Recensioni

a cura di Desirée de Stefano e Federica Olivotto

Carlo Bianchini, Mauro Guerrini, Guida alla biblioteca e alla ricerca bibliografica. Milano: Editrice bibliografica, 2024. 408 p. (Biblioteconomia e scienza dell’informazione; 51). ISBN 9788893576048 (cartaceo); 9788893576413 (e-book: EPUB).

Il titolo del volume realizzato a quattro mani da Carlo Bianchini e Mauro Guerrini, con la collaborazione di Denise Biagiotti a cui si deve anche la curatela, è una dichiarazione affatto esplicita delle finalità di questa monografia. Al tempo stesso però lascia intendere la complessità sottostante l’intero lavoro, come chiunque abbia una qualche dimestichezza con l'ambito disciplinare o una pur minima esperienza nella ricerca scientifica può facilmente immaginare. Quella proposta nel testo è la mappa di un territorio estremamente mutevole ed eterogeneo, una sistematizzazione di un insieme di elementi che interagiscono continuamente tra loro in maniera non lineare. Altrimenti, non potrebbe essere dato che – per fare un esempio tra i diversi possibili e come ricordato dagli stessi autori – esistono ben trentasette tipologie di biblioteche diverse, ciascuna calata in un particolare contesto, e perciò parte sì di un ecosistema informativo globale ma al tempo stesso declinata in un suo specifico sottoinsieme, il tutto in una fitta rete di relazioni e intrecci.
Il risultato né banale né scontato raggiunto dagli autori è di chiarire senza semplificare, mostrando di volta in volta i collegamenti presenti e indicando la direzione per i possibili e numerosi approfondimenti. Non a caso, prendendo in considerazione il paratesto dell’opera, sia la prefazione di Paolo Liverani sia la postfazione di Alberto Salarelli – che incidentalmente rispondono ai casi citati in precedenza, rispettivamente dello studioso tout court e di quello di biblioteconomia – sottolineano entrambe questo aspetto. Inoltre, non considerando solo la componente più prettamente scientifica, la prefazione ricorda «la tensione etica e civica che fa da sostrato a tutta l’esposizione» (p.14) e di conseguenza la rilevanza a livello sociale e civile delle biblioteche; ciò viene evidenziato in maniera speculare anche nella postfazione – che per ovvi motivi si addentra maggiormente nelle questioni disciplinari e si rivolge principalmente agli studenti in quanto lettori ideali, ma non certo esclusivi della Guida – in quanto una conoscenza delle biblioteche permette di «interpretare al meglio il loro ruolo di cittadini informati, consapevoli, responsabili.» (p. 387). Tutto ciò dimostra la rilevanza del volume, che oltrepassa quindi i confini accademici per andare a toccare questioni oramai d’interesse collettivo e quotidiano, come la disinformazione e la conseguente e sempre crescente necessità dell’information literacy.
Soffermandosi ancora sul paratesto, la dimostrazione più immediata ed evidente della multidimensionalità dell’opera si ha esaminandone l’indice, che presenta dieci capitoli e quattro appendici. I primi occupano la porzione più consistente del volume (circa trecentocinquanta pagine delle poco più che quattrocento totali) e riguardano rispettivamente: l’universo e le risorse bibliografiche, le biblioteche nel loro rapporto con l’università e la società, la ricerca scientifica, la metodologia e gli strumenti dell'indagine bibliografica, le modalità di selezione, il reperimento delle risorse e le conclusioni. Le seconde vanno a declinare concretamente alcuni degli argomenti affrontati in precedenza, descrivendo la Biblioteca Luigi Crocetti, l’IFLA, l’AIB, la Dichiarazione di Berlino sull’open access e la carta dei servizi del Sistema bibliotecario di ateneo dell’Università degli studi di Firenze. Va da sé come, nonostante gli evidenti collegamenti e la progressione logica, l’argomento di ciascun capitolo sia un ambito di ricerca a sé stante, ma è qua che la competenza e l'esperienza degli autori entra in gioco, in quanto riescono a esprimerne l’essenza e, soprattutto, la rete di relazioni che lo compongono. Ad esempio il primo capitolo, come si è detto incentrato sull’universo bibliografico, inizia con una definizione del concetto di conoscenza registrata, per passare poi ad analizzare i termini ‘documento’ e ‘risorsa’, insieme al loro significato nei relativi contesti, il circuito del libro nelle sue varie componenti e, infine, le riviste scientifiche e gli indicatori bibliometrici, il tutto in maniera costantemente fluida e coerente, così come nel resto del libro.
Il capitolo centrale dell’opera può essere considerato il settimo: posizionato non a caso proprio a metà del volume e di circa una novantina di pagine, è intitolato Gli strumenti della ricerca bibliografica. Questa parte si può definire un vero e proprio compendio sull’evoluzione, e in molti casi rivoluzione, degli strumenti bibliografici, che ha portato dalle bibliografie e cataloghi cartacei fino al semantic web e ai linked open data, passando per gli OPAC, le banche dati testuali, le collezioni digitali, i motori di ricerca e i discovery tool. Ognuno di questi strumenti viene presentato in maniera essenziale, competente e rigorosa, con la giusta combinazione di componente tecnologica e funzionale e, soprattutto, tessendo quella rete di relazioni e riferimenti che rappresenta uno dei modi migliori, se non forse l’unico, per orientarsi nella complessità.
Per concludere, la Guida alla biblioteca e alla ricerca bibliografica è pensata per gli studenti di biblioteconomia (e non solo) i quali, vista la finalità didattica, beneficeranno di una fruizione lineare. Ciò però non esclude altre modalità di consultazione e, associate a queste, altri lettori, più addentro della disciplina, che potranno di volta in volta selezionare la parte di loro interesse, sicuri di trovare informazioni rilevanti e spunti di riflessione.

Federico Meschini
Università degli studi della Tuscia


Pamela Cabala, Simona Inserra, Edgar Mondragón [et al.], Formación en patrimonio bibliográfico y documental: el Proyecto CODICIS Erasmus+ en Latinoamérica (2021-2024). Piura: Universidad de Piura, 2024. 176 p.: ill. ISBN 9789974482601.

