Agnese Bertazzoli
La ricerca applicata in biblioteca è oggi ampiamente diffusa e consolidata, sotto un profilo tanto teorico quanto pratico. L’applicazione al campo delle biblioteche del «processo con il quale si stimano l’efficacia, l’efficienza, l’utilità e la rilevanza di un servizio o di una struttura» ha iniziato a diffondersi nel panorama nazionale a partire dagli anni Ottanta dello scorso secolo e, negli ultimi decenni, le biblioteche sono sempre più spesso state le protagoniste di indagini volte a valutare le loro performance, la qualità dei loro servizi, la soddisfazione degli utenti, l’impatto generato1.
Anche le biblioteche delle università sono spesso le protagoniste di attività valutative. In particolare, è possibile individuare due tipi di indagini, entrambi volti direttamente alla valutazione delle biblioteche accademiche e dei loro servizi, ma differenti per ambito di ricerca: quelle progettate e condotte all’interno degli atenei (o, talvolta, per iniziativa delle singole biblioteche) e quelle che adottano invece una prospettiva interuniversitaria. Tra le indagini riferibili al primo gruppo figurano, ad esempio, tutte le attività di valutazione solitamente condotte dai sistemi bibliotecari di ateneo al fine di monitorare risorse, efficacia ed efficienza delle biblioteche o di valutare la soddisfazione dei loro utenti. Al secondo tipo di attività di valutazione appartengono le tre indagini svolte tra 2003 e 2011 dal Gruppo interuniversitario per il monitoraggio dei sistemi bibliotecari di ateneo (GIM), che in Italia rappresentano tutt’ora il solo tentativo di costruire una rilevazione di ampio respiro dedicata alle biblioteche e ai sistemi bibliotecari d’ateneo e i cui risultati «costituiscono, per la loro analiticità, continuità nel tempo e ampiezza nazionale, un unicum nel panorama della Pubblica Amministrazione italiana»2.
Solitamente, in quanto bibliotecari e studiosi di biblioteche, quando parliamo di valutazione tendiamo a considerare soltanto i due tipi di indagini appena richiamati, nei quali le biblioteche sono direttamente coinvolte e costituiscono il soggetto principale – le protagoniste, appunto – dell’attività valutativa, mentre i bibliotecari sovente rivestono il ruolo di ricercatori-valutatori. Eppure, esistono anche indagini che non sono rivolte specificamente alle biblioteche e nelle quali, tuttavia, le biblioteche sono prese in considerazione: si tratta di attività di valutazione nelle quali esse non svolgono il ruolo delle protagoniste – questa parte spetta ad altre strutture o servizi – ma delle comparse. In ambito universitario, ad esempio, le biblioteche accademiche compaiono spesso tra le domande dei questionari utilizzati per rilevare le opinioni degli studenti; allo stesso modo, risorse e servizi bibliotecari sono presi in considerazione negli esercizi di valutazione o di autovalutazione delle università, dei dipartimenti, dei corsi di studio ecc.
Il fatto che le biblioteche compaiano in tali indagini rappresenta per i bibliotecari e gli studiosi di biblioteconomia un duplice motivo di interesse: da un lato, infatti, comporta la raccolta sistematica di dati potenzialmente utili per i sistemi bibliotecari d’ateneo e per i bibliotecari-ricercatori; dall’altro, la presenza delle biblioteche accademiche in indagini non specificamente ad esse dedicate testimonia un qualche riconoscimento – da parte degli enti valutatori o degli atenei – del ruolo che esse svolgono, all’interno delle università, in relazione a temi di ampio respiro: la qualità di un ateneo, il suo impegno nella terza missione, il fenomeno della didattica a distanza, il percorso universitario degli studenti e tanto altro.
Proprio per quest’ultimo motivo è importante interrogarsi sulla natura e sulla qualità della presenza delle biblioteche accademiche all’interno di tali indagini. Porsi alcune domande a proposito del ruolo che ad esse è riconosciuto o attribuito dai responsabili delle attività di valutazione (che non sono, in questi casi, bibliotecari, né studiosi di biblioteconomia) è un’occasione per riflettere su due temi che sono fondamentali per la progettazione, la comunicazione e la valutazione delle biblioteche: immaginario e impatto atteso.
