso paese ma anche, come ricorda Lorenzo Luatti nel suo intervento al già citato volume I servizi interculturali nelle biblioteche pubbliche, spesso la prima istituzione con cui bambini e adolescenti instaurano un rapporto «quotidiano e continuativo»62: è quindi fondamentale per le biblioteche la collaborazione con gli istituti scolastici. Le esperienze analizzate evidenziano come siano i progetti condivisi racchiusi nel Piano per l’offerta formativa (POF) la strategia vincente per portare la biblioteca al di fuori dei propri spazi ed entrare in contatto in modo più diretto con le famiglie; partendo dalle attività realizzate dalle biblioteche analizzate, si elencano alcuni progetti divisi per fascia scolastica.
Per le scuole dell’infanzia e le scuole materne la progettualità può essere molto simile a quella offerta in biblioteca con le letture in lingua, coinvolgendo eventualmente le famiglie nella raccolta di brevi testi (canzoncine, filastrocche) delle diverse tradizioni linguistiche, che siano lingue nazionali o dialetti. Le biblioteche di Bologna, guidate da Salaborsa e finanziate dal bando Città che legge 2018-2019 del Centro per il libro e la lettura hanno organizzato il progetto Leggere appartenenze63: si sono create piccole biblioteche plurilingui all’interno degli istituti aderenti, sono stati attivati momenti di formazione sui temi di intercultura e bilinguismo per gli operatori e tramite eventi e letture in classe si è diffusa la cultura della lettura ad alta voce di testi in tutte le lingue dei bambini coinvolti.
Nelle scuole elementari è possibile iniziare a proporre una progettualità più incentrata sul dialogo e sulle percezioni degli studenti: dall’offrire percorsi di lettura su autori extraeuropei all’iniziare a parlare di discriminazioni e razzismo, i bambini possono essere coinvolti in prime riflessioni sui loro pregiudizi e sul mondo che vogliono costruire insieme, sempre ricordando le diverse capacità delle classi. In tale senso sono stati realizzati nell’anno scolastico 2017-2018 i progetti modenesi all’interno del progetto SIAMO: tramite letture, eventi e momenti musicali e teatrali le classi hanno affrontato i temi della continuità culturale tra i popoli64; interessante anche la progettualità delle biblioteche di Prato che nell’anno scolastico 2018-2019 hanno proposto incontri sulla ricchezza del patrimonio narrativo e architettonico delle popolazioni mediterranee65. Anche nell’offerta delle biblioteche torinesi dell’anno scolastico 2019-202066, infine, la presenza di progetti dedicati non solo alla continuità culturale ma anche di riflessione sui diritti umani (In fuga per il mondo: storie di migrazioni forzate e di accoglienza) e progetti di avvicinamento all’inglese e al francese.
Per le scuole medie, soprattutto nell’ultimo anno quando inizia a essere trattata la storia contemporanea e la geografia mondiale, si possono instaurare percorsi di approfondimento di nazioni extraeuropee, potenzialmente scelte tra quelle di origine nella classe o nella scuola, così come iniziare a riflettere sugli episodi storici che hanno visto l’incontro dei popoli. Con un linguaggio adeguato all’età si può anche iniziare a introdurre il tema dei diritti umani e la storia delle migrazioni più recenti; la collaborazione con associazioni ed enti che si occupano direttamente di questi temi può essere vincente, così come la proposta di momenti laboratoriali e di riflessione condivisa a corredo delle lezioni frontali, come nella progettualità dell’anno scolastico 2019-2020 delle Biblioteche civiche torinesi che con i progetti I bambini e le persecuzioni razziali e In fuga per il mondo: storie di migrazioni forzate e di accoglienza hanno proposto agli alunni riflessioni sul passato e sul presente dei fenomeni migratori.
