Laura Vannucci
Emilia Franceschini nasce a Firenze il 17 aprile 1865 dal Cavalier Pietro Franceschini e da Clementina Nannoni1. Lavora a lungo in Borgo de’ Greci n. 25 a Firenze nella libreria del padre, personaggio assai conosciuto e influente, libraio e bibliofilo2, uso a elargire libri in dono (come quelli di cui beneficia la Biblioteca nazionale centrale di Firenze, postillati da illustri personaggi), disponibile a riordinare e catalogare gratuitamente intere biblioteche e archivi, estensore della stima del fondo Bardi3 per l’Istituto di studi superiori pratici e di perfezionamento (la futura Università di Firenze), scrittore di arte4 e di molto altro, frequentatore di poeti, medici e cattedratici, amico dei più alti funzionari delle istituzioni cittadine. Pietro Franceschini muore nel 1906 e proprio nel suo elogio funebre5 si trova una descrizione della
figura pallida e intelligente dell’Emilia Franceschini… colta quanto buona e modesta. I suoi occhi e la sua voce parevan dare anima e vita a tutta una necropoli di poeti e dotti. Ella, più del padre occupato da’ suoi scritti, sapeva i libri del negozio; ella ne preparava i cataloghi, e a lei di preferenza si rivolgevano tutti i compratori, e gl’insigni frequentatori della bottega la trattavano con dimestichezza e con amorevole deferenza. La giovinezza dell’Emilia fiorì e sfiorì in quelle stanze di mezza luce e di dottrina sepolta; e si può dire che per le sue dita delicate che maneggiavano libri dalla mattina alla sera corresse continua come un fiume la scienza di quattro secoli. Figura quanto mai caratteristica, soffusa da una malinconica umiltà e a un tempo da un certo orgoglio di solitaria, consumata da una intelligenza contenuta, inquieta di una operosità febbrile, ispirata in tutti i suoi atti da una bontà d’animo incondizionata, ella fu argomento di alcune ottave a un poeta, delle quali riferisco le ultime due: “Penso al tuo genio, giovinetta bruna: / Vani fantasmi, sogni insofferenti / Della notte in cui giaci, d’onde alcuna / Alba li evoca al mondo de’ viventi. / Voli selvaggi d’aquila digiuna / Nella volta di un carcere sbattenti; / Improvvisi fulgor nella profonda / E muta oscurità che ti circonda. / Muta Ché indarno giù dagli scaffali / Di fra i libri discendono i poeti /A sospirarti i dolci madrigali / E l’egloghe soavi e gl’inni lieti / Par che da loro un freddo alito esali, / E i desidèri migrano più inquieti / Via fra l’azzurro e la campagna in fiore / A un caldo labbro che sussurri: Amore”6.
Dopo il trasferimento della libreria in via Ghibellina 1107 e la morte del padre, Emilia Franceschini lascia il lavoro di libraia e rimane temporaneamente a casa8; non si sposerà mai e si dedicherà per tutta la vita alla sua formazione culturale, all’attività di traduttrice, alle pubblicazioni su riviste specializzate e al lavoro di bibliotecaria.
Fra il 1909 e il 1919 collabora con la rivista cattolica fiorentina Rassegna nazionale9, pubblicando recensioni di libri10, traduzioni11 di romanzi e numerosi articoli12 di storia13, arte14, attualità e tematiche sociali15, da cui emergono molti e variegati interessi culturali e facilità di accesso alle fonti anche primarie. Fra questi suoi scritti, appare anche un contributo sul «femminismo agrario»16 (in cui presenta come ideale il binomio «donna forte/donna pia», con «equilibrio delle forze mentali e materiali» e «contemperanza dell’energia e del sentimento») e uno sul «suffragio femminile» in Norvegia17; in quest’ultimo Franceschini esalta la cultura e la scelta politica di quel Paese, in cui già da tempo «si volle che la donna non vedesse nel solo matrimonio la sua salvezza», e traduce il racconto di un giornalista francese inviato in Norvegia in occasione delle rivoluzionarie votazioni aperte alle donne maritate o ricche, stupito per la correttezza e la tranquillità con cui si svolsero; Franceschini commenta positivamente il processo ormai avviato dappertutto, che preferisce definire, anziché emancipazione dall’uomo, condivisione delle responsabilità.
Dell’articolo Un fiorentino in Polonia18, su Scipione Piattoli, la Biblioteca biomedica dell’Università di Firenze conserva un estratto con un ex libris autografo di Emilia Franceschini.
Nel 1914 pubblica la traduzione dal francese di Oro e orpello: tre racconti, di Armand de Pontmartin19.
