La formazione pedagogica e didattica dei bibliotecari

Andrea Avellino 

Introduzione

Nel profilo professionale dei bibliotecari emerge a chiare lettere la loro funzione educativa. Infatti, «il bibliotecario esercita, indipendentemente dalle specializzazioni funzionali e dai differenti contesti organizzativi e inquadramenti contrattuali, attività di carattere professionale nell’ambito della mediazione culturale, dell’orientamento alla ricerca e dell’alfabetizzazione informativa»1, così come è suo specifico compito «svolgere attività di studio, ricerca, formazione ed educazione nel campo della biblioteconomia e delle discipline affini e collegate»2. A titolo esemplificativo Sahn e Riesen citano uno studio riferito ai bibliotecari accademici del 2021 di Lund et al. i quali «found that a majority of librarians spend at least 25–50 % of their time teaching, including lesson preparation and communicating with faculty regarding library instruction. Over one third of their study participants spend over 50 % of their time on instruction»3.
Posto che il riferimento normativo ci impone di includere nel profilo del bibliotecario un munus educativo, anche una riflessione deduttiva basilare ci porterebbe a considerare queste figure professionali alla stregua di veri e propri formatori.
Non è peregrino pensare che la stessa competenza di base del bibliotecario, cioè il reference service, sia nel suo nucleo essenziale un’azione educativa. Se ci atteniamo alla definizione di reference che Del Bono e Vincenti ne danno, emerge in tutta la sua chiarezza che già questo servizio è, oltre che una chiara risposta a un bisogno dell’utente della biblioteca, un’azione educativa che il bibliotecario pone in essere per favorire l’autonomia dell’utente, all’interno di una cornice dialogica, secondo il modello dell’ambiente di apprendimento collaborativo4.
Già altrove5, è stato scritto che il fine ultimo dell’educazione è lo sviluppo dell’autonomia dell’essere umano. Tutta l’azione del bibliotecario è tesa a favorire un’autonomia che permetta all’utente di districarsi nel mondo delle informazioni che il patrimonio librario e informativo offre. Un’azione educativa che si esplica quindi nella funzione di orientamento in un mondo così vasto che genera spesso disorientamento e confusione, come per il povero Martin Eden, che tra gli scaffali della biblioteca pubblica di Oakland, «non avrebbe mai immaginato che la conoscenza umana potesse essere così sterminata»6.
Non solo il bibliotecario ha una funzione educativa, ma la stessa biblioteca gode di una sua intrinseca natura pedagogica7.
Gli spazi della biblioteca hanno espresso da sempre e esprimono ancora oggi una funzione educativa intrinseca attraverso segni tangibili: tavoli, sedie, poltrone, posti in cui ci si ferma, si prendono appunti, sono ancora oggi presenti nelle nostre biblioteche, perché questo è richiesto dalla dimensione del documentarsi e dalla vita che in quei luoghi si volge. Anche quando la biblioteca fosse composta unicamente da testi digitali, come spesso accade, gli spazi condivisi ci ricorderanno che la funzione di studiare, documentarsi, di approfondire per capire in profondità il mondo, necessita di luoghi appositi e di un tempo lento8.
Sorge, però, spontanea la domanda: il bibliotecari sono formati per estrinsecare la loro funzione educativa?
In questa riflessione che propongo, analizzeremo la funzione educativa della biblioteca e i percorsi di formazione pedagogica dei bibliotecari, futuri e già in servizio, e proporremo delle soluzioni, qualora, come già anticipo, dovessimo riscontrare dei problemi.

