di Ferruccio Diozzi
In tutto l'Occidente sviluppato l'attuale crisi sta mostrando sempre più i suoi effetti negativi. Gli indicatori economici e sociali e le vicende, a volte drammatiche, degli ultimi quattro anni allontanano l'economia capitalista dal modello della distruzione creatrice1, riducono fortemente i livelli della qualità della vita di centinaia di milioni di persone e ampliano a dismisura le diseguaglianze sociali2 . Nei paesi di più antico sviluppo gli elementi di maggiore criticità sono rappresentati da un'ulteriore avanzata della deindustrializzazione e da pesanti difficoltà nell'erogazione di attività terziarie proprie del welfare o, come la ricerca, funzionali alla crescita economica. In questo scenario sarebbe drammatico se si ripetesse l'errore compiuto tra gli anni Ottanta e i Novanta, quando, in luogo di nuovi assetti produttivi, dilagarono le attività finanziarie orientate al mero profitto privato. Occorre definire nuove cornici e nuove impostazioni gestionali che coniughino produzione di beni e di servizi, crescita e sostenibilità. Un settore importante, per certi versi paradigmatico, su cui lavorare è quello delle biblioteche e dei servizi di informazione e di documentazione. In questo caso, pur in presenza di forti effetti depressivi determinati dalla crisi, si ha a che fare comunque con l'informazione e le conoscenze, risorse fondamentali per qualsiasi tipo di sviluppo. Per poter impiegare al meglio tali risorse occorre:
Quest'articolo presenta alcune ipotesi praticabili sul breve e medio periodo, prendendo spunto dall'elaborazione della letteratura e dalle esperienze degli ultimi anni, esaminate nelle loro forze e nelle loro debolezze.
L'accesso all'informazione è un diritto primario per tutti i cittadini: è questo un punto di partenza riconosciuto universalmente nella società contemporanea, ma alla cui pratica attuazione si oppongono ostacoli numerosi e di diversa natura. Si tiene, per il momento, da parte l'aspetto politico globale di tale problematiche, avendo presente che in paesi come la Cina e la Russia sia praticamente assente la democrazia con tutto quel che ne consegue in termini di limitazione nel diritto all'informazione e alle conoscenze. Quindi, ci si concentra sugli strumenti più indicati nel garantire tale accesso in contesti in cui, pur tra crescenti difficoltà, la dialettica democratica presenta caratteristiche almeno accettabili. Ci si riferisce ai paesi dell'Unione Europea e agli Stati Uniti in cui una molteplicità di fonti e servizi contribuisce al pluralismo e a una società almeno parzialmente aperta. In questo scenario le biblioteche possono essere attori importanti: da decenni sono investite da domande a volte feroci sulla propria ragion d'essere e spesso, come un mantra, si è sentito pronunciare su di esse giudizi che mettono nel conto una loro definitiva uscita di scena. È il caso di una recente riflessione americana: «They are, in their very different ways, monuments of American civilization. The first is a building: a grand, beautiful Beaux-Arts structure of marble and stone occupying two blocks' worth of Fifth Avenue in midtown Manhattan. The second is a delicate concoction of metal, plastic, and glass, just four and a half inches long, barely a third of an inch thick, and weighing five ounces. The first is the Stephen A. Schwarzman Building, the main branch of the New York Public Library (NYPL). The second is an iPhone. Yet despite their obvious differences, for many people today they serve the same purpose: to read books. And in a development that even just thirty years ago would have seemed like the most absurd science fiction, there are now far more books available, far more quickly, on the iPhone than in the New York Public Library»3. Sono parole che fanno pensare al posizionamento delle biblioteche: perché è vero che queste, soprattutto nel contesto anglosassone, hanno operato per secoli per far leggere nel modo più efficace il cittadino. Perché è altrettanto vero che l'impatto delle tecnologie e di strumenti ad hoc per l'accesso all'informazione ha fatto sempre più parlare di inutilità delle biblioteche stesse o quanto meno della loro residualità, alimentando una sorta di spettro per la comunità professionale dei bibliotecari. Ci si riferisce alla disintermediazione, termine con il quale si è indicato il fenomeno per cui la capacità dell'utente di accedere direttamente alle fonti di informazione e di soddisfare i propri bisogni informativi negava la ragion d'essere di biblioteche e di servizi analoghi4. Le biblioteche e i bibliotecari possono giocare un ruolo nella società dell'informazione? Sì se, anche a partire da una completa padronanza delle tecnologie disponibili, da un lato rivendicano