Roberta Cesana
Dal 25 aprile al 1° settembre 2024 chi alza lo sguardo verso i tredici archi della Loggia nel cortile di Palazzo Ducale a Genova incontra le copertine di cinquantadue capolavori della letteratura mondiale, in diverse lingue ed edizioni, riprodotte in una grande installazione site-specific firmata da Daniela Comani. Seguendo e apprezzando personalmente, da qualche tempo, l’opera di questa talentuosa artista italiana, che dal 1989 vive e lavora a Berlino, mi sono avvicinata al cortile di Palazzo Ducale con lo sguardo preparato a cogliere e a sperimentare la particolarità della Orlando’s Library, evocata già nel titolo dell’installazione, dedicata, appunto, al personaggio gender-fluid per eccellenza nella storia della letteratura, Orlando di Virginia Woolf, che nel corso di quattrocento anni «sperimenta cosa significa essere uomo, donna, entrambi o nessuno dei due», come sintetizza l’artista nell’introdurre la mostra. Ho notato che altri sguardi, meno consapevoli, esitavano qualche minuto, o anche solo una manciata di secondi, prima di riconoscere il gesto artistico di Comani che consiste – è venuto già il momento di svelarlo – nel manipolare i titoli dei capolavori della letteratura mondiale modificando il genere dei protagonisti dei racconti e dunque, come è stato scritto, utilizzando il ‘gendering’ come strategia artistica1. Naturalmente, nella maggior parte delle occorrenze, sono i personaggi maschili a diventare femminili, così I fratelli Karamazov diventano The sisters Karamazov, L’uomo senza qualità si trasforma in The woman without qualities, Il ritratto di Dorian Gray cambia in The Picture of Doris Gray, Harry Potter muta in Harriet Potter, Moby Dick si presenta come Moby Pussy, un viaggiatore di Se una notte d’inverno diventa una viaggiatrice, e così di seguito, leggiamo: La leggenda della santa bevitrice, La gattoparda, Ragazze di vita, La comtesse de Montecristo, La giocatrice, A Portrait of the Artist as a Young Woman, Of Mice and Women, L’anticrista, La baronessa rampante, Le indifferenti, Bartleby la scrivana, La dottoressa Zivago, La signora degli anelli, Le promesse spose; ma poi ci sono anche Mr Dalloway, Monsieur Bovary, Lolito, La maestra e Margherito, mentre Romeo e Giulietta, unico titolo presente due volte, diventa in un caso Romina and Juliet e nell’altro Romeo and Julio. Si tratta sempre di romanzi, e spesso anche di edizioni, molto celebri, per esempio, la copertina di Mr Dalloway è quella dell’edizione originale Hogarth Press disegnata da Vanessa Bell, oppure, per il lettore italiano, la Baronessa rampante si presenta, come ci si aspetterebbe, nelle vesti dei Coralli Einaudi. Quindi il lettore, in questo caso il visitatore, alza gli occhi al cielo, vede le copertine e pensa di riconoscerle; invece, in un secondo momento, capisce di trovarsi di fronte a una manipolazione del paratesto e realizza che è stata introdotta un’inversione di generi. Il gesto artistico di Comani è, dunque, tutto indirizzato nella direzione di suggerire una nuova narrazione e stimolare una nuova storia, che non è ancora stata scritta. In questo senso è anche un invito alla lettura e all'interpretazione della lettura, è la proposta di «nuove narrazioni» e «nuove libertà di interpretazione»2. Ed è un lavoro, questo di Comani, iniziato ormai tanti anni fa, perché l’Orlando’s Library è basata sulla serie fotografica Novità editoriali a cura di Daniela Comani = New Publications edited by Daniela Comani, un work in progress inaugurato nel 2007 e già esposto, negli anni passati, in diverse sedi ed occasioni3. Partendo dalla sua libreria, Daniela Comani nel 2007 ha iniziato a fotografare le copertine dei libri e a manipolarne i titoli, cambiando il sesso dei protagonisti. «I titoli sono stati manipolati graficamente in modo così minimale che a prima vista non si nota il cambiamento di genere, pur rendendo visibile il disagio di genere che la letteratura inconsapevolmente mostra» spiega l’artista, che prosegue: «L’idea iniziale era quella di un libro d’artista sulle copertine dei libri, che poi ha portato anche a una serie di fotografie e diverse installazioni»4. Le fotografie della serie Novità editoriali misurano ciascuna 28 x 20,7 cm mentre, per la Orlando’s Library (anch’essa già esposta in diverse occasioni, sempre con installazione di tipo site-specific di grandi dimensioni, 4 x 5 metri) Comani ha fotografato scaffali di libri posizionandoci sopra 202 copertine manipolate, in diverse lingue ed edizioni, in una sorta di trompe l’oeil. Gli scaffali sono stati poi stampati su carta da parati e applicati direttamente a parete, dando l’illusione di profondità e spazio e aggiungendo un effetto iperrealistico all’opera.