Educare nella biblioteca

La vocazione educativa della biblioteca si esprime in diversi modi9. Posto che la biblioteca è in sé un ambiente formativo che attraverso le sue stesse architetture organizza e dispensa il sapere, come dicevamo sopra, essa agisce anche a livello di organizzazione di percorsi formativi a più livelli e per i soggetti più diversi. A titolo esemplificativo si vedano i percorsi annualmente organizzati dalla Biblioteca Lazzerini di Prato10, dalle Biblioteche civiche torinesi11 o dalla biblioteca comunale Marcello Braccagni di Colle di Val d’Elsa12.
A questo si aggiunga la peculiarità di alcune biblioteche, che per la loro collocazione sono chiamate a manifestare in modo più precipuo di altre la loro mission educativa, ad esempio le biblioteche scolastiche sulle quali molto si è scritto13.
La biblioteca scolastica ha un ruolo di primo ordine in campo educativo soprattutto per quanto attiene all’acquisizione delle competenze di information literacy14 ma anche della competenza interdisciplinare alla quale la scuola di oggi è chiamata a dare il giusto valore. Gli studenti e le studentesse possono cogliere nella biblioteca scolastica l’interrelazione profonda tra tutti i saperi. La biblioteca stessa può essere un valido laboratorio di competenze, perché partendo dall’assegnazione di una ricerca, lo studente ben guidato può imparare a ricercare le informazioni, legarle tra loro, capirne i nessi profondi, sviscerarle e così formarsi. Essa può essere anche laboratorio di lettura, attraverso specifici percorsi formativi: una lettura che non è fatta semplicemente di dovere didattico, ma che possa essere anche lettura di piacere. Essa può diventare un rifugio, libero dalla rincorsa alla valutazione costante e alla programmazione forsennata. Può essere luogo in cui si sviluppino le capacità scrittorie15. Può essere luogo di lezione. Ma può anche essere luogo di socialità, di scambio, di incontri adolescenziali che generino amicizie, sodalizzi attorno alla comune passione del leggere e finanche amori. In questo la biblioteca scolastica assolverebbe a un encomiabile spirito pedagogico, perché favorirebbe contemporaneamente la capacità di informarsi/formarsi, di conoscersi e di costruire relazioni con gli altri16. In questo contesto un bibliotecario scolastico ben preparato sia in ambito pedagogico/didattico sia in ambito biblioteconomico sarebbe un ottimo mediatore di competenze.
Un ruolo formativo privilegiato è rivestito anche dalle biblioteche universitarie, soprattutto per quanto attiene i temi dell’accesso alle informazioni, alla loro ricerca e al loro uso consapevole e onesto17. In un articolo pubblicato su Biblioteche oggi, Sabrina Piccinini così affermava:

Il ruolo fondamentale che possono svolgere le università nello sviluppo di queste competenze negli studenti è stato ribadito in diversi studi e documenti, ad esempio all’interno degli standard relativi alle information literacy skills delineati dalla Association of College and Research Libraries. Qui viene sottolineata la responsabilità che l’università ha nel formare individui con competenze trasversali, quali appunto quelle in ambito informativo, che possono cioè essere sfruttate in diversi campi professionali e che costituiscono un bagaglio culturale valido per tutto l’arco della vita18.

La Piccinni sosteneva anche che un ruolo nodale per la formazione degli studenti è svolto dai bibliotecari universitari. Anche Jesus Lau rimarca, come sopra la Piccinini, il ruolo fondamentale che nelle università svolgono le biblioteche. Egli afferma che il mondo digitale è sempre più intrecciato con quello fisico, per cui nella formazione universitaria, gli studenti che rappresentano il futuro della nostra società, devono essere guidati dai professionisti dell’informazione all’utilizzo di informazioni non manipolate e a riacquisire il loro senso critico e la loro libertà decisionale nell’utilizzo e nella validità della informazioni19. Il valore che le università sanno di avere nel processo di formazione all’information literacy è testimoniato anche dai numerosi corsi istituzionali e non sul tema.
Si evince già da qui come le biblioteche poste in contesti educativi formali, quali scuola e università, favoriscono l’ambiente di apprendimento e lo ampliano dando libera espressione alla loro mission educativa. Ma anche poste in contesti diversi, esse devono rivendicare la loro funzione formativa. Parliamo ad esempio delle biblioteche in carcere. «La biblioteca in carcere è […] un possibile luogo di apprendimento, di riflessione e confronto, di scambi relazionali e dibattiti, di elaborazione e di sviluppo della creatività soggettiva e di gruppo, di proiezione verso il mondo esterno, verso un futuro da ri-disegnare e ri-progettare»20.
Si pensi al proficuo progetto di creazione di una biblioteca sociale nel penitenziario di Prato, attraverso la quale i detenuti sono stati chiamati a crescere non solo in un’ottica di sviluppo delle conoscenze personali con l’acquisizione di titoli di studio, ma anche nell’ottica dell’acquisizione di competenze che ne possano favorire il rinserimento nella società.
La biblioteca in carcere, dunque, diventa un importante strumento di apprendimento, di riflessione, di attenzione all’altro da sé e confronto, di scambi relazionali e dibattiti, di elaborazione e di sviluppo della creatività soggettiva e di gruppo, di proiezione verso il mondo esterno. La lettura di un testo può “salvare la vita” ed è per questo che le biblioteche carcerarie divengono dispositivi necessari alla formazione dei soggetti detenuti, alla loro emancipazione e crescita culturale e realizzano il diritto all’informazione, alla cultura e, più in generale, al trattamento rieducativo previsto dalla nostra Costituzione. I libri diventano luoghi di “evasione” e la biblioteca si converte in spazio di cura decretando quella missione rieducativa del carcere che guarda a un soggetto recluso e al suo percorso durante e dopo la detenzione in quanto, alla fine della pena, tornerà nella società come futuro cittadino libero21. 

