La gestione delle biblioteche d'autore: un confronto tra
realtà italiana e realtà americana

di Elena Baldoni

L'elaborazione del concetto di biblioteca d'autore come di una libreria appartenuta a una personalità di spicco della cultura novecentesca, la descrizione dei suoi elementi caratterizzanti e il confronto sulle scelte organizzative da preferire al momento dell'apertura al pubblico impegnano la biblioteconomia professionale e scientifica di area italiana durante i primi dieci anni del Duemila. In precedenza, gli interventi critici non solo erano saltuari ma, soprattutto, erano caratterizzati da un'impostazione umanistica che raramente lasciava spazio a valutazioni di taglio biblioteconomico. I fondi librari cosiddetti "speciali" venivano studiati in un'ottica erudita che mirava ad analizzare i singoli pezzi in ragione della loro rarità e preziosità o a ricerche di carattere bibliografico, biografico, storico, letterario o filologico [1, p. 473].
Questo approccio subisce un'evoluzione tra la fine degli anni Sessanta e l'inizio dei Settanta con l'imporsi dell'interpretazione storicistica del concetto di bene culturale sull'ideale estetizzante fino allora dominante. Dal momento in cui si considera bene culturale qualsiasi «testimonianza materiale avente valore di civiltà»1 ne deriva che tutela e valorizzazione non sono più attività riservate alle singole cose portatrici di interesse storico o artistico, ma devono estendersi anche a interi fondi librari che, nel loro insieme, nelle relazioni fra i documenti che li compongono, siano in grado di ricostruire un determinato quadro culturale [2, p. 86-87]. Se questo può essere considerato il presupposto teorico che ha condotto bibliotecari e studiosi ad interrogarsi sulla peculiare tipologia delle biblioteche d'autore, sarà poi l'urgenza reale rappresentata dal proliferare di donazioni di ingenti biblioteche personali a istituzioni pubbliche e private2 a comportare, nel primo decennio del XXI secolo, un intenso e proficuo confronto critico3.
Barberi può essere considerato un precursore quando, nel 1956, riconosce che una libreria privata è specchio della personalità di chi l'ha formata [3, p. 7]; Caproni, Serrai e Crocetti, negli anni a seguire, approfondiscono l'argomento con interventi sparsi in volumi e riviste. Caproni indaga prevalentemente sul concetto di biblioteca d'autore e sulla complessa correlazione del possessore con la stessa [4-10]; Serrai esamina i rapporti tra biblioteche private e bibliografia, rilevando il pregio bibliografico delle raccolte costituitesi intorno alle esigenze di studio e ricerca del loro possessore [11-15]; Crocetti, infine, ha studiato l'argomento sia nei suoi presupposti teorici sia nei suoi risvolti applicativi, inserendolo nella più ampia riflessione sul patrimonio culturale novecentesco [16-21].

Il primo appuntamento di studi sulle biblioteche e archivi d'autore risale, come si anticipava, al 2000 e si inserisce nel contesto del Convegno "Conservare il Novecento", dedicato alle problematiche conservative dell'eredità documentaria del secolo scorso [22]. A questo iniziale confronto tra differenti esperienze e riflessioni in merito alla natura della biblioteca d'autore, al suo valore e al suo trattamento fa seguito una cospicua serie di incontri e progetti. Il Convegno "Biblioteche d'autore: pubblico, identità, istituzioni" (2003) segna un ulteriore passaggio: la biblioteca d'autore, infatti, viene presa in esame non solo per ricostruire la personalità del suo proprietario e del contesto culturale in cui egli visse e operò, ma per gli aspetti biblioteconomici connessi alla sua acquisizione da parte di istituzioni aperte all'utenza, quando diventa necessario conciliare le ragioni della tutela con le finalità di servizio pubblico [23]. Nell'ambito di questo incontro, fondamentale per lo sviluppo dello stato dell'arte, si costituisce un team di progetto, il Gruppo Biblioteche d'autore dell'AIB4, che si dà come oggetto di studio le biblioteche private del Novecento conservate presso istituzioni culturali pubbliche o private. Il gruppo ha individuato gli elementi costitutivi e peculiari di una biblioteca d'autore e ha proposto una definizione univoca della stessa. Il testo, a firma di Laura Desideri e Maria Cecilia Calabri, è stato presentato durante il seminario "Collezioni speciali del '900: le biblioteche d'autore: definizione e gestione" (2004) e costituisce un riferimento imprescindibile nello studio della materia. Si stabilisce che la biblioteca d'autore è una raccolta di libri accorpati in maniera funzionale alla propria attività da un soggetto significativo per la comunità culturale. I documenti sono legati da un vincolo che li caratterizza in quanto insieme e tali da restituire sia il profilo del soggetto produttore sia momenti della nostra storia culturale [24].
Della definizione degli elementi distintivi di una biblioteca d'autore si è occupata anche Giuliana Zagra [25] che si è spesso soffermata sulle problematiche inerenti al trattamento delle biblioteche d'autore depositate all'interno di istituzioni pubbliche [25-33]. Al convegno del 2007 "Carte libri memorie: conservare e studiare gli archivi di persona" [34], tra interventi spiccatamente concentrati sulla documentazione archivistica d'autore, ha ribadito la tesi, già enunciata da Alessandro Bonsanti [35] e poi da Crocetti [16, p. 128-129; 18, p. 9-10; 19, p. 25], della natura anfibia delle biblioteche d'autore [26, p. 21]. Non pienamente ascrivibili alla categoria bibliografica, ma quasi sempre caratterizzati in senso archivistico, i libri di una biblioteca d'autore assumono una connotazione ibrida che comporta l'esigenza di organizzare e gestire la biblioteca personale aperta all'utenza non solo come una mera raccolta di libri, ma anche in quanto testimonianza documentale.

I convegni del 2004 e del 2007 "Biblioteche private in età moderna e contemporanea" [36] e "Le biblioteche private come paradigma bibliografico" [37] si inseriscono, invece, nel tradizionale filone di studi di carattere storico-erudito sulle biblioteche personali. Interessanti spunti di riflessione sono offerti dalle indagini di Caproni [4] e di Serrai sui rapporti tra bibliografia, storia delle biblioteche, bibliometria e biblioteche private [12, 15]. A tutt'oggi, l'apice della riflessione scientifica è rappresentato dalla giornata di studio "Collezioni speciali del Novecento: le biblioteche d'autore", organizzata dal gruppo Biblioteche d'autore nel 2008. Vengono trattate tutte le questioni e le problematiche organizzative e gestionali, dall'acquisizione alla catalogazione, dalla conservazione alla valorizzazione, fino alla mappatura nazionale [38].
Infine, l'ultimo della ricca serie di convegni dedicati alle biblioteche d'autore, l'edizione del 2009 di "Conservare il Novecento", è una sorta di bilancio di riflessione del lavoro svolto nel decennio che si andava a concludere. Dedicato alle concentrazioni documentarie definite da Crocetti archivi culturali, non ha offerto nessuna novità interpretativa del fenomeno, ma ha avuto il merito di ripercorrere le riflessioni teoriche e le scelte pratiche attuate nel tempo, nonché di raccogliere tutte le pagine che Crocetti dedicò alla riflessione sul patrimonio culturale contemporaneo [16].
Se della biblioteconomia italiana si può quindi sostenere che abbia indagato a fondo le questioni tecniche relative alle biblioteche d'autore, non si può invece affermare lo stesso della biblioteconomia di area anglosassone e di area francese. Senza necessità di tornare molto indietro negli anni, ma limitando la ricognizione bibliografica agli studi pubblicati dalla fine degli anni Novanta ad oggi, appare evidente che l'interesse per le biblioteche d'autore, negli studi in lingua inglese e francese, è limitato ad aspetti umanistici tradizionali, quali la storia della biblioteca, la descrizione della collezione, la ricostruzione della vita ed, eventualmente, dell'opera del possessore (attraverso l'analisi delle stratificazioni bibliografiche, delle tracce manoscritte, delle dediche, degli inserti allegati ai volumi ecc.) Occorre puntualizzare, inoltre, che queste ricerche si occupano anche di biblioteche appartenute a personaggi vissuti nei secoli antecedenti al ventesimo, mentre nella biblioteconomia italiana il concetto di "biblioteca d'autore" si applica di preferenza alle raccolte di personalità del Novecento. Il fatto che non esista un filone specifico di studi sulle biblioteche personali novecentesche va di pari passo con l'assenza di termini corrispondenti a quello di "biblioteca d'autore". Le definizioni si arrestano, infatti, sui generici "personal library", "private library" e "bibliothèque personnelle": un'assenza terminologica che, meglio di ogni riflessione, palesa un'effettiva mancanza di studi specializzati sul fenomeno.