Figura 1 – Loggia di Palazzo Ducale, Genova. Orlando’s Library by Daniela Comani. Foto di Roberta Cesana
Secondo Miriam Schoofs, il metodo dell’inversione di genere può essere inteso, nel lavoro di Comani, da un lato come un atto di emancipazione individuale, dall’altro come «metodo decostruttivista che smonta e mette in discussione verità e normalità socialmente tramandate e quasi sempre connotate al maschile»5, come è il caso, in letteratura, della continuità del dominio culturale patriarcale. Il riferimento immediato è alla politicizzazione dell’arte, o meglio alla sua capacità di occuparsi di tematiche sociali, e più in particolare della differenza di genere, che diventa il punto di partenza dell’indagine di Daniela Comani, come è evidente in diverse prove, anche precedenti a Novità editoriali e a Orlando’s Library, già a partire da un’opera centrale come Sono stata io. Diario 1990-1999 per capire la quale sarà forse utile fornire anche qualche ragguaglio biografico sull’artista, nata a Bologna nel 1965, diplomata in scultura all’Accademia di belle arti di Bologna, e poi trasferitasi per proseguire gli studi alla Hochschule der Künste di Berlino dove, la sera del 9 novembre 1989, assiste in prima persona alla caduta del muro, attraversando il confine in senso opposto, da Ovest verso Est, e poi tornando da Prenzlauer Berg a Wedding, Berlino Ovest, dove viene salutata e accolta come una cittadina dell’Est. Negli anni successivi alla caduta del muro, Daniela Comani si dedica all’esplorazione dell’Est, dove raccoglie molto materiale fotografico che poi utilizza per le sue prime serie (Tagli orizzontali, 1993; Mirrors 1993-1994; Finzioni 1993-1994; Soggetti assenti 1995-1996) e per i primi libri d’artista, un formato che diverrà parte integrante della sua pratica artistica. Dopo un viaggio negli Stati Uniti e un primo viaggio in Russia nel 1992, Daniela Comani torna a Berlino, consegue il master presso la HdK, e riparte per Mosca dove arriva il 3 ottobre 1993, e cioè all’apice della crisi costituzionale russa, nel giorno preciso in cui scoppia il conflitto armato che porterà poi alla vittoria di Boris Eltsin. Queste informazioni sono necessarie per comprendere il posto che la storia occupa nel lavoro artistico di Comani a partire, come dicevamo, da Sono stata io. Diario 1990-1999, un’opera in cui l’artista si appropria di eventi storici del XX secolo narrando i fatti in prima persona e da una prospettiva femminile. Il progetto è stato realizzato prima come installazione audio in diverse lingue (66 minuti, tedesco 2002, inglese 2007, italiano 2011, russo 2019), poi come libro in diverse edizioni (Francoforte 2005, Mantova 2007, Arles 2010, Berlin 2016) e infine come stampa su tela di grandi dimensioni, esposta in diversi Paesi e tradotta in diverse lingue (italiano 2006, tedesco 2007, inglese 2007, svedese 2008, cinese 2008, francese 2010, ungherese 2016, russo 2019)6. In un anno bisestile di 366 giorni, dal 1 gennaio al 31 dicembre, Comani ha riscritto in prima persona, come in un diario privato, gli eventi tratti dalla storia di tutto il XX secolo, operando una selezione che non vuole proporre nessun tipo di gerarchia storica, bensì una scelta personale di grandi eventi storici ma anche di altri eventi: culturali, sportivi, politici, frammisti a notizie di cronaca. La narratrice ripercorre così, in prima persona femminile, la storia del Novecento, all’interno della quale si pone come soggetto attivo, protagonista che di volta in volta può essere responsabile o vittima degli eventi, ma comunque sempre al centro di essi, giorno per giorno, anno per anno. Poiché tutte le date sono riportate nel formato giorno e mese, senza riferimento agli anni in cui gli eventi sono accaduti, lo spettatore viene coinvolto tramite una cronologia del lavoro (che si trova alla fine del libro o accanto all’opera, a seconda della tipologia di installazione) nella quale può andare a verificare a quale anno si riferiscono gli eventi narrati giorno per giorno7. Come ha scritto Antonella Sbrilli «l’irriverenza nei confronti della cronologia sconcerta e attrae, costringe a un andirivieni nella storia, a uno sforzo di identificazione, a una proficua attività del pensiero»8. Il risultato è un’opera in cui storia, identità e genere si intrecciano all’interno di una struttura narrativa precisa, costruita a partire da fotografie e video prodotti di prima mano dall’artista, ma anche da migliaia di immagini e articoli ritagliati da riviste e giornali, raccolti da Comani nel suo grande «archivio disorganico»9, e affiancati da una metodica frequentazione delle biblioteche di Berlino nonché dalla consultazione di banche dati, microfilm, annate di giornali, riviste d’epoca.
