Vittorio Ponzani, Paola Manoni, Giovanna Mazzola Merola
Per qualche anno ho fatto il bibliotecario alla Chelliana, ed è stato il periodo più bello della mia vita.
Luciano Bianciardi
La consapevolezza dell’importanza del riconoscimento della professione del bibliotecario ha origini lontane che, per quanto riguarda l’Associazione italiana biblioteche, può essere fatta risalire almeno al documento Scelte di politica bibliotecaria, più noto come le Tesi di Viareggio, presentato nel 1987 nell’ambito del 34° congresso dell’AIB.
Nel documento, uno dei documenti ‘politici’ dell’Associazione più rilevanti degli ultimi decenni, la tesi n. 8 (L’efficienza dei servizi presuppone la consapevolezza della dimensione professionale da parte dei bibliotecari e il riconoscimento giuridico della professione) oltre a sottolineare l’importanza di dare alla professione una forma di riconoscimento stabilito per legge fa riferimento, tra l’altro, alla necessità di un’adeguata preparazione professionale del bibliotecario, realizzata attraverso una formazione iniziale, poi integrata da occasioni di aggiornamento: «Se non vi sarà certezza di un serio impegno di tutti su questo terreno – si sottolinea – non avrà senso porre il problema del riconoscimento giuridico della professione bibliotecaria, che l’AIB ritiene necessario ed urgente»1.
Da tempo ci si è quindi resi conto che il riconoscimento della professione del bibliotecario è effettivamente ‘necessario e urgente’, in un contesto in cui i cambiamenti tecnologici, ma anche quelli sociali e culturali, stanno modificando i tradizionali confini sociali, professionali e disciplinari; in cui le conoscenze necessarie per vivere, lavorare, interagire con gli altri, la complessità che ci circonda richiedono intelligenze flessibili e aperte, in grado di pensare criticamente e addestrate a cercare, selezionare e valutare le informazioni2.
In questo contesto le biblioteche devono quindi trovare un loro nuovo posizionamento, adattandosi a questi cambiamenti, rispondendo efficacemente alle esigenze culturali e informative di una società in rapida trasformazione, e i bibliotecari, di conseguenza, devono avere una preparazione culturale e professionale adeguata, con competenze specifiche ma sempre di più anche interdisciplinari e transdisciplinari.
All’inizio degli anni Novanta poi emerge l’orientamento, a partire dalle direttive europee del 1989 e del 19923, per cui sarebbe stato opportuno e più efficace se le attività di regolamentazione, verifica e controllo dei professionisti di un certo ambito disciplinare fossero state affidate alle associazioni professionali di carattere privato:
Si va affermando l’idea, tipica della maggior parte dei sistemi giuridici europei, che le professioni si autoregolino, limitando il ruolo dei poteri pubblici non alla istituzione e definizione della professione stessa […] bensì al solo riconoscimento di una funzione sociale utile già di fatto svolta, con risultati positivi, su una base associativa e di carattere giuridicamente privato. In altri termini, sono i professionisti associati, non il Parlamento, a definire una professione e i suoi contenuti, i suoi requisiti formativi, il suo codice deontologico, e quindi a costituire un albo, a regolare l’iscrizione a questo, a controllare – nell’interesse nel pubblico [sic!] – qualità e correttezza delle prestazioni. Se queste funzioni sono svolte in maniera efficace e positiva, ne consegue un interesse pubblico al riconoscimento, sia di fatto che di diritto e in varie forme, di quello che gli studiosi chiamano un “governo privato”4.
A poco più di un decennio dalle Tesi di Viareggio, il 29 aprile 1998 l’Assemblea generale dei soci dell’AIB approvava, dopo una lunga elaborazione e un dibattito approfondito, la creazione dell’Albo professionale italiano dei bibliotecari.
Il Regolamento dell’Albo, che si ispirava alle direttive europee sul riconoscimento dei titoli professionali, aveva lo scopo di stabilire criteri e norme per il riconoscimento e la validazione delle qualifiche professionali dei bibliotecari in Italia. Questo processo era in linea con le direttive dell’Unione Europea, le quali mirano a facilitare la mobilità dei lavoratori tra i paesi membri garantendo il riconoscimento reciproco delle qualifiche professionali. In questo contesto, il regolamento italiano cercava di adeguarsi a questi standard europei, assicurando che i bibliotecari italiani avessero le competenze e le qualifiche necessarie per esercitare la loro professione sia in Italia che in altri paesi dell’UE.
