L’impatto di una biblioteca storica: prima indagine sulla Biblioteca Palatina di Parma

Viviana Palazzo

Le biblioteche pubbliche statali, in ragione della titolarità giuridica, rientrano ex lege nella definizione di bene culturale1] e, pertanto, diventano oggetto delle due principali azioni previste dal Codice dei beni culturali e del paesaggio: la tutela e la valorizzazione. Le definizioni di tutela e di valorizzazione sono strettamente connesse tra loro e partono da un presupposto comune e necessario: l’identificazione e la custodia del patrimonio culturale, al fine di preservarlo nel tempo per destinarlo alla pubblica fruizione. Il fine ultimo della tutela2, nella sua funzione di conservazione e protezione, è infatti consentire alla collettività il godimento del bene. La valorizzazione, a sua volta, viene definita come l’attuazione delle migliori condizioni di fruizione rivolte alla promozione della cultura3]. Si profila così un percorso ascendente che parte dalla conoscenza del patrimonio, ne assicura la conservazione per consentire il migliore utilizzo e aspira alla diffusione della conoscenza. Si tratta di un equilibrio delicato: la valorizzazione è attuata con forme che non pregiudichino la tutela e questa, a sua volta, è la condizione primaria per assicurare la pubblica fruizione. Questo rapporto talvolta si fa conflittuale e problematico, in particolar modo per 'l’oggetto libro', il cui utilizzo prevede un contatto fisico: si pensi, per esempio, alle opere antiche4
La tutela e la valorizzazione, insieme, concorrono a preservare la memoria della comunità nazionale e a rappresentarne il carattere identitario da custodire e tramandare; al tempo stesso, però, sono votate anche a un ruolo attivo e vitale, vale a dire quello di favorire lo sviluppo della cultura5]. Il dettato normativo6] delinea due aspetti: un ruolo statico di salvaguardia del bene e un compito dinamico diretto alla formazione di nuovo sapere. Siamo dinanzi a un gioco virtuoso e fecondo, ma al tempo stesso un esercizio di contrappesi fragile e necessario, perché talvolta «si tende a identificare la cultura unicamente come un’eredità del passato (cultural heritage) o come ‘giacimento petrolifero’ sedimentato nel tempo e non più alimentabile, […] anziché come il risultato di interazioni con la contemporaneità»7]
Le biblioteche pubbliche statali sono interessate da anni da continue riforme istituzionali e da una ormai cronica carenza di personale che ha provocato non solo l’impoverimento dei servizi, ma anche una perdita della memoria storica e della conoscenza dei fondi, a causa di un mancato passaggio di consegne nel ricambio generazionale. In pochi anni si sono registrati numerosi interventi legislativi che hanno dato vita a una riorganizzazione frenetica, talvolta confusa e contraddittoria8], rischiando di causare un uso strumentale delle raccolte «quasi del tutto ignorate nella loro componente più viva di strumento di informazione per la collettività»9]: un approccio che potrebbe trascurare completamente la funzione di servizio a favore di una musealizzazione10], perseguendo sì finalità di tutela, ma senza sviluppo della cultura. 
Tra le diverse tipologie di biblioteche pubbliche statali ritroviamo anche quelle di conservazione che, come la stessa definizione suggerisce, si caratterizzano per le loro collezioni di importanza storica: ci si riferisce in particolare alle biblioteche degli stati preunitari o di antiche università italiane, frutto del collezionismo privato o afferenti a ordini religiosi11]. Sono ambienti di rara bellezza, in cui la sontuosità degli arredi e degli spazi rappresentano un segno tangibile della potenza e del prestigio dell'istituzione o della famiglia di riferimento e, al tempo stesso, evocano la grandiosità dei tesori custoditi, la preziosità delle opere conservate. Nei vasi librari12], depositi e sale di lettura al tempo stesso, l'eleganza ricercata fin nei dettagli non nasce fine a sé stessa, tutt'altro, l'elemento estetico è viatico alla conoscenza. Nelle biblioteche storiche il luogo fisico costituisce a sua volta un bene di rilevanza culturale pari al contenitore13]: il valore si espande dalla bellezza artistica delle sale alle collezioni custodite. 
Se il ruolo di questi istituti in passato era indiscusso, oggi ci si interroga sul senso attuale: siamo dinanzi a una ripetizione sterile e vieta del tempo perduto, al compimento di un atto celebrativo e commemorativo di una grandezza ormai trascorsa? Sono essi esclusivamente luoghi della memoria o invece sono ancora capaci di rappresentare il presente? La letteratura di settore si interroga sull’argomento14]: di certo questi istituti sono un «terreno di caccia per la compilazione di tesi accademiche»15], talvolta rientrano nella concessione di spazi per eventi privati, e spesso fanno parte di un percorso museale, dimostrando così il loro indubbio valore economico nel segmento turistico-culturale16]. Le loro attività si limitano a questo e allo studio esclusivo del periodo che le ha viste nascere17], o piuttosto rappresentano nuovi significati18] e funzioni nel tessuto sociale e culturale in cui si iscrivono? 
Se da una parte una biblioteca storica e di conservazione si caratterizza per i compiti istituzionali e per gli aspetti comuni ad altri spazi simili per tipologia, dall'altra essa non può essere avulsa dal contesto in cui è nata e cui ancora oggi si riferisce, non può giocoforza non essere frutto del tessuto culturale e sociale in cui essa è inserita. Nella sua duplice veste di raccolta libraria e di servizio, questa organizzazione culturale si forma e si modifica in un continuo confronto con l'ambiente circostante. Questa relazione si pone talvolta come una sfida, in maniera particolare per un istituto di conservazione che sembra fermo lì, come un fossile. Sarebbe interessante invece poter intravedere nella qualificazione storica una espressione di dinamicità, non intesa esclusivamente come l'insieme delle raccolte antiche, ma come testimonianza della vivacità dei bisogni, degli interessi, degli studi intrapresi nel tempo, come narrazione della vita di una comunità nel divenire: la biblioteca potrebbe rappresentare «uno degli elementi in cui si incarna l'identità culturale di una comunità»19]. È necessario, pertanto, che ogni istituzione si relazioni con il contesto socio-culturale in cui si trova a operare, conosca l'ambiente della produzione culturale e della circolazione del sapere, per svolgere al meglio il compito cui è chiamata come attore di promozione di conoscenza. Senza un continuo sguardo alla realtà di riferimento si rischia un pericoloso scollamento con il mondo esterno e, peggio ancora, di cadere nella spirale dell'autoreferenzialità che è effetto, ma anche causa, della crisi di legittimazione di questi istituti20]
Si è reso necessario, dunque, procedere con uno studio del territorio21], compiendo una ricerca di sfondo22], tracciando quindi il relativo quadro storico-geografico, socio-demografico, nonché economico. L’intento successivo è stato quello di delineare il profilo di struttura della Biblioteca Palatina per tracciarne la fisionomia: la storia, il patrimonio conservato, i servizi e l’organizzazione dell’istituto. Questo approccio ha consentito di cogliere al meglio il suo profondo legame con il territorio, senza imbrigliarla in etichette preconfezionate ma, al contrario, cercando di rappresentare la molteplicità di aspetti e funzioni, che sfuggono a una definizione statica e univoca.

Il posizionamento della Biblioteca Palatina

La Biblioteca Palatina, inaugurata l’11 maggio 1769, nasce per offrire un servizio alla comunità, dopo che Carlo di Borbone aveva trasferito a Napoli le raccolte farnesiane lasciando il ducato di Parma privo di ogni ricchezza artistica e bibliografica. Il padre teatino Paolo Maria Paciaudi, nominato 'Regio Bibliotecario', riceve così l’incarico di costituire una biblioteca di pubblica utilità, al fine di restituire alla collettività una letteraria palestra per lungo volger d’anni sconosciuta23]. Un istituto, dunque, della città e per la città. 
Questa vocazione territoriale è confermata nel tempo. Se guardiamo alla storia più vicina a noi, scopriamo che la Biblioteca Palatina ha svolto quel «ruolo di ‘supplenza' tanto a lungo denunciato ed in base al quale, in assenza di altre strutture, le statali si trovavano a dover fornire risposta alla richiesta di servizi bibliotecari provenienti dal territorio»24], venendo così a rivestire nel panorama cittadino un ruolo centrale per i servizi bibliotecari25]. Ciò è testimoniato anche da alcuni documenti che attestano l'istituzione negli anni Sessanta dell'orario di apertura serale per la lettura in sede e per il prestito esterno: iniziativa rivolta proprio a coloro che, dopo il lavoro, volevano dedicare del tempo allo studio e alla lettura26], una proposta più consona, si direbbe, a una biblioteca popolare che a un istituto di conservazione. La Biblioteca Palatina, pertanto, si è contraddistinta negli anni come una istituzione molto presente in città, con una forte vocazione territoriale, volta al servizio, allo studio e alla ricerca anche della storia locale. 
Questo istituto, tuttavia, in virtù della tipologia del patrimonio conservato, non si configura come una biblioteca civica, pur avendo alcuni aspetti con questa confrontabili27].
Sarebbe di certo improprio e ardito attribuirle infatti quella funzione di ‘luogo terzo'28], punto di ritrovo e di socialità dopo la casa e il lavoro, che potrebbe caratterizzare le biblioteche di pubblica lettura. Tuttavia, non si può negare la fidelizzazione e quel senso di appartenenza maturato nella cittadinanza che rende difficile posizionare questa organizzazione culturale. A questo proposito si potrebbe intravedere anche per la Biblioteca Palatina una 'funzione civica', una qualificazione che però si colora di un nuovo significato, quale ‘testimonianza storica', ‘servizio al territorio' e ‘presenza culturale':

'testimonianza', nel senso di curare la raccolta e la conservazione dei documenti prodotti localmente e concernenti il territorio e le comunità che vi risiedono, con o senza il supporto del deposito legale; in termini di 'servizio al territorio', sotto forma di configurazione organizzata di risorse e servizi messi a disposizione della cittadinanza […]; infine come 'presenza culturale' in senso soggettivo, nel senso che la biblioteca, affermandosi quotidianamente come istituzione che crea, organizza e diffonde cultura, diventa il referente privilegiato per i soggetti pubblici e privati locali interessati a intraprendere iniziative culturali o di tutela, e diventa l’ideale destinataria di donazioni e lasciti da parte di chi desidera che la propria collezione di libri sia utile alla comunità. Per non poche biblioteche statali tutte queste sono dimensioni concrete dell’identità storicamente costruita nel territorio29].

