L’eredità delle discografie:la data di registrazione come punto di accesso per le risorse sonore

Roberta Licitra

La discografia

La diffusione dei supporti di riproduzione sonora contribuì a un grande cambiamento nel modo di fruire la musica. Dal secondo decennio del Novecento, in alcune riviste musicali, l’evolversi del mercato tecnologico fu seguito da articoli dedicati ai nuovi dispositivi di registrazione/riproduzione e ai prodotti discografici derivati, quest’ultimi presi in considerazione dapprima in approfondimenti sui musicisti e man mano in apposite rubriche, sino a condensarsi talvolta in liste ordinate riportanti le uscite discografiche.
L’inserimento di questi elenchi rispondeva a esigenze ben precise che si erano delineate fra alcuni lettori delle riviste, che erano divenuti i principali fruitori dei materiali sonori di quel tempo. Era nei magazine di questo tipo che i supporti sonori venivano annunciati dalle case discografiche, e al contempo le case redazionali contribuivano ai loro fini commerciali corredandone gli annunci con apposite recensioni. Grazie a queste prime descrizioni dei supporti esistenti, le persone interessate potevano accingersi all’acquisto o alla ricerca dell’oggetto1.
Al tempo le case discografiche tendevano a omettere alcuni dati importanti per il riconoscimento delle registrazioni contenute nei supporti. Per ragioni commerciali spesso si celava l’organico completo dei musicisti che avevano preso parte alla registrazione: uno dei modi più conosciuti è il ricorso frequente agli pseudonimi della band, il quale consentiva di non esplicitare se la formazione era stata alterata (magari in una particolare occasione un componente era assente o era stato sostituito). Il nome della formazione era non di rado un’incognita anche perché l’etichetta discografica poteva affittare un master da un’altra casa e, senza alcun vincolo, decidere di cambiare lo pseudonimo utilizzato, con il risultato che una stessa registrazione poteva essere venduta con nomi diversi2.
Per supplire alla carenza di informazioni, le riviste di quegli anni giocarono un ruolo cruciale. Attraverso le rubriche della corrispondenza, i lettori entravano in contatto con la redazione e in alcuni casi era persino possibile comunicare con altri diretti interessati3. Dalla lettura di tali rubriche si ha modo di constatare la nascita di un nuovo tipo di ascoltatore/fruitore del mercato discografico: le domande poste delineavano i bisogni di un nuovo tipo di utenza, a cui qualcuno avrebbe a breve dato delle risposte dettagliate.
Quando pertanto nel 1931 nella rivista Phonograph Monthly Review venne annesso un elenco di uscite discografiche a un articolo su Geraldine Ferrar di William H. Seltsam, i lettori erano già preparati per comprendere cosa fosse una discografia. L’elenco venne chiamato A Ferrar Discography e in esso furono riportate tutte le uscite discografiche della celebre cantante, ordinate secondo criteri prestabiliti4.
Il termine discografia è infatti entrato progressivamente nella conoscenza comune, senza essere definito con esattezza sin dal principio. Gli ‘interessati del mercato discografico’ si rivolgevano a questo tipo di pubblicazioni per avere notizia dei materiali esistenti e per riconoscerli univocamente. Si trattava tuttavia per lo più di progetti amatoriali, ovvero curati da gente appassionata di musica proveniente da formazioni diverse, che circolavano all’interno di veri e propri ‘circuiti’ che oltre a usufruire delle notizie ivi riportate, contribuivano all’aggiornamento e ampliamento delle informazioni.
Dagli anni Settanta, alcuni studiosi iniziarono a formalizzare il termine, pubblicando i primi saggi atti a riepilogare le vicissitudini dei progetti discografici, con l’obiettivo di esplicitare i criteri perseguiti dagli autori e formalizzarli per i lavori successivi5.
Nei progetti editoriali discografici l’unità della descrizione individuata era la registrazione sonora, non il supporto fisico, bensì la registrazione contenuta. A livello teorico, l’unico requisito richiesto per iscrivere una registrazione all’interno di un elenco discografico era la presenza di un testimone, anche non edito. Il focus del progetto discografico determinava poi la tipologia: discografie su singoli compositori o band, su case discografiche o generi musicali6.