Col passar del tempo l’Albo ha perso molta della sua carica innovativa, senza dar luogo a effettivi benefici per gli iscritti, probabilmente non soltanto per colpa dell’AIB, né dei bibliotecari. Facendo un raffronto con la legislazione in materia di riconoscimento professionale, pare di poter dire che la pecca maggiore dell’intero impianto consistesse nell’opzionalità dell’iscrizione all’Albo, che permetteva anche ai non iscritti a esso di beneficiare dello status di associato, lasciando ambiguo il discrimine tra professionista e non professionista: una impostazione che forse denota quanto fosse difficile staccarsi da una visione “culturale” dell’associazione5.
L’Albo rimase in vigore dunque fino all’approvazione del nuovo Statuto, che introdusse il concetto di associato in sostituzione di quello di socio, da parte dell’Assemblea generale degli associati del 4 novembre 20106.
Maturava infatti in quegli anni, fra rinvii parlamentari e faticosi compromessi, la definizione e l’approvazione legislativa di una nuova forma di riconoscimento delle professioni cosiddette non ordinistiche, che si perfezionò solo con l’emanazione, nel gennaio 2013, della legge n. 4.
Bisogna ricordare che la legge n. 4/2013, caso abbastanza unico in Europa, è stata una legge particolarmente innovativa, in quanto si è posta l’obiettivo di distinguere e disciplinare le libere professioni non organizzate in albi, ordini o collegi. Il percorso di riconoscimento delle professioni di questo tipo, individuato nella legge dopo quasi una decina d’anni di discussioni, dentro e fuori il Parlamento, è da considerarsi innovativo per alcuni motivi principali: è basato sul principio dell’autoregolamentazione volontaria (art. 6), che accompagna il professionista; poi perché il percorso parte dall’emanazione di una norma nella quale definire caratteristiche e requisiti dei professionisti, compito questo affidato dalla legge all’Ente italiano di normazione (UNI); inoltre introduce la possibilità del rilascio di un’apposita attestazione da parte delle associazioni di riferimento (art. 7). Un impegno anche organizzativo notevole ma anche un importante riconoscimento: le associazioni professionali acquisivano così la possibilità di qualificare i propri iscritti, verificandone le competenze professionali – anche secondo necessari principi etici – garantendo in tal modo la qualità delle prestazioni e, al tempo stesso, dando ai bibliotecari e alle associazioni maggiore visibilità. La legge si qualificava inoltre introducendo il concetto del valore patrimoniale del fattore umano e delle professioni connotate dall’aspetto distintivo dell’attività intellettuale7.
Nell’attuazione di azioni a favore delle professioni non ordinistiche, sviluppatesi nel nostro paese a seguito dell’emanazione della legge sopracitata, in UNI fu creato un Gruppo di lavoro ad hoc – il GL7 – nell’ambito della Commissione tecnica UNI 014 Documentazione e informazione – che fu denominato “Qualificazione delle professioni per il trattamento di dati e documenti”.
Il GL7 UNI avviò due iniziative – in stretto collegamento con le due associazioni professionali AIB e ANAI – che portarono alla pubblicazione nel 2014 della norma UNI 11535 sulla figura professionale del bibliotecario e della norma UNI 11536 dedicata alla figura professionale dell’archivista8, due norme che furono diffuse, commentate, utilizzate nei rispettivi ambiti professionali negli anni successivi. Con tali norme – che come tutte le norme UNI non sono vincolanti – si completò una parte del percorso di riconoscimento delle figure professionali succitate: la definizione di conoscenze, competenze e abilità, elementi derivanti da percorsi di studio e professionali definiti, continuamente aggiornate mediante la formazione in servizio.