Se guardiamo alle sue funzioni e caratteristiche è possibile rintracciare alcuni aspetti comuni sia alle biblioteche civiche, sia alle biblioteche universitarie: la Biblioteca Palatina condivide infatti con le prime la dimensione sociale, grazie al servizio offerto negli anni all'intera cittadinanza; con le seconde l'ambito dell'approfondimento e della ricerca30]. Il quadro diventa ancora più articolato se a questi due aspetti si aggiunge il valore culturale che la contraddistingue come luogo di importanza storica e artistica. In questo modo appare chiaro come la sua fisionomia si arricchisca di significati molteplici e di numerose sfaccettature che sfuggono a una rigida classificazione. 
Se il bacino di utenza delle biblioteche universitarie è ben circoscritto, e quello delle biblioteche di pubblica lettura per definizione coinvolge la collettività, profilare una tipologia di pubblico non è così immediato per le biblioteche storiche. La Biblioteca Palatina è frequentata da una pluralità di figure: l'utente che studia i fondi per motivi professionali, il laureando – prevalentemente di studi umanistici – che ricerca le fonti per la stesura della tesi, lo studente affezionato che sceglie il luogo per il raccoglimento e la concentrazione, il cittadino appassionato di storia locale, l'utente occasionale incuriosito dagli eventi e dalle diverse iniziative, il turista che visita la parte monumentale. Forse sarebbe più appropriato parlare di pubblici anziché di pubblico: «il plurale infatti rende conto della molteplicità dei gruppi, dei bisogni, delle aspettative e dei comportamenti nei quali si riflette la complessità del contesto culturale e sociale attuale»31. Con questi presupposti occorre provare a delineare le sfaccettature di una realtà multiforme, consapevoli che:

la distinzione classica tra tipologie di biblioteche come si è andata definendo storicamente a partire dalla seconda metà dell'Ottocento in risposta a un mondo sempre più articolato e specializzato tende progressivamente a perdere di significato, di fronte a un utilizzo via via più trasversale e ad aspettative dell'utenza sempre meno inquadrabili pienamente nelle funzioni tradizionali attribuite alle singole tipologie bibliotecarie. Alle biblioteche si impone invece un ripensamento delle tipologie bibliotecarie, che accolga il principio dell'ibridazione e della trasversalità di alcune funzioni, accanto all'identificazione e al riconoscimento delle necessarie complementarietà32].

Una biblioteca di conservazione come la Biblioteca Palatina presenta più livelli di fruizione e si rivolge ad una platea eterogenea, offrendo dunque una varietà di servizi e proponendo quindi una diversità di usi che ci impone il tentativo di rappresentare la complessità33].

Oggetto dell’indagine

L’importanza della Biblioteca Palatina, per molti, potrebbe sembrare certa, scontata, ma oggi non può essere così. Tra i compiti di questa istituzione c’è anche la capacità di comunicare e dimostrare i benefici diretti e indiretti che derivano dal suo servizio, le esternalità positive prodotte e la rilevanza di questa organizzazione culturale per la comunità: non solo dal punto di vista monetario ed estetico, ma anche simbolico, indipendente dall'uso diretto, come testimonianza storica dell'evoluzione del pensiero e della produzione culturale34]. In questo contesto si insinua il dubbio che conti meno «l’utilizzo del patrimonio (gli indici di prestito e di circolazione) e più invece la 'popolarità' della biblioteca, cioè l’attrazione che essa esercita su settori di popolazione»35]
Il quadro che si evince a partire dalle statistiche36, che raccolgono principalmente informazioni sulle collezioni (i libri inventariati e catalogati) e sul relativo uso (le richieste di consultazione, i servizi di informazione bibliografica, il document delivery, i prestiti diretti e interbibliotecari), da solo non basta a restituire una rappresentazione fedele della realtà.
I dati di input e di output – intesi rispettivamente come la «contribuzione di risorse a sostegno di una biblioteca», i primi, e «i prodotti di processi della biblioteca»37], i secondi – tagliano fuori qualsiasi verifica sulla soddisfazione degli utenti e sull'impatto inteso come «la differenza o cambiamento in un individuo o gruppo derivante dal contatto con i servizi della biblioteca»38] che sia tangibile o intangibile. Non solo, nessuna riflessione si ricava sul valore, cioè «sull'importanza che i soggetti interessati (istituzioni finanziatrici, politici, pubblico, utenti, staff) annettono alle biblioteche, e che è collegata alla percezione di un beneficio attuale o potenziale»39]
Occorre pertanto orientarsi verso un nuovo approccio che consenta di poter andare in profondità per comprendere meglio alcuni aspetti, grazie all’uso di strumenti diversi, non più legati ai numeri, ma alle parole40]. Se nelle statistiche di biblioteca siamo in presenza di una 'evidenza dedotta' (numero utenti, numero opere prese in prestito o consultate...), nella valutazione di impatto prevale piuttosto una 'evidenza sollecitata' attraverso le parole da interpretare: «nella maggior parte dei casi questi metodi producono una notevole mole di 'evidenza aneddotica', storie che raccontano l'esperienza personale degli utenti e che hanno un valore inestimabile per illustrare meglio e rafforzare i risultati talvolta un po' aridi ottenuti con altri metodi»41]. Siamo davanti a una nuova forma di informazione in cui il dato da analizzare è composto da racconti, storie, visioni del singolo in cui confluiscono anche il modo di percepire la realtà, le aspettative, l'esperienza pregressa e i significati che ognuno vi attribuisce42]. Per questo l'asse dell'attenzione si sposta verso le scienze sociali per la loro capacità di coniugare il rigore scientifico con l'esigenza contemporanea di narrazione43]. La valutazione di impatto si presenta come un prezioso strumento conoscitivo e offre l'occasione per riflettere sul significato e sul ruolo che la biblioteca svolge oggi nella società44]
Alla luce di quanto sin qui esposto, il mio interesse quindi è stato rivolto a una prima indagine sull’esternalità positive di una biblioteca storica, come la Biblioteca Palatina, nella comunità scientifica e territoriale di riferimento, nella vita privata e professionale degli utenti che la frequentano, con la finalità di superare i limiti conoscitivi rappresentati dai metodi di misurazione sinora adottati. 
Mi sono trovata dinanzi a una sfida ambiziosa: mentre per le biblioteche pubbliche e acca-demiche sono già state introdotte da diversi anni indagini sulla valutazione d’impatto45, emerge da subito in Italia la scarsità di ricerche simili46 per le biblioteche storiche e di conservazione che, tuttavia, rappresentano un patrimonio inestimabile e una caratteristica precipua del nostro territorio. 
Gli interrogativi che mi sono proposta di indagare sono i seguenti: come la frequentazione della biblioteca trasforma la quotidianità, come influisce sulla qualità delle giornate e delle attività di ognuno di noi? In che misura può incidere nella vita degli utenti? La mia indagine, pertanto, non era finalizzata a verificare i servizi, non era strettamente legata all’azione ma, in questo primo momento, era di natura più riflessiva ed esplorativa: come viene vissuta una biblioteca storica oggi? Quali cambiamenti può guidare e in quali contesti? Sono partita quindi proprio dagli utenti, dai loro racconti, dalle loro impressioni e descrizioni: dalla percezione soggettiva e individuale dei singoli fruitori pian piano si è delineata una dimensione anche collettiva, di comunità. 
Ovviamente la veste con cui mi presentavo non poteva passare in secondo piano: non indagava infatti un ricercatore esterno, potrei dire neutro, ma un attore che lavora e opera nella realtà oggetto stesso di ricerca. Questo mio status non è stato mai taciuto o dato per scontato, anzi: è stato palesato nel momento stesso in cui veniva illustrato il lavoro, spiegando che il mio progetto nasceva da una urgenza, da un desiderio di conoscenza. Il mio intento partiva con la propensione a considerare dato tutto quello che trovavo nel mio cammino di ricerca47] e, in virtù del mio ruolo, nel mio lavoro quotidiano con l’utenza48]. Rimango ben consapevole, tuttavia, che si tratta di uno studio iniziale, con i limiti di una prima sperimentazione, che non porta risposte in termini assoluti e definitivi, ma che potrebbe rappresentare un punto di partenza per una riflessione più ampia. Quindi, pur non nascendo con finalità pratiche, è tuttavia inevitabile che «un’indagine conduce a qualche forma di azione, cui fa seguito una valutazione di quella azione»49]. In questo caso l’azione che ne scaturisce è legata a una più ampia consapevolezza del ruolo e della vocazione di una tale organizzazione culturale oggigiorno e, di conseguenza, dei compiti del bibliotecario come attore principale che opera in questo panorama.