Ricostruzioni storiche, bibliografiche e filologiche caratterizzano testi incentrati sulle collezioni librarie di artisti moderni quali, La bibliothèque d'André Masson [39], Les bibliothèques d'artistes [40], nonché i saggi contenuti nella raccolta Bibliothèques d'écrivains [41] che comprendono, tra gli altri, quelli sulla biblioteca di Winckelmann, di Montesquieu, di Stendhal, di Schopenhauer, di Flaubert, di Nietzsche, di Valery e, unico contemporaneo, di Robert Pinget. Anche gli scritti riuniti in Passion(s) et collections [42] descrivono alcune biblioteche personali, come quella specializzata in letteratura francese del mecenate Jacques Doucet o quella sulle tematiche del femmininile e del femminismo appartenuta alla giornalista Maguerite Durand. La raccolta si interessa, inoltre, delle questioni di carattere giuridico legate al passaggio da privato a pubblico delle collezioni. Questo specifico aspetto gestionale delle biblioteche personali accolte in istituzioni aperte all'utenza, non particolarmente trattato nella biblioteconomia italiana, sembra invece riscuotere un certo interesse nella biblioteconomia francese, si veda, ad es., Dons et legs dans les bibliothèques publiques: "je lègue ma bibliothèque à" [43].
Tra i recenti contributi americani si ricordano, invece: Professors and Tycoons: the creation of great research libraries in the American West [44] sulla storia delle donazioni delle biblioteche appartenute a studiosi e professori di storia americana alle università dell'America occidentale; "Circles of learning": exploring the Library of Carter G. Woodson [45], che racconta le vicende di una biblioteca personale specializzata sulla storia e la vita dei primi afro-americani, poi trasferita alla Emory University di Atlanta; Roosevelt and his library [46], uno dei numerosi studi che descrivono la storia e la collezioni delle biblioteche presidenziali americane aperte al pubblico dopo la morte dei loro possessori. Dell'analisi delle tracce manoscritte e degli inserti rinvenuti nei libri ai fini dello studio critico-filologico dell'opera del possessore si occupano articoli quali, Dreiser's Private Library [47], Describing Tolstoy's Private Library [48] e From Nabokov's Private Library [49].
L'assenza di contributi di carattere tecnico è rimarcata dall'unico testo che, ad oggi, approccia i processi organizzativi e catalografici messi in atto dalle biblioteche di ricerca americane che conservano collezioni librarie personali. Pubblicato nel 2010, Making Personal Libraries More Public: a Study of the Technical Processing of Personal Libraries in ARL Institutions [50], di Joseph R. Nicholson, presenta i risultati di una indagine conoscitiva indirizzata alle biblioteche afferenti all'Association of Research Libraries (ARL) e volta a verificare quali procedure tecniche (ordinamento, catalogazione, strumenti per garantire la visibilità e l'accesso sui siti web ecc.) siano messe in atto sulle biblioteche personali5. Nicholson sottolinea lo "sconcertante mutismo" della letteratura americana su queste tematiche e ipotizza che le cause siano da ricercare nell'arroccarsi sulle tradizioni tecniche, catalografiche in particolare, applicate per il libro raro e le "Special Collections"6, nella complessità che il trattamento delle biblioteche d'autore comporta a causa della loro natura ibrida, tra bibliografica e archivistica, e nella difficoltà di individuare procedure standardizzate per collezioni eccentriche, che spesso necessitano trattamenti tagliati appositamente sulle specifiche caratteristiche: «Studies that focus on the literary and cultural significance of personal libraries are published with some frequency. Considerably less, however, has been written about the role of libraries in making these complex collections accessible to the public by means of item-level and collection-level cataloging records, finding aids, and other technical processing techniques. Whether personal libraries should be shelved together or apart in special collections stacks, classified by Library of Congress (LC) numbers or according to another scheme, cataloged with a full set of MARC fields capable of reflecting their unique characteristics or described less elaborately, with distinctive features noted on a holdings record: here the literature is perplexingly mum. The scarcity of such literature might be attributed to a view that the tradition of rare book and special collections cataloging, amply covered in the literature, adequately addresses whatever technical processing complexities personal libraries might present. But the intricate relationships that books in such libraries can have with each other, the manuscript-like materials they frequently contain, and the annotations that sometimes crowd their pages pose cataloging conundrums to which the conventions of rare book cataloging do not always provide secure answers and thus merit a more thorough discussion than they have up until now received» [50, p. 106-107].
I risultati dell'indagine condotta da Nicholson evidenziano una forte difformità nel trattamento delle biblioteche personali. Le scelte di carattere catalografico, quelle relative all'ordinamento della collezione, alla conservazione degli inserti allegati e alla valorizzazione della raccolta risultano estremamente differenziate: «the survey results reveal a striking degree of diversity in the ways in which special collections departments handle the technical processing of writer's personal libraries» [50, p. 123]. Si evince, inoltre, una scarsa consapevolezza in merito alle procedure tecniche utilizzate e una certa noncuranza nel gestire e valorizzare tali collezioni nei modi più corretti e più efficaci.

La visibilità delle biblioteche d'autore americane e italiane in Internet

Dall'indagine svolta da Nicholson [50] risulta che il 41,2% delle istituzioni che conservano biblioteche personali usa solamente l'OPAC per rendere visibili all'utenza tali raccolte, mentre un altrettanto 41,2%, oltre alla registrazione catalografica, ricorre alla creazione di strumenti di ricerca (il 17,6% usa altri metodi o combinazioni di vari metodi). Indipendentemente dai significati attribuibili a tali esiti statistici, sembra che che le biblioteche americane depositarie della documentazione archivistica e della collezione libraria appartenute a personalità culturali si siano interessate quasi esclusivamente alle carte, piuttosto che ai libri, catalogando e rendendo accessibili agli utenti le raccolte documentarie, ma dando meno peso e poco risalto al materiale bibliografico. La sezione "Special collections" dei siti web di queste biblioteche è generalmente molto ricca di informazioni e di sofisticati strumenti di ricerca riguardanti gli archivi personali, ma le descrizioni delle collezioni librarie sono scarne e nascoste. Per fare un solo ma significativo esempio, il sito di una istituzione autorevole come la MARBL (Manuscript, Archives and Rare Books Library) della Emory University7 dà molto rilievo alla presentazione degli archivi conservati e offre una elaborata gamma di strumenti di ricerca per l'individuazione specifica e dettagliata delle carte ma, per quanto riguarda le collezioni librarie private, si è costretti a minuziose ricerche all'interno delle stesse descrizioni relative alle consistenze archivistiche. Nicholson parla di «mysterious worlds of personal libraries within special collections areas» e auspica che tali collezioni diventino maggiormente disponibili agli studiosi affinché «these important parts of our cultural patrimony are as thoroughly studied and written about as the collections of personal papers and manuscripts in whose shadow they have often languished» [50, p. 129].
Per quanto riguarda la visibilità delle biblioteche d'autore italiane, invece, si può ragionevolmente dichiarare che la situazione cambia a seconda della consistenza della raccolta stessa, della notorietà del possessore e del tipo di istituzione che la conserva. Le piccole raccolte personali donate alle biblioteche pubbliche sono probabilmente meno visibili, anche se schede descrittive delle stesse (se non elenchi completi di inventari) sono frequentemente disponibili nei siti web delle istituzioni di appartenenza8. Al contrario, le biblioteche d'autore di notevoli dimensioni, appartenute a personalità di alto rilievo e che in genere afferiscono a fondazioni, a centri di documentazione o altri prestigiosi istituti culturali, dispongono di intere pagine web personali. In certi casi queste importanti collezioni possiedono un proprio specifico OPAC, ma più frequentemente sono inserite in OPAC collettivi9. Non bisogna dimenticare, inoltre, che l'individuazione sul web delle biblioteche d'autore italiane del Novecento (sebbene limitatamente a quelle appartenute agli scrittori) è agevolata dalla disponibilità di uno strumento di ricerca quale "Una rete per gli archivi letterari del '900"10 che ne consente la localizzazione e ne offre una descrizione sintetica, completa di indirizzi e collegamenti utili.

