Le lingue del Vicino Oriente fra carte, tipi e torchi: note su una esposizione libraria online

di Edoardo Roberto Barbieri

Anche gli spettatori coatti dell'ennesima replica estiva del ciclo filmico sulla principessa Sissi interpretata da Romy Schneider ricorderanno, nel secondo episodio intitolato Sissi. La giovane imperatrice (1956), la sua incoronazione a regina d'Ungheria per mano di un nobile e aitante magiaro, Gyula (Julius) Andrássy - Walter Reyer, nella pellicola - conte di Csik Szent-Király e Kraszna-Horka. Proprio all'antico casato di costui apparteneva il palazzo-castello (splendido il parco) di Betliar, oggi nella Slovacchia centro-orientale: l'unica residenza nobiliare dell'Ungheria transdanubiana non saccheggiata al momento della caduta dell'Impero, si dice per il rispettoso e generoso rapporto intrattenuto dagli Andrássy con la servitù, la quale preservò la dimora, diventata ben presto un bel museo. Fra i tanti motivi di interesse dell'edificio - oltre alla biblioteca, alle ceramiche, alla raccolta di trofei dai safari (non fotografici) in Africa, oltre persino a un'autentica mummia dell'Antico Egitto - colpisce una camera da letto arredata con materiale di evidente importazione orientale. Che dei nobili militari ungheresi coltivassero da secoli una sorta di morboso amore/odio per la cultura islamica (ottomana in particolare) potrebbe, ovviamente, non stupire più di tanto. Ma qui ci si trova dinnanzi a un citazionismo combinatorio che documenta una reale passione e un gusto raffinato (forse connessi anche a un viaggio lungo il Nilo alla ricerca di antichità egizie) per tessuti, drappi, decorazioni, iscrizioni di tipo ornamentale islamico, indizio di una chiara fascinazione per il Vicino Oriente. Si tratta di un capitolo di storia culturale dell'orientalismo occidentale che si potrebbe etichettare come "estetico", da porre a fianco a quello cristiano indirizzato ai pellegrinaggi e alla riscoperta della Terra Santa1, o a quello suscitato maggiormente da interessi scientifici di varia tipologia, dal naturalistico all'archeologico2.
È esistita però, parallela e variamente intrecciata ai percorsi cui si è fatto cenno, anche un'attenzione di ordine propriamente linguistico per il Vicino Oriente, prodromica alla conoscenza e al lento apprendimento delle lingue orientali in Occidente.
A questo punto è necessario osservare che la bibliografia è una di quelle discipline nelle quali il metodo è davvero determinante, in quanto la rende capace di affrontare con una logica propria le più svariate situazioni. Se l'approfondimento dei singoli temi spetterà, giustamente, agli specialisti di ciascun settore, la coscienza della potenzialità storica e conoscitiva della disciplina deve indurre chi la professa a non accontentarsi di rincorrere l'ultimo specchietto per le allodole di qualche tematica alla moda, per cimentarsi piuttosto nell'interpretazione di fenomeni anche complessi e dai molteplici significati culturali. In tal senso, la mostra digitale cui si vuole qui accennare centra con precisione un bersaglio di primaria importanza: la convivenza di diverse comunità linguistiche, religiose e culturali nella città di Gerusalemme.
Presso la Biblioteca generale della Custodia di Terra Santa, ossia la biblioteca storica dei francescani a San Salvatore di Gerusalemme (New Gate), si conserva un'importante raccolta di materiale librario accumulato dai frati minori durante i secoli della loro permanenza nei territori della Palestina storica, solo parzialmente coincidenti con gli attuali confini dello stato di Israele3. Oggetto di un progetto di valorizzazione che dura da più di un decennio svolto dal Centro di ricerca europeo libro editoria biblioteca dell'Università Cattolica, tale biblioteca vuole essere punto di incontro, scambio e amicizia tra gli abitanti della Città Santa4. Per questo, su indicazione dei Custodi che si sono succeduti, padre Pierbattista Pizzaballa (oggi Patriarca di Gerusalemme dei Latini) e padre Francesco Patton, e sotto gli auspici dei direttori della biblioteca, prima padre Marcello Badalamenti, poi padre Lionel Goh, si sono organizzate diverse mostre bibliografiche, alcune in presenza, altre (anche prima della pandemia) in formato solo digitale5.
