E ora facciamo i conti con la realtà

di Anna Galluzzi

Già ormai da diversi anni, anche nel nostro Paese, il futuro delle biblioteche pubbliche è diventato un vero e proprio filone di ricerca e di approfondimento che ha travalicato i confini della letteratura scientifica e professionale di ambito bibliotecario fino a invadere il più ampio territorio dell'opinione pubblica1. Di fronte all'inarrestabile processo di convergenza al digitale dei supporti informativi e all'espansione apparentemente senza limiti delle potenzialità della rete, gli interrogativi sul ruolo della biblioteca, e in particolare della biblioteca pubblica, sia in quanto luogo fisico destinato a ospitare e a mettere a disposizione collezioni bibliografiche organizzate, sia in quanto organizzazione nata con lo scopo di garantire l'accesso della comunità al patrimonio conoscitivo e informativo prodotto nel corso del tempo, si fanno sempre più articolati e pressanti.
Da un lato c'è chi tende a liquidare la questione della fisicità della biblioteca come un falso problema, concentrandosi sulle funzioni che le biblioteche - o meglio i bibliotecari - hanno svolto e possono continuare a svolgere in contesti e modalità differenti nell'organizzazione della conoscenza2; dall'altro c'è chi vede nello spazio fisico della biblioteca potenzialità che vanno oltre le collezioni - in particolare quelle cartacee - e che hanno piuttosto a che vedere con l'aggregazione e l'interazione tra le persone in funzione dell'apprendimento e dell'esplicarsi delle potenzialità creative degli individui3.
Per quanto riguarda la biblioteca pubblica in particolare, gli interrogativi su ruolo e funzioni si fanno particolarmente insistenti, in quanto la sua natura tradizionalmente non specialistica e la sua vocazione ad ampio respiro in termini sia di utenza sia di servizi, nonché le sue origini strettamente legate ai bisogni di una società storicamente e socialmente molto diversa da quella attuale, ne accrescono il possibile tasso di obsolescenza.
Ne sono derivati studi di carattere sociologico volti a definire i bisogni informativi e i modi di produzione della conoscenza nella società contemporanea allo scopo di identificare le possibili funzioni che possono essere svolte oggi dalle biblioteche pubbliche4, nonché ricerche volte a elaborare possibili modelli di biblioteche pubbliche più rispondenti agli stili di vita propri della contemporaneità5.
Il fatto è che quando si discute del futuro della biblioteca pubblica non solo è basso il rischio di essere smentiti, dato che qualunque previsione può essere spostata temporalmente sempre più in avanti, ma la riflessione si fa inevitabilmente astratta dal momento che il suo oggetto è una biblioteca ideale che non necessariamente corrisponde alla realtà effettiva delle biblioteche o almeno non a quella della maggioranza delle biblioteche.
Ecco perché è essenziale di tanto in tanto fare i conti con la realtà allo scopo di misurare la distanza esistente tra i possibili scenari futuri di sviluppo delle biblioteche pubbliche e le condizioni effettive in cui esse operano nella quotidianità.
Purtroppo non tutti i Paesi hanno a disposizione il quadro descrittivo aggiornato e completo del proprio sistema di biblioteche pubbliche, in parte perché non ovunque esiste una tradizione consolidata di raccolta di dati statistici per il monitoraggio delle attività e dei servizi bibliotecari a fini conoscitivi e di rendicontazione pubblica, in parte perché non sempre il sistema legislativo e amministrativo nazionale prevede l'esistenza di un soggetto autorevole che svolga la funzione di stimolo, coordinamento e collettore centrale dei dati delle biblioteche raccolti a livello locale.

L'Italia è uno dei Paesi nei quali - per entrambi i motivi su esposti - ancora oggi non si dispone di adeguati strumenti conoscitivi e si fa fatica persino a sapere con certezza il numero e la dislocazione delle biblioteche pubbliche esistenti (sebbene lo stesso discorso si possa estendere anche ad altre tipologie di biblioteca).
In passato sono stati fatti alcuni tentativi per acquisire un quadro attendibile della realtà bibliotecaria pubblica in Italia6, ma tutti si sono caratterizzati per il fatto di non garantire completezza e continuità nel tempo, tanto che è stato necessario provare a stimare dei dati nazionali a partire dai dati parziali disponibili (mediante gli scarti tra i dati nazionali e quelli raccolti in alcune realtà locali)7 per avere un quadro di insieme e minime serie storiche.
Da questo punto di vista bisogna certamente salutare con favore la realizzazione di un'indagine statistica sulle biblioteche degli enti territoriali italiani, promossa dal Centro per il libro e la lettura (Cepell) del Ministero per i beni e le attività culturali e l'Associazione italiana biblioteche e realizzata da questi due enti in collaborazione con l'Istat e l'ANCI (Associazione Nazionale dei Comuni Italiani)8.

