Federico Meschini
Il controllo bibliografico universale (UBC) è l’argomento e il titolo del volume scritto da Giovanni Solimine, pubblicato all’interno della collana Enciclopedia tascabile dell’AIB nella metà degli anni Novanta1. Rileggere questa pubblicazione a più di venticinque anni di distanza implica tutta una serie di considerazioni, riconducibili principalmente all’enorme cambiamento avvenuto nel ciclo di vita dell’informazione, ormai inscindibile dalla pervasività delle reti telematiche e degli ambienti digitali2. Com’è ben noto, questo fenomeno macro-strutturale ha avuto inevitabilmente delle ripercussioni nel mondo delle descrizioni bibliografiche, in particolare per ciò che riguarda gli standard, ormai basati su modelli logici, e di conseguenza nell’implementazione dei cataloghi elettronici, da tempo evolutisi in nuove forme rispetto a quelle tradizionali.
I prodromi dell’attuale scenario possono essere sì collocati negli anni di pubblicazione del volume in questione, ma va considerata la velocità delle continue rivoluzioni copernicane sociali, culturali e tecnologiche che hanno avuto e continuano ad aver luogo. Nonostante ci sia di fatto un’equidistanza temporale, lo scenario descritto e analizzato da Solimine è molto più affine, concettualmente e metodologicamente, a quello delineato nel documento di lavoro redatto da Dorothy Anderson nel 1974 – presentato per conto dell’IFLA all’Unesco sulla realizzazione del programma UBC –, piuttosto che alla situazione attuale. In questo salto vanno anche considerati i numerosi cambiamenti di questo programma all’interno della stessa IFLA nel corso degli anni, dalla chiusura nel 2003 al passaggio ad altre iniziative, come ad esempio l’IFLA-CDNL Alliance for Digital Strategies.
In ogni caso, nel 1974 la Anderson descrive l’UBC come
a world-wide system for the control and exchange of bibliographic information [...] to make universally and promptly available, in a form which is internationally acceptable, basic bibliographic data on all publications issued in all countries3.
Tale sistema è caratterizzato da un approccio gerarchico, in cui le singole componenti nazionali vengono coordinate e integrate a livello internazionale. Sarà proprio questa struttura gerarchica negli anni a essere messa in discussione, in favore di una reticolare, aspetto che si ritrova oltretutto nell’evoluzione dei formati per i dati bibliografici.
Ciò nonostante, l’intuito e l’esperienza dello studioso riescono a individuare quei punti nevralgici che caratterizzano lo scenario attuale. Tra questi lo sviluppo della telematica per la diffusione dei documenti, l’importanza degli standard condivisi, e soprattutto la crescente rilevanza delle reti specializzate, oltre alla necessaria interazione tra soggetti pubblici e privati. Data la collocazione editoriale, il testo è caratterizzato da un’elevata densità informativa, che non va però a intaccare la limpidezza espositiva, tratto distintivo della produzione scientifica di Giovanni Solimine.
Il punto di partenza del libro è una definizione dell’UBC nello scenario di quegli anni, per proseguire con una contestualizzazione diacronica, partendo da Gesner e passando per Otlet, arrivando alle iniziative congiunte di IFLA e Unesco. Successivamente vengono illustrate le caratteristiche principali del programma UBC e le possibilità di interscambio dei dati tramite gli standard bibliografici e le reti telematiche. A partire dalla seconda metà del volume viene analizzata in dettaglio la componente nazionale dell’UBC, con un movimento progressivo che va dai sistemi alle biblioteche alle bibliografie e infine alle agenzie nazionali, per concludere con un focus sulla situazione italiana. Le ultime pagine sono incentrate sul programma gemello dell’UBC, l’Universal Availability of Publications (UAP), il cui scopo è l’ottenimento della risorsa, passo successivo e consequenziale rispetto al reperimento della notizia bibliografica.
Sulla base di queste premesse, nel prendere in esame l’attuale status del controllo bibliografico universale, sembra di trovarsi di fronte ad una variante del paradosso di Schrödinger, ben rappresentata dal titolo di un seminario tenuto dall’IFLA nel 2014: “Universal Bibliographic Control in the digital age: Golden opportunity or paradise lost?”4 Se si parte dal presupposto di una piena realizzazione dell’UBC, risulta evidente come ‘the dream of librarians’ sia destinato a rimanere tale. In primo luogo ciò è sicuramente dovuto alla costante crescita, se non esplosione, della produzione bibliografica e alla costante diminuzione delle risorse a disposizione delle biblioteche. A essere decisivo è stato però il mutamento nelle modalità di produzione e diffusione della comunicazione registrata, che vedono la forte presenza delle piattaforme digitali. Le continue commistioni e interazioni tra nuovi e vecchi media rendono sempre più difficile distinguere le varie dimensioni, in particolare quella bibliografica e quella documentale; va inoltre considerata l’inclusione dei dati, e non più solo dei documenti, nel discorso del controllo bibliografico: tutto ciò contribuisce a far parlare di ‘multiverso bibliografico’5.
