Il testamento di Paul Otlet

Roberto Guarasci

Paul Otlet1, pur con alterne fortune, è noto per la sua attività di bibliografo, di creatore della Classificazione decimale universale e dell’Istituto internazionale di bibliografia e per la redazione del Traité de documentation, testo base della documentazione e delle future scienze dell’informazione. Per la sua opera, a tratti visionaria, è stata coniata la suggestiva locuzione di Internet de papier2. La lettura del suo testamento ci restituisce però degli accenti inediti e una prospettiva in parte diversa di quella consolidata dai biografi.
Il Testamento di Paul Otlet o, per meglio dire, i testamenti visto che nei documenti conservati al Mundaneum sono presenti 67 versioni del testo base, è dunque utilissimo per ripercorrere in parallelo l’evoluzione del pensiero del bibliografo belga che, in uno dei passi più visionari del Traité scriverà che la codifica è l’ultima frontiera della documentazione e quando tutto sarà codificato l’uomo sarà in possesso di uno strumento formidabile per tutte le operazioni intellettuali3.
La penultima annotazione testamentaria è del 23 gennaio 1940 e, dopo un prologo sulla speranza dell’esecuzione delle sue ultime volontà, scrive:

Je suis celui qui a créé le Mundaneum qui a voulu l’élever au degrés de Cité Mondiale4, celui qui a réuni un vaste matériel de travail et d’idées qui toute sa vie n’a écrit qu’un seul livre aux proportions énormes, qui a composé et édité un jour en grande peine de rédaction mais non de préparation, son ouvrage Monde5.

Il testo, dal titolo completo Monde – Essai d’universalisme, viene edito dal Mundaneum a Bruxelles nel 1935. L’anno prima era stato dato alle stampe il Traité de documentation dopo una revisione del manoscritto lunga e laboriosa. L’ultima sezione, Substituts du livre, nella quale diffusamente parla del microfilm e dei suoi usi ma anche di radio e televisione, di teatri e di feste e dei loro usi ai fini della documentazione, è il prologo al sesto capitolo di Monde, L’expression: la documentation, nel quale le metodologie e le tecniche del Traité vengono viste in chiave teleologica. Nello stesso tempo, paradossalmente, Monde è il prologo del Traité del quale costituisce la base teorica e filosofica in special modo quando nel quinto capitolo tratteggia i rapporti tra le scienze e la filosofia e le correlazioni ultime dell’universalismo e delle sue evoluzioni storiche. Nel paragrafo sul fine ultimo della documentazione prefigurerà una entità onnisciente, memoria del mondo,

agissant à distance qui combinerait à la fois la radio, les rayon Rongten, le cinéma et la photographie microscopique. Toutes les choses de l’univers et toutes celles de l’homme seraient enregistrées à distance à mesure qu’elles se produiraient6.

È plausibile immaginare che, visto il brevissimo lasso di tempo che separa la pubblicazione delle due opere7, la loro redazione sia stata condotta in parallelo con finalità diverse: la sistematizzazione del sapere bibliografico e documentale nel Traité e i fundamenta filosofici, sociologici e culturali in Monde che costituisce una sorta di summa e di testamento spirituale del pensiero di Otlet nel quale gli influssi dell’idealismo hegeliano si sommano alle raffigurazioni iconografiche dei francs-maçons8 trovando nella definizione della città mondiale la concretizzazione cercata ma mai raggiunta9.
Il percorso culturale di Otlet dalle prime esperienze con Henry La Fontaine alla collaborazione con Le Corbusier così come gli stati d’animo di fronte al riaccendersi di un nuovo conflitto mondiale che sperava di aver scongiurato con la realizzazione della Società delle nazioni sono sinteticamente ma chiaramente tratteggiati nel suo testamento che, lungi dall’essere un asettico elenco di lasciti e volontà è il luogo di continue riflessioni sul futuro delle scienze documentali e dell’Europa. Del resto lui stesso affermerà, nel 1925, che «Le testament vrai d’un homme est un acte successif e continu»10.
La prima annotazione testamentaria è del 9 dicembre 191011 quando scrive che alla sua morte vuole essere possibilmente cremato con annuncio dato da familiari e amici dopo le esequie omettendo qualunque titolo o appellativo. L’ultima è del 18 gennaio 1942, due anni prima della morte, ed è la raccomandazione agli eredi di conservare l’unicità del suo archivio dotando tutti i documenti di un numero di corda progressivo12. Il 1910 è anche l’anno in cui a Bruxelles si tiene il primo congresso mondiale delle associazioni internazionali fortemente voluto da Otlet e La Fontaine.