A luglio è stato pubblicato sul sito del Cepell un rapporto contenente una prima analisi dei dati emersi dall'indagine, a cura di Maria Nicola Pace e Marianna Prisco9, che - come è stato più volte sottolineato anche in occasione della presentazione del rapporto tenutasi a Roma l'11 luglio - contiene solo una parte dei risultati e soprattutto è solo una prima elaborazione dei dati a disposizione. Gli stessi promotori dell'indagine sottolineano, inoltre, che si è fatta consapevolmente la scelta di privilegiare la freschezza dei dati, a scapito - in alcuni casi - di dati più precisi ed esaustivi per evitare una debolezza tipica delle indagini statistiche, ossia il ritardo con cui offrono letture della realtà che ne mette a rischio la stessa veridicità e rispondenza al contesto. In questo caso, invece, si può opportunamente contare su un quadro molto aggiornato della situazione, visto che i dati si riferiscono al 2012 (e addirittura si mettono a disposizione le previsioni di spesa per il 2013). Ci si augura che venga soddisfatta anche un'altra condizione essenziale per un monitoraggio efficace, ossia la periodicità e la continuità nel tempo della raccolta dei dati al fine di costruire quelle serie storiche indispensabili per una lettura diacronica e non solo puntuale della realtà. Su questo è stato già esplicitato un impegno preciso da parte del Centro per il libro e la lettura attraverso le parole del suo Direttore, Flavia Cristiano.
In attesa di poter discutere le serie storiche, ci si soffermerà sulla fotografia delle biblioteche pubbliche italiane offerta dall'indagine. Un primo merito importante di questo lavoro è di aver realizzato una mappatura delle biblioteche pubbliche a partire da diverse anagrafi attualmente esistenti, tutte di fatto incomplete ma anche in buona parte sovrapponibili. Il risultato dell'analisi comparativa ha evidenziato l'esistenza nominale di 6.890 biblioteche; a questo proposito può essere almeno in parte significativo ricordare che sono 8.093 i comuni italiani censiti dall'Istat al 30 giugno del 201310.
Ai fini della realizzazione dell'indagine - condotta interamente per via telematica - le biblioteche contattate sono state 4.658, in quanto le restanti sono risultate non in possesso di una casella email attiva e funzionante (né della biblioteca né dell'ente di riferimento). All'indagine hanno risposto 3.854 biblioteche (83% sul totale di quelle contattate), dal cui elenco sono state ulteriormente espunte quelle che un'ulteriore verifica ha confermato non appartenenti a enti pubblici o non di pubblica lettura. La popolazione oggetto di indagine è risultata dunque composta di 3.807 biblioteche, 224 delle quali si sono rivelate sezioni distaccate e 339 chiuse.
In definitiva, l'analisi dei dati ha riguardato 3.244 biblioteche.
Prima di procedere nella lettura dei risultati, si rende necessaria qualche riflessione di carattere metodologico che dovrebbe consentire di valutare i dati messi a disposizione in modo il più possibile critico. La progettazione delle fasi dell'indagine si presenta molto accurata non solo per la già citata attenzione nella ricostruzione della popolazione di riferimento a partire dalle fonti a disposizione, ma anche per la scelta di condurre un'indagine pilota su un numero limitato di strutture allo scopo di testare l'efficacia del questionario e per la sistematicità con cui si sono perseguiti tassi elevati di risposta. Difficile valutare aspetti di dettaglio non avendo per il momento a disposizione tutti gli elementi metodologici e non conoscendo tutte le scelte effettuate e le relative motivazioni. Per esempio, non è chiaro se il questionario11 prevedesse una guida alla sua compilazione, allo scopo di chiarire possibili dubbi nell'interpretazione del tipo di dati richiesti.

Colpisce - ed è forse il principale punto debole dell'indagine - l'assenza totale (almeno nei materiali fin qui a disposizione) di riferimenti agli strumenti metodologici che nel corso degli ultimi vent'anni il settore bibliotecario ha sviluppato a livello internazionale (e che poi sono stati fatti propri anche a livello nazionale) per garantire uniformità, coerenza e qualità alle analisi dei dati. Ci si riferisce in particolare agli standard ISO 278912 e 1162013, il primo finalizzato principalmente a uniformare le definizioni dei concetti e dei dati utilizzati per le statistiche bibliotecarie allo scopo di assicurare univocità nella raccolta, il secondo contenente una proposta di indicatori di performance, dei quali vengono chiariti obiettivi, caratteristiche e modalità di calcolo.
Gli indicatori di performance sono ormai considerati un passaggio essenziale dell'analisi dei dati perché aumentano la confrontabilità dei risultati ed evitano il cosiddetto fenomeno dell'"adeguatezza apparente" (ossia l'idea che un dato quantitativamente elevato sia necessariamente positivo, mentre invece la sua adeguatezza è valutabile solo in termini relativi, ossia se messa in relazione al bacino di utenza di riferimento)14. Proprio a partire dagli indicatori sono stati costruiti gli standard quantitativi delle biblioteche pubbliche prodotti dall'IFLA15 (sebbene nell'ultima edizione si sia preferito stemperare l'assolutezza del dato quantitativo imposto dagli indicatori in favore di elementi qualitativi16), così come gli indicatori sono stati essenziali, all'interno dei diversi contesti territoriali, per definire parametri valutativi differenziati per le biblioteche pubbliche secondo le dimensioni delle comunità di riferimento (per esempio, standard-obiettivo diversi per biblioteche di comuni piccoli, medi, grandi e metropolitani).
Nel rapporto sull'indagine attualmente pubblicata sul sito del Cepell non si trova traccia di nulla di tutto ciò, né elaborazioni dei dati che vadano in questa direzione sono contenuti nelle tabelle complete messe a disposizione nel medesimo sito17. Ciò appare in qualche modo sorprendente se si considera che alcuni degli enti coinvolti (in particolare l'AIB) sono stati molto attivi in passato nel trasferire nel contesto italiano questi strumenti di lavoro. Probabilmente dovremo attendere una seconda fase di analisi dei dati e il rapporto finale completo dell'indagine per poter effettuare delle analisi comparative sulla base di indici effettivamente confrontabili.
Resta inoltre il dubbio in merito alla condivisione, da parte dei rispondenti, delle definizioni dei dati raccolti attraverso il questionario. Ad esempio, non è chiaro se - nell'identificazione delle unità da censire - sia stata adottata la definizione di biblioteca proposta dalle norme ISO, che avrebbe risolto a monte l'ambiguità tra le unità amministrative (ossia i centri di spesa) e i punti di servizio che si appoggiano sul piano amministrativo ad altre strutture. Né è dichiarato se il termine 'iscritti' si riferisca agli utenti attivi del prestito o dei servizi (come richiesto dallo standard) ovvero a tutti coloro che sono registrati come utenti della biblioteca (dalla lettura del questionario la seconda ipotesi sembrerebbe più probabile), ovvero qual è l'unità di misura adottata nel richiedere alle biblioteche il numero delle risorse digitali acquisite nel corso dell'anno (il questionario specifica solo che la voce comprende audio, video, e-book, risorse elettroniche ecc.), o ancora se il personale censito sia da intendersi come personale professionale oppure no e se sia indicato in FTE (Full Time Equivalent) o in unità semplici.

