I contratti trasformativi nelle biblioteche delle università italiane: l’esperienza della Statale di Milano

Laura Berni, Tiziana Morocutti, Simona Turbanti

L’accesso ai risultati della ricerca scientifica

Senza voler ripercorrere in questa sede la nascita del processo di valutazione dei risultati della ricerca scientifica che trae origine dalle validazioni dei contributi nelle prime riviste scientifiche (le peer review avanti lettera) e il percorso che ha condotto agli esercizi valutativi in Europa e in Italia1, è utile muovere comunque da alcune considerazioni che possono essere di aiuto nella comprensione dei fenomeni in un ambito controverso quale quello dell’accesso, aperto o a pagamento, alla produzione degli studiosi.
Quando ci si addentra in questo tema che comprende, al suo interno, elementi appartenenti alla sfera della storia della scienza, della scientometria, dell’economia, del diritto e, per rimanere nell’ambito proprio delle discipline di tipo bibliografico-biblioteconomico, di tutto quanto sia finalizzato all’organizzazione, gestione, conservazione e fruizione dei documenti, il rischio è di affrontare le numerose questioni spinose schierandosi a favore o contro un fenomeno, senza un’analisi seria delle complessità inevitabilmente presenti.
Partendo dal presupposto che l’accesso alla conoscenza, attraverso i contributi pubblicati dagli studiosi di tutto il mondo, rappresenta un valore irrinunciabile per qualsiasi cittadino e che ognuno di noi auspica l’apertura a tutti gli interessati di tali contenuti, è necessario tenere presente i ruoli dei diversi attori coinvolti, le unioni politiche ed economiche sovranazionali, i governi, le istituzioni di ricerca, le biblioteche, gli scienziati, gli editori, le imprese. Ciascuno di questi soggetti persegue uno scopo con strumenti e dotazioni raramente dipendenti esclusivamente dalla semplice volontà e ‘dedizione alla causa’.
Il forte incremento dei prezzi delle pubblicazioni, soprattutto riviste, di taglio accademico, il conseguente affermarsi di un mercato anelastico2 e altri fattori su ci si soffermerà in dettaglio più avanti, uniti alla diminuzione dei finanziamenti disponibili per i centri di ricerca3, hanno condotto a uno scenario sempre più competitivo nel quale le università - e le biblioteche al loro interno - si sono dovute muovere nel tentativo di assicurare l’accesso alle risorse indispensabili per la ricerca e la didattica.
La strada non è stata e non è tuttora in discesa, come sanno perfettamente i professionisti che, nei sistemi bibliotecari di ateneo, si occupano delle acquisizioni e sottoscrizioni di risorse bibliografiche.
Nel tentativo di contrastare i prezzi crescenti imposti dagli editori accademici e di promuovere la libera circolazione dei risultati della ricerca, a partire dalla fine del secolo scorso si è acceso un vivace dibattito tra studiosi, bibliotecari ed istituzioni che si è concretizzato in un movimento internazionale per l’accesso aperto (open access - OA).
Anche in questo caso non rientra tra le finalità di questo contributo ricostruire le tappe del movimento, peraltro delineate in numerosi lavori4; è importante però sottolineare come alla sua base, oltre alla componente di difesa rispetto alla posizione di forza di alcuni colossi editoriali, ci sia «l’acquisizione di una maggiore consapevolezza del proprio ruolo da parte dei ricercatori, degli istituti e delle biblioteche, che intendono assumere un ruolo strategico nella diffusione della conoscenza, dando vita a un ecosistema favorevole alla circolazione delle idee e alla tutela della conoscenza come bene comune»5.
L’accesso aperto si inserisce nel contesto più ampio della scienza aperta, open science,6 una spinta all’apertura di tutti i dati della ricerca, inclusi i cosiddetti dati grezzi, delle risorse didattiche, degli strumenti software, le cui caratteristiche e i cui obiettivi sono sintetizzati nella figura 1.

Figura 1 – Transformation to open science. Inspired by SPARC and PLOS (2014), CC BY7

Dal 2016 l’Unione Europea pone la scienza aperta al centro della politica della ricerca promuovendo iniziative e strutture per rendere il panorama scientifico europeo sempre più efficiente e trasparente andando incontro alle esigenze della società. L’accento è posto, da un lato, sulla condivisione anticipata e aperta della ricerca mediante il deposito dei dati e dei pre-print in repository condivisi e la collaborazione con altri produttori e utenti della conoscenza, dall’altro sulla necessità di garantire la verificabilità, la riproducibilità e la gestione responsabile dei risultati della ricerca, in linea con i principi FAIR di reperibilità, accessibilità, interoperabilità e riutilizzo dei dati8.
Le ‘aree di manovra’ previste dalla Commissione europea a favore della scienza aperta si esplicano in tre direzioni: l’istituzione di incentivi e premi per l’adozione di pratiche, la realizzazione di un ambiente legislativo idoneo, la creazione di infrastrutture e competenze adeguate.
In questa sede è utile soffermarsi sull’ambito infrastrutturale ricordando l’European open science cloud, EOSC. Riconosciuto dal Consiglio dell’Unione Europea tra le venti azioni dell’agenda politica 2022-2024 dello Spazio europeo della ricerca (ERA), EOSC è uno strumento finalizzato ad approfondire le pratiche di scienza aperta in Europa: «The ambition of the European Open Science Cloud (EOSC) is to provide European researchers, innovators, companies and citizens with a federated and open multi-disciplinary environment where they can publish, find and reuse data, tools and services for research, innovation and educational purposes»9.
Attraverso l’implementazione dell’European open science cloud, fondato sull’interoperabilità tecnica, semantica, organizzativa e legale tra le infrastrutture per la gestione dei dati della ricerca, si intende sviluppare nel web uno spazio di dati e servizi FAIR per la scienza in Europa sul quale possano basarsi ulteriori opportunità, quali la visualizzazione e l’analisi delle informazioni a lungo termine e il monitoraggio dell’adozione di pratiche di scienza aperta.
Un’altra azione intrapresa a livello europeo è rappresentata dai programmi di finanziamenti alla ricerca scientifica e all’innovazione della Commissione europea Horizon. I ricercatori che hanno beneficiato dei fondi Horizon 202010, elargiti dal 2014 sino al 2020, sono stati fortemente indirizzati a rendere accessibili i risultati dei loro studi, protetti però mediante l’Intellectual property rights. In Horizon Europe11, il nono programma attivo dal 2021 al 2027, si punta ancora sui FAIR principles.
A livello nazionale, nell’ambito della Commissione biblioteche della Conferenza dei rettori delle università italiane (CRUI), nel 2006 è stato istituito il Gruppo CARE (Gruppo di coordinamento per l’accesso alle risorse elettroniche)12 formato da esperti sul tema dell’editoria e delle risorse elettroniche.
Sempre all’interno della CRUI, la Commissione biblioteche ha istituito un Osservatorio sulla scienza aperta13 per raccogliere dati sulle iniziative esistenti in Europa e nel mondo, verificando soprattutto le pratiche messe in atto dell’accesso aperto negli atenei e negli enti di ricerca italiani e monitorando le spese sostenute per la sottoscrizione di riviste e collane di monografie open access. L’Osservatorio, coordinato da Roberto Delle Donne, ha avviato un’indagine conoscitiva sulle pratiche di open science negli atenei italiani; sul sito sono disponibili le schede compilate da cinquattotto atenei14, utili per un primo quadro delle università che verrà aggiornato periodicamente.