Quella cui si vuole accennare ha per titolo "Grammatica Orientalia Hierosolymitana. Lexicons and grammar books of Semitic languages between 16th and 18th centuries from the Franciscan libraries in Jerusalem" con una premessa di Martino Diez, è programmata per l'inizio del 2022 ed è stata realizzata da Pierfilippo Saviotti durante il suo periodo di servizio civile universale presso la suddetta biblioteca6. L'esposizione digitale ha voluto documentare la presenza presso la biblioteca francescana (comprendendo anche quella dello Studium Biblicum Franciscanum, sempre a Gerusalemme, ma alla Flagellazione presso Lions' Gate) di antiche edizioni dei secoli che vanno dal XVI al XVIII di strumenti quali grammatiche e lessici per l'apprendimento delle lingue semitiche, in particolare arabo, ebraico e siriaco7. Parte di questo materiale è storicamente collegato all'attività pastorale e di studio dei francescani in loco, parte è invece frutto di acquisti moderni sul mercato antiquario internazionale, dovuti soprattutto all'attività del Commissariato di Washington (USA), la cui preziosa raccolta libraria è confluita a Gerusalemme in anni recenti8.
Il materiale librario ora collocato presso la Biblioteca generale della Custodia di Terra Santa ha dunque una provenienza ibrida, dovuta alla storia della comunità francescana gerosolimitana non meno che a vicende di tipo collezionistico9. Se i volumi del XVI secolo erano già stati catalogati con l'intera produzione di quel periodo da Luca Rivali10 (che ha descritto anche gli incunaboli), quelli del XVII sono stati interamente inseriti da Fabrizio Fossati nel catalogo digitale online con un livello descrittivo encomiabile per le secentine11, mentre quelli del XVIII presentati sono stati estratti e catalogati ad hoc solo in quest'occasione dal Saviotti.
Il materiale editoriale di cui ci si occupa è particolarmente raro e prezioso. Infatti, proprio per il loro alto grado di specializzazione, i libri qui considerati non sono solitamente presenti nelle biblioteche genericamente dotate di fondi antichi o di interesse religioso. Piuttosto, occorrerebbe ricercare questa tipologia libraria presso istituzioni di istruzione superiore in cui già lungo l'età moderna lo studio delle lingue orientali fosse stato particolarmente coltivato: basti pensare a università di lunga e solida tradizione negli studi linguistici o biblici, o a esperienze di specifico interesse verso l'orientalistica, come istituti missionari o seminari cattolici12. Inoltre, la stessa produzione di libri in cui convivessero i caratteri latini con quelli orientali era particolarmente complessa, per non parlare delle difficoltà specifiche della composizione tipografica in una scrittura sempre corsiva come quella dell'arabo, nella quale la forma delle singole lettere si modifica a seconda della posizione all'interno della parola e della forma delle lettere che precedono e seguono. Sull'origine della stampa in arabo si è detto e scritto molto negli ultimi decenni, soprattutto dopo il ritrovamento dell'unico esemplare sopravvissuto del Corano impresso da Alessandro Paganini nel 1537-153813. Ma qui si è davanti a un momento molto più avanzato della produzione, quando i più spinosi problemi tecnologici erano stati risolti e quando ormai esisteva un pubblico (sia pur specialistico ed elitario, sicuramente di vocazione internazionale, o per meglio dire europea) interessato all'apprendimento di queste lingue14.