Nell’ottobre del 1913 quando ancora le revisioni erano in numero moderato si renderà conto dell’atipicità del suo strumento testamentario e candidamente annoterà: «J’ai écrit quelques testaments. Ils n’ont qu’une valeur indicative leur object ayant disparu en grande partie (la fortune)»13. Subito dopo ipotizza di suddividere il suo archivio in quattro parti: papiers d’études destinati al Mundaneum14, papiers d’affaires destinati ai fratelli con i quali condivideva la gestione dell’impresa paterna, papiers personnels agli eredi e papiers intimes da sigillarsi in un contenitore anonimo da aprirsi dopo trent’anni dalla morte a beneficio di chi avrebbe voluto occuparsi della sua opera. Quando ancora non si intravedono le avvisaglie del primo conflitto mondiale il testo si chiude con un inno alla vita e alla positività del futuro: «La vie est belle. Il faut être optimiste. L’homme n’est rien comparé à ce qu’il peut être et sera un jour». Il testamento viene redatto poco prima di imbarcarsi per gli Stati Uniti, memore dell’affondamento del Titanic.

Nel maggio 1915, a guerra iniziata, i toni ancora ottimisti sono più cauti, e la partizione dell’archivio viene leggermente ritoccata destinando i papiers d’études al Mundaneum con la raccomandazione di effettuare uno scarto e rendere pubblici i documenti rimanenti, i papiers d’affaires sempre ai fratelli e i papiers personnels, che ora comprendono anche i papiers intimes, sigillati per una consultazione futura e costituenti un unico fondo d’archivio15. Un anno prima, nell’ottobre 1914, aveva pubblicato La fin de la guerre nel quale prefigurava la nascita della futura Società delle nazioni.
Nel dicembre 1917 incarica i suoi amici di continuare un’opera che sta cominciando a prendere corpo e vita: L’Institut international de bibliographie avec l’Union des association internationales, avec le Musée international, la Classification décimal, la Charte mondiale, le Code universel des principes, la Cité mondiale, le programme de reconstructions, specificando che i documenti relativi a questa attività devono costituire una masse unica e indivisibile unitamente a tutti i suoi manoscritti16. Il 13 gennaio del 1918 immagina anche una machine à penser che identifica come una evoluzione tecnica e intellettuale del libro alla cui realizzazione vanno devoluti eventuali utili economici sopravvenuti dopo la sua morte. È la futuristica evoluzione del Bibliophote o livre à projection progettato nel 1907 insieme a Robert Goldschmidt, precursore dell’utilizzo del microfilm per la diffusione dei testi a stampa.
Nella sezione Le livre et le document17 del Traité egli aveva chiaramente espresso la sua concettualità di archivio: «la collection des documents publics et privés constituée par les pièces reçues ou rédigées officiellement par une administration ou l’un de ses fonctionnaires et qui lui servent de preuve ou témoignage». Più avanti prova a tipizzare gli archivi in base alla tipologia di documentazione contenuta sottolineando come il termine archives in francese sia sinonimo di papiers mentre sarebbe – a suo dire – più corretto utilizzare archives per indicare i documenti storici e documentation administrative per i documenti correnti. Nell’incipit del Traité aveva già specificato che invece con il termine document si intendevano i libri nel senso più ampio del termine, in essi comprendendo anche manoscritti, materiale iconografico e fotografico, carte18. Non si sofferma minimamente sul problema dell’organizzazione degli archivi limitandosi a notare che «l’organisation des archives a fait l’objet de grands travaux». Negli anni a venire verrà poi realizzato il Système Dècasépel per la classificazione della documentazione corrente mediante la Classificazione decimale universale19 utilizzando un sistema a fiches che Otlet adopera però fin dall’inizio per gestire la sua documentazione personale.
Nel luglio del 1918, fortemente provato dalla scomparsa del figlio20 durante il conflitto, riafferma la sua speranza della continuazione della sua opera che affida nelle mani degli amici più cari e della moglie Cato21 concludendo che

 

Malgré les tristesses et les ténèbres de l’heure présent je pense qu’il faut croire que la vie a plus de bon, de grande et de noble que de bas, vil et mesquins et que l’humanité est susceptible de développement22.

