Le religioni del libro di Franco Ferrarotti

Questo fascicolo di AIB Studi che vi apprestate a leggere e che affronta temi particolarmente cari alla rivista - il ruolo delle infrastrutture del libro, l'apprendimento come bene comune, le trasformazioni dell'ecosistema informativo e quindi il ruolo dei professionisti  - è dedicato al Prof. Franco Ferrarotti, nato a Palazzolo Vercellese il 7 aprile 1926 e mancato a Roma lo scorso 13 novembre, a quasi 98 anni.
Padre della sociologia italiana - gli  viene affidata la prima cattedra in Italia nel 1961 alla Sapienza di Roma -  restituisce dignità e prestigio a una disciplina che prima di lui era stata scarsamente considerata grazie a una capacità di pensiero e innovazione visionaria fuori dal comune e anche grazie all'intreccio di questa attitudine  con l'impegno civile.
Quella di Ferrarotti è una sociologia - qualitativa - che non poteva essere sganciata dalla realtà: essa doveva 'funzionare', doveva cioè essere uno strumento di comprensione e di trasformazione della società. La sociologia di Ferrarotti è radicale - inteso come 'che va alla radice delle cose' - è  critica, è vibrante e contaminata dal dialogo costante con altre discipline: dalla filosofia, all’antropologia, dalla storia alla psicologia. Il Professore credeva fermamente che la ricerca sociologica dovesse calarsi nella realtà con l'obiettivo di affrontare i problemi concreti delle persone. Gli studi sulla marginalità urbana, su Roma ne sono un esempio. Da qui anche la sua attenzione al servizio sociale.
Sociologia generale è stato il mio primo esame all'università e la lettura dei suoi libri - riconosco a distanza di tanti anni - è stata un imprinting. Anche la biblioteconomia nella mia personale visione dovrebbe vivere di quella stessa tensione espressa dal Professore: una disciplina vibrante capace di guidare le biblioteche, valorizzando fortemente il loro ruolo strumentale allo sviluppo umano, tra impegno civile e azione sociale.
A proposito del suo impegno civile, non è un caso che tra il 1958 e il 1963, deputato alla Camera, sostenne progetti di legge innovativi e cercò di avvicinare la sociologia alle questioni politiche per esempio valorizzando molto la figura del social worker, espressione che preferiva a 'assistente sociale'. Ci teneva molto a ricordare questo suo impegno.
Me lo ha raccontato più volte nelle numerose conversazioni che abbiamo avuto nel suo studio romano di Viale Trieste dal 2020 fino a poche settimane prima della sua morte, durante un percorso di studi e ricerche per me molto intenso sulla straordinaria figura di Adriano Olivetti nel quale ho avuto il privilegio di averlo al mio fianco e che ha portato alla pubblicazione del mio Il problema del tempo umano. Le biblioteche di Adriano Olivetti: storia di una idea rivoluzionaria (Edizioni di Comunità, 2024). La prefazione del Prof. Ferrarotti è stata un dono.
Le montagne di libri che ricoprono letteralmente ogni angolo del suo studio, la sua incredibile biblioteca di libri letti e di libri scritti testimoniano la sua fede nell'oggetto libro e anche le sue preoccupazioni per una concezione puramente 'contabile' della vita in cui l'innovazione tecnologica ha un ruolo spesso conflittuale rispetto all'idea della cultura come progetto di vita, incapace di garantire il rispetto per le condizioni indispensabili all’equilibrio umano e della comunità (gli ultimi saggi usciti per Solfanelli lo testimoniano, penso a La comunità nucleo vivo del sociale; La socialità fredda; Un popolo di frenetici informatissimi idioti per esempio).
Anche questo lo univa ad Adriano Olivetti di cui era stato più di un collaboratore, un confidente e un amico, come con Cesare Pavese. Con Olivetti  ha condiviso quotidianamente dal 1948 fino al 1960, anno della morte di Adriano, riflessioni e visioni di futuro e con lui era stato candidato alle elezioni politiche del 1958 nel Movimento di Comunità, subentrando l’anno successivo ad Olivetti stesso, che aveva ottenuto un seggio alla Camera e che nel frattempo di era dimesso.
Non credo mi sia possibile trasferire nella scrittura di questo o qualsiasi altro testo il senso di gratitudine profonda che provo per l'intensità delle nostre conversazioni, per l'ispirazione che ogni dialogo con lui mi ha dato e per la fede cieca verso il libro e la lettura che mi ha trasferito in ogni momento e che hanno rafforzato la mia. Su questo ha scritto pagine memorabili. Vi invito a leggere per esempio Leggere, leggersi edito da Donzelli nel 1998 e sempre nello stesso anno Libri, lettori, società edito da Liguori.
A questa rivista regalò nel 2021 un editoriale dal titolo Le religioni del libro di Adriano Olivetti1. La religione del libro era anche la sua e per questo nelle nostre conversazioni quando parlavamo della diffusione capillare del libro che le biblioteche avrebbero potuto garantire nei suoi occhi vedevo accendersi un lampo. Ricordava che era proprio questo il senso intimo e profondo dell'esperienza fatta con i centri comunitari olivettiani che erano stati pensati proprio con la biblioteca come nucleo concettuale per favorire la partecipazione consapevole e responsabile di tutti, uo­mini e donne, al processo sociale e allo sviluppo di comunità. Soprattutto dei più giovani.
Da pochi giorni il Ministro Giuli ha annunciato il Piano Olivetti dedicato a supportare la lettura e le biblioteche con lo stanziamento di 30 milioni di euro a favore dell’acquisizione di libri per le biblioteche pubbliche italiane. Il Piano  sottolinea l’importanza di investire nelle biblioteche per contrastare l’isolamento, soprattutto tra i giovani e nelle aree meno centrali, ribadendo l’impegno del governo a destinare risorse per «rieducarci al piacere dell’intelligenza condivisa e della cultura come socialità».  Chissà cosa ne avrebbe pensato il Professore.
Per quanto mi riguarda a sentire questa notizia ho provato una grande emozione, sentendo risuonare temi a me carissimi, e subito mi è tornata in mente una riflessione di Franco Ferrarotti letta in chissà quale suo scritto, ripresa nelle nostre conversazioni più volte e inserita in esergo al mio libro come auspicio:

;«Le idee, pensate liberamente fino in fondo e vissute con coerenza, camminano adagio, ma camminano, e possono ancora aiutare a costruire pazientemente, dal basso, una nuova storia;».

Grazie Professore per queste idee e per questa libertà.

Chiara Faggiolani


1 Franco Ferrarotti, Le religioni del libro di Adriano Olivetti, «AIB Studi», 60 (2020), n. 3, DOI: 10.2426/aibstudi-12899