Inoltre, l'assenza di indicatori inevitabilmente lascia qualche perplessità rispetto ad alcune analisi contenute nel rapporto, in particolare quelle relative alle visite annuali, agli iscritti, agli utenti, ai prestiti, alle postazioni di lettura e pc, al personale, agli acquisti e alle spese per il materiale bibliografico. In alcuni casi, la scomposizione dei dati per fasce di popolazione dei comuni (sotto i 2.000 abitanti, tra 2.001 e 10.000 abitanti, tra 10.001 e 50.000 abitanti, oltre i 50.000 abitanti) consente una almeno parziale relativizzazione dei dati assoluti, ma non scioglie tutti i nodi che rendono difficoltosa una corretta lettura dei dati; restano poco significativi i confronti regionali tra i dati assoluti, che evidentemente non tengono conto del numero delle biblioteche e della popolazione di riferimento da servire.
Non è dunque un caso che l'aspetto sul quale questo rapporto preliminare fornisce le maggiori indicazioni e offre il quadro più interessante è quello di tipo descrittivo, ossia quello che permette di farsi un'idea dello stato di salute generale del sistema bibliotecario italiano e del suo livello di operatività e innovazione.
Per entrare un po' più nello specifico, ma restando nell'ambito di considerazioni di carattere generale, si proveranno di seguito ad enucleare alcuni risultati degni di una riflessione supplementare e a sottolineare alcuni dei tratti più significativi che caratterizzano oggi le biblioteche pubbliche italiane.
Una lettura d'insieme dei dati che emergono da questo rapporto suggerisce l'idea che in Italia esista un 10-20% delle biblioteche pubbliche oggetto di indagine (tra le 300 e le 600 biblioteche) che vive al di sotto dei livelli minimi che normalmente ci si attende da una biblioteca nel senso proprio del termine. Per fare alcuni esempi, si consideri che 518 biblioteche (15,97%) non garantiscono la piena accessibilità degli edifici agli utenti diversamente abili, 570 (17,57%) hanno un orario di apertura settimanale non superiore alle 10 ore (delle quali 35, l'1,12%, sono aperte solo su appuntamento), 688 (21,21%) non ha alcun servizio di prestito interbibliotecario, 728 (22,44%) hanno meno di 10 posti di lettura, 403 (12,42%) non hanno alcuna postazione Internet e 693 (21,36%) non mettono a disposizione un servizio di accesso a Internet, 830 (25,59%) non offrono alcun tipo di servizio di riproduzione dei documenti, 115 (3,55%) possiedono meno di 2.000 documenti, 783 (24,14%) non dispongono di alcun giornale cartaceo, 671 (20,68%) non hanno un catalogo consultabile su Internet, 394 (12,65%) non hanno rapporti con alcun soggetto sul territorio. Infine l'11,75% delle biblioteche prevedeva di non disporre di alcun budget per l'acquisto di materiale bibliografico nel 2013.
È chiaro che questa percentuale di biblioteche che oscilla tra il 10 e il 20% non si compone sempre delle stesse unità, ma la sensazione (spesso confermata dal confronto con la realtà) che una parte delle biblioteche pubbliche italiane esista soltanto sulla carta e che solo l'inerzia tipica delle politiche pubbliche italiane le mantenga in vita in modo del tutto artificiale è molto forte.

Quando si lanciano slogan come "Una biblioteca in ogni comune" ci si dovrebbe ricordare di questi dati e rendersi conto che in un contesto come quello italiano in cui 3.563 comuni su 8.093 (circa il 44%) hanno meno di 2.000 abitanti18 una soluzione di questo genere è irrealizzabile, se non attraverso un investimento significativo in formule cooperative che consentano di fornire servizi bibliotecari decentrati capaci di arrivare anche negli angoli più sperduti del territorio. Si pensi che in Francia, che ha una dispersione amministrativa sul territorio ben superiore a quella italiana (oltre 37.000 comuni), l'ultima sintesi nazionale realizzata dal Ministére de la Culture et de la Communication, i cui dati si riferiscono al 2011, stima che esistano 7.100 biblioteche e 9.200 punti di accesso al libro, per un totale di 16.300 luoghi di lettura pubblica (in pratica una unità amministrativa ogni 5 comuni, ma con più del doppio dei punti di servizio)19.

