di Roberto Raieli
Quando parliamo del catalogo, dobbiamo usare il rispetto scientifico che si deve a un'invenzione ultracentenaria, che ha finora reso un impeccabile servizio. Il catalogo, infatti, fin dalle origini ha permesso di organizzare l'accesso alle informazioni e ai documenti, in dinamico rapporto con un dato patrimonio e la relativa utenza.
Questo, allo stesso modo, vuol dire che possiamo continuare a sottoporre l'invenzione, lo strumento, a un processo di prova e revisione, al fine di seguire i più o meno recenti, ma ancora imprevedibili, cambiamenti nell'insieme delle pubblicazioni elettroniche, delle biblioteche digitali, delle altre risorse dell'informazione e della conoscenza. L'ambiente in cui le biblioteche operano è in profonda trasformazione, così come gli utenti e i cittadini che vivono quest'ambiente. Appare naturale, dunque, che anche il catalogo e i servizi collegati siano messi in discussione, fino alla "crisi", al fine di rinvigorire i principi che li hanno definiti e sorretti, rilanciandoli verso il futuro del mondo, o "docuverso"1, in cui agiscono.
La solo in parte prevedibile evoluzione dei cataloghi verso sistemi sempre più complessi e raffinati, sembra mirare alla messa a punto di una macchina che operi il più possibile con i modi di ricerca e scoperta dell'essere umano, tanto nei confronti dell'informazione quanto della stessa conoscenza, tanto in ambito scientifico quanto nella quotidianità. Chiedersi se e quanto questo sarà avverabile, non vuol dire interrogarsi astrattamente sui problemi irrisolvibili del rapporto tra "cultura e natura", ma nemmeno limitarsi alla costruzione di robot che non possono andare di là dal modo umano di impostare un'indagine. È spesso un problema di identità e funzione dello strumento, di principi e di fini, di identità degli operatori e degli studiosi che se ne occupano.
Nella vitalità scientifica il vero problema non è mai stato solo quello di rendersi conto di una situazione di fatto, dello stato dell'arte della disciplina. Una tenace ricognizione di tentativi e realizzazioni è sempre stata di premessa ad "altro". L'altro che la scienza ricerca incessantemente è il "passo successivo". Per le menti più innovative, se un passo si compie, quello che importa, più che rendicontarlo nei dettagli, è pensare al passo che lo supera. Si tratta di una benefica ansia di incompiutezza che porta sempre oltre, quando non c'è più tempo di fermarsi a riflettere su un raggiungimento e serve già pensare alla nuova scoperta2.
Così, il forum scientifico FSR 20143, nel fare il punto della situazione riunendo e confrontando esperienze e studi internazionali, è stato ricco di spunti innovativi, in grado di rilanciare ogni discorso sull'evoluzione dei cataloghi e della catalogazione molto avanti, suggerendo spesso il passo successivo. È necessario, infatti, mettere continuamente al centro dell'analisi i dati bibliografici, gli utenti attuali e futuri di tali dati, i diversi mezzi per il loro trattamento, valorizzazione e diffusione, alla continua ricerca dell'identità del catalogo, dei suoi parametri di riconoscibilità, pur nella rivoluzionaria trasformazione e nell'avanzata integrazione con altri strumenti.
Il grande interesse per i temi discussi nel convegno è dimostrato dalle significative presenze internazionali. Molti studiosi e professionisti hanno raccontato e spiegato lo stato dell'arte nei loro Paesi, presentando situazioni più o meno avanzate, ma sempre dominate dalla forte volontà di seguire il dibattito proteso al futuro, e lo spirito di internazionalizzazione e condivisione che sta alla base della ricerca e della conoscenza. Questo si può confermare maggiormente nel caso di quegli stati che hanno difficoltà anche nello sviluppo della vita civile, i quali non mancano di entusiasmo nello sforzo per riprogrammare lo sviluppo degli strumenti di diffusione della cultura. Tutti i Paesi possono condividere idee e persone, strumenti e progetti, sforzi, disillusioni, raggiungimenti, allo scopo di costruire insieme, e per il progresso di tutto il genere umano, la "conoscenza" e la "pace" che da questa deriva.