La traccia d’intervista

Per la raccolta dei dati oggetto di interesse, tra i diversi strumenti di ricerca, ho scelto di avvalermi dell’intervista discorsiva50] poiché mi consentiva di conversare con gli utenti, non vincolandoli con risposte preconfezionate, e mi offriva la possibilità di conoscere in profondità gli interlocutori scelti. Ho preparato una intervista semi-strutturata51]: uno schema di massima flessibile, pronto ad adattarsi ai diversi profili coinvolti. La traccia iniziale si è leggermente modificata nel periodo di indagine, influenzata dai risultati che pian piano affioravano e dalla prima analisi che seguiva. Si trattava pertanto di una bozza non troppo rigida, un canovaccio, che mi permetteva di svolgere appieno il mio ruolo: ascoltare, riflettere e interagire52]. Prima di entrare nel vivo del colloquio, ho offerto alcuni dettagli tecnici: ho indicato una durata di massima dell’incontro, ho informato l’utente della possibilità di avvalermi del supporto di un registratore, ho presentato brevemente le finalità della ricerca e mi sono accordata sulle eventuali necessità logistiche. 
Il primo gruppo di domande, quindi, era generico e svolgeva una funzione di contatto: ho chiesto all’utente di indicarmi le occasioni che lo avevano portato alla frequentazione della biblioteca e all’uso dei fondi. In questo momento iniziale mi proponevo di creare una atmosfera favorevole all’apertura e al dialogo per fare in modo che l’intervistato si sentisse rilassato, così da potermi consentire di «cogliere gli aspetti più intimi, soggettivi e psicologici»53]. Ho dato modo di raccontarmi delle ricerche in corso, per poter partire da un terreno che l’interlocutore conosceva bene e che, ovviamente, rappresentava anche un punto in comune tra noi, cercando il più possibile di evitare di inficiare i risultati della ricerca, limitando la spontaneità degli intervistati, in ragione del mio ruolo di bibliotecario54]. Questa parte iniziale conduceva lentamente a individuare un primo legame tra i fondi, l’utente e la sua vita privata e/o professionale. Erano previste anche alcune domande relative al periodo di chiusura della Biblioteca a seguito dell’emergenza sanitaria55]. In diversi casi questa tematica è affiorata spontaneamente nelle parole dallo stesso intervistato, che non ha potuto fare a meno di mettere a confronto i servizi offerti, le sensazioni provate e com’è cambiata la visita in biblioteca prima e dopo la pandemia da Covid-19. 
Pian piano le domande viravano sempre più verso la sfera soggettiva: quali emozioni e sensazioni erano legate alla visita in biblioteca, quali vantaggi reali seguivano? Dall’ambito personale, in maniera fluida si passava dunque alle opinioni sulla natura di una biblioteca storica, sulle sue caratteristiche e peculiarità, sul significato che attribuivano a tale denominazione. Queste due aree sono state quelle su cui mi sono soffermata maggiormente e che rappresentavano il fulcro della mia analisi e del mio interesse. Chiudevano l’intervista alcuni quesiti sulla prospettiva futura, che l’utente spesso ha anticipato in maniera spontanea in forma di proposte o suggerimenti nel corso della chiacchierata.

Frequentazione e uso della biblioteca

Uso dei fondi

La vita senza biblioteca

Sentimenti ed emozioni

Opinioni sulla natura di una biblioteca storica

Prospettive future sui servizi da offrire

Il campionamento

Durante il mio lavoro ordinario avevo individuato un doppio interlocutore: da una parte il mondo della ricerca, dall’altra la più ampia comunità territoriale. Nella scelta del campionamento più rappresentativo, da non intendersi in termini statistici56], mi ha guidato quindi l’idea di rivolgermi a diverse tipologie di profili, sia dal punto di vista anagrafico, sia relativamente al campo di interesse. Ho contattato in prima battuta gli utenti affezionati, per poi passare a frequentatori meno assidui che potevano eventualmente avere una idea più distaccata, meno consolidata da una visita abituale. Il ventaglio degli intervistati coinvolti si è modificato nel corso del tempo, anche in base ai risultati che pian piano emergevano e agli aspetti da indagare che ritenevo più funzionali alla ricerca. 
Le interviste si sono svolte principalmente tra marzo e dicembre 2021. La situazione emergenziale causata dalla diffusione del virus Covid-19 aveva modificato radicalmente la visita in biblioteca: la Palatina ha osservato un orario molto ridotto rispetto al periodo precedente e ha consentito l’accesso su prenotazione a pochi utenti. Questa nuova condizione ha rappresentato in un primo momento un ostacolo per lo svolgimento dell’indagine. Considerando le numerose restrizioni e le difficoltà di spostamento, diversi utenti hanno utilizzato infatti molto di più il document delivery e solo in pochissimi si sono recati fisicamente in sede. 
Ho presentato sommariamente il mio progetto agli interlocutori scelti, presenti in biblioteca, e ho chiesto l’eventuale disponibilità a contribuire al progetto. Le interviste vere e proprie si sono svolte invece prevalentemente a distanza, attraverso le diverse piattaforme di videochiamata. Ho riscontrato molto interesse e anche un sincero desiderio di esprimere un parere, di cogliere questa rara possibilità per dialogare e confrontarci su un terreno comune. 
Dopo aver verificato la traccia57], sono stati condotti in una prima fase dodici colloqui: tre interviste ad assegnisti di ricerca, due a operatori culturali, due a docenti di scuola superiore, una a uno studioso di storia locale, due a dottorandi, una a uno studente lavoratore, una a una studentessa universitaria58]. I temi emergenti in questo primo momento sono stati oggetto di un successivo approfondimento. Sono seguite quindi altre cinque interviste: per ogni tratto emerso è stata individuata una figura capace di cogliere alcuni aspetti con maggiore distacco e lucidità in virtù della conoscenza e della competenza sulle caratteristiche oggetto di indagine.

L’elaborazione dei dati

La trascrizione è avvenuta subito dopo ogni intervista. Questa scelta è stata dettata dalla necessità di compiere una prima riflessione sulla mia stessa conduzione e sulla capacità di cogliere e approfondire le suggestioni offerte dall’intervistato. Non solo: mi ha dato la possibilità di iniziare da subito una prima analisi59, di verificare i temi che pian piano emergevano e di attuare dei piccoli interventi correttivi o di approfondimento alla traccia dell’intervista successiva. Seguendo un percorso ricorsivo e riflessivo60] che mi ha portato all’elaborazione dei dati stessi, mentre svolgevo le interviste, progressivamente sono emersi alcuni ambiti di influenza della biblioteca. Pur nella complessità e nella varietà dei colloqui realizzati, progressivamente si distinguevano alcuni tratti ricorrenti, alcune tematiche comuni, talvolta anche con l’uso delle stesse parole, fino a quando si è raggiunto un grado di saturazione61]
In questa fase di studio delle interviste mi sono avvalsa di un software di elaborazione dei dati testuali62] che mi ha permesso di analizzare i risultati con l’ausilio di un supporto informatico. L’applicativo mi ha consentito di organizzare il lavoro e tenere traccia delle riflessioni che raccoglievo nel corso dell’analisi. In una prima fase ho attuato una codifica dei documenti: ho esaminato le singole interviste cogliendo nelle parole dei soggetti coinvolti alcune tematiche; in seguito ho assegnato alle citazioni testuali significative dei codici. Questa prima fase si è andata raffinando di volta in volta sia nella scelta dei codici (talvolta alcuni codici sono confluiti in altri) sia nelle famiglie di codici che andavo di volta in volta formulando. Il supporto del software nel processo di elaborazione, la possibilità di una rappresentazione grafica e il lavoro interattivo sui testi hanno significato un grande vantaggio in termini di rigore, precisione e di costante verifica dal particolare (singole interviste) al generale (elaborazione finale)63. Man mano che trascrivevo le interviste e analizzavo i testi, si sono delineati in maniera chiara alcuni tratti, alcune sfere di influenza e, a partire da queste, sono stati individuati degli opinion leaders con cui sono stati approfonditi i risultati emersi talvolta in maniera embrionale.

La comunicazione dei risultati

Dalla ricerca empirica sono emerse alcune tematiche che testimoniano la pluralità di ruoli rivestiti da una biblioteca di conservazione, confermando e, al tempo stesso, ampliando la riflessione iniziale. Sono affiorati da subito alcuni elementi ricorrenti: determinati aspetti erano di certo prevedibili, come l’influenza di una biblioteca di conservazione nello studio, nella ricerca e nell’elaborazione di tesi conclusive di percorsi universitari; altri ambiti, invece, sono stati una sorpresa anche in termini di consapevolezza dell’esperienza in biblioteca e delle ripercussioni sulla sfera dell’immaginario. 
Si sono delineate chiaramente alcune grandi aree che caratterizzano questa istituzione: la rilevanza del patrimonio librario e artistico custodito, la biblioteca come servizio necessario e insostituibile per l’utenza di riferimento, come fucina culturale e come attore radicato nel territorio e, non ultimo, la biblioteca come vettore di cambiamento. I primi lineamenti sono propri della sua fisionomia e ricadono in primis negli ambiti dello studio, della didattica, dell'apprendimento e della ricerca. Accanto a questi, pian piano affiorano anche elementi che travalicano le funzioni ordinarie o più comunemente conosciute: si fa strada l’idea di una biblioteca come luogo capace di esprimere l’identità culturale e di valorizzare il territorio, cui è profondamente legata. Si delinea anche un profilo di biblioteca vista come laboratorio di idee e progetti, in cui anche la classica divisione dei ruoli tra staff e utenza assume contorni sfumati. Quindi, emerge soprattutto l’immagine di un istituto come agente di cambiamento, capace di influenzare campi differenti, di incidere nella quotidianità, nella vita privata e collettiva, di poter essere protagonista delle trasformazioni culturali e sociali del nostro tempo.