Educare alla biblioteca

Fin qui abbiamo intravisto alcune delle attività che diverse biblioteche possono mettere in campo come agenzie educative per contribuire allo sviluppo e alla formazione di ogni essere umano, secondo il concetto stesso di educazione globale della persona22. La biblioteca non si limita solo ad una formazione verso attività che in alcuni casi le sono complementari e per le quali fornisce un servizio derivante dalle sue intrinseche capacità (corsi di formazione, attività di supporto allo studio, etc.), ma aggiunge o dovrebbe aggiungere una formazione volta anche ad una comprensione dei meccanismi di ricerca e vaglio delle informazioni. Si tratta di educare all’information literacy, in un ambito non solo scolastico o universitario, ma nella più ampia cornice del lifelong learning, in ogni contesto bibliotecario. Ma qual è il ruolo effettivo che giocano le biblioteche in questo campo? Le biblioteche offrono agli utenti gli strumenti per orientarsi nell’informazione. Offrono una linea direttrice e questo per dare alle persone le necessarie competenze per applicare le risorse informative nelle proprie attività, per essere in grado di utilizzare i diversi strumenti primari dell’informazione. Di rilievo sono le parole sia di Giovanni Solimine sul tema sia di Laura Ballestra, citati da Stefano Passerini in un suo articolo del 2013. Entrambi gli studiosi focalizzano l’attenzione sul ruolo che le biblioteche devono svolgere: quello cioè di mediatrici culturali che con i loro servizi soprattutto quelli di reference favoriscano la maggiore formazione dell’utente consapevole23.
Non ci addentreremo qui nei concetti relativi all’information literacy e alla formazione ad essi relativa per i quali si rimanda a più ampia e approfondita letteratura24, ma diviene essenziale capire, domanda che sta anche alla base di questo saggio, quale sia la condizione necessaria affinché la biblioteca assolva la sua funzione educativa. Laura Ballestra a tal proposito così si esprime:

Una salda cultura documentale da parte dei bibliotecari è la condizione necessaria perché nelle biblioteche si alimenti la funzione educativa della biblioteca stessa. La competenza informativo-documentale del bibliotecario e la sua capacità di conoscere l’informazione degli ambiti disciplinari in profondità, di prevedere strategie di ricerca efficaci nei singoli contesti d’ambito, avendo come riferimento una realtà di “documenti organizzati”, la biblioteca, possono tradursi in proposte educative se i bibliotecari rimangono convinti che questo sapere, che si affianca ad altri saperi - quelli degli esperti delle singole discipline, degli esperti di tecnologie, degli esperti dei vari media - si può insegnare e interessa alle persone. Solo nella consapevolezza di essere specialisti del mondo dell’informazione e nella necessità di divulgare la conoscenza non del patrimonio di una singola biblioteca ma degli universi informativi d’ambito o disciplinari, di far crescere attitudini al documentarsi, abilità e competenze funzionali alla ricerca documentale, può crescere la funzione educativa della biblioteca e dei suoi protagonisti, i bibliotecari25.

C’è profonda ragione nelle affermazioni di Ballestra che rimangono però ad avviso di chi scrive incomplete. Infatti, seppur vero che una salda formazione specialistica sia imprescindibile per una completa e corretta trasmissione del sapere, è altrettanto vero che la trasmissione del sapere ha bisogno di essere anche efficace e ben organizzata, e per far si che ciò avvenga la semplice preparazione specialistica non basta, così come non basta il semplice apprendimento sul lavoro. Se le biblioteche e i bibliotecari per il loro intimo legame con il sapere ma anche per il loro ruolo centrale nel sistema del benessere umano26, assurgono al rango di educatori, essi devono essere in grado di mediare la conoscenza nel miglior modo possibile. Ma sono pedagogicamente preparati per farlo?

La formazione pedagogica dei bibliotecari

Emerge, quindi, che le competenze specifiche sono essenziali ma

non meno importanti sono le competenze pedagogiche, educative e di facilitazione che sono necessarie alla messa in opera dei corsi di formazione in biblioteca, così come le capacità di animazione fondamentale nelle attività dedicate ai bambini. Diversi studi infatti affermano che uno dei ruoli futuri dei professionisti delle biblioteche è quello di educatore e facilitatore, ciò in conseguenza nel concetto di supporto all’utente, da un custode dei libri a un creatore di valore in grado di facilitare l’apprendimento continuo, il reperimento di informazioni in autonomia e la valutazione critica delle fonti27.