I progetti più ambiziosi erano le discografie generaliste, che miravano cioè a mappare tutte le registrazioni confacenti a un particolare genere.
Nell’ambito jazz è stata particolarmente discussa la paternità della prima discografia Hot Discography di Charles Delaunay nel 19367, tuttavia è in quegli anni che le prime discografie iniziarono a circolare e a creare una rete internazionale di collaborazioni fra vari soggetti coinvolti nella stesura dei progetti. Seguirono infatti altri lavori – Index to Jazz, Jazz Directory, Jazz Records, Years of Recorded Jazz e Jazz Discography8 – e le loro pubblicazioni furono protratte per decenni.
La stesura di questi progetti comportava ingenti difficoltà: oltre ai costi, i tempi della stampa, le modalità di redazione degli elaborati e l’espansione del mercato discografico erano tutti fattori che contribuivano all’obsolescenza permanente dei lavori nel momento stesso in cui erano dati alla stampa. Si ripensò dunque l’impostazione iniziale e, se dapprima si prediligeva un’unica pubblicazione riepilogativa, si passò a suddividerle in più volumi in base al nome del musicista, per alleggerire il lavoro di aggiornamento e contenerne l’inattualità. Tuttavia, anche senza tenere conto dei dati provenienti dalle correzioni, la sola nuova produzione musicale forniva una grande quantità di dati di aggiornamento, tale da ostacolare la prosecuzione stessa del progetto.
La quadra fu finalmente trovata con Jazz Records che segnò un profondo cambio di direzione. Il suo autore, Brian Rust9, propose una discografia costituita da volumi divisi in base a dei range cronologici. In questo modo era possibile dedicarsi alla raccolta e alla descrizione delle registrazioni esistenti sino a un determinato momento e presumere che l’aggiornamento del volume col passare del tempo diminuisse, anziché aumentare, per concentrarsi così sulla redazione di un nuovo volume. Questa formula risultò la vincente e fu acquisita dai progetti successivi, nonostante poi l’utilizzo dei computer e l’organizzazione dei dati nei database informatici, ne abbiano poi cambiato l’approccio10.
Mentre Charles Delaunay fu definito il padre della discografia jazz per il riconoscimento che diede al numero di matrice, Brian Rust è stato recentemente nominato il padre della discografia moderna11. Rust iniziò a occuparsi di discografie quando nel mercato discografico si era già consolidato il formato LP. Grazie alla durata più estesa rispetto a quella di un 78 giri, tali supporti consentivano di registrare brani più lunghi, e ciò ebbe un effetto anche nelle strategie commerciali delle case discografiche. Dagli anni Cinquanta aumentarono le raccolte musicali di artisti, in cui erano raggruppate registrazioni provenienti da sessioni avvenute in momenti diversi. Nelle discografie si assistette dunque a un adattamento del criterio di ordinamento.
Prima di Jazz Records, le voci erano organizzate dalla progressione del numero di matrice, ma con la diffusione degli LP la matrice apposta sul supporto non si rivelò più garante assoluto della progressione cronologica delle singole registrazioni contenute.
Rust propose quindi la data della sessione di registrazione: le sue schede sarebbero state redatte con l’obiettivo di ricostruire l’evento in cui le registrazioni hanno avuto luogo (ad esempio, una sessione di registrazione in studio o un concerto).
Nonostante questo approccio venisse incontro più ai bisogni di un’utenza sempre più specifica12, il formato rust si adattò perfettamente alle esigenze del nuovo mercato: ricostruendo la sessione di registrazione, era possibile adattare il modello sia alla produzione dei 78 giri sia ai nuovi e sempre più diffusi Long Playing (e non solo), nei quali il numero di matrice non identificava più una sessione specifica.
I dati così ordinati garantiscono ancora oggi un’informazione chiara e univoca all’utente esperto.