Tra i prodotti finali di una rilevante attività triennale di cooperazione intercontinentale nell’ambito dei beni librari e archivistici, che ha visto come protagoniste istituzioni universitarie di cinque diversi paesi, si segnala la pubblicazione Formación en patrimonio bibliográfico y documental. Il libro descrive la conduzione e gli esiti di un progetto denominato Codicis e finanziato dal programma di formazione Erasmus+, a cui hanno partecipato come destinatarie sei realtà accademiche latino-americane: per il Messico, l’Universidad Panamericana (Guadalajara) e la Benemérita Universidad autónoma de Puebla; per il Perù, l’Universidad católica de San Pablo (Arequipa) e l’Universidad de Piura; per la Bolivia, l’Universidad católica boliviana San Pablo (Tarija) e l’Universidad mayor de San Andrés (La Paz); e due realtà accademiche europee referenti per la conduzione dell’attività formativa, ossia l’Universitat de Barcelona per la Spagna, e l’Università di Catania per l’Italia. Ha inoltre rivestito un ruolo attivo nel project management di Codicis la società Incoma, con sede a Siviglia.
Il volume, edito dall’università peruviana di Piura, è articolato in sei saggi, ciascuno dei quali è seguito dai riferimenti bibliografici pertinenti allo specifico argomento trattato. Il primo contributo, Panorama de la formación profesional en el ámbito de la gestión y conservación del patrimonio bibliográfico y documental en Bolivia, México y Perú di Edgar Mondragón (Biblioteca histórica José Maria Lafragua, Puebla) si sofferma sulle fasi preliminari alle attività del progetto. Punto di partenza è stata la ricognizione dei bisogni formativi dei partecipanti, anche sulla base dello stato attuale dei programmi educativi esistenti nei tre paesi coinvolti (Bolivia, Messico, Perù), accertato mediante la somministrazione di appositi questionari. Dopo aver tracciato un breve cenno storico sulla formazione erogata nei tre paesi dal secondo dopoguerra in poi, Mondragón analizza e restituisce i dati ricavati dall’indagine preliminare, con grafici che evidenziano la dimensione complessiva dei patrimoni custoditi e il livello di formazione pregressa dei partecipanti, anche con riferimento a un rapporto tecnico (Diagnóstico de la situación archivística, documental y patrimonial) approntato per gli scopi di Codicis fin dal 2021.
Il secondo saggio, intitolato El programa formativo Codicis, si deve a tre autori: Pedro Rueda e Carina Rey (Università di Barcellona) e Simona Inserra (Università di Catania). Lo schema del corso era stato inizialmente progettato per realizzare in presenza una combinazione di erogazione di contenuti teorici e di attivazione di esperienze pratiche sul campo nell’ambito del trattamento fisico e della promozione informativa delle raccolte storiche. Ha poi subito una profonda ristrutturazione in conseguenza della pandemia da Covid 19, che ha condizionato fortemente le possibilità legate alla mobilità sia dei formatori che dei professionisti partecipanti; per tale ragione, alcuni dei primi interventi originariamente previsti nelle diverse sedi delle istituzioni partner sono stati sostituiti da sessioni online gestite in modalità sincrona. Nella progettazione grande enfasi è stata dedicata alla verifica della trasferibilità effettiva delle proposte formative (contenuti e soluzioni tecniche per la conservazione e la descrizione dei materiali bibliografici e archivistici). Il quadro metodologico è stato improntato alla formazione ‘a cascata’, dando priorità ai piani di docenza dei formatori europei per poi creare un gruppo di concertazione con i partner latinoamericani, fino a sviluppare le attività di trasferimento di conoscenza oggetto della formazione per i sessanta destinatari finali (dieci per ciascuna istituzione accademica), che hanno ricevuto una borsa di studio internazionale a copertura dei costi. Il modello di apprendimento è stato centrato sulle necessità concrete degli utenti, prevedendo al termine del percorso anche forme di autovalutazione dei partecipanti con riguardo al portfolio di competenze preventivato, articolato in competencias básicas, competencias generales e competencias específicas.
Nel terzo saggio, El curso de Formación de Formadores, nuovamente i barcellonesi Pedro Rueda e Carina Rey, con Victor Velezmoro e Pamela Cabala (Università di Piura), descrivono la struttura dei contenuti di Codicis destinati ai formatori. Il corso è stato erogato in tre moduli, ciascuno contraddistinto dalla compresenza di blocchi di contenuto e attività seminariali. Il primo (Principios y fundamentos de gestión) riguardava il quadro istituzionale e normativo di riferimento nelle regioni interessate, le attività di cooperazione, e le responsabilità dei professionisti nello sviluppo delle raccolte e nella gestione dei centros patrimoniales, sia sul versante etico che sul piano gestionale-organizzativo; il seminario consisteva in un’esposizione delle diverse politiche bibliotecarie nei paesi coinvolti a cura di María del Pilar Acha Albújar, Idalia García e Luis Oporto Ordoñez. Il secondo modulo (Principios de tratamiento documental e historia del libro) era focalizzato sulla storia del libro e della tipografia di antico regime (secoli XV-XIX), con un programma volto a fare conoscere la materialità dei libri antichi e l’identificazione dei suoi elementi caratteristici per poi offrire ai discenti i punti di riferimento corretti (attività di rilevazione, conoscenza e impiego di regole, standard, applicativi) da assumere nella rappresentazione e descrizione informativa degli oggetti bibliografici. Il terzo modulo (Fundamentos de tratamiento técnico de fondos documentales), infine, era incentrato sulle azioni positive di trattamento mirate alla conservazione preventiva delle collezioni, ai piani di digitalizzazione dei fondi librari e archivistici e alla valorizzazione e promozione del patrimonio; nel dicembre 2022 si è tenuto un seminario internazionale sulla conservazione preventiva nelle regioni latino-americane, a cura di Marie Vander Meeren (Messico), Simón Cuba Quispe (Bolivia), Nicolás Diaz Sánchez (Perù). Come complemento della formazione per moduli, le sessioni presenziali, durate alcune settimane in diverse sedi del progetto (Barcellona, Catania, Puebla, Arequipa, La Paz), hanno posto i partecipanti di fronte a materiali originali e casi di studio rilevanti in rapporto ai contesti storico-geografici. Diverse illustrazioni a colori raccontano le differenti fasi di svolgimento del corso, che ha trovato un momento particolarmente qualificante nella conferenza dal titolo Biblioteconomía, Historia del libro, Crítica textual. La movilidad y la materialidad de los textos, tenuta dal professore emerito del Collège de France Roger Chartier in occasione del Simposio internazionale Codicis Cooperación bibliotecaria en el ámbito patrimonial, svoltosi a Puebla, nella sala della Biblioteca històrica José Marìa Lafragua il 28 novembre 2023.
Il quarto contributo, scritto da Victor Velezmoro e dal titolo Motivaciones y percepciones de los participantes del Curso de Formación de Formadores Codicis: evaluación y resultados , approfondisce aspetti quali gli stimoli sul valore del patrimonio bibliografico e documentale e la sua preservazione per le generazioni future; l’importanza del meccanismo a catena che ha ispirato Codicis, in quanto preparare i formatori nelle loro sedi è il presupposto più importante per pianificare un’azione di lungo corso che possa intervenire con profondità nei diversi contesti locali; la metodologia didattica seguita, che ha previsto un’accurata analisi delle situazioni di partenza, disegnando un profilo ben preciso dei destinatari e, durante la fase di erogazione dei contenuti, sia a distanza che in presenza, un costante coinvolgimento dei partecipanti, anche con attività di gruppo (trabajo en pares); gli strumenti standard impiegati per la raccolta dei dati quantitativi (il modello Learner Satisfaction Survey, la scala di Likert, le tecniche di focus group).
Segue il quinto dei saggi, scritto da Cristina Vargas (Università di Piura), De los aprendizajes compartidos: diseño y perspectivas internacionales de los cursos de réplica de formación en conservación y difusión del patrimonio documental en Bolivia, México y Perú , in cui, partendo dai principi della raccomandazione Unesco del 2015 sulla preservazione e l’accesso al patrimonio documentario (compreso il patrimonio digitale), nel quadro internazionale di riferimento (Risoluzione di Sendai) sulla riduzione del rischio per il patrimonio ambientale e culturale e con riferimento all’Agenda ONU 2030, l’autrice sottolinea il valore delle reti di cooperazione per il rafforzamento delle competenze dei professionisti delle istituzioni culturali, soffermandosi sulla fattibilità di interventi di replica del corso per formatori allo scopo di ampliare la platea dei beneficiari, perfezionando altresì il processo di selezione dei partecipanti e le attività di mentoring.
Il sesto e ultimo contributo, dal titolo Diseminar el conocimiento: la gran apuesta del Proyecto Codicis) è affidato a Mercedes Salomón e si sofferma sull’importanza del sapere critico come presupposto fondamentale per attivare meccanismi efficaci di disseminazione della conoscenza. La scommessa di Codicis con le sei istituzioni di formazione superiore coinvolte è stata proprio quella di elevare il grado di consapevolezza sulle questioni in campo, che sono di natura giuridica e politica culturale tanto quanto di natura tecnica. Il cuore degli interventi formativi sul patrimonio culturale non può non basarsi su un ripensamento dei piani di sviluppo e promozione locali e nazionali. In tal senso, l’autrice descrive l’esperienza americana a partire dai cursos pilotos ispirati al modello Codicis con lo scopo di mostrare le migliori pratiche e le condizioni per la loro realizzazione a tutti i livelli e in ciascun contesto istituzionale e sociale.
A introduzione e conclusione del volume compaiono alcune considerazioni di Pamela Cabala, riassumibili nell’apprezzamento dell’opportunità offerta dal programma Erasmus+ per il rafforzamento dei centros patrimoniales in America Latina, con alcune osservazioni che guardano al futuro. L’offerta formativa non dovrà essere limitata alle grandi metropoli in ciascuna nazione a discapito dei centri periferici, dove si registrano le maggiori carenze tecnico-professionali; dovrà continuare ad adeguarsi ai tempi e anche alle circostanze (il pensiero va di nuovo alle ‘costrizioni verso il virtuale’ indotte dalla pandemia); dovrà tenere conto della necessaria conciliazione con i tempi del lavoro e della vita sociale e familiare dei destinatari, anche attraverso modalità di attuazione flessibili e replicabili; dovrà cercare di estendere il proprio raggio di azione, coinvolgendo strada facendo le migliori forze esistenti nelle istituzioni formative locali; dovrà incardinarsi sempre meglio nei programmi ufficiali delle università latino-americane per garantirne pieno riconoscimento, qualità, impatto, durabilità. Considerazioni che a seguito della lettura del libro facciamo nostre, sintetizzando gli auspici per il futuro delle attività di tutela e valorizzazione delle rilevanti raccolte bibliografiche e documentali di Perù, Messico e Bolivia con quanto sottolineato dagli stessi curatori nella quarta di copertina: «Ya la semilla está sembrada, es nuestro compromiso cuidarla».