Dai dati nondimeno emerge una scarsa attenzione al dato pedagogico nella formazione dei futuri bibliotecari e delle future bibliotecarie.
Attualmente la formazione iniziale prevede una laurea triennale e una magistrale, seguiti poi da ulteriori possibili corsi (master, dottorato, scuola di specializzazione). La laurea triennale non è specifica e può appartenere a diverse classi di laurea; per l’accesso alla laurea magistrale sarà però necessario aver acquisito specifici CFU. Attualmente nei corsi della classe di laurea magistrale in archivistica e biblioteconomia (LM-05) presenti in Italia (Fig. 1), in nessuno di questi, dall’analisi del curricula della coorte 2023/2024, risulta attivo un corso obbligatorio che afferisca (secondo la nuova denominazione) ai SSD PAED-01/A, PAED-01/B, PAED-02/A, PAED-02/B (già M-PED/01; 02; 03; 04)28. Talvolta sono tra i corsi a scelta degli studenti come avviene per La Sapienza.

 

Denominazione

Regione

Presenza CdL LM-05

Università degli studi di Torino

Piemonte

Corso di Laurea magistrale in Scienze del libro, del documento, del patrimonio culturale

Università degli Studi di Bergamo

Lombardia

Valorizzazione del patrimonio culturale materiale e immateriale

Università degli studi Ca' Foscari di Venezia

Veneto

Scienze archivistiche e biblioteconomiche -interateneo

Università degli Studi di Bologna

Emilia-Romagna

Scienze del libro e del documento

Università degli Studi di Firenze

Toscana

Scienze archivistiche e biblioteconomiche

La Sapienza Università degli studi di Roma

Lazio

Archivistica e biblioteconomia

Università degli Studi di Salerno

Campania

Gestione e valorizzazione degli archivi e delle biblioteche

Università degli Studi di Bari

Puglia

Patrimonio Digitale. Musei, Archivi, Biblioteche

Figura 1 – CDL LM-05

Anche tra i percorsi formativi post laurea, l’offerta di corsi che permettano lo sviluppo di skills in ambito di progettazione pedagogica e didattica sono assenti. Si vedano ad esempio le offerte formative del Master in archivistica e biblioteconomia dell’Università degli studi di Firenze, il Master in Biblioteconomia e organizzazione archivistica dell’università telematica Guglielmo Marconi, ma anche i percorsi della Scuola di Specializzazione in “Beni archivistici e librari” de La Sapienza o in ambito non strettamente italiano ma sicuramente molto prossimo, la Scuola Vaticana di Biblioteconomia.
Anche tra le proposte formative delle associazioni di categoria come l’AIB, la presenza di percorsi che mirino alla formazione o al consolidamento di principi base della pedagogia e della didattica sono pochi e relegati per lo più all’ambito della biblioteconomia scolastica e accademica.
Eppure il tema è presente e fortemente sentito, tanto che la CNBS (Commissione nazionale biblioteche scolastiche e centri risorse educative) ha più volte rimarcato la necessaria formazione pedagogica del bibliotecario, spesso definito bibliotecario educatore. Si veda la discussione, ultima in ordine cronologico, intavolata nel 2024 durante una delle sessioni del Convegno delle Stelline, intitolata proprio: “Accademiche: Bibliotecario educatore e formatore29 oppure alcuni degli incontri all’interno del ciclo di formazione di aggiornamento professionale intitolato “La biblioteca scolastica si presenta30.
Se si guarda oltre i confini nazionali la situazione è variegata, e l’analisi approfondita dei curricola dei vari corsi di laurea in Europa, potrebbe essere oggetto di studio ulteriore e più approfondito.
A titolo di esempio sono escluse dal panorama formativo le discipline pedagogiche nel corso di laurea magistrale “Culture della Parola Scritta e dell'Immagine" dell’ Ecole nationale supérieure des Sciences de l'Information et des Bibliothèques31; nel master in ‘Ciências da Documentação e Informação’ dell’ Università di Lisbona32. Mentre presso il ‘Continuing education master's degree program in Library and Information Science by distance learning’33 della Berlin School of Library and Information Science è presente un corso in ‘Reading promotion and library pedagogy’; così come anche, seppur opzionale, presso il master in ‘Library and Information Management’ dell’ Università di Manchester34, o anche presso il master in ‘Library science’ della Pennsylvania Western University35. La mancanza di uniformità ci spinge a dire che da parte di alcuni la consapevolezza di una necessaria formazione c’è, ma manca un confronto sistemico che permetta l’adozione di linee e strategie di intervento comuni.
È del tutto normale che l’approccio alla pedagogia e dalla didattica sia vissuto maggiormente da chi opera nei contesti bibliotecari scolastici e universitari, perché vive immerso nella didattica e la sua utenza è un’utenza classicamente definita in formazione36. Ma nell’ottica dell’apprendimento permanente e nella visione della biblioteca come agenzia ontologicamente educativa è imprescindibile anche per il bibliotecario di biblioteca di pubblica lettura formarsi su certi temi.
Non si chiede che il bibliotecario sia un esperto della disciplina, ma come già ammoniva vent’anni fa Giovanni Solimine: 