Nelle scuole superiori, infine, si possono approfondire i temi storici e sociali evidenziati per le scuole medie, anche in una prospettiva interdisciplinare. L’offerta interculturale può riguardare infatti anche il mondo dell’arte e della letteratura, con approfondimenti delegati alle biblioteche per quanto riguarda esperienze extraeuropee. Progetto innovativo per coinvolgere gli studenti è Affamati… di storie, proposto dalle biblioteche di Prato agli studenti di lingue straniere delle scuole secondarie di secondo grado con lo scopo di proporre una collezione di libri plurilingui tradotti o inediti, dedicata ai piccoli lettori e progettata dagli studenti67. La maturità che dovrebbero aver acquisito gli studenti dell’ultimo biennio, infine, rende possibile stimolare i ragazzi a riflettere sul proprio quotidiano e sulla realtà che attualmente i migranti affrontano nel nostro Paese, inseriti in più ampi percorsi di cittadinanza attiva: proprio in questa direzione si configura la proposta offerta alle scuole superiori dal sistema urbano di Roma con il progetto Oltre le frontiere: storie di rifugiati nelle scuole68 che attraverso la collaborazione con MEDU (Medici per i diritti umani) stimola gli studenti a conoscere il fenomeno migratorio che interessa il nostro Paese e a mettere in discussione i propri pregiudizi.
Penultima azione è la collaborazione con gli altri enti pubblici del territorio: i soggetti privilegiati di collaborazione per una biblioteca di pubblica lettura dovrebbero essere proprio gli altri uffici pubblici, come i servizi sociali e l’ufficio stranieri del comune. La biblioteca può offrire a progetti di carattere sociale innanzitutto la sua dimensione pubblica e gratuita, proponendosi come un luogo sicuro e senza giudizi dove ognuno può trovare risposta ai propri bisogni informativi e di intrattenimento. A questo si aggiungono i tre ruoli della biblioteca pubblica individuati dal documento IFLA Multicultural communities: guidelines for library service69: centro di apprendimento (learning centre), centro culturale (cultural centre) e centro informativo (information centre). In qualità di centro di apprendimento le biblioteche offrono strumenti per l’autoapprendimento e possono quindi supplire gratuitamente ai bisogni informativi degli utenti che partecipano a corsi di formazione presso altri enti (non solo i corsi di italiano ma anche di informatica, contabilità, storia, cultura ecc.); come centri culturali offrono spazi per l’incontro tra diverse fasce di popolazione e gli strumenti a tutti gli utenti coinvolti per comprendere l’altro, sia tramite la mediazione diretta sia con l’offerta di documenti di carattere interculturale e di approfondimento su società diverse da quella europea. Infine, in qualità di centri informativi, si possono realizzare in biblioteca quegli spazi di informazione di comunità già accennati, costituendosi come primo punto di mediazione tra gli utenti non italofoni e gli uffici pubblici, spesso non in grado di relazionarsi con questo pubblico.
Tutte le realtà analizzate hanno attribuito un ruolo importante alla collaborazione con altri enti, principalmente pubblici, per costituire la propria offerta e mantenerla costante nel tempo. Particolarmente interessante è l’esempio della Valle d’Aosta che, pur considerando la sua particolarità geografica e amministrativa, è riuscita a coinvolgere con i tre progetti finanziati dal FAMI: la maggior parte delle istituzioni scolastiche per contrastare la dispersione scolastica e migliorare l’offerta per gli alunni non italofoni; le strutture del territorio per le politiche attive del lavoro; le cooperative socioculturali come partner di progetto per coinvolgere i cittadini di cui si occupavano; gli uffici immigrazione della Regione. Altro esempio di eccellenza è la continuità della progettualità interculturale modenese che ha saputo trascendere le amministrazioni politiche offrendo da quasi trent’anni servizi di qualità e con una forte impronta interculturale per i cittadini stranieri e la popolazione tutta70.
