Democratizzazione della conoscenza attraverso l’uso delle immagini in Otlet e Neurath

Antonietta Folino, Claudia Lanza, Erika Pasceri

Introduzione

Il potere visivo delle immagini offre una modalità di accesso all'interpretazione dei fenomeni della realtà più semplice e diretta. Partendo dalla visualizzazione di immagini esplicative di determinate circostanze ognuno è in grado di acquisire informazioni e questo conferisce ai segni grafici un potere di democratizzazione del sapere. Il presente articolo intende offrire un’analisi, attraverso lo studio dello stato dell’arte, del parallelismo esistente tra le due figure intellettuali di Paul Otlet (1868-1944) e Otto Neurath (1882-1945) in relazione alla prospettiva che nel corso dei loro studi – i cui risultati filosofico-pedagogici si trovano all’interno di opere cardine quali Traité de documentation: le livre sur le livre1, Monde: essai d’universalisme2, International picture language3 – ha offerto pratiche di educazione visiva mirate a diffondere la conoscenza quale strumento fondante di unificazione e pace tra i popoli.

Paul Otlet e la democratizzazione del sapere

Paul Otlet, unanimemente riconosciuto come il fondatore della disciplina della Documentazione, è stato uno studioso estremamente eclettico, con conoscenze approfondite in pressoché tutte le scienze e con forti interessi nell’organizzazione, classificazione e diffusione del sapere, orientati all’affermazione dell’internazionalismo e del pacifismo. Egli stesso nel suo testamento afferma: «Il me faudrait plus d’une vie pour achever l'œuvre que j’ai entreprise»4. I suoi scritti più noti – il Traité de documentation: le livre sur le livre del 1934 e Monde: essai d’universalisme dell’anno successivo – contribuiscono a fare di lui un visionario e un precursore dei tempi soprattutto in relazione alle teorie avanguardiste sull’accesso, sulla rappresentazione e sulla distribuzione della conoscenza5. Tali aspetti rappresentano i principi cardine del suo operato ed emergono con chiarezza da alcuni dei più significativi risultati della sua intensa attività, quali il Répertoire bibliographique universel (RBU), la Classification décimale universelle (CDU), l’Encyclopédie documentaire e dalle finalità che hanno animato gli istituti fondati o ideati nel corso della sua esistenza, quali l’Institut international de bibliographie (IIB), il Palais mondial, il Mundaneum, il Musée mondial e la Cité mondiale, che pur essendo rimasta un’utopia mai concretizzata, rappresenta concettualmente la più compiuta incarnazione delle idee universaliste di Otlet. 
Il conseguimento di obiettivi di universalità e di pace è possibile, secondo il bibliografo belga, solo attraverso la capillare diffusione della conoscenza, che deve pertanto raggiungere tutti gli uomini, indipendentemente dall’età, dal livello intellettuale, dalla nazionalità. Nella citata opera Monde, infatti, egli afferma la necessità di stabilire un plan mondial, ovvero un programma che «donne un but et une signification à la vie collective, un moyen d'accroissement, une ratio vitae à la vie individuelle; aux vues successives et contradictoires, il substitue des vues d'ensemble»6
Particolarmente significativo il plan culturel, che Otlet illustra come segue:

But : pour la vérité, le progrès de l'intelligence, la culture et l'unité de conception du monde; contre l’erreur, l'ignorance, la barbarie et le spécialisme isolé. Principe : élévation constante des esprits, des cœurs et des volontés; primat des biens culturels dans la société. Moyens : assurer au maximum son développement intellectuel et moral à tout individu; liberté de penser, de s'exprimer, de se réunir7.

Tale piano si estende pertanto sia alla ricerca scientifica e alle nuove invenzioni che all’insegnamento e all’educazione, all’informazione e alla documentazione, alla stampa e alle pubblicazioni, all’arte e alla letteratura e infine all’azione morale. 
L’istituto preposto al conseguimento della mondialisation, soprattutto nella sfera culturale e intellettuale è senz’altro il Mundaneum, concepito da Otlet come «Une idée, une Institution, une Méthode, un Corps matériel de travaux et collections, un Édifice, un Réseaux»8. Il Mundaneum si basa su un’idea non utilitaristica dell’educazione, dal momento che «Apprendre c'est penser, et penser c’est vivre, intellectuellement et spirituellement»9. Quindi l’educazione continua diventa per ciascuno un dovere individuale e sociale di perfezionamento indipendemente dall’età. La diffusione capillare e democratica del sapere che Otlet desidera promuovere e raggiungere attraverso l’operato del Mundaneum rappresenta la base di partenza per facilitare la comunicazione tra le nazioni e il conseguimento da parte dell’intera umanità di ideali di pace, giustizia e progresso attraverso il superamento delle contraddizioni e delle antinomie che la caratterizzano10
Lo sviluppo intellettuale a livello mondiale richiede necessariamente uno sforzo orientato alla semplificazione dei dati del sapere per facilitarne la trasmissione. Funzionale al raggiungimento di tale obiettivo è la definizione estensiva che Otlet attribuisce al concetto di ‘documento’:

Livre (Biblion ou Document ou Gramme) est le terme conventionnel employé ici pour exprimer toute espèce de documents. Il comprend non seulement le livre proprement dit, manuscrit ou imprimé, mais les revues, les journaux, les écrits et reproductions graphiques de toute espèce, dessins, gravures, cartes, schémas, diagrammes, photographies, etc. La Documentation au sens large du terme comprend : Livre, éléments servant à indiquer ou reproduire une pensée envisagée sous n’importe quelle forme11.

La funzione di ‘documentare’ è in tal modo affidata a qualunque oggetto atto a registrare e veicolare informazioni, indipendentemente dal supporto e dal tipo. Otlet riconduce gli elementi costitutivi del libro a tre tipologie - intellettuali, materiali e grafiche - inserendo il testo e le illustrazioni12 in quest’ultimo raggruppamento. Le illustrazioni, a loro volta, comprendono sia le immagini ottenute tramite disegno a mano, sia le fotografie e possono tanto far parte integrante del testo, quanto essere pubblicate separatamente sotto forma di tavole o riunite in album o atlanti.
Otlet osserva l’evoluzione del rapporto testo/illustrazioni nelle pubblicazioni anche in chiave diacronica, prendendo in esame il cinquantennio compreso tra il 1882 e il 1932 ed evidenziando come mentre all’inizio di questo periodo il testo compatto fosse predominante, con il passare degli anni lo spazio ad esso riservato si sia progressivamente ridotto a favore delle illustrazioni, di fatto determinando

un double effet en sens inverse: avec les images, les publications deviennent accessibles par un plus grand nombre de personnes : avec les schémas, les cartes, les diagrammes, les notations scientifiques, les formules mathématiques, le texte s’adresse à des lecteurs de plus en plus spécialisés13.