Sullo sfondo della formazione culturale e professionale del bibliotecario troviamo, insieme alla biblioteconomia in senso stretto, altri ambiti disciplinari […] Non si richiede dunque al bibliotecario di possedere un sapere enciclopedico né di coltivare in modo eclettico settori disciplinari tanto distanti tra loro, ma di essere consapevole che nelle proprie attività professionali sono implicate competenze diverse e di conoscere bene le esigenze della biblioteca, in modo da saper individuare gli apporti che altre discipline possono dare al suo funzionamento, acquisendone gli elementi essenziali e rielaborando dall’interno della biblioteconomia metodi di intervento nati in altri contesti37.

Proposte costruttive

Sulla scorta di quanto detto finora sembra evidente e necessario promuovere momenti di conoscenza dei principi della progettazione didattica e dei fondamenti della pedagogia al fine di creare un pacchetto di competenze spendibili dal bibliotecario/a nel suo ambito di lavoro. Il bibliotecario/a dovrebbe, inoltre, avere nel suo percorso formativo le discipline di ambito pedagogico, non solo per essere in grado di progettare adeguati percorsi formativi nella e alla biblioteca, ma anche per sviluppare le competenze dialogiche ed empatiche che sono la base di ogni relazione educativa. Si propongono due linee di azione.
Una prima linea di azione andrebbe attuata all’interno dei corsi di laurea magistrale e nei percorsi di formazione post laurea, con l’inserimento di almeno due insegnamenti obbligatori: uno di pedagogia e didattica delle biblioteche al minimo da 6 CFU da suddividere in due moduli da 3 CFU ciascuno, uno dedicato alla pedagogia, con lo studio dei suoi fondamenti e della funzione educativa delle biblioteche, un altro andrebbe dedicato ai processi didattici e alla loro possibile applicazione in biblioteca, sulla scorta di quanto già si fa con i percorsi di didattica museale. A questo andrebbe aggiunto uno specifico esame di almeno 3 CFU sulle biblioteche scolastiche e accademiche, da affrontare con taglio storico e didattico. Almeno il primo insegnamento proposto sarebbe da assegnare a un docente del corrispondente SSD di ambito pedagogico e non ad uno del settore biblioteconomico.
Una seconda linea di azione, per la grandissima pletora di bibliotecari/e già in servizio sarebbe quella di agire sulla formazione continua e l’aggiornamento professionale, necessaria a livello personale oltre che professionale per permettere di stare al passo col mondo38. Per fare ciò bisognerebbe, però, seguire una via un po’ più complessa.
Bisognerebbe innanzitutto a livello di sezioni regionali dell’AIB fare un’ indagine quantitativa sul bisogno formativo dei bibliotecari - proponendo anche possibili temi di aggiornamento e inserendone alcuni di ambito pedagogico e didattico - e anche sulle loro competenze pedagogico-didattiche39. Qualora dall’esito dell’indagine si evincesse un forte bisogno formativo intorno a questi temi specifici, si potrebbe pensare di organizzare un ciclo di webinar, incontri, un corso di formazione, un master che approfondiscano specifici aspetti, valutando poi in concreto come le conoscenze acquisite abbiano migliorato la pratica professionale di chi lo ha seguito attraverso un caso di studio mirato40. Qualora non emergesse un bisogno educativo, saremmo di fronte all’assenza di un interesse formativo che andrebbe quindi in qualche modo sollecitato. Per far ciò si potrebbe pensare a un convegno nazionale che affronti la questione in modo generale e che offra spunti di riflessione e lasci spazio per approfondimenti successivi, sulla scorta di quello già svolto nel 201441.