il proprio ruolo tradizionale; dall'altro dimostrano la propria versatilità coprendo nuovi campi di attività e coniugando vocazioni antiche e nuove. Naturalmente nulla è semplice: molti sistemi bibliotecari stentano a tenere il passo dell'innovazione; molte, troppe biblioteche lavorano isolate le une dalle altre, soprattutto in Italia, molto forte è l'attrazione determinata dagli strumenti, commerciali e non, derivati dalle tecnologie dell'informazione che tagliano loro l'erba sotto i piedi. In opposizione a questa tendenza, occorre enfatizzare le capacità delle biblioteche di rispondere ai bisogni informativi delle utenze e, nel contempo, valorizzare anche esperienze di tipo diverso, quali, ad esempio, l'accesso ad informazioni e a contenuti non librari, l'e-learning e la formazione in generale, le attività culturali che arricchiscono gli spazi del sociale. Questi tratti sono da anni presenti nella vita delle biblioteche e costituiscono oggetto di riflessione e di dibattito nella comunità professionale: molte volte sono stati introdotti in maniera disorganica, anche se alcune esperienze particolarmente innovative si sono realizzate proprio sulla base di uno o più di essi. Occorre sistematizzare le nuove attribuzioni, non per astratto spirito di sistema quanto per sviluppare la capacità di risposta al cambiamento offerta dalle strutture bibliotecarie. Naturalmente, per conseguire tale obiettivo è indispensabile avere professionisti consapevoli del proprio ruolo che sappiano impiegare al meglio le proprie competenze. È altresì importante che si sviluppino politiche che, a guida pubblica e con l'eventuale presenza di contributi privati, assicurino investimenti mirati alla crescita delle strutture. Intrecciandosi con gli assetti tradizionali, i tratti che si vogliono esaminare in questo articolo portano a definire le biblioteche anche come:
Quello che segue è un primo tentativo di un'analisi di dettaglio.
Fenomeni innovativi quali i progetti di digitalizzazione massiccia, la nascita e l'affermarsi degli e-book stanno trasformando radicalmente le modalità di accesso all'informazione e il mercato editoriale. Le analisi e le previsioni dei decenni precedenti diventano elementi concreti e di forte impatto sui lettori e sugli utenti dei servizi di informazione. Per quanto riguarda le attività di digitalizzazione, queste hanno tenuto banco perlomeno dalla seconda metà degli anni Novanta, contribuendo radicalmente all'innovazione di biblioteche e di sistemi di biblioteche che ha comportato l'apertura di nuovi scenari nella fruizione dei materiali. La molteplicità delle esperienze, gli errori fatti, lo studio funzionale alla definizione di standard de facto, è rispecchiata in un'amplissima letteratura di cui in questo articolo si riportano, a titolo esemplificativo, solo alcuni esempi5 . Peraltro, le diverse esperienze praticate da sistemi di biblioteche e da altri attori nel campo della digitalizzazione stanno avendo, oggi, un ulteriore sviluppo e un ampio riscontro anche all'esterno del settore, con il progetto di Google Books6. Per quel che riguarda invece gli e-book non si parla solo degli strumenti hardware e dei relativi applicativi software che permettono l'accesso, l'acquisto, la lettura e l'archiviazione di una enorme quantità di testi, ma della nascita e dello sviluppo di un vero e proprio oggetto di lettura diverso rispetto alla tradizione, i cui confini, sia dal punto di vista tecnologico che da quello comportamentale, sono in continua evoluzione7. Questi fenomeni sono interni ed esterni alle biblioteche. Interni perché per molti versi le biblioteche rappresentano il loro territorio di elezione: i progetti di digitalizzazione, non solo quello di Google, si basano sulle grandi raccolte bibliotecarie; il libro elettronico è un logico sviluppo della biblioteca di transizione. In altre letture sono invece considerati fenomeni esterni alle biblioteche e visti come gli elementi caratteristici di un nuovo modo di accedere immediatamente all'informazione, quindi della disintermediazione, infine del superamento delle biblioteche stesse. In realtà, sulla base di almeno un paio di considerazioni, è possibile pensare che le biblioteche mantengano un ruolo centrale nell'accesso all'informazione. La prima, la più ovvia, riguarda la natura del confronto che, in queste analisi, intercorre tra un mondo assestato, quello delle biblioteche, e dei processi in divenire. Per quanto possano essere colpite dalle crisi economiche e dalle contrazioni o dai tagli di budget, per quanto gli investimenti pubblici siano sempre inferiori, per quanto attori privati di taglia significativa non si manifestino (almeno in Italia), le biblioteche occupano uno spazio fisico