Tutto ciò è quello che si augurano, sia nei saluti di benvenuto sia in quelli di "arrivederci", gli organizzatori. Lo scopo dell'incontro è stato chiedersi, senza autocompatirsi, se gli strumenti finora elaborati e i loro operatori possono avere ancora un ruolo utile nella società, se serve progressivamente trasformarsi o se è necessario cedere senza resistenze il passo al "nuovo". Mai come in questo momento i servizi bibliotecari e i professionisti dell'informazione sono stati competitivi con il Web per la diffusione di informazioni valide e di documenti utili, ma è sempre presente il rischio che tutto l'apparato di principi e paradigmi costruito nei secoli diventi obsoleto. Per rilanciare il proprio ruolo, la comunità bibliotecaria deve rendere il catalogo e gli altri strumenti faster, smarter e richer, confermando la posizione della biblioteca nel favorire il rapporto tra freedom, education e knowledge4.
Cosa importa maggiormente: capire cosa può essere progettato e prontamente utilizzato da parte dei professionisti? oppure meditare su uno sviluppo da sempre coerente con i propri principi, ma da sempre imprevedibile nei cambiamenti di paradigma5? Se ci sono molte occasioni di vedere come il catalogo è attualmente desiderato e realizzato faster, smarter e richer, c'è anche la possibilità di intuire come, dopo o durante la presente fase, potrà essere uno strumento instant, cultural e infinite.
Nella propria testimony al convegno, Carlo Revelli sottolinea l'importanza della "coscienza storica", della consapevolezza degli equilibri ma anche delle perplessità della storia della catalogazione, mai priva di esigenze di rinnovamento. La storia non deve essere intesa come una fase monolitica e ferma, ma come la premessa in continuo sviluppo della fase attuale, destinata a diventare anch'essa passato, pur nelle proprie istanze rivoluzionarie. Anche i "vecchi" cataloghi cartacei nascono dall'esigenza di innovare profondamente la situazione precedente, e nel corso della loro storia sono stati continuamente messi in discussione, fino ad arrivare, senza soluzione di continuità, agli "esemplari" attuali.
Tra le caratteristiche della cultura odierna, Revelli individua l'«attenuazione delle differenze» come quella che può spiegare le trasformazioni in atto nel nostro campo. Se intesa in modo superficiale, tale attenuazione può portare alla confusione e all'omologazione, anziché a una fluidità di rapporti e di scambi tra realtà diverse che mantengono la propria forma e il proprio ruolo. Questo rischio è presente in vari luoghi, dall'attenuazione della distinzione tipologica tra biblioteche all'indistinguibilità degli accessi ai record catalografici, per esempio. Eppure, proprio l'affermazione delle specifiche differenze può consentire un'utile integrazione, dalla rete di biblioteche diverse alle relazioni tra gli accessi "preferibili".
Tornando ai mutamenti nella tecnica di catalogazione, si tratta di necessità storiche già avvertite fin dalle teorizzazioni di Charles Cutter, e con esse coerenti6. Se la moltiplicazione dei supporti ha reso necessarie norme differenziate di catalogazione, lo sviluppo ultimo ha ricondotto la normativa verso l'unicità, e il termine unico "documento" ha perso senso in favore del più generico "risorsa", ma sempre per riferirsi all'univocità di un oggetto da trattare, e anche a fonti non possedute dalla biblioteca. Un'evoluzione lungo tutto un secolo per notare cicli che tornano spesso ai valori di partenza, ribadendo che se anche si "attenuano" le differenze tra i documenti e le risorse è sempre possibile intuirne l'identità, come tenta di fare RDA (Resource Description and Access) ponendosi «oltre il catalogo di biblioteca»7.
Il catalogo elettronico, poi, può essere indicato come uno stadio intermedio, in cui cambia il modo di trattamento, ma non ancora l'oggetto di applicazione. L'oggetto attuale, invece, è molto "esteso", direttamente recuperabile, non sempre sotto il controllo dell'istituto catalogatore. È necessaria, allora, una vera rivoluzione delle tecniche catalografiche, che sostituisca la diffusione di informazione "lineare" sui documenti con l'offerta "circolare" di accessi di vario genere, secondo un metodo intuitivo di ricerca e scoperta già indicato quasi settant'anni fa da Vannevar Bush8. L'applicazione di FRBR (Functional Requirements for Bibliographic Records) e la diffusione di RDA porteranno al successo il nuovo modello vicino a quello del "pensiero", ma la transizione deve avvenire a piccoli passi, nel rispetto di uno sviluppo consapevole dei principi da innovare e di quelli da confermare.
