Le biblioteche pubbliche in Francia oggi

di Anne-Marie Bertrand

In Francia, come ovunque, le biblioteche hanno conosciuto, e continuano a conoscere, una rapida evoluzione: costrette a confrontarsi con la rivoluzione digitale, ma anche con l'evoluzione delle attività culturali, la massificazione dell'università, l'urbanizzazione diffusa, insomma con una popolazione dalle aspettative, dai gusti e dalle competenze drasticamente cambiate, le biblioteche di oggi sono sensibilmente diverse rispetto a quelle di 40 o 50 anni fa.

Dal "ritardo francese" alla modernizzazione

Per tutto il XX secolo le biblioteche francesi sono state caratterizzate da un costante ritardo rispetto alle realtà bibliotecarie comparabili degli altri paesi sviluppati.
Dall'inizio del Ventesimo secolo si susseguono lamentele ed invettive. A cominciare da Eugène Morel che così tuonava contro i cosiddetti "musei di libri" e contro le istituzioni benefiche: «È giunta l'ora, dopo mezzo secolo di sforzi che stanno trionfando in Inghilterra e in America, di concepire la lettura come un servizio pubblico comunale, alla stregua della viabilità, degli ospedali, dell'elettricità»1. A distanza di 80 anni, Jacqueline Gascuel, per avvalorare un dossier sulle biblioteche pubbliche, sciorina statistiche impietose: nel 1975, la biblioteca di Nizza, 300.000 abitanti, annovera gli stessi dati registrati da quella di Boston, 300.000 abitanti, nel 18752. La stessa Gascuel commenta impietosamente: «Dobbiamo forse essere tacciati di impazienza se, rileggendo Eugène Morel, constatiamo di avere accumulato un secolo di ritardo?». E l'anno successivo aggiunge affranta: «Quanti secoli dovranno ancora trascorrere prima che noi riusciamo a raggiungere i nostri colleghi anglosassoni?»3.
Ma il nostro è anche un ritardo artificioso, giacché in tutto questo periodo è servito per giustificare l'inadeguatezza e l'impreparazione di fronte ai nuovi mezzi, ai nuovi programmi, alle nuove ambizioni: «Occorre mettere in campo uno schema discorsivo duraturo, ossia occorre sottolineare il peso decisivo della lettura pubblica in una nazione democratica ed illuminata; occorre riconoscere l'inadeguatezza della situazione attuale (eredità del passato, conseguenza della crisi, o della guerra, o della debolezza dei governi precedenti); occorre denunciare che la situazione così non può andare avanti; occorre evidenziare i segnali di speranza [...]. Il tempo passa, ma dieci, trenta, cinquant'anni dopo, tornano sempre gli stessi discorsi, impastati nella medesima farina»4. E il ritardo continua...
Tuttavia, negli ultimi decenni del XX secolo, questo ritardo sembra si stia riducendo e le biblioteche francesi stanno conoscendo una fase di sviluppo senza precedenti.