Elementi di riflessione interessanti emergono anche da una lettura di insieme dell'analisi dei dati per fasce di popolazione dei comuni di appartenenza delle biblioteche indagate. Sul fronte dei servizi offerti, la fascia delle biblioteche dei comuni di medie dimensioni (da 10.001 a 50.000 abitanti) è quella che sembrerebbe caratterizzarsi per i risultati migliori. Sono infatti queste biblioteche a svolgere di più l'attività di monitoraggio (oltre il 60%), a sperimentare maggiormente il prestito degli e-book (oltre il 18%, rispetto a un dato medio nazionale del 12%), a offrire orari di apertura, posti di lettura, patrimoni bibliografici, in particolare multimediali, significativi se confrontati con i dati sia delle biblioteche più piccole che delle biblioteche dei comuni più grandi.
Con una buona dose di generalizzazione, si può affermare che queste realtà bibliotecarie sono quelle che storicamente in Italia si sono maggiormente radicate nel territorio, nonché quelle che per prime hanno sentito la necessità di fare sistema per rispondere da un lato alle fasi di minori investimenti puntando a una maggiore efficienza, dall'altro alle esigenze sempre più articolate dei cittadini e alla necessità di non restare indietro rispetto a un mondo dell'informazione che evolve in maniera sempre più rapida.
Le realtà bibliotecarie dei comuni più piccoli sono, invece, generalmente quelle più deboli per l'elevata incertezza nella quantità e continuità delle risorse a loro disposizione. Dall'altro lato, le biblioteche di comuni con oltre 50.000 abitanti (in Italia i comuni con queste caratteristiche sono 14120, di cui solo 9 sopra i 300.000 abitanti e solo 6 sopra i 500.000), che quasi sempre coincidono con i capoluoghi di provincia, pur essendo caratterizzate da numeri più elevati rispetto alle altre biblioteche per quasi tutti i dati rilevati, richiederebbero una considerazione a parte e un approfondimento ulteriore per diversi motivi. Innanzitutto, le maggiori risorse a disposizione spesso si dimostrano comunque insufficienti se messe in relazione con comunità molto più ampie; in secondo luogo, in molti casi tali strutture non sono l'unico servizio bibliotecario sul territorio, bensì si inseriscono all'interno di una rete più o meno fitta di strutture bibliotecarie di vario genere (da un lato il sistema delle biblioteche urbane con il suo corredo di biblioteche decentrate e di quartiere, dall'altro biblioteche statali, universitarie, speciali ecc.) il che rende oltremodo complessa la valutazione dell'adeguatezza del servizio reso alla comunità di riferimento, che spesso travalica i confini amministrativi del comune. Le esperienze valutative condotte in Italia e all'estero sui comuni più grandi (in particolare quelli la cui area metropolitana ha più di 400.000 abitanti) mettono in evidenza le specificità delle biblioteche pubbliche delle città medio-grandi e grandi e la difficoltà di farne una valutazione con i medesimi parametri utilizzati per le altre biblioteche pubbliche21.

Un altro dato già noto sulla realtà bibliotecaria italiana che l'indagine del Cepell conferma è l'esistenza di un Sud delle biblioteche22, che - a parte poche eccezioni e alcuni segnali di cambiamento (come quelli che arrivano dai dati sulle spese per materiale bibliografico delle biblioteche pugliesi) - non solo mostra un'offerta complessiva di servizi bibliotecari meno ampia e qualificata, ma anche una tendenza all'immobilismo più elevata. Non sorprendono i buoni risultati che sembrano far registrare regioni tradizionalmente più attive nel settore, come la Lombardia, l'Emilia Romagna, il Piemonte, il Veneto e su alcuni fronti la Toscana. Comparazioni significative tra le regioni potranno, però, essere condotte solo avendo a disposizione elaborazioni dei dati più articolate e indicatori di performance.
La fotografia della realtà bibliotecaria italiana che emerge da questa indagine getta diverse ombre sui fiumi di inchiostro che anche in Italia si sono versati sul tema del futuro della biblioteca pubblica. Così, mentre si parla di biblioteche multipurpose23, capaci di affiancare alle funzioni tradizionali di lettura e ricerca anche quelle sociali, formative, di intrattenimento, nonché di riqualificazione urbana, parti non irrisorie del nostro sistema bibliotecario parrebbero lontanissime dall'offrire un servizio minimo tradizionale che si possa considerare adeguato.
Da un lato, - anche in Italia -

avanzano nuove (o rinnovate) idee: le biblioteche multi-funzione, il prestito illimitato [...], l'apertura domenicale [...], una notevole inventiva [...], le caffetterie, le sale di lettura... [...] E anche il prestito di computer portatili o di tablet, il prestito di occhiali o di cestini. E anche una maggiore attenzione all'accoglienza del pubblico, all'arredo dello spazio accoglienza, all'ergonomia e alla competenza del personale impiegato. E anche gli scrittori in sede, i festival librari, i dibattiti, le letture [...]! E anche i servizi a distanza [...], i dossier on line, la produzione di contenuti. E, naturalmente, le biblioteche digitali, i blog, i forum, le biblioteche su Facebook...24