Altro essenziale riferimento alla tradizione, nell'attuale enfasi sui principi della "rapidità" di ricerca e recupero di informazioni, è la quarta legge di Ranganathan: «Save the time of the reader»9. Se le odierne interfacce di ricerca garantiscono la rapidità dal punto di vista dell'utente, l'adozione dei principi di FRBR e dell'organizzazione semantica dell'informazione, che ne garantiscono la circolarità, necessitano di un adatto trattamento dei dati che non consente la rapidità della loro messa a disposizione. È in questo che i nuovi strumenti catalografici devono avere la potenzialità di rispondere contemporaneamente a esigenze di semplificazione e velocizzazione sia della ricerca dei dati sia del loro trattamento, senza perdere specificità, completezza e affidabilità10.
Una considerazione conclusiva è riservata all'antica tendenza alla costituzione di un repertorio universale, in grado di indicare tutte le fonti di informazione esistenti. Anche in questo caso, la coscienza dei principi può essere utile per venire a capo dei problemi attuali, dove la realizzabilità tecnica di un catalogo globale si scontra con l'estensione e diversificazione infinita dell'oggetto da "catalogare". È possibile ravvisare almeno un consiglio che viene dalla tradizione: nell'individuazione dell'oggetto, non disconoscere la peculiarità della funzione del catalogo e della catalogazione, non "diluire" i confini del catalogo e della biblioteca fino alla disidentificazione. Il catalogo e la biblioteca, forti della loro lunga storia, potranno affrontare in questo modo il continuo cambiamento, e realizzare lo strumento adatto all'attuale realtà, che potrà continuare a chiamarsi catalogo, anche in omaggio alla tradizione da cui deriva i principi dinamici ma ineludibili.
Nella testimony da lei portata, Dorothy McGarry indica le tappe fondamentali della propria vita, che non possono non coincidere con le tappe determinanti dell'ultima storia dei cataloghi e della catalogazione. Nei primi anni Settanta anche le scuole di biblioteconomia più avanzate, che educavano sulle già affermate AACR (Anglo-American Cataloguing Rules), insegnavano comunque le regole più antiche, per consentire ai nuovi catalogatori di "comprendere" e sviluppare i cataloghi precedenti. Intanto, l'introduzione delle ISBD (International Standard Bibliographic Description) consentiva ai vari cataloghi di gestire informazioni interscambiabili e comprensibili nei rispettivi ambiti, anche in lingue diverse, strutturando i record in modo standard.
Questa tendenza al rapporto diacronico e sincronico, con la tradizione storica e con l'innovazione internazionale, ha costituito la cultura con cui molti hanno cominciato a intervenire nei dibattiti sulla costituzione delle AACR2. Così, personalmente e attraverso la SLA (Special Libraries Association), l'ALA (American Library Association) e l'ACRL (Association of College & Research Libraries), McGarry ha potuto dare il proprio contributo allo sviluppo delle nuove norme di catalogazione negli anni Settanta e Ottanta. Questo era il periodo in cui, come ricordato da Revelli, la trasformazione e la moltiplicazione dei supporti aveva reso necessarie norme differenziate di catalogazione, ma anche la standardizzazione di alcune tipologie di record bibliografici, che attraverso i sempre più diffusi OPAC dovevano essere ricercabili con gli stessi criteri dagli utenti e interscambiabili dai bibliotecari.
Negli anni Ottanta e Novanta, quindi, McGarry comincia a partecipare agli sforzi dell'IFLA per la produzione di linee guida tese a rinnovare la soggettazione e l'indicizzazione11, adeguandole alle mutate esigenze dell'universo dell'informazione e dei documenti. Questo è anche il momento dello study group che è giunto alla pubblicazione dei Functional Requirements for Bibliographic Records (FRBR)12. Tra i punti chiave del lavoro sulle questioni teoriche di base, c'era la preoccupazione di alcuni sulla strutturazione dei quattro livelli (work, expression, manifestation, item), e la proposta di altri di limitarsi a tre (ricomprendendo le expression tra i work o tra le manifestation secondo i casi) senza necessità di modificare troppo il quadro delle regole di catalogazione. Alla fine, il modello teorico strutturato su quattro livelli ha prevalso, proponendosi come schema per la nuova concezione delle regole di descrizione.