consolidato, noto, anche se in modo solo superfi ciale, a milioni di cittadini. Uno spazio fisico che è un insieme di oggetti e di persone, oggi reso più efficace dalle tecnologie dell'informazione e da approcci gestionali più moderni nei confronti dell'utenza. Da questo punto di vista è possibile parlare di una forza della biblioteca, soprattutto se messa a confronto con processi le cui difficoltà e il cui esito ultimo sono ancora tutti da decifrare. Non a caso, ancora Darnton, uno dei protagonisti dell'operazione Google Books dal lato delle biblioteche, nella sua qualità di direttore generale della biblioteca di Harvard, si preoccupa di sottolineare come un mondo di biblioteche o di non-biblioteche esclusivamente digitali sia ancora lontano: «Un mondo in cui libri e lettori sono nati digitali è un mondo in cui le biblioteche di ricerca non avranno più la necessità di tenere nei loro depositi enormi quantità di volumi contemporanei in forma cartacea. Ma per il momento quel mondo sembra in verità ancora lontano, e finché non avremo risolto tutta una serie di problemi, in primo luogo il problema della conservazione dei testi digitali, non potremo ridurre l'acquisto di monografie a stampa»8. La seconda considerazione va svolta a proposito di quello che i fenomeni quali la digitalizzazione o la comparsa degli e-book possono portare nell'arricchimento della vita delle biblioteche. È noto come i processi di modernizzazione delle tecnologie a loro supporto abbiano contribuito a migliorare i servizi e, direttamente o indirettamente, a trasformare alcune attività fondamentali: la realizzazione dei cataloghi elettronici e la possibilità di condividere tutti i passaggi del trattamento del libro hanno liberato energie in direzione di nuovi servizi e di nuove attenzioni per le utenze. Particolare peso va attribuito, in questi processi, a tutti gli elementi che rafforzano le capacità dell'utente di interagire con l'informazione, anche senza la mediazione del bibliotecario. Quanto si potrà avere in più da istituzioni bibliotecarie, sempre sulla difensiva, se almeno una parte dei loro patrimoni potrà essere resa disponibile per la consultazione digitale saltando il passaggio fisico, o quanto si potrà fare in più, come servizio agli utenti, rendendo disponibili contenuti attraverso dispositivi mobili? È ancora presto per dirlo ma appare evidente come le condizioni per rendere influenti le biblioteche esistano.
Vi sono altri elementi da investigare per definire quanto le biblioteche possano aggiungere al loro assetto tradizionale se viste come sistemi per l'accesso a conoscenze molto diversificate. Da questo punto di vista sono tre le caratteristiche più importanti: la capacità di accesso a documenti eterogenei, le strutture avanzate di recupero dell'informazione e l'usabilità. Per quel che riguarda la prima, in base allo schema ormai classico definito da Delos Network of Excellence on Digital Libraries 9, i documenti, e quindi i contenuti informativi raggiungibili attraverso una biblioteca digitale, sono compresi in un arco molto ampio che, sulla base di esperienze in corso e delle sistematizzazioni effettuate in letteratura, possono così essere riassunti:
Documenti/contenuti informativi | Descrizione |
Informazioni testuali | Informazioni tradizionalmente reperibili attraverso i servizi bibliotecari in libri, periodici, letteratura grigia, banche dati ecc. |
Dati scientifici e tecnici | Dati provenienti da attività di ricerca e sperimentazione condotte in diverse aree disciplinari (fisica, astronomia, medicina, scienze della vita ecc.) |
Modelli di simulazione) | Input/output di processi di ricerca e sperimentazione |
Combinazioni di documenti | Insiemi strutturati di informazioni provenienti da documenti testo-audio-video di varia tipologia |
A proposito della seconda caratteristica occorre ricordare come, nel corso degli ultimi anni, siano state sviluppate funzionalità mirate a recuperare un contenuto informativo il più pertinente possibile agli scopi della ricerca, eliminando tutto ciò che sia sovrabbondante o fuorviante ed estraneo al contesto della ricerca stessa, risolvendo le ambiguità del linguaggio naturale utilizzato dall'utente10. La terza caratteristica chiave è, infine, quella rappresentata dal concetto di usabilità dei sistemi. Definita dall'ISO come la combinazione di efficacia, di efficienza e di soddisfazione con le quali gli utenti di sistemi informativi generalmente raggiungono i propri obiettivi in determinati contesti11 , l'usabilità assume nel caso delle biblioteche due valenze: la prima è relativa all'efficacia delle interfacce per i singoli utenti; la seconda, di carattere organizzativo, è finalizzata a verificare quanto e come un sistema per l'accesso