Tutela e gestione del diritto d’autore in open access

Manuela Grillo

Se un osservatore esterno al nostro tempo e alla nostra cultura, ormai considerabile con una buona approssimazione globalizzata, da un lato osservasse i nostri comportamenti quotidiani e dall’altro si accostasse al fenomeno open access, certamente resterebbe stupito nel vedere come siamo tutti – in modo trasversale al livello di istruzione e alle professioni – straordinariamente collaborativi, quasi entusiasti, nel cedere i nostri dati (caricando contenuti sui social network, usando la carta di credito, facendo ricerche online)1 e come, allo stesso tempo, chi fa ricerca dimostri spesso una certa ritrosia a pubblicare in open access i prodotti delle proprie ricerche.
Se poi, incuriosito dall’incoerenza logica (almeno apparente), il nostro osservatore considerasse le pratiche di molti di quegli autori ritrosi a pubblicare nel repository dell’istituzione di ricerca cui appartengono, scoprirebbe addirittura che la ritrosia viene meno in piattaforme social accademiche (come ResearchGate.net o Academia.edu): su queste piattaforme, private e commerciali, gli autori caricano i propri lavori, spesso senza tenere nella dovuta considerazione che upload e download del materiale possono essere illegali per questioni di tutela del diritto d’autore e di copyright.
Abbandonando l’immagine del nostro ipotetico osservatore, dobbiamo precisare che la letteratura scientifica dimostra che i fenomeni appena descritti sono tutt’altro che frutto di fantasia. Certamente la visibilità nella comunità scientifica è ormai un bisogno prioritario e sulla visibilità social si conta per costruire una buona reputazione; tuttavia, ci sono strade meno legalmente pericolose da percorrere per ottenerla. Probabilmente certe pratiche trovano spiegazione nella mancata conoscenza delle regole che governano il diritto d’autore e nella mancata piena comprensione del nuovo paradigma della ricerca, l’open science. Nato come movimento frutto di istanze della comunità scientifica internazionale, grazie alle politiche dell’UE, l’open science si è ormai affermato come un nuovo modo di fare ricerca anche grazie agli interventi normativi EU2. La filosofia open è declinata da più di un ventennio sotto l’aspetto della comunicazione dei prodotti della ricerca (open access), ma si tratta di una questione certamente complessa la cui piena realizzazione non è un fenomeno immediato né lineare: la scienza aperta, in tutte le sue declinazioni, implica un cambiamento di mentalità, di cultura e di pratiche non banale e non facile da realizzare nel breve periodo. Nel suo tradizionale ruolo di mediazione e di fattivo sostegno alla ricerca, la professione bibliotecaria è chiamata ad assicurare ai propri utenti una solida conoscenza del diritto d’autore e della sua gestione in open access, una materia che rapidamente evolve, anche in relazione alla cosiddetta rivoluzione digitale, e che richiede quindi un costante aggiornamento.

Le basi del diritto d’autore

Le opere dell’ingegno – assieme ai beni tutelati dal diritto industriale (brevetti, marchi ecc.)3 – sono oggetto della cosiddetta ‘proprietà intellettuale’, le cui regole tutelano i diritti sui beni immateriali creati dall’ingegno della persona umana, come frutto della sua attività intellettuale.
La loro disciplina a livello nazionale è collocata nella l. 22/04/1941, n. 633 Protezione del diritto d'autore e di altri diritti connessi al suo esercizio4, cui il CC rinvia nelle norme generali sulla protezione delle opere dell’ingegno (artt. 2575-2583); la legge fu emanata quando la rivoluzione informatica era ben lungi dall’esplodere, per cui il legislatore italiano ha via via effettuato delle aggiunte e delle modificazioni. La legge ha subito quindi così tanti interventi riformatori “da somigliare alla tela di Penelope o al vestito di Arlecchino” 5. Le più recenti modifiche al diritto d’autore sono state apportate da due decreti legislativi, con cui si è data attuazione a direttive europee: il d.lgs. 08/11/2021, n. 177 (entrato in vigore il 12 dicembre 2021, in attuazione della dir. UE 2019/790 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 aprile 2019, sul diritto d'autore e sui diritti connessi nel mercato unico digitale)6 e il d.lgs. 08/11/2021, n. 181 (entrato in vigore il 14 dicembre 2021, in attuazione della dir. UE 2019/789 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 aprile 2019, che stabilisce norme relative all'esercizio del diritto d'autore e dei diritti connessi applicabili a talune trasmissioni online degli organismi di diffusione radiotelevisiva e ritrasmissioni di programmi televisivi e radiofonici)7.
Un certo contenuto è protetto dal diritto d’autore se ha i requisiti richiesti per essere considerato opera dell’ingegno. In primo luogo, il risultato dell’attività intellettuale deve avere una ‘forma’ (un testo, un disegno, una statua, una app, un sito web ecc.), poiché l’idea creativa, finché rimane pensiero astratto, non rientra ancora nella protezione del diritto d’autore. Perché sia tutelata quindi, l’opera necessita di una manifestazione esterna, che può avvenire in qualsiasi modo e forma e, in linea di principio, anche senza una sua fissazione su un supporto materiale8.
Il requisito della forma dell’opera non deve essere confuso con la registrazione o con il deposito dell’opera, poiché il nostro ordinamento nazionale ha aderito al principio dell’assenza di forme costitutive9: per la costituzione del diritto d’autore non è necessario adempiere ad alcuna formalità (registrazione, deposito, etc.) e la protezione insorge nel momento stesso in cui l’opera assume una forma idonea ad essere percepita e fruita espressamente.
In secondo luogo, sono necessari i requisiti della creatività e dell’originalità, che attengono alla forma esteriore dell’opera e non al suo contenuto (non soggetto a diritto d’autore)10: la creatività  è un prerequisito per la protezione previsto sia dalle norme generali (CC art. 2575), sia dalla l. 22/04/1941, n. 633 (art. 1 comma 1); l’originalità non è espressamente prevista nelle norme, ma è tuttavia opinione diffusa che sia una necessità implicita, con la funzione di tutelare solo la prima opera, escludendo tutte quelle realizzate successivamente sfruttando la prima11.
Parallelamente alla necessità di individuare ‘cosa’ è protetto dal diritto d’autore, ai nostri fini ha un’estrema rilevanza pratica l’esatta individuazione di ‘chi’ sia il titolare di questo diritto: il diritto d’autore è in via generale riconosciuto alle persone fisiche (l. 22/04/1941, n. 633, art. 6), proprio per valorizzare la correlazione tra il bene giuridico protetto – l’opera, come frutto dell’attività intellettuale creativa – e la sua genesi da parte della persona. La persona che crea l’opera è quindi il ‘primo’ titolare del diritto d’autore, che lo acquisisce ‘a titolo originario’ perché dipende solo dalla sua creazione; l’autore può cedere a terzi i diritti economici e il soggetto che acquista il diritto, di tipo patrimoniale, dell’autore ne diventa titolare ‘a titolo derivativo’12.