Dall'altro, però, mentre si rilancia la capacità delle biblioteche di mantenersi significative di fronte ai processi espansivi della rete grazie alla valorizzazione delle competenze dei bibliotecari e alla capacità delle biblioteche di offrire servizi innovativi, un numero troppo elevato delle nostre biblioteche non dispone di personale adeguato (e spesso non qualificato, anche se questo dato non emerge dall'indagine) e non mette a disposizione nemmeno dei computer per l'accesso a Internet.
Non dovrebbe dunque meravigliare che gli studi sulla percezione delle biblioteche pubbliche da parte dei cittadini offrano l'immagine di biblioteche piccole, polverose, poco fornite e sostanzialmente inospitali, nonché di bibliotecari visti come generici impiegati che non si sa bene che lavoro facciano25. La possibilità di sperimentare un servizio bibliotecario moderno ed efficace non è infatti così estesa e diffusa come si vorrebbe e anche lì dove sia possibile venire in contatto con biblioteche attive e all'avanguardia è facile (e non del tutto lontano dalla realtà) pensare che si tratti di un'eccezione piuttosto che della norma.
Probabilmente la situazione non è molto diversa in altri paesi europei (nonché al di fuori dell'Europa), di cui spesso conosciamo solo l'eccellenza bibliotecaria; d'altra parte in Italia non solo si sconta un radicamento del servizio bibliotecario pubblico tradizionalmente molto più debole, che forse - ma non necessariamente - si può mettere in relazione con indici di lettura più bassi delle medie di altri paesi europei26, ma anche con la lunga stagnazione che ha caratterizzato le politiche bibliotecarie negli ultimi 30-40 anni.
Certamente esiste un'eccellenza bibliotecaria anche in Italia, ma i conti sul futuro delle biblioteche pubbliche in Italia si fanno sulla credibilità del sistema bibliotecario nel suo complesso, e su questo fronte lo stereotipo non sembra scalfito.

C'è un'immagine di noia, silenzio e polvere, della biblioteca e anche del libro, che affiora da sotto, da molto in giù, quasi inevitabilmente e indipendentemente dalle esperienze, che poi però lascia trasparire tratti di fatica [...] e anche di disagio [...]. Da lunga pezza le biblioteche pubbliche non sono più templi del sapere vigilati da autoritari e inquietanti custodi delle conoscenze permesse e proibite, eppure le persone - forse non a torto - non riescono a staccarsi da questa idea antica, anche se naturalmente chiedono un posto accogliente e disimpegnato dove spendere un po' di tempo libero [...]27.

Le biblioteche pubbliche italiane - da quanto emerge dalla rilevazione del Cepell, nonché da indagini qualitative condotte a livello locale28 e anche dall'esperienza quotidiana - sono spesso biblioteche di bambini e giovani in età universitaria (questi ultimi di solito alla ricerca di un luogo dove studiare e socializzare), mentre non riescono ad accreditarsi nei confronti di una popolazione anziana pure crescente, ma che pare nel nostro paese - per tradizione - più ripiegata sulla vita familiare; per non parlare della fascia di popolazione adulta in età lavorativa che appare quasi completamente assente. Persino alcune minoranze o fasce più deboli della popolazione che potrebbero trovare nella biblioteca uno spazio di integrazione e promozione sociale (gli stranieri, le persone diversamente abili, i disoccupati ecc.) non sembrano avere un peso specifico significativo nel quadro d'insieme complessivo dell'utenza bibliotecaria che l'indagine ci trasmette.
Per tutti questi motivi, diventa inevitabile il circolo vizioso che prima fa apparire irrilevanti le biblioteche pubbliche agli occhi della politica, quindi determina la riduzione degli investimenti e delle politiche di sviluppo, infine porta le biblioteche (anche quelle più attive) verso la mera sopravvivenza, che a sua volta rende ancora più difficoltosa la loro possibilità di accreditarsi agli occhi dei cittadini.
Altrove - vedi ad esempio la Gran Bretagna - molte biblioteche pubbliche chiudono o escono dai bilanci delle autorità pubbliche locali per passare ad una gestione parzialmente o integralmente privata, in altri casi la loro sopravvivenza futura è affidata ad associazioni di cittadini29. La questione ha travalicato i confini delle biblioteche fino a suscitare un ampio dibattito non solo nella comunità professionale30, ma anche in ambito politico31, che ha avuto e continua ad avere una vasta eco nei giornali32 e nel web33. Le posizioni dei commentatori professionali e non risultano spesso contrapposte e non omogenee, in quanto vanno dalla difesa incondizionata dell'esistenza delle public libraries in quanto espressione di una tradizione culturale antica e radicata, alla critica nei confronti dell'arretratezza e della sostanziale inutilità di una parte delle strutture esistenti, alla consapevolezza della necessità di un profondo rinnovamento dell'immagine e delle funzioni delle stesse. Su tutto aleggia l'ombra della crisi, la necessità di rivedere le spese del welfare, la riduzione dei finanziamenti a disposizione per le biblioteche, non solo e non tanto per gli investimenti in nuovi edifici o ristrutturazioni di quelli esistenti, quanto per la gestione ordinaria e l'accrescimento delle collezioni.
Rispetto all'Italia non vedo differenze sostanziali nel quadro generale che si sta delineando, bensì nelle azioni: da un lato quelle politiche, che in Gran Bretagna nel bene e nel male producono decisioni, anche dolorose e impopolari (a fronte di un'Italia in cui l'immobilismo la fa da padrone), dall'altro quelle della gente, che protesta e fa sentire la propria voce in mille modi possibili di fronte a decisioni che non condivide (a fronte di un'Italia che accetta in maniera quasi fatalistica il corso degli eventi). Fors'anche perché il contesto sociale italiano - ad eccezione di un'élite molto ristretta - dimostra di essere poco esigente sul piano culturale e dei servizi pubblici in generale e fa un uso sostanzialmente molto superficiale dell'offerta esistente, mentre prevale un'ottica storicamente individualistica o familistica in cui la dimensione civica e collettiva quasi non è percepita.