Un esplicito riferimento alle norme UNI sulle due figure professionali è presente nei regolamenti emanati dal Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo nel 2019 in attuazione della legge n. 110/20149: le disposizioni relative alla formazione e alle condizioni di accesso agli Elenchi dei professionisti dei beni culturali, istituiti con la legge succitata. Esaminandole criticamente, bisogna rilevare che tali disposizioni hanno creato e creano alcuni problemi di interpretazione, ma la possibilità di una loro evoluzione, mediante una commissione consultiva10, nella quale è prevista la partecipazione delle principali associazioni professionali, nel nostro caso quindi l’AIB, lascia spazio e speranza alla possibilità di migliorarle. È anche da rilevare che la legge suddetta, inserita nel Codice dei beni culturali, art. 9 bis, è diventata in tal modo fonte normativa applicabile a tutti gli enti pubblici, sia dello Stato che dell’università, degli enti locali ecc.
Per quanto riguarda il nostro settore, si tratta di un insieme di disposizioni che inquadrano e qualificano la figura professionale del bibliotecario e che assegnano all’associazione professionale di categoria un ruolo e un peso significativo. Per questo motivo, negli anni che seguirono il 2014, quindi a partire dalla legge n. 4/2013 e oltre alle iniziative legislative e regolamentari ricordate, furono definiti con nuove disposizioni i requisiti di ordine organizzativo e di scopo delle associazioni professionali, necessari affinché tali associazioni potessero essere riconosciute titolari del diritto di entrare a far parte dell’Elenco istituito dal Ministero dello sviluppo economico. L’AIB ha ottenuto di far parte delle associazioni riconosciute e presenti nell’Elenco e questo ha portato al riconoscimento della possibilità di attestare i propri associati, qualificando dunque la loro professionalità.
Si è evoluto quindi, dal 2014 a oggi, il contesto in cui si colloca il riconoscimento della professione di bibliotecario: anche la normativa europea di riferimento, l’EQF, e quella italiana che ne deriva, sono state aggiornate e hanno quindi subito alcune modifiche11.
A seguito della situazione così modificata a partire dal 2014, e come peraltro previsto nell’attività di normazione tecnica svolta in UNI, essendo passati più dei cinque anni che di solito segnano la vita di una norma, nel 2021 si è deciso nella Commissione tecnica UNI Documentazione e informazione di portare in revisione la norma 11535, affidando l’attività a un sottogruppo operativo all’interno del GL7.
Fra l’altro, dopo la pubblicazione della legge n. 4/2013, di cui nel 2023 ricorre il decennale, circa 120 associazioni professionali avevano prodotto norme UNI finalizzate a definire la professionalità dei loro attestati e quindi da parte della stessa UNI era stato necessario definire più strettamente i criteri per la stesura delle norme relative alle diverse figure professionali: la loro cornice di riferimento è diventata dunque uno schema unico vincolante, pubblicato e aggiornato da UNI, tale da assicurare coerenza e unità normativa e garantire al tempo stesso ai professionisti il necessario riconoscimento e tutela.
Il relatore della revisione della norma fu scelto dall’AIB che designò il vicepresidente nazionale Vittorio Ponzani12, confermando la scelta di attenzione a un’attività significativa per il riconoscimento della professione, come era stato nell’occasione precedente nella quale l’AIB era stata rappresentata nel lavoro di normazione della figura del bibliotecario dalla allora presidente nazionale Enrica Manenti.
Prima di procedere con l’esposizione delle principali novità introdotte con l’edizione 202313 è opportuno precisare ancora una volta, considerata l’importanza di questa scelta, che l’obiettivo principale della norma era ed è rimasto quello di definire i termini e i caratteri della professione, prescindendo dalle specializzazioni che sono presenti nelle biblioteche14: dunque una struttura flessibile, delineata seguendo una specie di definizione di confini, scegliendo di mettere in evidenza principi e criteri generali, secondo il dettato della legge n. 4/201315.