L’immaginario è l’«insieme dei simboli e dei miti che costituiscono il nostro patrimonio collettivo sociale […] la serie di immagini interiori ed esteriori che fanno parte del patrimonio simbolico di un soggetto, di un gruppo o di una società»3; l’impatto atteso è il cambiamento positivo che ci si aspetta venga generato da un servizio4. Declinando questi concetti nell’ambito delle biblioteche accademiche, possiamo sostenere che l’impatto atteso è il contributo che la governance universitaria si aspetta che le biblioteche forniscano per il perseguimento degli obiettivi dell’ateneo; mentre l’immaginario prende il significato di un insieme condiviso di simboli – non necessariamente aderenti alla realtà, né derivanti da un’esperienza diretta – che le persone tendono ad associare all’idea di ‘biblioteca dell’università’5.
Quale rapporto può mai legare il rigoroso esercizio della valutazione ai concetti di immaginario e impatto atteso, riferibili ai mutevoli ambiti del simbolo e delle aspettative? Per rispondere a questa domanda è innanzitutto necessaria una premessa, relativa all’oggettività della ricerca e delle pratiche di valutazione. È bene infatti ricordare che – in biblioteca come in ogni altro ambito di ricerca – l’oggettività del valutatore e della valutazione stessa è stata da tempo messa in discussione. La selezione dell’oggetto della valutazione e le scelte metodologiche sono affidate al ricercatore, che porta con sé le sue ipotesi, la sua visione, i significati che egli attribuisce all’oggetto della ricerca (l’immaginario e le aspettative, dunque). Lo sguardo che il ricercatore rivolge, nel corso della valutazione, all’oggetto della sua indagine non potrà mai essere del tutto oggettivo, poiché «l’immaginario su un certo oggetto/tema che condividiamo è il nostro punto di partenza per osservarlo»6. Tutto ciò non rappresenta assolutamente un difetto per la validità dell’attività di ricerca e per l’attendibilità dei suoi risultati, ma è un elemento del quale tenere conto al fine della nostra analisi.
Anche nel caso delle biblioteche delle università, le domande che il ricercatore si pone e gli aspetti che desidera indagarne, insieme al modo in cui lo fa e agli strumenti di cui si avvale, costituiscono importanti indizi a proposito dell’immaginario e delle aspettative legati ad esse: proprio per tale motivo, è interessante analizzare la natura e la qualità della presenza delle biblioteche accademiche negli esercizi di valutazione. Ragionando in termini di immaginario e impatto atteso, poi, è particolarmente opportuno prendere in considerazione le indagini non specificamente dedicate alle biblioteche e, dunque, non affidate a bibliotecari o studiosi di biblioteconomia. Ciò permette di approfondire la visione che delle biblioteche hanno i membri delle governance universitarie e i ricercatori appartenenti ad altri enti di valutazione.
Se non sono i bibliotecari e gli studiosi di biblioteche a progettare le attività di valutazione, quanto spazio si dedica alle biblioteche? Perché e per quali aspetti esse sono prese in considerazione in indagini che hanno altri protagonisti? Cosa interessa indagare dei servizi bibliotecari e cosa invece viene tralasciato? Rispondere a queste domande significa provare a capire quale visione hanno della biblioteca accademica i valutatori non bibliotecari, comprendere a quale immaginario essa è legata e quanto tale immaginario sia aderente o lontano dalla realtà e dall’insieme di simboli che sono associati alla biblioteca dai bibliotecari. Porsi tali domande e rispondervi, insomma, rappresenta un’occasione per adottare uno sguardo meno autoreferenziale sulla biblioteca e sulla sua valutazione, tentando di vederla con gli occhi degli altri soggetti che popolano il mondo accademico o che si occupano di valutazione delle università. Si consideri, poi, che questi medesimi soggetti sono responsabili – direttamente, nel caso dei membri delle governance, o indirettamente, nel caso di valutatori esterni – delle decisioni relative ai sistemi bibliotecari e alle biblioteche d’ateneo. Risulta allora chiaro che tentare di comprendere e tenere conto della loro visione, delle loro aspettative e del loro immaginario è un’attività strategica per la progettazione (nell’ottica dell’allineamento) e per la comunicazione dei servizi bibliotecari7.