Trasferimento dei diritti sull’opera: i contratti di edizione

La l. 22/04/1941, n. 633 regola in modo dettagliato alcune forme di contratto che le parti possono stipulare, per la pubblicazione di opere a stampa (art. 118-135) o per l’esecuzione e rappresentazione di un’opera adatta a pubblico spettacolo (art. 136-141), dando luogo a contratti ‘tipici’ ovvero specificatamente normati; ai fini del nostro argomento, l’interesse si limita ai contratti di edizione.
Con il contratto di edizione l’autore concede ad un editore il diritto di pubblicare l’opera: le norme vigenti limitano espressamente l’oggetto del contratto di edizione ai diritti «di pubblicare per le stampe, per conto e a spese dell’editore stesso» (l. 22/04/1941, n. 633, art. 118).
I contratti di edizione possono essere accordi ‘per edizione’ e ‘a termine’: si ha il contratto ‘per edizione’ quando esso conferisce all’editore il diritto di eseguire una o più edizioni entro vent’anni dalla consegna del manoscritto completo (nel contratto devono essere indicati il numero delle edizioni e il numero degli esemplari relativi a ogni edizione o, in assenza di queste indicazioni, il contratto ha per oggetto una sola edizione per massimo duemila esemplari); si ha contratto ‘a termine’ quando esso conferisce all’editore il diritto di eseguire il numero massimo di edizioni che stima necessario durante il termine pattuito nel contratto, che non può eccedere vent’anni, tranne che per alcune eccezioni.
La disciplina prevede una serie di regole, generalmente a tutela dell’autore, considerata come parte contrattuale debole; tuttavia ci sono anche norme a protezione degli interessi economici dell’editore, tra cui l’esclusività della cessione dei diritti a suo favore (l. 22/04/1941, n. 633, art. 119 comma 2) e la garanzia di pacifico godimento dei diritti ceduti (l. 22/04/1941, n. 633, art. 125 comma 2)13.
Come conseguenza pratica delle norme sul contratto di edizione, è necessaria un’attenta considerazione dei contenuti dei contratti medesimi, sottoscritti dagli autori. Attenzione anche alla semplice liberatoria per la pubblicazione, soprattutto nel caso in cui, come vedremo meglio più avanti, l’autore ha interesse a pubblicare il proprio contributo in open access: in questo caso è importante che i documenti firmati non contengano disposizioni che risultino in contrasto con la libera disponibilità online di contenuti digitali prodotti dalla ricerca scientifica. Per diffondere l’opera l’autore deve infatti aver trattenuto per sé nel contratto di edizione alcuni diritti che normalmente vengono ceduti all’editore, poiché spesso agli autori manca totalmente la consapevolezza dei propri diritti: il fatto che esista una disciplina positiva dei due tipi di contratto appena citati non impedisce la stipulazione di accordi diversi o ‘atipici’14, poiché in tema di trasferimento dei diritti economici d’autore vige infatti il principio di autonomia contrattuale (l. 22/04/1941, n. 633, art. 107, assieme all’art. 1322 del CC, che riconosce che le parti possano determinare liberamente il contenuto del contratto, aspetto fondamentale che spesso gli autori non conoscono o sottovalutano).
Il nodo centrale per chi voglia fare open access attraverso l’auto-archiviazione è, quindi, che gli autori trattengano i diritti che servono per il riutilizzo della propria opera a fini didattici o di ricerca, per avere la possibilità di diffondere in open access il pre-print e/o il post-print, eventualmente dopo un periodo di ‘embargo’ (ovvero il periodo di tempo durante il quale il contributo auto-archiviato è accessibile pubblicamente solo per la parte relativa ai metadati)15.
A questo proposito, si rilevano margini di incertezza nella determinazione di quale sia la versione testuale (pre-print, post-print o versione editoriale, publisher’s layout) che gli autori possono destinare all’auto-archiviazione: la terminologia è spesso usata in modo non uniforme dagli editori16. Le policy definite dagli editori a vantaggio o meno dell’open access variano proprio in ragione di quale sia la versione del prodotto della ricerca17.
Gli autori nel depositare non possono violare il contratto che hanno firmato con l’editore: nella fase di deposito nei repositories, il supporto dei bibliotecari può essere fondamentale per guidarli nel corretto inserimento18.