Una delle differenze fra le due stesure, 2014 e 2023, da cui conviene partire è quella che discende dalla nuova versione di EQF, edizione 2017, dove è stato introdotto un nuovo descrittore che affianca le conoscenze e le abilità per la definizione dei requisiti: si tratta del descrittore “autonomia e responsabilità” che, rispetto alla precedente dizione di “competenza” ora sostituita, rappresenta meglio – e rende più chiaramente definibile – l’esigenza di presentare i livelli articolati per fasce, nelle quali il filo conduttore diventa proprio il concetto di autonomia e responsabilità, unito agli altri parametri di abilità e conoscenze. Il nuovo Schema UNI prescrive infatti «una indicazione del/i livello/i di autonomia e responsabilità associabile/i alla specifica attività professionale adottando a riferimento la classificazione del QNQ (Allegato II, “Descrittori che definiscono i livelli del Quadro europeo delle qualifiche”)»; di conseguenza l’edizione 2023 della norma 11535 ha ovviamente tenuto conto di questa importante novità.
La seconda differenza che desideriamo citare è in parte conseguenza della prima, ma si è resa necessaria anche per la introduzione, negli Elenchi disciplinati e gestiti dal Ministero della cultura in attuazione della legge n. 110/2014, del massimo livello (l’ottavo) per le qualifiche di tutti i professionisti dei beni culturali. La nuova edizione della norma ha quindi non solo introdotto il livello 8 per i bibliotecari, ma, come prescritto dallo Schema di riferimento creato da UNI, del quale abbiamo spiegato le motivazioni, ha articolato secondo il parametro dell’“autonomia e responsabilità” di cui sopra l’attribuzione dei livelli 6, 7 e 8, precisandone le caratteristiche con riferimento ad abilità e conoscenze. Ovviamente, come nell’edizione 2014, sono state prioritariamente identificati i compiti e le attività specifiche del bibliotecario, migliorando e ampliando quanto elencato nella stesura precedente.
Il terzo aspetto che viene introdotto dallo Schema UNI più volte citato e che quindi fa ora parte della nuova edizione della norma è la possibilità di definire metodologie e parametri per la valutazione della conformità delle singole professioni, al fine di rendere omogenei e trasparenti tali processi. Stiamo parlando dei processi che sono certificati da una parte terza abilitata; di questi lo Schema UNI prescrive di definire requisiti necessari, metodi di valutazione, elementi per il mantenimento e per il rinnovo. Ci auguriamo che questi ultimi due aspetti vengano presi in considerazione anche dalla legislazione MiC che disciplina gli Elenchi: ad oggi invece non sono contemplate verifiche del possesso dei requisiti necessari per l’accesso nel corso degli anni successivi alla prima immissione. Per questo particolare aspetto si è scelto in questa edizione della norma revisionata, come detto più avanti, di collegare strettamente la definizione di requisiti e degli elementi per l’accesso, il mantenimento e il rinnovo alle procedure definite dall’AIB per l’attestazione dei propri associati, procedure che sono definite da Statuto e regolamenti associativi e sono gestite dalla Commissione di attestazione AIB, al fine di garantire l’omogeneità e la trasparenza del processo di valutazione16.
Abbiamo ritenuto infatti che il passaggio dall’attestazione AIB agli Elenchi MiC, che in base allo Statuto AIB è lasciato alla espressa volontà dell’associato, possa assicurare agli associati attestati la garanzia di un processo riconosciuto dalla legge.
Come è stato scritto nel testo del 2023 della norma 11535, questa scelta:
conferisce alla stessa [norma] carattere di dinamicità. Di conseguenza, si consente l’applicabilità del suddetto processo nel tempo, anche al variare dei requisiti dell’apprendimento considerati necessari per l’attestazione della professione e conseguentemente per l’iscrizione all’Elenco ministeriale, riconoscendo sia un nesso nella sostanza della valutazione della conformità tra i due specifici disposti di legge (attestazione e certificazione, come da artt. 7, 8, 9 della legge n. 4/2013), sia la necessaria distinzione e autonomia dell’istituto della certificazione che tuttavia non potrebbe mai disattendere quei medesimi criteri riconosciuti a livello pubblico dal Ministero della cultura, nell’All. 4 del Regolamento attuativo della legge n. 110/2014, pubblicato con d.m. n. 244/2019, indicati dall’associazione nazionale professionale di riferimento17.
Lo stesso ragionamento, conseguentemente, è stato applicato nella nuova edizione della norma ai criteri che sono indicati nei due paragrafi relativi agli Elementi per il mantenimento (A.4) e agli Elementi per il rinnovo (A.5).