Proposte didattiche

Nella formazione dei futuri professionisti sarebbe necessario puntare su una conoscenza generale dei fondamenti epistemici della pedagogia e delle principali correnti di pensiero, per avere un quadro di riferimento, ma soprattutto lavorare sulla progettazione didattica42 oltre che su alcuni espedienti didattici, i quali per essere compresi e ben applicati devono prima essere testati su se’ stessi.
Lavorare sulla progettazione didattica aiuterebbe il futuro bibliotecario a comprendere quali punti nodali è necessario fissare affinché si possa realizzare un’attività didattica, a titolo di esempio i contenuti, i tempi, i soggetti coinvolti, i metodi, gli obbiettivi da raggiungere, secondo un schema definito ma plastico, perché la progettazione didattica è in divenire43. Ma ciò non basta. Se il quadro di riferimento teorico e la progettazione didattica sono i confini entro cui operare, il futuro professionista deve conoscere anche il modo con cui operare. Deve cioè conoscere le metodologie didattiche. A tal fine sarebbe opportuno che le conoscesse tutte ma approfondisse quelle che per loro natura si prestano meglio o per comprendere i meccanismi del proprio lavoro o per rendere questo lavoro più fecondo.
A titolo esemplificativo, durante la formazione44 si potrebbe lavorare sul role playing45 (gioco di ruoli) per favorire le capacità di comunicazione e aiutare il bibliotecario a implementare il servizio di reference. Si potrebbe lavorare sull’apprendistato cognitivo, per favorire nel futuro bibliotecario la formazione necessaria affinché, se un giorno avesse accanto delle nuove leve da formare potrebbe seguire specifiche traiettorie di azione e non agire in modo astratto o generico. Per la risoluzione di problemi concernenti la gestione della biblioteca, i docenti/formatori, potrebbero usare lo studio di caso, in modo da favorire lo sviluppo delle capacità di problem solving e allo stesso tempo lo studente se ne avvantaggerebbe perché in futuro potrebbe usarlo come strumento per formare il team con cui lavora e/o che dirige. Sarebbe opportuno conoscere il metodo dialogico da utilizzare per i gruppi di lettura.
Altra risorsa didattica da conoscere e molto utile per la lo svolgimento di attività in biblioteca è l’apprendimento cooperativo per sviluppare non solo le proprie capacità di lavoro di gruppo ma anche per conoscere le dinamiche sottese alle attività di gruppo, da poi riproporre ad esempio nei corsi di qualunque genere organizzati in biblioteca, soprattutto per i più piccini. 

Conclusione

Il fine di queste azioni non sarebbe limitato a rendere il bibliotecario o la bibliotecaria un professionista sempre più multitasking, bensì un professionista che conscio del suo campo di azione ha a disposizione una miriade di strumenti per rendere il suo lavoro più agile, più completo e anche più accessibile.
Lo studio delle riflessioni pedagogiche o dei meccanismi della didattica non è volto alla produzione di automatismi, ma alla generazione di riflessioni profonde che mutino l’animo di chi vi si addentra. Non è volto all’acquisizione di tecniche da sommare ad altre tecniche professionali conosciute, ma all’acquisizione di un habitus con il quale rendere il proprio lavoro un dialogo finalizzato alla crescita di entrambi gli attori coinvolti. Non è volto alla produzione di modi più o meno divertenti di trasmettere il proprio lavoro, ma allo sviluppo della capacità di rendere intellegibile ciò che per chi non è del mestiere, non lo è.  
Al termine di questa lunga riflessione, rimane solo una raccomandazione, per chi ha i mezzi per farlo, e un auspicio per il benessere delle biblioteche e dei bibliotecari: indagare il loro fabbisogno formativo, favorire il loro interesse formativo e colmare il loro vuoto formativo intorno ai temi della pedagogia e della didattica con azioni concrete.


Note

ANDREA AVELLINO, Sapienza Università di Roma, e-mail: andrea.avellino@uniroma1.it
Ultima consultazione siti web: 20 ottobre 2024