L’uso dell’opera e il pubblico dominio

Il diritto d’autore si acquisisce automaticamente, alla fine dell’atto creativo, per cui per usare un’opera è necessario chiedere un’autorizzazione all’autore (o più precisamente al titolare dei diritti): dal momento della creazione dell’opera chiunque altro rispetto al titolare dei diritti può usare l’opera facendo leva su un’eccezione, ovvero sulla richiesta di utilizzo.
Ai fini dell’uso dell’opera, è necessaria una distinzione tra i diritti d’autore di natura patrimoniale e i diritti morali. I diritti patrimoniali sono quei diritti che comportano dei diretti vantaggi economici per l’autore – o per chi ne è titolare nel caso in cui l’autore li abbia ceduti ad altri – e sono validi per tutta la vita dell’autore, nonché per 70 anni dopo la sua morte; consistono nel diritto di pubblicazione, di riproduzione, di trascrizione, di esecuzione, rappresentazione o recitazione in pubblico, di comunicazione al pubblico, diritto di elaborazione e di modificazione dell’opera, diritto di noleggio e di prestito. I diritti morali dell’autore sono invece i diritti esclusivi che la legge riconosce all’autore nel momento stesso in cui l’opera viene creata: essi consistono nel diritto alla paternità dell’opera (l’autore ha il diritto di essere riconosciuto e indicato come autore della propria opera, nonché di rivendicare la paternità se usurpata), nel diritto di inedito (l’autore è l’unico soggetto che può decidere se l’opera è completa e, di conseguenza, se e quando pubblicarla), nel diritto di ‘pentimento’ (con questo diritto l’autore può decidere, se vi sono gravi motivi morali, di ritirare l’opera dal commercio), nel diritto all’integrità dell’opera (l’autore può opporsi a modifiche, deformazioni dell’opera che possano recare un pregiudizio al suo onore e alla sua reputazione); questi diritti non sono alienabili, non hanno scadenza e sono validi per sempre.
Si parla di ‘pubblico dominio’19 quando un’opera è liberamente utilizzabile da chiunque, senza alcuna necessità di autorizzazione, salvo il rispetto dei diritti morali. Il libero utilizzo delle opere soggette a protezione autoriale è normato con le eccezioni stabilite per legge (l. 22/04/1941, n. 633, art. 65-71 quinquies), finché le opere non escono dalla protezione autoriale a seguito dello scadere del termine di protezione o quando è stabilito dal titolare dei diritti con un atto contrattuale (per esempio con licenze di Creative Commons). Si trovano infine in pubblico dominio le opere dell’ingegno che non sono mai entrate a far parte dell’ambito della protezione autoriale20.
Il primo di questi tre casi è probabilmente il più problematico, in primo luogo poiché non è affatto facile stabilire quando siano effettivamente scaduti tutti i diritti su un’opera, considerando che molte opere sono il frutto dell’attività di diversi autori, magari provenienti da paesi differenti; in alcuni casi poi insistono non solo i diritti d’autore in senso stretto, ma anche i diritti connessi o il diritto sui generis sulle banche dati21. Per ciò che riguarda le eccezioni stabilite per legge, l’ordinamento giuridico ha scelto di mettere il diritto d’autore – diritto che tutela un interesse privato-commerciale (di autori, editori, produttori) – in subordine rispetto ad altri interessi ritenuti più importanti, tra cui la libertà di insegnare e fare ricerca scientifica22, contemplata all’art. 70 della l. 22/04/1941, n. 633:

A livello internazionale, è in queste aree franche – in cui gli utilizzatori possono muoversi più liberamente, utilizzando le opere senza chiederne permesso al titolare dei diritti – che si parla dell’istituto giuridico statunitense del fair use, locuzione che normalmente non viene tradotta e che corrisponde letteralmente a ‘uso corretto’, che configura l’uso corretto di un’opera come una non violazione del copyright. Essendo un ordinamento giuridico di common law è la ricostruzione delle decisioni dei giudici a definire i confini specifici dei singoli casi d’uso. In altri ordinamenti di common law si parla di fair dealing, versione più ristretta del fair use statunitense: si possa far leva sul principio del fair dealing è necessario ricadere in ipotesi specifiche previste dalla legge, quasi come nel modello italiano, che è però ancor più restrittivo23.

Aspetti giuridici dell’open access e licenze Creative Commons

Dal punto di vista giuridico, perché un contenuto possa essere definito ‘open access’, lo stesso deve avere dei requisiti minimi stabiliti dalla Dichiarazione di Berlino:

Vale la pena di rileggere questa ormai celebre definizione – diventata una pietra miliare – anche vent’anni dopo la sua enunciazione, per focalizzare come a tutt’oggi siano correntemente diffuse nell’uso varie accezioni di open access; l’etichetta ‘open access’ viene usata in molti casi in modo che potremmo definire fantasioso, o comunque in accezioni non conformi alla dichiarazione di Berlino, poiché non è sufficiente che un prodotto sia gratuito per affermare che esso sia open access25. Paradossalmente, proprio consultando risorse bibliografiche che trattano di questo tema in ambito giuridico, non è infrequente imbattersi in pubblicazioni promosse dagli editori come pubblicazioni ad accesso aperto, quando in realtà si tratta di prodotti che è possibile ottenere gratuitamente solo dopo l’autenticazione e la cessione dei propri dati.
Come già detto, perché un autore – o un titolare dei diritti – possa rendere usabile un’opera deve trasferirne i diritti patrimoniali: oltre che attraverso la stipula dei contratti tipici disciplinati dalla legge, questo può avvenire con molti altri tipi negoziali, cioè molti altri accordi, tra cui varie forme di licenza. Le licenze possono essere concessioni temporanee di limitati diritti, a fronte di un compenso (licenze ‘proprietarie’ che applicano il paradigma ‘all rights reserved’) oppure ‘some rights reserved’; tra queste ultime si sono imposte come standard di fatto26 per l’open access le licenze Creative Commons27.
Sebbene sia dalla fine degli anni ‘80 che circolano particolari licenze, dette appunto ‘licenze open’, nate in ambito informatico, in seno alla comunità del software libero, ed esportate poi negli altri campi della creatività umana28, il progetto Creative Commons nasce nel 2001 dall’iniziativa di un eterogeneo gruppo di illustri studiosi, accomunati da una profonda conoscenza delle tematiche connesse al diritto d’autore e alla tutela della proprietà intellettuale, che creano una organizzazione senza scopo di lucro29, con l’obiettivo di studiare e diffondere strumenti giuridici finalizzati ad una differente gestione e distribuzione dei diritti relativi alle opere dell’ingegno: lo scopo è rilanciare la creatività e la produzione culturale attraverso un sistema di licenze che favoriscano diffusione e condivisione delle opere, per recuperare quella preziosa fase dell’iter creativo legata alla possibilità per gli autori di rielaborare opere altrui30.
Le licenze messe a disposizione da Creative Commons sono:

Per le condizioni che dettano, solo CC0, CC BY e CC BY-SA sono pienamente compatibili con la definizione di open access, la CC BY-ND lo è solo in alcuni casi, mentre sono escluse dalle licenze aperte tutte quelle che contengono la clausola ‘non commercial’.
Le licenze Creative Commons sono molto semplici da applicare per chi crea e pubblica contenuti: per crearle si utilizza un tool, con interfaccia per semplificarne l’uso, che, sulla base delle risposte date alle domande poste (es. ‘ Vuoi che la tua risorsa sia modificabile?’, ‘La risorsa può essere usata per scopi commerciali?’) produce la licenza che viene associata alla risorsa. La facilità di utilizzo è offerta da uno dei tre diversi formati in cui le licenze Creative Commons si presentano, ovvero il commons deed (versione sintetica in linguaggio comune, facile da capire anche per chi non ha dimestichezza con temi giuridici), affiancato dal legal code (versione completa in linguaggio giuridico, che costituisce il testo di riferimento in caso di controversie legali) e dal digital code (versione elettronica, con metadati che rendono la licenza facilmente rintracciabile dai motori di ricerca, permettendo loro di identificare l’opera in base alle condizioni di utilizzo definite nella licenza)35.
Nonostante vengano rilevate delle criticità36, l’importanza delle licenze appena descritte è fondamentale: il diffondere e il rendere disponibili modelli di licenza semplici, intuitivi, facilmente personalizzabili, fa sì che gli autori, abitualmente estranei alle tematiche connesse al diritto d’autore, possano avere gli strumenti per disciplinare giuridicamente le modalità di accesso alle proprie opere, consentendo di fatto una maggiore diffusione dell’open access.

Rivoluzione digitale, diritto d’autore e ricerca scientifica

La rivoluzione digitale ha portato alla nascita di un nuovo modello economico in cui i dati e la conoscenza37 possono essere considerati come la più promettente risorsa dell’era postindustriale. Nel concetto di conoscenza insiste un conflitto di fondo: da un lato, l’interesse privato a capitalizzarne il valore, che rende strategica la proprietà intellettuale come forma di controllo del sapere, dall’altro, l’interesse generale a riservare al pubblico dominio, alla libera fruizione collettiva, una parte sostanziale del capitale intellettuale e del patrimonio culturale. L’economia di rete fondata sulla condivisione di conoscenza soffre oggi un gap di contenuti di pubblico dominio: appena il 10% del patrimonio culturale europeo è digitalizzato e meno della metà è accessibile in rete e disponibile per il riutilizzo38. Il diritto in primis stenta a riconoscere piena tutela alle istanze di accesso aperto ai beni comuni: varie aree del diritto contribuiscono a restringere il perimetro del pubblico dominio39.
Senza addentraci in queste complesse questioni ove si rivelano tutte le contraddizioni che caratterizzano alcune politiche di promozione dell’apertura della scienza40, ci limitiamo a considerare la nuova direttiva europea dir. UE 2019/790 sul diritto d’autore e sui diritti connessi nel mercato unico digitale che, dopo un lento processo di recepimento nazionale41, ha introdotto importanti novità, anche in maniera di ricerca.
La direttiva stabilisce norme per

armonizzare ulteriormente il quadro giuridico dell'Unione applicabile al diritto d'autore e ai diritti connessi nell'ambito del mercato interno, tenendo conto in particolare degli utilizzi digitali e transfrontalieri dei contenuti protetti. Stabilisce inoltre norme riguardanti le eccezioni e le limitazioni al diritto d'autore e ai diritti connessi, l'agevolazione nell'ottenimento delle licenze, nonché norme miranti a garantire il buon funzionamento del mercato per lo sfruttamento delle opere e altri materiali (art. 1).

Nel recepimento nel nostro ordinamento giuridico è stata ampliata la casistica delle eccezioni, i cui casi principali e più frequenti erano, come anticipato, già presenti nella l. 22/04/1941, n. 633: rassegna stampa e riutilizzo di notizie (art. 65), fotocopie, xerocopia o sistemi analoghi (art. 68), prestito da parte di biblioteche (art. 69), opere orfane (art. 69 bis, 69-ter, 69-quater), citazione/riassunto a scopo di critica e commento (art.70, comma 1), diffusione a scopo didattico di immagini o musiche degradate (art. 70, comma 1-bis), utilizzi da parte di portatori di particolari handicap (art. 71-bis).
Grazie all’attuazione della direttiva nel 2021 sono stati aggiunti altri casi di eccezione: citazione, critica, recensione sulle piattaforme online di condivisione contenuti (art. 102-nonies, comma 2, punto a), utilizzo a scopo di caricatura, parodia e pastiche sulle piattaforme online di condivisione contenuti (art. 102-nonies, comma 2, punto b), opere fuori commercio (art. 102-undecies e seguenti), ma soprattutto – perché rilevante in materia di ricerca – il text and data mining per scopi di ricerca, di cui all’art. 70-ter