Uno sguardo lucido e obiettivo, magari impietoso, su utenza e non utenza delle biblioteche pubbliche italiane - ma anche in generale sul paesaggio culturale del nostro paese e sulla diffusione sociale di comportamenti e consumi - ci mostra, in primo luogo, una 'domanda di cultura', di sapere, di crescita intellettuale personale, molto modesta, circoscritta (per il noto secolare ritardo di alfabetizzazione e istruzione delle masse e la ristrettezza delle élites), fragile, superficiale, poco esigente (persino quando rumorosa)34.

Difficile davvero prevedere in quali direzioni evolverà il futuro delle nostre biblioteche pubbliche. La durata e l'entità della crisi economica saranno determinanti rispetto alla necessità di prendere decisioni più o meno dolorose; certo però non si può accontentarsi nel frattempo di vivacchiare e sperare che un cambiamento nel panorama economico complessivo riporti tutto alla normalità e permetta di proseguire sugli stessi binari del passato. Non c'è dubbio sul fatto che una situazione come quella che le biblioteche pubbliche stanno vivendo deve in qualche modo essere vissuta anche come un'occasione di cambiamento, sulla base di un'urgenza imposta dall'esterno per porre rimedio all'inerzia del passato. È altrettanto chiaro che lì dove non si sia dimostrata alcuna capacità di azione e innovazione in tempi migliori è difficile immaginare degli improvvisi cambi di paradigma.

Le biblioteche, da questo punto di vista, non si trovano davanti un compito facile, innanzitutto perché l'agilità di trasformazione di un'istituzione che ha un bagaglio da portare con sé, tempi di realizzazione (non solo delle sedi, ma anche delle raccolte e dei servizi) e prospettive di risultati medio-lunghi, con mezzi assai limitati, è molto diversa da quella di un'azienda o di chi opera su cicli brevi. Facile quindi inseguire treni già passati, o indirizzarsi in direzioni che, quando la macchina ha preso abbrivio, mostrano già il loro esaurimento [...]35.

In ogni caso, peggio di qualunque scenario immaginabile sarebbe aggrapparsi alla mera sopravvivenza fino a una possibile ma non immediata (forse addirittura molto lunga), né del tutto scontata, morte di inedia, mentre le poche cellule sane lottano disperatamente per sopravvivere e rigenerarsi. Qualche elemento di ottimismo l'indagine del Cepell ce lo comunica. Speriamo che si tratti non di fattori incidentali o di semplici coincidenze, bensì di un'energia che possa attraversare il nostro paese da Nord a Sud contribuendo a rimettere in moto una macchina che proprio in quanto per certi versi elefantiaca - una volta avviata - sia difficile da frenare.

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

Tutte le traduzioni dall'inglese sono dell'autrice. Ultima consultazione siti web: 28 ottobre 2013

