L’Odissea editoriale dell’Ulysses di James Joyce tra censure, varietà infinite ed edizioni scomparse: saggio recensione a seguito del libro di Lucio Gambetti Un’Odissea editoriale. A cento anni dall’Ulysses di Joyce. Biblion, 2022

Antonella De Robbio

L’Ulisse di Joyce può essere un canto, una rapsodia, una parodia,
ma sempre intrisa d’umanità.
Si direbbe che il cammino di Leopold Bloom
è quello tormentato dell’uomo per le strade del mondo […
Nell’Ulisse s’incontrano pagine sorrette da un’alta e autentica poesia […
E se qualche volta gli uomini peccano, ciò rientra nel loro destino
ed anche il loro peccato è fonte di dolore.
E se si descrive talvolta il peccato, specie quello della carne,
non si fa che rimanere aderenti alla umanità.
L’accusa di pornografia o di osceno suona offesa al contenuto del romanzo
che costituisce l’epopea ora gioiosa, ora triste, ora dolorante dell’uomo
costretto a vivere fino al giorno in cui fatalmente precipita nella morte.
(Procura Repubblica Verona, 24 settembre 1962 (requisitoria) — Bianchi Estensore)

Il prezioso libricino di Lucio Gambetti1, di poco più di un centinaio di pagine, ci conduce in un viaggio attraverso la storia editoriale di uno dei romanzi più importanti e influenti del XX secolo, l’Ulisse di James Joyce, soffermandosi in particolare sull’edizione italiana del romanzo ed esplorando la sua storia editoriale, la ricezione critica e le sfide linguistiche che hanno reso difficile la traduzione e l’interpretazione di un’opera così complessa. Il libro di Gambetti, Un’Odissea editoriale. A cento anni dall’Ulysses di Joyce, non entra nel merito del contenuto delle traduzioni né di un loro confronto; lo scopo del libro è un altro: narrare il viaggio dell’opera in questi cento anni. Il libro è diviso in sei capitoli, ciascuno esamina un aspetto diverso dell’opera e il suo impatto culturale dal Novecento ad oggi:

  1. L’inizio del viaggio
  2. Joyce, Trieste e l’Italia
  3. Le prime apparizioni italiane
  4. L’Ulisse e Marilyn
  5. Le edizioni Mondadori
  6. Le versioni successive