  1. Sono consentite le riproduzioni compiute da organismi di ricerca e da istituti di tutela del patrimonio culturale, per scopi di ricerca scientifica, ai fini dell'estrazione di testo e di dati da opere o da altri materiali disponibili in reti o banche di dati cui essi hanno lecitamente accesso, nonché la comunicazione al pubblico degli esiti della ricerca ove espressi in nuove opere originali.
  2. Ai fini della presente legge per estrazione di testo e di dati si intende qualsiasi tecnica automatizzata volta ad analizzare grandi quantità di testi, suoni, immagini, dati o metadati in formato digitale con lo scopo di generare informazioni, inclusi modelli, tendenze e correlazioni.
  3. Ai fini della presente legge per istituti di tutela del patrimonio culturale si intendono le biblioteche, i musei, gli archivi, purché aperti al pubblico o accessibili al pubblico, inclusi quelli afferenti agli istituti di istruzione, agli organismi di ricerca e agli organismi di radiodiffusione pubblici, nonché gli istituti per la tutela del patrimonio cinematografico e sonoro e gli organismi di radiodiffusione pubblici.
  4. Ai fini della presente legge, per organismi di ricerca si intendono le università, comprese le relative biblioteche, gli istituti di ricerca o qualsiasi altra entità il cui obiettivo primario è quello di condurre attività di ricerca scientifica o di svolgere attività didattiche che includano la ricerca scientifica, che alternativamente:
  5. a) operino senza scopo di lucro o il cui statuto prevede il reinvestimento degli utili nelle attività di ricerca scientifica, anche in forma di partenariato pubblico-privato;
  6. b) perseguano una finalità di interesse pubblico riconosciuta da uno Stato membro dell'Unione europea.
  7. Non si considerano organismi di ricerca quelli sui quali è esercitata da imprese commerciali un'influenza determinante tale da consentire un accesso su base preferenziale ai risultati generati dalle attività di ricerca scientifica.
  8. Le copie di opere o di altri materiali realizzate in conformità al comma 1 sono memorizzate con un adeguato livello di sicurezza e possono essere conservate e utilizzate unicamente per scopi di ricerca scientifica, inclusa la verifica dei risultati della ricerca.
  9. I titolari dei diritti sono autorizzati ad applicare, in misura non eccedente a quanto necessario allo scopo, misure idonee a garantire la sicurezza e l'integrità delle reti e delle banche dati in cui sono ospitati le opere o gli altri materiali.
  10. Le misure di cui ai commi 6 e 7 possono essere definite anche sulla base di accordi tra le associazioni dei titolari dei diritti, gli istituti di tutela del patrimonio culturale e gli organismi di ricerca.
  11. Sono nulle le pattuizioni in contrasto con i commi 1, 6 e 7 del presente articolo.

Interessante sottolineare il comma 1, con il ‘lecito accesso’, ovvero accesso regolarmente effettuato (aspetto che nella comunità di ricerca, nella pratica, viene talvolta sottovalutato), e il comma 9, inserito per evitare che i singoli contratti modifichino il dettato della legge.
Tuttavia, a fronte di queste nuove eccezioni a favore della ricerca, l’art. 70 quater recita:

  1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 70-ter, sono consentite le riproduzioni e le estrazioni da opere o da altri materiali contenuti in reti o in banche di dati cui si ha legittimamente accesso ai fini dell'estrazione di testo e di dati. L'estrazione di testo e di dati è consentita quando l'utilizzo delle opere e degli altri materiali non è stato espressamente riservato dai titolari del diritto d'autore e dei diritti connessi nonché dai titolari delle banche dati.
  2. Le riproduzioni e le estrazioni eseguite ai sensi del comma 1 possono essere conservate solo per il tempo necessario ai fini dell'estrazione di testo e di dati.
  3. Per lo svolgimento delle attività di cui al presente articolo sono in ogni caso garantiti livelli di sicurezza non inferiori a quelli definiti per lo svolgimento delle attività di cui all'articolo 70-ter.

L’articolo 70 quater, al comma 1, neutralizza parzialmente quanto stabilito nell’articolo precedente, perché circoscrive l'utilizzo delle opere e degli altri materiali al solo caso in cui «non è stato espressamente riservato dai titolari del diritto d'autore e dei diritti connessi nonché dai titolari delle banche dati»: nella pratica quindi, basta che un archivio di riviste online specifichi che sono riservati tutti i diritti compreso il text and data mining perché venga annullata la tutela prevista all’articolo 70 ter.42

Un approfondimento: la diffusione dell’open access nel settore giuridico italiano

Durante l’elaborazione di questo lavoro, in gran parte basato su bibliografia di ambito giuridico, è sembrato che le pratiche di open access nell’editoria italiana di ambito siano ancora molto poco diffuse. Scelto quindi come focus di osservazione il settore giuridico – come è noto, settore non bibliometrico43 – si riporta un’indagine condotta a partire dai prodotti della ricerca presenti in Iris Sapienza (catalogo dei prodotti della ricerca di Ateneo che raccoglie la produzione scientifica di Sapienza e promuove l’accesso aperto alle pubblicazioni)44, limitatamente all’area disciplinare 12.
Per avere un insieme aggiornato di editori italiani attivi in campo giuridico, sono stati estratti i dati dei prodotti validati, pubblicati nel triennio 2020-2022, relativi ai settori concorsuali dell’area disciplinare 12 “Scienze giuridiche”, di tipologia “articolo in rivista”.
Al netto di alcuni item eliminati per inserimento di metadati errati o mancanti, gli editori italiani presenti sono 89: come si può vedere dalla tabella riassuntiva (Figura 1), solo 2 di essi sono censiti in SHERPA-RoMEO e solo 11 hanno risposto al censimento avviato dall’Unità di progetto Open Access di UniTo45.

 

Editore

Presenza in Sherpa/Romeo

Presenza in OA@unito.it

Altralinea edizioni s.r.l.

no

no

ANTI – Associazione nazionale tributaristi italiani

no

no

Aracne

no

Articolo 29

no

nessuna risposta

Associazione Progetto giustizia penale

no

no

Associazione Diritto & conti

no

no

Associazione italiana costituzionalisti

no

Associazione Magistratura democratica

no

Associazione Orizzonti del diritto commerciale

no

no

Associazione Osservatorio sul federalismo e i processi di governo

no

no

Associazione per la rivista giuridica Nuova Temi Ciociara

no

no

Bibliografica giuridica Ciampi

no

no

Bononia University press

no

nessuna risposta

Cacucci editore

no

nessuna risposta

CEDAM

no

nessuna risposta

Centro editoriale Dehoniano

no

nessuna risposta

Cittadella editrice

no

no

Consiglio nazionale delle ricerche Istituto di informatica giuridica e sistemi giudiziari