A questo proposito Otlet menziona esplicitamente Otto Neurath, e in particolare l’idea secondo la quale l’epoca a loro contemporanea poteva essere definita l'époque des yeux. «La démocratie moderne - continua Otlet - a commencé avec le discours, la presse, le livre. Aujourd’hui, c’est le cinéma, l’affiche réclame, le magazine illustré, l’exposition»14. Emerge anche da questa constatazione come la diffusione della conoscenza, a prescindere dal mezzo con la quale viene promossa, sia indissolubilmente legata all’affermarsi della democrazia. Nello specifico – premesso che le immagini possono costituire l’oggetto di studio di differenti discipline, quali fisica, psicologia, pedagogia, ed essere pertanto analizzate a partire da molteplici prospettive – «la Bibliologie requiert une théorie de la transmission des connaissances par l’intermédiaire d’images de mieux en mieux faites, de plus en plus multipliées et répandues au maximum»15. La potenzialità delle immagini nella trasmissione del sapere è insita nella loro stessa natura: qualunque sia il soggetto rappresentato, le relazioni in esse presenti non sono espresse in maniera esplicita, come avviene necessariamente nel linguaggio, ma sono implicite: «Car ou bien l’image exprime des relations préexistantes en l’esprit dans lequel elles sont déjà traduites en mots; ou bien l’image tracée à l’origine est traduisible ensuite en mots»16. A ciò si aggiunge il fatto che la percezione dell’immagine è simultanea, mentre quella del linguaggio scritto o parlato è successiva e, in relazione all’approccio di analisi e sintesi che Otlet riconosce come meccanismo alla base della conoscenza, egli afferma:

L’esprit doit analyser les relations incorporées implicitement dans l’image et ensuite, ayant ainsi compris, il peut désormais se servir de l’image comme de substitution de la synthèse comprise, substitution dans laquelle il est à tout moment capable de retrouver tous les éléments analysés, et d’autres encore17.

A livello percettivo, l’immagine degli oggetti permette di costruire un’idea precisa e distinta, mentre anche la migliore descrizione orale potrebbe lasciare nello spirito del lettore una sensazione di vaghezza e di indecisione18. La visualizzazione delle informazioni è un aspetto cardine della documentazione, soprattutto nella misura in cui si basa sull’utilizzo di rappresentazioni schematiche, quali diagrammi, disegni e grafici attraverso i quali i dati possono essere rappresentati, segmentati, sistematizzati, semplificati e resi immediatamente comprensibili19.
In uno studio orientato ad esplorare come alcune delle immagini riconducibili ad Otlet possano fungere da ciò che comunemente si intende con ‘interfaccia’, Van Den Heuvel e Rayward sottolineano come l’interesse di Otlet verso i linguaggi visivi dipendesse anche dal fatto che questi permettono di esprimere significati semantici indipendentemente dalle lingue naturali nei quali i testi sono redatti e quindi possono fornire «interfaces to the content of textual and museographical collections»20. Gli stessi autori – riprendendo il testo di Otlet che riassume un suo intervento del 1908 al Musée du livre21 – evidenziano la sua convinzione che in futuro il libro avrebbe attinto non solo al linguaggio verbale, ma anche ad altre forme di rappresentazione delle idee, quali appunto «illustrations, diagrams, schemas, a much improved symbology of ideas». Questa prima intuizione richiama inevitabilmente la nota preconizzazione espressa in Monde in merito alle modalità di accesso e di diffusione della conoscenza:

A un degré moins ultime serait créée une instrumentation agissant à distance qui combinerait à la fois la radio, les rayons Rontgen, le cinéma et la photographie microscopique. Toutes les choses de l'univers, et toutes celles de l'homme seraient enregistrées à distance à mesure qu'elles se produiraient. Ainsi serait établie l'image mouvante du monde, sa mémoire, son véritable double. Chacun à distance pourrait lire le passage lequel, agrandi et limité au sujet désiré, viendrait se projeter sur l'écran individuel. Ainsi, chacun dans son fauteuil pourrait contempler la création, en son entier ou en certaines de ses parties22.

Questa visione è strettamente collegata anche al concetto di substitut du livre che Otlet introduce nel Traité e in riferimento al quale egli ritiene che le immagini abbiamo importanti implicazioni non solo a livello di organizzazione della conoscenza ma anche a livello sociale:

Images, schemas and diagrams not only were a concise, informative way of presenting accumulations of data; for Otlet they could be thought of as constituting the grammar of a universal language for the exchange of knowledge23

