Andrea Capaccioni ed Elena Ranfa
Giovanni Solimine, nel volume Controllo bibliografico universale e in particolare nel capitolo dedicato Alle origini del programma UBC, ha ricordato che «alle origini della moderna concezione di controllo bibliografico universale troviamo una delle più antiche aspirazioni dell'umanità: quella di governare l'universo delle conoscenze»1. Il controllo bibliografico come oggi lo concepiamo può infatti essere inteso come la risposta a un'esigenza che si era manifestata nel mondo intellettuale tra Quattro e Cinquecento ma che era nota fin dall'età dei manoscritti2. È tuttavia possibile individuare nella seconda metà del XIX secolo il momento in cui si impone come necessaria una più sistematica raccolta di dati bibliografici e una maggiore collaborazione internazionale tra coloro (istituzioni, studiosi, editori, librai e bibliotecari) che si occupavano della gestione delle informazioni relative alla crescente produzione editoriale, in particolare nel settore scientifico. In questa fase assume un particolare interesse l'incontro tra Paul Otlet (1868-1944) e Henri La Fontaine (1854-1943). Otlet, abbandonati gli studi presso l'Università di Lovanio, si era trasferito a Parigi avvicinandosi al positivismo di Auguste Comte, ma anche di Herbert Spencer e Alfred Fouilée, che esaltava la fiducia nella scienza in quanto motore di una rinnovata organizzazione sociale e culturale3. In un clima animato dalla ricerca di un metodo scientifico rigoroso e dall'idea di universalità, Otlet cominciò a interessarsi alla bibliografia intesa come modo di porre in relazione chi produce la conoscenza, chi la utilizza e chi la diffonde4. Ed è anche grazie al comune interesse per la bibliografia che avvenne l'incontro, tra il 1892 e il 1893, con Henri La Fontaine, uno dei promotori della Société des études sociales et politiques di Bruxelles di cui era responsabile della sezione di bibliografia. Nel 1893 questa sezione si trasformerà in Institut international de bibliographie sociologique e successivamente, durante la prima Conférence international de bibliographie (1895), in Institut international de bibliographie (IIB). I due avvocati ebbero l'opportunità di approfondire l'interesse per la bibliografia con la stesura delle Pandette belghe, una raccolta di leggi e norme arricchita da commenti di esperti. Contemporaneamente Otlet, insieme a un gruppo di colleghi, aveva iniziato a lavorare al Sommaire périodique des revues de droit. Queste prime esperienze porteranno alla pubblicazione nel 1895 della Bibliographia sociologica5. In quest'opera per la prima volta i due studiosi utilizzarono la classificazione decimale ideata da Melvil Dewey (1851-1931) qualche anno prima. In essa avevano trovato una risposta alle imprecisioni e incongruenze delle classificazioni utilizzate in precedenza:
Le principe de cette classification est d'une simplicité géniale. Toutes le connaissances humaines sont divisées en dix classes, auxquelles correspond l'un des dix chiffres 0, 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9. Chaque classe est subdivisée en dix groupes représentés chacun aussi par un chiffre, chaque groupe est à son tour l'objet d'une nouvelle division en dix, exprimée de la même manière et ainsi de suite 6.
La classificazione di Dewey fu indicata, almeno in una prima fase7, come lo strumento da privilegiare per raggiungere l'obiettivo del controllo bibliografico universale:
La Classification décimale constitue un véritable langage scientifique internationale, une symbolique complète de la science susceptible, peut-être, d'apporter un jour aux travailleurs intellectuels un secours analogue à celui qu'ils recevaient du latin au moyen-âge et pendant la période moderne8.
L'attenzione verso questi temi e l'intento di discutere gli aspetti teorici e metodologici di una nuova organizzazione bibliografica spinsero Otlet e La Fontaine a organizzare nel settembre del 1895 la già citata prima Conférence internationale de bibliographie.
Nel corso di questa prima conferenza fu avanzata la proposta di un Répertoire bibliographique universel. Gli studiosi invitati all'evento portarono, a titolo personale o in rappresentanza di istituti e organizzazioni, un contributo alla realizzazione del repertorio e all'individuazione dei principi di base. Otlet e La Fontaine ne individuarono otto ritenuti fondamentali. Nel primo viene specificato che il repertorio «doit être complet»9, deve poter contenere tutte le bibliografie del passato e avere una struttura tale da comprendere quelle future10. Il secondo principio si sofferma sul tipo di ordinamento da prediligere: per nome o per tema; il successivo evidenzia l'importanza di pubblicare un congruo numero copie del repertorio così da consentire a ogni istituzione culturale di possederlo. Il quarto principio è dedicato alla cura che si deve prestare nella compilazione della bibliografia (correttezza, concisione ecc.). Il quinto e il sesto principio contengono indicazioni su come rendere disponibile in tempi rapidi il repertorio e i riferimenti a biblioteche, istituti e centri di ricerca nei quali reperire le risorse segnalate. Infine, viene formulato l'auspicio che il repertorio possa diventare la base per una statistique intellectuelle e che possa «être utilisé éventuellement pour assurer aux auteurs une meilleure protection légale de leurs ouvres intellectuelles»11.