Domenico Ciccarello
Università degli studi di Palermo 


Guardando oltre i confini: partire dalla tradizione per costruire il futuro delle biblioteche: studi e testimonianze per i 70 anni di Mauro Guerrini, a cura di Giovanni Bergamin e Tiziana Possemato. Roma: Associazione italiana biblioteche, 2023. 419 p. (Bibliotecari: professione storia cultura). ISBN: 9788878123786 (cartaceo); 9788878123809 (e-book: PDF).

Il campo scientifico, nella sua versione accademica, può essere letto da una specifica posizione sociale volta a intercettare la produzione di sapere che lo concerne al crocicchio dell’incontro tra la soggettività di un habitus e l’oggettività istituzionalizzata dell’ambito del conoscere in cui si muove. Pierre Bourdieu ipotizzava che vi fossero habitus disciplinari, comuni all’interno del campo di riferimento, per formazione scolastica o appartenenza generazionale, ma che ve ne fossero anche di specifici, ‘nuovi arrivati dotati di risorse nuove’ che irrompono come agenti innovatori atti a strutturare pratiche inedite in un campo già strutturato e istituzionalizzato. L’omaggio a Mauro Guerrini curato da Giovanni Bergamin e Tiziana Possemato Guardando oltre i confini può essere interpretato come la relazione tra un campo disciplinare nella sua parabola storica ed evolutiva e l’habitus di uno studioso particolarmente autorevole, come può essere il diretto destinatario dell’opera, che ha sicuramente innovato il sapere biblioteconomico operando proprio sulla rottura del confine invocato sin dal titolo.
Il libro è ampio e articolato e di certo non è possibile dare conto esaustivamente dei quaranta saggi che contiene, i quali sono già un indizio del fermento e della vitalità con cui Guerrini si è mosso nel campo di riferimento e che, come ogni forma di sapere, non ha carattere monolitico ma è aperto a sfaccettature plurime, come testimoniano i diversi argomenti trattati nel volume, di cui in questa sede non si può che restituire solo minime suggestioni.
La vita intellettuale della scienza è indubbiamente complessa, passibile di accordi e disaccordi, talvolta determinata dall’azione carismatica dei maestri (appellativo ricorrente con cui colleghe e colleghi si rivolgono al loro interlocutore privilegiato) attraverso la cui vita singolare è possibile andare verso i numerosi rivoli interpretativi di cui la vita plurale della biblioteconomia è soggetta. È con questa apertura di sguardi che la monografia si avvia, come ricorda Laura Ballestra nel suo saggio iniziale, che è un ricordo personale ma anche un ritratto della disciplina da lui percorsa: l’autrice menziona i diversi aspetti entro cui Guerrini si è mosso con postura critica e rigorosa, ovvero l’authority control, la metadatazione nell’era digitale, la storia dei bibliotecari. Il collega e maestro che Ballestra tratteggia è uomo profondamente impegnato nella trasmissione e disseminazione della materia, capace di «capire cosa è fondamentale e cosa è transeunte in una disciplina» (p. 11). Così, per ognuno degli ambiti di attenzione del biblioteconomo è possibile rinvenire almeno un saggio di precipuo interesse, di cui diversi in lingua inglese, preceduti da ricordi personali e affettivi, che rammentano quanto la conoscenza possa attuarsi secondo precise condizioni di possibilità che passano anche da elementi peculiari spiccatamente umani e che nel caso specifico si declinano secondo un’indole civile e politica che prende forma in quella tradizione ‘laica e progressista’ che Paola Castellucci evoca nel suo contributo, strettamente connessa all’impegno di Guerrini nel circuito internazionale dell’IFLA.
La visione plurale che il libro restituisce ripercorre tre grandi aree tematiche, tutte in una certa misura attraversate dallo sguardo di Guerrini: la prospettiva storica, quella rivolta al futuro nelle sue implicazioni digitali e i saggi che traghettano oltre gli steccati disciplinari per chi del confine apprezza soprattutto il suo attraversamento, restituendo un quadro composito di molti degli aspetti rilevanti che animano la disciplina. La conoscenza storica permette di affinare lo sguardo sul presente con profondità inusitata per interrogarsi verso chi e per cosa la lettura e la biblioteca devono rivolgersi: da questo punto di vista ripercorrere la genesi di figure storicamente rilevanti (come ad esempio Attilio Valecchi tratteggiato da Giovanni Di Domenico) ricorda l’ambivalenza di cui l’oggetto libro è affetto, nella sua carica emancipativa ma anche strumento di ‘egemonia/controllo’ come accadde nell’Italia fascista, per cui è importante conoscere il passato perché ignorarlo vuol dire ripeterlo, come ha costantemente sottolineato Alberto Petrucciani. Lo sguardo verso il futuro allerta invece della sua seduzione e del suo pericolo, sollecitando un atteggiamento interlocutorio che preservi il potere della conoscenza, con cui confrontarsi criticamente senza assumerne presunte verità oracolari, come ricorda Maurizio Lana mentre argomenta le implicazioni sul campo biblioteconomico dell’avvento dell’intelligenza artificiale. O ancora, sul confine della disciplina, è fondamentale impegnarsi in un esercizio di riflessività volto a intercettare il mutamento di paradigma che la investe: «il mondo cambia e abbiamo bisogno di uno sguardo nuovo per osservarlo» (p. 345) commenta Giovanni Solimine, ripercorrendo la parabola storica del sapere biblioteconomico a cui fa eco l’invito all’attraversamento delle frontiere dei campi scientifici di Maurizio Vivarelli, per ricavare dall’osservazione dei ‘contro-spazi delle biblioteche’ elementi utili che consentano di «muoversi con equilibrio e consapevolezza tra ordine e disordine, per orientarsi e navigare le incertezze della complessità in cui, che lo si desideri o meno, siamo comunque immersi» (p. 379).
Quelle ripercorse sono solo alcune delle innumerevoli suggestioni ricavabili da questo omaggio al ‘maestro’ Guerrini, che ha anche il pregio implicito di ricordare quanto nella biografia di una vita singola si possa rinvenire un certo spirito del tempo, le categorie di giudizio che lo hanno informato e i principi di classificazione che plasmano un campo scientifico, il quale è per sua natura soggetto al mutamento ed è proprio dei maestri e delle maestre saperne riconoscere la potenza, raccogliendo l’insegnamento della tradizione, non per arroccarsi entro le sue mura di cinta, ma per guardare oltre e aprirsi all’inarrestabile futuro all’orizzonte.