Tra i progetti utopistici di Otlet rientrava anche quello di riunire tutto il sapere in una sintesi visiva24. Il concetto di sintesi non è esclusivamente legato al pensiero di Otlet. Come evidenziato nello studio di Ducheyne, a seguito della seconda rivoluzione scientifica collocabile nel primo decennio del Novecento, numerosi filosofi, scienziati, e altri ancora professavano la necessità «of establishing a unique synthesis (‘une systématization unique’, as Otlet25 wrote) of the ever increasing myriad of scattered scientific material, which could harvest intellectual and social progress»26. Tale sintesi era pertanto funzionale al raggiungimento della stabilità sociale e della pace sovranazionale e poteva essere stabilita, secondo Otlet, solo per il tramite della documentazione. Van Acker in tal senso afferma che «His enduring efforts to represent his ideas in schematic form and his long-lasting engagement with the visualization of knowledge was part of what he perceived to be ultimate goal of knowledge organization: to bring knowledge to a synthesis»27.
Di fronte alla consapevolezza che nel mondo a lui contemporaneo «Visualiser de plus en plus les données s’impose comme une loi nécessaire»28, Otlet riconosce nella figura di Comenio29 un importante riferimento per l’uso delle immagini con finalità pedagogiche. Egli infatti pubblicò nel 1648 l’opera Orbis sensualium pictus, considerato come il primo libro d’istruzione contenente illustrazioni: «Il classait les connaissances primaires, les énonçant en phrases courtes, en diverses langues, et en regard présentait des images représentatives des choses et des idées que les mots expriment. C’est la première tentative d’enseignement intuitif»30.
Otlet ricorreva all’uso di disegni e illustrazioni anche nei propri documenti personali per tradurre graficamente le proprie idee. Diversi studi si sono concentrati sul valore iconografico, simbolico e metaforico ravvisabile in questi schemi e in particolare nell’uso di alcune forme o elementi, quali la piramide o la sfera, molto frequenti e dal significato non sempre facilmente interpretabile31.
L’utilizzo delle immagini in programmi di visual education fu esplorato da Otlet nel contesto del Musée International e della Encyclopedia universalis Mundaneum (EUM)32. Il Museo fu fondato nel 1910 nel Palais du Cinquantenaire a Bruxelles e ambiva a rappresentare da una prospettiva internazionale argomenti di interesse generale, connotandosi come un cosmoscope. Esso doveva raccogliere ed esporre non solo oggetti, modelli e materiali, ma anche ‘poster’, il cui scopo, attraverso la visualizzazione sintetica, era quello di «‘transpose’ knowledge from books and documents which are by their nature ‘discursive, slow and compact’ into ‘intuitive, direct and rapid’ explanations»33. Van Acker in tal senso ne esplora il valore pedagogico educativo e identifica tre possibili modelli a cui Otlet aveva fatto riferimento: il modello educativo utilizzato nelle esposizioni universali, quello impiegato nei musei delle scienze e quello che andava affermandosi nelle scuole e nei musei scolastici proposto da pedagogisti esponenti di un nuovo movimento educativo, tra i quali Maria Montessori, John Dewey, Édouard Clapadère, Adolphe Ferrière, Ovide Decroly, William James. All’interno del museo, infatti, Otlet utilizzava «methods of visual education, such as education through wall charts and models», nell’idea che esso fosse «a form of visual education that could surpass the book and the traditional classroom with a teacher because of its directness and effectiveness»34.
Dal punto di vista dell’approccio impiegato nel museo per la visualizzazione grafica dei dati, Rayward35 ne sottolinea la sistematicità  – proprio nel tentativo di rappresentare dati eterogenei e complessi e di renderli facilmente interpretabili – poiché basato sull’uso di simboli di base o di colori ai quali veniva assegnato sempre lo stesso significato (ad esempio, gli stessi colori per i medesimi paesi o argomenti, gli stessi segni grafici per rappresentare relazioni, confronti, distribuzione geografica di elementi diversi, ecc.).

Gli atlas

L’obiettivo di rappresentare visivamente la conoscenza è rintracciabile anche nell’elaborazione di diversi ‘atlas’36 che rientrano nelle pubblicazioni esclusivamente iconografiche, all’interno delle quali – contrariamente a quanto avviene nelle opere illustrate, nelle quali il testo resta essenziale – le indicazioni scritte sono accessorie. Tra i vari progetti, Otlet lavorò all’Atlas du Musée de Vienne e verso la fine degli anni Venti del Novecento, all’Atlas de la civilisation universelle, per la realizzazione del quale collaborò con Anne Oderfeld37. A proposito del primo progetto, in una nota del 193038, Otlet afferma: «C’est un Atlas magnifique et chacun se réjouira de voir ainsi le monde rapproché de lui. L'œuvre est monumentale». E, in riferimento al metodo adottato per la sua realizzazione, egli precisa:

Pour apprécier cette méthode de visualisation il suffit de se poser cette question: quelle idée se serait-on fait des mêmes données [...], si au lieu de voir les tableaux 1 à 100 on s’était borné à lire les tableaux 101 à 130?

La rappresentazione dei dati ha comportato una loro semplificazione orientata a far emergere solo l’essenziale: l’obiettivo infatti è quello di mostrare «les grands facteurs» della vita del mondo e fornire troppi dettagli significherebbe farli perdere di vista. In un altro appunto del 192939, Otlet formula delle osservazioni sull’Atlas de la civilisation universelle. Afferma che si tratterà di un libro da vedere e non da leggere, di un «Musée à l’école ou chez soi. [...] il sera pour l’illustration ce que l’Encyclopédie est devenue pour le texte, ce que l’Atlas géographique est devenu pour la carte». Gli scopi e le caratteristiche ad esso attribuite avvalorano il ruolo che le immagini assumono nella diffusione e democratizzazione della conoscenza: l’atlas ha obiettivi didattici ed educativi, di diffusione e di propaganda, statistici, sociali (sociologici), e funge da «Atlas mondial Universel scientifique à toutes fins»; deve contenere immagini «bien faites» e «communes, dont la signification sert de base à un enseignement commun»; è indirizzato alle sfere della scienza, dell’insegnamento, dell’amministrazione e degli affari e il suo fine ultimo è quello di fornire nozioni chiare, precise, rese fruibili nella forma più intellegibile possibile. Considerando che conterrà gli elementi essenziali della civiltà che aspira a rappresentare, potrà essere utilizzato da persone di diversa nazionalità, da specialisti di differenti domini, ma soprattutto da persone di diversa età e con diverso livello di formazione intellettuale. Nell’ottica della diffusione della conoscenza, avrà un ruolo assimilabile e complementare a quello delle grandi Enciclopedie nazionali.
Gli atlas ideati e realizzati da Otlet avrebbero dovuto confluire nel già menzionato Atlas Mundaneum o EUM40, costituito da circa 8.000 illustrazioni, ma mai ultimato. Nella nota n. 8136 del 1936, ne specifica l’obiettivo:

L’Atlas Mundaneum a pour objet de donner, en une suite de tableaux, une représentation des données principales relatives au Monde, à ses parties, à leurs rapports respectifs, aux grands problèmes d’ordre Universel41

mentre nella nota n. 5213 ne descrive le caratteristiche (riportate graficamente nella figura 1 e figura 2)

une collection de planches ou tableaux consacrée chacune à une question particulière dont l’objet est d’en présenter les données sous une forme visuelle est intuitive [...] Les planches ont les dimensions 64x67 centimètres [...]. Elles consistent en dessins noirs ou couleurs, en photographies, en cartes, en tableaux synoptiques [...] Appel est fait aux Maîtres afin de contribuer à l’enrichissement de l’Atlas par des créations personnelles [...]42.

