Protagonista di questo contributo è la Carta di Milano delle biblioteche, presentata in occasione dei primi Stati generali delle biblioteche del nostro paese che si sono tenuti a Milano il 25 e il 26 ottobre 20221. Un momento importantissimo di incontro e confronto della nostra comunità, nel quale si è guardato concretamente al futuro secondo un approccio che potremmo associare alla Teoria del cambiamento (ToC)2, animata – lo ricordo – da uno stimolo così sintetizzabile: se questa attività verrà implementata, allora questo risultato si realizzerà.
Della Carta di Milano però parlerò solo alla fine, dopo aver provato a esercitare una forma di intelligenza connettiva, utile anche a rilanciare lo stimolo appena proposto.
Nel 2021 il 7,4% della popolazione di 3 anni e più ha dichiarato di aver frequentato almeno una volta una biblioteca nel corso dell’anno. Le donne più degli uomini (8,2% contro 6,5%), con differenze di genere più marcate tra i giovani tra gli 11 e i 24 anni. Dal punto di vista territoriale i cittadini residenti nel nord frequentano di più le biblioteche (10,6%), rispetto a quelli del centro (6,2%) e del Mezzogiorno (3,8%). Ovviamente la presenza di biblioteche nei territori è una discriminante fondamentale. Grazie al censimento delle biblioteche dell’Istat3 sappiamo che ben 2.869 comuni italiani sono privi di una biblioteca e che la maggior parte di essi si trova nel Mezzogiorno e nel nord ovest (rispettivamente il 40,3% e il 37,2%). 7,5 milioni di abitanti, ovvero il 12,6% della popolazione italiana, di fatto sono esclusi dalle opportunità che le biblioteche offrono, determinando uno squilibrio che è fortemente concentrato in alcune aree del paese. Ben il 60,5% dei cittadini che non hanno una biblioteca nel proprio comune vivono nel Mezzogiorno4.
Rispetto al 2020, la quota di utenti delle biblioteche si è ridotta di circa 5 punti percentuali (dal 12,2% al 7,4%) che vanno a sommarsi ai 3 punti di flessione registrati tra il 2019 e il 2020. In totale, quindi, gli utenti delle biblioteche si sono sostanzialmente dimezzati nel confronto con il periodo pre-pandemico. Come sappiamo la diminuzione registrata tra il 2019 e il 2021 ha interessato principalmente i giovani e i giovanissimi tra i 6 e i 24 anni, quelli che l’Istat ha sempre considerato i più assidui frequentatori delle biblioteche. Quelli che attraverso altri dati sappiamo essere profondamente in difficoltà per esempio rispetto al benessere soggettivo, alle relazioni sociali ecc., non a caso si comincia a parlare di «generazione interrotta»5.
Comunque, questi sono i dati pubblicati dall’Istat nel corso dell’anno 2022 sulla fruizione delle biblioteche a partire dall’indagine Aspetti della vita quotidiana, i dati che determinano l’omonimo indicatore all’interno del Rapporto sul benessere equo e sostenibile6.
Gli stessi sono ripresi anche nel report Produzione e lettura di libri in Italia – anno 2021, pubblicato il 7 dicembre 20227.
Nel 2021, il 40,8% delle persone di 6 anni e più ha letto almeno un libro per motivi non strettamente scolastici o professionali, valore pressoché stabile rispetto al 2020 (41,4%). Sempre i giovanissimi – dice l’Istat – continuano a essere i lettori più assidui, anche se in netto calo negli ultimi dieci anni.
>L’abitudine alla lettura ha dei determinanti contestuali piuttosto importanti. Statisticamente, al netto delle motivazioni personali8, la possibilità che una persona si avvicini alla lettura dipende dalle abitudini di lettura dei genitori, dalla presenza di libri in casa, dalla presenza di biblioteche, appunto, e di librerie sul territorio. Per esempio, per quanto riguarda la famiglia, dal rapporto dell’Istat emerge che tra i ragazzi sotto i 18 anni la quota di lettori è pari al 73,5% se leggono sia la mamma che il papà e scende al 34,4% se entrambi i genitori non sono lettori9.
Ovviamente comportamenti di lettura, abitudini della famiglia in tal senso, presenza sul territorio delle biblioteche e loro frequentazione sono connessi.
Queste connessioni sono evidenti, molto meno è purtroppo – spesso anche agli occhi dei professionisti delle biblioteche – quanto questa triangolazione vada a incidere su qualcosa che va ben oltre la zona di comfort nella quale siamo abituati a muoverci: la salute, così come definita dall’OMS, ovvero uno stato di completo ‘benessere’ fisico, mentale e sociale e non semplice assenza di malattia10. La letteratura scientifica e l’OMS riconoscono da tempo che la condizione di salute è determinata da una combinazione di fattori organici, psicologici e sociali, tra loro interconnessi. Sono i ‘determinanti sociali della salute’ quei fattori che influenzano lo stato di salute di un individuo, di una comunità o di una popolazione: condizioni di lavoro, accesso ai servizi non solo sanitari, condizioni generali socio-economiche, culturali e ambientali ecc. Ovvero le condizioni nelle quali le persone nascono, vivono, lavorano, crescono e invecchiano.