Il movimento per lo sviluppo

Questo movimento per lo sviluppo delle biblioteche ha preso avvio sul finire degli anni '70, con un'accelerazione negli anni Ottanta, cioè in un'epoca in cui le biblioteche pubbliche sono riuscite a suscitare l'interesse della classe politica, sia quella del governo centrale, sia, soprattutto, quella degli enti locali, ossia di coloro che potevano stabilire di investire in idee, tempo, energia e reputazione per le biblioteche delle loro città.
In effetti, la lunga stagnazione che ha interessato il sistema bibliotecario francese è in gran parte dovuta al disinteresse dei poteri pubblici nei suoi confronti. Sia le biblioteche prestigiose (quali la Biblioteca Nazionale e le grandi biblioteche municipali) sia quelle più marginali (come quelle popolari) non erano considerate né come oggetti di investimenti né come strumenti di politica pubblica. La Liberazione, l'ampliamento del campo di azione del settore pubblico, il baby boom, la necessità di una politica educativa volontaristica, i tre decenni di crescita e sviluppo economico (1945-1973): ecco, in rapida sintesi, il fondamento su cu si è fondato lo sviluppo delle biblioteche.
Questo ambiente favorevole è stato consolidato per volontà dello Stato con lo sviluppo delle collettività locali: dal 1970 le città, i dipartimenti e infine le regioni hanno avuto i mezzi (politici, finanziari, valutativi) per progettare e perseguire le proprie politiche. L'affiorare delle politiche culturali locali era una condizione indispensabile per il progresso delle biblioteche comunali.
Questo sviluppo ha coinciso con un "modello" di biblioteca alla francese (la famosa "mediateca"), le cui componenti sono la qualità architettonica, la ricchezza delle collezioni, l'intermediazione di un personale qualificato e un progetto culturale. Questo modello è stato prima introdotto nelle biblioteche municipali e in seguito nelle biblioteche universitarie. Lo spettacolare aumento delle frequentazioni5 è una risposta a questo significativo miglioramento dell'offerta bibliotecaria, offerta estesa a tutto il territorio, con un numero ormai importante di strutture (oltre 3000 biblioteche municipali, senza contare i relais, ossia i punti di prestito/lettura delle biblioteche dipartimentali), di collezioni diversificate secondo l'evoluzione tecnologica (CD, DVD, documentazione digitale, internet, ...), di servizi (quali formazione degli utenti, servizi a distanza, attrezzature per non vedenti ecc.).
Questo modello ha due grandi virtù: ha un'applicazione modulare e territoriale (può, infatti, essere applicato alle grandi come alle piccole città, alle sezioni delle biblioteche universitarie come, in una certa misura, alla Biblioteca Nazionale) ed è un progetto democratico (con una vocazione ad aprirsi al maggior numero possibile di utenti), lontano da una inclinazione aristocratica, che giustifica quindi l'interesse dei poteri pubblici.

Le biblioteche oggi

Oggi ci sono circa 3.400 biblioteche pubbliche in Francia, che impiegano più di 22.000 persone in edifici di oltre 2.400.000 m²6. Il ritardo con il quale si è svolta in Francia questa fase di sviluppo fa sì che oggi, paradossalmente, siano offerte alla popolazione una serie di strutture moderne. Gli edifici nella maggior parte delle città sono stati ristrutturati (le superfici sono raddoppiate dal 1990); rinomati architetti hanno progettato strutture di alta qualità (Norman Foster a Nîmes, Mario Botta a Villeurbanne, Paul Chemetov a Montpellier, Pierre Riboulet a Limoges, Christian de Portzamparc a Rennes, ecc.).. La ristrutturazione ha riguardato anche i servizi proposti, quali: sezioni per i bambini, prestito di dischi, prestito di film, accesso a internet, accesso alle risorse digitali. Si deve senz'altro sottolineare una particolarità delle biblioteche francesi: l'importanza accordata alle attività culturali, alle mostre, agli incontri con gli autori, alle conferenze, ai dibattiti, ai concerti, alle proiezioni di film, ecc.
Questa nuova generazione di biblioteche ha spesso assunto il nome di "mediateca" - il cambio di nome è stato un modo per dimostrare chiaramente la differenza tra questi moderni servizi e la biblioteca tradizionale, che conoscevano i francesi (o che credevano di conoscere i francesi che, d'altronde, non la frequentavano). Il numero degli iscritti si è moltiplicato per 7 in 30 anni e oggi raggiunge i 7 milioni di cui il 35% di ragazzi. Sono per lo più i giovani che frequentano le biblioteche - i ragazzi con meno di 25 anni rappresentano la maggioranza degli utenti. Come ovunque, gli utenti cambiano. Il numero degli iscritti stagna, ma le presenze aumentano, la domanda di accesso alle risorse documentarie cresce, soprattutto per le risorse digitali; studiare o lavorare in biblioteca è diventata un'attività molto importante, la frequentazione solo per il gusto di essere lì, senza utilizzare le collezioni, aumenta.
Le collezioni sono numerose e variegate. I libri continuano a rappresentare la parte più importante dei documenti (93 milioni) e con il più alto numero di prestiti, la musica (i CD, i cui prestiti calano), il cinema (i DVD resistono meglio), i periodici, sono globalmente ad un buon livello.
Se l'accesso alle risorse digitali on line è molto diffuso, sono poche le biblioteche municipali che offrono risorse digitali locali, prodotte da loro stesse. La digitalizzazione delle collezioni antiche è cominciata, lentamente, e si concentra sui "tesori" delle biblioteche, i documenti più preziosi o i più spettacolari - la digitalizzazione di massa riguarda solo la Biblioteca municipale di Lione che ha affidato, nel 2008, a Google l'incarico di digitalizzare 500.000 documenti antichi. Va, infatti, ricordato che una delle particolarità delle biblioteche municipali francesi è quella di conservare importanti fondi patrimoniali: durante la Rivoluzione francese furono confiscati oltre 4 milioni di documenti a collezioni private (i nobili emigrati, la Chiesa, le "sociétés savantes") e sono ora sparsi in più di 300 biblioteche pubbliche, grandi o piccole.