I dati discografici nella tradizione catalografica

La descrizione delle registrazioni sonore è stata organizzata per rispondere alle esigenze specifiche dei fruitori dei materiali sonori, da parte di redattori che spesso combaciavano con l’utenza finale della tipologia del loro stesso prodotto. Alla luce dei principi che sorreggono le tradizioni catalografiche e dei modelli concettuali che nell’arco degli ultimi decenni hanno rivolto particolare attenzione ai bisogni degli utenti, le discografie possono essere considerate, al pari di altri repertori, utili riferimenti per la redazione e condivisione di dati bibliografici e d’autorità. Nello specifico, la data di registrazione, a cui i discografi hanno assegnato la chiave dell’ordinamento nei loro progetti, può divenire elemento caratteristico e univocizzante di una determinata registrazione.
Il modello IFLA LRM aiuta a individuare il contesto teorico nel quale collocare questo dato e a comprendere la tipicità del materiale sonoro. Focalizzando l’attenzione sulle quattro entità del secondo livello di IFLA LRM – opera, espressione, manifestazione, item –, ci si accorgerà subito della differenza che distingue la registrazione sonora dalla produzione libraria. In una registrazione sonora si ha un’‘opera’ concepita dal musicista ed ‘espressa’ con il linguaggio musicale (durante un’esibizione), che si ‘manifesta’ sotto forma di audioregistrazione (ad esempio un’edizione discografica), testimoniata da diversi item. Nonostante la linearità di tale sequenza, la ricostruzione di questi passaggi non è sempre altrettanto semplice: l’estemporaneità della musica performata influisce affinché ciascuna espressione generi una manifestazione a sé e quindi, analogamente, per riuscire a ricondurre due manifestazioni distinte (ad esempio due edizioni discografiche) a un’espressione è importante accertarsi che abbiano avuto luogo nella stessa circostanza. Pertanto, la data di registrazione trova una naturale collocazione come attributo dell’entità espressione.
Va tuttavia tenuto in considerazione che espressioni molto diverse dall’opera a cui si riferiscono possono generare differenze tali da intaccare l’entità stessa dell’opera, generando quindi una sequenza del tutto nuova. Nel caso del jazz, ciò avviene di frequente nell’esecuzione degli standard; si pensi ad esempio all’esecuzione di brani come All the things you are o Autumn Leaves che hanno prodotto nuove espressioni ma anche nuove opere del medesimo standard anche da parte dello stesso musicista che lo ha eseguito più volte nell’arco della sua carriera, volutamente in maniera diversa.

Catalogazione descrittiva

Nella catalogazione descrittiva la data di registrazione emerge di rado nei record delle agenzie catalografiche, a meno che non sia presente nell’edizione in oggetto sotto forma esplicita (magari nel titolo). In linea teorica, i casi sono circostanziabili nell’area 4, nel caso però in cui il supporto contenga una registrazione inedita e la data di registrazione coincida con quella di pubblicazione, oppure nelle note di contenuto dell’area 7, qualora il catalogatore non riuscisse a predisporre apposite relazioni con le registrazioni di autorità.
Nelle norme della catalogazione descrittiva infatti la data di registrazione non trova molti richiami, essendone l’approccio orientato verso la manifestazione. È per questo che anche nella recente Guida al Materiale Audiovisivo13, nell’area della pubblicazione, è immediatamente precisato che «la data di pubblicazione riportata in area 4 deve corrispondere a quanto indicato nell’area 2, se presente», aggiungendo poco più avanti che «non si considerano date di pubblicazione, invece, le date che compaiono in connessione con informazioni di tipo diverso (per esempio la data di registrazione, rappresentazione, di deposito legale, di una dedica, di un intervento testuale)». Infine, nessun richiamo è presente nell’area note, sia in merito all’area della pubblicazione sia all’area del contenuto.
Un’altra visione sulle peculiarità dei materiali audiovisivi è poi mostrata nelle Norme di catalogazione delle risorse musicali non pubblicate (2018)14. Oggetto principale della guida sono i materiali definiti dall’IFLA come manifestation singleton, ovvero manifestazioni costituite da esemplari (item) con caratteristiche uniche. Trattandosi di risorse non pubblicate, vengono considerati i casi di presa del suono, anche non autorizzati, dei concerti per i quali la data dell’area 4 coincide con quella della registrazione. Al punto 4.4.3.0 si legge dunque: «Per le risorse sonore e audiovisive la data di produzione è quella in cui è stata generata la risorsa in esame, corrispondente alla data di registrazione nel caso di risorse registrate dal vivo». Anche in questo caso, il focus rimane rivolto alla manifestazione e la norma prosegue specificando di riportare «la data di creazione della copia nel caso dei riversamenti direttamente o indirettamente generati a partire da questa»15. Ciononostante, la data di registrazione assume un certo rilievo anche rispetto al punto 4.4.5, dove, nel caso di risorse descritte con standard archivistici e la data di registrazione è l’unica data ad essere conosciuta, non si esclude il suo utilizzo in area 4, qualificandola opportunamente e riportando nell’area 7 l’eventuale data di produzione.
Infine, al punto 3.2.2.4 vengono incluse le discografie fra le fonti delle informazioni prescritte.
Seppure più datata, nel 1999 si colloca la direttiva standard per la descrizione delle risorse audiovisive dell’International Association of Sound and Audiovisual Archive (IASA)16. Costituitasi formalmente nel 1969 e fautrice di numerosi progetti17, tra i quali il censimento Bibliography of Discography, disponibile e liberamente consultabile online18, IASA si avvalse di un apposito gruppo di ricerca, l’Organising Knowledge Committee, per l’ideazione delle direttive che sono state sviluppate a partire da ISBD – adottandone la suddivisione delle aree proposte – e dalla guida dell’International Federation of Television Archives (FIAT/IFTA). IASA scelse di dare risalto all’inserimento dei numeri identificatori dell’area 8 (capitolo 8), nei quali diede importanza al numero di matrice, e soprattutto alla cosiddetta catalogazione analitica e a livelli (capitolo 9). L’adozione delle regole esposte nel capitolo 9 è facoltativa e il loro impiego è strettamente legato alle politiche di catalogazione di ogni istituto, tuttavia con queste disposizioni IASA suggerisce un approccio rivolto ai contenuti di cui il supporto è testimone. Al punto 9.1 si legge:

The concept of analytic description arises from the desirability in many cases, when dealing with sound recordings in an archival context, to divide the descriptive information into two separate levels: information pertaining to the physical item itself (sometimes referred to as host item or packaging information) and information pertaining to the sounds contained on the physical item as they were originally captured and regardless of any specific containment, or release (i.e. more or less equivalent to a description of a performance during a recording session).

Nonostante IASA riconosca una considerevole attenzione ai dati concernenti la registrazione, l’ambito di competenza della catalogazione descrittiva delimita anche in questo caso le informazioni nell’area 7, in cui le note di contenuto abbondano in favore di elementi dedotti dalla ricerca discografica. In particolare, la norma 7.B.11, relativa al luogo e alla data di esecuzione di una registrazione, viene supportata in molti esempi di descrizioni analitiche.

Registrazioni di autorità

Nella parte seconda, le Regole italiane di catalogazione19 rimandano alle disposizioni per il trattamento di opere ed espressioni e dei relativi attributi.
Al punto 9.0.1 REICAT introduce il concetto di ‘titolo uniforme’, designazione ormai desueta in quanto sostituita nel 2016 dal ‘titolo dell’opera’20. Nonostante nelle Regole italiane di catalogazione la terminologia non sia ancora aggiornata e si parli di titolo uniforme, l’accento rimane sull’opera ed è precisato che «può essere utilizzato anche per identificare, con l’aggiunta di altri elementi, espressioni diverse di una stessa opera e sue edizioni». Al riconoscimento delle espressioni viene assegnato l’intero capitolo 10 Espressioni di una stessa opera, nel quale trovano spazio le Registrazioni di esecuzioni e rappresentazioni (10.8). Si chiarisce che «si considerano espressioni della stessa opera le diverse esecuzioni di una stessa composizione da parte dello stesso interprete» ed è infatti posta una discriminante sulla preminenza del ruolo di quest’ultimo: ove sussista ci si trova di fronte a una nuova opera, ove non lo è si tratta di un’espressione.
La casistica mostrata in REICAT al riguardo non mostra indicazioni sull’utilizzo della data di registrazione e non ci sono esempi riportanti un’esecuzione con la data, tuttavia l’attenzione delle Regole italiane di catalogazione nei confronti del mondo librario sembrerebbe incoraggiarne l’utilizzo, anche se limitato all’indicazione del solo anno, – di edizione sino a quella di pubblicazione, qualora non sia sufficiente la prima – sino a renderla univocizzante e in 9.3.2. Ulteriori elementi usati per distinguere titoli identici (nella sezione Titoli Uniformi) sono presenti degli esempi che riportano l’uso dell’anno per differenziare le registrazioni d’autorità omonime per la redazione del punto di accesso all’opera.
Infine in REICAT al 9.4 c) è introdotta la possibilità di registrare «l’indicazione che nella pubblicazione l’opera è presentata in un mezzo o forma di realizzazione diverso da quello originale (audioregistrazione di un testo scritto, audio o videoregistrazione di un’opera musicale, etc.)». Nel panorama della molteplicità delle registrazioni sonore esistenti, ad esempio le registrazioni dei brani omonimi tratti dai concerti di uno stesso tour, tale aggiunta non costituirebbe un dato sufficientemente identificatorio per l’utente. Inoltre, un’opera è un’entità astratta concettuale e differenziare un’opera come sola videoregistrazione intaccherebbe il livello dell’espressione, caratterizzabile dai relativi attributi.
L’esempio mostrato in 10.8 mostra per il disco La buona novella, il titolo uniforme: La buona novella (audioregistrazioni). Il concept album di Fabrizio De André è individuato con un unico titolo, in quanto significativo, raggruppando un elenco di brani indifferenziabili singolarmente, anche al livello di collegamenti con altre risorse21. Connotare infine La buona novella come audioregistrazione, piuttosto che come idea, potrebbe determinare la creazione di nuove opere per i rifacimenti che si sono ispirati all’opera di De André, creando una varietà di punti di accesso che all’utente risulterebbero poco caratterizzanti.
Anche la normativa Titolo uniforme musicale prende in considerazione la data di registrazione, trattandola come data dell’esecuzione, dapprima nella versione edita nel 2014, non più formalmente in uso, e nell’edizione aggiornata Titolo dell’opera musicale del 2018, il cui titolo chiarisce già l’assenza delle espressioni per la creazione delle voci di autorità22.
La data dell’esecuzione è infatti presa in considerazione maggiormente nella normativa precedente e viene citata fra le possibili opzioni di datazione di opere con titoli identici, intendendo la prima esecuzione e solo laddove non si conosca la data di composizione (3.2.2.5.1. Data). Per quanto riguarda il trattamento delle espressioni, come in REICAT, la normativa del 2014 prende in considerazione alcuni casi specifici. Al punto 5.5 Contrafacta, parodie, le espressioni di una stessa opera sono infatti a loro volta differenziabili attraverso l’indicazione di ‘contrafactum’ o ‘parodia’, e al 3.3.6 la normativa introduce il concetto di ‘versione’. Con questo termine si indica una «composizione che è stata sottoposta dal suo autore a revisione o parziale rifacimento (con integrazioni, tagli, aggiunte o modifiche) senza l’intenzione di creare una nuova opera, oppure è stata all’origine concepita in due o più varianti (per durata, lingua, etc.)» e, a tal proposito, ove altri elementi non siano sufficienti per l’identificazione, si dispone la data della versione come prima opzione, nonostante poi non si riporti l’applicazione in alcun esempio.