Tutte fonti documentarie che ritornano anche in altre opere di Comani legate al tema del gender, pure in quelle in cui l’elemento performativo diventa preponderante, come nella serie fotografica A Happy Marriage = Un matrimonio felice, iniziata nel 2003 (è un work in progress) con cinque ritratti di coppia in cui Comani intrepreta sia il ruolo della donna che quello dell’uomo: si tratta di scene di vita quotidiana (cucinare, passeggiare, guidare, viaggiare, dormire) nelle quali vengono messi in scena i tradizionali stereotipi di genere ribaltati dall’ironia dell’artista che interpreta entrambi i ruoli di marito e moglie. In un primo momento chi guarda le fotografie pensa di trovarsi davvero a guardare un uomo e una donna, marito e moglie, una coppia di sposi, ma a una seconda occhiata diventa chiaro che entrambi i personaggi sono interpretati dalla stessa persona. Ne consegue, come ha scritto Hanne Loreck, «che la coppia è una costruzione, e questo a diversi livelli, sia materiali sia ideali»10. Nel contesto entrambi i protagonisti dell’opera (se vogliamo considerarli scissi) mirano allo stesso orizzonte simbolico, richiamato da alcuni libri che compaiono nelle scene matrimoniali: in un caso Questioni di genere di Judith Butler, nell’altro Monsieur Bovary di Flaubert e The Old Woman and the Sea di Hemingway.
La questione di genere è centrale anche in altri lavori, come Cover Versions, un diario mediatico iniziato nel 2007 in cui Comani ripropone, attraverso una serie di autoritratti in chiave queer, i soggetti pubblicati sulle copertine di riviste come «Time» e «Der Spiegel». Confrontandosi con le news più popolari, Comani rimette in scena le immagini di copertina posando esattamente come i protagonisti dei titoli in una serie di autoritratti fotografici nei quali lei stessa interpreta, di volta in volta, l’attore famoso, il politico criticato, il primo ministro che si è appena dimesso, il produttore sessista, e via dicendo, settimana dopo settimana, nel corso degli anni. O ancora, nell’installazione My Film History – Daniela Comani’s Top 100 Films (2012-2013), dove l’artista ricostruisce il set di un classico videonoleggio all’interno del quale dispone 100 copertine di DVD che, come ormai sappiamo, a una prima occhiata sembrano originali mentre in realtà sono state manipolate cambiando il genere dei titoli, proprio come ha fatto con i titoli dei libri nelle Novità editoriali e nella Orlando’s Library. L’installazione comprende anche diversi manifesti cinematografici manipolati e un catalogo dove le sinossi di 100 film sono state riscritte e manipolate cambiando il genere dei protagonisti.
Da ultimo, con il suo recente lavoro You Are Mine (2022), Comani ha affrontato il tema del femminicidio in un’installazione site-specific per il Corridoio Bazzani della Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma nella quale ha esposto stampe ingrandite di articoli di giornale, che provengono principalmente da quotidiani italiani e trattano notizie di omicidi di donne avvenuti tra le mura domestiche, invertendo gli atti di violenza: in You Are Mine l’uomo diventa donna e la vittima diventa carnefice. Le opere sono realizzate come immagini-testo stampate su materiale scultoreo e simulano ritagli di giornali stropicciati che l’artista ha effettivamente raccolto, archiviato, selezionato e manipolato con il risultato che, in questa serie di testi e immagini, leggiamo di donne violente, mogli gelose, ex fidanzate che non accettano di essere state tradite o lasciate, e di uomini molestati, violentati, picchiati, accoltellati. «Ho invertito gli atti di violenza reali che riempiono le pagine dei giornali (l’uomo diventa donna, la vittima diventa carnefice e viceversa), invitando a riflettere sull’assurdità del femminicidio»11, ha scritto Comani per spiegare il significato del suo lavoro.