Se, infatti, l'ebraico in Italia (e non solo) aveva trovato all'interno delle comunità confessionali chi si era preoccupato di stamparlo sin dai primi decenni dalla scoperta dell'ars artificialiter scribendi con investimenti culturali ed economici assai significativi, e se il siriaco (e in misura minore il ge'ez) costituì un erudito esperimento privo però di reali problemi grafico-tipografici, l'avvio di un'editoria in arabo ebbe una sua complessa origine, connessa con le difficoltà inerenti alla copia e all'impressione del testo fondativo della cultura islamica, il Corano stesso. Mentre l'organizzazione della mostra che si vuole qui brevemente presentare (cioè le introduzioni al Cinque, al Sei e quindi al Settecento ciascuna seguita dalle schede relative agli esemplari via via presentati) segue la scansione dei tre secoli prescelti, per arrivare in fine alla Bibbia poliglotta di Londra con gli annessi volumi di lessici e grammatiche, in questa occasione si tenterà piuttosto di enucleare lo sviluppo della stampa nelle tre principali lingue semitiche: arabo, siriaco ed ebraico.
Per ciò che riguarda l'arabo, dopo gli esperimenti che contraddistinsero la prima metà del XVI secolo (ma non si dimentichino i risultati positivi ottenuti con la stampa di due testi cristiani, il Kitab Salat al-Sawai di Fano 151415 nonché lo Psalterium poliglotta di Genova 151616: fu davvero l'impressione del testo sacro dell'Islam a creare ad Alessandro Paganini problemi insormontabili)17, una delle più entusiasmanti imprese editoriali fu quella della Tipografia Medicea Orientale, operante a Roma alla fine del Cinquecento per l'esplicito volere dei papi di proseguire e integrare l'attività della tipografia poliglotta pontificia18. Essa attuava un vero e proprio programma di pubblicazioni, che prevedeva una campagna di acquisti nei paesi arabi di testi manoscritti atti a essere riprodotti e la collaborazione di intellettuali capaci di seguire l'edizione delle opere e di redigere strumenti linguistici adeguati19.
Il secolo successivo assistette alla fondazione, sempre a Roma, della Congregatio de Propaganda Fide, avente per fine la formazione di predicatori e di catechisti destinati alla missio ad gentes cattolica, anche in paesi arabofoni20. Così, a fianco di un prezioso lessico arabo-turco-persiano del diplomatico polacco Franciszek a Mesgnien Meninski (Vienna 1680), ecco la pubblicazione presso la tipografia di Propaganda Fide di grammatiche e lessici arabi, con una progressione che giungerà sino all'impresa della Bibbia arabo-latina del 1671, un vero monumento della cultura cristiana21. Ivi si stampava peraltro anche in altri idiomi semitici, come il ge'ez, l'antica lingua liturgica etiopica.
Il Settecento vide poi la messa a fuoco di una conoscenza più puntuale delle lingue orientali grazie all'edizione della grande raccolta testuale di Giuseppe Simone Assemani e, più in generale, alla penetrazione dello studio e della stampa dell'arabo presso i maggiori centri di ricerca europei, forse anche sulla base dell'equivoco riguardo alla sua utilità per la conoscenza comparata dell'ebraico, e quindi quale lingua ausiliaria delle scienze bibliche.
Il siriaco, invece, non avendo come l'arabo problemi di corsività nella riproduzione tipografica (ci sono anche testi arabi stampati usando tale alfabeto, assai più semplice da comporre), oltre a essere riscoperto come un serbatoio di testi delle antichità cristiane (se ne era interessato anche Marcello Cervini)22, veniva a costituire uno strumento essenziale per quel dialogo con le comunità cristiane della Siria interna e di quella costiera, il Libano, che avrebbe portato alla piena comunione con Roma della Chiesa Maronita23. Varie personalità di tale comunità, legate in parte all'attività del Collegio Maronita di Roma, ebbero la funzione non solo di mediazione col mondo arabo-cristiano, ma divennero la fonte primaria di conoscenza del siriaco stesso, la cui stampa ebbe in Roma il suo principale centro.