Relativamente alla creazione di registrazioni per supporti privi di titolo significativo, al punto 7.9 Raccolte di gruppi musicali o di cantautori, è presa in considerazione una raccolta di brani di Lucio Dalla, il cui titolo uniforme sarà: Canzoni. Scelta / Dalla, Lucio. Se si tiene a mente il punto di vista adottato dai discofili e dai collezionisti del repertorio, l’utenza interessata dovrebbe sperare nella presenza di un’area 7 di una specifica risorsa collegata e corredata da un elenco dei contenuti il più possibile dettagliato. Inoltre la registrazione ‘Canzoni. Scelta’ permetterebbe che diversi album di raccolte del cantautore possano essere ricondotti al medesimo accesso, disorientando la ricerca dell’utente. Un’altra possibile discordanza agli attributi delle entità IFLA LRM è poi rinvenibile nell’appendice A, dedicata al trattamento delle registrazioni sonore: è il caso del punto A.2, secondo cui «Gli album originali di diverso contenuto che hanno lo stesso titolo si distinguono con opportune qualificazioni (per esempio la data di prima pubblicazione, o la data phonogram)». Per definizione il titolo uniforme si appoggia al concetto di opera (ed eventualmente di espressione), mentre alcune delle qualifiche addotte dalla norma citata – anche la data di phonogram, che non sempre è riconducibile alla prima incisione – farebbero invece riferimento alla manifestazione e pertanto tali dati sarebbero già sufficientemente deducibili dalla descrizione bibliografica. Da questo punto di vista, la logica del titolo uniforme del 2014 è stata risolta grazie alla già citata guida SBN online, Titolo dell’opera musicale, sebbene ancora sussistano vari richiami alla normativa precedente. Infatti, al punto 1.1 si riporta: «Il titolo dell’opera musicale identifica una composizione senza riferimento ai supporti e ai metodi utilizzati per la sua diffusione, alla lingua dei titoli e agli elementi descrittivi presenti sulle risorse». In generale, la normativa online risolve alla base molte delle ambiguità generate dall’inclusione dell’espressione all’interno del titolo uniforme. A differenza di quanto normalizzato nelle Regole italiane di catalogazione, vengono esclusi in toto i casi di applicazione del titolo dell’opera alle espressioni diverse di un’opera (arrangiamenti, trascrizioni ecc.), le quali rimangono esclusivamente trattate al livello della descrizione bibliografica. Nel caso quindi di uno standard jazz, eseguito in molteplici maniere nell’arco della vita da uno stesso musicista, la registrazione di autorità terrebbe conto della sola prima esecuzione, a meno che essa non riporti significative differenze tali da generare una nuova opera.
Per quanto riguarda la datazione, essa è presa in considerazione nella norma 1.4.4 che pone come dato facoltativo, all’interno di Dati comuni, la data di composizione, e raccomanda genericamente l’utilizzo dei repertori – ma senza citare espressamente tra questi le discografie –, rimandando alla già discussa normativa del titolo uniforme musicale del 2014 per la redazione della data: 3.2.2.5.1 Date, 3.3.6 Versioni, 5.5 Improvvisazioni e opere aleatorie23.
La data di registrazione è oggetto di attenzione delle RDA (Resource Description and Access), lo standard di contenuto che consente di inserire un numero indefinito di dati e attributi, rispondenti ai bisogni degli utenti in accordo con i principi di efficienza, flessibilità e continuità24. La piena aderenza al modello IFLA LRM fa sì che ogni registrazione risponda a un numero minimo di elementi essenziali (core elements), obbligatori, i quali a loro volta variano a seconda del tipo di entità al quale si riferiscono.
È questa attenzione di RDA nei confronti del modello funzionale che risolve la difformità del trattamento di opere ed espressioni, incontrata invece nelle norme discusse sinora. RDA prende in considerazione le espressioni e le opere e mostra un’importante casistica tramite la sezione 2, del punto 0.6.6, Registrazione degli attributi di opera ed espressione, e il capitolo 5, Linee guida per la registrazione degli attributi di opere ed espressioni. Nel capitolo successivo, 6 Identificazione di opere ed espressioni, sono quindi fornite le istruzioni su come trattare gli elementi e gli attributi registrabili «come elementi distinti, come parte di punti d’accesso, o come entrambi», comunque atti a identificare opere ed espressioni, tra i quali primeggia la scelta del titolo preferito25. Il punto di accesso per l’opera è infatti costituito «dal punto d’accesso autorizzato che rappresenta la persona, famiglia o ente responsabile dell’opera», seguito dal titolo preferito e corredato, laddove sia necessario, da eventuali aggiunte (6.27.1). Il punto di accesso dell’espressione (6.27.3), invece, prevede la combinazione del «punto d’accesso autorizzato che rappresenta l’opera, o parte o parti di essa» con «uno o più dei seguenti elementi: il tipo di contenuto (vedi 6.9 RDA), la data dell’espressione (vedi 6.10 RDA), la lingua dell’espressione (vedi 6.11 RDA) e/o un’altra caratteristica distintiva dell’espressione (vedi 6.12 RDA)». Ed è quindi al punto 6.10 che RDA esplicita il valore insito della data dell’espressione, la quale risulta essere «un elemento essenziale, se necessario per differenziare un’espressione di un’opera da un’altra espressione della stessa opera».