La biblioteca come uno scrigno: la grande ricchezza libraria e artistica

Il primo elemento che caratterizza la Biblioteca Palatina è l'importanza del patrimonio librario che si presenta come una risorsa incredibile, in grado di rispondere a diversi bisogni informativi. Gli intervistati hanno sottolineato lo stupore e la sorpresa per la quantità di beni conservati e per la varietà di fondi da studiare: manoscritti, incunaboli, disegni e stampe… Questa ricchezza diventa un simbolo che fa della Biblioteca Palatina un 'punto di riferimento', vale a dire un luogo che viene riconosciuto come una certezza nell’ausilio alla ricerca, che orienta e guida l’utente nello studio, che lo supporta nell'apprendimento, una fonte di ispirazione e di continuo approfondimento. 
Insieme alla ricchezza delle raccolte librarie emerge anche la bellezza del patrimonio artistico. Molti sottolineano la spettacolarità dell’edificio che lascia a bocca aperta: ambienti monumentali che raccontano una storia e che rappresentano anche visivamente la ricchezza del sapere che vi è custodito, come se l’elemento fisico e l’elemento simbolico fossero indivisibili. Nella sala di lettura campeggia il volto di Maria Luigia d’Asburgo, rappresentato dall’erma di Antonio Canova, una delle ultime opere compiute dall’artista prima della morte. Un’opera d’arte è lì accanto ai lettori, non per i turisti frettolosi e passeggeri, ma per gli utenti che alzando lo sguardo possono ammirarla e sentirsi parte di una storia più grande64. Questa forte caratterizzazione non è vissuta in maniera passiva, come una ingombrante eredità, tutt’altro: non si parla solo del 'fascino della biblioteca antica', per molti studenti rappresenta una fonte di benessere, che incide sulla qualità della vita. L’aspetto estetico può condizionare la percezione delle giornate, può influenzare i risultati delle attività65. La bellezza architettonica non si limita a essere la scenografia idonea allo studio, uno sfondo gradevole e appagante alla vista, ma addirittura viene eletta ad atmosfera ideale per favorire la ricerca, perché fa della visita in biblioteca un momento piacevole, proficuo e ricco di significato66, motivo di ispirazione e di creazione, facendo sentire l’utente parte di una comunità scientifica più ampia67. L’elemento estetico viene a rappresentare una «fondamentale esperienza di condivisione e riconoscimento»68]: un ambiente che gratifica e crea un rapporto forte con il passato, fino ad assurgere a luogo ideale, 'il posto giusto', uno spazio fisico che diventa luogo dell’anima.

La biblioteca come servizio

Una biblioteca storica e di conservazione ha nella sua stessa definizione una dichiarazione di intenti: tutelare il patrimonio che detiene69. Tuttavia, tra le parole degli utenti si fa strada anche l’accezione di biblioteca come servizio. Questo aspetto viene rivendicato come missione principale, che non può essere subordinata ad altre iniziative. Viene espresso il desiderio di mantenere vitale questa istituzione: la biblioteca deve quindi difendere il suo ruolo e le sue funzioni. Il suo compito viene riconosciuto di pubblica utilità e per questo è ritenuto fondamentale, necessario e irrinunciabile, perché nessuno spazio può offrire un servizio simile, nessun luogo può sostituirsi alla biblioteca70. Da qui l’importanza di rendere accessibile il patrimonio, favorire la consultazione dei fondi e la disponibilità delle fonti online, assicurare le migliori condizioni di fruizione del posseduto: una ampia articolazione oraria, attenzione agli arredi, ai comfort, all’illuminazione, al Wi-Fi, alla presenza di strumenti utili alla ricerca.

La biblioteca come fucina culturale

La Biblioteca viene vista, dunque, sì come luogo monumentale, come servizio, ma anche come posto familiare, come 'casa' in cui ritrovarsi e ritrovare una comunità di studiosi, tutti accomunati da un sentire condiviso71. Proprio il suo carattere storico viene a significare un punto fermo in una società che muta, un cardine che rassicura e incoraggia nella crescita personale e professionale: un ruolo ben più ambizioso della sola conservazione72. Tutto ciò si traduce in un senso di appartenenza, di familiarità e nell’attribuzione di un significato che coinvolge la sfera emotiva: dove «non è soltanto la fruizione del servizio che genera valore ma più spesso […] la stessa modalità di fruizione e il piacere generato dalla rappresentazione del servizio, il senso di identificazione e di appartenenza che si crea con l’istituzione»73]. La creazione di un ambiente disteso e sereno può incentivare la frequentazione e favorire una atmosfera di scambio e confronto, favorendo un contesto che incoraggia la ricerca. Si delinea, pertanto, un ambiente che impatta sulla sfera sociale e culturale, che può influire anche sulla fruttuosità del lavoro e sulla produzione culturale. Un tratto che emerge in tutta la sua vivacità è quello della biblioteca vissuta come una fucina culturale, un luogo di creazione, un laboratorio di idee: il confronto tra studiosi, la collaborazione tra i diversi soggetti culturali e istituzionali. Ricorre l’immagine, comune in passato74], di un luogo in cui poter incontrare professionisti, scambiare opinioni sui lavori in corso, sugli studi pubblicati e favorire collaborazioni. Questa nuova partecipazione vede il fruitore coprotagonista nella progettazione di mostre, convegni, pubblicazioni, progetti editoriali, presentazioni di libri75]: l’utente non resta un destinatario del servizio, ma prende parte come soggetto attivo che interviene alla stessa creazione culturale. Si viene a creare una squadra che, con differenti competenze e conoscenze, collabora a un progetto comune: la produzione di nuova conoscenza.

La biblioteca come luogo identitario: il legame con il territorio

Accanto alle caratteristiche sin qui esposte, che possono essere comuni a molte biblioteche con funzioni simili, si affiancano altri elementi che sono propri della Biblioteca Palatina, perché legati al contesto urbano in cui si inserisce. Se da una parte, similmente alle biblioteche accademiche, questo istituto si muove tra socialità e apprendimento76], dall’altra ha una dimensione locale che le conferisce una connotazione fortemente identitaria. La sua vocazione territoriale è confermata da più aspetti. La Biblioteca Palatina non nasce come edificio anonimo, ma è situata all’interno del Palazzo della Pilotta, emblema della storia di Parma e del suo territorio, complesso di edifici che si sono costituiti e trasformati nel tempo, dai Farnese ai Borbone, dal ducato di Maria Luigia sino ai nostri giorni. Questa ubicazione contraddistingue fortemente la Biblioteca Palatina, sia nella sua monumentalità architettonica, sia nel significato simbolico che le viene attribuito. Istituita in età borbonica, durante il periodo illuminato del governo del primo ministro Du Tillot, questo luogo ha rappresentato sin dalla sua nascita il centro culturale della città77. Il legame con il territorio è dato anche dal patrimonio posseduto: la Biblioteca Palatina è sede dell’Archivio della produzione editoriale della provincia di Parma, pertanto conserva importanti pubblicazioni, fonte di studio per la storia locale. Un rapporto che si traduce anche in una forma di promozione e valorizzazione del territorio: ogni pubblicazione, infatti, offre un contributo alla crescita della stessa città.

La biblioteca come attore di cambiamento

A partire da queste considerazioni, diversi intervistati invitano a rivolgersi di più alla comunità territoriale di riferimento, a coinvolgerla maggiormente. L’apertura alla cittadinanza richiama l’esigenza di fare rete, di accrescere la sfera d’azione oltre i propri confini fisici. L’argomento affiora nelle parole degli utenti come area di miglioramento e come una buona pratica da consolidare e coltivare. Alcuni sottolineano la necessità di attuare una politica di apertura, di avvicinare questi tesori a quante più persone possibili perché si tratta di un bene pubblico, un bene che appartiene a tutti, non soltanto agli studiosi. Estremamente interessante è la riflessione proposta da una intervistata sull’importanza della divulgazione:

Il bacino di nicchia va coltivato perché è fondamentale ma anche la divulgazione non è un aspetto da sottovalutare. Come dire non possiamo cantarcela solo tra di noi, è meraviglioso, però si rischia uno scollamento con la realtà. Diventa una questione politica, una responsabilità politica: le persone perdono la consapevolezza che questo patrimonio possa parlare anche a loro, che appartiene anche a loro, ciò porta alla svalutazione, non ha più importanza. Invece no, dobbiamo combattere affinché questo non avvenga (I10).