Una opportunità che le biblioteche d'autore non dovrebbero lasciarsi sfuggire è rappresentata dagli strumenti offerti dal Web 2.0. Almeno le biblioteche più prestigiose dovrebbero ricorrere a mezzi di condivisione in rete, e non solo per ottenere una maggiore visibilità, ma anche per sottrarsi a quell'immagine di sé scarsamente "amichevole" spesso implicata dalla loro natura "elitaria". Da una ricognizione effettuata sui siti web, tuttavia, non risulta che le biblioteche d'autore italiane e straniere sfruttino questi strumenti. E' un peccato, perché tali canali forniscono potenzialità da non sottovalutare. Attraverso video caricati su YouTube o altri canali dedicati si possono, ad esempio, promuovere attività, servizi o realizzare visite virtuali alla biblioteca; attivando lo strumento RSS, invece, si può aggiornare direttamente l'utente sulle novità della biblioteca (iniziative, eventi ecc.) Nelle pagine di un blog e su Facebook possono trovare spazio ricorrenze relative a personaggi e fatti legati alla figura dell'autore, ma anche notizie di avvenimenti culturali ecc. Se il blog, infatti, permette di indicizzare e archiviare gli articoli pubblicati, la pagina Facebook, su cui tali "post" sono condivisi, offre la necessaria pubblicità e l'immediatezza della comunicazione11.

L'ordinamento d'autore: ragioni del mantenimento e del cambiamento

Nell'organizzazione fisica dei documenti di una biblioteca d'autore si rendono manifeste, come in qualsiasi tipologia di biblioteca, specifiche scelte concettuali e determinate esigenze funzionali. In una biblioteca d'autore, tuttavia, l'ordinamento assume un significato ulteriore rispetto alle altre biblioteche, poiché si carica di un ruolo aggiuntivo, di carattere documentale in merito alla personalità del possessore della biblioteca stessa. Se nelle biblioteche destinate fin dall'origine all'utenza pubblica, infatti, si organizza la raccolta secondo i parametri scientifici ritenuti più efficaci per soddisfare la tipologia di lettori da servire, in una biblioteca privata, la scelta dell'ordinamento fisico dipende dai criteri personali, dalle peculiari richieste dell'autore stesso. Lo "stile" di disposizione della biblioteca ci parla del suo autore: l'organizzazione fisica diventa espressione di un dato ordine mentale, di un certo modo di vedere le cose. Preso atto che una biblioteca d'autore è uno specchio che riflette (in maniera più o meno integra o più o meno deformata, per riallacciarsi ai pensieri di Caproni) [5, 6] la personalità del suo possessore, i suoi gusti personali e i suoi interessi professionali, non si può limitare questa convinzione a "cosa" contiene tale raccolta, ma dobbiamo estenderla anche a "come" il materiale vi è contenuto. Se la biblioteca d'autore è in grado di rispecchiare la personalità di colui che l'ha allestita, lo farà, infatti, sia relativamente alla scelta dei documenti offerta, sia al modo in cui tali documenti sono stati (o non sono stati) organizzati. L'ordinamento d'autore è dunque una manifestazione della "visione bibliografica" del possessore della biblioteca, aiuta a evocare la sua personalità e permette di capire che tipo di rapporto egli avesse con i propri libri [51, p. 18; 52, p. 96; 53, p. 7]. E' possibile allora affermare che anche l'ordinamento d'autore ha un valore biografico e di testimonianza.

Questa dimensione biografica non si esaurisce, tuttavia, nei termini appena descritti. L'organizzazione originaria della biblioteca, infatti, non ci racconta solo del carattere del suo possessore, ma anche dei rapporti da lui intrattenuti con le persone afferenti alla sua sfera privata e, soprattutto, delle relazioni intercorse con le personalità culturali del suo tempo. I sodalizi culturali, che costituiscono una delle caratteristiche identificative del possessore di una biblioteca d'autore [24, p. 156], si palesano nel convivere dell'archivio propriamente detto con la collezione libraria. In una biblioteca d'autore, infatti, capita frequentemente che i libri fungano da contenitori per le carte, ed è proprio questa organizzazione archivistica della biblioteca che dovrebbe essere salvata, in modo che quel dialogo esistente fra materiale d'archivio e materiale bibliografico possa esprimere le relazioni intrattenute dall'autore con gli altri protagonisti del suo ambiente culturale [54, p. 66]. In certi casi, inoltre, l'ordinamento d'autore non si limita a offrire una testimonianza biografica, ma può assumere rilievo anche da un punto di vista bibliografico. Il metodo impiegato dall'autore per disporre la biblioteca è spesso capace, infatti, di testimoniare i caratteri di sistematicità, di coerenza e di omogeneità della raccolta. La dimensione bibliografica esemplare, già richiamata da Serrai12, si esprime nell'ordinamento stesso della collezione d'autore, poiché la disposizione originale della biblioteca può consentire di individuare le sue strutture portanti (come, ad esempio, il procedere per collezioni e opere complete piuttosto che per singoli autori), nonché i nuclei fondanti (presenza di aree tematiche preponderanti o altamente specializzate) [14, p. 200-201; 27, p. 41; 55, p. 346-347].
La migliore valorizzazione di un fondo personale poggia sulla conservazione della sua primitiva organizzazione [8, p. 47; 9, p. 175; 35, p. 6-7], sebbene non sempre tale soluzione sia attuabile. L'insorgere di problematiche legate al trasferimento della biblioteca in una struttura differente da quella d'origine (inadeguatezza degli spazi, omessa documentazione della primitiva organizzazione) o questioni di salvaguardia dei materiali possono imporsi sul tentativo di conservazione della disposizione originaria; in particolare, è nel momento in cui la biblioteca d'autore si apre al pubblico che si prospettano differenti soluzioni. Quando alle esigenze documentarie si affiancano necessità di utilizzo pubblico della collezione personale sorge, infatti, la necessità di impostare un riordino generale a garanzia di una più diretta fruibilità [9, p. 175]. La conservazione dell'organizzazione originale del fondo è auspicabile in quei casi in cui l'apertura al pubblico sia finalizzata esclusivamente allo studio della personalità del suo possessore e del suo ambiente culturale; invece, nei casi in cui la biblioteca intenda mettere a disposizione il proprio materiale bibliografico a un'utenza non specializzata, per qualsiasi tipo di studi e di ricerche, il mantenimento dell'ordinamento d'autore non sempre è consigliabile [18, p. 10-11]. E' d'obbligo, tuttavia, conservare la memoria dell'organizzazione originaria attraverso la predisposizione di un catalogo topografico, la riproduzione fotografica e la descrizione dell'aspetto originale del fondo [9, p. 175]. Tale testimonianza non solo svolge funzioni documentaristiche, ma anche di modello da cui trarre spunto per la nuova disposizione del fondo. Il cambiamento, infatti, non dovrebbe implicare uno stravolgimento della natura della biblioteca; al contrario, essa dovrebbe essere in grado di mantenere il suo peculiare carattere bibliografico [27, p. 41].