CARE e i contratti trasformativi15

Nel contesto dell’Accordo16 fra CRUI e università ed enti di ricerca italiani17 per l’acquisto di risorse bibliografiche elettroniche, sottoscritto per la prima volta nel 2005, il gruppo CARE organizza e cura, su mandato degli enti, le negoziazioni con gli editori e/o produttori di risorse bibliografiche elettroniche di carattere scientifico-accademico.
La natura del mandato consiste nel realizzare economie nell’acquisto e nella gestione delle risorse elettroniche, migliorare le clausole contrattuali e la sicurezza nell’accesso e nella conservazione e rafforzare la posizione contrattuale del sistema della ricerca italiano a fronte dell’oligopolio rappresentato dagli editori internazionali. Sulla base di tale mandato, CARE ha condotto in questi anni numerose trattative con i più importanti editori scientifici internazionali, qualificandosi come punto di riferimento nazionale per i sistemi bibliotecari di università ed enti di ricerca in materia di contratti per l’accesso alle risorse elettroniche18.
Le istituzioni danno mandato a CARE di negoziare la stipulazione dei contratti a partire dalla fase delle trattative con gli editori fino a quella della sottoscrizione dei contratti stessi, nonché di provvedere all’esecuzione della fornitura, inclusa la gestione generale di eventuali problematiche tecniche relative all’accesso.
Già dalla fine degli anni Novanta del secolo scorso, il mondo della ricerca ha evidenziato, anche in seno alla stessa CRUI, alcuni punti critici preoccupanti riferibili al circuito commerciale tradizionale della comunicazione scientifica:

Inserendosi in una tendenza già diffusa nel Nord Europa, a partire dal 2020, CARE ha cominciato a sottoscrivere contratti cosiddetti trasformativi (transformative agreements, TA), con i quali si passa dal modello tradizionale di sottoscrizione, basato sul pagamento degli abbonamenti per accedere ai contenuti, a nuovi modelli commerciali21; tra questi, il read and publish in cui il prezzo è composto da una componente read (pago per leggere) e una componente publish (pago per pubblicare ad accesso aperto) che si traduce nella messa a disposizione di un certo numero di token o voucher - in alcuni casi illimitato22 - vale a dire licenze per la pubblicazione open su riviste ibride (e, per alcuni contratti, anche su riviste interamente OA, cosiddette gold).
Le riviste ibride vengono definite tali in quanto contengono contenuti in parte fruibili solo su abbonamento e in parte aperti a tutti prevedendo, cioè, sia il pagamento di una sottoscrizione per leggere tutti gli articoli, chiusi e aperti, sia la possibilità per il singolo autore di pubblicare in open access a fronte di un costo di pubblicazione (APC). Nei contratti trasformativi tutti i costi per gli APC sono pagati centralmente dall’ente sottoscrittore, attraverso il sistema bibliotecario di riferimento.
Progressivamente, la cosiddetta componente read del costo si dovrebbe trasformare completamente nella componente publish, ovvero si dovrebbe spostare l’asse dal servizio di lettura, che viene mantenuto aperto a tutto il catalogo editoriale messo a disposizione, al servizio di pubblicazione degli autori affiliati. In fase iniziale, la quota publish viene stimata dall’editore in una quota complessiva, su base nazionale, di token messi a disposizione degli affiliati degli enti aderenti al contratto, valutati nel loro numero in base agli articoli complessivamente pubblicati dai corresponding authors degli enti aderenti negli anni precedenti e, come valore, sulla base del listino di ogni singolo editore.
Dunque, i «transformative journals [are journals] where the share of open access content is gradually increased, where subscription costs are offset by income from payments for publishing services (to avoid double payments), and where the journal has a clear commitment to transition to full open access in an agreed timeframe»23.
I transformative agreements si inseriscono all’interno delle strategie nazionali e internazionali sulla scienza aperta ed è indispensabile analizzarli accuratamente per almeno tre motivi: essi influiscono, innanzitutto, sulla qualità dei servizi di accesso alla conoscenza scientifica e sui comportamenti individuali dei ricercatori relativamente alla scelta delle sedi di pubblicazione; hanno un impatto economico e fiscale sull’intero sistema nazionale delle spese bibliotecarie, oltre che a livello gestionale dei singoli enti; incidono, infine, sulla valutazione della ricerca e sul raggiungimento di obiettivi europei riguardo l’accesso aperto e, più in generale, la scienza aperta.

La gestione dei contratti trasformativi CARE all’interno del Servizio bibliotecario d’Ateneo dell’Università degli studi di Milano

Dalla fine degli anni Novanta ai primi anni 2020, per quasi due decenni, tutta la comunità scientifica dell’Università degli studi di Milano ha potuto fruire di un ventaglio crescente di contenuti, propri di ogni biblioteca digitale accademica, offerti e veicolati grazie ai classici servizi quali la messa in linea, la lettura, la consultazione e l’accesso al testo pieno degli articoli delle riviste elettroniche presenti nei cataloghi dei grandi editori internazionali.
L’adesione ai contratti trasformativi CRUI a partire dal 2021 e la loro gestione hanno profondamente modificato il servizio tradizionale offerto dalla Biblioteca digitale dell’Ateneo, a cui gli utenti erano da tempo abituati. Questo nuovo modello contrattuale provvede ad ampliare l’esperienza di utilizzo da parte dei fruitori, che non solo continuano a leggere e studiare i medesimi contenuti del passato presenti nelle riviste online, ma usufruiscono della nuova funzione per poter pubblicare in OA, con costo dell’APC coperto centralmente senza oneri a loro carico.
Il supporto alla pubblicazione scientifica in accesso aperto ha innescato, pertanto, un rapporto proattivo e dinamico con gli autori richiedendo una serie di interventi per affiancarli al meglio. Data la rilevanza del servizio e la sua peculiarità, non è sufficiente, infatti, informare gli utenti, tramite i consueti canali di comunicazione istituzionale a disposizione, come e-mail o informazioni pubblicate online in pagine dedicate al servizio; le dimensioni dell’Ateneo, la compagine multidisciplinare e la continua mobilità del comparto docente - in particolare nelle figure dei più giovani, quali dottorandi, specializzandi e ricercatori a tempo determinato - richiedono un ascolto professionale costante e una continua attività di comunicazione e formazione per l’uso corretto di questi contratti.
Nell’Università degli studi di Milano il servizio si è ampiamente sviluppato nel corso del triennio 2021-2023, diventando un punto di riferimento per gli autori, non solo a valle dell’accettazione editoriale, ma ormai anche a priori, nella scelta ponderata della sede editoriale, in base alla presenza di un contratto d’ateneo che permetta al corresponding author e al gruppo di autori coinvolti di pubblicare il proprio prodotto della ricerca in accesso aperto. Inoltre, il supporto di orientamento e consulenza del servizio autori si sta rivelando sempre più indispensabile, in particolare nelle more del rinnovo o della stipula di nuovi contratti, spesso non allineata alla naturale scadenza solare a causa delle lunghe trattative negoziali nazionali, e nei processi di conversione di articoli pubblicati in modalità chiusa in articoli ad accesso aperto.
La necessità di possedere queste competenze variegate a supporto agli utenti ha portato ad individuare in ateneo una nuova figura formalmente riconosciuta, l’approval manager, identificato per ogni contratto CARE in qualità di referente per l’open access dei servizi bibliotecari con un ruolo operativo, che agisce in autonomia o con l’intermediazione della segreteria tecnica CARE.
Successivamente si è reso necessario lo sviluppo di altre professionalità per assistere gli autori, spostando il focus dall’ambito biblioteconomico in senso stretto ad abilità di carattere più trasversale, fortemente orientate al problem solving; oltre alla conoscenza delle licenze editoriali e una puntuale capacità di analisi ed interpretazione delle clausole del contratto trasformativo, è indispensabile, infatti, l’attitudine a trasmettere questi contenuti in modo chiaro alla comunità scientifica dell’Ateneo nel suo complesso, nel rispetto degli obblighi contrattuali di riservatezza.
Gli editori più importanti per flusso di pubblicazione, quali Elsevier, Springer e Wiley, offrono una piattaforma online per la gestione autonoma da parte dell’approval manager degli articoli da valutare in merito alla loro eleggibilità, validazione o rifiuto per la pubblicazione in open access.
Si tratta, quindi, di un ruolo delicato sia per l’analisi della validazione richiesta, sia in fase di valutazione di quali corresponding authors siano da considerarsi di volta in volta affiliati o meno all’istituzione, sia infine nella gestione dei casi più complessi. In un grande ateneo come quello milanese oltre alla figura dell’approval manager, è stato costituito un gruppo di lavoro ristretto con un indirizzo di posta elettronica dedicato che ha dato luogo allo sviluppo di un vero e proprio servizio.
L’attività del gruppo si articola in una parte informativa che prevede un servizio di assistenza via e-mail, interviste e riunioni con i docenti e una parte di validazione, finalizzata alla corretta affiliazione degli autori. Quest’ultimo aspetto, apparentemente semplice ed individuabile per qualsiasi autore, non è regolato da norme precise lasciando all’ente sottoscrittore ampia discrezionalità nella valutazione dei singoli casi; si pensi, per esempio, a categorie di autori come i medici, che, pur operando all’interno dei policlinici universitari, non hanno un ruolo ufficiale in Ateneo, pur partecipando attivamente a progetti di ricerca con colleghi titolari di cattedra.
È determinante, inoltre, l’attività a consuntivo delle validazioni, ovvero la registrazione puntuale con quanti più metadati disponibili: la data di richiesta di approval, il nome del contratto, nome, cognome e ruolo in ateneo del corresponding author, il dipartimento di appartenenza, l’area di afferenza disciplinare, il titolo della rivista, ISSN, il DOI dell’articolo. Tali registrazioni costituiscono dei veri e propri archivi dei dati di pubblicazione, preziosi per qualsiasi analisi a posteriori sull’uso dei contratti e il loro gradimento da parte degli autori. Queste informazioni costituiscono l’ossatura portante del valore dell’utilizzo e sono preziose in fase di valutazione di rinnovo ad uso degli organi interni preposti.
Nel 2023 UNIMI ha aderito ai seguenti contratti trasformativi negoziati da CARE, sia di durata annuale, che di durata pluriennale24:

Per tutti i contratti, non è mai previsto, a livello nazionale, un numero predefinito di token assegnato a priori ad ogni ente; il criterio di distribuzione nazionale, è, ad oggi, a sportello. Alcuni contratti prevedono un numero di token illimitati (quali IEEE, CUP, IOP, Elsevier dal 2025), mentre per gli altri (ACS, Wiley, Springer, De Gruyter, RSC e LWW) è previsto un numero definito a livello nazionale, contrattato da CRUI-CARE in base alla sostenibilità economica dell’importo complessivo e alla potenzialità di pubblicazione degli autori italiani sulla base dei dati di pubblicazione degli enti negli anni precedenti la negoziazione. L’iniziativa ESAC25 offre una panoramica dei contratti trasformativi presenti nei Paesi europei; per ogni contratto viene presentato un numero indicativo degli articoli coperti dal contratto nazionale.
In merito al costo dei token, nei contratti che prevedono due quote distinte (IEEE, IOP, Springer e Wiley), il costo della porzione publish di ogni contratto non corrisponde alla somma del valore, con riferimento al prezzo di listino, del numero dei token utilizzati dall’Università statale di Milano. Si tratta, infatti, di una misura frutto della negoziazione di CARE, diversa da contratto a contratto e proporzionata al potenziale di pubblicazione del sistema Italia nel suo complesso, a partire dai dati degli articoli pubblicati dell’anno precedente la sottoscrizione di ogni accordo. Questa negoziazione è coperta da riservatezza; ogni contratto stipulato contiene specifiche clausole di confidenzialità riguardanti i dati economici e tali informazioni non possono essere oggetto di divulgazione.
Come si vede dai grafici (figura 2 e figura 3), il numero complessivo degli articoli approvati nel corso del 2023 è pari a 694, con una netta preminenza degli articoli facenti capo all’editore Elsevier e con il settore biomedico come ambito disciplinare più rappresentato.

Figura 2 – Articoli approvati per editore

Figura 3 – Percentuale di articoli approvati per macroarea disciplinare

In sintesi, per quanto concerne l’Università degli studi di Milano, si è registrato un apprezzamento dei contratti trasformativi da parte degli autori, in particolare nel 2023, con l’avvio del contratto Elsevier.
È plausibile ipotizzare che, mediante la conduzione in Ateneo di una campagna di comunicazione più capillare sulle opportunità offerte dai TA, si sarebbero raggiunti risultati anche migliori. D’altra parte, occorre considerare che le attuali regole per la carriera universitaria spingono a pubblicare molto, a volte a scapito della qualità; in particolare nel settore STEM (science, technology, engineering, mathematics), si evidenzia un’inclinazione alla scelta di editori gold quali MDPI e Frontiers, che garantiscono tempi di peer review più celeri e tassi di rifiuto molto bassi26 rispetto agli editori tradizionali inclusi nei contratti CARE che prevedono tempi di revisione lunghi o medio-lunghi e barriere d’accesso più ‘alte’.

Prospettive

Un bilancio pragmatico

Per guardare al futuro dei contratti trasformativi occorre avviare un bilancio dell’esperienza di questi anni.
Nel settembre 2018 veniva lanciato Plan S, la storica iniziativa del network cOAlition S per la transizione all’open access dei prodotti della ricerca finanziata attraverso fondi pubblici, nell’ambito del quale la proposta più dirompente e innovativa era rappresentata dai transformative agreements27. Plan S viene accolto entusiasticamente dalle università europee, come testimoniano le parole di Kurt Deketelaere, segretario generale della League of European Research Universities (LERU), a pochi giorni dal lancio: «The move to full open access was stalling, and this plan is a major step forward in the right direction»28. Anche gli editori sono pronti, forti di nuovi modelli commerciali da mettere alla prova, e in poco tempo i contratti trasformativi si impongono in tutta Europa, Italia compresa.
Tuttavia, a qualche anno dall’avvio del piano, si può affermare che molte previsioni riguardanti i TA sono state disattese e che, d’altra parte, si sono verificati cambiamenti e sviluppi non sempre previsti o prevedibili. La stessa cOAlition S ammette nel gennaio 2023: «After careful consideration of the outcomes of transformative arrangements, the leadership of cOAlition S reaffirms that, as a principle, its members will no longer financially support these arrangements after 2024»29
Il 15 ottobre 2024, proprio mentre questo articolo veniva ultimato, è stato pubblicato un report commissionato dagli stessi fondatori di cOAlition S sul ruolo giocato - evidente sin dal titolo - da Plan S all’interno del mercato della comunicazione scientifica e nel favorire l’accesso aperto in tutto il mondo30. Nel documento ampio spazio è riservato ai transformative agreements di cui vengono evidenziati gli aspetti positivi e le criticità; si rileva che questi accordi hanno permesso di portare gli editori al tavolo delle trattative con le istituzioni e i loro consorzi, contribuendo a rafforzare il potere negoziale di questi ultimi e di migliorarne il livello di collaborazione internazionale. Particolarmente interessante la dichiarazione:

 

TAs have also bridged the gap between ‘funded’ and ‘unfunded’ researchers and departments – meaning that the discretionary Open Access funding eligibility that previously applied just to academics involved in projects funded by those research funders (often cOAlition S members) that made available specific funding for OA publishing has now been extended to all scholars and departments. This has significantly widened the embracing of Open Access across disciplines, particularly in the Humanities and Social Sciences who were as a rule not eligible for APC funding31.