Sono tanti i documenti che enfatizzano queste connessioni, oltre al Rapporto Bes dell’Istat penso al report de Il sole 24 ore sulla qualità della vita11, al Rapporto Caritas12, all’Atlante dell’infanzia (a rischio) di Save the children. L’ultima edizione di quest’ultimo dal titolo Come stai? La salute delle bambine, dei bambini e degli adolescenti13 presenta dati veramente allarmanti su questo:
Ad oggi la speranza di vita in buona salute è in media di 61 anni, ma andando a vedere cosa significa la lotteria della nascita, si va dai bambini più “fortunati” che in provincia di Bolzano vedranno questa soglia alzarsi a 66,6 anni, a quelli che nascono in Calabria, per i quali questo traguardo si ferma a 55 anni. Oltre 11 anni di buona salute in media, a fare la differenza.
L’Atlante esplora come e quanto incidono i determinanti sociali della salute su queste terribili disuguaglianze.
Per quanto detto a proposito di connessioni – ecco perché parlavo di intelligenza connettiva – è chiaro che siamo dentro un ‘sistema’ e un sistema «non è solo una qualsiasi classica collezione di cose. Un sistema è un complesso di elementi interconnessi tra loro, organizzato con coerenza al fine di perseguire qualcosa. Se vi soffermate un attimo a esaminare questa definizione, capirete che un sistema deve essere composto da tre tipi di cose: elementi, interconnessioni e una funzione o obiettivo»14.
Se consideriamo lo sviluppo umano la funzione/obiettivo del sistema, le biblioteche appaiono chiaramente come nodi che concorrono alla buona tenuta e al raggiungimento dell’obiettivo assieme ad altri (la scuola, le strutture sanitarie, le strutture sportive, i servizi ecc.) attraverso una serie di relazioni. Se pensiamo alle biblioteche come nodi, ovvero come le attrezzature culturali di cui abbiamo bisogno nel paradigma del welfare culturale appena richiamato, comprendiamo quanto sia importante l’adesione alla Carta di Milano delle biblioteche richiamata in apertura.
Si tratta di un documento importante che suona come un manifesto e che si apre così:
La biblioteca pubblica è una componente essenziale della società della conoscenza, perché rende effettivo il diritto di tutti i membri della comunità locale di fruire di un servizio pubblico di informazione e documentazione qualificato ed efficiente, condizione essenziale per il libero accesso al pensiero, alla cultura e all’informazione, per l’esercizio pieno e consapevole dei diritti individuali e per la libertà, la prosperità e il progresso della società.
In piena sintonia con i principi espressi dal Manifesto IFLA/UNESCO della biblioteca pubblica 2022
L’AMMINISTRAZIONE COMUNALE DI______________
>dichiara la fiducia nella biblioteca pubblica come forza viva per la democrazia, la cultura, l’educazione, l’informazione, e in quanto servizio che assolve, in vario grado e con differenti forme, alle seguenti missioni chiave […15.
Il sottotitolo della carta è: Per un servizio bibliotecario equo, sostenibile, inclusivo. La carta è pronta a essere firmata e chiede agli amministratori che decidono di aderire di dichiarare la fiducia nella biblioteca pubblica come forza viva per la democrazia, la cultura, l’educazione, l’informazione in quanto servizio che assolve alle seguenti missioni chiave: contribuire allo sviluppo di una comunità inclusiva, equa e solidale, migliorare la qualità della vita, informare tutti i membri della comunità, consolidare e sviluppare competenze, promuovere la partecipazione culturale.
Sono passati quasi due mesi dagli Stati generali e al momento in cui scrivo sono ancora troppo poche le amministrazioni che hanno aderito. Altre si stanno avvicinando ma abbiamo bisogno di un impegno massiccio, di una adesione totale alla teoria del cambiamento che si sta profilando: se questa attività verrà implementata, allora questo risultato si realizzerà.
Non so se agli amministratori è chiara la connessione tra le urgenze della nostra contemporaneità, le gravissime disuguaglianze del nostro paese che ho provato a richiamare – esplicitate dall’Atlante di Save the children, dal Rapporto Caritas ecc. – e il fatto che le biblioteche pubbliche in quanto nodi delle reti di servizi territoriali per la cultura e il tempo libero sono assieme alla scuola, alle università ecc. un agente attivo nei determinanti sociali della salute nell’ottica del welfare culturale. È molto importante che i professionisti delle biblioteche ne siano consapevoli. Certamente la Carta di Milano è una opportunità da non perdere per partecipare al disegno del futuro che ci aspetta.
Chiara Faggiolani