I limiti dello sviluppo

Dalla fine degli anni Novanta, lo sviluppo è andato rallentando. In particolare, la frequentazione ha cessato di aumentare, quindi ha attraversato una fase di stagnazione e infine ha cominciato a diminuire. Come in molti paesi!
Se ne conoscono le ragioni principali. Da un lato, la cultura è cambiata: la cultura "ufficiale" gode oggi di una cattiva fama, viene ignorata o addirittura derisa. D'altra parte (o insieme), è cambiata la considerazione del libro: leggere era un segno di distinzione, ora è diventata un'attività in declino, praticata maggioritariamente dalle donne e dalle generazioni meno giovani, una attività non più alla moda, lievemente snob e che non corrisponde più allo standard delle attività culturali dei giovani d'oggi (che preferiscono condividere, scambiare, valutare insieme, essere parte di un gruppo, mentre invece la lettura isola).
Infine, e soprattutto, internet ha cambiato le pratiche culturali: un'offerta abbondante e non organizzata dove si deve trovare da soli il proprio percorso, modalità di accesso esigenti (da casa, in qualsiasi momento, subito), la lettura frammentaria, l'etica della gratuità, la mediazione tra pari, le comunità di gusto che si sviluppano a spese dei mediatori tradizionali. In sintesi, la de-materializzazione e la disintermediazione, in particolare, stanno modificando il ruolo della biblioteca.
Oggi la situazione è piuttosto paradossale: mentre l'offerta delle biblioteche non è mai stata così rilevante, moderna, accogliente, la domanda di biblioteca diminuisce.
Ci si è forse sbagliati?
Oppure, si è oggi alla fine di un ciclo, la fine del modello mediateca? L'ambiente politico, culturale, tecnico è radicalmente cambiato. Con il digitale, si ripropone la questione dell'utilità delle biblioteche. Nove studenti su dieci iniziano una ricerca interrogando Google. Il web ha trasportato l'informazione in un'epoca di abbondanza, anzi di sovrabbondanza. La musica, i film, i giornali, e a breve anche i libri, fanno parte di una "cultura dello schermo" (Olivier Donnat) che concorre vittoriosamente con la nostra vecchia cultura libresca.
Per le politiche pubbliche, questa trasformazione è rilevante, in quanto si basa sulle valutazioni che possono assumere i responsabili politici e gli uomini pubblici: poiché si ha accesso ad internet perché investire ancora nelle biblioteche? Renaud Donnedieu de Vabres, allora Ministro della Cultura ha dichiarato sul canale France 2 il 3 marzo 2006: «Con Internet non vale più la pena di andare in biblioteca» e il filosofo Michel Serres ha confessato su «Libération» il 3 settembre 2011: «Non metto più piede in biblioteca».
L'immagine e la legittimità della biblioteca sono da ricostruire.