D’altro canto però, assumere una posizione di irrealizzabilità dell’UBC vuol dire ignorare tutti gli standard che progressivamente sono stati sviluppati, e i progetti implementati negli anni che ne hanno sfruttato le potenzialità. In particolare, è proprio sugli standard che l’IFLA continua a contribuire attivamente e ad avere una forte influenza. Nel 1995, come ricordato nel volume, gli standard di riferimento erano ISBD per ciò che riguarda la parte descrittiva e il MARC per la codifica elettronica. Già nel 1998 la pubblicazione di FRBR aprì le porte alla modellazione logica, che porterà a quel connubio ideale tra standard bibliografici e web semantico6. Oltre agli attuali modelli di alto livello, come LRM e BIBFRAME – incentrati sulle principali entità e relative relazioni dell’universo bibliografico –, è RDA, l’evoluzione ideale delle AACR2, a segnare un passo decisivo in questa direzione. RDA va a implementare e complementare i modelli appena citati, in quanto include numerose proprietà e relazioni da applicare alle entità di cui sopra. Soprattutto, RDA è sì esprimibile anche in MARC, per evidenti motivi di retrocompatibilità, ma nasce proprio nell’ottica del web semantico, con lo scopo di poter essere applicato a qualsiasi tipo di risorsa, sia cartacea sia digitale, attuando così uno spostamento dalla catalogazione alla metadatazione7. Va da sé come ad un occhio attento il connubio tra web semantico e UBC non dovrebbe stupire più di tanto: entrambi nascono per portare ordine nei rispettivi docuversi di riferimento, e, soprattutto, si sono scontrati con la realtà di poter rappresentare solo un sottoinsieme, per quanto estremamente strategico e significativo, nella globalità dell’orizzonte informativo8.
Nel passare dagli standard ai progetti – quasi tutti successivi alla pubblicazione del volume di Solimine e selezionati per sottolineare i cambiamenti avvenuti –, è possibile riprendere il discorso sui servizi bibliografici nazionali. Nonostante le numerose evoluzioni, questi ultimi continuano a essere dei nodi strategici, sia in quanto fonti di informazioni bibliografiche di qualità sia per gli aspetti relativi al controllo e alle varie policy. Nel caso italiano, la bibliografia nazionale è da qualche anno ormai liberamente disponibile sul web in diversi formati, tra cui PDF, UNIMARC e XML, e prossimamente in RDF, pronta così a entrare nel mondo dei linked data9. Sempre la BNI va ad alimentare l’indice generale di SBN, il servizio bibliotecario nazionale, le cui dimensioni e funzionalità sono ben lontane da quelle della metà degli anni Novanta, avendo così superato le criticità sottolineate da Solimine. Le biblioteche facenti parte di SBN sono una percentuale estremamente elevata di quelle presenti sul territorio italiano; di conseguenza, la possibilità data loro di inserire le notizie bibliografiche – insieme alla facoltà di modificarle in base ai livelli di accesso assegnati – e di aggiungere le proprie localizzazioni catalografiche a quelle già esistenti, rende di fatto SBN una sorta di controllo bibliografico nazionale.
Sempre rimanendo nell’ambito dei cataloghi online, non è possibile non citare WorldCat, la base dati bibliografica più vasta al mondo realizzata dall’OCLC. WorldCat è un servizio commerciale, l’adesione è su base istituzionale, e soprattutto utilizza come formato di interscambio MARC nella sintassi XML: MARC non supporta di base FRBR o qualsiasi altro modello entità/relazione, e di conseguenza i raggruppamenti tra le varie notizie bibliografiche vengono effettuati in base a procedimenti automatici, producendo così un inevitabile rumore. Nonostante queste non poche criticità, WorldCat è il sistema informativo che ora come ora più si avvicina all’idea dell’UBC.
Sempre gestito da OCLC è il Virtual International Authority File (VIAF), con cui ci si sposta dal livello bibliografico/catalografico a quello di autorità e dal MARC alle ontologie. VIAF raccoglie i dati di autorità dalle varie agenzie nazionali e li raggruppa armonizzandoli e rendendoli disponibili come linked data. In questo modo è possibile instaurare un circolo virtuoso con altri sistemi che utilizzano questo stesso paradigma, come ad esempio il portale data.bnf.fr o Wikidata. In particolare quest’ultimo progetto, nato per centralizzare i dati dei vari progetti Wikimedia, si collega a sua volta all’UBC, in quanto presenta al suo interno un’iniziativa incentrata sulla modellazione semantica dei dati bibliografici di monografie e periodici.
Come scritto in precedenza, l’ultima parte del volume affronta il discorso relativo all’UAP, con uno sguardo al futuro rispetto alla diffusione delle reti telematiche. Grazie a queste ultime, oltre al potenziamento del prestito interbibliotecario, vanno incluse le nuove modalità sviluppatesi, tra cui i servizi di digital document delivery. Nel discorso dell’UAP è necessario altresì considerare le piattaforme online degli editori e degli aggregatori – sia scientifici sia generalisti – per le biblioteche, i repository e le riviste open access, e, seppure illegali, le shadow library.
Per concludere, il libro di Giovanni Solimine sull’UBC continua a essere rilevante per due ragioni fondamentali. La prima è genealogica, in quanto viene delineata con efficacia la storia di questo programma partendo dalle sue radici storico/culturali. La seconda è morfologica, per l’analisi che viene effettuata delle motivazioni sottostanti, la natura e le relazioni dei diversi attori in gioco. In questo modo è più facile comprendere e definire la complessità correlata all’UBC: di conseguenza, non va più considerato un risultato da raggiungere a tutti i costi, ottenendo così delle inevitabili frustrazioni, bensì un processo in cui confluiscono dinamiche sociali, culturali e tecnologiche, e che perciò può assumere forme di volta in volta diverse a seconda del contesto di riferimento.
Ultima consultazione siti web: 15 ottobre 2021.