Queste raccomandazioni sono generalmente segute dalle biblioteche d'autore italiane, le quali mantengono o modificano l'ordinamento originario decidendo sulla base delle proprie caratteristiche e finalità. L'Archivio contemporaneo "Alessandro Bonsanti" del Gabinetto Vieusseux di Firenze, isitutuzione esemplare e modello di riferimento di ogni biblioteca d'autore, nel rispetto della volontà del suo fondatore [35, p. 6-7] e ispirandosi a un principio museale, mantiene i fondi secondo la disposizione originaria. La natura conservativa e documentaria dell'Archivio contemporaneo comporta, infatti, la necessità di ricreare ambienti che evochino la personalità di ciascun proprietario dei fondi, sebbene tale soluzione sia poco funzionale dal punto di vista della disponibilità degli spazi. Laura Desideri, nel far presente che col tempo sarà forse necessario abbandonare il criterio di un fondo per ogni sala, sostiene tuttavia l'indiscutibilità della conservazione delle biblioteche d'autore del Vieusseux come nuclei a se stanti, da non disperdere nel patrimonio generale [54, p. 68].
Le biblioteche americane destinatarie dell'indagine di Nicholson [50] dimostrano, invece, una certa "leggerezza" nelle scelte relative all'ordinamento della collezione privata. Il 34,3% dei rispondenti dichiara di mantenere l'unità fisica della raccolta, mentre il 25,7% non solo non conserva la disposizione originaria ma, addirittura, ne disintegra totalmente l'unità fisica, intramezzando i libri con quelli di altre collezioni. Il 40% afferma di utilizzare degli ordinamenti misti, la cui fisionomia deriva da una serie di fattori differenti, e che comprendono parti della collezione mantenute insieme e altre parti inframezzate tra altre raccolte. La possibilità di riunire intellettualmente la collezione, «bring the collection together intellectually» [50, p. 114], attraverso il catalogo elettronico è la motivazione che viene arrecata per giustificare questi comportamenti disinvolti che, invece, sono rari nella prassi biblioteconomica italiana. Alla domanda sullo schema di ordinamento adottato, indipendentemente dal mantenimento o meno dell'unità fisica della raccolta, solo il 2,9% dichiara di mantenere l'ordinamento originario, il 54.3% utilizza lo schema della Library of Congress, il 2,9% quello della Dewey e il 40% altri schemi di collocazione. Al di là delle indubbie motivazioni pragmatiche che spingono le biblioteche dell'ARL ad adottare tali scelte, stupisce la totale mancanza di riflessioni circa l'opportunità di testimoniare l'organizzazione originaria di fondi che così frequentemente vengono disgregati.

La catalogazione d'esemplare: obiettivi, normativa di riferimento, soluzioni informatiche

La descrizione catalografica in una biblioteca d'autore non può limitarsi all'individuazione degli elementi bibliografici utili per l'identificazione dell'edizione a cui appartiene il volume (catalogazione standard), ma deve rappresentare meticolosamente sia le caratteristiche che rendono unico ogni esemplare (catalogazione analitica o d'esemplare) sia le relazioni fra i vari documenti che costituiscono la raccolta [18, p. 11; 25, p. 720; 27, p. 39-41; 30, p. 11; 54, p. 68-70; 55, p. 348-349, 355-356; 56, p. 10]. All'indicazione dei dati bibliografici previsti dalla normativa Isbd per l'individuazione univoca della pubblicazione occorre aggiungere la descrizione analitica delle peculiarità della specifica copia, sia per quanto riguarda l'aspetto fisico (presenza dell'apparato editoriale originario: sopraccoperte, fascette editoriali, cedole di prenotazione, schede bio-bibliografiche, segnalibri, fogli pubblicitari ecc.) sia per le caratteristiche archivistiche.
La descrizione accurata del corredo paratestuale assume rilievo per la storia dell'editoria novecentesca; la segnalazione dei connotati storico-biografici dell'esemplare svolge, invece, una funzione documentaria. Segni di appartenenza (ex libris, ex dono, dediche manoscritte, firme autografe, rilegature particolari), tracce d'uso (annotazioni, sottolineature, postille e altri segni di lettura) e inserti conservati fra le pagine (appunti, ritagli di giornale, lettere, biglietti, cartoline, inviti, fotografie ecc.) trasformano il libro in documento, facendo della copia un testimone della vita dell'autore e del contesto culturale in cui visse e operò. Se una traccia di lettura, infatti, ci può dare indicazioni sul tipo di rapporto che l'autore aveva instaurato con quel testo, una dedica manoscritta ci informa, invece, del rapporto fra l'autore e il donatore del volume. Un ritaglio di giornale inserito fra le pagine di un volume può offrirci una recensione dell'opera, e possiamo immaginare differenti scenari se il possessore della biblioteca è autore dell'opera stessa o piuttosto della recensione.
In particolare, la testimonianza catalografica del legame che intercorre tra il materiale bibliografico e la documentazione inserita è fondamentale quando, per ragioni conservative, si scelga di estrarre il materiale allegato dai volumi. La prassi più diffusa, praticata anche dall'Archivio Contemporaneo del Vieusseux [54, p. 70-71], consiste nel togliere dai volumi i documenti privati da destinare all'archivio e di conservare il materiale editoriale e a stampa insieme al volume, proteggendolo, possibilmente, in apposite tasche confezionate all'interno o all'esterno del volume stesso.

Non si può affermare, al contrario, che le biblioteche dell'ARL adottino procedure altrettanto omogenee. In merito alla conservazione degli allegati, i risultati dell'inchiesta svolta da Nicholson [50] mostrano uno scenario fortemente differenziato: il 51,4% delle biblioteche rimuove gli inserti e li conserva separatamente, il 5,7% li mantiene all'interno dei libri, il 42,9% a volte li estrae e a volte no, sulla base di varie considerazioni, in particolare di tipo conservativo. La decisione cambia in relazione a motivazioni differenti, dettate dalle caratteristiche fisiche di ogni singolo inserto (ad esempio se l'allegato è ingombrante o acido, viene rimosso per non rischiare di danneggiare il volume), dal suo valore intrinseco (ad esempio si conservano a parte inserti manoscritti di personalità di rilievo), dalla presenza o meno di un archivio delle carte dell'autore a cui poter destinare tutti gli inserti rinvenuti, indipendentemente dalla tipologia. Senza entrare nel merito della bontà o meno di questi atteggiamenti, sorprende il fatto che nessuno rilevi la necessità di registrare la presenza di allegati, siano essi inseriti o rimossi.
Il doppio livello catalografico (standard e analitico), tuttavia, non è ancora sufficiente ai fini di una completa analisi della biblioteca d'autore. La descrizione non dovrebbe esaurirsi nella rappresentazione dei segni visibili, dei caratteri propri delle singole unità, ma dovrebbe indagare anche le connessioni profonde che intercorrono tra i vari documenti (tra libro e libri, tra libro e carte, tra libro e lettere ecc.) L'obiettivo è quello di creare, per usare le parole di Crocetti, una mappa sotterranea in grado di svelare i percorsi che legano tra loro i materiali [18, p. 11; 27, p. 39]. Le relazioni che intercorrono tra i documenti, infatti, sono significative sia da un punto di vista bibliografico, poiché consentono di individuare i tragitti di crescita della collezione, sia da un punto di vista storico-biografico, in quanto rendono conto della rete dei legami culturali.
Fino all'emanazione delle nuove regole di catalogazione (Reicat) [57], non esisteva alcuna specifica direttiva di riferimento per la descrizione analitica del libro moderno. Le Reicat, in seguito al complesso lavoro di revisione e radicale riorganizzazione che le ha prodotte, sono in grado di fornire uno strumento in grado di rispondere, sebbene in maniera sintetica ed esemplificativa, alla necessità di approfondimento catalografico richiesto dalle biblioteche d'autore. La struttura integrata delle nuove regole, rifiutando l'astratta scissione tra materiale moderno e antico offre, infatti, una base normativa alla catalogazione d'esemplare del libro moderno. Il fatto che il nuovo codice trovi fondamento nella distinzione fra le entità concettuali Frbr di opera, espressione, manifestazione ("pubblicazione" per le Reicat) ed esemplare [58] fa sì che proprio quest'ultimo, in un'ottica catalografica che dal concreto (pubblicazione ed esemplare) conduce all'astratto (opera ed espressione), assuma un fondamentale e duplice valore. Sin dal paragrafo introduttivo (0.1.1. Scopo e struttura delle norme) le Reicat annunciano questo doppio ruolo, precisando che «comprendono le norme per la descrizione bibliografica e la registrazione delle informazioni sull'esemplare». L'obiettivo di base è la catalogazione della pubblicazione, ma l'oggetto concreto di trattamento è l'esemplare. Al paragrafo 0.3.1 Descrizione bibliografica si chiarisce che «la descrizione bibliografica rappresenta ciascuna pubblicazione» e che «si basa di norma sull'esame di almeno un esemplare, possibilmente integro e perfetto». L'esemplare assume quindi una doppia valenza: da un lato è la fonte su cui si basa la catalogazione della pubblicazione, dall'altro è «"oggetto d'interesse" in sé, per le sue peculiarità e vicende successive alla fase di produzione e messa in circolazione» [59, p. 54] (si veda il par. 0.3.2. Informazioni relative all'esemplare).