 

Affermare, dunque, senza mezze misure che il ritorno sull’investimento nei contratti trasformativi sia stato negativo sarebbe un giudizio sommario, soprattutto perché complessa è la valutazione di un fenomeno dalle molteplici dimensioni (finanziaria, politica, culturale). Un recente studio sull’impatto dei TA sui modelli di pubblicazione molto cautamente conclude che «in general, Tas are associated with increased odds of hybrid publishing. However, it remains to be seen whether this is an overall positive or negative development»32.
A questo punto occorre, quindi, analizzare la situazione in modo lucido cercando pragmaticamente di capire come sfruttare al meglio le opportunità che comunque si sono aperte per continuare a perseguire efficacemente gli obiettivi istituzionali.
Un fattore determinante per l’affermazione dei contratti trasformativi nel contesto europeo è stato la questione del double dipping, che ha agito come un vero e proprio ‘grimaldello’, portando all’attenzione delle università la necessità di contenere la spesa sostenuta per l’insieme delle funzioni di lettura e pubblicazione. Nel 2015, con riferimento alla transizione dal sistema delle sottoscrizioni a quello in cui ai costi di lettura si aggiungevano i costi di pubblicazione, la Max Planck Digital Library affermava con convinzione: «We have shown that there is already enough money in the system for the transition to open access to be at least cost-neutral»33. In realtà - al netto della spesa per i contratti big deal che gravava pesantemente sui budget di tutte le biblioteche accademiche europee – i ‘soldi’ a cui si riferisce la Max Planck si trovavano più che altro in paesi come Germania e Regno Unito, in cui la spesa per APC ibridi era già molto consistente prima dell’avvento dei TA. Nella figura 4 è mostrata la spesa 2015-2018 a livello internazionale per APC gold e ibridi di Elsevier, Sage, Springer Nature, Taylor & Francis, and Wiley.34

Figura 4 – Spesa 2015-2018 per APC gold e ibridi

Gli editori, dal canto loro, avevano da tempo intuito il potenziale di sviluppo del mercato APC, favorito anche dalla complessità dei meccanismi di finanziamento della ricerca, che può dar luogo a flussi di profitti poco controllabili35. Sicuramente i paesi con una forte spesa pregressa in APC ibridi avevano ben presente che «tracking APC payments is a key concern for institutions on the path to an OA transition»36. È proprio a quei paesi che i contratti trasformativi hanno consentito di ridurre considerevolmente il double dipping, come si evince dai dati forniti da JISC sui risparmi realizzati in Gran Bretagna con l’avvio di nuovi TA fra il 2020 e il 2022 (figura 5)37.

Figura 5 – Spesa GB pre-TA/con TA e risparmio

In Italia il fenomeno del double dipping pre-TA era piuttosto contenuto, sia in assoluto sia in relazione alla spesa per sottoscrizioni38, ma la mancanza di dati affidabili sull’acquisto di APC con vari fondi pubblici negli anni precedenti al 2020 non consente di stabilire in che misura i contratti trasformativi in Italia abbiano comportato un maggiore esborso del sistema nel suo insieme e quanto, invece, soltanto una centralizzazione della spesa.
Sicuramente essi hanno rappresentato uno stimolo formidabile per la crescita di una domanda, quella di pubblicazione ad accesso aperto a pagamento, che non era esplosa come nel Nord Europa. Con altrettanta certezza sappiamo che nel nostro paese la partita con gli editori è stata giocata in condizioni di forte ‘asimmetria informativa’, visto che soltanto i publisher potevano contare su dati certi, rappresentati dai fatturati.
In ogni caso, il nuovo modello ha fornito anche nel contesto italiano un impulso eccezionale all’incremento di articoli ad accesso aperto, come mostra l’esempio spesso citato di Springer: a livello nazionale nel 2019 erano stati pubblicati 146 articoli ad accesso aperto, nel 2020 ben 3.61439.
È generalmente riconosciuto che la prima (e, ove presente, anche la seconda) generazione di transformative agreements ha dimostrato scarso potere trasformativo. Fra il 2018 e il 2022 gli articoli ad accesso aperto in riviste ibride sono notevolmente aumentati di numero (dal 4,3% al 15%) e a questa crescita hanno contribuito significativamente i TA, che nel 2022 hanno rappresentato il 58% dell’open access ibrido40. Tuttavia, nello stesso quinquennio, la quantità di articoli chiusi nelle riviste ibride è rimasta sostanzialmente stabile, il che significa che l’implementazione dei TA non è stata sufficiente a sostenere una transizione su larga scala verso il fully OA nel medio periodo. Come scrive l’Head of Strategy di cOAlition S, Robert Kiley, nell’analisi dei report 2023: «In aggregate the TJ [Transformative Journals ndr] data clearly shows that the transition to full and immediate OA for many of the TJ publishers is still a long way away»41.
Di questa stagione di TA si può, quindi, dire che l’obiettivo di ridimensionare drasticamente il mercato editoriale paywalled non sia stato raggiunto. A fronte di questo, si dovrebbero tuttavia evitare conclusioni affrettate; è auspicabile, infatti, che, dopo la pars destruens che ha dominato il dibattito negli ultimi vent’anni, maturi prossimamente una riflessione più equilibrata sul modello subscription, che ne restituisca luci ed ombre, senza condanne aprioristiche.
In secondo luogo, si può affermare che le pubblicazioni scientifiche immediatamente disponibili ad accesso aperto sono notevolmente aumentate e ciò rappresenta un risultato oggettivamente positivo, che difficilmente sarebbe stato raggiunto senza l’avvento dei contratti trasformativi.
Infine, è indubbio che a tale aumento abbia corrisposto un notevole incremento dell’accesso aperto a pagamento (dell’autore). Ciò che preme sottolineare, a questo riguardo, è che tale sviluppo non comporterebbe necessariamente un aumento della spesa per le università italiane rispetto al tradizionale contesto subscription, se nel nostro regime fiscale la quota di pubblicazione, considerata genericamente servizio, non fosse soggetta ad una tassazione IVA del 22%, cioè fortemente penalizzante rispetto alla quota di lettura, considerata fornitura di prodotti editoriali, con tassazione agevolata al 4%. È questo che determina in buona parte l’aggravio della spesa degli enti, in netta controtendenza con la diffusa aspettativa - seppure talvolta basata su equivoci, come già detto - di ottenere dai TA quantomeno un contenimento dei pagamenti complessivi sostenuti dalle università per l’insieme delle funzioni di lettura e pubblicazione.
Si tratta di un serio problema politico, non tecnico, che purtroppo nessun soggetto a livello nazionale intende affrontare.