Quanto all'ebraico biblico, occorre considerare come questo non fosse parlato dagli ebrei dell'età moderna, che lo imparavano nelle scuole sinagogali direttamente sui testi veterotestamentari che venivano tradotti alla lettera. Pur esistendo sin dal Medioevo grammatiche e lessici per l'uso interno delle comunità giudaiche, è la nascita dell'ebraismo cristiano a portare allo sviluppo degli strumenti linguistici qui in esame. Non a caso tra i maggiori editori di questi materiali troviamo, nel XVI secolo, l'imprenditore cristiano Daniel Bomberg, un fiammingo trapiantato a Venezia e ben inserito nella locale comunità ebraica24; nel Seicento, una figura come quella di Stefano Paolini, attivo a Roma; nel Settecento, a Venezia i diversi membri della famiglia Bragadin, che con Alvise erano però attivi nel settore sin dalla metà del Cinquecento25. Figura di spicco e autore di strumenti più volte ristampati (compresa una traduzione letterale della Bibbia ebraica in latino)26 fu anche il domenicano Sante Pagnini, che aveva iniziato lo studio dell'ebraico su invito di Gerolamo Savonarola27.
Dal punto di vista della storia degli studi, la mostra giustamente si conclude (con un climax solo cronologicamente imperfetto) con la mirabile edizione della Bibbia poliglotta di Londra di pieno XVII secolo. Ciò non solo perché la sua pubblicazione costituì il culmine di una serie di esperimenti che, partendo da Aldo Manuzio a fine Quattrocento28 e passando per le poliglotte Complutense e Regia di Anversa, nonché il progetto (rimasto però tale) romano di Giovanni Battista (1654-1657) particolarmente evidente con gli scritti del francescano Francisco Cañes (1730-1795), missionario in Oriente. Egli fu autore di una grammatica arabo-spagnola (Madrid 1776) e di un Diccionario español-latino-arábigo (Madrid 1787), del quale la biblioteca francescana possiede ben 36 esemplari, indizio sicuro dell'uso fattone dai frati per l'apprendimento della lingua araba. Ciò non solo documenta per quegli anni la proficua presenza di francescani spagnoli in Terra Santa, ma indica un vero cambiamento di rotta con un rinnovato interesse per l'attività pastorale rivolta ai cristiani locali. Andrà in effetti attribuito allo stesso periodo un fenomeno strettamente connesso, cioè l'inserimento di segni per delimitare le pericopi liturgiche in una delle copie del Vangelo in arabo dell'edizione romana del 1590-1591, così da trasformare quell'evangeliario in un evangelistario, cioè in una raccolta di testi da leggere durante la messa29. Tutto ciò individua il momento nel quale i frati iniziarono sistematicamente a celebrare e predicare in favore della popolazione arabofona, ossia a occuparsi in maniera continua della cura delle anime presso la comunità cristiana locale.
Tale fenomeno avrà un esito inaspettato ed eccezionale. Dopo altri vani tentativi, i francescani di Gerusalemme a metà XIX secolo, approfittando anche di una legislazione ottomana inaspettatamente liberale30 e godendo di un importante finanziamento della corte imperiale di Vienna (e torniamo al punto di partenza di queste pagine), aprirono una loro tipografia. Tra i primi titoli da loro impressi vi furono catechismi e libri di scuola in arabo31 (anzi, la tipografia francescana fu la prima a Gerusalemme a stampare in quella lingua). Un'impresa di eccezionale valore tecnologico, culturale, didattico32. L'erudizione occidentale (o, se si vuole, l'orientalismo linguistico) dell'età moderna dava infine i suoi frutti anche a favore della popolazione locale, che poteva così accedere a corsi regolari di studi.


Note

Ultima consultazione dei siti web: 16 agosto 2021.
È con grande piacere che dedico all'amico Giovanni Solimine queste poche pagine. A lui, che ha saputo indagare con acume le prassi e i modi della lettura nell'Italia contemporanea, spero non dispiaccia questo breve viaggio tra la storia di una biblioteca e quella di un genere editoriale. Ringrazio i primi lettori: Pierfilippo Saviotti, Claudio Passera, Eleonora Gamba.
Il testo è stato scritto a Telgárt (Banská Bystrica) tra il 20 e il 24 luglio 2021.