Figura 1 – Atlas Mundaneum [Introduction] 43

Figura 2 – Atlas Mundaneum44

L’idea originale era quella di suddividere tali tavole in tre serie: la storia, la geografia e le scienze nelle loro differenti branche. L’atlas non deve fungere solo da enciclopedia, ma anche da museo e da strumento di insegnamento e proprio quest’ultima funzione lo avvicina ai progetti di Otto Neurath45. Secondo van den Heuvel e Rayward l’EUM divenne una «visual, highly schematic interface to, and in a sense, a substitute for, the museum itself and for the world of knowledge locked away in the collections of libraries»46. La collezione attualmente presente presso il Mundaneum contiene gli originali delle tavole vere e proprie che si sono conservate, oltre a corrispondenza, documenti e schemi preparatori di altre opere e ricade nel periodo compreso tra il 1922 e il 1944. L’analisi dei documenti presenti nell’EUM47 mette in evidenza la ricchezza e l’eterogeneità delle tematiche trattate e illustrate per mezzo di schemi, tabelle e disegni, che in talune circostanze sono utilizzati in senso metaforico. Questi sono classificati e raccolti in collezioni più specifiche, tra le quali: (i) l’Atlas Bruxelles, nel quale vengono forniti diagrammi, dati statistici e carte geografiche tematiche della città da molteplici prospettive (popolazione, economia, clima, storia, ecc.) nell’ottica in base alla quale «L'Atlas est la partition en voie de se composer et qui aidera à ‘orchestrer’ la vie de la Cité»48; (ii) l’Atlas documentatio, che esplora le relazioni del documento «avec les autres choses» e della bibliologia con le altre scienze e contiene illustrazioni volte a rappresentare i sette livelli dell’organizzazione documentale, le regole per l’organizzazione dell’ufficio, le quattordici fasi del lavoro intellettuale, la storia della documentazione, la differenza tra «le livre d’hier et d’aujourd’hui», le prospettive future per la documentazione in relazione alle tecnologie moderne, ecc.; (iii) l’Atlas Monde, inizialmente concepito come un’introduzione generale all’EUM e come insieme di illustrazioni esplicative del testo Monde, ma poi arricchito con immagini che forniscono una rappresentazione del mondo a partire da molteplici punti di vista; (iv) l’Atlas enseignement, che presenta i rapporti tra documentazione e insegnamento e istruzione.
Alcune delle immagini contenute nell’EUM sono emblematiche per la comprensione delle forme di diffusione della conoscenza che Otlet ha immaginato e proposto nel corso della sua attività e in particolare delle idee più visionarie stimolate dall’evoluzione tecnologica e dalle possibilità offerte dai nuovi mezzi di comunicazione che si stavano affermando all’epoca. Oltre che per il tramite degli istituti internazionali e delle collezioni in questi contenute, la disseminazione a livello mondiale della conoscenza wireless sotto forma di suoni e immagini assunse diverse forme nel suo immaginario, tra le quali quella del cerveau mécanique e delle teleconferenze basate sull’uso di radio, telefono, televisione, ecc.49.

Otto Neurath e la visual education

Otto Neurath, sociologo, economista e filosofo austriaco, uno dei fondatori e maggiori esponenti del Circolo di Vienna, che promosse la filosofia del positivismo logico, istituì nel 1925 il Museum of Society and Economy a Vienna. Durante la sua carriera fu esponente non ortodosso del marxismo, sino alla sua morte fu il coordinatore della grande Enciclopedia internazionale della scienza unificata50, che doveva costituire il coronamento dell’empirismo logico e contemporaneamente segnare la sua fine come movimento unitario51. Neurath fu considerato, inoltre, un pioniere del visual journalism, una forma narrativa che diffonde la conoscenza attraverso una modalità di comunicazione visiva per rendere maggiormente fruibili le informazioni su temi molto complessi rivolgendosi ad un pubblico che spesso riceve grandi quantità di informazioni senza coglierne l’esatto significato52. Il lavoro di Neurath si colloca soprattutto nel primo dopoguerra, quando l’Europa aveva grande necessità di idee innovative per catturare l’attenzione, in particolare, di quella fascia di popolazione che viveva in condizioni di analfabetismo e di grande povertà, sintetizzato nel suo libro International picture language53, mette in evidenza come sia essenziale progettare delle strategie comunicative per veicolare al meglio le informazioni dirette al grande pubblico, spesso reso cieco dalla sovrabbondanza di stimoli cui è sottoposto. Dal punto di vista della trasmissione simbolica delle informazioni Neurath costruì un linguaggio di tipo figurale internazionale (Bildersprache) giungendo poi alla realizzazione di un sistema di elementi capaci di parlare tramite i segni che li compongono (Sprechende bilder)54. Da qui si sviluppò, nel 1925, l’idea del ‘metodo viennese’ (Vienna method of pictorial statistics) poi universalmente conosciuto come International System Of TYpographic Picture Education (Isotype) basato su pittogrammi – disegni, schematizzati e stilizzati per evocare il concetto che essi rappresentano. Le caratteristiche distintive di tali disegni sono infatti la semplicità, la riconoscibilità ed l’immediatezza. Il sistema, creato grazie alla collaborazione dell'illustratore Gerd Arntz, è stato ideato e realizzato per la comunicazione delle informazioni in maniera semplificata, con un uso ristretto (o comunque limitato) della lingua scritta e parlata. Come scrisse Ellen Lupton55, Neurath credeva fortemente nel potere del linguaggio come strumento della conoscenza: «empirical facts are only available to the human mind through symbols [...] pictorial signs would provide a universal bridge between symbolic, generic language and direct, empirical experience».
Questo linguaggio viene identificato, inoltre, da Crinson56 come una forma di sociologia visuale che rende disponibili fatti per un pubblico eterogeneo.
Un grande contributo alla realizzazione del sistema venne dato anche dalla moglie di Neurath, Marie Reidmaster (conosciuta come Marie Neurath), che ricopriva il ruolo di ‘tranformer’ orientato a convertire in linguaggio Isotype le informazioni da divulgare. Dopo anni di fughe a causa della guerra i due riuscirono a trasferirsi ad Oxford, dove ripresero i loro studi e il loro lavoro fondando contestualmente l’Isotype Institute57.
L’elemento fondante della visione democratica del sapere di Neurath è il pittogramma inteso come veicolo della formazione di interpretazioni semplici e dirette sull’essenza della realtà: «Education by pictures in harmony with Isotype system, advertisement by Isotype signs, will do much to give the different nations a common outlook»58. Il sistema dunque rappresenta specificatamente il suo modello di linguaggio visivo capace di oltrepassare le barriere culturali e linguistiche

A sign at the top of a list of numbers makes us almost independent of the knowledge of the language, because pictures, whose details are clear to everybody, are free from the limits of language: they are international. WORDS MAKE DIVISION, PICTURES MAKE CONNECTION59.