Michela Donatelli
Università degli studi Roma Tre


Le collezioni speciali: esperienze ed orizzonti: atti della giornata di studio promossa da Biblioteca nazionale centrale di Roma, Commissione nazionale AIB Biblioteche speciali, archivi e biblioteche d’autore AIB Sezione Lazio (Roma, 14 ottobre 2022), a cura di Lorenzo Baldacchini. Roma: Associazione italiana biblioteche, 2023. 100 p. ISBN 9788878123816 (cartaceo); 9788878123830 (e-book: PDF).

Il volume nato grazie all’impegno, all’iniziativa e alla cura di Lorenzo Baldacchini, riprende la giornata di studi tenutasi presso la Biblioteca nazionale centrale di Roma nell’ottobre 2022.
Le collezioni speciali da sempre rappresentano un elemento cui prestare particolare attenzione all’interno della gestione bibliotecaria. Per la loro unicità e per la maggiore cura richiesta nel loro trattamento, sono continua espressione di specifiche complessità e di una necessità di definire strategie ad hoc in termini di tutela e valorizzazione. Così caratterizzate, sono tuttavia soggette ad ambiguità. A tal proposito, dopo i saluti di Lucia Antonelli e una riflessione di Vittorio Ponzani, il volume si apre con una ricca e puntuale analisi di Baldacchini riguardante l’evoluzione del termine ‘collezione speciale’. Il curatore, a fronte di un notevole studio di fonti e di richiami a pregevoli collezioni bibliotecarie, evidenzia il percorso storico delle collezioni speciali ma anche la difficoltà nel restituirne una definizione esatta. Ciò nonostante riporta anche molteplici tentativi di designazione, tra cui l’aggiunta di ‘biblioteche speciali’ al nome della Commissione nazionale biblioteche speciali, archivi e biblioteche d’autore.
È proprio in seno alla Commissione che nasce questa giornata di studi e, grazie a Baldacchini, si apre il dibattito attraverso contributi che descrivono l’impatto che le collezioni speciali hanno nelle istituzioni bibliotecarie. La discussione, con esposizione anche di casi studio, inizia con Fiammetta Sabba che nel suo intervento espone il nuovo concetto di coinvolgimento della comunità verso i beni culturali proposto dalla Convenzione di Faro. Prima a beneficio esclusivo degli studiosi, i fondi librari e documentari si trasformano in spazi di condivisione per pubblici eterogenei che sono chiamati a contribuire attivamente alla gestione del patrimonio: è il tema del cultural public engagement che si fa spazio nella realtà culturale. Attraverso la Convenzione, dunque, cambia il paradigma e diventa fondamentale l’aiuto della comunità, proprio perché si riconosce il patrimonio come bene collettivo. Lo stesso assunto lo si può ritrovare anche nel contributo di Chiara De Vecchis e Francesca Ghersetti: centrale è la riflessione sul ruolo che la public history – disciplina recente ma con basi già consolidate nel favorire lo scambio tra pubblici e la cooperazione con i professionisti di settore – assume sempre più sul piano della sensibilizzazione del contesto culturale, in particolare di quello bibliotecario e delle sue collezioni.
Seguono interventi che pongono l’attenzione su collezioni speciali di particolare rilievo e sul ruolo che rivestono all’interno delle biblioteche: mentre María Luisa López-Vidriero Abelló attraverso una ricostruzione storica racconta delle edizioni bodoniane contenute all’interno della biblioteca reale privata dell’Infante Antonio Pascual di Borbone, Mattea Gazzola accompagna i lettori in un viaggio attraverso le collezioni speciali della Biblioteca civica Bertoliana, descrivendone anche le metodologie di lavoro. Interessante è l’attenzione di Gazzola nel ricordare quanto siano rilevanti le influenze storiche che talvolta caratterizzano le acquisizioni documentarie.
Chiude il volume il contributo di Eleonora Cardinale, che tratta di un significativo intervento di acquisizione, conservazione e valorizzazione di collezione speciale della Nazionale di Roma. In accordo con la sua vocazione per la letteratura contemporanea novecentesca nasce infatti la Sala Italo Calvino, che raccoglie non solo la biblioteca e le carte dello scrittore ma anche oggetti, arredi e tutto ciò che permette la ricostruzione del suo laboratorio di scrittura: un esempio straordinario di narrazione di fondo d’autore.
L’idea che emerge dal volume è dunque che le collezioni speciali sono realtà difficili da inquadrare sulla base di una definizione rigida, priva di ambiguità. Come sottolineato da Baldacchini già nel suo intervento introduttivo, è vero che il termine ‘speciale’ si contrappone a ‘generale’, però allo stesso tempo termini come 'raccolta', 'fondo' e 'collezione' vengono spesso usati come sinonimi. È necessario testimoniare la sorprendente ricchezza delle collezioni speciali, ma ancor più evidenziare il lavoro già fatto e ancora da fare, grazie anche a giornate di studi come quella che questo volume restituisce. 

Serena Fornito
Roma


Laura Manzoni, Web semantico. Roma: Associazione italiana biblioteche, 2023. 68 p.: ill. (ET: Enciclopedia tascabile; 50). ISBN 9788878123663 (cartaceo); 9788878123687 (e-book: PDF).