Possiamo dunque parlare di politicizzazione dell’arte, per usare una categoria storiografica consolidata, che nel caso di Comani significa prima di tutto riconoscere che l’arte, come qualsiasi altro territorio, è contaminato dalla differenza di genere. Così la produzione di opere si costituisce come atto politico, ovvero come modo di reinterpretazione della rappresentazione, dove si ritrova la capacità dell’arte di occuparsi di tematiche sociali e dove la differenza di genere diventa il punto di partenza dell’indagine di Comani così come di altre artiste femministe. Se non ci sbagliamo, il gesto artistico di Comani ricorda, tra gli altri, quello di Martha Rosler, sin dagli esordi impegnata su temi civili e politici affrontati in chiave femminista (penso soprattutto alla serie House Beautiful: Bringing the War Home creata durante la guerra in Vietnam accostando, tramite la tecnica del fotomontaggio, immagini di casalinghe americane con scene di guerra), ed è molto vicino alla poetica di Mary Beth Edelson, artista nota per aver realizzato, nel 1972, la sua versione dell’Ultima Cena scambiando i volti di Gesù Cristo e degli Apostoli con quelli di artiste come Georgia O’Keeffe, Helen Frankenthaler, Elaine de Kooning, Louise Bourgeois, Yoko Ono e altre ancora, posizionate a cornice dell’immagine principale, mostrando le donne escluse dalle narrazioni dominanti della storia dell’arte. Mi pare che nel caso di Edelson come in quello di Comani sia preponderante il desiderio di cambiare questa narrazione dominante. Un altro possibile ascendente che mi sento di indicare è quello di Tomaso Binga (pseudonimo di Bianca Pucciarelli Menna) che fin dai primi anni Settanta ha messo in discussione il privilegio maschile nel mondo dell’arte, ha sfidato i limiti tra maschile e femminile evidenziandone le differenze, soprattutto attraverso l’ironia implicita nell’uso del suo alter ego (richiamo diretto a Filippo Tommaso Marinetti con una sola ‘m’ per caduta di una costola), una tecnica che abbiamo ritrovato anche in Daniela Comani, in particolare nella serie A Happy Marriage = Un matrimonio felice.
«Il libro è un formato che si adatta perfettamente al mio lavoro e, in alcuni casi, diventa anche elemento necessario all’installazione»12. Libro d’artista, dunque, un formato al quale Comani ha iniziato a interessarsi nel 1990, quando ancora studiava a Berlino, realizzando il suo primo oggetto-libro, un pezzo unico intitolato Traffic. Negli anni successivi, tra il 1992 e il 2000, ha prodotto diversi libri d’artista come pezzi unici o in piccole tirature, sia con foto che con disegni, e nel 2001 ha iniziato a pubblicare libri d’artista in offset e in tirature maggiori, tra le 500 e le 2000 copie, collaborando con diversi editori quali Revolver, Corraini, Patrick Frey, Humboldt Books, Monroe Books, Danilo Montanari. Inoltre, il libro d’artista di Comani è spesso, come lei stessa riconosce, un elemento essenziale dell’installazione e questo avviene non solo tramite la forma libro ma anche attraverso altre tipologie bibliografiche e documentarie, penso innanzitutto all’archivio, ma anche al diario, alla cartolina, oltre, come abbiamo già visto, ad articoli, fotografie, in generale ritagli di giornale nelle forme più disparate, dove la parola stampata diventa il mezzo per interpretare e per veicolare il gesto artistico in senso lato13.
L’opera Fine (2007) consiste in una scansione dell’ultima pagina del libro La coscienza di Zeno, dove si legge la celebre descrizione apocalittica della grande esplosione, una visione che, come noto, Svevo ebbe diversi anni prima della nascita della bomba atomica e che, a distanza di cento anni, rimane purtroppo attuale. La pagina raffigurata nell’opera proviene dall’edizione Dall’Oglio del 1938, che Comani aveva letto da adolescente. L’opera era originariamente in italiano e nel 2018 Comani ha realizzato un’edizione fotolito come composizione di quattro pagine in quattro lingue: italiano, inglese, francese e tedesco.