Un mercato (ancora) oligopolistico

Rispetto ai primi entusiasmi, è rimasta delusa anche l'attesa che il nuovo modello commerciale andasse a plasmare un mercato meno rigido di quello degli abbonamenti, consentendo a nuovi editori di qualità di occupare quote di mercato da anni saldamente in mano alle cinque maggiori case editrici internazionali (Elsevier, Wiley, Springer-Nature, Taylor & Francis, Sage). In realtà i cambiamenti avvenuti nel mercato editoriale non sembrano aver modificato il contesto in modo sostanziale: i grandi editori commerciali tradizionali hanno dimostrato forte vitalità, riconfigurando rapidamente i propri modelli di business per mantenere il vantaggio competitivo, mentre i nuovi attori (MDPI, Frontiers) - al netto dei dubbi sollevati da più parti sulla qualità scientifica del loro lavoro editoriale - hanno semplicemente colto le opportunità offerte dalla situazione per entrare nel mercato, senza influenzarne significativamente i prezzi42. Il perpetuarsi della concentrazione del mercato editoriale43 e, contemporaneamente, la persistenza del paradigma dicotomico ‘APC – sottoscrizioni’ rappresentano una vera e propria bomba a orologeria per la tenuta finanziaria del sistema della ricerca, visto che le risorse delle università pubbliche sono limitate e che, d’altra parte, il numero dei prodotti della ricerca continua ad aumentare vertiginosamente44.
Nello sviluppo del pensiero sull’accesso aperto, il tema della sostenibilità economica si è sempre intrecciato strettamente con quello dell’efficienza della comunicazione scientifica; lasciando da parte i principi teorici su cui tutti convengono, ci si è dovuti accorgere che le alternative al circuito commerciale sono molto onerose, soprattutto perché per competere nel mercato globale devono necessariamente assumere una dimensione internazionale (si veda, da ultimo, il progetto Open research Europe – ORE, avviato nel 2021)45. Inoltre, nonostante gli ingenti sforzi, le pratiche di pubblicazione alternative al circuito tradizionale ad oggi non hanno ancora avuto un impatto tale da modificare in profondità i meccanismi operativi della valutazione della ricerca46 e la grande editoria continua a dettare le regole, ben oltre l’ambito strettamente commerciale. I sistemi di carriera dei docenti non sono sostanzialmente cambiati e, d’altra parte, sarebbe forse ingenuo pensare che la scienza, che è un pilastro del nostro sistema economico, possa avere «meccanismi di funzionamento che prescindano da quelli del contesto in cui è immersa, ovvero in un sistema fortemente competitivo»47.
Sul versante dell’alternativa al sistema editoriale commerciale, i processi operativi già in essere possono rappresentare, dunque, una strategia complementare, ma certamente non sostitutiva;  di conseguenza, occorre trovare soluzioni efficaci per gestire il presente e il futuro prossimo.

Costi indiretti e gestione della conoscenza

Un altro aspetto non trascurabile è l’incidenza dei costi indiretti dei transformative agreements, cioè i costi amministrativi e gestionali derivanti dalla complessità degli accordi, che richiedono una grande quantità di lavoro per attività di negoziazione, gestione e promozione. Come riferisce JISC: «TAs have incurred additional costs for some institutions due to the reported need for higher grade staff to administer OA approvals, implement different TA workflows, support authors in understanding their eligibility and in navigating OA options and workflows for different agreements»48. Per quanto riguarda l’Italia, abbiamo già avuto modo di soffermarci sul ruolo di CARE e soprattutto sull’approval manager, una nuova figura specialistica fondamentale e con forte carico di lavoro, di solito ‘ricavata’ nelle biblioteche a costo zero, senza cioè incrementi di organico e senza riconoscimento del ruolo (ma su questo aspetto torneremo in seguito).
Ciò che forse sfugge è che a questi costi di transazione fa da contraltare un enorme sviluppo di conoscenza negli enti e in particolare nei sistemi bibliotecari, che gestiscono i TA. La conoscenza - intesa come capacità di collegamento tra informazioni che consente di interpretare fenomeni, fare previsioni, prendere decisioni – è una risorsa fondamentale ed è indispensabile gestirla consapevolmente per essere in grado di produrre soluzioni nuove ai problemi. Per questo occorre valorizzare il più possibile il lavoro svolto nelle biblioteche sui contratti trasformativi, sia a livello sia nazionale. Mai come oggi i bibliotecari accademici comprendono i meccanismi, i flussi di lavoro, le logiche di editori e autori; possono raccogliere, quindi, un’enorme quantità di dati, analizzarli, metterli a disposizione dei decisori e, sfruttando l’attitudine innata a fare rete, organizzarsi per contrastare le spinte del mercato alla frammentazione della clientela e all’eliminazione di qualsiasi soggetto regolatore.

Una revisione della spesa

Nell’attuale scenario, un obiettivo irrinunciabile è quello di garantire la continuità qualitativa dei processi di supporto alla ricerca relativi alla pubblicazione/circolazione della conoscenza, che generalmente rientrano nell’area di responsabilità dei sistemi bibliotecari accademici. Lo spettro di attività e servizi è molto ampio, comprendendo anche i progetti rispondenti ai nuovi paradigmi della comunicazione scientifica quali repository istituzionali e diamond OA, ma qui ci si limiterà a considerare i rapporti con il mercato editoriale commerciale, che, come già detto, rimane ancora il fenomeno più significativo per l’impatto esercitato sul contesto, a partire da quello economico.
I big deal prima e i contratti trasformativi dopo hanno portato al limite la disponibilità, politica prima ancora che economica, delle amministrazioni universitarie ad accrescere ulteriormente l’investimento in prodotti e servizi editoriali, soprattutto ora che all’orizzonte si preannunciano contrazioni di risorse per l’accademia con la riduzione del Fondo di finanziamento ordinario e, in prospettiva, l’esaurimento dei fondi PNRR. Il rischio di ripiombare nella logica dei tagli lineari alle dotazioni di bilancio è reale.
Ipotizzando, con un po’ di ottimismo, di poter contare sul mantenimento dei budget attualmente disponibili, occorre comunque superare il criterio incrementale e darsi degli obiettivi quantomeno di contenimento, attraverso un piano di verifica dell’efficienza e dell’efficacia della spesa già esistente.
I presupposti analitici di qualsiasi valutazione si basano sui dati ed è questo il fattore critico sul quale si intende soffermarsi.
Sarà essenziale dotarsi, al più presto, di un sistema a livello nazionale efficiente e sostenibile di monitoraggio delle spese di pubblicazione dei prodotti della ricerca sostenute dagli enti. Tale esigenza si è già manifestata in diverse sedi, ma, nonostante i gruppi di lavoro incaricati abbiano prodotto documenti di analisi e proposta, non è chiaro il livello di implementazione raggiunto ad oggi dalle soluzioni operative emerse.
Per l’ampiezza della platea a cui si rivolge, è utile soffermarsi sull’iniziativa congiunta della CRUI con il Convegno dei direttori generali delle amministrazioni universitarie (CoDAU).
Nel novembre 2022, il presidente CoDAU ha ricordato ai direttori generali delle università associate49 che, all’interno del Programma nazionale della ricerca 2021-2027, è previsto un Piano nazionale per la scienza aperta nel quale si richiede di monitorare i costi delle pubblicazioni in accesso aperto, con particolare riferimento agli APC. A tale scopo un gruppo misto CoDAU e CRUI ha definito un documento di Linee guida per il monitoraggio omogeneo delle spese di pubblicazione in open access50, che prevede che ogni ateneo inserisca, nel proprio piano dei conti, delle voci ad hoc per le tre diverse tipologie di spesa connesse alla pubblicazione di contributi scientifici (spese per pubblicare in open access gold e ibrido; spese per pubblicare in modalità tradizionale; spese per servizi editoriali).
Oggetto del monitoraggio sono tutte le spese connesse alla pubblicazione dei prodotti della ricerca, indipendentemente dalla tipologia documentaria (articoli, capitoli, dati, libri) e dal formato (cartaceo, elettronico, altri supporti analogici), sia in modalità aperta sia in accesso chiuso. Ai dati contabili occorre associare alcune informazioni bibliografiche (tipologia di pubblicazione, numero standard, etc.) attraverso varie possibili soluzioni - dalla predisposizione locale di form online allo sviluppo di un modulo nell’archivio istituzionale dei ‘prodotti’ della ricerca - purché la soluzione adottata non comporti adempimenti aggiuntivi per i docenti, già chiamati a numerosi compiti simili per finalità amministrative. Sebbene la sollecitazione del CoDAU invitasse gli atenei ad applicare le Linee guida a decorrere dal bilancio dell’anno 2023, ad oggi non si hanno notizie né sulla percentuale di adesione degli enti, né sulle rilevazioni effettuate.
Nella prospettiva, fortemente auspicabile, di una ripresa dell’iniziativa, di seguito vengono indicati schematicamente alcuni punti sui quali sarebbe utile raggiungere un’ampia condivisione, così da migliorare la qualità e l’efficacia dell’attività di monitoraggio.