È opinione condivisa tra molti utenti l’idea di aprire tali luoghi ai più giovani, per fare in modo che possano conoscerli, e proporre loro una offerta culturale diversa, percorsi di studio non convenzionali e avvicinare così un pubblico che, forse, non avrà mai occasione di entrare in biblioteca. Questo istituto può esercitare un’attrazione importante e può influenzare la sfera emotiva, i ricordi, la capacità di maturare una sensibilità al bello e all’arte. La biblioteca diventa una entità capace di favorire un cambiamento, di offrire una occasione di crescita, di studio e approfondimento. Non si parla solo di nozioni da acquisire, ma della possibilità di influenzare il percorso di ognuno di noi, le scelte professionali future, i comportamenti, di avere un impatto sulla capacità di formulare un pensiero diverso, di stimolare una riflessione, di cambiare il modo di pensare, di ampliare la visione del mondo78. La Biblioteca si rivolge pure ai cittadini stranieri ed è chiamata anche a una presa di coscienza su come cambia la nostra società, alla responsabilità di offrire un servizio pubblico inclusivo e accogliente.

Conclusioni

Nel quadro giuridico internazionale, il patrimonio culturale è considerato non solo nel suo valore intrinseco, ma soprattutto per quello che rappresenta per la comunità e per come viene percepito da essa. Nella Convenzione di Faro l'eredità culturale viene definita come segue:

Insieme di risorse ereditate dal passato che le popolazioni identificano, indipendentemente da chi ne detenga la proprietà, come riflesso ed espressione dei loro valori, credenze, conoscenze e tradizioni, in continua evoluzione. Essa comprende tutti gli aspetti dell’ambiente che sono il risultato dell’interazione nel corso del tempo fra le popolazioni e i luoghi79]

Nella formula scelta dal legislatore europeo si presenta un superamento dell'elemento materiale, della realità, e della staticità, «per abbracciare una [nozione] più ampia, di matrice sociologica e antropologica che pone l’accento sul valore del ‘cultural heritage’»80]. Siamo in presenza di una definizione che sottolinea l’interazione, la relazione tra le risorse e la popolazione, tra le comunità e i luoghi, in cui l’eredità culturale è intesa come «un processo dinamico di costruzione dell'immagine identitaria di una collettività»81], dunque un percorso partecipativo di valorizzazione che coinvolge tutti, riconoscendo una responsabilità sia individuale che collettiva82].

La comunità patrimoniale viene così individuata:

Insieme di persone che attribuisce valore ad aspetti specifici dell’eredità culturale, e che desidera, nel quadro di un’azione pubblica, sostenerli e trasmetterli alle generazioni future83].

Questa dichiarazione appare tra le più innovative proponendo una denominazione dinamica e trasversale: «un insieme di persone fisiche, anche appartenenti a comunità diverse, che si identificano nel valore culturale espresso dalla risorsa»84]. L’importanza di tramandare l’eredità culturale alle generazioni future non si esaurisce nel preservare la memoria collettiva e nel promuovere lo sviluppo della cultura, secondo il nostro dettato costituzionale, ma ha un obiettivo di portata ben più ampia. La conservazione e l'uso sostenibile del patrimonio culturale, associabili alle funzioni cardine di tutela e valorizzazione previste dal Codice, sono riconosciuti dalla Convenzione indispensabili per «lo sviluppo umano e la qualità della vita»85]. Si fa strada, dunque, una maggiore consapevolezza dello stretto legame tra cultura e benessere, si sottolinea il ruolo dell’eredità culturale nella costruzione di una società pacifica e democratica, nei processi di sviluppo sostenibile e nella promozione della diversità, grazie a una sinergia tra attori pubblici e privati86]. La portata di questo dettato normativo è rivoluzionario, sia nella qualificazione dell’eredità culturale, individuata in relazione alla comunità che partecipa alla sua definizione, sia nell’estensione della sua azione in campi che travalicano l’aspetto esclusivamente culturale. Ed è in questa cornice che le biblioteche diventano soggetti capaci di contribuire attivamente alla conoscenza del patrimonio e «ad attuare quell’auspicio di democrazia culturale promosso dalla Convenzione»87.
A partire dalle parole degli intervistati, si è delineato un quadro variegato di funzioni e compiti ma, soprattutto, sono emersi i tratti principali che caratterizzano la Biblioteca Palatina e i significati che gli stessi utenti le hanno attribuito nel campo dell’insegnamento, dell’apprendimento, della ricerca e della produzione culturale; ma anche nel favorire un senso di appartenenza e di identità, nella possibilità di proporsi come vettore di cambiamento nella nostra società, capace di liberarci dai pregiudizi, di influenzare il modo di pensare e di contribuire alla formazione di una cittadinanza attiva e consapevole.
Una biblioteca storica è molto di più di un istituto dedicato alla conservazione, la sua identità è strettamente legata all’importanza che le viene riconosciuta dalla comunità di riferimento. Un valore che non è dato una volta per sempre, ma che è storicamente determinato e che, pertanto, va protetto nel tempo. I primi attori coinvolti in questa analisi dovremmo essere proprio noi, gli addetti ai lavori, troppo spesso impegnati nelle incombenze quotidiane e negli strenui tentativi di continuare a garantire un servizio, talvolta in condizioni di crescente difficoltà economica e in assenza di personale qualificato e competente. L’assenza di confronto con l’interlocutore per eccellenza, l’utente, si traduce in uno scollamento sempre più profondo con la realtà e, ancora più grave, nell’incapacità di saper rappresentare appieno l’importanza di questi istituti.
Un bene culturale, come la Biblioteca Palatina, lo è davvero perché «rappresenta fonte condivisa di ricordo, comprensione, identità, coesione e creatività»88].


Note

Il presente articolo riassume e rielabora l'indagine svolta nell'ambito della tesi della Scuola di specializzazione in beni archivistici e librari L'impatto di una biblioteca storica: prima indagine sulla Biblioteca Palatina di Parma, discussa il 20 luglio 2022 presso il Dipartimento di Lettere e culture moderne della Sapienza Università di Roma. Si ringrazia il relatore, la prof.ssa Chiara Faggiolani, per il supporto alla realizzazione della ricerca.

Ultima consultazione siti web: 3 marzo 2023.

AIB studi, vol. 63 n. 1 (gennaio/aprile 2023). DOI 10.2426/aibstudi-13844. ISSN: 2280-9112, E-ISSN: 2239-6152 - Copyright (c) 2023 Viviana Palazzo