La bella prefazione di Sara Sullam, dal titolo In varietà infinite ovunque: le molte vite di un romanzo centenario, apre la strada a questa narrazione, facendoci entrare nella Biblioteca nazionale d’Irlanda dove troviamo Stephen Dedalus, alter ego letterario di James Joyce, protagonista e antieroe di Ritratto dell’artista da giovane e importante personaggio dell’Ulisse. Dedalus sta disquisendo sul rapporto tra biografia e creazione letteraria in una discussione nientemeno che su William Shakespeare, autore che pervade tutta l’opera di Joyce. In varietà infinite, infatti, l’Ulisse ha percorso il Novecento ed è entrato, scrive Sullam, nel ventunesimo secolo con nuove edizioni e traduzioni.
Si sono già affrontate le tematiche2 legate alla questione relativa al copyright delle varie edizioni del romanzo nel corso dei decenni: sui diritti d’autore vantati dagli eredi – in particolare dal nipote Stephen James Joyce (mancato nel gennaio 2020) e sulla duplice caduta nel pubblico dominio del suo autore, prima nel 1992 e poi nel 2012. Le successive battaglie sui diritti d’autore dei manoscritti inediti, il divieto di indagare su quale fosse il testo dell’opera originale, le censure subite dai biografi da parte di Stephen Joyce, fino alle edizioni scomparse dal mercato, sono tutte questioni che chi scrive conosce bene.
Con Gambetti, appassionato bibliofilo e storico accurato, ci fu un interessante scambio via e-mail, in particolare sulle questioni correlate ai diritti e sulle vicende giudiziarie negli Stati Uniti e successivamente anche in Italia. Numerosi sono stati gli atti di censura nei vari paesi che hanno rallentato la presenza nel mercato editoriale di traduzioni o revisioni del romanzo, e questo per tutto il Novecento. Pertanto, il presente articolo si connota quasi come un saggio piuttosto che una recensione. Rispetto al libro di Gambetti e ad altri articoli comparsi negli ultimi anni, chi scrive ha aggiunto alcuni riferimenti nuovi, come il recupero della sentenza italiana che troveremo alla fine. Fu a seguito della vicenda dell’edizione italiana scomparsa dell’Ulisse di Joyce e della complessa vicenda legata ai diritti che Lucio Gambetti, in fase di scrittura del suo scritto, mi contattò verso la fine del 2021, per avere informazioni a proposito dell’edizione italiana Shakespeare & Company di Firenze, edizione introvabile da anni nel mercato editoriale. Pubblicata nel limbo tra la prima caduta nel pubblico dominio di Joyce e il suo rientro sotto tutela, comparve sulla scena nel 1995, tradotta dall’allora ventitreenne Bona Flecchia, unica non traduttrice di professione tra i big del settore. Edizione dal linguaggio fresco e giovane, molto distante stilisticamente dalle traduzioni di Giulio De Angelis delle edizioni Mondadori, all’epoca fu l’unica traduzione ‘alternativa’.
Gambetti nel primo capitolo, L’inizio del viaggio, ripercorre la storia editoriale dell’opera, un classico del Novecento che affrontò notevoli difficoltà prima di essere pubblicato il 2 febbraio 1922 a Parigi, dalla libreria Shakespeare & Co. di Sylvia Beach. Il romanzo che ha ‘liberato le parole’ rendendole libere per l’uso giusto3 ebbe un percorso tormentato, e ad oggi nel mercato del modernariato alcuni bibliofili hanno rintracciato alcune copie fuori tiratura, non rilegate e senza copertina, di grande interesse oltre che di grande valore. Insomma, si stima che la prima edizione dell’Ulisse stampata a Parigi sia il terzo libro più costoso al mondo, con una quotazione di circa 35.000 euro, ma con un costo ancora maggiore se l’esemplare è firmato dall’autore4.
Gambetti traccia una raffinata analisi sul destino riservato alla pubblicazione delle varie edizioni del romanzo nei vari paesi, ma non mi dilungherò su tutti gli incidenti di percorso altrimenti toglierei il piacere della lettura del testo. Il primo capitolo è infatti il più ricco e corposo e costituisce la metà del libro e alcuni passaggi sono essenziali per capire la complessità del viaggio percorso da l’Ulisse, arricchito da Gambetti con citazioni colte sugli autori letterari del tempo5 in relazione anche alle vicissitudini delle case editrici dell’epoca. L’estenuante lotta per poter pubblicare l’Ulisse integralmente nel Regno Unito e negli Stati Uniti durerà oltre quattordici anni; nella stessa Irlanda sarà pubblicato solo nel 1966. In Gran Bretagna, il pubblico ministero Sir Archibald Bodkin minacciò di intraprendere azioni legali contro l’intera Università di Cambridge quando un professore ne ordinò una copia per la biblioteca dell’ateneo.
Negli Stati Uniti, l’Ulysses rimarrà off limits fino al 1934 grazie a un escamotage entrato nella storia della letteratura6. Nei dodici anni precedenti era stata proibita non solo la pubblicazione ma anche la circolazione, fino a quando il giudice John M. Woolsey – durante il famoso processo di New York nella causa nota come United States vs. One book named Ulysses – il 6 dicembre 1934 sentenziò che l’Ulisse non era «un romanzo pornografico». La sentenza consentì l’uscita di un’edizione ufficiale e, dopo soli quattro mesi, la Random House ne aveva già vendute 35.000 copie, più di quante ne aveva vendute Sylvia Beach in tutti quegli anni, facendo diventare l’Ulisse un libro famoso nel mondo. Ma vediamo in dettaglio la sequenza.