Come già ricordato, in quasi tutte le realtà si sono stabiliti rapporti con i CPIA. Dove presenti, sono stati coinvolti i centri rivolti specificatamente ai cittadini stranieri, come a Bologna, Modena o Torino. A Modena il riferimento è con il Centro stranieri del Comune, che è stato il primo stimolo alle biblioteche civiche per orientarsi a una dimensione interculturale grazie al già ricordato punto di lettura in lingua araba aperto nel 1993. Questa prima esperienza e il suo evolversi, oltre alla comune appartenenza alla stessa amministrazione, hanno favorito il rapporto tra i due enti, permettendo uno scambio di idee e progetti che si dimostra nella sviluppata progettualità interculturale attuata dalle biblioteche modenesi. A Torino invece il punto di riferimento è sempre stato il Centro interculturale che offre sul territorio corsi di italiano, progetti di inclusione per i giovani e un punto di prestito delle biblioteche del sistema urbano. Infine è interessante richiamare quanto è stato realizzato a Bologna con il Centro interculturale Zonarelli (parte dell’Ufficio Nuove cittadinanze, cooperazione e diritti umani del Comune): la sua missione è stata fin dalle origini il sostegno all’associazionismo degli stranieri per lo sviluppo di forme sempre più efficaci di partecipazione e oggi collabora con quasi 90 di queste, offrendo spazi e sinergie per organizzare riunioni, corsi ed eventi. All’interno dei corsi organizzati, i più rilevanti sono quelli delle associazioni nazionali per l’insegnamento della lingua madre; la biblioteca, oltre al coinvolgimento di queste comunità in eventi come la Giornata internazionale della lingua madre, ha offerto al Centro una biblioteca plurilingue “La biblioteca nella mia lingua madre” con 300 libri in sette lingue71.
La fase più sviluppata della progettualità interculturale è quella che vede le comunità straniere, mediate da persone di riferimento o associazioni, diventare partner della biblioteca nella strutturazione di progetti ed eventi rivolti all’intera cittadinanza. Questa fase risponde pienamente ad alcune indicazioni contenute nelle linee guida IFLA che vogliono le biblioteche coinvolte in attività che valorizzano la diversità culturale; le biblioteche attivamente partecipanti alla vita e al benessere della comunità; infine le biblioteche che fungono da polo aggregatore delle società multiculturali, creando possibilità di interazione tra diversi gruppi culturali e fornendo opportunità difficilmente realizzabili diversamente72.
Tra le realtà analizzate, si intende dare testimonianza di quanto realizzato in Valle d’Aosta, Bologna, Modena e Roma. Con uno dei progetti della Regione Valle d’Aosta, la biblioteca ha infatti coordinato la raccolta di fiabe tra le comunità del territorio, producendo un libro completo di CD-ROM cantato che viene distribuito ai nuovi nati in Regione.
Intorno alle celebrazioni per la Giornata internazionale della lingua madre, si svolgono a Bologna dal 2015 eventi che coinvolgono molte delle comunità del territorio, dando spazio alle loro espressioni culturali quali cori, letture, spettacoli teatrali e di danza; con il ciclo di presentazioni di libri “Narrazioni interculturali”, inoltre, la biblioteca dà spazio ad associazioni, consolati ed esponenti culturali delle molteplici comunità bolognesi.
A Modena la rassegna “Parabole” ha portato in città, tra il 2001 e il 2010, scrittori, attori, giornalisti, professori universitari di una dozzina di culture diverse; tra il 2009 e il 2014 la rassegna “Racconti e poesie migranti” ha coinvolto autori di sette nazionalità per dialogare sul ruolo della poesia nella migrazione.
Dal 2015 a Roma, similmente a quanto accade a Bologna, si raccolgono le molteplici associazioni di cittadini stranieri e di organizzazioni a loro dedicate intorno alla Giornata mondiale del rifugiato, un momento in cui negli spazi delle biblioteche romane trovano casa i progetti che durante l’anno si sono sviluppati in città, particolarmente rivolti ai giovani e a tutte quelle persone arrivate da poco in Italia.