Quali sono le indagini nelle quali le biblioteche delle università non svolgono il ruolo delle protagoniste, ma delle comparse? Ne esistono diverse e di diversi tipi: indagini dedicate alla valutazione della ricerca, della didattica e della didattica a distanza, delle attività di terza missione, della soddisfazione degli studenti e molte altre.
Le biblioteche fanno insomma la loro comparsa in una lunga serie di indagini volte alla valutazione di vari aspetti e attività delle università italiane. Appaiono tra gli indicatori elaborati dal Censis8 per la definizione dell’annuale Classifica delle università italiane9: a tal proposito sono presi in esame il numero di posti disponibili nelle biblioteche e la percentuale degli studenti che le valutano adeguate10. Compaiono poi nelle rilevazioni relative al Progetto Good Practice, sviluppato dal Dipartimento di ingegneria gestionale del Politecnico di Milano. Queste rilevazioni coinvolgono 40 atenei statali e sono volte all’analisi comparata delle prestazioni delle loro attività amministrative, nell’ottica del benchmarking e col fine di identificare e diffondere buone pratiche.
Infine, le biblioteche accademiche sono prese in considerazione nell’indagine Profilo dei laureati di AlmaLaurea, che nel 2021 è giunta alla sua ventitreesima edizione e che raccoglie dati relativi ai laureati di 76 atenei italiani11. Obiettivo di tale indagine è restituire «un’ampia e dettagliata fotografia delle principali caratteristiche dei laureati, della riuscita universitaria (in termini di voto di laurea e di regolarità negli studi), delle condizioni di studio all’università e della soddisfazione per il percorso di studi appena concluso»12. Le biblioteche sono considerate proprio in relazione a quest’ultimo tema e compaiono in un quesito presente nella sezione del questionario dedicata ai ‘Giudizi sull’esperienza universitaria’.
In questa sede non è possibile procedere all’analisi di tutte le attività di valutazione citate. Un approfondimento in questo senso, tuttavia, sarebbe necessario per i motivi che abbiamo precedentemente richiamato, così come necessaria sarebbe un’analisi del grado di coinvolgimento delle biblioteche accademiche negli esercizi di valutazione degli atenei in ambito internazionale.
Per rispondere alle domande che ci si è posti a proposito dell’immaginario, dell’impatto atteso e del ruolo che alle biblioteche è riconosciuto o attribuito dai responsabili della valutazione ci concentreremo invece su alcune delle indagini progettate e condotte dall’Anvur13.
Sono tanti i filoni di valutazione di cui l’Anvur si occupa: ogni indagine ha un oggetto di ricerca differente e, di conseguenza, differenti sono le modalità e le motivazioni del coinvolgimento delle biblioteche14. Ai fini della nostra analisi ci concentreremo sul sistema Autovalutazione, valutazione periodica, accreditamento (di seguito AVA) e sulla valutazione relativa alla terza missione e all’impatto sociale degli atenei.
Si esamineranno in particolare gli strumenti di valutazione adottati, la cui analisi può fornire alcune prime risposte a proposito del ruolo riconosciuto o attribuito alle biblioteche, dell’immaginario ad esse legato e dell’impatto che da esse ci si attende. Gli strumenti di valutazione sono infatti selezionati e costruiti dai ricercatori, rispecchiano un certo immaginario e ci informano sulle aspettative dei valutatori, che condizionano inevitabilmente alcuni dei loro elementi costitutivi: la struttura, la terminologia adottata, le opzioni di risposta o il numero e l’ordine delle domande (nei questionari), gli elementi presi in considerazione e quelli tralasciati15. L’Anvur conduce indagini di tipo quantitativo, gli strumenti di rilevazione che analizzeremo sono dunque questionari a risposte chiuse o schede standardizzate.