L’inizio La fine (2012) è una raccolta di citazioni tratte da 212 romanzi, che prevede la scrittura di un libro con due parti che si incontrano a metà. Per ogni romanzo, Comani ha raccolto due citazioni, la prima frase – The Beginning – e l’ultima frase – The End. Talvolta ha modificato le citazioni, rimuovendo i nomi propri, il genere e la terza persona e trasformandoli in prima persona femminile come atto di appropriazione. Così, l’inizio è un collage di testi che forma una nuova narrazione e, attraverso la simmetria, la fine diventa una storia di coincidenze.
Nell’opera Diario di strada (2012-2017) Comani utilizza un vecchio quaderno del 1975 sul quale era solita elencare le vetture che vedeva passare durante i viaggi in automobile quando, da bambina, andava in vacanza con i genitori in Alto Adige. Quarant’anni dopo, ritrovato quel diario, decide di affiancarvi una serie di immagini, datate ed eterogenee, delle auto che erano sulla sua lista, modificandole in modo che sembrino tutte scattate nello stesso studio fotografico: da questo materiale e dalle pagine della sua vecchia agenda ha realizzato un libro d’artista e una serie di 48 fotografie.
Per Planet Earth: 21st Century (2015-2019) ha ricavato materiale visivo da Apple Maps e da Google Earth Virtual Reality, ‘volando’ attraverso le vedute di città virtuali, realizzando una serie di immagini e poi trasformando gli screenshots in 360 cartoline in bianco e nero, successivamente allestite in espositori per cartoline e su scaffali in un’installazione a parete (l’installazione comprende un libro d’artista in formato di atlante tascabile edito da Humboldt Books). Un aspetto particolare del progetto è che il visitatore dell’installazione può prendere e comprare una o più cartoline e di conseguenza utilizzarle nella loro funzione primaria. Le immagini mostrano strade e architetture di tutto il mondo con l’obiettivo di «rievocare la geografia nell’era dell’Antropocene»14: secondo Comani il punto focale di questo progetto è «l’interazione tra la percezione umana del pianeta, i paesaggi urbani e la tecnologia»15.
Infine, Archive In Progress (2015-2020) è un video di 40 minuti composto da 979 ritagli di giornale tratti da diverse testate italiane e straniere su argomenti legati a politica, cultura, sport, cronaca16. Il materiale selezionato è stato raccolto dall’autrice nel corso degli anni, dal 1989 al 2020, ed è confluito nel suo archivio personale dal quale ha attinto, come abbiamo visto fin qui, anche per la realizzazione di altre opere, in un «atto costante di raccolta»17 – come lei stessa lo definisce – che è parte preponderante e ineludibile della sua pratica di lavoro.
Colpisce, insomma, l’utilizzo di tante tipologie documentarie e diverse risorse bibliografiche per la realizzazione di libri d’artista unici nel loro genere, che riescono a mettere al centro dell’opera il libro come oggetto materiale, in una meta narrazione perfettamente orchestrata e di volta in volta estesa dal libro all’archivio, dal periodico alle scritture private, dalle immagini alle carte geografiche. Torna alla mente Marcel Duchamp e la sua Rrose Sélavy (1921), pseudonimo al femminile che deriva da un gioco di parole che portava allora alla ridefinizione del concetto di artista nel suo alter ego femminile: l’ironia, allora come ora, è evidente, così come è evidente la volontà di prendersi gioco di chi guarda, ponendolo in un sentiero biforcato tra falso e reale, tra maschile e femminile, in un percorso fluido tra i generi e le convenzioni.
Articolo proposto il 23 maggio 2024 e accettato il 28 giugno 2024.
ROBERTA CESANA, Università degli Studi di Milano, Dipartimento di Studi storici, e-mail: roberta.cesana@unimi.it.
Ultima consultazione siti web: 12 maggio 2024.
AIB studi, vol. 64 n. 1 (gennaio/aprile 2024). DOI 10.2426/aibstudi-14042. ISSN: 2280-9112, E-ISSN: 2239-6152 - Copyright (c) 2024 Roberta Cesana