Dopo un approfondimento sulla sua definizione, l’autrice esamina gli aspetti fondamentali del web semantico, ovvero che le risorse in esso pubblicate, insieme alle informazioni vere e proprie, prevedano anche dei metadati capaci di specificarne il significato (quindi la semantica) in maniera molto precisa. Tale struttura informativa consente agli agenti software di rispondere, attraverso funzionalità avanzate di ragionamento, a domande di elevata complessità poste dagli utenti. Per comprendere appieno questo meccanismo viene brevemente esposta la storia del world wide web, passandone in rassegna le fasi salienti, per poi analizzare nel dettaglio le tecnologie standard e gli specifici protocolli di trasmissione che contribuiscono alla realizzazione del progetto del web semantico.
Si passano dunque in rassegna i principi progettuali elaborati da Berners-Lee nella fase del concepimento dell’architettura del sistema; qui il testo fa uso di termini tecnici che possono non essere di immediata comprensione per un pubblico generalista. L’autrice si avvale della cosiddetta semantic web stack, un diagramma a gradoni la cui realizzazione grafica aiuta a comprendere meglio come gli elementi che si trovano rappresentati nello strato inferiore sorreggono le funzioni dello strato intermedio, che è quello maggiormente soggetto ad aggiornamenti, per giungere infine alle strutture «ancora in fase di sviluppo chiamate Unifying Logic, Proof e Trust, a partire dalle quali si potrà stabilire una collaborazione tra web semantico e intelligenza artificiale che consenta di perfezionare la ricerca di contenuti sul web» (p. 26). Gli elementi che rendono possibile questa struttura tecnologica sono gli URI (uniform resource identifier), già presenti agli albori del web in funzione di identificatori, che assumono nel contesto semantico il ruolo di descrittori costituendo il meccanismo di accesso primario alle risorse informative. Essi consentono, inoltre, un’importantissima funzionalità, fornendo i legami tra vocabolari differenti. È, infatti, possibile che due vocabolari definiscano con uno stesso termine concetti differenti e nominino lo stesso concetto con nomi differenti.
Ampio spazio è dato alla descrizione dei linguaggi di marcatura, tra tutti XML, riconosciuto per la sua adattabilità; ma è il modello RDF (resource description framework) che, attraverso l’utilizzo delle triple soggetto-predicato-oggetto, offre lo schema ottimale di rappresentazione della conoscenza.
Con le ontologie si giunge al punto focale del discorso sul web semantico: «le ontologie costituiscono il sostrato concettuale che lega termini e concetti adottati all’interno dei linguaggi di marcatura al fine di mostrarne le relazioni e farne emergere il significato» (p. 41). Vengono così descritte le ontologie cosiddette ‘pesanti’, che definiscono i concetti a livello generale, e quelle ‘di dominio’, che modellano specifici campi disciplinari e sono soggette a revisioni più frequenti.
Non può mancare il richiamo all’apertura dei dati, che non devono essere pubblicati utilizzando dei formati ‘chiusi’, cioè proprietari. I dati in formato ‘aperto’ e tra loro collegati sono chiamati linked open data e sono rappresentati graficamente come una nuvola di migliaia di dataset e decine di migliaia di collegamenti in continuo aumento.
Infine, ciò che è forse più importante, il volume offre un’ampia casistica di progetti di LOD (linking open data) in ambito bibliotecario, sia stranieri che italiani, che applicano i principi del web semantico all’interno dei propri cataloghi bibliografici. Si tratta di una breve ma esaustiva trattazione del tema, che fa inevitabilmente uso di molti tecnicismi, per padroneggiare i quali però il lettore troverà a disposizione un’aggiornata bibliografia di riferimento.

Emiliano Favata
Università degli studi di Palermo 


Luciana Arcuri, Stefania Murari. Biblioteche in carcere dall'esperienza romana un modello avanzato. Milano: Editrice bibliografica, 2023. 216 p. (Piccola biblioteca bibliografica; 3). ISBN 9788893575942 (cartaceo); 9788893576260 (e-book: EPUB).

Il volume, che ripercorre l’esperienza ventennale del servizio Biblioteche in carcere di Roma Capitale, fondato, alla fine degli anni Novanta grazie ad un accordo tra il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (DAP) e l’Istituzione biblioteche di Roma, si apre con i ringraziamenti ai colleghi che hanno lavorato alla costruzione delle biblioteche in carcere e a Igino Poggiali e Maurizio Caminito per avere voluto la Convenzione tra Roma Capitale e il DAP.
La prefazione di Miguel Gotor (allora assessore alla Cultura di Roma) regala uno scorcio sull’azione della società civile in carcere mettendo in evidenza una delle qualità richieste a coloro che vi operano: l’adattabilità. Gotor riferisce, infatti, di come la sua prima esperienza pensata come un incontro in cui parlare di Aldo Moro sia stata trasformata, dal desiderio dei partecipanti di confrontarsi con qualcuno del mondo di fuori, in una delle lezioni più disordinate della sua vita, ma anche una di quelle che ricorderà con maggiore passione.
La lunga carrellata che segue parte dal diritto alla lettura e giunge fino all’ipotesi di una nuova professione, attraverso un primo bilancio del Progetto Biblioteche in carcere di Roma. Bilancio che offre allo sguardo attento il risultato in termini di impatto, ovvero di cambiamenti prodotti dal servizio sulla comunità. L’accordo, che assicura la presenza quasi quotidiana dei bibliotecari nei luoghi di detenzione testimoniando un’attenzione istituzionale percepita dai detenuti come un ponte con il territorio, fonda sulla convinzione che le carceri siano parte del tessuto cittadino su cui misurare la nostra civiltà.
Le autrici collocano il tema delle biblioteche in carcere nella riflessione più ampia che riguarda le biblioteche di pubblica lettura e che va interpretato a partire dalla normativa e dalle indicazioni presenti a riguardo. La narrazione si dipana lungo un percorso che incrocia le IFLA Guidelines for Library Services to Prisoners con il sistema carcerario italiano che, come illustrato nel capitolo dedicato alle biblioteche negli istituti penitenziari, ne rende obbligatoria la presenza. La Legge 26 luglio 1975, n. 354 – raccogliendo le indicazioni dell’art. 27 della Costituzione italiana in merito alla funzione rieducativa della pena – permette infatti ai detenuti di avvalersi dell’istruzione, del lavoro, della religione, delle attività culturali, ecc., agevolando opportuni contatti con il mondo esterno.
La necessità di istituire apposite intese con biblioteche del territorio viene ancora menzionata nel D.P.R. 30 giugno 2000, n. 230, che introduce due importanti novità: l’allestimento di apposite sale lettura e l’inserimento della figura dello ‘scrivano’ regolarmente retribuito.
La riflessione sul diritto di leggere si chiude con una mappatura delle biblioteche in carcere in Italia e sulla storia del Servizio biblioteche in carcere a Roma.
L’organizzazione, lo sviluppo delle collezioni, l’analisi dei risultati del servizio di prestito e infine le proposte culturali in biblioteca trovano spazio nella parte della pubblicazione espressamente dedicata al resoconto delle attività svolte nelle Biblioteche in carcere di Roma. Le autrici, che narrano il carcere e i detenuti attraverso la prospettiva della biblioteca come luogo di incontro e di crescita culturale, rappresentano le difficoltà incontrate nell’organizzazione e gestione del servizio. Difficoltà superabili e superate con la sensibilizzazione e il coinvolgimento dell’intera struttura: direttori, agenti, psicologi, educatori, insegnanti e volontari.
Il volume si chiude con un’ampia parte dedicata alla figura del bibliotecario in carcere colma di suggestioni sulla necessità di abbandonare i pregiudizi per privilegiare l’ascolto nella costruzione dei rapporti, lasciando intendere come in un’istituzione totale quale è il carcere, il possesso di competenze e abilità trasversali – le cosiddette soft-skill – sia quanto mai necessario. 