Il sistema AVA è basato su tre step, «che non vanno intesi come passaggi successivi, ma come linee che convergono, si interfacciano e, in un certo senso, rimandano le une alle altre»: la valutazione interna (autovalutazione), la valutazione periodica esterna dei risultati della ricerca e della didattica, l’accreditamento dei corsi di studio universitari16. Il sistema prevede che, ai fini della valutazione, si faccia ricorso a «uno strumento gestionale di progettazione e monitoraggio del processo», la Scheda unica annuale (SUA)17. Lo strumento di valutazione della SUA è declinato nella SUA-RD, dedicata alla valutazione della ricerca dipartimentale, e nella SUA-CdS, relativa ai corsi di studio: entrambe le schede «contengono gli elementi informativi necessari al sistema di autovalutazione, valutazione periodica e accreditamento, nonché alla definizione dell’offerta formativa»18. Si tratta di due strumenti di valutazione diversi, progettati per essere applicati a differenti oggetti d’indagine; tuttavia, entrambi dedicano uno spazio – seppur molto ridotto – alle biblioteche accademiche.
La SUA-RD è il «documento che raccoglie, a livello di Dipartimento e di Ateneo, le informazioni e i dati sugli obiettivi scientifici, l’organizzazione delle attività di ricerca e i relativi risultati, le politiche di qualità perseguite in relazione alla ricerca e alla sua promozione, e le riflessioni critiche»19. La scheda viene compilata dai dipartimenti ed è articolata in due parti, la prima relativa a obiettivi, risorse e gestione dei dipartimenti e la seconda dedicata ai risultati della ricerca. Le biblioteche compaiono nella prima parte: qui, nella sezione C, relativa a ‘Risorse umane e infrastrutture’, nel quadro C1 (‘Infrastrutture’) vengono censite le infrastrutture per la ricerca in uso al dipartimento20. Tra queste figurano, accanto ai laboratori e alle grandi attrezzature, le biblioteche e il patrimonio bibliografico. Le biblioteche sono prese in esame da un punto di vista meramente patrimoniale: la SUA-RD è progettata per raccogliere dati non sulle loro attività, ma sul loro posseduto, da un punto di vista prettamente quantitativo. La rilevazione riguarda il numero di riviste e monografie cartacee, banche dati, riviste elettroniche ed e-book che esse possiedono.
La SUA-CdS, invece, è il «documento funzionale alla progettazione, alla realizzazione, alla gestione, all’autovalutazione e alla riprogettazione del CdS»21. Come la SUA-RD, anche la SUA-CdS è articolata in due parti, a loro volta suddivise in sezioni22. Alla prima parte, ‘Qualità’, fa capo la sezione B (‘Esperienza dello studente’), che raccoglie dati relativi alle ‘Infrastrutture’ (quadro B4): infrastrutture tecnologiche e aule, laboratori e aule informatiche, sale studio, biblioteche. Le infrastrutture di questo tipo sono definite «di sostegno alla didattica» e i dati relativi alle biblioteche che vengono raccolti tramite la compilazione della SUA-CdS riguardano alcune informazioni generali, la loro capienza e gli orari d’apertura23.
SUA-RD e SUA-CdS si concentrano su due diverse funzioni delle biblioteche delle università. Nel caso della SUA-RD, le biblioteche sono prese in considerazione in quanto infrastrutture per la ricerca e l’elemento sul quale si concentra maggiormente la rilevazione è il patrimonio documentario. La scelta di indagare con particolare attenzione tale aspetto trova una ragione nell’immaginario e nelle aspettative dei ricercatori: i valutatori presuppongono che le biblioteche delle università generino un impatto sulla ricerca principalmente tramite la messa a disposizione di materiale bibliografico e di banche dati online e, di conseguenza, costruiscono uno strumento di rilevazione adeguato a indagare tali elementi, che essi ritengono fondamentali. La SUA-CdS, invece, approfondisce la funzione di supporto alla didattica delle biblioteche; le aspettative in questo caso riguardano l’impatto sull’esperienza dello studente, come testimonia la collocazione del quesito relativo alle biblioteche nell’omonima sezione. I mezzi che i valutatori considerano validi per raggiungere questo tipo d’impatto sono innanzitutto gli spazi messi a disposizione e gli orari d’apertura. La scelta di concentrare la rilevazione su questi ultimi aspetti parrà forse parziale ai bibliotecari, che lavorano al miglioramento della user experience avvalendosi di molti altri mezzi oltre la presenza di posti di lettura e l’ampiezza degli orari d’apertura. L’analisi dello strumento di rilevazione della SUA-CdS mette quindi in luce, in relazione ai temi della didattica e del servizio agli studenti, una certa divergenza tra l’immaginario collettivamente associato all’idea di ‘biblioteca dell’università’ e la visione che ne hanno i bibliotecari. Nel primo caso la relazione tra biblioteca e studenti è intesa come un rapporto quasi esclusivamente basato sulla fruizione degli spazi, simile a quello che esiste tra studenti e sale studio; secondo la visione dei bibliotecari, invece, la biblioteca offre un supporto alla didattica innanzitutto tramite la progettazione e l’offerta di servizi e attività rivolti agli studenti.