Biblioteche e bibliotecari

Nelle biblioteche francesi lavorano circa 30.000 persone, delle quali più di due terzi nelle biblioteche municipali. Questo gruppo è socialmente e culturalmente omogeneo, con (più o meno) gli stessi valori di condivisione della conoscenza, la stessa vicinanza alla cultura umanistica, la stessa curiosità per gli sviluppi tecnologici, lo stesso attaccamento al servizio pubblico e alla dignità di servire una comunità, uno stesso impegno nell'esercitare la professione: la tranquilla certezza di essere utile, la convinzione che le biblioteche svolgono un ruolo importante nella società.
Nello stesso tempo, la professione si agita tra dubbi e interrogativi. Il sistema amministrativo che gestisce l'accesso alla professione (il concorso), alla formazione e alle carriere è piuttosto problematico. La selezione dei quadri, attraverso concorsi molto esigenti, ha assunto un carattere sempre più maltusiano. L'organizzazione dell'impiego pubblico è diventata una sovrapposizione surreale e incomprensibile (anche per i francesi!) di gradi, categorie e strutture, rendendo la promozione interna e la mobilità più difficili di prima. La formazione professionale è suddivisa tra molteplici attori: le università, l'Enssib (Ècole nazionale supérieure des sciences de l'information et des bibliothèques), i centri di formazione regionali, l'ABF (Association des bibliothécaires de France), il CNFPT (Centre national de la fonction publique territoriale)..., e quest'offerta non è facilmente leggibile.
Un altro ostacolo è la frammentazione associativa: oltre all'ABF, grande associazione ecumenica, esiste un'associazione per i direttori delle biblioteche delle grandi città (ADBGV - Association des directeurs des bibliothèques), un'associazione per i direttori delle BDP (ADBDP - Association des directeurs des bibliothèques des grandes villes), un'associazione per i bibliotecari musicali (ACIM - Association de coopération des professionnels de l'information musicale), un'associazione per lo sviluppo del digitale in biblioteca (ADDNB - Association pour le développement des documents numériques en bibliothèques), un'associazione di bibliotecari incaricati del patrimonio documentario (Bibliopat) ecc., e così l'ABF recluta soci quasi esclusivamente nel settore della biblioteca di pubblica lettura ed è evitata dai bibliotecari della Biblioteca Nazionale o delle università. Queste associazioni sono ormai più di una decina e così poco sentite che uno sforzo per riunirle (in un'inter-associazione7) è stato avviato per difendere le posizioni dei bibliotecari e il valore delle biblioteche nei grandi dibattiti pubblici, in particolare sui temi della digitalizzazione e dell'accesso all'informazione.
Infine, altro punto debole, il "mestiere di bibliotecario" rimane un mistero per il grande pubblico (che diavolo si fa in quel mestiere?) e subisce la concorrenza: con l'avvento del digitale, ognuno produce, diffonde, archivia documenti; con l'ascesa del management, ogni impiegato amministrativo è ritenuto in grado di gestire una biblioteca; con l'accento sull'accoglienza, anche le professioni della mediazione vi trovano posto. I confini della professione non sono chiari. Qual è la particolarità della professione del bibliotecario?, ecco una questione ancora irrisolta.

Lavorare insieme?

Le migliaia di biblioteche municipali sono accomunate da uno stesso obiettivo (la condivisione della conoscenza e della cultura), dagli stessi valori, da competenze comparabili, dagli stessi strumenti, dallo stesso modo di lavorare - o quasi. Ma non sono organizzate in una rete: ognuna è indipendente, dipendendo esclusivamente dal proprio comune e non da una organizzazione nazionale. Ogni città definisce le priorità (i bambini, il patrimonio, il sito web, una bella architettura, degli eventi, ...) e le risorse da assegnare alla propria biblioteca.
Tuttavia, la necessità di lavorare insieme è reale. Le associazioni professionali e le riviste del settore permettono lo scambio di informazioni, la condivisione di buone pratiche, ma non la messa in comune delle risorse o l'elaborazione di progetti condivisi.
Alcuni programmi, tuttavia, esistono. Ad esempio, la Biblioteca Nazionale supporta le acquisizioni o i progetti di digitalizzazione su temi di eccellenza, attraverso la sua rete di "poli associati" - così la francofonia alla biblioteca di Limoges, la storia del libro alla biblioteca di Lione o l'oceanografia alla biblioteca di Brest.
Da parte sua, la BPI (Bibliothèque Publique d'Information) anima una rete di cooperazione a favore delle biblioteche pubbliche, su specifici programmi pratici (i diversamente abili, per esempio) o per l'acquisizione coordinata di risorse digitali (CAREL - Consortium pour l'acquisition des ressources electroniques en ligne), e guida una rete di servizi di reference a distanza che comprende venti biblioteche (BiblioSésame).
L'Enssib, la scuola nazionale che forma i dirigenti delle biblioteche, offre sul suo sito una serie di risorse e servizi per la comunità professionale: uno sguardo all'attualità, le proposte di lavoro, un servizio di domanda-risposta specialistico, un'importante biblioteca digitale, il calendario delle manifestazioni professionali, ecc. L'Enssib gestisce insieme ai centri per la formazione permanente un sito collettivo che pubblicizza gli stage dei partner (bibdoc)[8].
Nelle regioni, apposite agenzie regionali del libro riuniscono autori, editori, librai e bibliotecari per promuovere specifici progetti comuni, quali la valorizzazione della produzione documentaria, l'organizzazione di saloni del libro, la pubblicazione di cataloghi collettivi, la conservazione condivisa, le mostre virtuali ecc.
Questi programmi sono utili, ma non sono una soluzione sufficiente, capace di soddisfare il bisogno di associare, condividere, lavorare insieme. Questo è uno dei principali gap delle biblioteche municipali francesi.