Francesca Cadeddu
Biblioteca “Sebastiano Satta” - Nuoro per la Cooperativa per i servizi bibliotecari


Cristina Lavinio, Comunicazione e linguaggi disciplinari: per un'educazione linguistica trasversale. Nuova ed. Roma: Carocci, 2022. 299 p.: ill.; (Studi Superiori; 1322). ISBN 9788829014729.

Nel volume di Cristina Lavinio aggiornato nella sua nuova edizione l’autrice ribadisce la trasversalità dei processi educativi e, sulla base delle Indicazioni nazionali e nuovi scenari del 2018 (documento in cui il Ministero dell’Istruzione, dell’università e della ricerca sottolinea la necessità di una didattica interdisciplinare), chiarisce le motivazioni all’origine della didattica orientativa avviata nell’anno scolastico appena trascorso.
Lavinio pone al centro il soggetto che apprende, con i suoi interessi e fabbisogni educativi, e il testo come oggetto di studio, inteso come prodotto e come produzione, la cui centralità è il messaggio. L’eterogeneità dei linguaggi, invece, è il presupposto dell’apprendimento, raggiunto con metodologie e strategie comunicative. L’attività didattica non trasmissiva comporta dunque la valutazione dei bisogni, delle risorse e degli strumenti (compresi quelli dell’editoria scolastica); il docente compie un’operazione di information literacy, ma in una prospettiva altra, quella orientante e di accompagnamento all’auto-orientamento.
Il nucleo fondativo dello studio risiede nella modalità del funzionamento del linguaggio, sintetizza la storia dell’italiano indicando come esso, attraverso canali differenti, contribuisca all’acquisizione di competenze di cittadinanza. L’educazione, quale processo dinamico, traccia il percorso personale e contribuisce a quello della comunità. L’autrice connette a una interpretazione costruttivista del sapere una visione immedesimativa/immersiva, assegnando valore formativo alla ricorsività degli atti linguistici. Il libro si propone dunque come un manuale di linguistica educativa ed è rivolto a tutti i docenti, compresi quelli delle aree scientifico-tecniche, e, in un orizzonte interdisciplinare e interculturale, offre indicazioni a quanti si avvicinano alla scuola dovendo acquisire competenze trasversali: presupposto di tale impostazione risiede nel riassegnare al linguaggio verbale la centralità nella valutazione degli apprendimenti. La didattica learned centered agevola, dunque, l’auto-orientamento e include lo sviluppo dei mainframe cognitivi e metacognitivi nei quali si avviano esperienze e performance educative. L’istanza pedagogica di apprendimento e auto-orientamento si fonda dunque sul linguaggio inteso come processo di educazione linguistica. La scuola come agenzia educativa di riferimento valuta per il soggetto che si forma, in una prospettiva lifelong learning
È recente la pubblicazione del Manifesto della lettura sostenibile dell’Osservatorio biblioteche e sviluppo sostenibile dell’AIB, per il quale la lettura è un diritto della persona e della società. In questo orizzonte vale la pena accennare al progetto #Ioleggoperché che coinvolge la comunità scolastica nella promozione della lettura e che in alcuni istituti è incluso nell’ambito dei Percorsi per le competenze trasversali e per l'orientamento (PTCO). Si tratta di esempi della prossimità delle due agenzie educative, aspetto che non sfugge all’autrice quando afferma che la maturazione linguistica coinvolge tutte le discipline, agendo sull’immaginario narrativo.
Il volume, in nove capitoli, è un itinerario argomentato in due sezioni: la prima di carattere teorico, più corposa, sui linguaggi e le tipologie testuali (i capitoli sulla lingua italiana e sulla seconda lingua comunitaria sono di formazione di base per tutti i docenti). Nel primo capitolo è individuata nell'acquisizione delle competenze linguistiche la finalità della scuola, richiamando ricerche iniziate negli anni Settanta e riconosciute nelle Indicazioni nazionali. I due capitoli successivi sono correlati: una sintesi delle teorie linguistiche (il secondo) è il piano teorico delle intenzioni comunicative dell’apprendimento, dalle quali non è escluso il quadro di riferimento DigiComptEdu e la metodologia Content and Language Integrated Learning (CLIL). Il quinto capitolo è animato da due polarità: oralità e parlato distinguono la funzione della comunicazione verbale all’interno del medesimo contesto; parlato e scritto individuano l’ambito della scrittura quale sede del significato e della funzione delle parole (si veda il Grande dizionario italiano dell'uso, o GRADIT, e la sua versione digitale a cui ha collaborato Tullio de Mauro), della riflessione sulla grammatica di contesto (sesto capitolo) e della tassonomia non classificatoria dei testi del settimo (capitolo). 
Nella seconda sezione Lavinio sostiene le metodologie del parlato, dell’ascolto e dello scritto, a cui ogni docente dovrebbe prestare attenzione per valutare gli apprendimenti. Nell’ottavo capitolo, dedicato all’interazione verbale, sono sostenute le metodologie learned centered, mentre nel successivo, sulla scrittura, l’elaborazione scritta è metodologia di apprendimento, compresi gli appunti per i quali è rivendicata una funzione testuale. Chiosano le argomentazioni dell’autrice, un’introduzione, un’ampia bibliografia e un indice analitico che conferiscono al volume coerenza interna.

Antonella Costanzo
Liceo statale “Sandro Pertini”, Genova


Biblioteche, lettura, intelligenza artificiale: struttura e contesto del progetto Reading(&)Machine, a cura di Fabrizio Lamberti, Marco Mellia, Maurizio Vivarelli. Milano: Editrice bibliografica, 2024. 277 p.: ill. (Biblioteconomia e scienza dell'informazione; 52). ISBN 9788893576062 (cartaceo); 9788893576406 (e-book: EPUB).