1 Si veda in proposito Ad stellam: il libro d'oltramare di Niccolò da Poggibonsi e altri resoconti di pellegrinaggio in Terra Santa fra Medioevo ed Età moderna, a cura di Edoardo Barbieri, premessa di Kathryn Blair Moore. Firenze: Olschki, 2019; Sulle orme del Salvatore: francescani e pellegrini in Terra Santa, a cura di Arianna Leonetti. Sinalunga: Istituto per la valorizzazione delle Abbazie storiche della Toscana, 2020; Raccontare la Terra Santa: narrazioni e guide di pellegrinaggio tra Medioevo ed Età moderna = Talking about the Holy Land: pilgrim guidebooks and travelers' tales from the Middle Ages to Modern Times. A ottocento anni dalla visita di san Francesco d'Assisi in Terra Santa: convegno internazionale di studi, Milano, Biblioteca nazionale Braidense e Università Cattolica, 3-4 giugno 2019, a cura di Luca Rivali. Firenze: Olschki, in corso di stampa.
2 Si consideri da ultimo il convegno "The science of pilgrimage: international workshop" (17-18 June 2021, online) organizzato da Sundar Henny e Marianne Ritsema van Eck per conto dell'Università di Berna.
3 Si veda Libri di Terra Santa: un viaggio tra i libri antichi della Biblioteca generale della Custodia di Terra Santa a Gerusalemme, a cura di Alessandro Tedesco. Torrita di Siena: Società bibliografica toscana, 2013. Tra i fondi più notevoli, quello relativo agli antichi racconti di viaggio, su cui Alessandro Tedesco, Itinera ad loca sancta: i libri di viaggio delle biblioteche francescane di Gerusalemme: catalogo delle edizioni dei secoli XV-XVIII. Milano: Edizioni Terra Santa, 2017.
4 Edoardo Barbieri, "Libri ponti di pace": l'esperienza del Gruppo di lavoro CRELEB a Gerusalemme in un progetto di ATS pro Terra Sancta. In: Culture e religioni in dialogo: atti della IV edizione delle Giornate di archeologia e storia del Vicino e Medio Oriente, Milano, Biblioteca Ambrosiana, 4-5 maggio 2018. Milano: Edizioni Terra Santa, 2019, p. 61-70.
5 I cataloghi delle esposizioni analogiche o le stesse mostre virtuali sono scaricabili dal sito della Biblioteca generale della Custodia di Terra Santa, https://www.bibliothecaterraesanctae.org, nella sezione Cataloghi di mostre.
6 Oltre che nella citata sezione della pagina web della biblioteca, il catalogo sarà disponibile anche a stampa: Grammatica Orientalia Hierosolymitana: lexicons and grammar books of Semitic languages between 16th and 18th centuries from the Franciscan libraries in Jerusalem, a cura di Pierfilippo Saviotti, con una premessa di Martino Diez. Milano, Jerusalem: Pro Terra Sancta, 2022.
7 Per la difficoltà di razionalizzare i dati si è dovuto rinunciare a includere anche le (poche) pubblicazioni relative a greco moderno e turco, che, come si intenderà, erano però funzionali agli stessi scopi di comunicazione con la realtà locale.
8 Su tale vicenda un cenno in Luca Rivali, Pèlerinage des hommes, pérégrinations de livres: la formation de la bibliothèque de la Custodie de Terre Sainte à Jérusalem. In: Knihy v proměnách času: k výzkumu zámeckých, měšťanských a církevních knihoven, ed. Jitka Radimská. České Budějovice: Jihočeská univerzita, 2015, p. 374-387. I Commissariati di Terra Santa sono la rappresentanza locale della Custodia, organizzati presso i conventi siti nei diversi paesi e delegati ai rapporti con la Custodia (necessità varie, offerte, pellegrinaggi, soggiorno dei frati ecc.).
9 Pierfilippo Saviotti, Libri in "Custodia": l'Archivio storico e la Biblioteca generale di Terra Santa a Gerusalemme. In: Sulle orme del Salvatore cit., p. 57-64.
10 Luca Rivali, Catalogo delle edizioni del '400 e '500 della Biblioteca generale della Custodia di Terra Santa, in corso di stampa.