Le regole stabiliscono che le informazioni sulla pubblicazione e le informazioni sull'esemplare devono essere registrate in sezioni differenti del record catalografico: il paragrafo 0.2.1 Tipi di registrazione precisa che le «informazioni relative alle pubblicazioni sono di solito riunite in una registrazione bibliografica [...], mentre le informazioni relative agli esemplari sono di solito riunite in una parte apposita della registrazione bibliografica o, preferibilmente, in una registrazione di copia legata alla registrazione bibliografica (par. 0.3.2)». Il concetto viene poi ulteriormente specificato al punto 1.2A Analisi dell'esemplare e ribadito nell'introduzione del cap. 7 Informazioni relative all'esemplare («Si registrano separatamente dalla descrizione bibliografica le informazioni che riguardano specificamente il singolo esemplare [...] Le informazioni relative all'esemplare dovrebbero essere presentate in modo da risultare chiaramente distinte dalle eventuali note che fanno parte della descrizione bibliografica»), con il quale le Reicat scendono nel dettaglio della catalogazione d'esemplare.
Di particolare rilievo, per una biblioteca d'autore, sono le norme contenute nel paragrafo 7.5 Note di possesso, altri elementi di provenienza e postille, che raccomandano la registrazione accurata delle note di possesso, di provenienza, di acquisto e di omaggio, attraverso la trascrizione completa delle stesse o, nei casi in cui la trascrizione comporti particolari difficoltà, riassumendo e descrivendo il contenuto. La norma consiglia di indicare l'ubicazione (frontespizio, guardia anteriore, carta, fine testo ecc.) e di segnalare anche le note non decifrate, depennate o erase. È necessario segnalare anche eventuali possessori precedenti dell'esemplare (ricavabili da ex-libris, timbri ecc.) e altri elementi relativi alla provenienza, come numerazioni e segnature precedenti. Per quanto riguarda le postille, le altre tracce e le annotazioni manoscritte, il par. 7.5.3 stabilisce che si può specificare se sono numerose o sporadiche, cosa riguardano ed eventualmente la loro ubicazione. Possibilmente occorre indicarne il periodo e la mano, se sono sporadiche o di scarsa importanza possono essere trascurate. Relativamente agli inserti rinvenuti tra le pagine dell'esemplare si raccomanda di segnalare «fogli o altri materiali inseriti nell'esemplare o allegati (lettere o biglietti di invio, fatture o ricevute d'acquisto, appunti, fotografie, segnalibri, ritagli di stampa ecc.), anche se estratti e conservati separatamente, specificandone la natura e le caratteristiche per quanto si ritiene opportuno» (par. 7.5.4).

Infine, alle responsabilità relative all'esemplare è dedicato il breve paragrafo 14.6.1 che distingue fra persone/enti responsabili delle caratteristiche intellettuali o artistiche (correzioni, postille, illustrazioni o decorazioni aggiunte, legature di pregio ecc.) e persone/enti responsabili relativamente al possesso o alla conservazione (acquisto, vendita, dono, collocazione, restauro ecc.). Tali responsabilità possono essere oggetto di registrazioni sistematiche e controllate che danno origine a specifici authority files.
Da questa veloce disamina del nuovo codice di catalogazione si nota come le indicazioni fornite in merito al trattamento d'esemplare, sebbene offrano un supporto assente nella precedente normativa, siano prevalentemente di carattere dimostrativo. Alcune questioni specifiche non sono state affrontate, in particolare riguardo alla terminologia da adottare, all'ordine delle informazioni, al modo di presentarle e al livello di approfondimento delle stesse. In mancanza di una riflessione teorica su questi aspetti, il catalogatore può, tuttavia, fare riferimento agli esempi offerti per ognuna delle casistiche analizzate, utilizzando gli stessi come modelli lessicali, sintattici e di ordinamento delle informazioni (a meno che ogni biblioteca d'autore si munisca di strumenti propri come ha fatto l'Archivio Contemporaneo del Vieusseux redigendo le linee guida, Criteri per la descrizione degli esemplari appartenute a Biblioteche d'Autore e private, in uso presso il Gabinetto Vieusseux13).
Alberto Petrucciani, membro e relatore della commissione che ha stilato le Reicat, si chiede anche se sia meglio indicare i vari elementi a partire dall'esterno del libro procedendo verso l'interno o viceversa, e se sia preferibile fornire le indicazioni di possesso e provenienza in ordine "topografico" (nell'ordine delle parti in cui compaiono) o cronologico (considerando che frequentemente gli elementi relativi al possessore compaiono in punti diversi). Quanto alla scelta tra una descrizione esaustiva dell'informazione e una segnalazione generica, egli ritiene che non abbia importanza fissare dei livelli in generale, mentre lo si dovrà fare per ogni singolo progetto, sebbene la coesistenza di descrizioni a diversi livelli di dettaglio non costituisce, nei cataloghi elettronici di oggi, un problema [59, pp. 58-61].

L'applicazione delle Reicat in Sbn è attualmente regolamentata da una circolare risalente a gennaio 2010: non tutte le regole sono infatti immediatamente adottabili nel contesto informatico poiché comportano modifiche al software e implicano quindi un'evoluzione del protocollo Sbn MARC. Per quanto riguarda la catalogazione d'esemplare, tuttavia, la circolare non fornisce indicazioni particolari poiché, a oggi, la descrizione delle caratteristiche della copia è un'informazione che non viene trasmessa all'Indice, ma che rimane accessibile solo a livello di cataloghi locali (di biblioteca o, al massimo, di polo). E', quest'ultimo, un limite che andrebbe al più presto superato, facendo in modo che le informazioni relative all'esemplare figurino anche negli ampi cataloghi collettivi, poiché «il fatto che riguardino un singolo esemplare (e non l'intera edizione) [...] non è affatto un buon motivo per obbligare gli utenti a ricercarle solo in cataloghi singoli, uno alla volta, con un enorme spreco di tempo e di energie» [59, p. 60].
Tra le numerose e dettagliate questioni di carattere catalografico che vengono prese in esame dall'indagine di Nicholson [50], è particolarmente interessante segnalare che i bibliotecari americani sono soliti registrare le tracce manoscritte nell'area "local notes" del record bibliografico (51,4% contro il 25,7% che utilizza il campo note dell'esemplare dell'"Holdings record". Le restanti percentuali si riferiscono ad altre soluzioni minoritarie). Si è visto, invece, come le Reicat ribadiscono numerose volte la necessità di separare nettamente le informazioni che riguardano l'edizione da quelle relative all'esemplare, utilizzando preferibilmente una registrazione di copia, al fine di non dare origine ad informazioni ingannevoli. Lo stesso approccio, fra l'altro, viene utilizzato anche per l'indicazione del possessore della copia, che solo il 25,7% registra a livello di esemplare, mentre il 57,1% segnala nelle note a livello di record bibliografico (anche in questo caso, le percentuali rimanenti riguardano soluzioni singolari).
Anche il Gabinetto Vieusseux utilizza il campo note d'esemplare del record bibliografico per la segnalazione delle informazioni relative all'esemplare, ma non per l'indicazione del possessore precedente, che è invece oggetto di legame (nel senso che tutti i record sono legati al relativo fondo personale di appartenenza).
Per quanto riguarda il livello di approfondimento nella registrazione delle tracce manoscritte, Nicholson ritiene che segnalare il grado di ricchezza delle annotazioni e la loro posizione possa essere più utile piuttosto che indicare la semplice presenza delle stesse. La generica dicitura "Note manoscritte dell'autore" (o formule simili), infatti, connotando sia lievi segni sia ricchi commenti, non aiuta a capire quali testi presentano caratteristiche rare o interessanti. E' un suggerimento da tenere in considerazione, anche in relazione al fatto che le Reicat, come si è visto illustrando il par. 7.5.3, lasciano ampia libertà in merito al modo di segnalare le annotazioni manoscritte.