Inizia quindi, a cavallo tra il vecchio e il nuovo millennio, l'esperienza presso lo ISBD Review Group, che elabora le versioni aggiornate delle ISBD specifiche, fino a ritenere più produttive la definizione della ISBD consolidated edition, e l'indagine sulle esigenze e le aspettative future degli utilizzatori dello standard. La tendenza, condivisa nelle comunità ISBD e AACR, è stata quella di eliminare le inutili sovrapposizioni nel trattare materiali diversi con diverse regole per giungere a risultati simili, mettendo invece a punto una semplice normativa consolidata, che consenta di descrivere anzitutto le caratteristiche comuni per i diversi materiali e di seguito le caratteristiche peculiari.
Si arriva, infine, alle discussioni su RDA. È bene non definire RDA uno standard, ma piuttosto un «set di guideline», da sperimentare o usare con cura poiché la connessa struttura aperta consente di definire le opzioni in modo troppo specifico, tarando il modello di descrizione in maniera strettamente collegata alle esigenze di singole strutture. Per il resto, sempre con cura ci si deve accostare alla flessibilità di altre indicazioni, se si vuole veramente utilizzare il potenziale di RDA anche per lavorare con i linked data. È importante non cadere nella mancanza di regole e nella confusione, mantenendo quell'affidabilità che un catalogo di biblioteca deve sempre garantire nel rispetto dei principi che continuano a identificarlo.
La discussione non può iniziare che dalla storia del record bibliografico, partendo dalla prima schematizzazione in forma fissa fino ad arrivare alla granularizzazione e "liberazione" dei dati che lo compongono. Rachel Ivy Clarke indica nella necessità di organizzare l'accesso a raccolte bibliotecarie sempre più ampie lo spunto che ha portato a creare le descrizioni bibliografiche come "surrogati" rappresentativi dei singoli documenti, gestibili e organizzabili nei cataloghi. Le prime chiare regole per le descrizioni furono definite da Antonio Panizzi13, nonché da Cutter14. Se originariamente le informazioni su autore e titolo, e poche altre, sono state sufficienti per individuare con esattezza il libro che si stava descrivendo, nel tempo è stato necessario aumentare la quantità dei dati, e diversificarne le tipologie15, fino a mettere a punto strumenti per l'individuazione di un documento specifico in un insieme sempre più ampio e complesso, quali AACR e ISBD, e il formato MARC (MAchine-Readable Cataloging). Il modello concettuale del record bibliografico, dunque, arriva a stabilirsi come raccolta strutturata di dati descrittivi.
Le forme di record che attualmente si stanno diffondendo, nonostante siano evolute secondo i principi FRBR, e le norme RDA, non sono sempre compatibili con i data model che si stanno sviluppando per soddisfare le esigenze del semantic Web, in base al modello RDF (Resource Description Framework)16. La diversità è concettuale. La tecnologia del semantic Web è fondata sulla definizione di URI (Unique Resource Identifier), stringhe di tipo alfanumerico ognuna assegnata univocamente a un oggetto, che lo identificano esattamente distinguendolo da tutti gli altri, e che ne consentono la localizzazione. Il nuovo Web funziona tramite la "rete" dei linked data, ovvero organizzando in modo dinamico diverse relazioni di collegamento tra gli oggetti individuati da tali stringhe17. Il record di concezione tradizionale, all'opposto, è strutturato come un insieme di dati indivisibili, anche se di tipo diverso, raccolti per descrivere una risorsa. Quello che il Web chiede, invece, è che ogni dato, preparato con l'attenzione delle norme bibliotecarie, sia alla fine "granulare", separabile dagli altri. I dati devono risiedere sul Web indipendentemente, accessibili attraverso percorsi differenziati, e la convergenza dei diversi dati nell'individuazione di una specifica risorsa bibliografica non deve essere un fatto preimpostato e limitato alla tecnica bibliotecaria, ma deve derivare in modo dinamico dalla scoperta di varie relazioni durante il percorso di ricerca.
È necessaria, quindi, una riconcettualizzazione del modello di descrizione bibliografica, intendendola nella prospettiva della granularità e interoperabilità, che porti a una trasformazione dell'attività di catalogazione, aprendo realmente lo sviluppo del catalogo all'attuale progresso dell'informazione e della conoscenza18.
Anche le linee indicate da Tanja Merčun e Maja Žumer mirano a una profonda riconcettualizzazione delle metodologie tradizionali, per comprendere l'uso che gli odierni "ricercatori" di informazione fanno delle tecnologie disponibili, con un nuovo modo di intendere la ricerca e la scoperta. L'attuale strutturazione dei cataloghi e degli altri strumenti bibliografici non è di semplice e immediato utilizzo per tutti, e non sempre favorisce la rapidità e la completezza nella ricerca.