1 Allegato n. 4 al Decreto Ministeriale 20/05/2019, n. 244 “Procedura per la formazione degli elenchi nazionali di archeologi, archivisti, bibliotecari, demoetnoantropologi, antropologi fisici, esperti di diagnostica e di scienza e tecnologia applicate ai beni culturali e storici dell’arte, in possesso dei requisiti individuati ai sensi della legge 22 luglio 2014, n. 110.
2 Ibidem.
3 Sarah F. Sahn; Karleigh Riesen, Building a community of practice for instruction librarians: Programmatic elements and strategies for implementation, «The Journal of Academic Librarianship», 50 (2024), p. 1-7: 2. Per completezza si riporta anche lo studio di Brady D. Lund et al., Training and Practice of Instructional Librarians: Cross-Population and Longitudinal Perspectives, «The Reference Librarian», Volume 62 (2021), 2, p. 126-143
4 Gianna Del Bono; Raffaella Vincenti, Il servizio di consultazione e reference. In: Biblioteche e biblioteconomia. Principi e questioni, a cura di Giovanni Solimine e Paul Gabriele Weston. Roma: Carocci, 20162, p. 467-498.
5 Pedagogia e didattica per le professioni sanitarie: Teorie, metodi, applicazioni, a cura di Andrea Avellino. Milano: UTET, 2024.
6 Jack London, Martin Eden. Milano: Feltrinelli, 2020, p. 55.
7 Luca Ferrieri, La biblioteca che verrà: Pubblica, aperta, sociale. Milano: Editrice bibliografica, 2020
8 Laura Ballestra, Imparare a documentarsi in biblioteca, educare a documentarsi in biblioteca. In: La didattica nei Musei Archivi e Biblioteche. Trieste: EUT Edizioni Università di Trieste, 2016, ebook.
9 Si legga a tal proposito, ad esempio, in cosa consiste la missione della biblioteca pubblica secondo il Manifesto IFLA-UNESCO 2022.
10 https://www.bibliotecalazzerini.prato.it/it/ragazzi-bambini/offerte-formative/pagina1872.html#:~: (Consultato in data 02/10/2024).
11 https://bct.comune.torino.it/programmi (Consultato in data 02/10/2024).
12 https://www.academia.edu/111058560/Divertirsi_crescere_e_imparare_con_i_libri_la_didattica_della_biblioteca (Consultato in data 02/10/2024).
13 A tal proposito si veda la copiosa e interessante produzione di Luisa Marquardt.
14 Paolo Gennari, L’information literacy nella biblioteca scolastica. Milano: Mimesis, 2021.
15 Mario Priore, Leggere, scrivere, fare ricerca, documentare nella biblioteca scolastica. In: Biblioteche scolastiche al tempo del digitale, a cura di Donatella Lombello Soffiato, Mario Priore. Milano: Editrice Bibliografica, 2018 (e - book).
16 Andrea Avellino, Leggere per crescere: il ruolo delle biblioteche scolastiche. In: Simona Inserra, Ripartire dal futuro: le biblioteche per ragazzi. Roma: AIB, 2023, p. 97-131.
17 Leonardo Sacco, La tesi di laurea, la tutela del diritto d’autore, il plagio e la funzione pedagogica della biblioteca universitaria, «AIB studi», vol. 63 (2023), n. 3, p. 669-683.
18 Sabrina Piccinini, Valutare il grado di comprensione delle information literacy skills da parte degli studenti universitari. Dall’esperienza della Biblioteca universitaria di Lugano una riflessione sulle tecniche di ricerca, Biblioteche oggi», vol. 24 (2006), p. 17-27.
19 Fabrizia Bevilacqua; Laura L’Episcopo, Università e media information literacy: un seminario di Jesus Lau, «Biblioteche oggi», vol. 37 (2019), n. 8, p. 13-18.
20 Caterina Benelli; Giovanna Del Gobbo, La valenza educativa della biblioteca in ambiente penitenziario, «Critical Hermeneutics», 7(2), 2023, p. 179-196: 188.
21 Ivi, p. 193-194.
22 Jacque Delors, Nell’educazione un tesoro. Roma: Armando, 1997.
23 Andrea Avellino, Educare all’information literacy e alla reading literacy in contesto scolastico, «Mizar.  Costellazione di pensieri», 19, p. 1-12.
24 Si prendano a titolo di esempio i volumi di Laura Ballestra, Information literacy. Roma: AIB, 2020 e Maurizio Lana, Introduzione all’Information literacy. Milano: Editrice bibliografica, 2020.
25 Laura Ballestra, Imparare a documentarsi in biblioteca op. cit.
26 Le biblioteche nel sistema del benessere. Uno sguardo nuovo, a cura di Chiara Faggiolani. Milano: Editrice bibliografica, 2022.
27 Adriano Solidoro, Per l’innovazione nelle biblioteche pubbliche, «Biblioteche oggi», 36 (2018), p. 72-75: 74.
28 Stesso problema riscontrato e analizzato anche dall’altra parte del mondo da Jaya Raju, To teach or not to teach? The question of the Academic librarian’s pedagogical competencies in the digital age, «South African Journal of Higher Education», 31 (2), 2017, p. 251‒269.