L'analisi di Nicholson si focalizza soprattutto sulla ricerca e individuazione delle biblioteche personali negli OPAC delle biblioteche dell'ARL. L'autore rileva la notevole difficoltà di estrapolare unicamente i record che si riferiscono a un determinato fondo, essendo essi mischiati con i record relativi all'intera collezione libraria della biblioteca. Questo problema si riscontra anche negli OPAC italiani: se la biblioteca d'autore non possiede un proprio OPAC locale, ma è catalogata insieme agli altri documenti della biblioteca, diventa difficile recuperare dall'OPAC solo i record che si riferiscono ad essa. Molti OPAC, infatti, non consentono di estrarre le notizie bibliografiche legate ai nomi dei possessori, dei dedicatori o dei fondi di provenienza e, se lo permettono, si tratta comunque di una opportunità limitata ai cataloghi locali e di polo. La situazione è ancor peggiore per quanto riguarda le informazioni sulle caratteristiche bibliologiche, sullo stato di conservazione, sulle postille manoscritte e sui materiali inseriti che non possono essere rintracciate, poiché l'area destinata alle note d'esemplare, nella maggioranza dei software di catalogazione, non è interrogabile e non genera chiavi d'accesso.
Anche in questo versante, il Gabinetto Vieusseux è all'avanguardia, il software utilizzato (Easycat/Sbn) consente, infatti, ampie possibilità di recupero. Oltre alla ricerca per singoli fondi viene proposta la ricerca per parole chiave delle note d'esemplare. La terminologia controllata delle linee guida viene in tal modo resa interrogabile a livello informatico consentendo ricerche altamente specifiche come, ad esempio, il recupero di tutti i libri che conservano la sopraccoperta, o di quelli che riportano una dedica autografa, o che conservano una lettera tra le pagine ecc. I termini indicizzati riguardano, infatti, le caratteristiche bibliologiche (fascetta editoriale, segnalibro, scheda bibliografica, scheda editoriale, sovracoperta, pubblicità editoriale), lo stato di conservazione (fogli chiusi, intonso, legatura, restauro), i possessori (ex libris, firma, nota di possesso), i fornitori (libraio, timbro), i dedicatori (dedica), le note manoscritte (note, sottolineature) e i materiali presenti nel libro (biglietto da visita, estratto, fotografia, lettera, ritaglio)14.
Sul problema di riunificare le notizie catalografiche pertinenti ad un dato fondo personale, la proposta avanzata da Nicholson non sembra condivisibile. Egli suggerisce, infatti, di ricorrere all'utilizzo di due punti d'accesso che sono concettualmente legati alla notizia bibliografica e non ai singoli esemplari. Sostiene che le responsabilità di "autore personale" (con indicazione di ruolo "possessore precedente") e "ente collettivo" potrebbero essere utilizzate per segnalare l'ex-possessore della collezione e il nome assegnato alla collezione stessa. In questo modo, tutte le notizie bibliografiche legate a questi due authority file potrebbero essere estrapolate e ricomporre virtualmente l'unità della biblioteca personale. Nicholson è consapevole del fatto che «some institutions may be understandably hesitant to add such fields to bibliographic records that represent copies of books in personal libraries as well as copies of the same editions in other library collections» e, tuttavia, ritiene che «the benefits that such MARC fields provide in terms of collation and identification of personal libraries likely outweigh the drawbacks in many cases. For noteworthy, high-profile libraries, certainly, they would seem to be indispensable. However, libraries may wish to apply them more selectively to personal libraries that are small or deemed to be lacking in distinctive features» [50, p. 124-125]. La soluzione proposta da Nicholson, sebbene pragmatica, non è condivisibile, poiché oltre a non rispettare i principi concettuali definiti da FRBR, potrebbe realmente generare informazioni ingannevoli per gli utilizzatori dell'OPAC. La soluzione più corretta e più efficace per riunire catalograficamente i record appartenenti a una determinata biblioteca personale rimane quella (attuata anche dal Gabinetto Vieusseux) di legare gli stessi record ai relativi fondi di appartenenza, garantendo in OPAC l'interrogazione "per provenienza".

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

[1] Giovanna Granata. La riflessione scientifica. In: Paolo Traniello, Storia delle biblioteche in Italia dall'Unità a oggi. Bologna: Il Mulino, 2002, p. 461-518.

[2] Paola Ricciardi – Maria Cecilia Calabri. Le biblioteche d'autore nel Censimento dei fondi librari della Regione Toscana: tipologie e localizzazioni. In: Collezioni speciali del Novecento: le biblioteche d'autore: atti della giornata di studio, Firenze, 21 maggio 2008. «Antologia Vieusseux», 14 (mag-dic 2008), n. 41-42, p. 75-106.

[3] Francesco Barberi. Librerie private. In: Id., Biblioteche in Italia: saggi e conversazioni. Firenze: Giunta regionale Toscana, La nuova Italia, 1981, p. 7-11.

[4] Attilio Mauro Caproni. La bibliografia e le biblioteche d'autore nel XX secolo: un rapporto difficile. In: Le biblioteche private come paradigma bibliografico: atti del convegno internazionale, Roma, 10-12 ottobre 2007, a cura di Fiammetta Sabba. Roma: Bulzoni, [2008], p. 395-401.

[5] Attilio Mauro Caproni. Le biblioteche d'autore: definizione, caratteristiche e specificità: alcuni appunti. «Bibliotheca», 3 (2004), n. 1, p. 15-22.

[6] Attilio Mauro Caproni. Le biblioteche degli scrittori del Novecento: la palude delle parole. «Bibliotheca», 2 (2003), n. 1, p. 29-40.

[7] Attilio Mauro Caproni. Le biblioteche e gli archivi personali. In: Collezionismo, restauro e antiquariato librario: convegno internazionale di studi e aggiornamento professionale per librai antiquari, bibliofili, bibliotecari conservatori, collezionisti e amatori di libri: atti del convegno, Spoleto, Rocca Albornoziana, 14-17 giugno 2000, a cura di M.C. Misiti. Milano: Sylvestre Bonnard, 2002, p. 11-20.

[8] Attilio Mauro Caproni. Il concetto di "raro": archivi e biblioteche d'autore. «Culture del testo e del documento», 1 (2000), n. 1, p. 31-53.

[9] Attilio Mauro Caproni. Fogli di taccuino: appunti e spunti vari di biblioteconomia (1971-1988). Manziana (Roma): Vecchiarelli, 1988.

[10] Attilio Mauro Caproni. Le librerie personali nelle biblioteche pubbliche: appunti per una riflessione. «Bibliotheca», 2 (2003), n. 2, p. 268-271.

[11] Alfredo Serrai. Biblioteche private in Italia: guida storico-bibliografica: idee orientative. In: Id., Racemationes bibliographicae. Roma: Bulzoni, 1999, p. 45-57.

[12] Alfredo Serrai. Le biblioteche private quale paradigma bibliografico: la biblioteca di Aldo Manuzio il giovane. In: Le biblioteche private come paradigma bibliografico: atti del convegno internazionale, Roma, 10-12 ottobre 2007, a cura di Fiammetta Sabba. Roma: Bulzoni, [2008], p. 19-28.

[13] Alfredo Serrai. Breve storia delle biblioteche in Italia. Milano: Sylvestre Bonnard, 2006, p. 77-88.

[14] Alfredo Serrai. Le dimensioni bibliografiche di una raccolta bibliotecaria. In: I fondi librari antichi delle biblioteche: problemi e tecniche di valorizzazione, a cura di Luigi Balsamo e Maurizio Festanti. Firenze: Olschki, 1981, p. 199-207.