Con molta attenzione ai rischi di una frettolosa e non ponderata imitazione delle metodologie di ricerca del Web, nell'ambito della Library and Information Science (LIS) sono state attuate molte iniziative per una consapevole rivalutazione dei principi del trattamento bibliografico, rispetto a come sviluppati da Panizzi a Cutter, a Ranganathan, a Lubetzky19. Si avverte la necessità di passare da una struttura "lineare" di descrizione di un insieme di dati a strutture "reticolari" di apertura dei dati singolarmente presi, che possano dare un'idea più ampia del contesto in cui una singola risorsa è inserita. Con FRBR, RDA, e i recentissimi sviluppi di BIBFRAME (Bibliographic framework initiative), le biblioteche hanno la possibilità di sperimentare nuove strutture di dati, e mezzi di trattamento e ricerca, che consentiranno di venire incontro alle esigenze degli utenti, fornendo strumenti più potenti e semanticamente organizzati. Serve investire, allora, su come rapportare i modelli teorici come FRBR alla realtà di nuove interfacce rispondenti alle abitudini e alle aspettative20.
Karen Coyle mostra la "storia" dei principi FRBR, dalla loro formulazione negli anni Novanta agli sviluppi attuali21. Il lavoro di diversi studiosi, alla fine, ha realizzato un «modello concettuale dell'universo bibliografico»22, e come modello concettuale non può attuarsi se non attraverso sperimentazioni e sviluppi successivi alla sua formulazione. Così, il test e anche la realizzazione di FRBR sono rappresentati dalle interpretazioni prodotte da varie comunità, adattandole alle specifiche esigenze.
Scopo dei principi FRBR, dunque, è sviluppare un quadro di riferimento per meglio comprendere i fini della registrazione bibliografica, e poterli attuare in modo efficace. Solo con una chiara idea dell'effettiva utilità e della finalità propria dei record bibliografici si può realizzare uno strumento di informazione che realmente incontri le necessità di ogni tipologia di utenti. Per questi fini, ulteriore scopo di FRBR è definire un livello base di funzionalità, dei requisiti minimi di descrizione, da raccomandare per tutte le agenzie nazionali, diffondendo a supporto uno standard interoperabile23. Di là dalle tante spiegazioni teoriche per riferire il modello ai principi fondanti, il sistema entity-relationship definito per tale quadro dell'universo bibliografico è un "semplice" schema, fatto di box per le entità e di linee per le relazioni, per descrivere il mondo delle informazioni adattandosi ai tempi, usando un linguaggio attuale e chiaro, che raggiunga meglio, e dal punto di vista di ogni utente, gli obiettivi che da sempre il catalogo si è posto.
Il modello FRBR è indipendente dalle regole nazionali di catalogazione, dai sistemi e dalle tecnologie usate per catalogare, e da altre costrizioni d'impiego. Proprio per la sua forma concettuale, flessibile alle necessità delle realizzazioni concrete, ai punti di vista delle comunità che lo devono usare efficacemente, lo schema generale si realizza in una serie di altri modelli, anche alternativi, che Coyle passa in rassegna.
Tra questi, l'ontologia FRBRoo ha lo scopo di creare un ponte semantico per il collegamento e l'integrazione di informazioni bibliografiche e museali, allineando i due modelli object-oriented FRBR e CIDOC CRM (International committee on documentation Conceptual Reference Model)25. Il modello event-oriented
Gordon Dunsire espone il rapporto tra il modello generale RDF per la descrizione delle risorse presentate in rete e il modello "compatibile" per la descrizione bibliografica RDA. RDA è basato sugli schemi concettuali FRBR e FRAD (Functional Requirements for Authority Data), e di conseguenza i suoi elementi sono "vincolati" alle entità da questi definite: work, expression, manifestation, item, person, family e corporate body. Lo schema RDA prevede anche un set di elementi liberi per le applicazioni che non si riferiscono a FRBR (come i formati MARC 21 e UNIMARC), allo scopo di garantire l'interoperabilità con i dati non "FRBRizzati", utilizzando semplici regole di inferenza per generare i linked data29. Allo stesso modo, gli schemi di proprietà e valori di RDA possono essere mappati con proprietà e termini di altri schemi, anche non bibliografici, per garantire il collegamento dei dati in modo ampio. La creazione e la pubblicazione di vocabolari controllati rende i dati RDA accessibili come linked open data da parte di tutti gli operatori del semantic Web30.