La prima conferenza contribuì allo sviluppo del repertorio bibliografico universale. Nel 1897 Otlet scrisse, durante la seconda Conférence international de bibliographie, che nel Répertoire erano state inserite un milione e mezzo di schede e nel 1934 nel Traité de documentation, considerato il suo testamento filosofico e intellettuale, che si era raggiunto il numero di quindici milioni di registrazioni grazie alle quali era stato possibile pubblicare 142 repertori e mezzo milione di rassegne bibliografiche12. In realtà, negli anni precedenti erano state mosse critiche al progetto e si erano registrati i primi segnali di crisi. Nonostante l'impegno dei due creatori e dell'IIB, i costi elevati e le difficoltà nella gestione dei record bibliografici portarono alla chiusura dell'iniziativa. Luigi Balsamo ha scritto che il Répertoire può essere considerato come «uno degli ultimi tentativi falliti, in tempi recenti, dell'utopico disegno di raccogliere e controllare, in dimensione mondiale, l'informazione bibliografica insieme retrospettiva e corrente»13.
Già qualche anno prima della proposta avanzata da Otlet e La Fontaine erano apparsi dei repertori che rispondevano, anche se parzialmente, ai nuovi bisogni informativi espressi dalla società del tempo. Questo aspetto va messo in evidenza in quanto aiuta a comprendere che il progetto dei due studiosi belgi non è stato il frutto di un'intuizione isolata. La proposta contenuta in Création d'un répertoire bibliographique universel va letta dunque come uno dei tentativi, senza dubbio originale, di contribuire a organizzare l'informazione bibliografica internazionale in modo più efficiente14. Prendere atto delle diverse proposte che precedono o affiancano quella di Otlet e La Fontaine ci aiuta inoltre a delineare un quadro più chiaro dell'evoluzione della bibliografia enumerativa e, più in generale, della comunicazione scientifica dell'Ottocento e dei primi decenni del secolo successivo15. Va fatto notare che furono gli stessi Otlet e La Fontaine a riconoscere l'importanza del lavoro svolto dai bibliotecari, dagli esperti e dalle istituzioni nell'ambito della cooperazione bibliografica. I due studiosi, con onestà e ammirazione, avevano citato in più occasioni le diverse iniziative passate e correnti e si erano mostrati interessati in particolare a quanto stava succedendo negli Stati Uniti: «cependant l'effort bibliographique le plus considérable est fait au XIX siècle par les Américains»16. Di questo paese, definito «neuf et sans histoire», li colpiva il tipo di collaborazione che si era instaurata tra bibliotecari e librai e che aveva reso possibile la pubblicazione di «oeuvres admirabiles» come quelle di William Frederick Poole (1821-1894) nell'ambito dell'indicizzazione delle riviste scientifiche, di Charles Ammi Cutter (1837-1903) nella catalogazione e di Melville Dewey nell'elaborazione di un innovativo sistema di classificazione bibliografica. Anche alla Royal Society di Londra è riconosciuto un forte impegno nel promuovere iniziative in campo bibliografico. Tra le più note c'è la pubblicazione del Catalogue of scientific papers (1867-1925), una bibliografia scientifica corrente di carattere internazionale, pubblicata con cadenza periodica, il cui scopo era quello di segnalare articoli pubblicati su periodici scientifici di tutto il mondo a partire dall'anno 180017. Il bollettino dell'Institut international de bibliographie di Bruxelles nel menzionare il progetto della Royal Society dava notizia anche di incontri avvenuti tra i membri dello stesso istituto e alcuni componenti del comitato scientifico del Catalogue18. Negli anni in cui i due studiosi belgi si preparavano a varare il loro progetto prendevano il via altre iniziative, in alcuni casi molto simili. Tra queste citiamo il Concilium Bibliographicum, un'impresa commerciale fondata a Zurigo nel 1895 dallo statunitense Herbert Haviland Field (1868-1921) il cui intento era quello di fornire (a pagamento) una copertura bibliografica aggiornata in campo zoologico19. Field era entrato in contatto con Otlet e La Fontaine e i tre avevano avuto scambi di idee (non sempre collimanti) e collaborazioni20. A Parigi nel 1893 aveva iniziato a operare l'Institut de bibliographie di Marcel Baudouin (1860-1941), un imprenditore con una formazione scientifica che aveva deciso di avviare un servizio commerciale di informazioni bibliografiche in campo medico-biologico. L'istituto proponeva un aggiornamento bibliografico denominato Répertoire bibliographique universel (1894), lo stesso nome utilizzato l'anno successivo da Otlet e La Fontaine. Baudouin era stato chiamato da Otlet e La Fontaine a far parte della sezione francese dell'IIB. L'esistenza di due servizi con lo stesso nome non sembra aver creato dei problemi, probabilmente perché le iniziative pur avendo obiettivi simili presentavano caratteristiche diverse21.