Al sistema AVA va ricondotto anche il progetto Didattica a distanza (DaD), nato con l’obiettivo di raccogliere informazioni sull’esperienza didattica durante l’emergenza sanitaria da COVID-19. L’indagine prevede la somministrazione di tre questionari, uno diretto alle governance universitarie, uno ai docenti e uno agli studenti24. In quello destinato al personale docente delle università, le biblioteche compaiono tra le opzioni previste in risposta a una delle domande. Al docente viene chiesto di definire se la propria attività di ricerca: «a) ha una componente prevalente di presenza in strutture (laboratori, biblioteche…); b) ha una componente parziale di presenza in strutture (laboratori, biblioteche…); c) ha una componente prevalente di raccolta dati/esperienze sul campo (questionari, interviste…); d) ha una componente parziale di raccolta dati/esperienze sul campo (questionari, interviste…); e) si può svolgere totalmente o prevalentemente con utilizzo di materiali e strumenti accessibili a distanza». La biblioteca viene presa in esame in relazione all’attività di ricerca e viene citata in quanto struttura nella quale recarsi «di presenza».
Anche questo strumento di rilevazione ci dice qualcosa a proposito dell’immaginario legato all’idea di ‘biblioteca dell’università’: agli occhi dei valutatori, essa ha innanzitutto un forte legame con l’attività di ricerca e, in particolare, con l’attività di ricerca svolta in presenza, all’interno di «strutture»; non è invece esplicitamente messa in relazione ai «materiali e strumenti accessibili a distanza» dell’ultima opzione di risposta. Sul motivo e sul significato di questa omissione sarebbe opportuno interrogarsi, approfondendo la percezione che i decisori e i valutatori (ma anche gli utenti) hanno delle risorse elettroniche e del rapporto che esiste tra queste e i sistemi bibliotecari d’ateneo o le biblioteche.
Infine, del sistema AVA fa parte la Rilevazione opinioni studenti (ROS) sui singoli insegnamenti e sui corsi di studio. La valutazione delle opinioni degli studenti è un’attività obbligatoria per gli atenei italiani sin dal 199925, dal 2010 all’Anvur è stato assegnato il compito di predisporre «procedure uniformi per la rilevazione della valutazione dei corsi da parte degli studenti»26. L’agenzia ha dunque preparato delle linee guida, la cui ultima versione Proposta di linee guida per la rilevazione delle opinioni di studenti e laureandi, risalente al luglio 2019, è al momento sottoposta a una fase di valutazione27.
La Proposta di linee guida contiene quattro schede per la valutazione delle opinioni degli studenti riguardo agli insegnamenti e ai corsi di studio. Le biblioteche compaiono nelle due schede dedicate alla valutazione dei corsi (una prima scheda riguarda quelli erogati in modalità convenzionale, una seconda quelli telematici).