Pur con questi aspetti da implementare e migliorare, il tentativo di CRUI-CoDAU dovrebbe essere rilanciato e sostenuto perché è un’occasione importante per dotarsi delle informazioni basilari per l’elaborazione di decisioni consapevoli. È in gioco la possibilità di garantire il controllo della spesa e quindi la sostenibilità dei servizi bibliografici per la ricerca. Ripartire dai dati è un atto di pacata saggezza: come dotarsi di una bussola per attraversare in tempi certi un territorio complesso e soggetto a continui mutamenti.

Alcune considerazioni finali

Cercando di trarre le fila dall’esperienza dell’Università Statale di Milano possiamo affermare che, sia nella fase operativa e gestionale di questa complessa materia, sia in quella di analisi e diffusione dei risultati, è necessario procedere con la massima aderenza ai dati evitando di stravolgerne il significato oggettivo. 
Per quanto possibile, è prioritario esaminare con spirito critico il quadro che emerge tenendo sempre presente la finalità delle biblioteche delle università, vale a dire mettere a disposizione degli utenti delle istituzioni della ricerca le risorse necessarie a svolgere efficacemente il proprio lavoro. In questa affermazione, che può apparire - e probabilmente lo è - scontata, è racchiusa la missione delle biblioteche delle università, il ‘servizio’ compreso nella denominazione stessa dei sistemi bibliotecari: rendere possibile lo sviluppo della ricerca e della didattica mediante l’accesso all’informazione.
Con questo compito non dovrebbe interferire alcun elemento di soggettività, né visione personale ideologica, come invece talvolta accade, in grado di distogliere dal servizio. In altre parole, nella complessità di un contesto formato da soggetti diversi, quali decisori politici, biblioteche, case editrici, istituzioni nazionali e sovranazionali, è d’obbligo procedere con cautela, senza cadere nella tanto facile quanto inutile adesione a principi teorici slegati dalla realtà in cui si opera. Come accennato in apertura, nessun cittadino può negare l’importanza e l’utilità dell’open access e nessun amministratore può dirsi favorevole all’aumento dei costi editoriali; coloro che ricoprono ruoli di responsabilità nelle biblioteche devono, però, trovare strade concrete e soprattutto attuabili per il perseguimento dell’obiettivo istituzionale, il servizio appunto, nonostante i vari ostacoli.
Tra questi ultimi, il principale di cui tenere conto è la disponibilità finanziaria, quasi mai adeguata alle esigenze. Si è già fatto riferimento alla contrazione dei bilanci cui le università andranno incontro nei prossimi anni, dopo la fase ‘viziata’ dai fondi eccezionali e irripetibili del PNRR52, che minerà la capacità di spesa dei sistemi bibliotecari di ateneo. L’opportunità offerta dai contratti trasformativi agli autori che, come rilevato, privilegiano anche in fase di scelta le sedi di pubblicazione che consentano la diffusione dell’esito delle proprie ricerche ad accesso aperto, rischia di non essere più sostenibile, almeno in certa misura, in scenari futuri economici meno propizi. Si tratta di un pericolo su cui riflettere seriamente a livello nazionale e internazionale da parte di tutti gli attori coinvolti prima di arrivare a forti riduzioni o tagli di risorse bibliografiche.
Un ultimo elemento su cui sarebbe utile avviare una seria riflessione è il ruolo che alcuni bibliotecari delle università sono chiamati a svolgere all’interno di un panorama così complesso come quello delineato. Competenze trasversali che investono la dimensione economica, di analisi dei dati e di tipo comunicativo, si aggiungono al bagaglio di partenza già ampio di cui deve dotarsi chi voglia lavorare efficacemente in questa tipologia di biblioteche; non si dimentichi, peraltro, che nella maggior parte degli atenei anche la gestione dei repository istituzionali della ricerca, l’assistenza agli autori per l’inserimento dei dati relativi ai propri ‘prodotti’ e il deposito dei full text è affidata al personale dei sistemi bibliotecari.
Come già rilevato, peraltro, l’esigenza di personale qualificato per servizi aggiuntivi rispetto a quelli più tradizionali in ambito bibliotecario è assai raramente considerata nelle università in fase di assegnazione del budget; tale mancanza di visibilità non gioca, purtroppo, neanche a favore del riconoscimento professionale della categoria negli atenei né tantomeno all’interno della società, tema che non è possibile affrontare in chiusura, ma che contribuisce a rafforzare l’idea della complessità legata al ‘servizio’.

 


Note

LAURA BERNI, Università degli studi di Milano, Direzione Servizio bibliotecario d’ateneo, e-mail: laura.berni@unimi.it.
TIZIANA MOROCUTTI, Università degli studi di Milano, Direzione Servizio bibliotecario d’ateneo, e-mail: tiziana.morocutti@unimi.it.
SIMONA TURBANTI, Università degli studi di Milano, Dipartimento di studi storici, e-mail: simona.turbanti@unimi.it.
Il contributo è stato impostato e scritto in piena collaborazione tra le tre autrici; tuttavia, le responsabilità sono così ripartite: Laura Berni ha steso il paragrafo La gestione dei contratti trasformativi CARE all’interno del Servizio bibliotecario d’ateneo dell’Università degli studi di Milano e, con Tiziana Morocutti, il paragrafo CARE e i contratti trasformativi; Tiziana Morocutti ha steso il paragrafo Prospettive; Simona Turbanti ha steso i paragrafi L’accesso ai risultati della ricerca scientifica e alcune considerazioni finali e ha curato la revisione dell’intero contributo.
Ultima consultazione siti web: 15 ottobre 2024. 