Louise-Noëlle Malclès, considerata non solo in Francia un punto di riferimento per gli studi sulla bibliografia, fin dagli anni Cinquanta del secolo scorso aveva indicato Otlet e La Fontaine come gli ispiratori della moderna idea di repertorio bibliografico universale22. La studiosa non cita un'opera in particolare dei due belgi, ma preferisce rinviare più in generale alle iniziative in questo ambito intraprese dall'IIB. Anche la sua ricostruzione intende ricondurre il tentativo di Otlet e La Fontaine all'interno di un'esigenza sempre espressa dai bibliografi: realizzare una «bibliographie générale internationale». Il precedente più prossimo, anche se profondamente differente, alla proposta del Répertoire viene individuato nelle bibliografie realizzate da alcuni librai-bibliofili del XIX secolo. In particolare, la studiosa cita il lavoro e il metodo di raccolta delle informazioni bibliografiche del libraio parigino Charles-Jacques Brunet (1780-1867). Cogliere una continuità tra la proposta dei due studiosi belgi e quelle avanzate da altri non ne sminuisce la portata, anzi permette di dissolvere quell'aura di visionarietà che aleggia intorno a essa e spesso ne impedisce una corretta lettura. A questo punto pensiamo possa essere utile segnalare che nella Création d'un répertoire bibliographique universel, e in particolare nelle pagine in cui viene proposta una breve ricostruzione dei precedenti tentativi fatti «pour amener une meilleure organisation du monde des livre»23, non si trova nessun riferimento né a Brunet né alla tradizione dei librai bibliofili.
Negli anni successivi l'interpretazione delle origini della Malclès è stata in parte ripresa da altri studiosi, soprattutto di area francese. Marcelle Beaudiquez nella Guide de bibliographie générale ha definito Otlet e La Fontaine due paladini di quella «bibliographie mondiale centralisée» che da tempo proponeva un controllo bibliografico internazionale a seguito della "prodigiosa" crescita della produzione editoriale24. Secondo la Beaudiquez i due principali problemi che avevano portato al fallimento il progetto belga, ripreso poi sotto altro nome e con nuove caratteristiche negli anni Cinquanta del Novecento dall'Unesco e dall'International Federation of Library Associations and Institutions (IFLA), si dovevano imputare ad alcune gravi difficoltà organizzative, per esempio la gestione di milioni di schede, e al problema della «normalisation catalographique», ovvero alla mancata condivisione degli standard di catalogazione. In tempi più recenti è intervenuta anche Sylvie Fayet-Scribe in un saggio sulla nascita e gli sviluppi della documentazione in Francia25. La studiosa è convinta che la bibliografia possegga una vocazione universale («l'espace de la bibliographie, ou catalogue de bibliothèque, se veut international») ben espressa da tre bibliografi: lo svizzero Conrad Gesner (XVI secolo) con il suo tentativo di mettere in ordine il sapere del tempo con la Bibliotheca universalis (1545); il francese Gabriel Peignot (1767-1849) all'inizio del XIX secolo anche lui con il Répertoire bibliographique universel (1810); e infine Brunet con la proposta di bibliografia generale internazionale. Secondo la Fayet-Scribe, la principale novità del repertorio di Otlet e La Fontaine consiste nel proporsi come un'impresa collettiva.
Gli studiosi di area anglosassone appaiono meno interessati al dibattito sulle origini del controllo bibliografico universale. Sembra prevalere invece l'attenzione per le sue fasi più recenti, a partire dalla seconda metà del secolo scorso, o per un approfondimento che potremmo definire teorico. Limitandoci a qualche esempio, possiamo citare The intellectual foundation of information organization di Elaine Svenonius. In quest'opera la studiosa americana propone di attribuire a Charles C. Jewett (1816-1868) una delle prime formulazioni del concetto di repertorio bibliografico universale. Il bibliotecario dello Smithsonian Institute di Washington aveva immaginato nel 1853 la realizzazione di un catalogo universale il cui scopo consisteva nel promuovere «la crescita e la diffusione del sapere fra gli uomini», in accordo con le finalità perseguite dall'istituto presso il quale lavorava26. Va ricordata anche Dorothy Anderson. Nella voce Universal bibliographic control da lei curata per l'Encyclopedia of library and information science (1984) non troveremo una ricostruzione storica, ma solo una breve considerazione sul fatto che il controllo bibliografico universale è un sogno, o un'utopia, coltivato dai bibliografi di tutti i tempi27. Nella voce si fa poi riferimento al ruolo svolto dall'Unesco, fin dalla sua istituzione avvenuta nel 1946, nella ricerca di una «centralized solution» per il controllo bibliografico e poi all'impegno dell'IFLA nei decenni successivi. Solo un cenno al saggio di Patrick Wilson Two kinds of power, uno dei contributi fondamentali dedicati al controllo bibliografico, per segnalare che invano si cercheranno riferimenti all'UBC28.
Ultima consultazione siti web: 20 ottobre 2021.
Il contributo è il frutto della riflessione comune dei due autori. A Elena Ranfa si devono i primi due paragrafi, gli ultimi due ad Andrea Capaccioni.