all'informazione sia versatile nell'integrarsi con uno o più flussi di lavoro pre-esistenti12. Va detto che lo sviluppo delle biblioteche digitali lungo le tre direttrici qui sopra sintetizzate è avvenuto, soprattutto negli anni passati, al di fuori dei sistemi bibliotecari tradizionalmente intesi. Le problematiche emergenti sono state trattate, con maggiore determinazione e capacità di investimenti, da logici, studiosi dei sistemi informativi, tecnologi. Conseguentemente il campo d'azione e quello d'applicazione dei risultati della ricerca sono stati prevalentemente esterni alle biblioteche e più orientati a sistemi di informazione in senso generale. Oggi, anche alla luce delle considerazioni svolte nel paragrafo precedente, sembra sia maturo il momento in cui le cose si ricongiungono e le biblioteche possano essere viste come elementi di reti complesse per sfruttare al meglio la disponibilità dell'informazione. Ciò anche in presenza di un fenomeno quale l'open access13 . Partito dal mondo scientifico, in particolare da quello della fisica, l'open access si sta estendendo ad ambiti diversi da quelli dello studio e della ricerca ma centrali nella vita quotidiana. Nel contesto italiano si pensi, ad esempio, alla forte esigenza di trasparenza richiesta alle pubbliche amministrazioni in termini di accesso alle informazioni da esse detenute. Si prospetta la necessità di governare una mole di dati che non ha riscontro nel passato, e ciò implica prendere in considerazione le biblioteche digitali sia dal punto di vista di repository che da quello di strutture in grado di organizzare la conoscenza attraverso specifici contributi alle possibili forme di categorizzazione del dato.
«... an information resource, but also a site for training, technology access, and other non-traditional library services» 14 . Ormai da diversi anni, nell'analisi sulle trasformazioni delle biblioteche, capita di citare questa sintesi della diversificazione di funzioni dell'istituzione bibliotecaria. Chi conosce l'evoluzione della letteratura biblioteconomica e lo sviluppo delle biblioteche sa bene che un primo sviluppo di questa idea si sia avuto negli anni Settanta quando, in una fase espansiva dei servizi pubblici, si abbinarono alla biblioteca attività culturali estremamente diversificate. Soprattutto in Italia, paese in cui le biblioteche pubbliche avevano tradizionalmente lavorato con non poca fatica, la prevalenza dell'interesse pubblico, tipico di quegli anni, fece sì che molti vedessero nelle biblioteche una valenza di centri culturali e di aggregazione sociale. Il decennio successivo cambiò radicalmente questo atteggiamento e, in nome della razionalità economica e delle tecniche di gestione per la prima volta praticate in biblioteca, riorientò la missione di queste istituzioni verso lo specifico compito di accesso alla lettura e all'informazione. Negli anni a seguire le prospettive di diversificazione si sono riaperte e hanno portato, nella letteratura italiana e internazionale, a posizioni ben rappresentate dalla frase posta in apertura di questo paragrafo, con una differenza non lieve rispetto alle impostazioni degli anni Settanta: la necessità di individuare nelle nuove attività di un servizio bibliotecario la sostenibilità basata su ritorni economici misurabili diretti o indiretti. Così, nell'ultimo decennio, in tutti i paesi avanzati si assiste a processi di diversificazione delle strutture bibliotecarie. Tra queste vale la pena soffermarsi sull'esperienza londinese degli Idea Store15 e rileggere le caratteristiche indicate da uno degli artefici che risponde, tra l'altro, a diverse obiezioni sollevate nei confronti di tutto il progetto. «Cominciamo dai punti principali di queste analisi. In esse si mette in discussione l'intera logica dell'operazione: incorporare biblioteca ed educazione permanente. Ci pare impossibile giudicare se questa sia o no una buona idea senza considerare innanzitutto il contesto britannico - lo abbiamo già detto in altra sede, ma lo ripetiamo per ulteriore chiarezza: in Gran Bretagna esiste da decenni una forte tradizione di formazione continua, attraverso corsi per adulti sovvenzionati da forti contributi statali. Governi di tutti i colori nell'ultimo secolo hanno favorito programmi curriculari a largo respiro, e il risultato è che i centri di formazione sono da tempo considerati alla pari di un'altra istituzione che sta alla base della democrazia britannica: le biblioteche pubbliche. La ricerca di mercato tra utenti e non utenti di biblioteche fatta a Tower Hamlets ha rivelato un desiderio tra i residenti di poter accedere facilmente ad attività aggiuntive - e complementari - alla pubblica lettura, come i corsi. Da qui lo spunto a