no

no

CSAL – Centro studi per l’America Latina

no

no

De Luca

no

nessuna risposta

Dike giuridica

no

nessuna risposta

Dipartimento di Giurisprudenza, Università di Torino

no

no

EDI-CEM

no

no

Edimanager

no

no

Editoriale scientifica

no

nessuna risposta

Editrice Minerva bancaria Srl

no

no

Edizioni AV

no

nessuna risposta

Edizioni discendo Agitur

no

no

Edizioni scientifiche italiane-ESI

no

nessuna risposta

Enrico Mucchi editore

no

nessuna risposta

EUT Edizioni Università di Trieste

no

nessuna risposta

Fabrizio Serra editore

Federalismi.it

no

Fondazione ASTRID

no

Nessuna risposta

Fondazione G. Capriglione

no

no

Franco Angeli

no

Fulco Lanchester

no

no

Gian Paolo Califano

no

no

Gianni Ferrara

no

Giappichelli

no

nessuna risposta

Giuffrè

no

nessuna risposta

Gruppo di Pisa

no

no

Gruppo editoriale L’espresso

no

nessuna risposta

Guerini

no

nessuna risposta

Historia et ius. Associazione culturale

no

no

Istituto europeo di ricerca e studio comparato del diritto e delle scienze amministrative e finanziarie

no

no

Il Cigno G.G. edizioni

no

no

Il Mulino

Il Sole 24 ore

no

nessuna risposta

INU edizioni

no

nessuna risposta

Ipsoa editore

no

nessuna risposta

ISSIRFA-CNR

no

no

Istituto per lo studio del diritto dei trasporti

no

no

Istituto poligrafico e Zecca dello Stato

no

nessuna risposta

Iuridica editrice

no

no

Iuridica edizioni distribuzioni

no

no

Jovene

no

L’Erma di Bretschneider

no

nessuna risposta

La Ruffa

no

no

La Tribuna

no

no

Labsus

no

no

Luigi Pellegrini editore

no

no

Luiss Guido Carli

no

no

Maggioli editore

no

nessuna risposta

Ministero della difesa. Stato maggiore della Marina

no

no

Nuova editrice mondoperaio

no

nessuna risposta

Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare

no

no

Osservatorio sulle fonti

no

no

Pacini

no

nessuna risposta

Persona e mercato

no

no

Piccin

no

nessuna risposta

Pisa University press

no

nessuna risposta

Plenum

no

nessuna risposta

Polimetrica

no

nessuna risposta

Quasar editrice

no

no

Rogas edizioni

no

no

Rubbettino

no

nessuna risposta

Sapienza Università editrice

no

nessuna risposta

Satura editrice

no

nessuna risposta

Scuola europea di alti studi tributari

no

no

Università degli studi di Cassino e del Lazio meridionale

no

no

Università degli studi di Milano – CRC Studi sulla giustizia

no

no

Università degli studi di Trento

no

Università degli studi di Urbino Carlo Bo

no

no

Urban@it

no

no

Utet giuridica

no

nessuna risposta

Vita e pensiero

no

Wolters Kluwer Italia

no

nessuna risposta

Zanichelli

no

nessuna risposta

Figura 1 – Editori italiani attivi in campo giuridico presenti in Iris Sapienza.

Gli 11 editori censiti in OA@unito.it hanno esposto, tranne in pochissimi casi, condizioni piuttosto restrittive, quando non divieti completi, come si può verificare dalla seguente tabella riassuntiva (Figura 2)46.

Editore

Tipologia

Pre-print

Post-print

Pdf

Embargo

Aracne

Monografie

no

6 mesi su pre e post-print

Monografie di dipartimento

no

6 mesi su pre e post-print

Capitoli

no

6 mesi su pre e post-print

Articoli

no

6 mesi su pre e post-print

Associazione italiana costituzionalisti

Monografie

 

 

 

 

Monografie di dipartimento

 

 

 

 

Capitoli

 

 

 

 

Articoli

no

no

 

Associazione magistratura democratica

Monografie

 

 

 

 

Monografie di dipartimento

 

 

 

 

Capitoli

 

 

 

 

Articoli

 

 

 

Fabrizio Serra editore

Monografie

no

no

 

Monografie di dipartimento

no

no

 

Capitoli

no

no

 

Articoli

no

no

 

Franco Angeli

Monografie

no

no

vedi note

 

Monografie di dipartimento

no

no

vedi note

 

Capitoli

no

no

vedi note

 

Articoli

no

no

vedi note

 

Federalismi.it

Monografie

 

 

 

 

Monografie di dipartimento

 

 

 

 

Capitoli

 

 

 

 

Articoli

 

Gianni Ferrara

Monografie

 

 

 

 

Monografie di dipartimento

 

 

 

 

Capitoli

 

 

 

 

Articoli

 

 

no

Il Mulino

Monografie

in attesa di risposta

in attesa di risposta

in attesa di risposta

 

Monografie di dipartimento

in attesa di risposta

in attesa di risposta

in attesa di risposta

 

Capitoli

in attesa di risposta

in attesa di risposta

in attesa di risposta

 

Articoli

no

18 mesi su postprint

Jovene

Monografie

no

no

no

Monografie di dipartimento

no

no

no

Capitoli

no

Articoli

no

6 mesi

Università degli studi di Trento

Monografie

su richiesta

su richiesta

su richiesta

 

Monografie di dipartimento

no

vedi note

vedi note

 

Capitoli

no

 

Articoli

no

vedi note

vedi note

 

Vita e pensiero

Monografie

no

no

no

 

Monografie di dipartimento

no

no

no

 

Capitoli

no

no

no

 

Articoli

no

no

no

 

Figura 2 – Editori censiti in OA@unito.it

La lampante impermeabilità dell’editoria giuridica italiana alle pratiche di open access – comune anche ad altri settori delle scienze umane – sottolinea come sia fondamentale per gli autori esercitare i propri diritti in fase di contrattazione editoriale.
Allo stesso tempo, padroneggiando le norme connesse al diritto d’autore e supportando gli autori durante le attività sempre più diffuse di disseminazione in open access, i bibliotecari possono ribadire il loro ruolo di professionisti della conoscenza a supporto della ricerca.