1 Codice dei beni culturali e del paesaggio (d’ora in poi: CBC) art. 10: «1. Sono beni culturali le cose immobili e mobili appartenenti allo Stato, alle regioni, agli altri enti pubblici territoriali, nonché ad ogni altro ente ed istituto pubblico e a persone giuridiche private senza fine di lucro, ivi compresi gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico. 2. Sono inoltre beni culturali: […] c) le raccolte librarie delle biblioteche dello Stato, delle regioni, degli altri enti pubblici territoriali, nonché di ogni altro ente e istituto pubblico, ad eccezione delle raccolte che assolvono alle funzioni delle biblioteche indicate all'articolo 47, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616».
2 CBC art. 3: «La tutela consiste nell'esercizio delle funzioni e nella disciplina delle attività dirette, sulla base di un'adeguata attività conoscitiva, ad individuare i beni costituenti il patrimonio culturale ed a garantirne la protezione e la conservazione per fini di pubblica fruizione».
3 CBC art. 6: «1. La valorizzazione consiste nell'esercizio delle funzioni e nella disciplina delle attività dirette a promuovere la conoscenza del patrimonio culturale e ad assicurare le migliori condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica del patrimonio stesso, anche da parte delle persone diversamente abili, al fine di promuovere lo sviluppo della cultura. Essa comprende anche la promozione ed il sostegno degli interventi di conservazione del patrimonio culturale. […] 2. La valorizzazione è attuata in forme compatibili con la tutela e tali da non pregiudicarne le esigenze.».
4 Il tema è oggetto di un acceso dibattito: cfr. Michele Santoro, Biblioteche e conservazione: un'indagine diacronica, «Bibliotime», 17 (2014), n. 2, https://www.aib.it/aib/sezioni/emr/bibtime/num-xvii-2/santoro.htm" target="_blank">https://www.aib.it/aib/sezioni/emr/bibtime/num-xvii-2/santoro.htm. Da una parte c’è chi guarda con sospetto alla fruizione, che potrebbe causare una mercificazione del bene stesso (si veda a titolo di esempio Rossana Moriello, Le novità del Codice dei beni culturali e del paesaggio, «Bibliotime», 7 (2004), n. 2, https://www.aib.it/aib/sezioni/emr/bibtime/num-vii-2/morriell.htm; dall'altra chi denuncia una cura eccessiva indirizzata alla conservazione del bene a sfavore del suo uso (un contributo abbastanza critico è offerto dal saggio: Berardino Simone, La 'sfida' dei beni culturali. Dalle biblioteche di 'conservazione' alla 'biblioteca pubblica' (lettera ai restauratori), «Bibliothecae.it», 3 (2014), n. 1, p. 233-264, DOI: 10.6092/issn.2283-9364/5717.
5 CBC art. 1: «1. In attuazione dell'articolo 9 della Costituzione, la Repubblica tutela e valorizza il patrimonio culturale in coerenza con le attribuzioni di cui all'articolo 117 della Costituzione e secondo le disposizioni del presente codice. 2. La tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale concorrono a preservare la memoria della comunità nazionale e del suo territorio e a promuovere lo sviluppo della cultura».
6 Per l’analisi normativa rimando a: Maria Beatrice Mirri, Codice dei beni culturali e del paesaggio, 5. ed. Viterbo: Sette Città, 2017; Il diritto dei beni culturali, a cura di Carla Barbati, Marco Cammelli e Girolamo Sciullo. Bologna: Il mulino, 2006; Luca Bellingeri, Assetto istituzionale e normativo delle biblioteche italiane. In: Biblioteche e biblioteconomia: principi e questioni, a cura di Giovanni Solimine, Paul Gabriele Weston. Roma: Carocci, 2015, p. 91-117.
7 Giovanni Solimine, Senza sapere: il costo dell’ignoranza in Italia. Roma, Bari: Laterza, 2014, p. 88.
8 Cfr. Luca Bellingeri, Grande è la confusione sotto il cielo (delle biblioteche statali). In: Rapporto sulle biblioteche italiane 2015-2017, a cura di Vittorio Ponzani. Roma: Associazione italiana biblioteche, 2019, p. 49-59; Una riforma, cento riforme: le biblioteche italiane nello tsunami del cambiamento continuo. In: Rapporto sulle biblioteche italiane 2013-2014, a cura di Vittorio Ponzani. Roma: Associazione italiana biblioteche, 2015, p. 45-55, e La crisi e le biblioteche pubbliche statali: una questione non solo economica. In: Rapporto sulle biblioteche italiane 2011-2012, a cura di Vittorio Ponzani. Roma: Associazione italiana biblioteche, 2013, p. 47-53; Andrea De Pasquale, Per una riforma del sistema delle biblioteche pubbliche statali, «Aedon», 2016, n. 2, http://www.aedon.mulino.it/archivio/2016/2/depasquale.htm. Il d.min. 27/11/2014 del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, recante l’Articolazione degli uffici dirigenziali di livello non generale del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, all’articolo 3, comma 3, riconosce a tutte le biblioteche pubbliche statali l’autonomia tecnico-scientifica. Questo provvedimento coinvolge anche la Biblioteca Palatina di Parma, che non rientra più nel novero negli uffici dirigenziali di livello non generale del Ministero. Solo sei istituti restano sede dirigenziale: le due biblioteche nazionali centrali di Roma e Firenze, la Biblioteca nazionale Vittorio Emanuele III di Napoli, la Biblioteca universitaria di Genova, la Biblioteca nazionale universitaria di Torino, e la nazionale Marciana di Venezia. Il d.min. 23/01/2016 del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, recante Riorganizzazione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ai sensi dell'articolo 1, comma 327, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, al fine di assicurare il buon andamento dell’amministrazione nelle funzioni di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale, istituisce alcuni musei di interesse nazionale tra cui il Complesso monumentale della Pilotta, per il quale si rimanda a successivi decreti per l’individuazione delle strutture da assegnare. Non tarda ad arrivare il d.min. 9/04/2016, recante il Conferimento dell'autonomia speciale agli istituti e luoghi della cultura di rilevante interesse nazionale, che attribuisce al Complesso monumentale della Pilotta: il Teatro Farnese, il Museo archeologico nazionale, la Galleria nazionale e la Biblioteca Palatina. Come era stato preannunciato, il Complesso viene dotato di autonomia speciale dal d.interm. 28/6/2016, n. 328 recante il Conferimento dell'autonomia speciale agli istituti e luoghi della cultura di rilevante interesse nazionale di cui all'articolo 6 del d.min. 23/01/2016.
9Luca Bellingeri, Le biblioteche pubbliche statali: quale futuro?, «Aedon», 2017, n. 1, http://www.aedon.mulino.it/archivio/2017/ 1/bellingeri.htm.
10 L. Bellingeri, Assetto istituzionale cit., p. 105.
11 Cfr. A. De Pasquale, Per una riforma del sistema delle biblioteche pubbliche statali cit., e Alfredo Serrai, Breve storia delle biblioteche in Italia. Milano: Sylvestre Bonnard, 2006.
12Alfredo Serrai, Vasi o saloni librari, «Bibliothecae.it», 2 (2013), n. 2, p. 113-124: p. 112, DOI: 10.6092/issn.2283-9364/5701. Relazione dell’intervento di Alfredo Serrai tenuto in occasione della conferenza svoltasi a Bologna il 20 Settembre 2013, nel quadro delle manifestazioni del decennale di ‘ArteLibro’.
13 Antonio Leo Tarasco, Ai confini del patrimonio culturale tra luoghi comuni e processi di produzione della cultura, «Aedon», 2018, n. 1, http://www.aedon.mulino.it/archivio/2018/1/tarasco.htm.
14 Cfr. L. Bellingeri, Le biblioteche pubbliche statali: quale futuro? cit. L’autore propone alcune attività da rilanciare per contribuire allo sviluppo delle biblioteche statali, tra cui: dedicarsi alla catalogazione, metadatazione e digitalizzazione dei manoscritti, proseguire il recupero dei cataloghi storici iniziato negli anni Novanta al fine di rendere accessibile un patrimonio oggi consultabile solo in sede; curare un archivio del libro derivato dal deposito della produzione editoriale, volto in modo particolare alla conservazione, valorizzazione e accesso dei documenti di interesse locale; intraprendere un progetto che unisca le digitalizzazioni presenti su piattaforme diverse e li riconduca alle notizie dell'indice SBN; consolidare il ruolo di tutela del patrimonio bibliografico e ripensare ai servizi bibliografici nazionali in una chiave condivisa tra più istituzioni.
15 Alfredo Serrai, Le biblioteche spariranno?, «JLIS.it», 7 (2016), n. 3, p. 1-8: p. 2, DOI: 10.4403/jlis.it-11927.
16 Anna Manfron; Francesca Papi, Primi spunti di riflessione su impatto e valore delle biblioteche storiche e di ricerca: una sfida e un’opportunità, «AIB studi», 55 (2015), n. 3, p. 359-372: p. 362, DOI: 10.2426/aibstudi-11342.
17 Proposta avanzata per la Biblioteca Palatina nel contributo Giovanni Galli, Una modesta proposta per le biblioteche statali, «Biblioteche oggi», 33 (2015), n. 4, p. 72-73, DOI: 10.3302/0392-8586-201504-072-1.
18A. Manfron; F. Papi, Primi spunti di riflessione cit., p. 364.
19 Giovanni Solimine, La biblioteca: scenari, culture, pratiche di servizio. Roma, Bari: Laterza, 2008, p. 47.
20 Giovanni Di Domenico, Come si realizza un progetto di valutazione. In: Vitamina biblioteca. Quanto cresce la città: impatto sociale delle biblioteche, valutazione costi/benefici degli interventi culturali, domanda di cultura: atti della giornata di studio, Scandicci, 3 aprile 2009, p. 42-47: p. 43.
21 Anna Galluzzi, Analisi di comunità: uno strumento per la pianificazione dei servizi, «Bollettino AIB», 41 (2001), n. 2, p. 175-188: p. 182, https://bollettino.aib.it/article/view/8511.
22 Giovanna Gianturco, L'intervista qualitativa. Dal discorso al testo scritto. Milano: Guerini scientifica, 2004, p. 16.
23 Paolo Maria Paciaudi, Orazione nel solenne aprimento della reale biblioteca di Parma presente l’imperatore Gioseffo II, discorso pronunciato da Paciaudi al momento dell’inaugurazione, edito in Parma città d'Europa: le memorie del padre Paolo Maria Paciaudi sulla regia Biblioteca parmense, a cura di Andrea De Pasquale.