29 https://www.convegnostelline.it/evento/accademiche-bibliotecario-educatore-e-formatore/ (Consultato il 02/10/2024).
30 https://www.aib.it/notizie/la-biblioteca-scolastica-si-presenta-1-2023/ (Consultato il 02/10/2024).
31 https://www.enssib.fr/l-offre-de-formation/masters/cultures-de-l-ecrit-et-de-l-image-presentation (Consultato il 07/10/ 2024).
32 https://www.letras.ulisboa.pt/pt/ensino/mestrados/cursos#ci%C3%AAncias-da-documenta%C3%A7%C3%A3o-e-informa%C3%A7%C3%A3o (Consultato il 07/10/2024).
33 https://www.ibi.hu-berlin.de/de/studium/studiengaenge/fernstudium/m30/lm30 (Consultato il 07/10/2024).
34 https://www.mmu.ac.uk/study/postgraduate/course/ma-library-and-information-management (Consultato il 07/10/20 24).
35 https://catalog.pennwest.edu/preview_course_nopop.php?catoid=8&coid=11391 (Consultato il 07/10/2024).
36 Si rileva qui però un ulteriore vulnus, per così dire inverso. Infatti, i bibliotecari scolastici spesso sono docenti comandati in biblioteca perché ritenuti inabili al lavoro di docente. Senza entrare nel merito di questa opinabilissima prassi, è da rilevare che i docenti, seppur preparati sulle questioni pedagogiche e didattiche, sono però completamente digiuni di questioni biblioteconomiche. Se prendiamo nello specifico la formazione iniziale dei docenti di scuola primaria, che opereranno poi in contesti come gli istituti comprensivi, in nessuno dei 37 atenei in cui è attivo un cdl in Scienze della formazione primaria (LM – 85) è previsto un corso obbligatorio di Biblioteconomia. A tal proposito si veda l’appello firmato da tanti e promosso dalla prof.ssa Lombello Soffiato per l’istituzione di un insegnamento di Pedagogia della biblioteca scolastica (https://aspei.it/modulo-di-adesione-appello-crediti-universitari-per-la-pedagogia-della-biblioteca-scolastica/#:~:text=Modulo%20di%20adesione%20all%E2%80%99Appello%20Crediti%20Universitari%20per%20la%20%E2%80%9CPedagogia%20della). Possiamo quindi concludere che c’è una mancanza di reciprocità nella formazione dei bibliotecari e dei futuri insegnanti, almeno quelli dei gradi inferiori di scuola.
37 Solimine Giovanni, Le culture della biblioteca, i saperi del bibliotecario, in «Biblioteche oggi» , maggio 2004, p. 17-26: 21.
38 Si veda a tal proposito quanto detto sull’importanza dell’aggiornamento professionale nel 61esimo Congresso Nazionale AIB riassunto in Maddalena Battaggia, Bibliotecari, il lavoro più bello del mondo. Anche in Italia? Per un resoconto del 61. Congresso nazionale AIB, «AIB studi», vol. 62 n. 1 (gennaio/aprile 2022), p. 215-229 o anche gli esiti di uno studio descritto in Ramirose Ilene Attebury, Professional Development: A Qualitative Study of High Impact Characteristics Affecting Meaningful and Transformational Learning, «The Journal of Academic Librarianship», 43 (2017), p. 232–241.
39 Si veda a tal proposito quanto tentato già qualche anno fa da Laura Bewick; Sheila Corrall, Developing librarians as teachers: A study of their pedagogical knowledge, «Journal of Librarianship and Information Science», 42(2), p. 97–110.
40 Sulla scorta di quanto fatto e descritto in Agnes Nagamanda, Continuing professional development as transformational learning: A case study, «The Journal of Academic Librarianship», 46 (2020).
41 https://www.openstarts.units.it/collections/226e6730-1063-4750-ba0a-a149e504ef66.
42 Practical pedagogy for library instructors: 17 innovative strategies to improve student learning, a cura di Douglas Cook; Ryan Sittler. Chicago, IL: Association of College and Research Libraries, 2008.
43 Si possono usare i passi per la progettazione didattica individuati in Rocco Salemme, Come si prepara una lezione. In: Pedagogia e didattica per le professioni sanitarie: Teorie, metodi, applicazioni, a cura di Andrea Avellino. Milano: UTET, 2024, p. 137-146.
44 È interessante anche il punto di vista di Montgomery, che punta sull’autoformazione in Molly Montgomery, Pedagogy for practical library instruction. What do we really need to know?, «Communications in Information Literacy», 9(1), 2015, p. 19-23.
45 Per tutti gli approcci didattici citati si veda Mario Castoldi, Didattica generale. Milano: Mondadori, 2015.