È nel normale iter procedurale dell’UNI che ogni norma tecnica venga sottoposta periodicamente a revisione, con la pubblicazione nel catalogo nazionale di nuove edizioni o aggiornamenti. La pubblicazione del 2023 della norma UNI 11535 rientra pertanto nel quadro di queste attività ricorrenti.
Le norme UNI, espressioni originali dell’attività delle Commissioni nazionali oppure derivate dall’adozione di standard internazionali ISO e CEN, sono tipicamente documenti tecnici di applicazione volontaria nel senso che le parti interessate aderiscono alla norma non per imposizione, ma per scelta.
Una norma tecnica è sempre frutto di un processo deliberativo democratico, trasparente e consensuale: affinché una norma sia approvata, i partecipanti al processo di normazione devono raggiungere un accordo ampiamente condiviso. Tutto questo ha trovato ovviamente applicazione nella norma 11535 anche se di per sé, nel contesto di un profilo di una ‘professione non regolamentata’, lo scenario non può che essere di norma tecnica ‘volontaria’ ma con una cifra peculiare. La legge n. 4/2013, come diffusamente argomentato in questo articolo, con l’articolo 6 demanda alle norme UNI il compito di definire i principi e i criteri che disciplinano l’esercizio autoregolamentato dell’attività professionale. Sicché il carattere di volontarietà di una norma tecnica in qualche modo si vincola a questo disposto di legge. A distanza di dieci anni dalla pubblicazione della legge n. 4/2013, si può pertanto argomentare che le disposizioni in materia di professioni non organizzate hanno di fatto reso possibile una sinergia tra legislazione e normazione tecnica che si è caratterizzata secondo le diverse fattispecie professionali, nei diversi domini applicativi, tra cui è ricompreso il nostro profilo sulla professione del bibliotecario.
Un punto in comune, che lega le centinaia di norme sulle professioni non regolamentate finora pubblicate nel catalogo UNI, è la chiara distinzione di questa tipologia di norma tecnica con le attestazioni della formazione e dell’apprendimento della professione. Questo tratto appare del tutto ovvio a un osservatore attento, ma così non sembra essere stato nel caso di alcuni bandi concorsuali per bibliotecari, dove veniva richiesto al candidato (nel possesso dei titoli di studio) di produrre in alternativa l’attestato rilasciato dall’AIB (per l’iscrizione all’albo) oppure ‘altre attestazioni conformi’ alla norma UNI 11535. Era del tutto evidente che la norma, nell’edizione del 2014 (come anche nell’ultima del 2023) delineasse solo un profilo professionale e non delle regole per la conformità di attestazioni… Tuttavia fu un continuo domandare se attestati di apprendimento e di formazioni varie fossero o meno conformi alla norma UNI!
Questi episodi hanno dato lo spunto ai revisori della norma di chiarire con forza questo punto. La natura della norma UNI 11535, in relazione alle attestazioni, è stata delineata in modo inequivocabile nell’edizione del 2023 nell’Appendice A della norma, dove lo Schema di riferimento UNI richiede di esplicitare il processo di valutazione della conformità che non consiste nel processo di attestazione, né della certificazione delle competenze. Non deve pertanto stupire che a riguardo la norma UNI 11535 prenda le distanze e non dichiari esplicitamente gli elementi per l’accesso al processo di valutazione e conformità ma piuttosto menzioni indirettamente i requisiti dell’apprendimento considerati necessari per l’attestazione della professione, come stabiliti dall’associazione professionale nazionale di riferimento, iscritta nell’elenco del Ministero delle imprese e del made in Italy, tenuto conto che solamente a tale attestazione è riconosciuto il ruolo di fornire titolo per l’iscrizione del bibliotecario agli Elenchi nazionali dei professionisti dei beni culturali istituiti presso il Ministero della cultura (come specificato nell’art. 4, p. 7 del d.m. 20 maggio 2019, n. 244, cioè il regolamento attuativo della legge n. 110/2014), nella categoria “Bibliotecario”.