Parma: Museo Bodoniano, 2008.
24 L. Bellingeri, Le biblioteche pubbliche statali cit.
25 In città occorre aspettare il 1973 e l'apertura della Biblioteca Ugo Guanda per l'introduzione di un sistema bibliotecario moderno. Sempre in quegli anni, nel dibattito sullo sviluppo e sul funzionamento della biblioteca civica cittadina, per un lungo periodo la Biblioteca Palatina è stata una possibile candidata come istituto titolare del 'servizio bibliotecario urbano', cui assegnare la funzione di biblioteca circolante. Si veda a questo proposito: Giovanni Galli, Biblioteche color malva, «Aurea Parma», 102 (2018), n. 1, p. 57-88: p. 85-86.
26 Il testo di una circolare diffusa in occasione dell'istituzione del servizio di lettura serale del 1961 è riportato da Angelo Ciavarella nel volume: Notizie e documenti per una storia della Biblioteca Palatina di Parma. I 200 anni di vita della sua fondazione (1762-1962) e il centenario della morte di Angelo Pezzana (1862-1962), a cura di Angelo Ciavarella. Parma: Biblioteca Palatina, 1962. A p. 231-232 si legge: «Le sarò grato se Ella vorrà esporre al pubblico e dare la massima diffusione all'accluso cartello, riferendosi alla lettura serale, servizio gratuito che si istituisce a Parma, dopo circa 40 anni di assenza, per offrire a tutti i cittadini, in ispecie a quelli che durante il giorno ne sono impediti per ragioni di lavoro, la più larga possibilità di frequentare la biblioteca, di leggere e studiare. I fondi per il funzionamento sono stati versati con pronta sensibilità e comprensione dalle amministrazioni del comune, della provincia e della cassa di risparmio».
27 Rimando a Giovanni Arganese, Biblioteche e città: la funzione "civica" delle biblioteche del MiBAC problemi e prospettive, «AIB studi», 52 (2012), n. 2, p. 127-150, DOI: 10.2426/aibstudi-6302.
28 Vedi Amandine Jacquet, La biblioteca luogo terzo 'per squattrinati'. In: La biblioteca come luogo terzo, a cura di Amandine Jacquet. Milano: Ledizioni, 2018, p. 151-178. A questo proposito l'autrice spiega: «I tre grandi assi di sviluppo di una biblioteca luogo terzo sono: un ancoraggio fisico forte; una vocazione sociale affermata; una relazione ugualitaria e aperta con gli utenti e tra gli utenti». Ivi, p. 151. In particolare, sul dibattito relativo alla biblioteca come luogo terzo, tra la minaccia di diventare un luogo di consumo e la sua nuova vocazione alla modernità, rimando ai contributi di Christophe Evans, Fino a che punto si può deistituzionalizzare la biblioteca?. In: La biblioteca come luogo terzo cit., p. 59-66; e di Mathilde Servet, La biblioteca luogo terzo lontano dai cliché: l'umano nel cuore della biblioteca. In La biblioteca come luogo terzo cit., p. 21-44. Mathilde Servet a p. 23 scrive: «il luogo biblioteca aveva e ha ancora un ricchissimo avvenire a condizione che si faccia giustamente dell'istituzione biblioteca un progetto politico, culturale e sociale forte, che necessita di una revisione a misura della società nella quale viviamo e dei bisogni degli utenti che serviamo. La nostra prima missione risiede infatti nel servizio pubblico». Le caratteristiche della biblioteca come luogo terzo sono analizzate, inoltre, nel saggio di Nicola Cavalli; Kate Pitman; Judith Saint John, La biblioteca come luogo terzo: con un contributo sugli Idea stores londinesi, «Biblioteche oggi trends», 3 (2017), n. 2, p. 43-50, DOI: 10.3302/2421-3810-201702-043-1.
29 G. Arganese, Biblioteche e città cit., p. 141.
30 La ricerca, insieme all'apprendimento e all'insegnamento, sono le tre aree di impatto riconosciute alla biblioteca accademica. Vedi L’impatto delle biblioteche accademiche: un progetto e un seminario, a cura di Giovanni Di Domenico. Roma: Associazione italiana biblioteche, 2014, p. 79.
31 Cecilia Cognigni, Pubblici della biblioteca e diversificazione dell'offerta culturale. Spunti progettuali per il servizio bibliotecario, «Biblioteche oggi trends», 1 (2015), n. 1, p. 39-45: p. 39, DOI: 10.3302/2421-3810-201501-039-1. L’uso che ognuno fa della biblioteca trascende la sola dimensione informativa. Pertanto, non si può non prescindere da un’analisi completa che consideri più aspetti e che adotti una 'prospettiva umanistica', capace di considerare simultaneamente i tre ambiti d'interazione fra biblioteca e utente: le necessità intellettuali, legate a una esigenza conoscitiva, le necessità emozionali e le necessità etiche, come spiega nel suo contributo Alessandro Bollo, Cinquanta sfumature di pubblico e la sfida dell'audience development. In I pubblici della cultura. Audience development, audience engagement, a cura di Francesco De Biase. Milano: FrancoAngeli, 2014, p. 163-177.
32 Chiara Faggiolani, Anna Galluzzi, L'identità percepita delle biblioteche: la biblioteconomia sociale e i suoi presupposti, «Bibliotime», XVIII (2015), n. 1, http://www.aib.it/aib/sezioni/emr/bibtime/num-xviii-1/galluzzi.htm.
33A. Manfron; F. Papi, Primi spunti di riflessione cit., p. 362.
34 Sul concetto di valore rimando a Roberto Ventura, La biblioteca rende: impatto sociale e economico di un servizio culturale. Milano: Editrice bibliografica, 2010, p. 35-40.
35 G. Arganese, Biblioteche e città cit., p. 146-147.
36 I dati sulla Biblioteca Palatina di Parma sono consultabili alla pagina: Ministero della cultura, Direzione generale bilancio, Ufficio statistica, http://www.statistica.beniculturali.it/ nella sezione Istituti oggetto di rilevazione, Biblioteche pubbliche statali.
37 Per le definizioni qui riportate rinvio a Giovanni Di Domenico, Le parole della valutazione: piccolo glossario annotato, «Biblioteche oggi trends», 5 (2019), n. 1, p. 5-11: p. 9, DOI: 10.3302/2421-3810-201901-005.
38 Ivi, p. 6.
39 Ivi, p. 11.
40Gli strumenti di rilevazione adottati dalla ricerca qualitativa sono l'intervista, il focus group e l'osservazione partecipante, cfr. Mario Cardano, La ricerca qualitativa. Roma: Carocci, 2011.
41 Roswitha Poll, I dati che abbiamo e che potremmo avere, «Bollettino AIB», 51 (2011), n. 4, p. 369-380: p. 375, https://bollettino.aib.it/article/view/5027.
42 Chiara Faggiolani; Anna Galluzzi, Andare oltre impressionabilità e ideologia: la 'svolta narrativa' e gli strumenti di analisi della biblioteconomia sociale, «AIB studi», 57 (2017), n. 3, p. 445-465, DOI: 10.2426/aibstudi-11704.
43 Ivi, p. 463: «la biblioteconomia sociale può rappresentare la risposta disciplinare alle istanze ‘narrative’ che emergono nel mondo delle biblioteche, in quanto sviluppa e applica metodi scientificamente validi per studiare comportamenti, punti di vista e percezioni della componente umana che caratterizza la vita delle biblioteche (utenti, bibliotecari, amministratori, opinion leader ecc.). Alcune delle tendenze che abbiamo registrato potrebbero, dunque, certamente avvantaggiarsi dell’applicazione dei metodi e degli strumenti delle scienze sociali di cui fa uso la biblioteconomia sociale, perché solo in questo modo da un approccio impressionistico si potrebbe passare a un approccio scientifico, pur senza perdere nulla in termini di capacità narrativa ed empatica».
44 Elena Petroselli, Le indagini qualitative come strumento di valutazione dei servizi bibliotecari: riflessioni a margine di uno studio di caso, «AIB studi», 54 (2014), n. 2/3, p. 261-277, DOI: 10.2426/aibstudi-9966.
45 Tra i principali lavori ricordo: L'impatto delle biblioteche pubbliche: obiettivi, modelli e risultati di un progetto valutativo, a cura di Giovanni Di Domenico. Roma: Associazione italiana biblioteche, 2012; L’impatto delle biblioteche accademiche cit.; Chiara Faggiolani, Posizionamento e missione della biblioteca: un'indagine su quattro biblioteche del sistema bibliotecario comunale di Perugia. Roma: Associazione italiana biblioteche, 2013; Ead., Conoscere gli utenti per comunicare la biblioteca. Il potere delle parole per misurare l'impatto. Milano: Editrice bibliografica, 2019. Si vedano inoltre i contributi di Sara Chiessi, Quanto valgono le biblioteche? Un metodo per valutare l'impatto sociale delle biblioteche pubbliche italiane, «Bollettino AIB», 51 (2011), n. 4, p. 315-328, http://bollettino.aib.it/article/view/5011, e Roberto Ventura, La valutazione della biblioteca pubblica: problematiche e strumenti di misurazione dell’impatto culturale, sociale ed economico, «Bollettino AIB», 47 (2007), n. 3, p. 291-327, http://bollettino.aib.it/article/view/5247.
46 Penso di contro alle indagini condotte sull’argomento da Christina Kamposiori; Sue Crossley, Evidencing the impact and value of special collections, RLUK Report, 2019, https://www.rluk.ac.uk/portfolio-items/evidencing-the-impact-and-value-of-special-collections; Christina Kamposiori, Measuring the impact of special collections and archives in the digital age. Opportunities and challenges, «Liber quarterly», 30 (2020), n. 1, p. 1-31, DOI: 10.18352/lq.10345.
47 Chiara Faggiolani, La ricerca qualitativa per le biblioteche: verso la biblioteconomia sociale. Milano: Editrice bibliografica, 2012, p. 99.
48 Anna Maria Tammaro, Prefazione. In: Alison Jane Pickard, La ricerca in biblioteca: come migliorare i servizi attraverso gli studi sull’utenza. Milano: Editrice bibliografica, 2010, p. 13-31: p. 28: «il bibliotecario ricercatore è esso stesso uno strumento di raccolta dei dati che estrae dalla molteplice realtà del contesto in cui vive e lavora, in un rapporto stretto e contiguo con l’oggetto della sua ricerca».
49 A. J. Pickard, La ricerca in biblioteca cit., p. 225.
50 Così definita in contrapposizione con l’intervista strutturata rappresentata dal questionario, per l’intervista discorsiva rimando a M. Cardano, La ricerca qualitativa cit., p. 147-198.