11 Una volta entrati nell'OPAC della biblioteca al citato indirizzo, si vada su advanced search e qui si limiti la ricerca alla sezione ancient books. Si veda però anche Fabrizio Fossati, Le seicentine della Biblioteca generale della Custodia di Terra Santa: descrizione del fondo e del catalogo realizzato, «TECA», 8 (2015), p. 113-121.
12 Un caso particolarmente significativo sarà per esempio la raccolta antica del Seminario vescovile di Padova, nel quale, per volontà di san Gregorio Barbarigo, l'apprendimento delle antiche lingue orientali era ritenuto del tutto normale, tanto da prevederne anche la stampa. Si veda in proposito Marco Callegari, La tipografia del Seminario di Padova fondata dal Barbarigo. In: Gregorio Barbarigo patrizio veneto, vescovo e cardinale nella tarda Controriforma (1625-1697): atti del convegno di studi, Padova, 7-10 novembre 1996, a cura di Liliana Billanovich, Pierantonio Gios. Padova: Istituto per la storia ecclesiastica padovana, 1999, p. 231-251 con gli aggiornamenti in Id., Al crepuscolo della Serenissima: Simone Assemani e Giacomo Nani. In: Simposio Simone Assemani sulla monetazione islamica: Padova, II congresso internazionale di Numismatica e di Storia monetale, Padova, 17 maggio 2003, Musei civici agli Eremitani-Museo Bottacin (Biblioteca). Padova: Esedra, 2005, p. 31-41: p. 36-39 e Id., La tipografia del seminario di Padova. Cornuda: Tipoteca italiana fondazione, 2019.
13 Angela Nuovo, La scoperta del Corano arabo, ventisei anni dopo: un riesame, «Nuovi annali della Scuola speciale per archivisti e bibliotecari», 27 (2013), p. 9-24.
14 Sprachen des Nahen Ostens und die Druckrevolution: eine interkulturelle Begegnung: Katalog und Begleitband zur Ausstellung = Middle Eastern languages and the print revolution: a cross-cultural encounter: a catalogue and companion to the exhibition, herausgegeben von Eva Hanebutt-Benz, Dagmar Glass, Geoffrey Roper. Westhofen: Skulima, 2002.
15 Celeste Gianni; Michele Tagliabracci, Kitāb salāt al-sawā'ī: protagonisti, vicende ed ipotesi attorno al primo libro arabo stampato con caratteri mobili, «Culture del testo e del documento», 13 (2012), n. 38, p. 131-185.
16 Edit16 online, CNCE 5916, https://edit16.iccu.sbn.it/titolo/CNCE005916; Giorgio Vercellin, Venezia e l'origine della stampa a caratteri arabi. Padova: Il poligrafo, 2001, p. 70-75.
17 Si vedano le osservazioni di Mahmoud Salem Elsheikh, I manoscritti del Corano conservati nelle biblioteche pubbliche di Firenze, «La bibliofilia», 115 (2013), n. 3, p. 553-616. Diversamente non si capirebbe neppure il privilegio per la stampa dell'arabo richiesto da Antonio Brucioli nel 1543/1544: Edoardo Roberto Barbieri, La tipografia araba a Venezia nel XVI secolo: una testimonianza d'archivio dimenticata, «Quaderni di studi arabi», 9 (1991), p. 127-131.
18 Alberto Tinto, La tipografia medicea orientale. Lucca: Pacini Fazzi, 1987 e Le vie delle lettere: la Tipografia Medicea tra Roma e l'Oriente, a cura di Sara Fani, Margherita Farina. Firenze: Mandragora, 2012.
19 Sull'ambiente degli arabisti italiani a metà XVI secolo si veda Pier Mattia Tommasino, L'Alcorano di Macometto: storia di un libro del Cinquecento europeo. Bologna: Il mulino, 2013.
20 Massimo Marcocchi, Colonialismo, cristianesimo e culture extraeuropee: l'istruzione di Propaganda Fide ai vicari apostolici dell'Asia Orientale (1659). Milano: Jaca Book, 1981.