[15] Alfredo Serrai. Equivoci ed insufficienze della tradizionale storia delle biblioteche: un metodo bibliometrico per la valutazione delle raccolte storiche. In: Biblioteche private in età moderna e contemporanea: atti del convegno internazionale, Udine, 18-20 ottobre 2004, a cura di Angela Nuovo. Milano: Sylvestre Bonnard, 2005, p. 15-21.

[16] Conservare il Novecento: gli archivi culturali: atti del convegno, Ferrara, 27 marzo 2009, seguiti da, Luigi Crocetti: la tradizione culturale italiana del Novecento e altri scritti, a cura di Laura Desideri e Giuliana Zagra. Roma: Associazione italiana biblioteche, 2010.

[17] Luigi Crocetti. Che resterà del Novecento?. «IBC», 9 (2001), n. 3, p. 6-11.

[18] Luigi Crocetti. Indicizzare la libertà. «Biblioteche oggi», 20 (2002), n. 1, p. 8-11.

[19] Luigi Crocetti. Memorie generali e memorie specifiche: alcune considerazioni sul fenomeno della proliferazione degli archivî letterari. «Biblioteche oggi», 17 (1999), n. 4, p. 24-27.

[20] Luigi Crocetti. «Parole introduttive». In: Conservare il Novecento: atti del convegno, Ferrara, 25-26 marzo 2000, a cura di Maurizio Messina e Giuliana Zagra. Roma: Associazione italiana biblioteche, 2001, p. 23-26.

[21] Luigi Crocetti. «Presentazione». «Archivi del nuovo: notizie di Casa Moretti», (1997), n. 1, p. 5-6.

[22] Conservare il Novecento: atti del convegno, Ferrara, 25-26 marzo 2000, a cura di Maurizio Messina e Giuliana Zagra. Roma: Associazione italiana biblioteche, 2001.

[23] Biblioteche d'autore: pubblico, identità, istituzioni: atti del convegno, Roma, 30 ottobre 2003, a cura di Giuliana Zagra. Roma: Associazione italiana biblioteche, 2004.

[24] Laura Desideri, Maria Cecilia Calabri. Collezioni speciali del Novecento: le biblioteche d'autore: definizione e gestione. In: Collezioni speciali del Novecento: le biblioteche d'autore: atti della giornata di studio, Firenze, 21 maggio 2008. «Antologia Vieusseux», 14 (mag-dic 2008), n. 41-42, p. 155-157 e all'indirizzo: http://www.aib.it/aib/cg/gbautd04.

[25] Giuliana Zagra. 0.27.1 Biblioteche d'autore. In: Biblioteconomia: guida classificata, diretta da Mauro Guerrini. Milano: Editrice Bibliografica, 2007, p. 719-720.

[26] Giuliana Zagra. Biblioteche d'autore del Novecento. In: Carte, libri, memorie: conservare e studiare gli archivi di persona: giornata di studio, Treviso, 26 ottobre 2007. Treviso: Fondazione Benetton Studi Ricerche, [s.d.], p. 21-24.

[27] Giuliana Zagra. Biblioteche d'autore in biblioteca: dall'acquisizione alla valorizzazione. In: Collezioni speciali del Novecento: le biblioteche d'autore: atti della giornata di studio, Firenze, 21 maggio 2008. «Antologia Vieusseux», 14 (mag-dic 2008), n. 41-42, p. 37-48.

[28] Giuliana Zagra. Biblioteche d'autore nelle biblioteche pubbliche. In: Conservare il Novecento: gli archivi culturali: atti del convegno, Ferrara, 27 marzo 2009, seguiti da, Luigi Crocetti: la tradizione culturale italiana del Novecento e altri scritti, a cura di Laura Desideri e Giuliana Zagra. Roma: Associazione italiana biblioteche, 2010, p. 31-38.

[29] Giuliana Zagra. Biblioteche d'autore: pubblico, identità, istituzioni. «AIB notizie», 15 (2003), n. 11, p. II-III.

[30] Giuliana Zagra. Biblioteche d'autore tra identità e pubblico. In: Biblioteche d'autore: pubblico, identità, istituzioni: atti del convegno, Roma, 30 ottobre 2003, a cura di Giuliana Zagra. Roma: Associazione italiana biblioteche, 2004, p. 9-12.

[31] Giuliana Zagra. Il mestiere del conservatore tra antico e moderno: il percorso della Biblioteca nazionale centrale di Roma. In: Conservare il Novecento: atti del convegno, Ferrara, 25-26 marzo 2000, a cura di Maurizio Messina e Giuliana Zagra. Roma: Associazione italiana biblioteche, 2001, p. 83-91.

[32] Giuliana Zagra. «Premessa». In: Conservare il Novecento: la stampa periodica: atti del convegno, Ferrara, 29-30 marzo 2001, a cura di Maurizio Messina e Giuliana Zagra. Roma: Associazione italiana biblioteche, 2002, p. 9-11.

[33] Giuliana Zagra. Società e vita culturale del territorio attraverso le biblioteche d'autore. In: Biblioteche provinciali e archivi: la sezione locale e la memoria del territorio: atti del VII convegno nazionale, Pescara, 23-24 settembre 2004, a cura di Dario D'Alessandro. Roma: Associazione italiana biblioteche, 2005, p. 31-36.

[34] Carte, libri, memorie: conservare e studiare gli archivi di persona: giornata di studio, Treviso, 26 ottobre 2007. Treviso: Fondazione Benetton Studi Ricerche, [s.d.].

[35] Alessandro Bonsanti. Criteri generali di ordinamento e iter del documento e del libro presso l'Archivio contemporaneo del Gabinetto G.P. Vieusseux. Firenze: Mori, 1980.

[36] Biblioteche private in età moderna e contemporanea: atti del convegno internazionale, Udine, 18-20 ottobre 2004, a cura di Angela Nuovo. Milano: Sylvestre Bonnard, 2005.

[37] Le biblioteche private come paradigma bibliografico: atti del convegno internazionale, Roma, 10-12 ottobre 2007, a cura di Fiammetta Sabba. Roma: Bulzoni, [2008].

[38] Collezioni speciali del Novecento: le biblioteche d'autore: atti della giornata di studio, Firenze, 21 maggio 2008. «Antologia Vieusseux», 14 (mag-dic 2008), n. 41-42.

[39] Hélène Parant – Fabrice Flahutez – Camille Morando. La bibliothèque d'André Masson: une archéologie. Paris: Artvenir, 2011.

[40] Françoise Levaillant – Dario Gamboni – Jean-Roch Bouiller. Bibliothèques d'artistes. Paris: PUPS, 2010.

[41] Elisabeth Decultot [et al.]. Bibliothèques d'écrivains, sous la direction de Paolo D'Iorio et Daniel Ferrer. Paris: CNRS, 2001.

[42] Passion(s) et collections: actes du colloque, Chambéry, 21-22 octobre 1998, colloque organisé par l'Agence Rhône-Alpes pour le livre et la documentation, la Bibliothéque municipale de Chambéry, la Fédération française de cooperation entre bibliothèques. Paris: FFCB; Annecy: ARALD; Chambéry: Bibliothèque municipale de Chambéry, 1999.

[43] Dons et legs dans les bibliothèques publiques: "je lègue ma bibliothèque à": actes de la [1ère] Journée d'études annuelle "Droit et patrimoine" organisée le 4 juin 2007 à l'École normale supérieure Lettres sciences humaines, Lyon, par l'École nationale supérieure des sciences de l'information et des bibliothèques et le Centre de conservation du livre, sous la direction de Raphaële Mouren. [Méolans-Revel]: Perrousseaux; Arles: Centre de conservation du livre, 2010.

[44] Albert L. Hurtado. Professors and Tycoons: the creation of great research libraries in the American West. «Western Historical Quarterly», 41 (2010), n. 2, p. 149-169

[45] Bobby J. Donaldson. "Circles of learning": exploring the Library of Carter G. Woodson. «Journal of African American History», 93 (2008), n. 1, p. 80-87.

[46] Cynthia M. Koch. Roosevelt and his library. «Prologue», 33 (2001), n. 2, p. 74-84

[47] Roark Mulligan. Dreiser's Private Library. «Dreiser Studies», 33 (2002), n. 2, p. 40-67.