1 La portata del tema in tutti i suoi aspetti rende impossibile, e probabilmente inutile, fornire una bibliografia essenziale; per una sintetica panoramica sulla nascita della valutazione della ricerca aggiornata all'Accordo europeo del luglio 2022, si rimanda a Simona Turbanti, La valutazione della ricerca: dalle origini ad un Accordo europeo per la riforma, «Rivista di ricerca e didattica digitale», 3 (2023), n. 1, Special issue Intrecciare saperi: le Digital humanities fra nuovi approcci, percorsi di ricerca e metodologie, p. 73-86, https://doi.org/10.53256/RRDD_230105.
2 Jean-Claude Guédon, In Oldenburg's long shadow: librarians, research scientists, publishers, and the control of scientific publishing. Washington: Association for Research Library, 2001, p. 23, https://www.arl.org/wp-content/uploads/2001/12/in-oldenburgs-long-shadow.pdf.
3 Tra i numerosi contributi sull’argomento è interessante lo studio, frutto di un progetto di ricerca nazionale, confluito in Finanziamento, competizione ed accountability nel governo dell’Università, a cura di Giovanna Colombini e Marina D’Orsogna. Napoli: Editoriale scientifica, 2013; nei tre volumi che compongono l’opera vengono analizzati il sistema universitario italiano, le risorse economiche messe a disposizione degli atenei e la valutazione della ricerca e della didattica con un raffronto con il sistema francese. Si veda, inoltre, Antonio Banfi; Gianfranco Viesti, Il finanziamento delle università italiane (2008-2015). Una politica assai discutibile, «Scuola democratica: learning for democracy», 2 (2017), p. 299-318, DOI: 10.12828/87591.
4 Esiste una vasta letteratura in materia che sarebbe inopportuno riportare in questa sede. Per quanto riguarda la letteratura in lingua italiana ricordo la nota Bibliografia in lingua italiana. In Il Wiki-OA Italia, http://wikimedia.sp.unipi.it/index.php/OA_Italia/Bibliografia_in_lingua_italiana (settembre 2016; ultimo aggiornamento agosto 2017); utile inoltre, la pagina Wiki-OA Italia, http://wikimedia.sp.unipi.it/index.php/OA_Italia. Quasi tutti gli atenei sono dotati di pagine web contenenti informazioni sull’accesso aperto e, in generale, sulla scienza aperta; si vedano, per esempio, le  sezioni dell’Università degli studi di Milano, https://www.unimi.it/it/ricerca/dati-e-prodotti-della-ricerca/scienza-aperta e Open science @UniMi, https://openscience.unimi.it/, e dell’Università di Pisa Open access, https://www.unipi.it/index.php/open-science/itemlist/category/1480-open-access e Strumenti per la scienza aperta, https://www.unipi.it/index.php/open-science/item/14184-strumenti-per-la-scienza-aperta. Da segnalare, inoltre, il progetto OpenAIRE a supporto dello sviluppo dell’open access in Europa, https://www.openaire.eu/ e, in particolare, OpenAIRE graph, un knowledge graph che permette di ricercare i vari ‘oggetti’ che compongono il mondo della ricerca, quali autori, istituzioni, pubblicazioni, dataset, software, progetti, repository, https://graph.openaire.eu/.
5 Giovanni Solimine, Prefazione. In: Ernest Abadal, Open access: l’accesso aperto alla letteratura scientifica [con la collaborazione di Maria Teresa Miconi ed una prefazione di Giovanni Solimine]. Milano: Ledizioni, 2014 (edizione italiana aggiornata ed adattata di Ernest Abadal, Acceso abierto a la ciencia. Barcelona: UOC, 2012), p. ix, https://www.ledizioni.it/prodotto/ernest-abadal-open-access/.
6 Anche sulla scienza aperta è disponibile un’ampia letteratura scientifica; ci si limita a rimandare a Unesco, Open science outlook 1: status and trends around the world. Paris: Unesco, 2023, https://doi.org/10.54677/GIIC6829 e alle pagine del progetto  Openscience.it, https://open-science.it/home.
7 L’immagine e la relativa didascalia sono tratte da Unesco, Open science outlook 1 cit., p. 18.
8 Si vedano le informazioni presenti nella pagina della Commissione europea Open science: https://research-and-innovation.ec.europa.eu/strategy/strategy-2020-2024/our-digital-future/open-science_en#open-science-practices. Per i Principi FAIR, si veda Mark D. Wilkinson [et al.], The FAIR guiding principles for scientific data management and stewardship, «Scientific data», 3, 2016, https://doi.org/10.1038/sdata.2016.18.
9 Sulle pagine della Commissione europea, https://research-and-innovation.ec.europa.eu/strategy/strategy-2020-2024/our-digital-future/open-science/european-open-science-cloud-eosc_en.
10 Per maggiori informazioni sul programma, cfr. https://research-and-innovation.ec.europa.eu/funding/funding-opportunities/funding-programmes-and-open-calls/horizon-2020_en.
11 Si veda la pagina https://research-and-innovation.ec.europa.eu/funding/funding-opportunities/funding-programmes-and-open-calls/horizon-europe_en.
12 Conferenza dei rettori delle università italiane (CRUI), CARE Gruppo, https://risorselettroniche.crui.it/.
13 Cfr. le pagine web dell’Osservatorio contenenti l’indicazione dei componenti e altri dati: https://osa.crui.it/.
14 Si veda https://osa.crui.it/scheda-rilevazione-iniziative-open-science-negli-atenei-italiani/.
15 In questo paragrafo si riporta quasi integralmente parte di un report interno, prodotto per CARE da un gruppo di lavoro sui contratti trasformativi di cui ha fatto parte Tiziana Morocutti, la quale ha redatto i punti ripresi in questo articolo.
16 Il titolo del documento sottoscritto fra le parti è Accordo per l'adesione alle trattative di acquisto dei diritti di accesso non esclusivi di risorse elettroniche (riviste, banche dati, e-books) e dei relativi servizi integrati.
17 Nel testo si userà il termine generale ‘enti’ per indicare sia le università sia gli enti pubblici di ricerca.
18 Conferenza dei rettori delle università italiane (CRUI), CARE-gruppo, https://risorselettroniche.crui.it/care-gruppo/" target="_blank">https://risorselettroniche.crui.it/care-gruppo/.
19 Pinfield Stephen; Salter Jennifer; Bath Peter, The “total cost of publication” in a hybrid open-access environment: Institutional approaches to funding journal article-processing charges in combination with subscriptions,
«Journal of the Association for Information Science and Technology», 67 (2015), n. 7, p. 1751-1766, http://eprints.whiterose.ac.uk/81227/ .
20 European Commission, Commission recommendation of 25 April 2018 on access to and preservation of scientific information (C(2018) 2375 final), https://eur-lex.europa.eu/legal-content/EN/TXT/PDF/?uri=CELEX:32018H0790&from=HU. In particolare, si veda il punto 1, Open access to scientific publications: «Member States should ensure.. that… researchers, when entering into contractual agreements with scientific publishers, retain the necessary intellectual property rights, inter alia, to comply with the open access policy requirements. This concerns in particular self- archiving and re-use».
21 Oltre al read and publish - adottato nel contratto Springer e Wiley - esistono altri modelli commerciali nell’ambito dei contratti trasformativi. Fra i più diffusi c’è il modello off-setting, in cui costi per abbonamenti e costi per pubblicazioni non sono distinti nel prezzo fatturato (pertanto, in Italia, si applica l’aliquota IVA al 4% sull’intero importo) e, all’aumentare dell’investimento per gli abbonamenti aumenta lo sconto applicato agli APC, così come, di contro, all’aumentare degli APC diminuiscono i costi di sottoscrizione. Esempi di questo tipo di accordo sono i contratti con American Chemical Society, De Gruyter e Royal Society of Chemistry.
Uno strumento utile è costituito anche dalla ESAC Reference guide to transformative agreements, https://esac-initiative.org/about/transformative-agreements/reference-guide/ (sull’iniziativa ESAC cfr. la nota 26). Sui contratti trasformativi si veda anche il recente articolo di Enrico Dotti, Nello spirito di Budapest: open access e transformative agreements, «AIB studi», 63 (2023), n. 3, p., 523-531, DOI 10.2426/aibstudi-13982.
22 Contratto Cambridge University Press e IEEE, all’interno dei quali, peraltro, sono eleggibili anche le riviste OA Gold dell’editore. Si segnala anche il contratto IOP con possibilità di pubblicazione illimitata, in cui a differenza delle altre due non sono eleggibili le riviste gold.