Conclusioni

La creazione di registrazioni di autorità per le risorse sonore contraddistinte dalla data di registrazione potrebbe rappresentare un valido punto di accesso, in grado di raggruppare funzionalmente non solo le opere, ma soprattutto le espressioni omonime di un’opera. Laddove l’informazione fosse presente, l’utente sarebbe in grado di riconoscere le molteplici registrazioni contenute, ad esempio in una raccolta, avendo a disposizione un dato utile al reperimento di altri dati su una determinata esecuzione e agevolando il collegamento con altre risorse connesse.
La ricerca di tali informazioni è testimoniata dall’esistenza stessa delle discografie e dai fruitori di questi progetti. L’attenzione alle funzioni dell’utente prescritte da IFLA LRM impone una riflessione anche sulla specificità delle risorse sonore e la tradizione discografica è l’eredità da cui attingere per rendere più funzionali le descrizioni, affiancandole da opportune registrazioni di autorità. Nell’era in cui l’utente si accinge all’ascolto della musica prevalentemente attraverso piattaforme di streaming, in cui l’origine dei brani diventa quasi del tutto secondaria, la data di registrazione per le espressioni costituirebbe la chiave di lettura e di organizzazione di un mosaico sonoro volto alla valorizzazione dei supporti sonori esistenti e fornirebbe una guida anche all’utente meno esperto che si accinge alla scoperta delle varietà delle registrazioni sinora conosciute.