[1] La letteratura scientifica e professionale sull'argomento è molto vasta, al punto da richiedere la realizzazione di veri e propri strumenti bibliografici di riferimento, come questo dell'American Library Association: ALA. America's Libraries for the 21st Century: An annotated bibliography. April 2009,http://www.ala.org/offices/sites/ala.org.offices/ file s/content/oitp/publications/policybriefs/future_of_libraries_biblio.pdfSi vedano - tra i numerosi altri - i seguenti contributi: David A. Bell, The bookless library. «New Republic», 2 (2012),http://www.newrepubliccom/article/ books-and-arts/magazine/david-bell-future-bookless-library; Steve Coffman, The decline and fall of the library empire, «Searcher», 3 (2012), n. 3,http://www.infotoday.com/searcher/a pr12/C offman--The-Decline-and-Fall-of-the-Library-Empire.shtml; Sergio Conti, Ha un futuro la biblioteca pubblica? Spunti e provocazioni (in funzione scaramantica), «Bollettino AIB», 46 (2006), n. 3, p. 263-267; Giovanni Di Domenico, Conoscenza, cittadinanza, sviluppo. Appunti sulla biblioteca pubblica come servizio sociale, «AIB Studi», 53 (2013), n. 1, p. 13-25; Anna Galluzzi, Che ne sarà dell'impero bibliotecario?, «AIB Studi», 52 (2012), n. 3, p. 363-372, http://aibstudi.aib.it /article/view/8654/7962; Ead., Biblioteche pubbliche tra crisi del welfare e beni comuni della conoscenza. Rischi e opportunità, «Bibliotime», 14 (2011), n. 3,http://didattica.spbo.unibo.it/bibliotime/num-xiv-3/galluzzi.htm; Roger E. Levien, Confronting the future: Strategic visions for the 21st century public library, ALA, Office for Information Technology Policy, 2011, http://www.ala.org/offices/sites/ala.org.offices/files/content/oitp/publications/policy briefs/confronting_the_futu.pdfBarbara Mantel, Future of libraries. Can they survive budget cuts and digitization?, «CQ Researcher», 21 (2011), n. 27; Bonnie A. Osif, W(h)ither libraries? The future of libraries, part 1, «Library Administration & Management», 22(2008), n. 1, p. 49-54; Id., W(h)ither libraries? The future of libraries, part 2, «Library Administration & Management», 22 (2008), n. 2, p. 105-109; Mary Pagliero Popp, Changing world, changing libraries. New literacies, new user needs, and leadership for change, «Reference & user services quarterly», 52 (2012), n. 2, p. 84-89; Alberto Salarelli, Baricco, i barbari e la biblioteca pubblica, «JLIS.it», 2(2011), n. 1, http://leo.cilea.it/index.php/jlis/article/viewFile/4600/4474. Per quanto riguarda l'ancora più vasto mondo dei commenti sul web, si vedano a titolo esemplificativo: Sergio Calderale, Le biblioteche tra privatizzazione, volontariato, digitalizzazione e rischio chiusura: intervista al presidente dell'AIB, «Tropico del libro», 22 agosto 2012,http://tropicodellibro.it/notizie/biblioteche-aib/; Catuxa, Confrontando el futuro: Vision.es estratégicas para la Biblioteca Pùblica en el. S. XXI, «Dekialli Dokumental», 10 de octubre 2012, http://www.deakialli.com/2012/10/10/confrontando-el-futuro-visiones-estrategicas-para-la-biblioteca-publica-en-el-s-xxi/; Grupodurga. La biblioteca pùblica como elemento de reactivación económica, «Bibliotecas 2029», 26 de julio 2013,http://bibliotecas2029.wordpress.com/2013/07/26/reactivacion-economica/; Margaret Rock, The future of libraries: Short on books, long on tech, «Mobiledia», 10 June 2013, http://www.mobiledia.com/news/181239.htmlMike Shatzkin, It will be hard to find a public library 15 years from now, «The idea logical company», 8 April 2011, http://www.idealog.com/blog/it-will-be-hard-to-find-a-public-library-15-years-from-now/; Zabriskie di Urban Libraries Unite, "La crisi è uno stimolo per rilanziare le biblioteche". «Libreriamo. Il social book magazine per la promozione dei libri e della lettura», 13 marzo 2013,http://www.libreriamo.it/a/3590/zabriskie-di-urban-libraries-unite-la-crisi-e-uno-stimolo-per-rilanciare-le-biblioteche.aspx.

[2] Cfr. in particolare R. David Lankes, The atlas of new librarianship, Cambridge, MA: MIT, 2011..

[3] Si veda a titolo esemplificativo Antonella Agnoli, Le piazze del sapere. Biblioteche e libertà, Bari-Roma: Laterza, 2009.

[4] Kathryn Zickuhr - Lee Rainie - Kristen Purcell, Library services in the digital age. Pew Research Center's Internet and Americal life project, 2013, http://libraries.pewinternet.org/files/legacy-pdf/PIP_Library%20services_Report.pdf; OCLC. Perceptions of libraries. Context and community. A report to the OCLC membership. 2010, http://www.oclc.org/content/dam/oclc/reports/2010perceptions/2010perceptions_all_singlepage.pdf.

[5] Anna Galluzzi, Biblioteche per la città. Nuove prospettive di un servizio pubblico, Roma: Carocci, 2009.

[6] Quanto valgono le biblioteche pubbliche? Analisi della struttura e dei servizi delle biblioteche di base in Italia. Rapporto finale della ricerca. Efficienza e qualità dei servizi nelle biblioteche di base condotta dalla Commissione nazionale AIB “Biblioteche pubbliche" e dal Gruppo di lavoro “Gestione e valutazione", coordinamento del gruppo e direzione della ricerca Giovanni Solimine, Roma: Associazione italiana biblioteche, 1994.

[7] Anna Galluzzi - Giovanni Solimine, Le biblioteche pubbliche italiane negli anni Novanta: dalle misure agli indicatori e dagli indicatori ai dati, «Bollettino AIB», 39 (1999), 4, p. 455-468, http://bollettino.aib.it/article/view/8454/7547.

[8] Indagine statistica sulle biblioteche pubbliche degli enti territoriali italiani http://www.cepell.it/articolo.xhtm.

[9] Consultabile qui: http://www.cepell.it/centrolibro/risorse/documenti/1373550906062Rapporto.pdf.

[10] Si veda la tabella ISTAT aggiornata al 30 giugno 2013 disponibile qui: http://www.istat.it/it/files/2011/01/elenco_-comuni_italiani_30-giugno_2013.zip?title=Codici+comuni%2C+province+e+regioni+-+30%2Fgiu%2F2013+-+ E lenco+comuni+italiani+%28xls-csv%29.zip.

[11] Disponibile qui: http://www.cepell.it/centrolibro/risorse/documenti/1373874537051q.pdf.

[12] ISO 2789: Information and documentation - International library statistics = Informazione e documentazione - Statistiche di biblioteca internazionali, 4. ed., 2006.

[13] ISO 11620: Information and documentation - Library performance indicators = Informazione e documentazione - Indicatori di performance per le biblioteche, 2. ed., 2008.