Articolo proposto il 1° luglio 2023 e accettato il 7 agosto 2023.


Note

MANUELA GRILLO, Sapienza Università di Roma, Biblioteca centrale della Facoltà di Ingegneria civile e industriale “G. Boaga”, Roma, e-mail: manuela.grillo@uniroma1.it.
Il contributo prende le mosse da una tesi di master in Informatica giuridica, nuove tecnologie e diritto dell’informatica discussa il 1° marzo 2023 presso la Sapienza di Roma e relata dal prof. Massimo Durante (Filosofia del diritto, Università di Torino), che qui si ringrazia per la fattiva disponibilità alla contaminazione disciplinare.
Ultima consultazione siti web: 31 agosto 2023.

1 Sui nostri dati come nuova forma di capitale Shoshanna Zuboff, Il capitalismo della sorveglianza: il futuro dell’umanità nell’era dei nuovi poteri. Roma: Luiss University Press, 2019.
2 Ludovica Paseri, The European legal approach to Open Science and research data [tesi di dottorato, Dottorato di ricerca in Law, science and technology, 34. Ciclo]. Bologna: Alma Mater Studiorum, 2022, DOI:10.4 8676/unibo/amsdottorato/10393; Ead., Accessibilità al sapere. In: La politica dei dati: il governo delle nuove tecnologie tra diritto, economia e società, a cura di Ugo Pappagallo e Massimo Durante. Udine: Mimesis, 2022, p. 141-162.
3 Sul diritto industriale, in particolare per il rapporto tra proprietà intellettuale, diritto industriale e nuove tecnologie, si veda Andrea Sirotti Gaudenzi, Proprietà intellettuale, diritto industriale e information technology: tutela della creatività nel Mercato unico digitale. Milano: Gruppo 24 ore, 2022; la materia è disciplinata dal Codice della proprietà industriale (CPI), emanato con d.lgs. 10/02/2005, n. 30.
4 Normattiva https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge:1941-04-22;633.
5 Gianluigi Fioriglio, Le misure di contrasto alla diffusione telematica abusiva di opere dell’ingegno” nella Legge Urbani, «Nomos», 1 (2004), p. 87-88, http://amsacta.unibo.it/id/eprint/2328/; l’espressione tra virgolette è di Marco Saverio Spolidoro, Una nuova riforma per il diritto d’autore nella società dell’informazione, «Corriere giuridico», 20 (2003), 7, p. 848.
6 Gazzetta Ufficiale, d.lgs. 8 novembre 2021, n. 177 https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2021/11/27/21 G00192/sg. Sull’impatto della dir. UE 2019/790 sul movimento open access, si veda Daniela Messina, Open access e diritto d’autore. In Il diritto d’autore nell’era digitale, a cura di Anna Papa. Torino: Giappichelli, 2019, p. 123-160.
7 Gazzetta Ufficiale, d.lgs. 8 novembre 2021, n. 181 https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2021/11/29/21G0 0191/sg.
8 Ad esempio, una sinfonia musicale originale suonata dal suo autore-compositore è opera dell’ingegno tutelata dal diritto d’autore anche se non viene registrata su alcun supporto; è sufficiente che l’autore la renda manifesta suonandola.
9 Questo principio ha trovato riconoscimento a livello sovranazionale nella Convenzione internazionale di Berna per la protezione delle opere letterarie e artistiche del 9 settembre 1886, cui sono seguiti vari completamenti e revisioni sino a quella di Parigi del 24 luglio 1971, poi ratificata in Italia con la l. 20/06/1978, n. 399.
10 La distinzione tra forma e contenuto (non protetto da diritto d’autore) è particolarmente complessa in alcune tipologie di creazioni, specie nelle creazioni scientifiche o nel software.
11 Beatrice Cunegatti, Manuale del diritto d'autore: principi e applicazioni. Milano: Editrice bibliografica, 2020, p. 19-23.
12 Ivi, p. 26-28.
13 Ivi, p. 181-185.
14 Come le licenze Creative Commons, di cui si dirà più avanti.
15 Sull’autoarchiviazione in repository istituzionali, la cosiddetta green road, Mauro Guerrini, Gli archivi istituzionali: open access, valutazione della ricerca e diritto d’autore, a cura di Andrea Capaccioni. Milano: Editrice bibliografica, 2010. Sull’esperienza realizzata presso l’Università di Trento, Rudj Gorian, Autori, bibliotecari, open access: osservazioni empiriche e riflessioni su pratiche, comportamenti e ruoli nella piattaforma IRIS dell'Università di Trento. Trento: Università degli studi di Trento, Dipartimento di lettere e filosofia, 2021.
16 R. Gorian, Autori, bibliotecari, open access cit., p. 29-37.
17 La disseminazione del pre-print (prima bozza dell’articolo, non ancora corretta dai revisori) è spesso consentita, ma potrebbe essere molto diversa dalla versione finale dell’articolo; il post-print, detta anche Authors’ accepted manuscript (versione finale dell’articolo, già corretta dai revisori, ma senza il layout editoriale), è la versione comunemente consentita; il pdf editoriale (la versione finale, pubblicata con il layout e la paginazione editoriale) è la versione meno autorizzata dagli editori per la disseminazione in open access. Preziose le indicazioni fornite dall’Unità di progetto Open Access dell’Università di Torino all’indirizzo https://www.oa.unito.it/new/cose-utile/leggere-bene-le-indicazioni-di-sherpa-romeo/.
18 Una lista delle politiche di copyright degli editori internazionali a cui attenersi per sapere cosa è possibile depositare e in quale formato è fornita da SHERPA-RoMEO https://www.sherpa.ac.uk/romeo/; per gli editori italiani è stato avviato un censimento dall’Unità di progetto Open Access sopra menzionata, in cui è possibile reperire gli editori che sono stati contattati e le risposte che hanno fornito https://www.oa.unito.it/editori/web /index.php?r=editori/index.
19 Fare open access: la libera diffusione del sapere scientifico nell'era digitale, a cura di Simone Aliprandi. Milano: Ledizioni, 2017, p. 100-105 e Jacopo Ciani Sciolla, Il pubblico dominio nella società della conoscenza: l’interesse generale al libero utilizzo del capitale intellettuale comune. Torino: Giappichelli, 2021, p. 50-52.
20 Ad esempio, gli atti ufficiali dello Stato e delle amministrazioni pubbliche, sia italiane che straniere (l. 22/04/1941, n. 633, art. 5).
21 I dati in sé non sono oggetto di tutela da parte del diritto della proprietà intellettuale, ma lo diventano quando sono raccolti ed organizzati in banche dati, tutelate da un particolare diritto chiamato sui generis (Fare open access cit., p. 102). Sul diritto sui generis si veda J. Ciani Sciolla, Il pubblico dominio nella società della conoscenza cit., p. 194-200.
22 Fare open access cit., p. 104-105.
23 Ivi, p. 103.

