I libri di Cosimo: Italo Calvino alla Biblioteca nazionale centrale di Roma

Andrea De Pasquale

Alla morte di Ester Judith (Chichita) Singer, vedova di Italo Calvino, attenta custode per tanti anni dei libri e delle carte del marito, avvenuta nel 2018, il destino della memoria documentaria dello scrittore non era per nulla scontato. Nonostante fosse stata attuata la dichiarazione di notevole interesse culturale che ne garantiva la permanenza in Italia, la soluzione per trovare a tale eccezionale patrimonio una destinazione finale non era affatto semplice, anzi particolarmente complicata dalle forse non del tutto ingiustificate diffidenze verso le nostre istituzioni culturali della figlia Giovanna, residente in America, che si recava solo saltuariamente in Italia. Non erano neppure giunti a buon fine i tentativi di trasformare la casa descritta in Palomar in museo e per vari mesi non ci furono evoluzioni, ma solo lunghi silenzi. Fu merito di Giovanni Solimine, che osservava e apprezzava la politica da me attuata per la Biblioteca nazionale centrale di Roma per farla diventare centro indiscusso di conservazione delle memorie della letteratura italiana del XX secolo, indirizzare Giovanna, conosciuta al momento della costituzione del Laboratorio Calvino presso l’Università La Sapienza, a guardare alla Biblioteca nazionale come luogo ideale per dare degna sistemazione a una così importante eredità. Fu lui che, con la sua solita aria sorniona ma di grande autorevolezza, accompagnò Giovanna per la prima volta in Biblioteca, e fu lui che successivamente contribuì, insieme a me, all’opera di lento e instancabile convincimento che portò alla scelta definitiva. Insieme abbiamo sperato, condiviso strategie, gioito. Mi ricordo quando mi riferiva delle incertezze di Giovanna Calvino, che aveva visitato varie biblioteche italiane alla ricerca di quella più adatta a ospitare questo pregevole corpus documentario, senza che nessuna la convincesse pienamente; intuivo come anche in questo caso Solimine stesse dando, con discrezione, un fattivo contributo al bene delle biblioteche e della cultura italiana, che credo sia giusto far conoscere per rendergli il merito dovuto, ringraziandolo per avermi dato l’occasione di coronare i miei straordinari anni di direzione della Biblioteca nazionale centrale di Roma consegnando alla fruizione pubblica la più importante biblioteca d’autore del XX secolo e cristallizzare, con l’acquisizione in comodato della biblioteca e dell’archivio di Calvino, il ruolo dell’istituzione come tempio imperituro della letteratura contemporanea.
Riproduco qui di seguito il discorso da me pronunziato, alla presenza del ministro della Cultura Dario Franceschini, il giorno dell’inaugurazione della Sala Calvino, era il 28 luglio 2021.
Per tutti noi oggi è un giorno di grande gioia e commozione perché consegniamo alla fruizione pubblica la biblioteca e l’archivio di Italo Calvino, grazie alla generosità della figlia Giovanna che è qui tra noi e che ha scelto la Biblioteca nazionale, oramai diventata la biblioteca del terzo millennio, la sede per custodire le memorie di suo padre.

Per tenere i libri, Cosimo costruì a più riprese delle specie di biblioteche pensili, riparate alla meglio dalla pioggia e dai roditori, ma cambiava loro continuamente di posto, secondo gli studi e i gusti del momento, perché egli considerava i libri un po’ come degli uccelli e non voleva vederli fermi o ingabbiati, se no diceva che intristivano1.

