In questi giorni di isolamento malinconico, quando il futuro sembra ancora più incerto del solito, mi rivolgo istintivamente ai libri che da tempo mi offrono conforto e consolazione. Tra questi compagni di viaggio ci sono Alice nel paese delle meraviglie, i Quaderni del carcere di Gramsci, le poesie di Miguel Hernández, la Repubblica di Platone. E leggendo oggi la strana opera di Platone, con il suo insieme di discussioni, digressioni politiche, temi di educazione ed etica, di narrazioni, mi sono imbattuto ancora una volta in due delle grandi favole platoniche, il Mito della caverna e il Mito di Er. E mi è venuto in mente che un possibile collegamento tra le due potrebbe essere trovato nel leggerle come l’inizio e la fine della concezione di Platone della storia della nostra vita. Il Mito della caverna ci dice che ciò che supponiamo essere la realtà non è altro che l’ombra proiettata delle cose reali sulla parete della caverna. Il Mito di Er promette un Aldilà in cui viaggeremo in un nuovo mondo, incontreremo le anime di grandi personaggi e converseremo con loro. La realtà illusoria del presente viene così riscattata nel futuro immaginato; Platone sembra dirci che le disgrazie e le fatiche percepite della nostra vita attuale troveranno il loro vero significato dopo la nostra morte. Questa sorta di resurrezione intellettuale auspicata da Platone non deve essere presa alla lettera (perché, dopo tutto, è raccontata come un mito). Ma l’idea piena di speranza della restaurazione mi è rimasta impressa. Forse Platone, che aveva perso così tanto nel corso della sua lunga vita, stava dicendo ai suoi futuri lettori che la perdita è solo il preludio del ritrovamento.
Nei primi mesi del 2015 ho perso la mia biblioteca. Sono stato, cioè, costretto a lasciare la Francia, a vendere la mia casa, a impacchettare i miei libri e a spedirli a Montréal dove, grazie a una generosa offerta del mio editore del Québec, sono stati depositati in un grande deposito. Sapendo quello che era successo, persone di tutto il mondo hanno gentilmente cercato di trovare una casa per i miei libri, in modo che la biblioteca potesse riprendere vita. A New York, a Québec City, in Messico, a Istanbul, persino in un paesino vicino a Napoli, un insieme di lettori solidali ha iniziato a conversare sulla possibilità di ricollocare la mia biblioteca; i loro progetti visionari, tuttavia, non hanno portato a nulla. Mi ero rassegnato a perdere i miei libri per sempre e ad accettare che la mia biblioteca avesse seguito il destino della sua antenata di Alessandria.
E poi, nel febbraio del 2020, all’improvviso, è arrivato l’invito del sindaco di Lisbona a parlare di un progetto che aveva immaginato. Con un interesse per le questioni culturali molto poco comune tra i politici, il sindaco ha pensato che la mia biblioteca fosse esattamente ciò di cui Lisbona aveva bisogno. Lisbona ha un eccellente sistema di biblioteche, che però si occupano soprattutto della cultura portoghese. Nella mia biblioteca sono presenti diverse altre lingue europee, oltre a materiale di ricerca di valore sulla storia della lettura, la mia principale materia di studio. Il sindaco mi ha chiesto se avrei preso in considerazione l’idea di donare la mia biblioteca alla città di Lisbona, che l’avrebbe ospitata in un edificio comunale e me ne avrebbe affidato il ruolo di direttore. Suggerì di chiamarlo Espaço Atlântida: centro per lo studio della storia della lettura. Non potevo credere che mi stesse facendo davvero questa offerta.
Chesterton ha scritto che «la cosa più incredibile dei miracoli è che accadono». Ciò si è rivelato vero. Sei mesi dopo il mio incontro con il sindaco, mi ritrovo a Lisbona, dopo aver consegnato i miei libri alla città, dopo che il sindaco ha annunciato, con una cerimonia pubblica il 12 settembre 2020, la creazione di Espaço Atlântida. L’edificio scelto per il centro è il palazzo ottocentesco dei Marchesi di Pombal, in Rua das Janelas Verdes. Nel corso degli anni, il bellissimo palazzo, decorato con splendide piastrelle blu e delicati dipinti murali, ha subito diverse trasformazioni, per poi cadere in disuso.
Si stima che i lavori di ristrutturazione dureranno poco più di due anni. Nel frattempo, il centro organizzerà letture, seminari e conferenze, in collaborazione con altre istituzioni culturali di Lisbona come la Casa Fernando Pessoa e la Fondazione Saramago. Il centro sarà aperto a tutti, studenti e semplici visitatori, studiosi e lettori curiosi. Farà suo il motto di Flaubert “Leggere per vivere!” e avrà un Comitato d’onore che comprende personalità di spicco di tutto il mondo, come Margaret Atwood, Roger Chartier, Robert Darnton, Carla Hayden, Richard Ovenden, Salman Rushdie, Olga Tocarczuk e il direttore della Biblioteca Vaticana, Mons. José Tolentino de Mendonça. Mi sentirò, come disse William S. Gilbert, «come un povero leone in una gabbia piena di Danieli».
Trasformare una biblioteca privata in una biblioteca pubblica non è un gesto irrilevante. Il grande studioso Aby Warburg, che si definiva «amburghese di cuore, ebreo di sangue, d’anima fiorentina», dopo aver aperto al pubblico la sua collezione privata di testi e immagini, ebbe un esaurimento nervoso e dovette essere internato in una clinica psichiatrica in Svizzera per tre dolorosi anni. Aprire la propria biblioteca privata ad altri lettori è pericoloso: permette agli estranei di entrare nella tua mente e di testimoniare le tue passioni e i tuoi desideri e le tue paure più segrete.
Ogni giorno passo davanti all’edificio che ospiterà la mia biblioteca e tocco la facciata di pietra con timore superstizioso e un senso di benevolenza immeritata. Mi sento colpevole del fatto che, in mezzo a tutte le sofferenze dovute all’epidemia di Covid e all’avidità politica che si manifesta nella guerra in Ucraina, mi sia stata data la possibilità di iniziare un’avventura felice. La mia biblioteca, quando fu allestita in Francia, rappresentava per me il mondo stesso e tutto ciò che si poteva sapere su di esso, proprio come gli abitanti della caverna di Platone pensavano che le ombre che vedevano fossero la realtà delle cose materiali. E come le ombre destinate a scomparire, i miei libri sono scomparsi nelle loro scatole e solo il loro ricordo è rimasto, frammentario e incerto, nella mia mente inaffidabile. Ma ora, grazie alla generosità della città di Lisbona, usciranno dalle loro tombe e torneranno a stare sui loro scaffali, pronti a dichiarare, dal giorno della loro resurrezione in poi, la loro fede nei miracoli.
Alberto Manguel
AIB studi, vol. 62 n. 2 (maggio/agosto 2022). DOI 10.2426/aibstudi-13755. ISSN: 2280-9112, E-ISSN: 2239-6152 - Copyright 2022 Alberto Manguel. Tradotto da Antonella Trombone