Sebbene inizialmente il sistema Isotype venne criticato, anche dallo stesso Otlet, perché ritenuto una visione utopica, nonché fortemente condizionata dal contesto storico e culturale del periodo di riferimento, il suo carattere rivoluzionario emerse sin da subito nelle diverse applicazioni, anche molto diversificate, a partire dal 1936: durante i Giochi olimpici di Tokyo, del Messico e di Monaco (figura 3, figura 4)60, ma anche per il lavoro svolto dal Dipartimento dei trasporti statunitense in collaborazione con l’American Institute of Graphic Art per la realizzazione di un sistema grafico di supporto ai viaggiatori61.

Figura 3 – Monaco, 1972[62]

Figura 4 – Tokyo 1964[63]

Isotype fu anche la base di partenza per alcuni progetti che fecero dell’‘infografica’ il loro punto di forza: si veda ad esempio a titolo esemplificativo il repertorio di icone disegnato da Susan Kare nel 1984 per il sistema operativo Apple Macintosh, rappresentato dall’icona del cestino, della mano che indica o del floppy disk (figura 5), tuttora utilizzate in diverse interfacce grafiche di sistemi operativi o software.

Figura 5 – Icone disegnate per il sistema operativo Apple Macintosh64

I pittogrammi disegnati originariamente nel progetto di Neurath sono stati nel tempo rivisti, ri-adattati e ri-progettati, ma il loro significato intrinseco e la loro organizzazione da un punto di vista concettuale è rimasta sempre fedele all’idea di base.

Collaborazione tra Otlet e Neurath

Anche Neurath nel corso delle sue indagini scientifiche si interessò di democratizzazione e disseminazione culturale e fu affascinato dall’idea del Musée Mondiale di Otlet. La loro collaborazione ebbe inizio nel 1929 e venne formalizzata da un accordo conosciuto come Novus Orbis Pictus NOP. Tale accordo era orientato alla realizzazione di un’istituzione autonoma che avrebbe supervisionato i rapporti esistenti tra il Museum of Society and Economy fondato da Neurath e il Palais mondial fondato da Otlet e che avrebbe aspirato alla creazione di diverse risorse divulgative per la democratizzazione della conoscenza e realizzazione di percorsi formativi. Nello specifico, la sua missione prevedeva la definizione di

network of museums dispersed throughout the world and to publish a series of books on a range of subjects; specifically, a universal atlas containing geographical, climactic, social, and economic maps about all regions of the world and their histories; a “specialist atlas” for individual professions and targeted age groups; a world encyclopedia, with images and accompanying text; a children’s book series, a children’s newspaper, and an adult newspaper65.

L’obiettivo rimase quello di assicurare una disseminazione e orizzontalizzazione della conoscenza nonché di garantire la messa a punto di strumenti di supporto per la diffusione di un percorso educativo a livello mondiale.
La collaborazione tra Otlet e Neurath, così come l’analisi delle similitudini e delle differenze tra le rispettive opere e il pensiero che le sottende, sono state oggetto di diversi studi, che le affrontano da più prospettive. Van Acker66 si sofferma prevalentemente sulla visione enciclopedica che accomuna Otlet e Neurath67 e che si manifesta nella loro idea di museo e di educazione visiva, orientate alla trasmissione di informazioni in modo chiaro e comprensibile a tutti i cittadini senza distinzione di nazionalità con l’obiettivo di rendere questi ultimi maggiormente consapevoli della società di cui fanno parte. Finalità questa che assume una forte connotazione morale ed etica – in continuità con la tradizione filosofica dell’Enciclopedismo – che porta ad una migliore comprensione tra popoli ed individui e di conseguenza apre la strada all’affermazione della pace universale.
È nel potere delle immagini, nella misura in cui queste costituiscono un veicolo di rappresentazione del significato delle entità da una prospettiva educativa, che Otlet e Neurath modellano le loro finalità di ricerca per il raggiungimento della democratizzazione della conoscenza. Ciò che unisce i due intellettuali è la loro missione culturale indirizzata verso un ampio pubblico compiuta attraverso l’uso esplicativo delle immagini caratterizzato da un valore illustrativo immediato ai fini della definizione di una strategia educativa tra i popoli. Entrambi riconoscono nella visual education un metodo per giungere ad una sintesi della conoscenza, a partire dalla molteplicità dei dati e delle informazioni disponibili, con l’obiettivo di rappresentare e veicolare solo gli elementi essenziali, escludendo quelli superflui. Questo approccio educativo viene riconosciuto come particolarmente importante per raggiungere anche le persone analfabete, assumendo di conseguenza un forte valore sociale, politico e di propaganda verso l’affermazione di una cittadinanza mondiale68.
Disquisirono entrambi sul potere delle immagini: da una parte, Neurath credeva fortemente nell’unità dei concetti scientifici e nella possibilità che ognuno di essi potesse essere rappresentato da un linguaggio universale osservativo, e, dall’altra, Otlet riteneva che la realtà potesse essere astratta attraverso l’uso delle immagini in quanto riflettevano una struttura relazionale legata al concetto universale di parte-tutto69.
Oltre al già menzionato esplicito riferimento a Neurath all’interno del Traité, Otlet riprende il pensiero del sociologo tedesco - sempre in merito all’uso delle immagini - citando il Wiener methode adottato dal Gesellschaft und Wirtschaft Museum da lui fondato e riportando il principio in base al quale, nel dominio della statistica sociale «Ce que l’on peut exprimer en images et en couleurs ne doit pas l'être en signes alphabétiques». I due studiosi condividono anche l’idea in base alla quale è necessaria la definizione di un nuovo linguaggio i cui elementi costitutivi siano le immagini e che sia finalizzato - utilizzando le parole di Otlet - ad una «assimilation plus générale, plus facile et plus prompte»70. Di fronte all’aumento considerevole del sapere è indispensabile trovare un nuovo modo per potervi accedere e il compito che Otlet intravede consiste nell’«enfermer dans la série des images toutes les idées qui peuvent y être enfermées»71.
Tuttavia, alcune dissomiglianze nel pensiero dei due intellettuali vengono individuate sia dallo stesso Van Acker, sia da Tega72. Una prima fondamentale distinzione riguarda il sostrato filosofico delle loro opere: mentre Neurath presenta una visione che può essere definita anti-metafisica, quella di Otlet – rintracciabile soprattutto in Monde e nelle illustrazioni relative a quest’opera – si connota come metafisica e quasi religiosa. Un’altra significativa differenza riguarda l’organizzazione e la sistematizzazione della conoscenza: mentre Otlet rivendicava l’importanza di porre un ordine ai fatti ricorrendo all’uso di un sistema gerarchico, Neurath riteneva che la conoscenza potesse essere provvisoriamente strutturata durante un percorso di trasformazione continua e aperta73. Metaforicamente l’idea di sintesi della conoscenza propria del pensiero di Otlet viene rappresentata per mezzo di una piramide:

from the multitude of books, statements, and linguistic combinations one moves to the general truths that can provide the basis for a universal civilisation. The Mundaneum, the instrument to create the synthesis, ‘must’, as Otlet states in the drawing, ‘be built in the manner of a pyramid’74.

Neurath non condivideva l’idea di una strutturazione piramidale, proponendo piuttosto un mosaic pattern per la rappresentazione della scienza unificata, che potesse meglio seguire l’evoluzione e le interconnessioni della conoscenza oltre che il rapporto orizzontale che egli riconosceva tra le varie scienze. Come sottolineato da Tega, infatti, il modello enciclopedico di Neurath si pone come «la seule défense démocratique» contro il «totalitarisme des sciences historiquement dominantes». In tal senso il termine ‘democratico’ assume una doppia valenza:

démocratie en tant qu’obstacle à la tendance prévaricatrice d’une science sur les autres [...] mais démocratique aussi en ce sens qu’elle étend la participation, ou pour le moins le bénéfice du savoir scientifique, à un public qui en aucun cas ne se limite exclusivement aux scientifiques professionnels75.

Inoltre, Neurath aveva un interesse più circoscritto rispetto agli ambiti rappresentati attraverso il linguaggio pittorico, diversamente da Otlet che attribuiva alle immagini l’espressione della sua visione complessiva del mondo. Van den Heuvel76 fa riferimento in tal senso al commento che Otlet formulò in riferimento all’Atlas Gesellschaft und Wirtschaft che ricevette nel 1930 e che era espressione della ricerca di Neurath sull’uso delle immagini. In una lettera datata 15 febbraio 1930 Otlet afferma che, pur trattandosi di un atlas magnifico, non poteva dirsene completamente soddisfatto, essendo il focus limitato all’ambito sociale ed economico e non estendendosi alla ‘pensée’, ovvero alla conoscenza in generale. L’atlas avrebbe dovuto avere un respiro universale ed includere più punti di vista per rappresentare l’unità fondamentale del mondo intero.
Sebbene, come affermato anche da Van Acker, nella rappresentazione di dati quantitativi e di mappe statistiche, Otlet seguisse il codice Isotype di Neurath rendendo l’influenza di quest’ultimo molto evidente  – a titolo esemplificativo si riporta in figura 6 un’immagine relativa alla distribuzione della popolazione di Bruxelles, che richiama lo stile di Neurath – egli dava priorità alla sistematizzazione enciclopedica rispetto alla standardizzazione grafica, i suoi metodi erano «eclectic, pragmatic and derivative» e la molteplicità di tecniche utilizzate lo faceva distinguere tanto da Neurath che da altri, che seguivano in maniera più sistematica rigorosi approcci di rappresentazione statistica77.

Figura 6 – Population des faubourgs de Bruxelles78

Conclusioni

L’articolo ha indagato e approfondito i risultati delle ricerche portate avanti da Otlet e Neurath sulla valenza visiva delle immagini nella possibilità di equiparare gli accessi alla conoscenza da parte di ampi gruppi di utenti. Come sottolineato da van den Heuvel79, infatti, entrambi gli autori si dimostrarono fortemente determinati, a cavallo tra la fine del XIX secolo e la prima metà del XX secolo, nel ricercare nuove strade per l’organizzazione e la disseminazione della conoscenza su scala mondiale al fine di poter garantire la pace a livello globale e porre la basi per la creazione di una civiltà universale. Il carattere universale del linguaggio è a più riprese evidenziato nelle opere di Otlet, il quale si concentra sull’utilizzo delle immagini volte alla rappresentazione sintetica della conoscenza. È dai linguaggi visivi che i significati semantici assumono il ruolo di veicoli della conoscenza più immediati perché si staccano dalle lingue in cui i testi vengono scritti diventandone delle ‘interfacce’.
L’uso delle immagini è presente negli ‘atlas’ in cui rientrano pubblicazioni esclusivamente iconografiche che vengono arricchite da schemi, tabelle e disegni, talvolta usate metaforicamente, per la presentazione delle diverse tematiche, e proprio per questo per Otlet divengono sintesi visive che trasmettono in forma chiara e accessibile la conoscenza tra tutti.  Allo stesso modo, l’analisi proposta nel presente articolo ha dimostrato che anche nella visione di Neurath le immagini, e più nello specifico il linguaggio per immagini, definito da lui stesso ‘Isotype’, permettono di rendere intellegibili a chiunque gli aspetti della realtà indipendentemente dalla propria nazionalità, garantendo in questo modo che la conoscenza sia interpretabile in forma immediata a livello universale tra i popoli. Il linguaggio ipotizzato da Neurath è visivamente diretto e assicura una comprensione standardizzata di una simbologia rivolta all'interpretazione della realtà unendo i diversi popoli e arricchendo i relativi bagagli culturali. È nella forma comunicativa e sintetica delle immagini che Neurath, come riportato da Van Acker80, intravede la possibilità di ridurre i gradi di specializzazione che generalmente separano le conoscenze tra i popoli. Grazie al suo modello Isotype si ritiene possibile il raggiungimento di una modalità universale di comunicazione superando le barriere linguistiche e creando una base universale di comprensione della realtà scevra da condizionamenti personali di pensiero, livelli di alfabetizzazione e sovrastrutture interpretative. È questo il principio che ha accomunato entrambi gli autori e che si evince in molteplici punti della loro attività intellettuale: riuscire a illustrare in una prospettiva internazionale i contenuti educativi al fine di porre le basi per l’orizzontalizzazione del sapere e l’unificazione dei popoli su base conoscitiva e contribuire in tal modo alla costruzione della pace rafforzando i legami internazionali, la cultura e l’istruzione.