Qualche mese prima aveva dato alle stampe

un article important en première page du journal La Société des Nations.  Il décrit sa théorie des droits des peuples, qu’il poursuit par la manière dont il imagine la Société des Nations. Cette fois il se montre radical face à la suppression de la guerre23.

 

Nel 1919 ritorna più dettagliatamente sulle sorti del suo archivio ribadendone l’unicità e la necessità di conservare «l’unité que je leur ai donnée»24 a eccezione dei documenti necessari agli eredi per difendere i loro interessi. Il fondo dovrà essere conservato al Mundaneum e tripartito in papiers intime che conteranno anche il suo diario e tutti i dossier classificati come PO, les études che contengono i dossier dei manoscritti e dei materiali delle sue opere, la documentation, documentazione miscellanea che – secondo Otlet – «può essere poco a poco integrata nelle varie collezioni dell’Istituto». In chiusura specifica: «Les détails sur le classement de mes papiers sont donnés dans les notes et inventaire de mes papiers: classeur sur fiches près de ma table de travail»25. Due anni dopo, nel 1921, nel pieno dei problemi della ricostruzione post bellica, comincerà a porsi il problema della continuazione della sua opera ipotizzando la costituzione di un trust, la Fondazione Paul Otlet, diretta da tre persone che si integrano per cooptazione e che pur non avendo alcun potere reale nella gestione vigilano affinché quanto realizzato non vada disperso e, in particolare, sulla conservazione dell’archivio.
Nel settembre 1923 Otlet si dilunga ancora diffusamente sui suoi documenti dei quali ribadisce la necessità di una conservazione unitaria mettendo l’accento su quanti sono stati necessari per la realizzazione del Palais mondial e della sua necessaria continuazione, ovvero la Cité internationale, che del primo rappresenta la sintesi intellettuale. L’unicità dell’archivio è la naturale conseguenza dell’unicità del pensiero che li ha prodotti in quanto l’organicità intellettuale deve necessariamente rispecchiarsi in una strutturazione documentale che va comunque realizzata anche ex post26.
Nel dicembre 1924 riaffermerà con chiarezza questo concetto dopo aver premesso «je suis et je reste un chercheur», attonito difronte all’immensità della conoscenza e consapevole della conciliabilità del sapere razionale con la religione proprio in ragione dei limiti della conoscenza umana.

Tous mes papiers constituent un fond unique, de partie d’une oeuvre aux proportions illimité à laquelle j’ai travaillé ma vie durant et dont le Palais Mondial était une expansion. Je désire qu’il soit maintenu comme une unité et confié aux Instituts que j’ai fondés27.

L’anno dopo, nell’aprile 1925, ritorna nuovamente su «mes papiers: mon oeuvre écrite» cominciando ad avvertire le prime difficoltà e il timore della dispersione del suo lavoro dopo la sua morte.

Je les laisse sous forme de manuscrits et de documentation accumulée. Ce n’est pas un ensemble informe. C’est un tout à laquelle a présidé une conception centrale: l’Universalisme, l’Internationalisme, l’Encyclopédie documentaire, le Mundaneum28.