23 cOAlition S, Accelerating the transition to full and immediate open access to scientific publications, 2018, p. 5, https://www.coalition-s.org/wp-content/uploads/PlanS_Principles_and_Implementation_310519.pdf" target="_blank">https://www.coalition-s.org/wp-content/uploads/PlanS_Principles_and_Implementation_310519.pdf.
24 L’ordine nell’elenco non è alfabetico ma cronologico, in base alla data di sottoscrizione della prima annualità
25 ESAC è una comunità istituita nel 2014 e coordinata dalla Max Planck Digital Library comprendente al suo interno professionisti delle biblioteche che discutono sui flussi di lavoro open access e sugli oneri amministrativi correlati alla gestione delle spese di elaborazione degli articoli ad accesso aperto; cfr. ESAC, Transformative agreement, https://esac-initiative.org/about/transformative-agreements/.
26 Laura Berni, Francesco Zucchini, Transformative agreements, publication venues and open access policies at the University of Milan, «Learned publishing», (2024), https://onlinelibrary.wiley.com/doi/epdf/10.1002/leap.1627.
27 cOAlition S, Accelerating the transition to full and immediate open access to scientific publications, https://www.coalition-s.org/wp-content/uploads/PlanS_Principles_and_Implementation_310519.pdf .
28 LERU, Accelerating the transition to full and immediate open access to scientific publications: LERU’s reaction to Plan S, 04/09/2018, https://www.leru.org/news/accelerating-the-transition-to-full-and-immediate-open-access-to-scientific-publications-lerus-reaction-to-plan-s.
29 cOAlition S, cOAlition S confirms the end of its financial support for open access publishing under transformative arrangements after 2024, 26/01/2023, https://www.coalition-s.org/coalition-s-confirms-the-end-of-its-financial-support-for-open-access-publishing-under-transformative-arrangements-after-2024.
30 Pablo de Castro [et al.], Galvanising the open access community: a study on the impact of Plan S. Zenodo, 15 October 2024, https://doi.org/10.5281/zenodo.13738479.
31 Ivi, p. 43.
32 Caitlin Bakker; Allison Langham-Putrow; Amy Riegelman, The impact of transformative agreements on publication patterns: an analysis based on agreements from the ESAC registry, «International journal of librarianship», 8 (2024), n. 4, p. 89, https://journal.calaijol.org/index.php/ijol/article/view/341/395.
33 Ralf Shimmer, How to make open access the natural choice for researchers, «Research Europe», 22/10/2015, p. 7, https://www.mpdl.mpg.de/images/documents/Nachrichten/schimmer_ResearchEurope.pdf.
34 L’immagine è tratta da Leigh-Ann Butler [et al.], The oligopoly’s shift to open access: How the big five academic publishers profit from article processing charges, «Quantitative science studies», 4 (2023), n. 4, p. 791, https://direct.mit.edu/qss/article/4/4/778/118070/The-oligopoly-s-shift-to-open-access-How-the-big.
35 I cosiddetti APC in-the-wild, cioè gli APC pagati dai singoli autori con fondi di ricerca esterni ai bilanci delle istituzioni a cui afferiscono. Un interessante whitepaper di Springer del 2020 rappresenta efficacemente la situazione: «existing funding for APCs […] is split across a complex range of funding sources and payment methods. Many of these remain difficult to monitor or track, with payments being made ‘in the wild’». Il testo    citato è tratto da Jessica Monaghan [et al.], 'APCs in the wild': could increased monitoring and consolidation of funding accelerate the transition to open access? Whitepaper, April 2020, p. 35, https://figshare.com/articles/journal_contribution/_APCs_in_the_Wild_Could_Increased_Monitoring_and_Consolidation_of_Funding_Accelerate_the_Transition_to_Open_Access_/11988123/4?file=22222131.
36 J. Monaghan, M. Lucraft, K. Allin, 'APCs in the Wild' cit.
37 Kira Brayman [et al.], A review of transitional agreements in the UK.  Zenodo, 2024, https://zenodo.org/records/10787392.    
38 In mancanza di dati nazionali, si porta a titolo puramente indicativo l’esempio dell’Università degli studi di Milano, dove nel 2019 la spesa per APC in riviste ibride - documentata in OpenAPC - era corrispondente a poco più dell’1 % della spesa complessiva per i contratti consortili di risorse elettroniche nello stesso anno.
39 Nino Grizzuti; Francesca Rossi, Contratti trasformativi. Una trasformazione continua. In: GenOA week  2022, Genova, 7-11 novembre 2022. Zenodo, 2022, https://zenodo.org/records/10203087.
40 Najko Jahn, How open are hybrid journals included in transformative agreements?, arXiv, 2024, p. 13,  https://doi.org/10.48550/arXiv.2402.18255.
41 Robert Kiley, Transformative journals: analysis from the 2023 reports, 28/06/2024,
https://www.coalition-s.org/blog/transformative-journals-analysis-from-the-2023-reports/.
42 Ángel Borrego, Article processing charges for open access journal publishing: a review, «Learned publishing», 36(2023), n. 3, https://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1002/leap.1558.
43 Leigh-Ann Butler [et al.], The oligopoly’s shift to open access: how the big five academic publishers profit from article processing charges, «Quantitative science studies», 4(2023), n. 4, https://direct.mit.edu/qss/article/4/4/778/118070/The-oligopoly-s-shift-to-open-access-How-the-big.
44 Fra i tanti studi sul tema, vogliamo ricordare i contributi di Gianfranco Pacchioni - fra cui Scienza, quo vadis? Tra passione intellettuale e mercato. Bologna: Il mulino, 2017 e The overproduction of truth: passion, competition, and integrity in modern science. Oxford: Oxford University Press, 2018 - che forniscono una testimonianza diretta e un’interpretazione convincente del fenomeno della proliferazione della produzione scientifica.
45 Nel marzo 2020 l’azienda britannica F1000, di proprietà di Vitek Tracz (fondatore di BioMed Central e ‘inventore’ degli APC) ha stipulato con la Commissione europea un contratto quadriennale del valore di 5,8 milioni di euro per la messa a punto e la gestione della nuova piattaforma di pubblicazione per la ricerca Open research Europe (si veda https://open-research-europe.ec.europa.eu/).
46 ANVUR nel 2023 ha stabilito che ORE non è una rivista di fascia A, né una rivista scientifica, in quanto non riconosce la revisione paritaria aperta. Si veda: Maria Chiara Pievatolo, La parola dell’ANVUR: Open research Europe e l’accordo europeo per la riforma della valutazione della ricerca, «Comunicati AISA», 04/08/2023, https://aisa.sp.unipi.it/la-parola-dellanvur-ore-e-laccordo-europeo-per-la-riforma-della-valutazione-della-ricerca
47 Università degli Studi di Milano-Bicocca, La scienza è un elemento fondamentale della nostra economia capitalistica. Intervista a Gianfranco Pacchioni, «Open Science @ UniMiB», 11/09/2023, https://openscience.unimib.it/2023/09/11/intervista-a-gianfranco-pacchioni/#:~:text=La%20scienza%20è%20il%20pilastro,aspettativa%20di%20crescita%20dell'economia.
48 K. Brayman [et al.], A review of transitional agreements in the UK, cit.
49 Con lettera del 04/11/2022.
50 CODAU, Linee guida per il monitoraggio omogeneo delle spese di pubblicazione in open access, 2022, https://agenda.infn.it/event/33537/contributions/185352/attachments/99536/138199/Linee%20guida%20APC.pdf.
51 Rimarrebbero comunque esclusi i costi, probabilmente non alti, di almeno una parte degli APC in-the-wild, laddove le rendicontazioni dei grant non consentono una classificazione dettagliata delle spese.
52 Si vedano le utili riflessioni nel volume Quale università dopo il PNRR? a cura di Marino Regini e Rebecca Ghio. Milano: Milano University Press, 2022. Significativa, in particolare, l’affermazione: «Questa è forse la debolezza maggiore contenuta nel PNRR relativa a università e ricerca, in quanto è aumentata considerevolmente la capacità di spesa del MUR senza che esso si sia dotato di adeguati strumenti di indirizzo e/o di valutazione della nuova ricerca che si va a finanziare» (ivi, p. 213).