Note

Le autrici hanno lavorato collegialmente alla stesura dell’articolo, tuttavia Antonietta Folino ha redatto il paragrafo Paul Otlet e la democratizzazione del sapere; Claudia Lanza i paragrafi Collaborazione tra Otlet e Neurath e Conclusioni ed Erika Pasceri i paragrafi Introduzione e Otto Neurath e la visual education.

Ultima consultazione siti web: 27 gennaio 2023.

1 Paul Otlet, Traité de documentation: le livre sur le livre. Théorie et pratique. Bruxelles: Editions Mundaneum, 1934.
2 Paul Otlet, Monde : essai d’universalisme. Bruxelles: Editions Mundaneum, 1935.
3 Otto Neurath, International picture language: the first rules of Isotype. London: Paul, Trench, Trubner & Company, Limited, 1936.
4 Paul Otlet, Testament, derniers désirs, 28 janvier 1930. Archives du Mundaneum, Papiers personnels Paul Otlet, (PP PO) papiers privés, dossiers personnels avec y compris la famille Otlet, la société Otlet, famille Otlet avec y compris Edouard Otlet-famille Linden-famille Van Mons, Boîte 0035.
5 Molteplici studi si soffermano sulla figura di Otlet come precursore dell’ipertesto e del Web. Tra questi è possibile citare Alex Wright, Cataloging the world: Paul Otlet and the birth of the Information Age. Oxford: Oxford University Press, 2014; Charles van den Heuvel, Building society, constructing knowledge, weaving the web: Otlet's visualizations of a global information society and his concept of a universal civilization. In: European modernism and the information society: informing the present, understanding the past, edited by W. Boyd Rayward. London: Ashgate, 2017, p. 127-153.
6 P. Otlet, Monde cit., p. 432.
7 Ivi, p. 437.
8 Ivi, p. 448.
9 Ivi, p. 449.
10 Olivier Le Deuff, Utopies documentaires: de l’indexation des connaissances à l’indexation des existences, «Communication et organisation», 48 (2015), p. 93-106.
11 P. Otlet, Traité de documentation cit., p. 9.
12 «1. L’illustration du livre et du document prend la forme d’images réelles, d’images schématiques et de motifs décoratifs. Le mot illustration est un terme générique qui s’applique à l’ensemble des vignettes et dessins que contient une œuvre, abstraction faite de ses espèces, de sa qualité et de son nombre. Ce terme comprend donc toutes les formes de présentation, tous les documents autres que les textes» P. Otlet, Traité de documentation cit., p. 76.
13 Ivi, p. 75.
14 Ivi, p. 76.
15 Ivi, p. 77.
16 Ibidem.
17 Ibidem.
18 Ai manifesti, che rientrano tra le molteplici forme che le illustrazioni possono assumere, Otlet riconosce un importante ruolo educativo. A titolo esemplificativo menziona l’importanza che gli stessi hanno avuto nell’educazione del popolo in U.R.S.S. (Ivi, p. 197). Sono state infatti funzionali al progresso economico, al superamento dell’analfabetismo, al miglioramento delle condizioni igieniche, ecc.: «L’image qui a été un précieux moyen pour l’enseignement de l’enfant doit le rester pour la foule des illettrés et des moins lettrés» (Ibidem).
19 W. Boyd Rayward, From the index card to the world city: knowledge organization and visualization in the work and ideas of Paul Otlet. In: Classification & visualization-interfaces to knowledge: proceedings of the international UDC seminar, the Hague, the Netherlands 24-25 October 2013, edited by Aida Slavic, Almila Akdag Salah and Sylvie Davies. Wurzbürg: Ergon Verlag, 2013, p. 11-50.
20 Charles van ven Heuvel; W. Boyd Rayward, Facing interfaces: Paul Otlet’s visualizations of data integration, «Journal of the American Society for Information Science and Technology», 62 (2011), n. 12, p. 2313-2326: p. 2320, DOI:10.1002/asi.21607.
21 Paul Otlet, La fonction et les transformations du livre : résumé de la conférence faite à la maison du livre, 14 novembre 1908, Pub. No. XI, Brussels: Musée du Livre, 1909.
22 Paul Otlet, Monde cit., p. 390-391.
23 Charles van den Heuvel, Building society, constructing knowledge, weaving the web cit., p. 133.
24 https://artsandculture.google.com/story/XgXRA7cl3h4A8A.
25 P. Otlet, Traité de documentation cit., p. 7.
26 Steffen Ducheyne, “To treat of the world”: Paul Otlet’s ontology and epistemology and the circle of knowledge, «Journal of Documentation», 65 (2009), n. 2, p. 223-244: p. 223, DOI: 10.1108/00220410910937598.
27 https://artsandculture.google.com/story/XgXRA7cl3h4A8A.
28 P. Otlet, Traité de documentation cit., p. 174.
29 Giovanni Amos Comenio, Nivnice, 28 marzo 1592 – Amsterdam, 15 novembre 1670.
30 Ibidem
31 S. Ducheyne,“To treat of the world” cit.; Wouter Van Acker, Universalism as utopia: a historical study of the schemes and schemas of Paul Otlet (1868–1944) [tesi di dottorato]. Ghent University, Faculty of Engineering and Architecture, 2011.
32 Ibidem.
33 https://artsandculture.google.com/story/XgXRA7cl3h4A8A.
34 W. Van Acker, Universalism as utopía cit., p. 190.
35 W. B. Rayward, From the index card to the world city cit.