Privato dei mezzi e dei collaboratori comincia ad avvertire le difficoltà della continuazione del lavoro del Repertorio universale ma specifica che, per quello che ha potuto, i suoi documenti hanno ricevuto un classement synthétique al Palais mondial perché tramite essi contava di realizzare un prototipo che sarà realizzato quando i tempi saranno maturi «après moi peut-être»29. Per questo motivo, ribadisce, i documenti devono continuare a formare «l’unité matérielle qui correspond à l’unité intellectuelle que je leur ai donné». Quelli che non sono in ordine andranno ordinati e inseriti nelle rispettive serie, conservati nei «meubles classeurs» chiusi a chiave30. L’organizzazione della conoscenza nei documenti esposti al Mundaneum era stata fatta secondo lo schema o gli schemi concettuali di Otlet, quello che alcuni autori chiamano ‘pensiero visuale’: cerchi, triangoli e linee contengono elementi simbolici, iconografici e geometrici con le indicazioni del contenuto concettuale: l’espace, les temps, le moi, l’inconnu ecc.
Nel novembre 1929 specifica nuovamente e più chiaramente la diversa sorte dei documenti del suo archivio personale (mes papiers) all’interno dei quali distingue le carte personali, gli studi e i manoscritti e della sua biblioteca (mes livres) destinati al Palais mondial dopo una cernita da parte della moglie e del nipote Jean31. Nell’agosto del 1931 la biblioteca viene interamente destinata a quest’ultimo «pour ses études»32.
Ci sarà poi quasi un decennio di silenzio. Per avere altre indicazioni sui documenti del suo archivio bisognerà aspettare il 1938 quando annota che dei suoi documenti ha redatto un inventario «sur fiches» e che ha registrato la metodologia utilizzata per il riordinamento33 ribadendo espressamente la volontà che venga mantenuto l’ordinamento che ha dato loro quand’anche imperfetto34. Nello stesso anno specifica che le sue carte non sono dei documenti ma bensì un Mundus Mundaneum, strumento per la conoscenza del mondo conservato per questa finalità trascendente nel Mundaneum. Essi rappresentano le «coeur du Mundaneum». Ravvisando i pericoli della guerra imminente qualche mese dopo ritorna con delle istruzioni pratiche sulla protezione delle carte che rappresentano il naturale prolungamento della sua vita:

Ces papiers seront mis en caisse métallique et conservés jusqu’au jour où ils pourront être transportés au Mundaneum pour y être placé dans une chambre spéciale y contenant le Laboratoire-Atelier qu’ils ont été de mon vivant35.

L’anno dopo, nel 1939, esplicita la consistenza e il valore dei suoi papiers che contengono la documentazione utilizzata per la redazione delle sue opere e necessaria per gli aggiornamenti e che rappresentano la testimonianza tangibile del Pensée du Mundaneum e un esempio di applicazione del méthode Mundaneum per la risoluzione dei problemi. Evidenziano l’unità della vita concretizzata nell’unità documentale vista come una sequenza ininterrotta di documenti. Più di ogni altra cosa sono il memoriale e il vero lascito intellettuale di Paul Otlet36.
L’imminente scoppio del secondo conflitto mondiale che rappresenta anche il fallimento del sogno pacifista della Società delle nazioni spinge Otlet ad accelerare il progetto della costituzione di una fondazione, l’Otletaneum, che avrebbe dovuto avere il compito di conservare i suoi libri e i suoi documenti e farsi carico della continuazione del Mundaneum37.

Nel marzo del 1941 c’è tutta la disperazione per l’invasione tedesca e la distruzione di quanto aveva creato: «Adieu à la vie, adieu à ma cher Cato, adieu à l’œuvre inlassablement entreprise»38. Il 10 maggio del 1940 la Germania aveva invaso il Belgio e Otlet era riparato a Honfleur in Francia dopo aver vanamente cercato di spostare negli Stati Uniti le collezioni e i documenti del Mundaneum39. L’ultima annotazione, come ricordavamo in apertura, è del gennaio 1942:

Quand je ne serais plus mon instrument documentaire (mes papiers) devraient être tenus comme un tout et manifester de leur corrélation, être arrêtes, fixés par un numérotage en ordre suivi, consécutif de toutes les fiches (comme les pages d’un livre)40.