Articolo proposto il 21 luglio 2023 e accettato il 14 ottobre 2023.


Note

ROBERTA LICITRA, Università di Pavia, Dipartimento di musicologia e beni culturali, Pavia, e-mail: roberta.licitra@unipv.it.
Il contributo mette in luce uno degli aspetti discussi nella tesi di laurea magistrale in Musicologia discussa da chi scrive il 13 giugno 2020.
Ultima consultazione siti web: 17 luglio 2023.

1 Come la rubrica Selected Records della rivista Gramophone.
2 Dan Morgenstern, The Thankless Science. In: Living with Jazz, New York: Pantheon Books, 2004, p. 545-557.
3 Per una panoramica del tipo di richieste da parte dei lettori, si rimanda ai primi numeri della rivista Gramophone, nelle sezioni Correspondance, Notes and Queries o Answer to Queries.
4 William Henry Seltsam, A [Geraldine] Farrar Discography, «Phonograph Monthly Review», 5 (1931), n. 4, p. 112,
https://archive.org/details/PMR_5_4.
5 Steve Smolian, Standard for the review of discographic works, «ARSC Journal», 7 (1976), n. 3, p. 47-55, http://www.arsc-audio.org/journals/v7/v07n3p47-55.pdf; Gordon Stevenson, Standards for Bibliographies of Discographies, «RQ», 15 (1976), n. 4, p. 309-416, https://www.jstor.org/stable/41354347.
6 Per una panoramica generale sulla discografia: Jerome F. Weber, voce Discography. In: Grove Music Online. Oxford: Oxford University Press, 2001, https://www.oxfordmusiconline.com/grovemusic/view/10.1093/gmo/9781561592630.001.0001/omo-9781561592630-e-0000007843. Per una visione sulla discografia jazz cfr. Bruce D. Epperson, More Important Than the Music: A History of Jazz Discography. Chicago: University of Chicago Press, 2013.
7 Charles Delaunay, Hot Discography. Paris: Hot Jazz, 1936.
8 In ordine di citazione: Orin Blackstone, Index to Jazz. Vol. 1, A-E. Fairfax: Record Changer, 1945; David A. Carey; Albert J. McCarthy; Ralph G. V. Venables, The Directory of Recorded Jazz and Swing Music, Vol. 1, A-B. Fordingbridge: Delphic Press, 1949; Brian Rust, The Index to Jazz Records, A-Z: 1897-1931. Hatch End: Brian Rust, 1961; Walter Bruyninckx, 50 Years of Recorded Jazz, 1917-1967. Mechelen: Walter Bruyninckx, [1968-1971]; Tom Lord, The Jazz Discography. Vol. 1, A to Bankhead. West Vancouver: Lord Music Reference, 1992.
9 Brian Rust iniziò a occuparsi di discografia quando si licenziò come banchiere a seguito dell’assunzione alla British Broadcasting Corporation (BBC) come bibliotecario nel 1945. Durante quegli anni, Rust raccolse e comparò diverse discografie deducendo il proprio approccio metodologico-operativo, descritto nella guida: Brian Rust, Brian Rust’s Guide to Discography. Westport: Greenwood Press, 1980.
10 Attualmente l’unico progetto discografico generalista sul jazz è Jazz Discography di Tom Lord, realizzato attraverso l’ausilio dei sistemi informatici. È consultabile online attraverso il sito web https://www.lordisco.com/, previo abbonamento. Il metodo usato da Tom Lord è molto dibattuto fra i discografi, cfr. Michael Fitzgerald, Review of Jazz Discography Online, «Notes», 66 (2009), n. 1, p. 132-138, https://www.jstor.org/stable/40539440.
11 Margalit Fox, Brian Rust, Father of the Modern Discography, Died at 88, «The New York Times», 25 gennaio 2011, https://www.nytimes.com/2011/01/25/arts/music/25rust.html. Tony Russel, Brian Rust obituary:
Broadcaster, writer and the leading jazz discographer of his generation, «The Guardian», 31 marzo 2011, https://www.theguardian.com/music/2011/mar/31/brian-rust-obituary.
12 In Barry Kernfeld; Howard Rye, Comprehensive Discographies of Jazz, Blues and Gospel, «Notes», 51 (1995), n. 3, p. 865-891 si discute sull’evoluzione della tipologia del lettore delle discografie.