Nel 1980, a seguito del trasferimento da Parigi a Roma, avvenuto a settembre, dopo aver ceduto un anno prima la biblioteca di famiglia di villa Meridiana al Comune di Sanremo, in ricordo dei genitori, Calvino è costretto a radunare i suoi libri nella nuova casa di Palomar a Campo Marzio. Avvia così un processo di risistemazione, selezione e classificazione delle sue opere. Alcuni libri rimangono a Torino, altri si trovano a Roccamare, alcuni altri, e forse non pochi, si disperdono nei traslochi, altri ancora vengono volutamente abbandonati. Si genera così una nuova raccolta, collocata in semplici scaffali bianchi, che diventa per Calvino la rappresentazione della sua nuova visione del mondo, la cristallizzazione del suo stato delle conoscenze, il suo ideale modello etico. Le sezioni classificatorie, impercettibili e spesso mutanti, rappresentano con le presenze bibliografiche, le insistenze e le assenze, la summa della biblioteca ideale calviniana.
Si trattava di un grande sforzo concettuale nuovo e difficile. In un Eremita a Parigi così diceva: «Eppure, una biblioteca mia non riesco mai a tenerla assieme: i libri li ho sempre un po’ qua un po’ là; quando ho bisogno di consultare un libro a Parigi è sempre un libro che ho in Italia, quando in Italia devo consultare un libro è sempre un libro che ho a Parigi»2.
Ma, come dice ne La giornata d’uno scrutatore, «la sua biblioteca era ristretta. Col passar degli anni, s’accorgeva che era meglio concentrarsi su pochi libri. In gioventù era stato di letture disordinate, mai sazio. Ora la maturità lo portava a riflettere e ad evitare il superfluo»3.
Della biblioteca e delle carte di Calvino, rimaste a Campo Marzio dopo la sua morte e curate come un sacrario dalla amata Chichita, molto si favoleggiava: accessibile a pochi, la biblioteca/archivio era diventata un luogo magico e favoloso di cui si ignorava l’esatta consistenza e composizione.
La Biblioteca nazionale, da alcuni anni impegnata nel recupero della memoria della letteratura italiana del Novecento, guardava da tempo a tale raccolta che sicuramente doveva essere ritenuta la più importante biblioteca d’autore del XX secolo, vista la grandezza e la fama del suo proprietario.
Pochi mesi dopo la scomparsa di Chichita avvenuta a giugno 2018, Giovanni Solimine, caro amico e maestro, mi faceva sapere, chiedendo di mantenerne il riserbo, che Giovanna stava pensando a una collocazione della raccolta presso un’istituzione pubblica. Molte erano le ipotesi e difficile era la scelta, vi erano già stati diversi sopralluoghi presso vari archivi e biblioteche in svariate città, ma nulla soddisfaceva.
Così un giorno di ormai due anni e mezzo fa, il 19 ottobre 2018, Giovanna, accompagnata dall’avvocato Francesca Infascelli, e da Solimine e Laura Di Nicola, faceva visita alla Biblioteca nazionale. Lì poté vedere Spazi900, il nostro museo della letteratura, unico in Italia, e la Sala Falqui e soprattutto la sistemazione della biblioteca di Tullio De Mauro, recentemente acquisita. Proponevamo la nostra idea di ricomporre intatta la biblioteca, come si stava provando a fare per altri autori, quali Morante, e crearle intorno un grande centro di studi.
Per tanti mesi non si ebbero più notizie, sapevamo che si era ancora alla ricerca di un luogo. Finalmente nella primavera del 2020 giungeva, inaspettata, una comunicazione con la quale Giovanna, che mai smetteremo di ringraziare, aveva individuato nella Biblioteca nazionale la sede della straordinaria e mirabile raccolta.
La gioia nostra e mia in particolare fu immensa. Calvino caratterizzava da sempre la mia storia personale: come lui matuziano (così si chiamano gli abitanti di Sanremo) e con parentele comuni, lo stesso mare, gli stessi luoghi d’infanzia, studente allo stesso suo mitico liceo Cassini, gli studi a Torino, Calvino era stato argomento di uno dei miei primi articoli in una rivista curata dal gruppo studentesco dei Baroni rampanti, e poi le passeggiate a Terralba e a San Giovanni, con tra le mani i suoi racconti.
Avere ora la possibilità di poter consegnare alla fruizione pubblica la biblioteca dell’autore più letta era per me quindi la chiusura di un cerchio e un omaggio alla mia e sua città Sanremo.
Si avviarono così, con entusiasmo e massimo impegno, le interlocuzioni con gli avvocati di Giovanna al fine di definire un atto di comodato e finalmente i sopralluoghi a Campo Marzio, nella casa delle terrazze da cui si vedeva la «baraonda di tetti»4: devo ringraziare per la gentilezza e disponibilità l’avvocato Virginia Ripa di Meana, ma permettetemi di ricordare in particolare l’avvocato Luca Scordino con il quale ho avuto anche momenti di discussione, ma che mi ha colpito per una sua frase che mi ha fatto riflettere: «sarei felice che i miei figli potessero leggere Calvino in Nazionale e di aver contribuito alla cosa».