Sull'utilità della biblioteca

Qual è oggi l'utilità della biblioteca? Questo è l'altro grande dibattito che scuote le biblioteche municipali in cerca di definizione della loro mission.
Al centro di politiche educative e culturali, le biblioteche svolgono un ruolo rilevante in quanto fornitrici di collezioni e di risorse e specialiste di mediazione, di accompagnamento, di consulenza... Le biblioteche dunque perseguono ancora la loro tradizionale mission enciclopedica, ma sono oggi più attente alla diversità delle collezioni (per livelli, per temi, per legittimità culturale).
Rivolgendosi ad intere comunità, le biblioteche hanno il compito di accogliere tutti, indipendentemente dallo status di ciascuno, dalle aspettative, dai bisogni, dalle competenze e dalle curiosità. Le biblioteche devono anche essere accessibili (in loco o a distanza) ai malati, ai disabili, agli stranieri... Le "politiche per il pubblico" creano le condizioni per questa accoglienza, in termini di tariffe, di orario, di servizio e di accoglienza specifica.
Le biblioteche, in modo meno esplicito, si vedono così attribuire un "ruolo sociale". Sociale nel senso di luogo pubblico, dove ci si ritrova, dove si trascorrere del tempo in mezzo ad altri, per bere un caffè o ascoltare una conferenza: un luogo insomma di socializzazione. Sociale tuttavia anche nel senso di azione sociale: la biblioteca intesa come un luogo gratuito dove i giovani dei quartieri svantaggiati possono trovare un'alternativa alla strada, un aiuto nel fare i compiti e risorse per la ricerca del lavoro o per la preparazione dei concorsi, una struttura insomma che accoglie tutti.
Infine, dopo quello culturale, educativo, sociale, un quarto ambito risulta sempre più emergente, quello urbano. Considerata l'elevata frequentazione (sono nei loro comuni la struttura culturale più frequentata), le biblioteche sono considerate dei validi strumenti per rivitalizzare o riqualificare un quartiere: la loro presenza interferisce sui flussi di popolazione e sono, quindi, un elemento nella pianificazione urbana. Parallelamente, la qualità architettonica degli edifici riflette la volontà dei decisori di farne un simbolo nella città: alcuni edifici sono veri e propri monumenti (a Montpellier, Rennes, Reims...) e racchiudono in essi parte dell'immagine della città.

Reinventare la biblioteca?