Prima della prima edizione del 1922, precisamente nel 1918, l’opera venne pubblicata a puntate e incompleta, sulla rivista statunitense The little review, che si interruppe nel 1920 al tredicesimo episodio Nausicaa perché la rivista ricevette una querela per pubblicazione di materiale osceno: l’ufficio postale sequestrò le copie della rivista e si rifiutò di distribuirle, l’editore perse la causa e dovette pagare ammenda. A seguito di questa vicenda si interruppe anche la trattativa per l’edizione del romanzo in volume7, come scrive Joyce in una lettera a Italo Svevo (suo amico del periodo triestino) del 5 gennaio 19218. La querela portò Margaret Anderson e Jane Heap ad essere citate in giudizio. L’iter giudiziario che ne seguì bloccò la pubblicazione di frammenti dell’Ulisse fino al processo del 1933, quando finalmente si arrivò alla pubblicazione del libro negli USA per la Random House. In seguito alla sentenza del 1921, l’Ulisse non poteva più essere pubblicato su riviste e tutte le offerte delle case editrici americane interessate alla pubblicazione del romanzo vennero ritirate. Joyce fu costretto così a pubblicare il libro a Parigi con la Shakespeare & Company di Sylvia Beach nel 1922. Dodici anni dopo la prima sentenza statunitense, il 6 dicembre 1933, si tenne il nuovo processo a New York che avrebbe deciso la possibilità di avere una edizione ufficiale: finirono sotto l’esame dei censori ben 33 passaggi del romanzo, la maggior parte nella parte finale, quella del monologo di Molly Bloom. Il giudice John M. Woolsey si pronunciò a favore della pubblicazione del libro, con una sentenza che rappresentò una pietra miliare per tutta la letteratura contemporanea. Tuttavia, va considerato che il 1933 fu l’anno in cui ebbe fine il periodo del Proibizionismo e che segnò l’inizio della presidenza Roosevelt.
Prima dell’edizione ufficiale era circolata un’edizione pirata, pubblicata sempre a New York nel 1929 da Samuel Roth e non autorizzata da Joyce, su imitazione della nona ristampa dell’edizione 1927 della Shakespeare & Company; tuttavia, durante la riproduzione, si verificarono numerosi errori e refusi. Sebbene delle 2-3.000 copie stampate la maggior parte fosse stata sequestrata e distrutta dopo qualche mese dalla buoncostume di New York, una copia di questa edizione si salvò e fu inconsapevolmente usata da Bennett Cerf di Random House come base per la prima edizione statunitense autorizzata e stampata nel 1934, riproducendo molti degli errori di quell’edizione pirata.
La svolta della sentenza statunitense che libera il romanzo giunge anche in Gran Bretagna e dà l’avvio alle edizioni inglesi. Una versione francese uscirà nel 1929 preceduta da quella in lingua tedesca del 1927, prima lingua in cui il romanzo è tradotto dopo le diverse edizioni in inglese.
Di notevole interesse la narrazione della traduzione giapponese intrapresa nel 1930 dal modernista Sei Itō9, interrotta per questioni legate alla corresponsione dei diritti e anche in Giappone per problemi di censura. Ma mi devo fermare qui perché le 58 pagine che compongono il primo capitolo fitte di date, paesi, traduttori, vicende editoriali e giudiziarie necessiterebbero di una mappa concettuale visuale con tutta la rete di relazioni.
Il secondo capitolo su Joyce a Trieste è focalizzato sul suo rapporto con l’Italia, e in particolare dell’amicizia con Svevo10, conosciuto nel marzo del 1907 dopo il suo rientro dal soggiorno romano, e anche del rapporto con lo scrittore triestino Silvio Enea Benco11 e con Carlo Linati con il quale, scrive Gambetti nei capitoli successivi, vivrà un rapporto piuttosto ambiguo. Fu in quel periodo che Joyce redasse prima lo schema Gilbert nel 1921 per aiutare il suo amico Stuart Gilbert a comprendere la struttura fondamentale del romanzo12, poi lo schema Linati che fu creato sempre da Joyce per aiutare il suo amico Carlo Linati, traduttore, ad apprezzare la struttura e l’architettura complessa del romanzo per l’edizione italiana (di cui si dirà più avanti).
Il terzo capitolo racconta delle prime apparizioni italiane dell’opera, e Gambetti ipotizza che Joyce si sarebbe divertito molto nel rivedere la traduzione italiana, proprio perché conosceva la lingua essendo vissuto a Trieste nel periodo gestazionale dell’Ulisse; purtroppo la prima edizione italiana arrivò solo nel 1960, troppo tardi perché Joyce morì nel 1941. Nel nostro Paese l’Ulisse comparve negli anni del boom economico, fattore non trascurabile, e Gambetti ne parla anche nel capitolo quattro che dedica alla famosa foto di Marylin Monroe che legge l’Ulisse13. La foto scattata nel 1955, dalla fotografa americana Eve Arnold dell’agenzia fotografica Magnum, circolò sui periodici italiani proprio nel periodo in cui l’Ulisse approdava in Italia, una foto memoria collettiva che fece molto scalpore. Arnold, intervistata l’anno dopo, disse:

Stavamo lavorando sulla spiaggia di Long Island. Lei stava facendo visita al poeta Norman Rosten… Le chiesi che cosa stesse leggendo quando passai a prenderla (volevo farmi un’idea di come occupasse il suo tempo libero). Mi disse che teneva l’Ulisse in macchina e che lo stava leggendo da molto tempo. Disse che le piaceva il suono e che se lo leggeva a se stessa, ad alta voce, per dare un senso a quelle parole, ma faceva fatica ad andare avanti. Non riusciva a leggerlo continuativamente. Quando poi ci fermammo più avanti per fare delle foto, prese il libro e cominciò a leggerlo, mentre io caricavo la pellicola. Così, ovviamente, la fotografai. C’era sempre una certa collaborazione, uno sforzo comune tra fotografo e soggetto, ma quella volta fu un’idea sua14.

Oltre al boom economico, in quel periodo facevano il loro ingresso nella scena letteraria gli scrittori della Neovanguardia italiana, costituitasi nel 196315. Gambetti si chiede se la diffusione dell’opera di Joyce sia stata in qualche modo virus di contagio e abbia in un certo senso contaminato la letteratura di quegli anni. Sullam sottolinea il rapporto non secondario tra i lettori di un’opera ‘nuova’ che, a distanza di quasi quarant’anni da quella originale, si trovavano a sperimentare nuove forme di letteratura. Anche Carlo Bo si chiedeva che accento avrebbe potuto dare alla lettura dell’Ulisse «un lettore giovane arrivato sull’onda del neo realismo e degli sperimentalisti alla letteratura»16. È pur vero, ci dice Giorgio Zampa, citato nella ricca prefazione di Sullam, che «dei libri di cui si parla senza averli letti, e su cui ci si pronuncia, l’Ulisse di Joyce offre il caso più illustre»17. Le note questioni legate alla censura, le dispute sui diritti e la prudenza degli editori nell’investire su traduzioni, hanno reso difficile anche l’arrivo dell’edizione italiana apparsa quasi quarant’anni dopo la prima pubblicazione in lingua inglese in Francia.
Nonostante i tentativi, negli anni Venti e Trenta, di affidare la traduzione dell’Ulisse ad alcuni scrittori italiani come Pavese, Vittorini, Montale e Linati, il primo traduttore italiano ad aver completato la traduzione integrale dell’opera fu Giulio De Angelis, un laureato in letteratura inglese e traduttore di professione. Gambetti offre un’attenta disamina sulle vicissitudini editoriali e su quelle relative ai diritti che in Italia dureranno decenni, periodo in cui gli esponenti del mondo letterario ed editoriale cercheranno di pubblicare l’opera in Italia e di trovare un traduttore, anzi ‘il’ traduttore. Percorso di grande interesse che va letto per capire anche come si muoveva il mondo editoriale in quegli anni. Ciò testimonia come in Italia gli studiosi abbiano iniziato a occuparsi dell’Ulisse con decenni di ritardo rispetto ad altri paesi, perché la prima traduzione italiana arriverà solo nel 1960, per i tipi Mondadori in traduzione integrale a cura di Giulio De Angelis, un lavoro a cui questi aveva dedicato oltre dieci anni.
È pur vero però che a partire dal 1926 in Italia dell’Ulisse se ne parla e vengono alla luce le prime anticipazioni del romanzo su alcuni periodici italiani. Pur con un’accoglienza di critica poco favorevole, comunque se ne parla, e Linati traduce alcuni brani dall’originale inglese per il periodico Il convegno. Conferenze, dibattiti, epistolari, traduzioni di episodi su periodici italiani, articoli di critica letteraria imperverseranno in quegli anni tra vere e proprie ostilità verso il romanzo, come ebbe modo di esprimere Cesare Pavese, insieme ad altri, e alcuni (pochi) estimatori18.
La traduzione De Angelis in tutte le sue ‘variazioni’ è stata considerata per decenni l’unica traduzione integrale autorizzata e ha fatto parte del dominio dei diritti detenuti da Mondadori fino a quando Joyce non cadde per la seconda volta nel pubblico dominio. Nel 2012, infatti, la scadenza dei diritti ha permesso l’uscita di diverse traduzioni dell’Ulisse. Tra queste, quella di Enrico Terrinoni (con Carlo Bigazzi) pubblicata da Newton Compton e successivamente quella di Gianni Celati, uscita nel 2013 per Einaudi. Quest’ultima è stata criticata dagli accademici per l’assenza di note e priva di un apparato critico di aiuto alla lettura, ma comunque con il merito di aver trasformato l’Ulisse in ciò che in Italia non era mai stato considerato prima: un romanzo, liberandolo dai pesanti schemi e apparati delle edizioni precedenti. Di mezzo la vicenda dell’edizione italiana Shakespeare & Company del 1995 tradotta da Bona Flecchia di cui si è detto all’inizio.
Il capitolo cinque è focalizzato sulle edizioni Mondadori, di fatto un’unica traduzione con innumerevoli variazioni. Qui la storia si fa interessante proprio per la questione dei diritti, acquisiti da Augusto Foà nel 1934 e che vengono rilevati nel 1946 da Mondadori. Non solo vicissitudini sui diritti editoriali, e sulla finanziaria che deteneva la proprietà delle società editoriali che erano state acquisite da Arnaldo negli anni Trenta, ma anche tipografiche, quando la tipografia da Verona si trasferì a Lipsia, nella Germania dell’est. Le vicende della caccia al possibile traduttore sono affascinanti e fanno entrare il lettore dentro i meccanismi editoriali non scevri dalle diverse posizioni degli attori del mondo letterario.
Sulla fedeltà del testo originario inglese, nonostante i dibattiti in questi cento anni, non si è ancora venuti a capo se vi sia e quale sia un urtext19 o eventuali sue varianti. Uno degli ostacoli fu proprio la questione delle liti giudiziarie intentate dal nipote di Joyce, per i diritti come erede. Gambetti cita Anthony Burgess20 come uno dei più accaniti analisti dell’Ulysses, il quale sottolinea i numerosi equivoci che si sono accatastati nelle varie edizioni in inglese: pretesi errori voluti da Joyce ma coretti dai tipografi21. E aggiunge chi scrive, considerato che le edizioni in altre lingue scontano il fatto di essere state tradotte da fonti eterogenee se non controverse, quella di Joyce è zeppa di equivoci, refusi, errate composizioni tipografiche originarie, palinsesti che si rincorrono e che rischiano di moltiplicare la confusione del testo originale di edizione in edizione, come abbiamo visto a seguito della revisione del filologo Hans Walter Gabler, l’unica edizione critica accettata da Stephen Joyce, uscita nel 1984. Chi avrebbe dovuto curare l’urtext di riferimento era John Kidd, professore all’Università di Boston, ma questo ancora una ventina di anni fa. In altri termini a oggi manca un urtext dell’Ulysses di riferimento22.
Gambetti esplora nel suo libro le molte sfaccettature dell’opera, dalla sua genesi alla sua pubblicazione, analizzando l’influenza e l’impatto dell’opera sulla letteratura moderna e contemporanea, in particolare nel contesto italiano. L’Italia è infatti uno dei paesi che ha visto il maggior numero di traduzioni dell’Ulisse. È su queste edizioni che Gambetti si concentra e anche qui ci vorrebbe una mappa concettuale visuale per tracciare le relazioni tra le varie versioni dell’editore Mondadori, tutte a traduzione di Giulio De Angelis. De Angelis, infatti, ha prodotto diverse edizioni in italiano dell’Ulisse, tutte pubblicate da Mondadori23, a cui erano assegnati i diritti esclusivi dagli eredi, per correzioni, integrazioni e rimaneggiamenti24. Anna Maria Aiazzi, studiosa del Fondo De Angelis conservato nell’Archivio contemporaneo “A. Bonsanti”, ha analizzato la documentazione e il carteggio tra De Angelis e i tre consulenti, che testimoniano solo in parte il lavoro di studio e di approfondimento critico che De Angelis ha dedicato all’opera durante tutta la sua vita. Ci si chiede come sarebbe stata l’ultima versione di De Angelis, mai pubblicata, che rappresentava il compimento di una lunga e difficile opera di ‘riscrittura’ del testo joyciano, iniziata molti anni prima e costellata da difficoltà tecniche e pratiche e ostacoli nel mondo accademico e letterario. Questo perché nel 1984 Gabler apportò oltre cinquemila modifiche all’opera originale, producendo così un nuovo testo corretto dell’Ulysses. Seguirono nuove edizioni della traduzione di De Angelis, tra cui quella del 1988, riveduta alla luce dell’edizione sinottica corretta di Gabler del 1984, che suscitò non poche perplessità tra gli studiosi e gli specialisti del settore. Questa edizione, con note al testo di Hans Walter Gabler e la prefazione di Richard Hellmann, per ragioni editoriali forse legate alle revisioni Gabler, non fu inserita nella collana Meridiani bensì nella neonata collana Ottagono.
L’ultimo capitolo raccoglie le versioni successive allo scadere dei diritti di tutela di Joyce, i famosi 70 anni dalla morte che la legge italiana impone: è in questo capitolo che Gambetti riporta le informazioni desunte dal mio saggio citato in precedenza. Diciassette anni di versioni Mondadori hanno segnato un’epoca. Gambetti ripercorre le varie edizioni italiane che potremmo così riassumere:
Per Mondadori, dopo la prima edizione, tutte a cura di Giulio De Angelis25:

Gambetti racconta anche del blocco all’edizione del 1997 poco prima della stampa, perché Stephen Joyce aveva imposto solo ristampe e non ulteriori revisioni del testo. Nel 2004, durante il centenario del Bloomsday, Stephen minacciò il governo irlandese di una causa legale se fossero state messe in scena letture durante le celebrazioni e le letture furono così cancellate. Avvertì la Biblioteca nazionale d’Irlanda che la progettata mostra dei manoscritti di suo nonno violava il suo copyright. A causa della sua rigidità nel concedere autorizzazioni fu cancellata una produzione della commedia di Joyce Exiles. Queste e altre azioni, come la causa condotta dall’erede contro Danis Rose26 o contro alcuni autori di biografie sulla moglie Nora o sulla figlia Lucia, sono esempi del rigido controllo sulle opere del nonno da parte del nipote. Dopo la morte di Stephen poterono uscire biografie su Nora o libri che riguardano il rapporto tra James e la figlia Lucia, morta in un ospedale psichiatrico dopo una vita di sofferenza, alcune in italiano27.
Fuori dal dominio esclusivo Mondadori, si stacca la vicenda della traduzione del 1995 di Bona Flecchia, edizione citata precedentemente e sulla quale si è focalizzato il saggio di chi scrive del 202028.
Seguiranno altre traduzioni italiane a partire dal 2012. Ormai le traduzioni di Ulisse non si contano.
La traduzione di Mario Biondi, pubblicata da La nave di Teseo, si distingue per un profluvio di note. La nuova edizione, a cura di Enrico Terrinoni, pubblicata da Bompiani, include il testo inglese a fronte, oltre a un ampio apparato critico e note di accompagnamento che aiutano a comprendere meglio l’opera. Feltrinelli ha affidato la sua versione al poeta fiorentino Alessandro Ceni. Ce n’è persino una, meritoria, di un pensionato genovese, Marco Marzagalli, disponibile su Amazon:

Gambetti individua anche un’edizione semi-clandestina e quasi del tutto sconosciuta, comunque irreperibile nei circuiti del libro. Si tratta di un’edizione a carattere privato, piuttosto curata, senza indicazione di copyright né altre informazioni tipografiche nel paratesto. È presente solo nel catalogo della Biblioteca Sormani di Milano29, risale al 2018 ed è firmata da Antonio Strati, nome sconosciuto tra gli studiosi joyciani.
Per la verità, nel capitolo cinque sulle edizioni Mondadori, Gambetti racconta di una traduzione effettuata nei primi anni Cinquanta, a seguito di un contratto stipulato da Mondadori con uno sconosciuto professore ravennate di nome Abdon Montanari30, che però non venne mai valutata in quanto fu scelto Giulio De Angelis. Il fatto è desunto da una lettera di Alberto Mondadori scritta a Eugenio Montale il 24 gennaio 195531.
Gambetti nell’ultimo capitolo cita anche, oltre alla decina di nuove edizioni italiane nate a seguito della caduta nel pubblico dominio di Joyce e, tra le righe, anche della scomparsa nel 2020 dell’ultimo erede, le edizioni disponibili in rete. Infatti, dopo che James Joyce cadde finalmente per l’ultima volta nel pubblico dominio, sono stati sviluppati diversi progetti che mirano a rendere più accessibile e fruibile l’opera dell’autore irlandese, tra cui anche il film, piuttosto criticato, di Joseph Ezekiel Strick. Uno di questi progetti è Ritratto di Ulisse: video ascolti e letture dal romanzo di James Joyce32, che consiste in una serie di video che tentano di delineare i tratti fondamentali e approfondire il contesto storico e culturale. I video iniziano con l’ascolto di brevi passi in lingua originale con la voce di Frank Delaney e poi si passa alle traduzioni italiane di Giulio De Angelis del 1960, di Enrico Terrinoni del 2012 e di Gianni Celati del 2013. Non solo: il lettore ha la possibilità di visionare per ogni pagina le differenti varianti del testo navigando tra le diverse edizioni:

Questi progetti rappresentano un modo innovativo per rendere l’opera di James Joyce più accessibile e comprensibile per il pubblico, sfruttando le potenzialità del web per arricchire l’esperienza di lettura. È con questo scopo, aggiunge chi scrive, che nasce negli Stati Uniti The Joyce Project33, creato da John Hunt dell’Università del Montana e rilasciato con licenza Creative Commons in regime di fair use per scopi didattici e di insegnamento. Il progetto utilizza le nuove modalità di comunicazione tipiche del web per creare un’esperienza di lettura multimediale arricchita. I lettori possono accedere a riferimenti e citazioni, a luoghi e personaggi, attraverso collegamenti ipertestuali e note collegate ai passaggi di testo.
Un altro progetto degno di nota è Ulisse di Joyce - 16 giugno 190434, una lettura completa ad alta voce di tutti i 18 episodi dell’opera, sulla traduzione di Giulio De Angelis. Il progetto include anche un blog collegato con mappe di Dublino georeferenziate relative ai luoghi degli episodi, una pagina Facebook, una sezione con una playlist di 113 video relativi ai 18 episodi con lettura ad alta voce con sottotitoli presenti anche su YouTube, una sezione di audiovideo, testo scritto e annotato suddiviso in episodi, testo italiano-inglese a confronto, oltre alla lettura in lingua originale, corredato da filmati e documentari e alcuni episodi letti dallo stesso Joyce35.
Voglio chiudere questo saggio/recensione con la storica sentenza italiana del 23 settembre 1962, citata in più occasioni all’interno di articoli in modo approssimativo e in certi casi erroneo36. Il 23 gennaio 1961 giunse alla Questura di Genova una segnalazione concernente l’edizione italiana Mondadori dell’Ulisse37. Nella segnalazione si faceva notare che nella parte terminale del romanzo Ulisse vi erano pagine a sfondo erotico e a carattere pornografico. Gli atti venivano trasmessi, in data 16 novembre 1961, da questa alla Procura della Repubblica di Verona essendo il libro stampato dalla Società editrice Mondadori. Se la sentenza di Woolsey è citata come esempio di prosa giuridica illuminata, la requisitoria del pubblico ministero di Verona, che il giudice istruttore di Verona fece propria38, anche se non ebbe la risonanza che avrebbe meritato, è un pezzo di rara bellezza, una delle cose più belle che si siano mai dette o lette sull’Ulisse: colpisce la grande apertura mentale di questo magistrato, uomo di notevole cultura e ampia visione letteraria. L’opera venne quindi ritenuta dal giudice non pornografica e quindi pubblicabile. La storica sentenza viene pubblicata sulla rivista Giurisprudenza penale. Per i motivi che il PM adduce, sia di analisi giuridica sia di analisi letteraria, dispone che il giudice istruttore con suo decreto voglia dichiarare impromovibile l’azione penale, trasmettendo gli atti all’archivio. Ecco alcuni stralci della requisitoria con le motivazioni:

Il romanzo è una vera Ulisside, è la descrizione del mondo, dell’umanità coi suoi vivi e coi suoi morti, con i suoi dolori e con le sue rare gioie, con le sue miserie e le sue infamie […]. Nulla di osceno, di pornografico nelle pagine che descrivono il vagabondare di Leopold Bloom in Mabbot Street. Qua e là fugacemente l’invito ad uno squallido amplesso carnale. Ma Joyce trascende il miserabile ambiente delle case chiuse e si abbandona alla penetrazione del mistero umano. […] La parte terminale del romanzo è costituita dalla rappresentazione del sogno della signora Bloom. È un monologo interiore della moglie del protagonista. La donna pigra nel suo letto, un po’ fantastica, rievocando caoticamente il passato, ed un po’ si abbandona alle divagazioni molli del dormiveglia. Affiorano casi, nella fanghiglia della coscienza intorpidita, accenni ed episodi di una arditezza sconcertante. […] Va ancora aggiunto che in queste ultime settanta pagine non v’è il disgustoso piacere dell’autore che indugia nell’osceno, ma bensì la descrizione di uno squarcio di vita di una donna che vede fra il dormiveglia ed il sogno parte della sua vita vissuta. Ma anche laddove spunta l’arditezza, questa non è pornografica.

Colpisce, dati i tempi, l’apertura mentale del PM che a un certo punto, a proposito di Molly Bloom scrive: «Le avventure amorose rivissute dalla signora Molly non assumono un tono pornografico anche se possono essere considerate ardite ma vengono narrate in modo rapido e fugace, testimonianze umane del tradimento di una donna». Il PM continua la sua requisitoria volendo «trovare conforto ed ispirazione» nientemeno che nella giurisprudenza della Suprema Corte:

Per stabilire se un atto, o una pubblicazione, abbia carattere osceno, occorre far riferimento non alla sensibilità ed alle vedute dei singoli, ma al sentimento etico della comunità, riferito alla sfera delle manifestazioni sessuali; alla stregua di questo criterio, deve considerarsi oscena la pubblicazione che offenda il pudore, e quindi la personalità morale altrui attraverso l’accentuazione di sensazioni erotizzanti. […]  Quando oggetto della predetta valutazione sia un romanzo, quest’ultimo dev’essere considerato in modo unitario, con riguardo al suo intero contenuto, reso palese dalla trama.