Vi tralascio le difficoltà, i momenti in cui sembrava che le cose dovessero ricominciare da capo, le telefonate, i contatti con Giovanna, le questioni con la Soprintendenza e l’impegno concreto e risolutore del direttore generale Anna Maria Buzzi, i grandi lavori in Nazionale per predisporre i locali, cosa non semplice perché fu necessario riallestire le collezioni di Sala Falqui e fare varie modifiche strutturali, sempre tutto in fretta.
Finalmente, dopo aver definito le clausole del comodato, le commosse comunicazioni in merito al Segretario generale e alla Direzione generale biblioteche, sotto un sole giaguaro di giugno, esattamente un anno fa, iniziavano le operazioni del trasloco: da una parte le riprese fotografiche della libreria, scaffale per scaffale, in modo da ricomporla esattamente, dall’altra le attività di imballaggio conservativo e di smontaggio degli arredi.
Le fasi del trasloco le avete viste nel video e anche i volti delle tante persone che hanno contribuito alla gloriosa impresa.
Ogni giorno era una scoperta: la casa era una sorta di «giardino incantato»5 che si stava destratificando con «lo sguardo dell’archeologo»6, affrontato e percorso da me, come un novello Giovannino, con una Serenella – Eleonora Cardinale, dopo pochi giorni infortunata, ma sempre presente. Si operava con timore reverenziale quasi come in un sogno in cui tutto sembrava irreale: «Ogni cosa in quel giardino era così: bella e impossibile a gustarsi, con quel disagio dentro e quella paura, che fosse solo per una distrazione del destino, e che presto sarebbero chiamati a darne conto»7, «come se sentisse che quel libro, quella sedia a sdraio, quelle farfalle incorniciate ai muri … erano concessi a lui solo per un enorme sbaglio»8.
In Nazionale tutto trovò la sua collocazione e la sua armonia, sembrava quasi fatto apposta, le dimensioni dei luoghi, il giardino prospiciente che oggi è diventato il giardino ligure grazie ai nostri cari amici dell’Associazione Roda, la presenza nei dintorni della memoria dei grandi autori con cui ebbe rapporti, in particolare Elsa Morante quando Calvino lavorava per Einaudi.
L’aspetto che ha ora la sala lo vedrete tra poco: non solo una rappresentazione iconica dei luoghi, con le scrivanie di Parigi e di Roma, la grande libreria, i divani e gli oggetti, ma un luogo vivo intorno al quale si è iniziato a costruire un progetto culturale, grazie anche alla partecipazione di un gruppo scientifico composto da Luca Baranelli, Mario Barenghi, Bruno Falcetto e Martin McLaughlin e dal Laboratorio Calvino di Sapienza di Laura Di Nicola, dove già si sono riportati i libri giacenti a Torino presso Einaudi (e a tal proposito ringrazio Walter Barberis) e la raccolta di traduzioni in tutte le lingue cedute da Chichita alla Sapienza. Altre collaborazioni sono iniziate, in particolare con l’Istituto italiano di cultura di Parigi, diretto ora da Diego Marani, dove si conserva parte della biblioteca parigina di Calvino.
Si avvera così il desiderio di Cosimo, che i libri e le carte non resteranno fermi e ingabbiati, ma saranno destinati – qui in Biblioteca nazionale centrale – ancora una volta e per sempre a volare per trovare, come diceva in una conferenza di Buenos Aires nel 1984, «la verità [che] si trova solo inseguendola dalle pagine d’un volume a quelle d’un altro volume, come una farfalla dalle ali variegate che si nutre di linguaggi diversi, di confronti, di contraddizioni»9.


Note

1 Italo Calvino, Il barone rampante. Torino: Einaudi, 1957, p. 137.
2 Italo Calvino, Eremita a Parigi. In: Id.Romanzi e racconti, a cura di Mario Barenghi, Bruno Falcetto. Milano: Mondadori, 1994, vol. III, p. 106-107.
3 Italo Calvino, La giornata d’uno scrutatore. In: Id., Romanzi e racconti cit., vol. II, p. 48.
4 Italo Calvino, Palomar. In: Id., Romanzi e racconti cit., vol. II, p. 919.
5 Italo Calvino, Il giardino incantato. In: Id., Ultimo viene il corvo. Torino: Einaudi, 1969, p. 31-36.
6 Italo Calvino, Lo sguardo dell’archeologo. In: Id., Una pietra sopra: discorsi di letteratura e società. Torino: Einaudi, 1980, p. 263-266.
7 I. Calvino, Il giardino incantato cit., p. 35.
8 Ivi, p. 35-36.
9 Italo Calvino, Il libro, i libri. In: Id., Saggi 1945-1985, a cura di Mario Barenghi. Milano: Mondadori, 2007, vol. II, p. 1847.