51 Per la redazione della traccia, alcuni suggerimenti sulle categorie da indagare mi sono stati offerti da A. J. Pickard, La ricerca in biblioteca cit., p. 288: «fatti 'qui ed ora', fatti del passato, previsioni sul futuro, sentimenti ed emozioni, atteggiamenti e opinioni, convinzioni».
52 Ivi, p. 282.
53 C. Faggiolani, La ricerca qualitativa per le biblioteche cit., p. 149.
54 Ivi, p. 98.
55Questo tema è stato oggetto di approfondimento all’interno dell’indagine La biblioteca per te, cfr. Chiara Faggiolani, Biblioteca casa delle opportunità: cultura, relazioni, benessere, Report dell’indagine La biblioteca per te. Roma: Sapienza Università Editrice, 2021, p. 125-128, https://www.editricesapienza.it/sites/default/files/6102_Biblioteca_casa_opportunita_EBOOK_0.pdf. Tra le diverse domande, una in particolare era dedicata al senso di 'mancanza di Biblioteca', uno scenario che la situazione pandemica ha reso reale e non più immaginario. Alla domanda: Quanto senti / hai sentito la loro mancanza?, il 25,3% dei rispondenti ha indicato il massimo livello di mancanza (10/10), il 56,6% ha dichiarato valori tra 8 e 10; la media nazionale è stata 8 su 10.
56 La specificità di questa tipologia di analisi, infatti, non è quella di raggiungere quante più persone possibili, per avere un dato che possa essere rappresentativo in termini statistici; si preferisce, al contrario, l’individuazione dei soggetti che possano rispondere al meglio alle esigenze conoscitive del ricercatore; per questo si parla piuttosto di campionamento a scelta ragionata. A questo proposito Chiara Faggiolani chiarisce: «si parla di rappresentatività sostantiva, ovvero non determinata da formule matematiche, ma dal giudizio del ricercatore stesso, che sceglierà i casi da approfondire, non per la loro uniformità rispetto alla popolazione di riferimento, ma per precise caratteristiche che sono proprie o per livello di interesse che sembrano esprimere rispetto agli obiettivi dell’indagine», C. Faggiolani, La ricerca qualitativa per le biblioteche cit., p. 81.
57Ho svolto due incontri propedeutici con alcuni utenti molto affezionati, con cui ho collaudato la traccia. Queste prove sono state molto utili principalmente per i suggerimenti ricevuti sull’articolazione delle domande e sulla realizzazione dell’intervista; ciò mi ha consentito inoltre di acquisire maggiore sicurezza e di rendere più fluida la conduzione dei colloqui successivi.
58 Di seguito riporto, a titolo d’esempio, alcune parole tratte dalle interviste realizzate: indico con la I maiuscola l’intervista, seguita dal numero progressivo del colloquio.
59 Cfr. Giampiero Gobo, Il disegno della ricerca nelle indagini qualitative. In: Alberto Melucci, Verso una sociologia riflessiva: ricerca qualitativa e cultura, con la collaborazione di Enzo Colombo. Bologna: Il mulino, 1998, p. 79-102: p. 87: «il ricercatore chiarisce (e si chiarisce) i suoi asserti, sviluppa nuove idee, affina certi concetti, costruisce pezzi di teoria, generalizza o non generalizza alcuni risultati».
60 Per una chiara illustrazione del processo di ricerca cfr. C. Faggiolani, La ricerca qualitativa per le biblioteche cit., p. 90 figura 2.2.
61 «Il campione si definisce saturo e rappresentativo quando, attraverso la costante analisi comparativa che sta alla base dell’analisi dei dati, vengono esplorate e colmate tutte le tematiche emergenti. In altri termini si può ragionevolmente affermare di aver saturato il campione quando si avverte l’impressione che qualora venissero effettuate altre interviste non emergerebbero nuove tematiche, ma soltanto aspetti che tenderebbero a confermare quelli già emersi», Ivi, p. 153.
62 Per l’analisi dei dati testuali ho utilizzato il software Atlas.ti.
63 La raffigurazione grafica supportata dalle citazioni testuali mi ha consentito di gestire e organizzare al meglio la mole di informazioni, e di elaborare i dati godendo di una visione sincrona e d’insieme, e al tempo stesso – all’occorrenza – di tornare anche nei singoli contesti discorsivi. L’apporto di strumenti di corredo, come i memos, mi ha inoltre offerto la possibilità di annotare le considerazioni alla base di alcune scelte e di supportare in ogni momento, anche a distanza di tempo, il percorso logico-metodologico che mi ha condotto all’elaborazione teorica finale.
64 I1: «Il fatto di essere in quel posto con il busto di Maria Luigia di Canova, la storia che riaffiora dagli scaffali, la storia non solo dei libri ma anche delle mura attrae e gratifica e crea un rapporto fiduciario che è stato vivo in passato e spero lo sia anche in futuro».
65 I6: «Lavorare e studiare in un posto bello, circondata dalla bellezza, all'interno di un'opera d'arte è un previlegio. Mi genera una sensazione di benessere alzare gli occhi e vedere tanta bellezza, mi fa stare bene e, di conseguenza, mi fa lavorare bene».
66Emerge chiaramente il ruolo della biblioteca come attore capace di generare una sensazione piacevole, che contribuisce al benessere degli individui. Viene qui evocato il tema del welfare culturale inteso come un «modello integrato di promozione del benessere e della salute attraverso pratiche fondate sulle arti visive, performative e sul patrimonio culturale», vedi Annalisa Cicerchia; Alessandra Rossi Ghiglione; Catterina Seia, Welfare Culturale, «Atlante Treccani», 11 giugno 2020, www.treccani.it/magazine/atlante/cultura/Welfare.html.
67 I5: «Subito mi viene in mente l'ambiente, che ti consente di vivere in mezzo alla storia, nel palazzo della Pilotta, si tratta di una ricchezza anche visiva che ti protegge e ti sostiene mentre cerchi anche tu nel tuo piccolo di contribuire alla cultura, questa linea di continuità che si crea tra il singolo e il complesso del patrimonio, dell'eredità che ti accompagna è veramente raro. È una alchimia filogenetico culturale».
68 Franco Neri, Biblioteche, soggetti, comunità. In: Biblioteche e biblioteconomia: principi e questioni cit., p. 45-75: p. 50.
69 I12: «Quello che mi viene in mente è che al primo posto andrebbe posta la tutela, la tutela del patrimonio storico per garantire e la conservazione e la possibilità che possa essere tramandato».
70 I6: «Valorizzare il patrimonio culturale, ma senza incorrere nel rischio di una scivolosa museificazione, da sventare permettendole di essere luoghi di lavoro e di pubblica utilità».
71 I1: «La Palatina ha sempre offerto una atmosfera molto familiare, perché si condividono gli stessi obiettivi: lo studio, la valorizzazione e la divulgazione del patrimonio. Nella sintonia di obiettivi ci si ritrova».
72 Antonella Agnoli, Biblioteche nella crisi: superare la frustrazione, proponendosi come punto di riferimento nella 'società liquida', «Biblioteche oggi», 28 (2010), n. 9, p. 6-9: p. 8, http://www.bibliotecheoggi.it/pdf.php?filepdf=201000900601.pdf .
73 C. Faggiolani, La ricerca qualitativa per le biblioteche cit., p. 27.
74 Si tenga sempre presente che le interviste sono state svolte durante il periodo della pandemia; pertanto gli utenti fanno riferimento alla realtà della Palatina degli anni precedenti.
75 Gli intervistati confermano il nuovo scenario che via via si sta profilando: gli istituti della cultura diventano luoghi identitari e di partecipazione attiva. In proposito rimando a Pier Luigi Sacco, Piattaforme digitali aperte, luoghi della connessione: le biblioteche e la sfida dell’inclusione, «AIB studi», 60 (2020), n. 3, p. 517-518, DOI: 10.2426/aibstudi-13007; Raphaëlle Bats, Biblioteche, crisi e partecipazione, «AIB studi», 55 (2015), n. 1, p. 59-70, DOI: 10.2426/aibstudi-11003.
76 Michele Santoro, I nuovi spazi della conoscenza: presente e futuro delle biblioteche accademiche, «Biblioteche oggi», 29 (2011), n. 4, p. 20-30: p. 22.
77 I2: «È la nostra biblioteca per eccellenza, molto più delle comunali per intenderci».
78 I4: «Mi spiego meglio: la conoscenza di questi fondi, avvicinare la gente a questi documenti potrebbe portare anche a, come dire, un cambio di mentalità. La gente, quando conosce le cose, è portata anche ad avvicinarsi a qualsiasi cosa in maniera diversa, si amplia la visione del mondo, è portata a riflettere e, perché no, ad accrescere la propria cultura, ad approfondire».
79 Consiglio d’Europa, Convenzione quadro del Consiglio d’Europa sul valore dell’eredità culturale per la società, art. 2, comma a). La Convenzione quadro del Consiglio d’Europa sul valore dell’eredità culturale per la società, nota come Convenzione di Faro, dalla città portoghese in cui è stata siglata nel 2005, era stata sottoscritta dall’Italia nel 2013, ma è stata ratificata solo sette anni dopo con la l. 1/10/2020, n. 133.
80 Annalisa Gualdani, L’Italia ratifica la Convenzione di Faro: quale incidenza nel diritto del patrimonio culturale italiano?, «Aedon», 2020, n. 3, http://www.aedon.mulino.it/archivio/2020/3/gualdani.htm.
81 Antonietta Lupo, La nozione positiva di patrimonio culturale alla prova del diritto globale, «Aedon», 2019, n. 2, http://aedon.mulino.it/archivio/2019/2/lupo.htm.
82 Consiglio d’Europa, Convenzione quadro del Consiglio d’Europa cit., art. 1, comma b).
83 Ibidem, art. 2, comma b).
84 Vedi Viviana Di Capua, La Convenzione di Faro: verso la valorizzazione del patrimonio culturale come bene comune? «Aedon», 2021, n. 3, http://www.aedon.mulino.it/archivio/2021/3/dicapua.htm.
85 Consiglio d’Europa, Convenzione quadro del Consiglio d’Europa cit., art. 1, comma c).
86 Ibidem, art. 1, comma d).
87 Fiammetta Sabba, Le biblioteche nella cornice della Convenzione di Faro. In: Culture e funzione sociale della biblioteca: memorie, organizzazione, futuro: studi in onore di Giovanni Di Domenico, redazione a cura di Anna Bilotta. Roma: Associazione italiana biblioteche, 2022, p. 365-376: p. 371.
88 Convenzione di Faro, art. 3 comma a).