Tra le problematiche di applicazione pratica di questo approccio di RDA, una delle principali è l'allineamento tra le diverse interpretazioni che gli elementi RDA possono avere in applicazioni diverse, nonché l'allineamento dello stesso schema RDA con altri modelli. Tali allineamenti, infatti, devono avvenire senza che l'apertura alla massima interoperabilità e interscambio dei dati comprometta il valore specifico e l'affidabilità delle descrizioni.
Dean Seeman e Lisa Goddard si preoccupano ancor più dell'avvenire di RDA e della compatibilità dei dati catalografici rispetto all'"incerto" ambiente del Web futuro, nel momento attuale di generale transizione. Di fatto, rimane l'incompatibilità dei dati prodotti nelle biblioteche con i dati che si suppone saranno disponibili in futuro, e nonostante il dibattito teorico vada avanti con teorie e progetti, il lavoro di catalogazione rimane quello che è sempre stato. Lo schema RDA, comunque, tenta di colmare il gap tra gli schemi di dati tradizionali e i modelli linked data, ma il problema permane per l'evoluzione delle metodologie catalografiche, che devono essere meglio compatibili con le emergenti necessità delle grandi aggregazioni di dati intercollegati31.
La catalogazione, dunque, dovrà evolversi nella direzione della produzione di dati granulari e intercollegabili, cataloghi "decentralizzati" e parti integrate del Web. Serve operare in modo da arricchire il mondo delle informazioni che gira intorno alle risorse con dati affidabili e strutturati. Lo stesso schema RDA potrà assistere il processo fino a un certo punto, dato che non si tratta solo di seguire schemi più o meno aggiornati, o di "normalizzare" i dati MARC, ma soprattutto di intuire, senza ansia e senza "panico", la direzione dello sviluppo, collaborativo, dei processi di trattamento, ricerca e localizzazione dell'informazione.
Oltre che un incerto futuro, lo schema RDA ha già adesso dei pro e dei contro nella sua applicabilità concreta, ed Eliane Serrão Alves Mey, Isabel Arino Grau e Fernanda Salgado Biar ne parlano chiaramente. Se, nel 2007, il quinto IFLA Meeting of Experts on an International Cataloguing Code (IME-ICC)32 ha creato molte attese su un nuovo codice internazionale per la condivisione di informazioni bibliografiche, la realtà successiva di RDA ne ha contraddette alcune.
Sicuramente RDA dà la dovuta considerazione al concetto generale di risorsa informativa, e alle necessità degli utenti, e considera gli elementi della famiglia FRBR, ma alla fine non è così legato a FRBR, FRAD o FRSAD33 come dovrebbe, dato che si basa ancora su una considerazione descrittiva dei dati relativi a una risorsa piuttosto che su un vero modello di relazioni tra essi. Allo stesso modo, non si allontana realmente da AACR2, mantenendo regole per catalogare manifestazioni piuttosto che passare a un approccio "multilivello", con la conseguenza di non realizzare le nuove possibilità di linking. Riguardo alla diffusione internazionale, poi, le norme sono letteralmente tradotte, e non realmente adattate, non comprendendo terminologie o esempi più coerenti con la cultura del Paese in cui sono usate, e i costi di licenza non ne fanno uno strumento libero per tutti come ISBD.
Di là da tutte le discussioni, questione nodale per lo sviluppo dei sistemi di ricerca e scoperta di informazioni e documenti è la loro realizzabilità pratica, nonché la reale adeguatezza alle esigenze di chi li dovrebbe usare. Le realizzazioni, che si possono ottenere solo in collaborazione tra diversi operatori, sono da verificare, quindi, rispetto a un'altra più estesa collaborazione: l'aspettativa delle "persone" che i nuovi sistemi consentano modalità di approccio al docuverso della conoscenza libere di provare, cercare, scoprire, riprovare, trovare, come avviene nella realtà quotidiana, senza forzature in schemi esclusivi o astratti, seguendo il grado di intelligenza e di cultura di cui ognuno è in possesso.