In entrambe le schede, nella sezione ‘Domande introduttive’ viene posta allo studente la domanda: «Hai utilizzato i servizi della biblioteca (inclusi quelli on line) durante il Corso di Studio?». In ambedue i casi le opzioni di risposta proposte sono due, affermativa o negativa28. Esistono invece delle differenze tra le due schede nella sezione ‘Strutture e strumenti’: qui la rilevazione è affidata a una serie di affermazioni rispetto alle quali gli studenti sono invitati a esprimere il proprio grado di accordo; le «modalità di risposta sono definite come una scala auto-ancorata a 10 punti con la sola definizione semantica degli estremi di scala (da “per nulla d’accordo” a “del tutto d’accordo”)»29. Nella scheda dedicata ai corsi di studio convenzionali vi sono tre affermazioni che chiamano in causa le biblioteche: «17. Gli orari di accesso ai servizi della biblioteca erano adeguati alle mie necessità; 18. I libri, le riviste o gli altri materiali che mi interessavano erano accessibili per il prestito o la consultazione; 19. Le postazioni della biblioteca dedicate alla consultazione erano sufficienti»30. Nella scheda rivolta invece ai corsi erogati in modalità telematica le affermazioni rispetto alle quali esprimere il proprio accordo sono: «14. Le possibilità di accesso ai servizi della biblioteca (anche on line) erano adeguate alle mie necessità; 15. I libri, le riviste o gli altri materiali che mi interessavano erano accessibili (anche on line) per il prestito o la consultazione»31.
Dal confronto tra le affermazioni proposte nella sezione ‘Strutture e strumenti’ delle sue schede risulta immediatamente evidente il diverso trattamento dei servizi online: se nella scheda dedicata ai corsi di studio telematici si fa sempre esplicito riferimento, per ovvie ragioni, ai servizi e ai materiali online, nella scheda rivolta ai corsi convenzionali non compare alcun riferimento alla dimensione digitale delle biblioteche. Questa assenza di riferimenti a servizi e materiali online riflette probabilmente l’immaginario già richiamato nelle pagine precedenti, secondo il quale il rapporto tra lo studente universitario e la biblioteca è basato innanzitutto sulla fruizione dei suoi spazi. Infatti, in questo strumento di valutazione le biblioteche compaiano nella sezione ‘Strutture e strumenti’, insieme a edifici, aule e attrezzature informatiche.
Le attività di valutazione di customer satisfaction non possono certo ignorare il rapporto fisico che gli studenti hanno con le biblioteche, che spesso essi imparano a conoscere prima per i loro posti a sedere e solo in un secondo momento per i loro servizi. È altrettanto vero, però, che il rischio di appiattire tutta la valutazione sugli spazi, sugli orari o sui servizi erogati in presenza va evitato, ancor più nel periodo segnato dall’emergenza sanitaria, che tanto ha cambiato la didattica, l’esperienza universitaria degli studenti e – con esse – la fruizione dei servizi e degli spazi bibliotecari.
A partire dal 2013, l’Anvur ha iniziato a occuparsi anche della valutazione delle attività di terza missione e dell’impatto sociale degli atenei italiani32. Tale ambito di ricerca costituisce un campo di crescente interesse per l’Agenzia, che negli ultimi mesi ha avviato una riflessione a proposito della definizione di un indice per la misurazione dell’impatto delle università33.
Attualmente la valutazione è affidata allo strumento della Scheda unica annuale Terza missione e impatto sociale (SUA-TM/IS), che costituisce la terza parte della SUA-RD, e che viene compilata a livello sia di ateneo che di dipartimento34. La scheda è articolata in otto sezioni, facenti capo agli obiettivi della valorizzazione della ricerca da un lato e della produzione di beni pubblici dall’altro. A quest’ultimo obiettivo sono riferite le sezioni ‘Gestione del patrimonio e attività culturali’, ‘Attività per la salute pubblica’, ‘Formazione continua, apprendimento permanente e didattica aperta’, ‘Public engagement’. Le biblioteche delle università compaiono solo nella sezione dedicata al patrimonio e alle attività culturali. In particolare, l’ateneo è chiamato a descrivere «le attività culturali e di valorizzazione del patrimonio storico-artistico svolte», che rappresentano «un segno visibile del ruolo sociale che le università svolgono nelle comunità in cui sono inserite»35.