Nel 1919 traduce dall’inglese per l’editore Salani Incompreso di Florence Montgomery20, reintroducendo parti omesse nelle precedenti traduzioni; nel 1925 compare come traduttrice in un’altra edizione della medesima opera, intitolata stavolta Contrastato.
Dal 16 settembre 1918 risulta in servizio presso la Biblioteca della Sezione di medicina e chirurgia dell’Istituto di studi superiori pratici e di perfezionamento di Firenze in qualità di incaricata delle «funzioni di bibliotecario»21 in alcuni documenti, di «coadiutore» in altri22, ma probabilmente la sua collaborazione inizia negli anni precedenti23. È la prima donna (e l’ultima, per molti anni, se si eccettua una custode della Biblioteca) menzionata fra il personale nell’Annuario dell’ente che nel 1924 si costituirà come Università degli studi di Firenze: si ha infatti, in altri documenti, solo una notizia riguardante una «schedatrice» nella Biblioteca della Sezione di filosofia e filologia24; eppure la Biblioteca di medicina dell’Ateneo di Firenze aveva una tradizione antichissima: nata nel 1679 in seno all’Ospedale di Santa Maria Nuova, fu curata nei secoli da molti bibliotecari, tutti uomini25.
Nelle minute delle relazioni annuali che indirizza al Preside della Sezione (poi Facoltà) conservate presso l’attuale Biblioteca biomedica dell’Ateneo fiorentino si trovano interessanti dati d’uso dei servizi e puntuali testimonianze della sua attività di corrispondenza giornaliera (anche in inglese e in francese) con utenti, fornitori, biblioteche e uffici, ma soprattutto di ordinazione e catalogazione (oltre che di «registrazione per catena») del materiale corrente e di tanta parte del fondo antico derivante dall’Ospedale di Santa Maria Nuova (per es. dei manoscritti del Fondo Carlo Burci26, di 41 «sezioni di alienati» ascrivibili al Fondo Vincenzo Chiarugi27, del Fondo Agostino Mibelli28, degli opuscoli – alcuni dei quali anche molto antichi – accessionati fra il 1918 e il 1933, delle opere precedenti al XIX secolo, dei 118 atlanti, del nucleo più antico delle miscellanee cosiddetto “Variorum” e, dal 1928, delle cinquecentine)29: ancora oggi si conservano presso la Biblioteca biomedica schede da lei redatte per il catalogo cartaceo storico (di recente digitalizzato e messo in rete)30; Franceschini riferisce, inoltre, di avere iniziato la compilazione di uno schedario per materia delle opere pubblicate dopo il 1900, di svolgere ricerche per singoli studiosi e per l’Istituto di storia delle scienze e di occuparsi della gestione di scambi31 e doni32, nonché delle rilegature dei periodici; registra le filze del Collegio medico di Firenze33, riordina il fondo dell’Accademia medico-fisica di Firenze34 e redige le note di valutazione del distributore addetto alla registrazione dei prestiti35, che costituiva insieme a lei e a un custode l’unica dotazione organica della Biblioteca, all’epoca ancora situata in via Alfani.
La sua corrispondenza conservata nella Biblioteca biomedica rivela attenzione allo sviluppo della collezione e alla conservazione del patrimonio librario: numerose sono le sue richieste di finanziamenti aggiuntivi per questi due scopi.
Il 25 settembre 192236 propone al Rettore dell’ente che di lì a poco sarebbe divenuto formalmente “Università degli studi di Firenze”37 di chiedere al Ministero per la Biblioteca medica universitaria fiorentina (da lei definita «la più bella biblioteca italiana specializzata») il deposito di una copia d’obbligo di ciascuna pubblicazione italiana in medicina e chirurgia stampata sul territorio nazionale, anche al fine di decongestionare la Biblioteca nazionale centrale di Firenze; nelle argomentazioni addotte fa riferimento a una disposizione del 1806, confermata – in regimi governativi differenti – negli anni 1815, 1826 e 1847, che concedeva alla Biblioteca dell’Arcispedale di Santa Maria Nuova, poi passata all’Istituto di studi superiori pratici e di perfezionamento, il diritto di ricevere una copia di tutte le pubblicazioni mediche locali.
Nella documentazione conservata presso la Biblioteca biomedica vi sono numerose testimonianze della sua attività di prestito interbibliotecario e di assistenza catalografica e bibliografica a utenti interni e esterni38.