Oltre a queste esperienze riportate, è interessante segnalare due progettualità sempre più diffuse nel nostro Paese e con grandi potenzialità interculturali: le human library e la ‘biblioteca fuori di sé’. Le human library sono il giocoso pretesto per affrontare realtà di marginalizzazione sociale tramite il racconto diretto di qualcuno che si fa ‘libro vivente’; come viene intitolato un articolo apparso su Bibelot a riguardo, si tratta di una vera e propria «metafora delle biblioteche per infrangere pregiudizi, ovvero non giudicare un libro dalla copertina»73. La seconda tendenza, molto sviluppata soprattutto nelle biblioteche toscane, intende estendere gli spazi della biblioteca in luoghi dove normalmente non arriva l’azione dei luoghi della cultura ma che vengono altamente frequentati dalla cittadinanza, come supermercati, ambulatori medici o centri sportivi74.
Le progettualità esposte rappresentano una visione d’insieme di quanto si può realizzare nelle biblioteche pubbliche in tema di dialogo interculturale con il territorio. Partendo dall’analisi di realtà di eccellenza si vuole qui mostrare un esempio, ferma restando la consapevolezza che le situazioni del nostro panorama nazionale sono molto diverse tra loro. Le azioni proposte sono lo strumento individuato per avviare o aggiornare un’azione interculturale, necessaria perché le biblioteche pubbliche siano parte attiva del tessuto sociale che vivono i propri utenti.
Ciò che è cambiato da quel primo movimento delle biblioteche multiculturali, il motivo per cui oggi ha ancora senso riflettere sui temi dell’inclusione e della rappresentazione del diverso, è che le nostre società si sono ormai trasformate e bisogna dunque ripensare la prospettiva delle biblioteche nei confronti dell’utenza straniera. Con la presenza di così tanti cittadini di culture diverse nel nostro Paese, ‘gli stranieri’ non sono più una piccola e sconosciuta sezione di popolazione ma sono diventati una parte integrante della comunità a cui si rivolge la biblioteca: se «la biblioteca è un organismo che cresce», allora è necessario che oggi diventi ciò che la società già è, cioè multiculturale e plurilingue. Non si tratta però di una mera questione di arricchimento delle collezioni o di nuovi progetti da rivolgere alle scuole, come è stato il primo approccio all’essere diventati paese di immigrazione: ciò che si chiede alla biblioteca pubblica è di diventare il punto di partenza centrale del dialogo interculturale ossia dello scambio paritario di culture in modo da mostrare un esempio di società futura. La nostra società sta camminando verso il riconoscimento di ogni diversità dei singoli come ricchezza della collettività e lo spazio pubblico che rappresentano le biblioteche di pubblica lettura in Italia può essere il luogo dove si anticipa e si costruisce questo cambiamento perché, come scrive Desirée de Stefano, «la biblioteca permette di [...] vedere l’essere umano nella sua complessità»75.
Si tratta in definitiva di quel nuovo spazio politico interculturale citato nelle parole di Maria Laura Lanzillo che aprono questo articolo e che può dirsi realizzato nelle realtà studiate, in quanto la biblioteca è diventata uno spazio «dove sia la differenza propria di ogni soggettività, sia il bisogno di maggior uguaglianza e giustizia sociale siano riconosciuti e assicurati a tutti»76. In quanto istituzioni pubbliche di uno stato democratico che si riconosce nei valori del multiculturalismo condivisi da Unione europea e Nazioni unite, le biblioteche pubbliche italiane non hanno che da raccogliere la missione di creare nei propri spazi laboratori di democrazia e uguaglianza che possano forgiare il futuro del nostro Paese, caratterizzandolo con pace sociale e inclusione di ogni differenza.
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Ultima consultazione siti web: 05 agosto 2021.
L’articolo presenta i risultati e le considerazioni frutto della ricerca condotta dall’autrice per la tesi di laurea magistrale sotto la supervisione del relatore prof. Fabio Venuda e della correlatrice prof.ssa Simona Turbanti: cfr. Anna Vanzetti, La progettualità interculturale in biblioteca [tesi di laurea magistrale]. Milano: Università degli studi di Milano, 2020. La tesi di laurea magistrale ha ricevuto una menzione al Premio Giorgio De Gregori 2020.
Nel maggio 2021 l’autrice ha tenuto il corso “Come la biblioteca rispecchia la società: prospettive e strumenti per un approccio interculturale” per la sezione Lazio dell’AIB.