Il volume curato da Fabrizio Lamberti, Marco Mellia e Maurizio Vivarelli e pubblicato nella collana Biblioteconomia e scienza dell’informazione si presenta, così come dichiarato nell’introduzione, come un «resoconto critico di un progetto, Reading(&)Machine (R(&)M)» (p. 9). Prima di giungere al punto focale della testimonianza del progetto, gli autori conducono un’analisi preliminare sullo stato dell’esperienza di lettura, sullo spazio delle biblioteche, sugli strumenti digitali innovativi e sull’intelligenza artificiale.
Il volume si articola in due sezioni, intitolate rispettivamente Biblioteche, lettura, intelligenza artificiale e Reading(&)Machine.
La prima sezione, composta da tre capitoli, è aperta dal testo di Maurizio Vivarelli che, dopo un breve excursus sul termine ‘leggere’, si concentra sulla promozione della lettura e sui suoi effetti «nell’esperienza soggettiva dei singoli e nelle dinamiche relazionali e sociali» (p. 29). Si passa poi allo spazio della biblioteca pubblica definendone gli ambienti e le parti «ibride, umane e non umane» (p. 44) e soffermandosi sugli strumenti digitali che li caratterizzano. Il secondo capitolo è diviso in tre paragrafi scritti rispettivamente da Maurizio Lana, Sara Dinotola e Antonio Santangelo, con la collaborazione di Gloria Lanzi: vi viene introdotto e affrontato il tema del rapporto delle biblioteche con l’intelligenza artificiale, indagando i possibili percorsi di questa ‘cooperazione’, tra i quali la valorizzazione del posseduto documentario e il ruolo della ‘serendipità’ nella scoperta di nuove letture da parte dell’utente, proprio come avviene nel progetto Reading(&)Machine. Conclude questa prima parte un capitolo di Federico Cesareo dedicato alla biblioteca ibrida, che tratta la realizzazione di ambienti digitali inseriti in uno spazio architettonico, in particolar modo in quello della biblioteca, sottolineando la «necessità da parte delle istituzioni di riconsiderare […] i propri spazi fisici in funzione delle nuove tecnologie digitali» (p. 131) e proponendo alcune strategie di progettazione. La seconda sezione si compone invece di tre capitoli specificatamente dedicati al progetto Reading(&)Machine. Nel primo Federico De Lorenzis, Fabrizio Lamberti e Alessandro Visconti, si soffermano sulle particolarità che un ambiente immersivo deve avere per poter fornire l’accesso a R(&)M e dar vita a un metaverso delle biblioteche che si presenti come «un ambiente aperto e condiviso accessibile» (p. 179); ciò è possibile grazie a tecnologie come la realtà virtuale, la realtà aumentata e i social network. Dopo questa introduzione, nel secondo capitolo Greta Vallero, Luca Vassio e Marco Mellia approfondiscono l’analisi del progetto R(&)M come sistema utile per affrontare «la sfida del sovraccarico di scelta» (p. 220) con l’obiettivo di migliorare l’accesso alle risorse, aumentare la soddisfazione degli utenti e promuovere la lettura. L’ultimo capitolo si compone di due paragrafi. Il primo di Cecilia Cognigni si sofferma sull’applicazione del progetto nelle biblioteche civiche, in particolare quelle di Torino, e analizza la realizzazione del prototipo e la sua configurazione al fine di ottenere un potenziamento dei servizi delle biblioteche civiche anche in prospettiva della nuova Biblioteca centrale di Torino; nel secondo, scritto da Sara Dinotola e Anna Maria Marras, si presentano invece i risultati e i dati raccolti tramite la valutazione degli utenti che hanno sperimentato l’uso del prototipo Reading(&)Machine applicato alle biblioteche civiche di Torino.
Come riportato nelle conclusioni, il prototipo R(&)M rappresenta una prospettiva rivoluzionaria delle biblioteche, oggi non più solamente spazio fisico ma anche spazio virtuale e digitale. Le biblioteche sono dunque protagoniste di un trasformazione digitale in corso, che condurrà presto a far diventare il Reading(&)Machine un servizio e non solo un prototipo.

Antonio Sambiase
Biblioteca di area umanistica “Giorgio Petrocchi”, Università Roma Tre


The Book Fool Bunch, Carla Ghisalberti, Guida tascabile per maniaci dei libri per ragazzi. Firenze: Clichy, 2023. 611 p. (Beaubourg). ISBN 9791255510086 (cartaceo); 9791255510765 (e-book: EPUB).

Carla Ghisalberti, esperta di letteratura per l’infanzia, ideatrice e autrice del blog Lettura candita, si rivolge qui a un pubblico che definisce di ‘pescatori di libri’, quei ‘maniaci di libri per ragazzi’ menzionati nel titolo a cui attribuisce l’inevitabile e prezioso compito di ‘pescatori di futuri lettori’. Sapientemente seleziona e scheda per loro centinaia di libri per l’infanzia, con l’aiuto di Book Fools Bunch, pseudonimo collettivo di un gruppo di esperti nel campo dell’editoria che si occupano di promozione della lettura.
Ciò che colpisce subito è la scelta soggettiva della selezione: l’autrice ha saputo creare un’opera enciclopedica che non sta nei limiti impersonali delle esigenze classificatorie ma si struttura e organizza in base a criteri propri, giustamente dichiarati e non taciuti. 
Ghisalberti inizia con i 101 libri necessari per crescere e dà spazio tra questi ai suoi preferiti, dividendoli tra quelli per ‘lettori in germoglio’ e per ‘lettori che hanno già messo radici’, ordinando ciascuna parte per data di uscita editoriale, così che la piacevolissima lettura delle schede, essenziali e significative, diventa anche un percorso attraverso la storia recente (e meno recente) della letteratura per l’infanzia. Procede poi con i classici, e non solo quelli del passato ma anche i contemporanei e persino quelli futuri, quei libri cioè che «la critica, il successo del pubblico e l’esperienza personale hanno in qualche misura affidato al futuro» (p. 63).
Prosegue la sua rassegna con Gli imperdibili, suddivisi per fasce d’età, gli illustrati (definiti ‘penne’ e ‘matite’), i libri caratterizzati per il Cosa (ciò che un libro può contenere), come miti, fumetti, divulgazione, ecc., e per il Come (le forme che possono prendere i libri). Molto interessante anche la lunga serie di titoli sotto la categoria Le questioni, eccellente termine scelto invece di ‘temi’, per porre l’accento su una classificazione per argomenti che non crei false illusioni di trovare risposte o rimedi – come chiarito anche nell’introduzione – ma che evidenzi domande e contraddizioni che possono sorgere. Troviamo così: ‘Nascere e morire’, ‘In dentro e fuori’, ‘Tutto o niente’ e altri, prova anche questa del personalissimo criterio e della volontà di renderlo sia comprensibile che accattivante.
Completano l’opera alcune interviste con le editrici e gli editori di questo settore, con le medesime domande poste a ciascuno, leggere ed essenziali, tali da delineare con garbo e anche ironia i tratti salienti di progetto, linea e scelte editoriali, storia e gusto.
Chiude il volume l’ampissima bibliografia che elenca tutti i titoli citati, compresi i ‘fuori catalogo’ per i quali il titolo è leggibile ma cancellato. Il non tener conto soltanto del valore delle opere ma anche della loro disponibilità in commercio è molto utile e conferma l’attenzione dell’autrice e la sua competenza nell’instabile mercato editoriale per l’infanzia.
Un’osservazione critica risulta però ineludibile, anche se non certo a carico dell’autrice, che non trascura di declinare anche al femminile la sua introduzione al volume. Adesso che l’asticella dell’attenzione verso il linguaggio inclusivo si è alzata, non si può infatti fare a meno di notare come nel libro, a partire dal titolo, imperi l’uso del maschile: ‘maniaci’, ‘editori’, ‘bambini’, ‘ragazzi’ evocando inevitabilmente l’immagine di un mondo popolato di maschi, laddove nella realtà sappiamo quanto le bambine siano lettrici forti e come nell’editoria indipendente italiana ci siano numerosissime figure femminili, importantissime guide creative e innovatrici. Solo tra le intervistate troviamo ben quarantatré donne a fronte di dodici uomini. Vero che la nostra lingua, priva di neutro, per includere anche il femminile non preveda altro che appesantimenti oppure il controverso uso di caratteri speciali o della dibattuta schwa, e capiamo quindi che il maschile diventi la scelta facile. Vogliamo però ricordare, almeno qui, che quella parola ‘maniaci’ rappresenta anche una quantità di ‘maniache’ che avranno più possibilità di pescare future lettrici che lettori. Gli ultimi dati Istat ci parlano di donne che leggono più degli uomini e di ragazze tra gli undici e quattordici anni che leggono di più in assoluto. Abbiamo dunque un popolo femminile che sovrasta quello maschile in numero, in qualità e continuità nel tempo di lettura. E noi, ‘maniache’, lo vediamo quotidianamente che sono tantissime le ragazze a venire in biblioteca e andare in libreria, regalandoci le loro impressioni di lettura e portandosi via pile di volumi: libri per ragazze e per ragazzi. Ce n’è di che riempire un altro catalogo: per maniache stavolta!