«Quanto alla Sig.na Franceschini, – scrive il Presidente della Sezione medica39 – dacché fu applicata alla Biblioteca di medicina, in questa si cominciò subito ad avvertire che veramente in questa si faceva del lavoro, e del lavoro utile. Scrupolosamente assidua al suo orario e al suo ufficio, la Sig.na Franceschini continuò la schedatura, con solerte attività e intelligenza, delle miscellanee: inoltre fece cosa non osata, innanzi a lei, ossia la ricognizione e la schedatura dei mss., già confinati e quasi dimenticati sotto la polvere degli scaffali. La Sig.na Franceschini non ha ingerenza negli acquisti, competendo questi al Preside e a un’apposita Commissione della Facoltà: bensì li registra regolarmente, e provvede alla relativa schedatura e collocazione, come ha provvisto e provvede lodevolmente all’ordinamento delle riviste».
E ancora Gerolamo Gatti, Preside della Facoltà di medicina e chirurgia, il 15 maggio 1929 scrive al Rettore dell’Università: «posso assicurare che in questa Biblioteca il Regolamento è esattamente e scrupolosamente osservato e fatto osservare; anzi il personale con funzioni di coadiutore (signorina Emilia Franceschini) fa più del dovere che le sarebbe prescritto dal Regolamento, perché, mancando il bibliotecario di cui all’art. 30, essa di fatto più che funzioni di coadiutore compie, e con grande competenza e diligenza, quelle di bibliotecario»40. Tuttavia, nonostante il suo prodigarsi per la Biblioteca, la sua esperienza e la sua età, non riuscirà mai a raggiungere il ruolo formale di ‘bibliotecario’, perché la commissione incaricata di «esaminare i titoli e la capacità dei vari impiegati», nonostante che già dal 1888 le donne avessero avuto accesso alla professione nelle biblioteche pubbliche41, propone che «il posto di bibliotecario sia messo a concorso – per esame e per titoli – fra i laureati in lettere, escluse le donne»42; il ruolo viene destinato in pianta organica alla sola Biblioteca di lettere, mentre per la Biblioteca di medicina si delibera, oltre ai posti di assistente e custode, solo un posto per coadiutore, per il quale viene candidata e incaricata appunto Emilia Franceschini43.
Nel 1924 Emilia Franceschini pubblica per il Comitato toscano della Società nazionale per la storia del Risorgimento italiano il contributo Il governo del Guerrazzi e i soccorsi per Venezia44. Nel 1925 compare il suo articolo Michele Carducci nei documenti del Collegio medico fiorentino nella Rivista delle biblioteche e degli archivi45.
Il 10 febbraio 1928 le vengono concessi gli assegni da impiegata di ruolo, senza tuttavia alcuna progressione di carriera, perciò rimane coadiutrice incaricata46.
Nel 1929 collabora all’allestimento della prima Esposizione nazionale di storia della scienza, curando la selezione e tutte le altre attività connesse alla mostra di 46 antichi libri a stampa e 12 documenti manoscritti di antichi volumi e manoscritti della Biblioteca47, nonché dei quadri dei suoi benefattori48; tale attività la vede a stretto contatto con lo storico della medicina Andrea Corsini e con l’Istituto di storia delle scienze (antesignano dell’attuale Museo Galileo, all’epoca situato dentro la Biblioteca della Facoltà di medicina dell’Università di Firenze)49.
Dal marzo del 1933 non risulta più in servizio per motivi di salute50 e muore alla fine di maggio del medesimo anno51.
La compilazione dell’inventario delle miscellanee da lei effettuata52 sembra rivelare precisione e conoscenza delle regole catalografiche del tempo, anche considerando che risale al 1922 la promulgazione del primo codice italiano per la catalogazione descrittiva53 e che il 23 maggio 1923 era stata inviata anche al «Bibliotecario della Facoltà di medicina e chirurgia R. Istituto di studi superiori Firenze» dalla R. Soprintendenza bibliografica per la Toscana, per incarico del Ministero della pubblica istruzione, la circolare che ne raccomandava la graduale applicazione54.
La sua figura richiama nel complesso quella tradizionale di una persona erudita (come del resto il suo predecessore nell’Ottocento nella medesima biblioteca, Ottavio Andreucci)55, ovvero, secondo una concezione impiegatizia della funzione bibliotecaria, l’immagine del «custode di una raccolta libraria, attento soprattutto alla sua buona conservazione e proveniente da una formazione universitaria umanistica che approdava alla biblioteca a partire dalla passione per l’oggetto libro»56. Tuttavia, la sua pregressa decennale esperienza lavorativa presso la libreria del padre e l’atmosfera in essa respirata contribuiscono a formare in Emilia anche una certa competenza da bibliografa: così viene proprio definita in una rivista letteraria inglese dell’epoca57.
Articolo proposto il 3 giugno 2022 e accettato il 25 settembre 2022.
Ultima consultazione siti web: 6 settembre 2021.
Uno speciale ringraziamento per il supporto nella ricerca va alle colleghe Lucia Frigenti (Biblioteca biomedica), Floriana Tagliabue e Maria Enrica Vadalà (Biblioteca umanistica).