21 Si veda almeno il catalogo della mostra presso la Biblioteca generale della Custodia di Terra Santa The Bible on the move: traditions and translations of the Holy Scriptures = La Bibbia in movimento: tradizioni e traduzioni della Sacra Scrittura. Jerusalem: ATS pro Terra Sancta, 2018, https://www.bibliothecaterraesanctae.org/cataloghi-di-mostre/the-bible-on-the-move-traditions-and-translations-of-the-holy-scriptures.html, scheda C.4.
22 Paolo Sachet, Publishing for the Popes: the Roman Curia and the use of printing (1527-1555). Leiden: Brill, 2020.
23 Paolo Siniscalco, Le antiche chiese cristiane d'Oriente: un cammino millenario. Roma: Città nuova, 2016, p. 168-173 con la bibliografia indicata.
24 Alfredo Cioni, s.v. Bomberg, Daniel. In: Dizionario biografico degli italiani. Roma: Istituto della Enciclopedia italiana, vol. 11 (1969).
25 Id., s.v. Bragadin, Alvise. In: ivi, vol. 13 (1971).
26 The Bible on the move cit., scheda F.2.
27 Saverio Campanini, s.v. Pagnini, Antonio Baldino. In: Dizionario biografico degli italiani cit., vol. 80 (2015).
28 Piero Scapecchi, Aldo alle origini della Bibbia poliglotta. In: Le civiltà del libro e la stampa a Venezia: testi sacri ebraici, cristiani, islamici dal Quattrocento al Settecento, a cura di Simonetta Pelusi. Padova: Il poligrafo, 2000, p. 77-82.
29 Rimando semplicemente a The Bible on the move cit., scheda C.2.
30 Sul rapporto tra stampa e autorità turca, sia pur riferito alla situazione di un sessantennio più tardi, interessante il romanzo autobiografico del fratello del secondo presidente della Repubblica di Israele, Aharon Reuveni, In principio, confusione e paura. Torino: Einaudi, 2018.
31 Agustín Arce, Catalogus descriptivus illustratus operum in Typographia Ierosolymorum Franciscali impressorum, vol. I: 1847-1880. Ierusalem: Typis franciscalibus, 1969. Sull'eccezionale figura dell'autore si veda il materiale raccolto in "Raccontare la storia. Padre Agustín Arce bibliotecario in Terra Santa. Una mostra digitale", a cura di Natale Vacalebre, Stefano Cassini, aprile 2016, https://www.bibliothecaterraesanctae.org/cataloghi-di-mostre/padre-agustin-arce.html.
32 Su tale importante vicenda rimando ora ai lavori di Arianna Leonetti, Tra editoria pedagogica e stampa missionaria: le origini della Franciscan Printing Press di Gerusalemme. In: Prensa pedagógica, mujeres, niños, sectores populares y otros fines educativos, editado por José María Hernández Díaz. Salamanca: Ediciones Universidad Salamanca, 2018, p. 531-542; Ead., Contributions to the history of the Franciscan Printing Press: «The typography is our most beautiful ornament»: the birth of the Franciscan Printing Press, https://bibliothecaterraesanctae.org/contributions-to-the-history-of-the-franciscan-printing-press.html; Ead., Pierfilippo Saviotti, Un cimelio della antica tipografia francescana di Gerusalemme: analisi del torchio manuale in ghisa, «Gutenberg Jahrbuch», 95 (2020), p. 152-162; Ead., Una tipografia al servizio del popolo: la Franciscan Printing Press di Gerusalemme. In: Sulle orme del Salvatore cit., p. 64-70; Ead., La stampa è il nostro più bell'ornamento, «Terrasanta», 3 (2021), p. 60-62, https://www.terrasanta.net/2021/05/la-stampa-e-il-nostro-piu-bellornamento/ e, soprattutto, Ead., Stampato in Gerusalemme dai PP. Francescani: il primo secolo di storia della tipografia dei frati di san Salvatore (1847-1947). Milano: Edizioni Terra Santa, 2022, in corso di stampa.