Antonella Lamberti
Firenze


Il fondo Amelia Rosselli dell'Università della Tuscia: saggi e apparati catalografici, a cura di Paolo Marini, Maria Giovanna Pontesilli, Laura Tavoloni. Firenze: Olschki, 2024. XXIII, 547 p. [8] carte di tav.: ill. (Biblioteca di bibliografia; 221). ISBN 9788822269331.

Cosa è una biblioteca se non un sommarsi di emozioni, un intersecarsi di fili che si dipanano dalla matassa dei sentimenti? Cosa è una biblioteca se non la testimonianza di un dialogo incessante che si instaura con i libri che la compongono? Cosa è una biblioteca se non una parte della vita interiore e creativa di chi l’ha pazientemente raccolta e conservata nel corso di tanti anni? Ne è una evidente testimonianza questo bel volume, che a partire dai libri appartenuti ad Amelia Rosselli e conservati nel fondo a lei intitolato presso la Biblioteca del Polo umanistico-sociale dell’Università degli studi della Tuscia, raccoglie i contributi di una serie di studiosi che hanno ripercorso alcune delle tematiche e delle possibili fonti d'ispirazione di una personalità poetica multiforme. Nello scritto introduttivo del volume, Paolo Marini, che assieme a due valenti bibliotecarie quali Maria Giovanna Pontesilli e Laura Tavoloni ne ha curato la pubblicazione, traccia la storia del fondo e dà conto della struttura del volume, che nasce dalla volontà non solo di presentarne il catalogo, ma di far scaturire dal lavoro di sistemazione della raccolta bibliografica delle possibili vie di indagine dell’attività di Amelia Rosselli. Per questo ai ricordi ‘d’autore’ di Maria Clelia Cardona ed Elio Pecora che fanno da cornice all’introduzione di Marini, seguono quattordici saggi che si prefiggono lo scopo di indagare singoli aspetti dell’opera e del mondo culturale di cui Rosselli fece parte. Da Pasolini a Manganelli, da d’Annunzio a Saba, da Petrarca alla Neoavanguardia, con un’attenzione rivolta anche alla scienza e all’arte, ci si addentra tra gli scaffali della sua biblioteca, si sfogliano i suoi libri alla scoperta di possibili legami, di ispirazioni certe o probabili, di letture magari occasionali eppure capaci di suscitare la sua curiosità intellettuale. 
Se ne ricava un affresco dai colori vivaci, capace di mettere in luce la complessità di un’esistenza quale fu quella di Rosselli, vissuta sempre ‘in limine’, ‘sulla soglia’ – per mutuare una suggestione di Bachtin – come una sorta di personaggio dostoevskiano attraversato da dubbi e angosce, per la quale la poesia non rappresentò una via di fuga salvifica ma un ulteriore coacervo di incertezze ed esperienze dolorose. Va sottolineato come tutti i saggi presenti nel volume partano dal desiderio di dare voce alla poetessa, senza forzature, evitando libere interpretazioni, al contrario utilizzando un’indagine critica che vuole ricostruire – prendendo spunto proprio dalla ‘concretezza’ dei libri presenti nel fondo – dei percorsi di lettura che consentano di comprenderne meglio l’arte poetica e l’acume critico. Si tratta di saggi molti densi che ci aiutano anche a riflettere su dei dettagli, ma senza mai perdere di vista l’assunto generale: quello di riconoscere a Rosselli il posto che le spetta nell’ambito della poesia italiana del secondo Novecento. 
Ed è questo un valore aggiunto dell'opera e un volume e un merito che va riconosciuto senza dubbio ai curatori, che hanno saputo intessere, a partire dal lascito di questa intellettuale, la trama che da questi contributi porta alla seconda parte del libro costituita dagli apparati catalografici. Nello scritto introduttivo Marini dà conto dei criteri seguiti: non ci si è limitati alla sola descrizione, ma trattandosi di una ‘biblioteca d’autore’ si è voluto anche dare conto di eventuali elementi paratestuali presenti nei singoli volumi, fornendo una sorta di censimento dettagliato anche degli interventi di Rosselli o della presenza di documenti come appunti o altre carte conservate all’interno dei libri. Marini sottolinea come «non sfugge ovviamente il carattere illusorio o, al limite, solo tendenziale dello sforzo di riordino globale qui proposto» (p. XIII). Non potrebbe essere altrimenti, considerando la vita di Amelia Rosselli e l’inevitabile dispersione di alcuni testi a cui può essere stata soggetta la sua biblioteca, e visto che, come scrive Riccardo Deiana, «la biblioteca d’autore non è un universo autosufficiente, ma una cellula che è stata prelevata da un contesto più ampio, dinamico e vivo» (p. 249). Il che non fa che rendere ancora più meritoria ed esemplare l’operazione culturale di cui il volume – corredato anche da tavole e utilissimi indici – è testimonianza. Operazione che acquista ancora più valore ai nostri occhi perché è il frutto di un lavoro nato in seno al Centro di ateneo per le biblioteche dell’Università degli studi della Tuscia e, quindi, dalla fattiva collaborazione di docenti e bibliotecari. Una collaborazione che ci auguriamo possa proseguire anche in futuro, vista la recente donazione all’ateneo del fondo di Nullo Minissi e di Angela Giannitrapani, la quale peraltro, amica di Rosselli e docente a Viterbo, fu colei che molto si operò perché il lascito della poetessa venisse acquisito dall’università. Come è evidente anche grazie a questo volume, non si tratta soltanto di rendere disponibili dei libri che hanno una loro storia da raccontare, ma anche di onorare la memoria di personalità che hanno speso la loro esistenza al servizio dello studio e della cultura.

Gabriele Mazzitelli
Biblioteca Area biomedica “Paolo M. Fasella”, Università degli studi di Roma Tor Vergata

AIB studi, vol. 64 n. 2 (maggio/agosto 2024). DOI 10.2426/aibstudi-14118. ISSN: 2280-9112, E-ISSN: 2239-6152 - Copyright (c) 2024 Gli autori