Dopo aver analizzato i punti giuridici per la requisitoria, il PM si abbandona a un’aperta ammirazione per il romanzo, scritto degno di un critico letterario di grande apertura intellettuale e umana.
L’Ulisse di James Joyce, capolavoro della letteratura moderna fitto di conoscenze ispirate alla filosofia, alla religione, alla conoscenza profonda della vita, è colmo di simboli e richiami, riferimenti, allusioni; dibatte i problemi della coscienza moderna del disorientamento della storia e della società. Attraverso il difficile racconto si sente sempre l’eco dell’uomo e della donna nei loro dolori e nelle loro gioie. L’Ulisse di Joyce può essere un canto, una rapsodia, una parodia, ma sempre intrisa d’umanità. Si direbbe che il cammino di Leopold Bloom è quello tormentato dell’uomo per le strade del mondo. Se il romanzo si mantiene a questo livello nobile ed elevato, le poche arditezze conturbanti che s’incontrano scompaiono come parte trascurabile, facente parte necessariamente di tutto ciò che si incontra nel duro e doloroso cammino dell’uomo.  Nell’Ulisse s’incontrano pagine sorrette da un’alta e autentica poesia. È un romanzo dove gli uomini vivono, dolorano, muoiono e trovano nel povero, tradito Leopold Bloom il loro rappresentante.
E se qualche volta gli uomini peccano, ciò rientra nel loro destino ed anche il loro peccato è fonte di dolore. E se si descrive talvolta il peccato, specie quello della carne, non si fa che rimanere aderenti alla umanità. L’accusa di pornografia o di osceno suona offesa al contenuto del romanzo che costituisce l’epopea ora gioiosa, ora triste, ora dolorante dell’uomo costretto a vivere fino al giorno in cui fatalmente precipita nella morte.

Articolo proposto il 3 maggio 2023 e accettato il 26 agosto 2023. 


Note

ANTONELLA DE ROBBIO, CEO di E-LIS ePrints in Library and Information Science, e-mail: antonella.derobbio@aib.it.