In quello stesso anno il Palais mondial riprende una qualche attività con il trasferimento di parte della documentazione al vecchio istituto Solvay. Poi il 28 maggio 1943 muore Henry La Fontaine, l’amico di una vita, premio Nobel per la pace e Otlet tiene l’elogio funebre. Nel 1944 pubblica la sua ultima opera, Atlas Bruxelles, manoscritta e diffusa in pochissimi esemplari fino a quando, il 4 settembre, la città è liberata e Otlet riprende simbolicamente possesso del Mundaneum in gran parte devastato. Muore dopo pochi mesi, il 10 dicembre del 1944, e viene sepolto nel cimitero di Etterbeek con rito civile. La sua tomba è sormontata da una sfera che simbolicamente rappresenta il Mundaneum e la città mondiale. Nonostante il suo desiderio di anonimato le condoglianze arrivarono da tutto il mondo. Per eseguire le sue volontà testamentarie Georges Lorphèvre e André Colet creano l’associazione Otletaneum – Fondation Otlet – Van Nederhasselt per la tutela e valorizzazione del patrimonio librario e documentale dello scomparso.


Note

1 Paul Otlet (1868-1944), figlio dell’industriale belga delle ferrovie Edouard, insieme ad Henry La Fontaine nel 1893 trasforma il servizio bibliografico della Società di studi sociali e politici in Ufficio internazionale di bibliografia sociologica. Nel 1895 fonda L’Istituto internazionale di bibliografia che gestisce il Repertorio bibliografico universale. Cfr. Paul Otlet, Fondateur du Mundaneum (1868 -1944): architecte du savoir, artisan de paix, «Bulletin des bibliothèques de France», n. 6, (2010), p. 93-94.
2 Charles van den Heuvel [et al.], Paul Otlet et les versions historiques de la genése du world wide web, du web sémantique et du web 2.0. In: Paul Otlet, fondateur du Mundaneum. Mons: Les impressions nouvelles, 2010.
3 La codification est la forme ultime de la documentation qui s’attache aux ensembles. Le jour où tout le savoir sera codifié l’esprit sera en possession d’une strument incomparable venant en aide à toutes ses opérations intellectuelles (Traité, p. 411). I documenti personali di Paul Otlet e, in particolare quelli contenenti le volontà testamentarie e le istruzioni per la gestione della sua documentazione sono in parte disordinati.
4 Per la città mondiale si vedano: Armand Mattelart, Histoire de l’utopie planétaire: de la cité prophetique à la société globale. Paris: Editions la Dècouverte & Syros, 2000; Antonietta Folino, Otlet - Le Corbusier: lettere sulla costruzione della Cité Mondiale (1927-1934). Roma: Aracne, 2016; Roberto Guarasci, La città ideale in Italia: la corrispondenza tra Hendrik C. Andersen e Benito Mussolini. In: Internet di carta: studi su Paul Otlet, a cura di Antonietta Folino, Assunta Caruso, Elena Ranfa. Roma: Aracne, 2017, p. 117-125.
5 Il testamento di Paul Otlet comincia a essere redatto il 9 dicembre 1910 e viene più volte emendato con 67 postille e aggiunte fino al 18 gennaio 1942. Archives du Mundaneum, Papiers personnels Paul Otlet, Dossier “testaments aux diverses dates”, PO 035, n. 66 (d’ora in poi AdM, PO).
6 Paul Otlet, Monde: essai d’universalisme: connaissance du monde, sentiment du monde, action organisée et plan du monde. Bruxelles: Editiones Mundaneum, 1935, p. 391.
7 «It is hard not to see these works of 1934 and 1935 as a kind of reductio ad absurdum of Otlet’s thought. The equation in which the world received its ultimate “codification” was a meaningless descriptive device. On the basis of the text of Monde (the equation is introduced at the beginning and repeated at the end as though having been demonstrated) Otlet discussed “world sociological prediction” and presented a formula of “fundamental sociological elements”. This was contained in an appendix. Other appendices set out his idea of the necessity for a World Plan (again with formula), a World Constitution, a description of the Mundaneum and the World City», W. Boyd Rayward, The universe of information. Moscow: FID 520, 1975, p. 352.