[48] Galina Alekseeva. Describing Tolstoy's Private Library. «Tolstoy Studies Journal», 13 (2001), p. 26-31.

[49] Gavriel Shapiro. From Nabokov's Private Library. «Nabokovian», 42 (1999), p. 26-31

[50] Joseph R. Nicholson. Making Personal Libraries More Public: a Study of the Technical Processing of Personal Libraries in ARL Institutions. «RBM: A Journal of Rare Books, Manuscripts, & Cultural Heritage», 11 (2010), n. 2, p. 106-133.

[51] Francesca Ghersetti. Da privato a pubblico: la Biblioteca Riccardo e Fernanda Pivano. «Biblioteche oggi», 17 (1999), n. 4, p. 16-21.

[52] Giovanni Macchia – Doriano Fasoli. Biblioteca e dintorni. In: Id., La stanza delle passioni: dialoghi sulla letteratura francese e italiana. Venezia: Marsilio, 1997, p. 95-130.

[53] Walter Pedullà. «Prefazione». In: La biblioteca di Don Gonzalo: il Fondo Gadda alla Biblioteca del Burcardo, a cura di Andrea Cortellessa e Giorgio Patrizi. Roma: Bulzoni, 2001, p. 7-10.

[54] Laura Desideri. Le biblioteche d'autore dell'Archivio contemporaneo del Gabinetto Vieusseux. In: Conservare il Novecento: atti del convegno, Ferrara, 25-26 marzo 2000, a cura di Maurizio Messina e Giuliana Zagra. Roma: Associazione italiana biblioteche, 2001, p. 58-73.

[55] Anna Manfron. Le biblioteche degli scrittori. «Bollettino AIB», 44 (2004), n. 3, p. 345-356.

[56] Cristina Cavallaro. Fra biblioteca e archivio: catalogazione, conservazione e valorizzazione dei fondi privati. Milano: Sylvestre Bonnard, 2007.

[57] Regole italiane di catalogazione: Reicat, a cura della Commissione permanente per la revisione delle regole italiane di catalogazione. Roma: Iccu, 2009.

[58] International Federation of Library Associations and Institutions. Requisiti funzionali per record bibliografici: rapporto conclusivo, edizione italiana a cura dell'Istituto centrale per il catalogo unico delle biblioteche italiane e per le informazioni bibliografiche. Roma: Iccu, 2000 e, in lingua originale, all'indirizzo: http://www.ifla.org/files/cataloguing/ frbr/frbr_2008.pdf.

[59] Alberto Petrucciani. Biblioteche d'autore in biblioteca: una catalogazione speciale? In: Collezioni speciali del Novecento: le biblioteche d'autore: atti della Giornata di studio, Firenze, 21 maggio 2008. «Antologia Vieusseux», 14 (mag-dic 2008), n. 41-42, p. 49-61.

NOTE

Ultima consultazione siti web: aprile 2013.

[1] È questa la celebre definizione di bene culturale che, elaborata nel 1967 dalla Commissione Franceschini, sostituisce la precedente nozione di «cose di interesse storico e artistico» della L. 1089/1939 (cd Legge Bottai).

[2] Si pensi, solo per fare alcuni esempi, al fondo Walter Binni, acquisito nel 1997 dalla Biblioteca Augusta di Perugia, al fondo Giovanni Macchia accolto dal 2001 dalla Biblioteca nazionale centrale di Roma o al fondo Carlo Bo ereditato dal 2000 dall'Università degli Studi di Urbino.

[3] Per una esaustiva bibliografia sulle biblioteche d'autore si rimanda a quella aggiornata al 2009 contenuta in: Collezioni speciali del Novecento: le biblioteche d'autore: atti della giornata di studio, Firenze, 21 maggio 2008. «Antologia Vieusseux», 14 (mag-dic 2008), n. 41-42, p. 158-176.

[4] Il gruppo ha svolto la sua attività dal 2003 al 2011. Dal 2012 è stato sostituito dalla Commissione nazionale Biblioteche speciali, archivi e biblioteche d'autore coordinata da Laura Desideri e composta da Claudia Piergigli, Anna Manfron, Giuliana Zagra, Elisabetta Castro, Vittorio Orrù e Manuela Massa. La Commissione intende portare a compimento i lavori avviati e non conclusi dal gruppo, in particolare l'elaborazione di linee guida per il trattamento e la gestione di archivi e biblioteche d'autore. Si veda all'indirizzo: http://www.aib.it/struttura/commissioni-e-gruppi/gbaut/ (indirizzi web controllati in data 16 aprile 2013).

[5] L'indagine è consistita nell'invio di un questionario a 111 biblioteche afferenti all'ARL. Dei 46 rispondenti, 35 hanno dichiarato di conservare biblioteche personali di "creative writers". Con questo termine Nicholson si riferisce alle biblioteche di romanzieri, poeti e autori teatrali. Si puntualizza, tuttavia, che i risultati della ricerca possono essere applicati anche a biblioteche appartenute a "other well-known people", ovvero a personalità di spicco nel panorama culturale. [50, p. 107]

[6] Le collezioni personali, nelle biblioteche americane, sono conservate insieme ai manoscritti e alla documentazione archivistica all'interno della sezione "Special Collections" in cui il materiale è catalogato secondo procedure tipicamente archivistiche.

[7] http://marbl.library.emory.edu/.

[8] Si vedano, a titolo esemplificativo, le seguenti pagine web:
Fondi personali della Biblioteca Gambalunga di Rimini, http://www.bibliotecagambalunga.it/raccolte/-fondi_speciali/;
Fondi personali della Biblioteca Manfrediana di Faenza, http://manfrediana2.racine.ra.it/collezioni.html;
Fondo Piero ed Elena Bigongiari della Biblioteca San Giorgio di Pistoia, http://www.sangiorgio.comune.pistoia.it/fondo-piero-e-elena-bigongiari/#.Ud6pBkpH6os.

[9] Tra le biblioteche d'autore che possiedono un Opac locale si ricordano le seguenti:
Biblioteca della Fondazione Spadolini Nuova Antologia di Firenze, http://www.nuovaantologia.it/htdocs/index.html;
Biblioteca della Fondazione Ezio Franceschini di Firenze, http://aleph.fefonlus.it:8991/F;
Biblioteca della Fondazione Carlo e Marise Bo di Urbino, http://www.news.fondazionebo.it/nl/fondazionebo_command_661.mn;
Biblioteca della Fondazione Natalino Sapegno di Morgex (AO), http://www.sapegno.it/sapegno/index.php/pagina/15/1/Biblioteca_e_Archivio.

[10] http://www.bncrm.librari.beniculturali.it//index.php?it/392/una-rete-per-gli-archivi-letterali-del-900.

[11] Per un esempio di utilizzo di alcuni strumenti Web 2.0 si veda il sito internet della Biblioteca della Fondazione Carlo e Marise Bo di Urbino in cui sono presenti i link al blog e alla pagina Facebook: http://www.news.fondazionebo.it/nl/fondazionebo_command_668.mn.

[12] Le biblioteche degli intellettuali, in quanto frutto di una selezione bibliografica mirata e consapevole, hanno generalmente il pregio di un'interna armonia e uniformità e si dimostrano in grado di raggiungere livelli «di coerenza, di omogeneità, e di compattezza disciplinare tale che risulta legittimo assegnar loro, talvolta, natura e carattere di autentici paradigmi bibliografici») [13, p. 77-78]

[13] Il fascicolo, distribuito pubblicamente durante la giornata di studio del 21 maggio 2008, "Collezioni speciali del Novecento: le biblioteche d'autore", definisce in maniera esauriente come strutturare il campo "note d'esemplare" indicando quali elementi descrivere, con quale lessico e in quale sequenza.

[14] L'Opac del Gabinetto Vieusseux è accessibile all'indirizzo: http://opac.comune.firenze.it/ easyweb/w0222/. Si veda Luca Brogioni. La valorizzazione delle raccolte dello SDIAF. In: Collezioni speciali del Novecento, cit., p. 111-118.