Di fronte alla dilagante disaffezione i bibliotecari francesi, come i loro colleghi, sono alla ricerca di proposte alternative. Gli esempi stranieri sono seducenti: il desiderio di integrazione nei quartieri e la varietà dell'offerta degli Idea Stores, la sobria bellezza delle biblioteche danesi, l'accoglienza calorosa, colorata, efficace delle biblioteche di Delft o di Amsterdam... Il concetto di "biblioteca terzo luogo" è ormai diffuso in Francia. Sembra possibile sposare la qualità dell'offerta culturale e la dolcezza del comfort domestico, il pubblico e il privato. È un'illusione? E cosa succede alle collezioni, ai servizi, al lavoro di mediazione, al ruolo documentario e culturale, in questi luoghi dove ci viene detto: «la nostra collezione più bella è il nostro pubblico?». L'identità della biblioteca si perderà tra soffici divani?
Anche in Francia, avanzano nuove (o rinnovate) idee: le biblioteche multi-funzione9, il prestito illimitato (possibilità di prendere in prestito quanti documenti si desidera), l'apertura domenicale che ha iniziato a diffondersi (ma è ancora minoritaria!), una notevole inventiva (animazioni a bizzeffe - quattrocento all'anno, presso la mediateca di Lomme! - e gli "opera bus" e i punti di prestito effimeri in città10), le caffetterie, le sale di lettura... Ma anche le biblio-spiagge, in Normandia, un orto biologico a Grenoble o un biblio-battello a Bordeaux! E anche il prestito di computer portatili o di tablet, il prestito di occhiali o di cestini. E anche una maggiore attenzione all'accoglienza del pubblico, all'arredo dello spazio accoglienza, all'ergonomia e alla competenza del personale impiegato. E anche gli scrittori in sede, i festival librari, i dibattiti, le letture, ossia la cultura con gli autori in carne ed ossa! E anche i servizi a distanza, quali "Chiedi al bibliotecario", i dossier on line, la produzione di contenuti11. E, naturalmente, le biblioteche digitali, i blog, i forum, le biblioteche su Facebook...
In questa dicotomia tra la mancanza di "appetito" di una popolazione affascinata dal digitale e un'offerta culturale ancora assai tradizionale, la biblioteca mantiene importanti atouts: una grande affluenza, edifici attraenti, un rapido passaggio al digitale, l'evoluzione dell'offerta verso l'accoglienza e la mediazione, l'accento sulla società della conoscenza e dei beni immateriali, la preoccupazione dell'accesso pubblico al sapere e alla cultura...
Non è quindi sorprendente che le discussioni che animano oggi il mondo dei bibliotecari francesi si concentrino principalmente sul posto della biblioteca nella società, sul suo ruolo politico12 e sulla sua comunicazione. La biblioteca è utile, necessaria. Qual è il modo migliore per farlo sapere?
Speriamo che il congresso dell'IFLA che si terrà a Lione nel 2014 contribuisca, secondo l'efficace slogan di Claudia Lux, a inserire le Libraries on the agenda!

NOTE

Traduzione di Sabrina Brunodet e Riccardo Villaz.
Ultima consultazione dei siti web: 14 maggio 2013

[1] Eugène Morel, Bibliothèques, «Mercure de France», 1908.

[2] Jacqueline Gascuel, Avant-propos, «Bulletin d'informations de l'ABF», 1979, n. 103, 2e tr.

[3] Réflexions incongrues à propos de quelques chiffres ou le triomphe des grands nombres « Bulletin d'informations de l'ABF», 1980, n.107, 2e tr.

[4] Anne-Marie Chartier - Jean Hébrard, Discours sur la lecture (1880-1980).Paris : BPI, 1989, p.78-79.

[5] Nelle biblioteche municipali gli iscritti erano 1.182.000 nel 1971 e 5.812.000 nel 1991.

[6] Observatoire de la lecture publique (Ministère de la Culture), http://www.observatoirelecturepublique.fr/ observatoire_de_la_lecture_publique_web/FR/Accueil.awp

[7] Interassociation Archives Bibliothèques Documentation, http://www.iabd.fr/.

[8] http://www.formations-bibdoc.fr/.

[9] Accoppiate con una scuola di musica, un ufficio turistico, un asilo nido...

[10] Mario Alonso, Jean-Luc du Val, Emmanuelle Kalfa, Une Odyssée sans complexe. « Bulletin des bibliothèques de France», 2012, n° 2. In linea : http://bbf.enssib.fr/consulter/bbf-2012-02-0023-006

[11] Per esempio, nella biblioteca di Lione, lo sportello del sapere, http://www.guichetdusavoir.org/>, o i "punti sull'attualità", <http://www.pointsdactu.org/.

[12] Nel 2011 il congresso dell'Associazione dei bibliotecari francesi aveva come tema "Le biblioteche alla sfida della comunicazione", nel 2012 "La biblioteca è una faccenda pubblica".