36 «Unlike the English word ‘atlas’, the original French word ‘atlas’ refers, not to a volume of geographic maps but to a collection of images, reproductions of paintings, or other iconographic documents that are joined to a work to make it more comprehensible», https://artsandculture.google.com/story/XgXRA7cl3h4A8A.
37 Anne Oderfeld, (1895-1958), https://hyperotlet.huma-num.fr/site/item/657.
38 Paul Otlet, Note n. 6226, 1930.11.15, Gesellschaft und wirtschaft, Archives du Mundaneum, PP PO, Boîte 478 bis, fasc. «Novus Orbis Pictus».
39 Paul Otlet, Note n. 5928, 1929.10.23, Novus orbit pictus : atlas de la civilisation universelle. Notes et observations, Archives du Mundaneum, PP PO, Boîte 478bis, fasc. «Novus Orbis Pictus».
40 È importante qui menzionare anche l’Encyclopedia Microphotica Mundaneum, che raccoglie «strips of microfilmed images on various subjects», W. B. Rayward, From the index card to the world city cit.
41 Paul Otlet, Doc. n. 8136, 1936.06, Atlas Mundaneum, Archives du Mundaneum, PP PO, Encyclopedia Universalis Mundaneum.
42 Paul Otlet, Note n. 5213, 1924.11.07, Atlas du Musée International (Palais Mondial), Encyclopedia Universalis: notice, Archives du Mundaneum, PP PO, Encyclopedia Universalis Mundaneum.
43 Archives du Mundaneum, PP PO, Encyclopaedia Universalis Mundaneum (EUM), https://catalogue.mundaneum.org/index.php/Detail/objects/114955.
44 Archives du Mundaneum, PP PO, Encyclopaedia Universalis Mundaneum (EUM), https://catalogue.mundaneum.org/index.php/Detail/objects/115170.
45 https://catalogue.mundaneum.org/index.php/Detail/objects/1305.
46 Charles van den Heuvel; W. B. Rayward, Facing interfaces cit., p. 2321.
47 Resi accessibili e consultabili sul sito del Mundaneum (https://catalogue.mundaneum.org).
48 https://catalogue.mundaneum.org/index.php/Detail/objects/114625.
49 Charles van den Heuvel, Building society, constructing knowledge, weaving the web cit.
50 Serie di monografie di filosofia della scienza, pubblicata dal 1938 al 1962, secondo il progetto ideato da Neurath, Carnap e Morris, membri del circolo di Vienna. Con quest’opera si cercava di enucleare un insieme di leggi fondamentali da cui dedurre le leggi particolari delle diverse discipline scientifiche, comprese quelle sociali, in modo da unificare concettualmente e terminologicamente la scienza stessa.
51 Otto Neurath, Sociologia e positivismo. Roma: Ubaldini Editore, 1968, p. 7.
52 Alessandro Luigini; Matteo Moretti, L’attualità di Otto Neurath: da Isotype al visual journalism per un racconto visuale della società, «XY Journal», 3 (2018), n. 6, p. 75-93: p. 75.
53 O. Neurath, International picture language cit.
54 A. Luigini; M. Moretti, L’attualità di Otto Neurath cit., p. 77.
55 Ellen Lupton, Reading Isotype, «Design Issues», 3 (1986) n. 2, p. 47-58: p. 47, DOI:10.2307/1511484.
56 Mark Crinson, Rebuilding Babel: modern architecture and internationalism. London: I.B. Tauris & Co Ltd., 2017.
57 Christopher Burke; Günther Sandne, Marie Reidemeister and Otto Neurath: interwoven lives and work, «The European Journal of Life Writing», XI (2022), p. WG103-WG129: p. WG104.
58 O. Neurath, International picture language cit., p. 18.
59 Ibidem.
60 E. Lupton, Reading Isotype cit., p. 56.
61Valeria Menchetelli, Ubiquità di un’atopia: il linguaggio universale Isotype e la riforma della comunicazione visiva. In Atti del seminario degli studi Atopie Università degli Studi Federico II - Facoltà di Architettura, 2013, p. 159-164: p.162.
62 Pittogrammi disegnati da Otl Aicher.
63 Pittogrammi disegnati da Yusaku Kamekura.
64 Icone disegnate da Susan Kare per il sistema operativo Apple Macintosh ispirandosi ai pittogrammi di Neurath, Ivi, p. 163.
65 Nader Vossoughian, The language of the world museum: Otto Neurath, Paul Otlet, Le Corbusier, «Associations Transnationales», 1-2 (2003), p. 82-93: p. 88.
66 W. Van Acker, Universalism as utopía cit.
67 Lo studio di Van Acker si interessa anche alla figura del sociologo e urbanista scozzese Patrick Geddes (1854-1932).
68  W. Van Acker, Universalism as utopía cit.
69 C. van den Heuvel, Building society, constructing knowledge, weaving the web cit.
70 P. Otlet, Traité de Documentation cit., p. 80.
71 Ivi, p. 193.
72 Walter Tega, Paul Otlet, Otto Neurath, Le Corbusier : un projet pour la paix perpétuelle, «Revue de Métaphysique et de Morale», (2014), n. 4, p. 545-559.
73 Enrico Chapel, Otto Neurath and the CIAM: the international pictorial language as a notational system for town planning. In: Encyclopedia and utopia: the life and work of Otto Neurath (1882–1945), edited by Elisabeth Nemeth, Friedrich Stadler. Dordrecht; Boston; London: Kluwer Academic Publishers, 1996, p. 167-182.
74 Van Acker Wouter, Universalism as utopia cit., p. 348.
75 W. Tega, Paul Otlet, Otto Neurath, Le Corbusier cit., p. 550.
76 Charles van den Heuvel, Building society cit.
77 https://artsandculture.google.com/story/XgXRA7cl3h4A8A.
78 Archives du Mundaneum, PP PO, Encyclopaedia Universalis Mundaneum (EUM), https://catalogue.mundaneum.org/index.php/Detail/objects/114632.
79 C. van den Heuvel, Building society, constructing knowledge, weaving the web cit.
80 W. Van Acker, Universalism as utopía cit.