1 Lucio Gambetti, Un’Odissea editoriale. A cento anni dall’Ulysses di Joyce. Milano: Biblion, 2022.
2 Si veda Antonella De Robbio, L’edizione italiana scomparsa dell’Ulisse di Joyce: una complessa vicenda di diritti d’autore. In: L’orgoglio di essere bibliotecari: saggi in ricordo di Maria A. Abenante. Roma: Associazione italiana biblioteche, 2020, p. 441-464.
3 Rossella Mamoli Zorzi, Il grande romanzo americano. Venezia: Marsilio, 1995, p. 67 (citazione tratta dalla prefazione di Sara Sullam).
4 Nel 2002, scrive Gambetti, la casa d’aste Christie’s di New York ha aggiudicato una copia al prezzo di 460.500 dollari, toccando il picco massimo per un libro del Novecento.
5 Utilissimo l’apparato finale con l’indice dei nomi citati che enumera oltre 250 autori.
6 Davide Piacenza, Quando Ulisse sbarcò in America, «Rivista Studio», 2 febbraio 2015, https://www.rivistastudio.com/ulisse-joyce/.
7 L’editore coinvolto era Ben W. Huebsch di New York.
8 Il faldone con la segnatura archivistica Museo Sveviano FS Corr. A 57 contiene il carteggio tra Italo Svevo e James Joyce, o meglio il ‘professor Zois’. I due scrittori si conoscono infatti a Trieste nel 1907, quando Svevo si rivolge all’allora docente di lingua inglese presso la Berlitz School per apprendere la lingua, http://svevo-ar.online.trieste.it/progetto/archivio-digitale/il-carteggio-svevo-joyce/.
9 Sei Itō 伊藤 整, nato Hitoshi Itō (1905-1969), Yurishizu (Ulysses). Tokyo: Daiichi Shobo, 1931 e 1934.
10 Claudio Magris sulle colonne del Corriere della sera di domenica 16 gennaio 2022 scrive sul rapporto tra Italo Svevo e James Joyce, Quando l’Ulisse di Svevo incontrò lo Zeno di Joyce.
11 Cfr. https://museojoycetrieste.it/benco-silvio/.
12 In seguito, Gilbert incluse lo schema nel suo libro del 1930, intitolato James Joyce’s Ulisse: uno studio.
13 Cfr. https://lestanzeletterarie.blogspot.com/2012/09/marilyn-legge-ulysse-e-melchiori-legge.html.
14 Sabrina Deligia, Tutti i libri di Marilyn, «Pink», 1° giugno 2023, https://pinkmagazineitalia.it/magazine/redazione/16844/.
15 Sanguineti racconta il Gruppo ’63 in Capriccio italiano, romanzo simbolo della nuova avanguardia. Nel 1963 nasce a Palermo il Gruppo ‘63, che aveva tra i suoi membri Umberto Eco, Edoardo Sanguineti, Alberto Arbasino, Giorgio Manganelli, Renato Barilli, Francesco Leonetti, Giancarlo Marmori, Lamberto Pignotti, Nanni Balestrini, Gianni Celati, Amelia Rosselli, Carla Vasio.
16 Carlo Bo, L’Odissea di Joyce è cominciata anche in Italia, «L’Europeo», 20 novembre 1960 (citazione tratta dalla prefazione di Sara Sullam).
17 Giorgio Zampa, Ulisse – un capolavoro fatto per scoraggiare i lettori, «Corriere della sera», 27 novembre 1960 (citazione tratta dalla prefazione di Sara Sullam).
18 Eugenio Montale, Emilio Cecchi e Carlo Linati che però successivamente cambierà idea accantonando l’ipotesi di una traduzione
19 Urtext è la versione originale di un testo o di un lavoro più grande, soprattutto dal mondo antico o dalle prime culture alte. Per le traduzioni, urtext si riferisce anche alla formulazione nella lingua di origine.
20 Anthony Burgess, Le varianti di Joyce, «La repubblica», 16 giugno 1993, traduzione di Ottavio Fatica.
21 Nother trasformato in mother, word in world, pubic in public, cfr. L. Gambetti, Un’Odissea editoriale cit., p. 94.
22 Di questo Gambetti non ne parla; si veda A. De Robbio, L’edizione italiana scomparsa dell’Ulisse di Joyce cit.
23 Eccetto la prima guida alla lettura dell’Ulisse che De Angelis aveva pubblicato nel 1961 per Lerici, proprio per ragioni di spazio (Mondadori aveva imposto un unico volume), tutti gli apparati come le note, le mappe, erano stati cassati rendendo l’edizione di difficile lettura oltre che oggetto di critiche.
24 Alcune di queste edizioni sono la prima nel 1960, la seconda nel 1971 con l’introduzione di Giorgio Melchiori, la terza nel 1973 nella collana Oscar classici e la quarta nel 1978 nella collana Oscar biblioteca in due volumi.
25 È doveroso citare anche la Guida alla lettura sempre a cura di Giulio de Angelis; Ulisse, traduzione di Giulio De Angelis, consulenti per la traduzione Glauco Gambon, Carlo Izzo e Giorgio Melchiori. Milano: Mondadori, 1960.
26  Joseph Kelly, A defense of Danis Rose, «James Joyce Quarterly», 35/36 (1998), n. 4, p. 811-824.
27 Luigi Guarnieri, Il segreto di Lucia. Milano: La nave di Teseo, 2022.
28 Cfr. A. De Robbio, L’edizione italiana scomparsa dell’Ulisse di Joyce cit.
29 Cfr. http://id.sbn.it/bid/PCM0007845.
30 Mondadori (Casa Editrice) [Corrispondenza]. [Lettera] 1952 sett. 30, Milano [a] Giulio De Angelis, Firenze / Mondadori (Casa Editrice). - [2] c.; 297x211 mm. o meno. - Ds. f.to da Remo Cantoni e da altra persona non identificata. - Carta intestata. «Si informa de Angelis di aver analizzato con attenzione i tre episodi dell’Ulisse da lui tradotti, e di averne avuto un’eccellente impressione. La Mondadori ha già però un contratto di traduzione con Abdon Montanari e l’obbligo contrattuale di pubblicare la sua versione; si propone a de Angelis di utilizzare, dietro compenso, la sua traduzione come termine di confronto per la redazione italiana». FDe.1.23.1 https://www.vieusseux.it/inventari/deangelis.pdf.
31 Alberto Mondadori, Ho sognato il vostro tempo: il mestiere dell’editore. Milano: Il saggiatore, 2021.
32 Cfr. https://www.ritrattodiulisse.com/.
33 The Joyce Project, http://joyceproject.com
34 Ulisse di Joyce - 16 giugno 1904, https://dugoag.blogspot.com/p/benvenuti-welcome-if-i-gave-it-all-up.html.
35 Per questi ulteriori progetti non citati da Gambetti si veda A. De Robbio, L’edizione italiana scomparsa dell’Ulisse di Joyce cit.
36 Procura Repubblica Verona, 24 settembre 1962 (requisitoria) - Bianchi Estensore. Pubblicazioni oscene - Romanzo - Opera d’arte - Valutazione unitaria - «Irrilevanza di particolari non idonei ad imprimere carattere erotizzante all’intera opera (Codice penale, artt. 528 e 529)», Giurisprudenza italiana e le legge riunite, vol. 115, p. 93-94.
37 I fatti sono narrati nel volume di Antonio Armano, Maledizioni: processi, sequestri, censure a scrittori e editori in Italia dal dopoguerra a oggi, anzi a domani. Segrate (MI): Rizzoli, 2014.
38 Le conclusioni formulate dal pubblico ministero in ordine alla denuncia contro il romanzo di Joyce sono state integralmente accolte dal giudice istruttore presso il Tribunale di Verona, il quale, «ritenuto che la richiesta deve essere accolta, non riscontrandosi nel fatto indizi di reato per le considerazioni svolte dal pubblico ministero che si richiamano integralmente», ha dichiarato, con decreto 20 novembre 1962, non doversi promuovere l’azione penale.