Quali biblioteche vengono prese in considerazione e su quali loro aspetti e servizi ci si sofferma per valutare l’impegno dell’università nei confronti della terza missione? Nella SUA-TM/IS si raccolgono esclusivamente dati relativi alle biblioteche e alle emeroteche storiche, «che dispongono di un patrimonio librario, fotografico e artistico di cui è interessante valutare l’accesso da parte della comunità»36. Le Linee guida predisposte dall’Anvur per la compilazione della scheda evidenziano la differenza che esiste tra questa rilevazione e quella della SUA-RD: per valutare le attività di terza missione si «considera solo le biblioteche di pregio artistico e architettonico di proprietà delle università italiane»37. In particolare, i dati raccolti riguardano le risorse (finanziarie e umane) dedicate «alla gestione e alla valorizzazione della parte storico-artistica», l’apertura al pubblico e la fruibilità del materiale antico, gli eventuali riconoscimenti ricevuti e i canali di comunicazione e social usati per la valorizzazione38.
La SUA-TM/IS si concentra, dunque, sulle collezioni delle biblioteche o emeroteche e sugli edifici che le ospitano, mentre le iniziative e le attività svolte nelle biblioteche sono prese in considerazione solo se volte alla valorizzazione dei loro elementi di pregio e di valore storico-artistico o architettonico. Anche in questo caso, lo strumento di rilevazione messo a punto dai valutatori potrà apparire parziale agli occhi dei bibliotecari che progettano, organizzano e promuovono le tante attività di terza missione di tipo divulgativo o volte alla formazione continua e all’apprendimento permanente. Proprio in questa distanza tra la visione dei bibliotecari e la visione dei valutatori è possibile rintracciare l’intervento dell’immaginario: l’insieme di simboli associato in maniera condivisa e collettiva all’idea di ‘biblioteca dell’università’ fa sì che ad essa siano accostati i tradizionali concetti di storia, patrimonio, libro antico, conservazione, pregio artistico o architettonico più facilmente che non quelli di divulgazione, formazione, valore educativo e culturale, sviluppo della società, eccetera39.
Al termine della carrellata di indagini progettate e condotte dall’Anvur che prendono in esame – a vario titolo e in diversa misura – le biblioteche delle università, cosa è emerso in termini di immaginario e impatto atteso? L’analisi ha dimostrato che i simboli collegati alle biblioteche variano a seconda dell’oggetto della valutazione: alla biblioteca si associano le immagini del patrimonio e delle collezioni quando l’indagine si concentra sulla ricerca universitaria; quelle degli spazi e degli orari quando la valutazione riguarda gli studenti e la didattica; quelle delle collezioni speciali e del pregio architettonico degli edifici quando il focus si sposta sulle attività di terza missione. Complessivamente, i simboli associati alle biblioteche e gli impatti attesi che emergono dall’analisi dei vari strumenti di rilevazione rispecchiano un’idea di ‘biblioteca dell’università’ datata e compongono un immaginario incapace di rispecchiare i profili più sfaccettati delle biblioteche contemporanee.
Dall’esame dei vari strumenti di valutazione è emerso come gli immaginari associati alle biblioteche delle università risultino talvolta distanti dall’idea e dalla visione che i bibliotecari hanno delle medesime biblioteche. La stessa distanza intercorre tra l’impatto atteso dai valutatori e quello progettato dai bibliotecari. Queste distanze si traducono, in alcuni casi, in un vero e proprio gap tra le attività e i servizi svolti in biblioteca e quelli sui quali si concentra la rilevazione: può insomma capitare che le aspettative dei valutatori li portino a progettare una rilevazione che si concentri principalmente su alcuni elementi e ne tralasci altri che, agli occhi dei bibliotecari, hanno uguale o maggiore impatto.
Perché gli esercizi di valutazione risultino realmente ancorati alle attività delle biblioteche delle università, sarebbe necessario colmare o ridurre il gap che esiste tra immaginario collettivo e immaginario dei bibliotecari, tra impatto atteso dai valutatori e impatto progettato in biblioteca. Un mezzo per la riduzione di questa distanza è senz’altro quello della comunicazione dei servizi, delle attività e dell’impatto delle biblioteche alle governance degli atenei, ai responsabili della valutazione delle università e, in generale, a tutti i soggetti che operano in ambito accademico. Molte sono le biblioteche accademiche che curano la comunicazione all’utenza; meno numerose sono quelle che progettano strategie di comunicazione rivolte anche ai decisori e ai valutatori. È allora auspicabile che la comunicazione venga ripensata nei contenuti e nelle finalità e che la si consideri un’opportunità per portare all’attenzione dei valutatori e dei decisori anche quegli elementi che sinora sono stati considerati solo marginalmente, perché lontani dall’immaginario associato all’idea di ‘biblioteca dell’università’.