13 Istituto centrale per il catalogo unico delle biblioteche italiane e per le informazioni bibliografiche, Guida alla catalogazione in SBN: Materiale audiovisivo. Roma: ICCU, 2022, https://norme.iccu.sbn.it/index.php?title=Guida_materiale_audiovisivo.
14 Istituto centrale per il catalogo unico delle biblioteche italiane e per le informazioni bibliografiche, Norme di catalogazione delle risorse musicali non pubblicate. Roma: ICCU, 2018, https://norme.iccu.sbn.it/index.php?title=Norme_musica_non_pubblicata.
15 Vi è comunque una distinzione per le copie prodotte per uso personale o per motivi interni a un’istituzione (ad esempio le copie di sicurezza): in questo caso, le duplicazioni ottenute possono non generare nuove manifestazioni, che agiscono invece soltanto sul piano dell’esemplare; cfr. 1.6 Riproduzioni non editoriali, copie di conservazione.
16 Organising Knowledge Committee, The IASA Cataloguing Rules, a cura di Mary Miliano. 1999, https://www.iasa-web.org/cataloguing-rules.
17 Per una panoramica sulla loro attività Ilse Assmann [et al.], IASA - 40 years: an overview. 2009, https://www.iasa-web.org/sites/default/files/40years/iasa/pdf/IASA%20-%2040%20years%20an%20overview.pdf.
18 Il link è https://ibd.iasa-web.org. Il progetto, nato nel 2017 grazie al lavoro di un comitato di ricerca e supportato dalla Harvard University e dal Ministry of Culture of the Czech Republic, mette a disposizione l’elenco delle discografie esistenti, includendo anche i cataloghi delle case discografiche, le riviste e fornendo informazioni sulla loro accessibilità.
19 Istituto centrale per il catalogo unico delle biblioteche italiane e per le informazioni bibliografiche, Regole italiane di catalogazione. Roma: ICCU, 2009, https://norme.iccu.sbn.it/index.php?title=Reicat" target="_blank">https://norme.iccu.sbn.it/index.php?title=Reicat.
20 Nelle norme in uso, SBN ha sostituito con la pubblicazione del Titolo dell’opera (2018) la denominazione ‘titolo uniforme’ – già desueta da ICP 2009 – in ‘titolo dell’opera’, «in quanto più appropriato a definire una registrazione di autorità» e, al fine di evitare ambiguità con la definizione di ‘opera’ di IFLA LRM, ha adottato il termine ‘composizione’ in sostituzione del genere ‘opera’.
21 L’esigenza della suddivisione potrebbe emergere nel caso di un remaster, con delle takes tratte da sessioni di registrazioni diverse. Esempi contestuali di collegamenti ad altre risorse: Il testamento di Tito è stato interpretato nell’album dai Modena City Ramblers nell’album ¡Viva la vida, muera la muerte!, https://www.discogs.com/it/master/428735-Modena-City-Ramblers-Viva-La-Vida-Muera-La-Muerteo, oppure Ave Maria di Al Bano nell’album Amanda è libera, https://www.discogs.com/it/master/346984-Al-Bano-Amanda-%C3%88-Libera.
22 Istituto centrale per il catalogo unico delle biblioteche italiane e per le informazioni bibliografiche, Titolo uniforme musicale: norme per la redazione. Roma: ICCU, 2014,
https://www.iccu.sbn.it/documenti/2015/TITOLO_UNIFORME_MUSICALE_2015.pdf; Id., Titolo dell’opera musicale. Roma: ICCU, 2018,
https://norme.iccu.sbn.it/index.php?title=Norme_comuni/Authority_file/Titoli_materiale_musicale.
23 La datazione è obbligatoria per le descrizioni di livello MAX.
24 Joint Steering Committee, RDA: Resource Description and Access, traduzione italiana a cura di Carlo Bianchini e Mauro Guerrini. Roma: ICCU, 2015,
https://www.iccu.sbn.it/export/sites/iccu/documenti/2015/RDA_Traduzione_ICCU_5_Novembre_REV.pdf.
25 Il titolo, assieme a eventuali identificatori, è un elemento obbligatorio in quanto rappresenta l’opera. RDA distingue tra ‘titolo preferito’ e ‘titolo variante’, entrambi formulati nel rispetto delle disposizioni del punto 6.2.