Klaus Kempf fa il punto sullo stato della rivoluzione che, piano piano, dovrebbe portare alla trasformazione del catalogo da silos di dati chiuso in se stesso a sistema di organizzazione e diffusione dei dati aperto alla rete e con infiniti punti di accesso. Una rivoluzione "silenziosa", che si sviluppa quotidianamente nell'ambiente stesso in cui il catalogo agisce. A livello "locale", anzitutto, c'è stato un considerevole cambiamento dalla gestione di record proprietari, funzionali alla struttura stessa, all'organizzazione dei cataloghi online e dei relativi servizi aperti a un pubblico non conosciuto, fino alla diffusione di discovery service che consentono l'utilizzo di repository open access, di risorse Web sottoscritte e libere, nonché l'accesso diretto al documento.
A livello di "sistema", poi, attraverso cataloghi collettivi e metacataloghi, si è giunti alla possibilità di condividere dapprima le informazioni di descrizione e localizzazione dei documenti posseduti da differenti biblioteche, e in seguito alla condivisione del documento stesso tramite il collegamento comune alla versione digitale. Questo sviluppo ha condotto alla costituzione di portali dell'informazione con competenza disciplinare o interdisciplinare, a raggio regionale, nazionale o internazionale. Infine, i linked open data, stanno permettendo l'apertura dei cataloghi e la messa a disposizione dei dati e metadati al di fuori dell'ambito bibliotecario, per usi e riusi di tipo non solo bibliografico-biblioteconomico.
La standardizzazione dei metadati e la creazione di autorithy file internazionali hanno portato a profondi cambiamenti anche nella creazione e utilizzo dei record catalografici. L'effetto più consistente è nella progressiva variazione ed estensione della concezione stessa dei metadati bibliotecari. Le grandi operazioni di digitalizzazione, e l'acquisizione di risorse digital born, hanno avvicinato ai metadati bibliografici altre tipologie di metadati, basate anche sui dati multimediali, e ancora diverse tipologie di tipo tecnico e strutturale, tutte da gestire univocamente nel processo di trattamento delle risorse.
Il catalogo si è trasformato completamente a seguito di queste variazioni. Anzitutto, l'OPAC è diventato uno strumento unico per la ricerca di tutti i documenti posseduti dalla biblioteca, senza dover fare ricorso ai cataloghi divisi per tipologia. In seguito, si è sempre più marcata la differenza tra il catalogo come strumento interno per la produzione e la gestione dei dati, pienamente incluso nell'ILS (Integrated Library System), e l'interfaccia come strumento di accesso user oriented, che è l'elemento chiave del nuovo, ampio sistema di ricerca delle informazioni e dei documenti.
Questo processo ha reso necessaria la definizione di principi e mezzi che consentissero, effettivamente, un così ampio dialogo tra dati relativi a risorse molto differenti, per tipologia o per collocazione disciplinare, o semplicemente per ambito di utenza prevalente. Obiettivo di questo percorso è stata la messa a punto di un formato standardizzato di condivisione dei dati (per esempio EDM34), sviluppato in base alle esigenze di diversi tipi di istituzioni per la conservazione e la diffusione della memoria. Importante è stato pure giungere a un sistema di link ad authority file riconosciuti internazionalmente (per esempio VIAF35, LC Authorities36), e all'affermazione di un sistema di identificatori persistenti, cioè URI, che consentano la relazione tra tutti i dati.
I raggiungimenti ultimi di tale rivoluzione, questa volta meno "inavvertita"37, sono la costituzione di un sistema internazionale e interdisciplinare per la creazione di metadati, come RDA, e lo sviluppo di modelli di descrizione realmente interoperabili che facilitino l'accesso ai dati del Web semantico, come BIBFRAME. A questo si dovrà collegare la creazione di sistemi per la generazione automatica dei metadati, data la crescita del numero e della tipologia di risorse che le biblioteche dovranno trattare38.
La questione della collaborazione e dell'interscambio di dati non può prescindere dall'affrontare la problematica dell'interoperabilità semantica, come illustra Claudio Gnoli. La convergenza al digitale dei documenti, resa possibile da standard e pratiche come HTTP, XML-RDF e linked data, consente la ricerca e la navigazione in collezioni molto diverse. Vari enti per la conservazione e diffusione della memoria e della cultura archiviano e rendono disponibili all'accesso documenti e risorse di ogni genere. Idealmente, con una ricerca unica si potrebbe navigare tra documenti e rappresentazioni digitali di collezioni ben differenti, quali quelle di biblioteche, archivi, musei, gallerie, zoo, giardini botanici, siti web eccetera, attraverso semplici interfacce.