Ampliando il nostro sguardo, la comunicazione rappresenta anche l’occasione per iniziare a lavorare sull’immaginario collettivo e modificarlo, aggiornarlo, arricchirlo di immagini e simboli meno tradizionali, ma più adeguati a rispecchiare l’identità delle biblioteche accademiche contemporanee. In questo senso, la comunicazione dovrà avere il fine di promuovere la condivisione e la diffusione di immagini e simboli che siano in grado di rispecchiare la sfaccettata identità delle biblioteche delle università.
Per rendere possibile questa operazione, non più esclusivamente rivolta a decisori e valutatori, non è sufficiente affidare la comunicazione all’attività di rendicontazione, ma diviene necessaria un’ampia e profonda riflessione sulla narrazione delle biblioteche40. Come vengono raccontate le biblioteche delle università, come sono presentate a chi non ha di esse un’esperienza diretta? E come le biblioteche raccontano se stesse, quale immagine di sé comunicano all’esterno, quali simboli evocano per presentarsi?
Secondo Alessandro Perissinotto, tutte le organizzazioni sono chiamate a narrarsi, dando di sé un’auto-rappresentazione rivolta verso l’esterno che «può avere valore funzionale nei casi in cui […] l’organizzazione persegue finalità eterogenee e svolge attività poco note alla massa dei potenziali utenti» e, possiamo aggiungere, dei decisori e dei valutatori41. Questo è il caso delle biblioteche delle università, i cui servizi e le cui attività sono solo parzialmente considerati – si è visto – nelle attività di valutazione e sono talvolta poco conosciuti anche dall’utenza potenziale. Fatto ancor più fondamentale, lavorare sulla narrazione che le biblioteche delle università fanno di se stesse può contribuire all’aggiornamento dell’immaginario collettivamente associato ad esse, che attualmente non riesce a rispecchiare pienamente la loro identità.
La riprogettazione della comunicazione e il lavoro sulla auto-narrazione non esauriscono, ovviamente, tutte le azioni che le biblioteche possono intraprendere per vedersi riconosciuto da decisori e valutatori un ruolo più ampio e meglio definito all’interno delle università. È fondamentale che le biblioteche si evolvano insieme al sistema universitario e al mondo della ricerca, allineando le proprie azioni agli obiettivi degli atenei d’appartenenza. Tuttavia, ripensare la comunicazione e la narrazione significa fare un primo passo per rendere visibile agli occhi dei decisori (e in generale delle persone) ciò che le biblioteche accademiche fanno e che si allontana dall’immaginario tradizionale ad esse associato, restringendo il gap tra l’impatto progettato dai bibliotecari e quello atteso dai valutatori, tra le attività effettivamente svolte in biblioteca e gli aspetti indagati nelle rilevazioni.
Una riflessione e un lavoro sulla narrazione delle biblioteche delle università come auto-rappresentazione verso l’esterno, infine, assume una rilevanza cruciale anche in un’ottica futura. Infatti, «l’immaginario è sempre insieme il riflesso e il modello della realtà»42: aggiornare l’immaginario significa allora aggiornare la visione che delle biblioteche avranno gli utenti, i bibliotecari, i valutatori e i decisori che in futuro contribuiranno (rispettivamente tramite la fruizione, la progettazione e la valutazione di servizi e l’elaborazione di indirizzi strategici) a rimodellare l’identità delle biblioteche delle università. Ecco che in questo senso ripensare la narrazione equivale a fare un investimento per il futuro delle biblioteche delle università e del loro rapporto con gli atenei, con le persone, con le comunità.
Ultima consultazione siti web: 10 marzo 2022.