24 Dichiarazione di Berlino, https://openaccess.mpg.de/Berlin-Declaration nella parte Definition of an Open Access Contribution.

25 Fare open access cit., p. 118.
26 Tra le altre licenze aperte, diffuse a livello internazionale, ci sono la ODC PDDL (Open data Commons Public Domain Dedication and License, applicabile ai database e ai dati in essi presenti, ponendo in pubblico dominio sia gli uni che gli altri), ODC-BY (Open Data Commons Attribution, molto simile a CC-BY, che verrà descritta a breve), ODbL (Open Database License), GNU FDL (GNU Free Documentation License, applicabile ai manuali e altri tipi di documentazione), GNU GPL (GNU General Public License, applicabile al software e ad altre creazioni). Si veda Mauro Guerrini, Tiziana Possemato, Linked data per biblioteche, archivi e musei: perché l’informazione sia del web e non solo nel web. Milano: Editrice bibliografica, 2015, p. 119-120.
27 B. Cunegatti, Manuale del diritto d'autore cit., p. 186-187. Sulle licenze Creative Commons: Simone Aliprandi, Creative Commons. Manuale operativo: una guida pratica e un’introduzione teorica al mondo CC. Lecce: SUM, 2013; R. Caso, La rivoluzione incompiuta, la scienza aperta tra diritto d’autore e proprietà intellettuale. Milano: Ledizioni, 2020, parte III; Deborah De Angelis, Brevi note in tema di applicabilità delle licenze Creative Commons ai beni pubblici culturali: prima parte, «DigItalia: rivista del digitale nei beni culturali», 4 (2009), 1, p. 9-23; Deborah De Angelis, Brevi note in tema di applicabilità delle licenze Creative Commons ai beni pubblici culturali: seconda parte, «DigItalia: rivista del digitale nei beni culturali», 4 (2009), 2, p. 61-73. Per meglio inquadrare il concetto di licenza, ricordiamo che il termine deriva dal latino ‘licere’, ovvero ‘autorizzare, permettere’: una licenza non è che un documento che permette l’utilizzo dell’opera imponendo condizioni più o meno restrittive (Fare open access cit., p. 106).
28 Ivi, p. 105-106.
29 Creative Commons, https://creativecommons.org/.
30 Nuove tecnologie e diritti di libertà nelle teorie nordamericane: open access, creative commons, software libero, DRM, terrorismo, contenuti generati dagli utenti, copyright, a cura di Giovanni Ziccardi. Modena: Mucchi, 2007, p. 72.
31 Fare open access cit., p. 103.
32 Ivi, p. 108.
33 Ibidem.
34 Ibidem.
35 S. Aliprandi, Creative Commons. Manuale operativo cit., p. 28-30.
36 B. Cunegatti, Manuale del diritto d'autore cit., p. 189.
37 Sulla diversità e, al tempo stesso, la profonda connessione dei concetti di ‘dati’ e ‘conoscenza’ L. Paseri, Accessibilità al sapere cit., p. 141-142.
38 J. Ciani Sciolla, Il pubblico dominio nella società della conoscenza cit., p. XX.
39 Ibidem.
40 Roberto Caso, La rivoluzione incompiuta cit., parte I.
41 Discussa già dal 2015, la prima proposta viene presentata nel 2016; l’approvazione definitiva del Parlamento europeo arriva il 17 aprile 2019, ma solo l’8 novembre 2021 il Consiglio dei Ministri approva la versione definitiva con il d.lgs. 08/11/2021, n. 177, introducendo ampie modifiche nella l. 22/04/1941, n. 633.
42 L’analisi della Direttiva e il dettaglio del recepimento nell’ordinamento nazionale sono stati tratti dall’ascolto del webinar: La nuova direttiva copyright e le novità in materia di ricerca, tenuto dall’Avv. Simone Aliprandi il 9 febbraio 2023 all’interno di Open Science Café GARR, un appuntamento periodico con i temi e le novità dal mondo dell'open science, pensato per la comunità scientifica italiana per informare e discutere in modo informale di vari aspetti legati alla scienza aperta. Ringrazio l’Avv. Simone Aliprandi per le indicazioni fornite e la generosa messa a disposizione dei materiali.
43 Min. Istruzione Università Ricerca, d. min. 07/06/2012, n. 76 (disponibile all’indirizzo http://attiministeriali.mi ur.it/anno-2012/giugno/dm-07062012.aspx).
44 https://iris.uniroma1.it/. Questa scelta – modificata in corso d’opera dopo un primo censimento degli editori di area disciplinare 12 con maggior numero di pubblicazioni, a partire dai dati forniti dalla VQR nazionale 2015-2019, vedi: https://www.anvur.it/attivita/vqr/vqr-2015-2019/ – è stata dettata dall’intento di radicare questo contributo nella comunità di ricerca Sapienza, in cui esso ha preso le mosse.
45 Vedi nota n. 18.
46 Tratta dalla banca dati OA@unito, cui si rimanda per le note relative ai singoli editori.