8 014 La Divinité (Deus): au centre inscrit dans une sphère le triangle allégorique: Dieu, grand architecte du monde, commandeur de la morale; père universel, les lettres symboliques D.O.M. (Deo optimo Maximo). Tout autour les symboles des grandes religions: I christianisme, la foi, la croix, I.H.S.; l’espérance, l’ancre du salut; la charité, le cœur; II le judaïsme (le nom de Jéhovah); III l’islamisme (croissant); IV le bouddhisme (la croix gammée); V le shintoïsme (la porte); le tétragramme, l’étoile. Archives du Mundaneum, Atlas monde, doc. N. VMT 7100.
9 Molte raffigurazioni simboliche e iconografiche erano già presenti nelle raffigurazioni create da Otlet per le sale del Mundaneum: «Dans ces schémas, il mêle les éléments symboliques, iconographiques et géométriques de notes textuelles rédigées dans un langage métaphorique difficile à comprendre par le profane. Certaines figures – telles que la sphère, le pyramide et le réseau – reviennent si souvent dans ses dessins qu’elles deviennent ce que j’appellerais des “métaphores mortes” : des métaphores tellement investies de significations multiples et d’associations personnelles qu’elles ne révèlent plus le concept initial qu’elles représentent». Wouter Van Acker, L’inventaire infini, l’atlas universel. Mons: Mundaneum, 2019, p.10.
10 AdM, PO, n. 50.
11 AdM, PO, n. 1.
12 AdM, PO, n. 67.
13 AdM, PO, n. 17.
14 Nel 1920 a Bruxelles in un’ala del Palazzo del Cinquantenario Otlet inaugura una esposizione dedicata al sapere, alla conoscenza e alla fratellanza universale che tenta di far conoscere le diverse civiltà del mondo attraverso degli ambienti espositivi integrati e organizzati. Prenderà il nome di Palais mondial o Mundaneum.
15 AdM, PO, n. 34.
16 AdM, PO, n. 36.
17 Paul Otlet, Traité de documentation. Bruxelles: Mundaneum, 1934, 242.4 Archives.
18 Ivi, 111 Notion.
19 A. Bucqué, Le Système Décasépel: manuel pour l’organisation... d’une documentation courante et rétrospective, conçu d’aprè la Classification décimale universelle comme système de fiches à l’usage des administrations publiques. Gand: Sepeli, 1949.
20 Il figlio minore di Paul Otlet, Jean, muore sul fronte dell’Yser nel 1914.
21 Cato van Nederhasselt, olandese, è stata la seconda moglie di Paul Otlet.
22 AdM, PO, n. 18.
23 Françoise Levie, L’homme qui voulait classer le monde - Paul Otlet et le Mundaneum. Mons: Les impressions nouvelles, 2006, p. 66.
24 AdM, PO, n. 42.
25 Ibidem.
26 AdM, PO, n. 45.
27 AdM, PO, n. 20.
28 AdM, PO, n. 51.
29 Ibidem.
30 Ibidem.
31 AdM, PO, n. 22.
32 AdM, PO n. 24.
33 AdM, PO, n. 53. Jean Otlet era il figlio di Marcel Otlet, primogenito di Paul.
34 AdM, PO, n 54.
35 AdM, PO, n. 56.
36 AdM, PO, n. 58.
37 AdM, PO, n. 63.
38 AdM, PO, n. 60.
39 Otlet non si limita a scrivere al presidente Roosvelt ma scrive anche al maresciallo Pétain a Stalin, a Mussolini, a Churchill e a Hitler nel tentativo di salvare la memoria del Mundaneum: «Quand Otlet s’exprime au nom du Mundaneum ou de la Cité Mondiale, il le fait à l’échelle cosmique. Il parvient alors à s’extraire complètement de son identité humaine», F. Levie, L’homme qui voulait classer le monde cit., p. 16. Una parte della documentazione del Mundaneum si trova oggi presso l’Istituto Hoover dell’università di Stanford probabilmente proveniente da quella sottratta dai Tedeschi durante l’occupazione: «Quand Otlet reviendra au Palais Mondial accompagné d’une huissiére la bibliothèque et ses 200.000 volumes auront disparu. De plus, soixante tonnes constituées des collections de revue seront détruites par les Allemandes», ivi, p. 35.
40 AdM, PO, n. 67.