costruire edifici dove i due servizi possano convivere, inizialmente solo per una questione di condivisione di costi. Quello che dapprima sembrava semplicemente un matrimonio di convenienza, tuttavia - di per sé tutt'altro che disprezzabile, e molto pragmatico, tipico della cultura britannica - si è poi rivelato avere le potenzialità per favorire una sinergia che trae la forza dal fatto, innegabile a nostro parere, che chi è attratto dalla lettura spesso vuole imparare qualcosa di nuovo e, viceversa, chi è impegnato in processi di apprendimento può approfondire maggiormente i propri studi se si trova in un ambiente dove è facile accedere a documenti e materiali che può prendere in prestito gratuitamente»16 . In questo passo si trova l'origine del progetto Idea Store, nelle positive sovrapposizioni tra biblioteche e altri enti e istituzioni erogatori di servizi, in questo caso quelli che erogano formazione. Alcuni elementi appaiono particolarmente significativi e vale la pena sottolinearli:
L'innovatività congiunta alla capacità di evolvere dell'esperienza Idea Store fanno ben sperare in una possibile replicabilità, anche in contesti molto diversi da quelli britannici, come peraltro dimostra proprio un recente esempio italiano17. Naturalmente il modello Idea Store è uno di quelli possibili e va spesa qualche parola anche su scenari aperti da iniziative di altro genere. Tra queste si pensi alla progettazione e alla realizzazione di nuovi spazi bibliotecari che, soprattutto in un paese come l'Italia, tradizionalmente abituato a impegnare e a riadattare per le biblioteche spazi già esistenti con tutte le difficoltà che ciò comporta, costituisce, di per sé, un elemento di forte novità. Questo approccio ha in Italia un esempio importante a Milano con la BEIC, la nuova biblioteca di informazione e cultura, che nell'idea progettuale come nella realizzazione sta significativamente sommando in sé diverse funzioni18. Un'altra linea è, invece, quella che può definirsi della reingegnerizzazione dei processi in modo tale che le biblioteche possano svolgere al meglio i propri compiti istituzionali e integrarli con le nuove attività. Una linea che esclude forti investimenti e su cui si stanno impegnando diverse strutture, sia centrali che locali19. Complessivamente, le tendenze di vario genere non permettono ancora di definire modelli a tuttotondo anche se non è fuori contesto immaginare, nei prossimi anni, un ruolo delle biblioteche, in particolare di quelle pubbliche, che vada oltre la lettura.
Nella discussione odierna sulla crisi economica, che è una crisi di sistema, viene da tutti riconosciuta la necessità di politiche che investano sulle competenze e sulle conoscenze. Più volte, infatti, è stato imputato a scelte non coerenti o carenti in questo campo la drammaticità della situazione attuale. Pare opportuno sottolineare come non basti ripetere all'infinito che le conoscenze sono indispensabili allo sviluppo se il segno dominante dei tempi continua ad essere, malgrado i numerosi e dolorosi fallimenti, quello di un radicale liberismo che, diffidando per principio della sfera pubblica, continua ad erodere i margini delle risorse allocate sul lungo percorso, che comprende l'istruzione a vari livelli, la formazione, l'aggiornamento professionale, la ricerca. Se il punto di partenza è la scure, le biblioteche hanno un campo d'azione molto più limitato rispetto alle loro potenzialità. Se si continuano a mettere in discussione e, in molti casi, si operano radicali tagli ai bilanci delle biblioteche qualsiasi effetto positivo si perde o si attenua. Ciò sulla base di esperienze ormai pluriennali: ad organismi bibliotecari in continua evoluzione, ad organismi che si comportano effettivamente come learning organizations, organizzazioni cioè in grado di crescere qualitativamente grazie alle attività esercitate, si contrappongono progressive e costanti riduzioni dei budget disponibili. Ciò malgrado la realizzazione di radicali miglioramenti nella gestione dei servizi e delle risorse, miglioramenti misurabili con metri oggettivi. La riduzione dell'investimento pubblico è ancora più grave in quanto, soprattutto in Italia, si parte da disponibilità di risorse molto limitate e non si segnalano significativi investimenti privati nel campo. Il vantaggio che può ricavarsi da organismi bibliotecari tenuti al lumicino è molto ridotto, ma vanno comunque segnalate le potenzialità. C'è da fare un discorso di metodo applicabile sia nel caso in cui le biblioteche agiscano, come nella maggior parte dei casi, in ambito pubblico, sia che operino sotto la giurisdizione di enti privati: per il solo fatto di costituire una porta di accesso sul sapere e sulle conoscenze come afferma oggi un