[14] Sergio Conti - Anna Gallluzzi, (insieme a Sergio Conti) Gli indicatori, in Associazione italiana biblioteche, Gruppo "gestione e valutazione", Linee guida per la valutazione delle biblioteche pubbliche. Misure, indicatori, valori di riferimento. Roma: AIB, 2000, p. 67-95.

[15] IFLA, Public libraries section. Standards for public libraries. Pullach-Mu¨nchen: Verlag Dokumentation, 1973 e IFLA, Guidelines for public libraries. München: Saur, 1986.

[16] IFLA, AIB, Il servizio bibliotecario pubblico: linee guida IFLA/Unesco per lo sviluppo. preparate dal gruppo di lavoro presieduto da Philip Gill per la Section of Public Libraries dell'IFLA, Edizione italiana a cura della Commissione nazionale Biblioteche pubbliche dell'AIB, Roma, Associazione italiana biblioteche, 2002.

[17] Si veda qui: http://www.cepell.it/centrolibro/risorse/documenti/1373550745562dati.pdf.

[18] Cfr. http://www.istat.it/it/files/2011/01/elenco_comuni_italiani_30giugno_2013.zip?title=Codici+comuni%2C+province+e+regioni+-+30%2Fgiu%2F2013+-+Elenco+comuni+italiani+%28xls-csv%29.zip.

[19] Cfr. http://www.observatoirelecturepublique.fr/OBSERVATOIRE_DE_LA_LECTURE_PUBLIQUE_WEB/docs/BIBLIOTHEQUES-MUNICIPALES-SYNTHESE-2011.pdf.

[20] Cfr. http://www.istat.it/it/files/2011/01/elenco_comuni_italiani_30giugno_2013.zip?title=Codici+comuni%2C+province+e+regioni+-+30%2Fgiu%2F2013+-+Elenco+comuni+italiani+%28xls-csv%29.zip.

[21] Non è un caso che, all'interno dell'IFLA, esista la Metropolitan Libraries Section http://www.ifla.org/metropolitan-libraries e che la valutazione delle analisi statistiche per queste biblioteche adotti parametri diversi da quelli previsti per le biblioteche non metropolitane: http://www.ifla.org/publications/metropolitan-libraries-annual-statistical-survey.

[22] Giovanni Solimine, Il sud delle biblioteche, in: Pensare le biblioteche. Studi e interventi offerti a Paolo Traniello. Roma: Sinnos, 2008, p. 327-337.

[23] Anna Galluzzi, Biblioteche per la città cit.

[24] Anne-Marie Bertrand, Le biblioteche pubbliche in Francia oggi, «AIB Studi», 53 (2013), n. 1, p. 115.

[25] Si vedano per esempio gli esiti dell'indagine condotta da Chiara Faggiolani su quattro biblioteche del Sistema bibliotecario comunale di Perugia i cui esiti sono contenuti nella pubblicazione: Chiara Faggiolani, Posizionamento e missione della biblioteca. Un'indagine su quattro biblioteche del Sistema bibliotecario comunale di Perugia, Roma: Associazione italiana biblioteche, 2013.

[26] Giovanni Solimine, L'Italia che legge, Roma-Bari: Laterza, 2011.

[27] Alberto Petrucciani, Presentazione. In Faggiolani. Posizionamento e missione della biblioteca cit., p. 9.

[28] Cfr. a titolo esemplificativo Faggiolani, Posizionamento e missione della biblioteca cit.

[29] Si vedano per maggiori informazioni i siti:http://www.publiclibrariesnews.com/ e http:// www.Voicesforthelib rary.org.uk/.

[30] Cfr. nota 1.

[31] Margareth Hodge, Introduction: A vision for public libraries, In Department for culture, media and sport, The modernisation review of public libraries: A policy statement, Presented to Parliament by the Secretary of State for Culture, Media and Sport by Command of Her Majesty, March 2010,http://webarchive.nationalarchives.gov.uk/+/http:/www.culture.gov.uk/images/consultation_responses/modernisation_review_public_libraries.pdf/.

[32] «The Telegraph», 9 February 2010, http://www.telegraph.co.uk/news/politics/7189020/Libraries-could-shut-in-wave-of-spending-cuts-under-Government-plans.html ; Patrick Wintour, Oxfordshire cuts test 'big society' as librarians are replaced with volunteers, «The Guardian», 2 June 2011, http://www.theguardian.com/society/2011/jun/02/oxfordshire-library-staff-replaced-volunteers.

[33] Si vedano a titolo esemplificativo: Rhiannon Lassiter, Save UK Libraries!, «Rhiannon Lassiter, Making things up since 1977», 4 February 2011, http://blog.rhiannonlassiter.com/2011/02/04/save-uk-libraries/; Leave the libraries alone. You don't understand their value. «False economy», 25 January 2011, http://falseeconomy.org.uk/blog/save-oxfordshire-libraries-speech-philip-pullman; Mark Littlewood, A simple way to keep every public library open, 9 February 2011, http://www.iea.org.uk/blog/a-simple-way-to-keep-every-public-library-open; Philip Pullman, Library carnage in David Cameron's Big Society, «werewolf», 1 August 2012, http://werewolf.co.nz/2011/03/library-carnage-in-david-camerons-big-society/.

[34] Alberto Petrucciani, Presentazione cit., p. 8.

[35] Ivi, p. 11.