Basteranno questi passi avanti, peraltro significativi, per facilitare un chiarimento su quello che Stefano Parise aveva chiamato «il triangolo delle Bermuda che rischia di inghiottire i bibliotecari italiani», riferendosi al tema della professionalità e dell’aggiornamento continuo dei bibliotecari come punto nodale per l’accesso alle posizioni lavorative?18]
C’è ancora molto spazio, insomma, per l’impegno della professione, da affrontare con la consapevolezza che non si tratta di una battaglia facile, ma anche con l’orgoglio dei nostri valori e della nostra tradizione. L’immagine della professione Anita Mondolfo l’ha riassunta, ricordando Salomone Morpurgo, con l’espressione di un verso di Dante (Paradiso, XVI, 130): “milizia e privilegio” 19.
Questa riflessione, riportata nel saggio di Buttò e Petrucciani sulla nostra ‘professione debole’, ci consente di dedicare al ricordo di Alberto Petrucciani, amico carissimo recentemente scomparso, che a lungo si è occupato della professione e in particolare dell’Albo, questa nota sulla norma UNI, che anche Alberto riteneva un’importante tappa del riconoscimento professionale.
Articolo proposto il 15 dicembre 2023 e accettato il 2 gennaio 2024.
VITTORIO PONZANI, Biblioteca dell’Istituto superiore di sanità, Roma. Commissione UNI Documentazione e informazione, e-mail: vittorio.ponzani@iss.it.
PAOLA MANONI, Biblioteca Apostolica Vaticana, Roma. Commissione UNI Documentazione e informazione, e-mail: manoni@vatlib.it.
GIOVANNA MAZZOLA MEROLA, già Istituto centrale per il catalogo unico delle biblioteche italiane e per le informazioni bibliografiche, Roma. Commissione UNI Documentazione e informazione, e-mail: giovanna.mazzola@fastwebnet.it.
Ultima consultazione siti web: 15 dicembre 2023.
AIB studi, vol. 63 n. 3 (settembre/dicembre 2023). DOI 10.2426/aibstudi-14005. ISSN: 2280-9112, E-ISSN: 2239-6152 - Copyright (c) 2023 Vittorio Ponzani, Paola Manoni, Giovanna Mazzola Merola
Il riconoscimento della figura professionale del bibliotecario e la nuova edizione della UNI 11535
Si illustrano le caratteristiche dell’edizione 2023 della norma UNI 11535 sulla figura professionale del bibliotecario. Rientra infatti nel normale iter procedurale dell’Ente italiano di normazione UNI che ogni norma tecnica venga sottoposta periodicamente a revisione, conservando l’impianto e l’articolazione originale e modificando il testo in funzione dell’evoluzione della normativa italiana e internazionale. Conseguentemente le principali novità introdotte in questa edizione sono relative a: l’introduzione del concetto di autonomia e responsabilità, l’attribuzione della fascia di ottavo livello, lo stretto collegamento alle disposizioni definite dall’AIB in merito ai requisiti per accesso, mantenimento e rinnovo dell’attestazione dei propri associati.
L’articolo ripercorre inoltre alcuni momenti del riconoscimento professionale con riferimento al contesto AIB e alla legge n. 4 del 2013, che evidenzia come le disposizioni in materia di professioni non organizzate hanno di fatto reso possibile una sinergia tra legislazione, normazione tecnica e ruolo delle associazioni.
The acknowledgement of the librarian as professional and the updated edition of the UNI 11535 standard
The characteristics of the UNI 11535:2023 standard describing the library professional are illustrated. A periodical revision is routine procedure of the Italian Organization for Standardization (UNI): each technical standard is periodically subject to revision. Though retaining the original structure and articulation, the text is modified according to the evolution of Italian and international regulations. Consequently, the main innovations introduced in this edition are related to: the introduction of the concept of autonomy and responsibility, the assignment of the eighth professional level, the close connection to the regulations defined by AIB on the requirements for access, validation, and revalidation of its associates’ membership.
The article also traces back some meaningful moments of the way towards professional recognition, with reference to AIB context and to Law no. 4/2013, highlighting how the rules on unregulated professions have in fact made it possible to create a synergy between legislation, technical standards, and the role of associations.