autore, forse brutalmente ma efficacemente, la biblioteca rende20. Quest'affermazione è sostenuta da esperienze concrete ed è frutto del lavoro svolto da molti anni da una parte cospicua della biblioteconomia, non solo anglosassone, lavoro finalizzato alla definizione di misurazione dell'efficacia dei servizi erogati e di performance indicators in grado di quantificare il contributo apportato dai servizi alle diverse comunità di utenti. Tra queste esperienze sono comprese anche quelle in cui le biblioteche, adottando una fisionomia particolare, diventano creatrici dirette di ricchezza grazie alla propria capacità di ricerca e recupero dell'informazione. Inoltre, in questi anni, si stanno affermando strumenti di verifica della redditività sociale delle biblioteche, come di altre attività di carattere culturale, una redditività che va oltre la pura dimensione economica. Si prenda soprattutto in considerazione la nozione di bilancio sociale che è stata ampiamente affrontata nella letteratura biblioteconomica italiana di questi ultimi anni. Particolarmente efficace è il seguente passo: «Il bilancio sociale è lo strumento di questo processo di analisi diretto a indagare la dimensione sociale dell'attività di un'organizzazione poiché stabilisce una relazione tra ciò che l'organizzazione dichiara e progetta di fare (missione, impegni, strategie), ciò che ha effettivamente realizzato (i risultati conseguiti) e gli effetti che ha prodotto verso la molteplicità di soggetti interessati (stakeholder)»21. Dal punto di vista dei contenuti gestiti dalle biblioteche va invece preso in considerazione il contributo che le biblioteche possono apportare oggi allo sviluppo, come parte del più generale sviluppo della società dell'informazione22. Si vedano nel contesto europeo le sezioni del portale dedicato alla società dell'informazione#:
In particolare si guardi al c.d. pilastro i201023 che comprende inclusione, miglioramento dei servizi pubblici e della qualità di vita e vuole promuovere una società europea dell'informazione sostenuta da servizi pubblici, basati su tecnologie dell'informazione efficienti e di facile utilizzo, che si articola in diverse linee:
La visione e la politica dell'Unione Europea costituiscono un quadro favorevole anche se non sufficiente, almeno per quel che riguarda la connotazione della biblioteca stessa e delle sue funzioni. Inserire i patrimoni bibliotecari tra le risorse da amministrare efficacemente grazie alle nuove tecnologie dell'informazione non basta. Occorre porre l'accento su quello che dalle risorse, dalle strutture e dai servizi bibliotecari può venire in termini di elementi fondamentali per lo sviluppo economico. Occorre pensare e definire strutture bibliotecarie e informative in grado di svolgere un ruolo attivo nei confronti di utenze differenziate, che intercettino e stimolino bisogni informativi inespressi, non esclusivamente riconducibili ad un pubblico colto o specialistico e all'utenza abituale delle strutture bibliotecarie esistenti. Tali strutture dovranno:
La fisionomia tratteggiata avvicina questo tipo di biblioteche ad esperienze che negli ultimi venti anni si stanno realizzando in diversi contesti europei e americani. I modelli da tenere presente sono tanti, tra tutti la Bibliothèque publique d'information del Beaubourg parigino che è al tempo stesso biblioteca, servizio d'informazione e documentazione e centro multimediale27. Soprattutto l'attenzione va puntata su quella che è la vera intelligenza dei sistemi bibliotecari, vale a dire la capacità di affrontare e risolvere problemi complessi operando sulla gestione della conoscenza. Le biblioteche supportano lo sviluppo economico e sociale e rafforzano se stesse quando applicano quella che si può definire la formula Berners-Lee alla gestione della conoscenza: « creare un sistema con regole comuni, accettabili per tutti, cioè il più possibile vicino alla mancanza assoluta di regole»28.
Quest'articolo pone una serie di tematiche proprie del destino possibile delle biblioteche senza avere la pretesa di avanzare soluzioni. Si sofferma, piuttosto, sugli elementi più significativi che possono giocare, nel prossimo futuro, in favore o a danno di questi servizi. Alcune riflessioni, qui abbozzate, vanno approfondite tenendo presente l'elaborazione disciplinare e le esperienze applicative in sviluppo. Pare comunque opportuno ribadire il punto di partenza di questi ragionamenti: in una fase estremamente difficile della nostra società non possiamo non partire da quello che definiamo utilità sociale delle biblioteche, che può e deve essere il segno caratterizzante di queste strutture.
[1] Joseph A. Schumpeter, Capitalismo, socialismo e democrazia, Milano: Edizioni di Comunità, 1955.
[2] Su tali tendenze la saggistica più recente, in Italia e fuori d'Italia, è molto ampia. Tra i lavori italiani più recenti si citano Piero Bevilacqua, Il grande saccheggio. L'età del capitalismo distruttivo, Roma, Bari: Laterza, 2011; Luciano Canfora, È l'Europa che ce lo chiede! Falso!, Roma, Bari: Laterza, 2012; Carlo De Benedetti, Mettersi in gioco, Torino: Einaudi, 2012; Luciano Gallino, La lotta di classe dopo la lotta di classe. Intervista a cura di Paola Borgna, Roma, Bari: Laterza, 2012; Federico Rampini, Non ci possiamo più permettere uno Stato sociale Falso!, Roma, Bari: Laterza, 2012. È stato appena tradotto il nuovo lavoro di Zygmant Bauman incentrato su un sofisma di base del pensiero neo-conservatore: La ricchezza di pochi avvantaggia tutti Falso!, Roma, Bari: Laterza, 2013.
[3] David A. Bell, The Bookless Library, «The New Republic», August 2, 2012, http://www.newrepublic.com/article/books-and-arts/magazine/david-bell-future-bookless-library.
[4] Sulla disintermediazione cfr., tra gli altri, Carla Basili, Verso la società dell'informazione. Le professioni dell'informazione fra ricerca d'identità e linee di convergenza, «Biblioteche oggi», 16 (1998), n. 6, p. 50-53; Ferruccio Diozzi, Tomorrow never knows. È possibile individuare le tendenze della società dell'informazione? «Biblioteche oggi», 20 (2002), n. 2, p. 8-15.
[5] La letteratura e la casistica sui processi di digitalizzazione è cresciuta a dismisura negli ultimi anni. Tra i numerosi lavori si possono citare alcuni standard de facto di grandi istituzioni e organizzazioni bibliotecarie quali: Preservation Guidelines for Digitizing Library Materials della Library of Congress, 2013, http://www.loc.gov/preservation/care/scan.html; The digitization process della Bibliotheque National de France, 2011, http://www.bnf.fr/en/professionals/digitization_process.htm; ; Managing the Digitisation of Library, Archive and Museum materials del National Preservation Office della British Library, http://www.bl.uk/blpac/pdf/digitisation.pdf; Linee guida sulla digitalizzazione del Gruppo di lavoro Phaidra dell'Università di Padova, 2011, https://phaidra.cab.unipd.it/static/linee-guida-digitalizzazione.pdf; Techniques for Creating Sustainable Digital Collections dell'American Library Association, 2013, http://www.alatechsource.org/ltr/techniques-for-creating-sustainable-digital-collections.
[6] Sul progetto, accessibile dal sito http://books.google.com, sono particolarmente interessanti le riflessioni di Robert Darnton, Il futuro del libro, Milano: Adelphi, 2012.
[7] Sullo sviluppo degli e-book, almeno per quel che riguarda il recente panorama italiano, cfr. Gino Roncaglia, La quarta rivoluzione. Sei lezioni sul futuro del libro, Roma, Bari: Laterza, 2010; Luca Ferrieri, L'e-book in biblioteca: una sfida culturale, «Biblioteche oggi», 28 (2010), n. 7, p. 5-14; Luca Guerra - Eugenio Pellizzari, E-book e biblioteche: una realtà in movimento, «Biblioteche oggi», 29 (2011), n. 3, p. 30-37; Gino Roncaglia, E-book in biblioteca: il futuro è già cominciato, «Biblioteche oggi», 29 (2011), n. 5, p. 23-27; Laura Testoni, E-book italiani: quale bibliodiversità? Lo stato dell'arte 2011, «Bollettino AIB», 51 (2011), n. 4, p. 347-368.
[8] Cfr. Robert Darnton, Il futuro del libro cit. p. 77-78.
[9] Cfr. Delos Network of Excellence on Digital Libraries, Brainstorming meeting on Digital Libraries: Future Directions for a European Research Programme, 13-15 June 2001, S. Cassiano, Italy, Brainstorming Report ERCIM-02-W02, 2001.
[10] Per le caratteristiche generali della ricerca di informazioni nelle biblioteche digitali si fa riferimento ai classici Mel Collier, Towards a general theory of the Digital Library, in: ISDL '97, Proceedings of the international Symposium on Research, Development and Practice in Digital Libraries, November 18-21, 1997, http://www.dl.slis.tsukuba.ac.jp/ISDL97/proceedings/collier.html e William Y. Arms, Digital libraries, Cambridge: MIT, 2001, 2. ed.
[11] ISO 9241-11:1998, Ergonomic requirements for office work with visual display terminals (VDTs). Part 11: Guidance on usability.
[12] Per queste caratteristiche cfr. Ferruccio Diozzi [et al.], Usability Issues for an Aerospace Digital Library, in: AVI 2012 Advanced Visual Interfaces international working conference, Capri Island, Italy, May 21-25, 2012.
[13] Un'esauriente sintesi sull'open access è quella di Maria Cassella, Open Access e comunicazione scientifica. Verso un nuovo modello di disseminazione della conoscenza, Milano: Editrice Bibliografica, 2012. Si veda anche Accessibility, sustainability, excellence: how to expand access to research publications. Report of the Working Group on Expanding Access to Published Research Findings, (Fitch Report), June 2012, http://www.researchinfonet.org/wp-content/uploads/2012/06/Finch-Group-report-FINAL-VERSION.pdf.
[14] Cfr. Morell D. Boone, Looking at four UK hybrid libraries, «Library Hi Tech Journal», 19 (2001), n. 1, p. 90-95.
[15] Idea Store Library Learning Information,http://www.ideastore.co.uk/.
[16] Cfr. Sergio Dogliani, La (mia) verità su Idea Store, «Bollettino AIB», 49 (2009) n. 2, p. 259-267; ma anche Alberto Salarelli, Pubblica 2.0, «Bollettino AIB», 49 (2009), n. 2, p. 247-258; Anna Galluzzi, Gli Idea Store dieci anni dopo, «Biblioteche oggi», 29 (2011), n. 1, p. 7-17; Sergio Dogliani, Non solo biblioteca: nei sobborghi londinesi prende forma un laboratorio creativo che sa interagire con i cittadini, in: I nuovi confini della biblioteca. Verso un servizio culturale integrato che si apre al territorio, a cura di Massimo Belotti, Milano, Editrice Bibliografica, 2011, p. 45-50.
[17] Cfr. Giovanni Solimine, Un Idea Store in salsa mediterranea. Apre a Cagliari la Mediateca del Mediterraneo. «Biblioteche oggi», 29 (2011), n. 6, p. 20-25.
[18] Sullo stato della Biblioteca Europea di Informazione e Cultura (BEIC) cfr. <http://www.beic.it/>. Sulle realizzazioni di nuove strutture bibliotecarie, anche in funzione di nuove attività, si veda Antonella Agnoli, Ripensare lo spazio interpretando i nuovi bisogni, «Biblioteche oggi», 29 (2011), n. 4, p. 31-35.
[19] Nel campo delle attività di sistematizzazione svolte da amministrazioni locali va citata la mozione n. 2 del Consiglio comunale di Napoli del 25 novembre 2011, approvata all'unanimità, per la messa a punto della rete di biblioteche municipali ma rimasta, al momento, senza pratica attuazione per le note difficoltà di bilancio di quella città.
[20] Ci si riferisce al lavoro di Roberto Ventura, La biblioteca rende: impatto sociale e economico di un servizio culturale, Milano: Editrice Bibliografica, 2011.
[21] Pieraldo Lietti - Stefano Parise, Il bilancio sociale della biblioteca, «Bollettino AIB», 46 (2006), n. 1-2, p. 10. Sul bilancio e sull'impatto sociale delle biblioteche si veda anche Sara Chiessi, Quanto valgono le biblioteche? Un metodo per valutare l'impatto sociale delle biblioteche pubbliche italiane, «Bollettino AIB», 51 (2011), n. 4, p. 315-328.
[22] Cfr. il portale tematico La Società dell'informazione in Europa, attualmente non più in linea ma ancora consultabile sul sito Internet Archive Wayback Machine: http://web.archive.org/web/ 20120902122631/http://ec.europa.eu/information_society/tl/soccul/index_it.htm.
[23] Cfr. il sito web i2010: la società dell'informazione e i media al servizio della crescita e dell'occupazione, http://europa.eu/legislation_summaries/information_society/strategies/c11328_it.htm.
[24] Cfr. i2010: Digital libraries, http://europa.eu/legislation_summaries/information_society/strategies/ l24226i_en.htm.
[25] Cfr. il sito web Protezione dei dati, diritti d'autore e diritti connessi, http://europa.eu/legislation _summaries/information_society/data_protection/index_it.htm.
[26] Direttiva 2001/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2001, sull'armonizzazione di taluni aspetti del diritto d'autore e dei diritti connessi nella società dell'informazione, http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=CELEX:32001L0029:IT:NOT
[27] Cfr. Centre Pompidou, http://www.centrepompidou.fr .
[28] Tim Berners-Lee, L'architettura del nuovo web. Dall'inventore della rete il progetto di una comunicazione democratica, interattiva e intercreativa, Milano: Feltrinelli, 2001, p. 28.