Questo, però, rappresenta solo la parte tecnica della questione, rimane insoluta la problematica concettuale, relativa all'indicizzazione delle differenti risorse attraverso diversi Knowledge Organization System (KOS) realmente interoperabili39. È già in parte possibile realizzare una ricerca cumulativa tra biblioteche, archivi, musei, gallerie, rintracciando informazioni di vario genere, ma è possibile realizzare un vero "union catalogue" di tutte queste fonti? Si può approdare a un portale strutturato consapevolmente ed efficacemente per questa funzione?
Il ruolo dei KOS sta diventando sempre più importante per lo sviluppo del semantic Web, poiché sono gli unici dispositivi in grado di creare un ponte tra i contenuti di diversi formati e media40. La knowledge organization è stata teorizzata fin dagli anni Settanta41, e include sistemi di classificazione, subject heading, tesauri, topic map, ontologie. Ci sono, comunque, dei limiti all'interoperabilità tra i diversi sistemi di KO, le diverse specificità di tipo linguistico, disciplinare o di standard di rappresentazione possono limitare la possibilità di realizzare un'efficace mappatura o allineamento tra KOS molto diversi42.
Per superare le limitazioni al "dialogo", dunque, serve riconoscere la nozione comune di KOS, e riflettere su di essa. Una data struttura concettuale e la realizzazione in formati interoperabili consentono ad alcuni sistemi di essere più adatti di altri per valorizzare i metadati e i dati nel più ampio contesto della condivisione di informazioni e documenti43.
Esempio di collaborazione e interoperabilità realmente estese è quello esposto da Luca Martinelli riguardo all'attività di Wikidata44. Wikidata è un progetto della Wikimedia Foundation (WMF), consistente nella costruzione di una base di dati free, secondaria, collaborativa, multilingue, che può essere letta e implementata allo stesso modo dagli esseri umani e dalle macchine, permettendo a ognuno di riutilizzare i dati in contesti molto diversi. Scopo del programma è centralizzare l'accesso e la gestione dei dati relativi a ogni soggetto trattato da Wikipedia e dai suoi sister project. I dati sono organizzati in statement, coppie di proprietà-valori, con qualificatori aggiuntivi e riferimenti alle fonti originarie.
Wikidata è già un campo di prova per la collaborazione con varie istituzioni culturali, tra cui le biblioteche, e agendo come hub per proprietà e identificatori punta a diventare un «super authority control» generalmente condiviso45. In questa prospettiva è stata avviata, tra le molte altre, una collaborazione con la Biblioteca nazionale centrale di Firenze, per connettere il tesauro della BNCF con Wikipedia attraverso Wikidata.
Lo sviluppo dei principi della catalogazione deve essere tenuto ancora più in considerazione in una fase di mutamenti che sembra tendere a fare a meno di principi, in quanto spesso considerati poco attinenti alla realtà e congelati nella propria astrattezza. Una chiara idea di cosa sia un principio e di quanto sia importante rispettarlo, pur nell'indispensabile innovazione, è la chiave di tutte le riflessioni per giungere alla ridefinizione di una scienza biblioteconomica e di un'attività bibliotecaria che, per quanto distanti ed evolute rispetto alle dottrine e pratiche originarie, sono sempre riconoscibili come tali, di là da etichette fuorvianti (2.0 e simili). Un catalogo sarà sempre un catalogo, per quanto faster, smarter e richer come è adeguato che sia nella realtà odierna. Fin dalla sua invenzione, in fondo, il catalogo ha tentato di allinearsi alla realtà dell'epoca, per raggiungere obiettivi sempre validi riguardo alla selezione, organizzazione e diffusione delle informazioni e dei documenti.
Agnese Galeffi, in considerazione del lavoro di revisione degli International Cataloguing Principles (ICP) attualmente svolto dalla Cataloguing section dell'IFLA, discute il ruolo che i principi devono avere nell'attuale riconsiderazione della catalogazione, in quanto basi ineludibili di un rigoroso processo di sviluppo scientifico. I principi della catalogazione, lungi dall'essere distanti dalle finalità concrete, devono essere aggiornati in rapporto ai cambiamenti che si impongono per la funzionalità dei cataloghi. Infatti, la funzione del catalogo, i dati trattati, e i principi sottostanti, si influenzano reciprocamente, in un circolo inestricabile.
Lo Statement ICP del 200946, nel fissare nuovi principi, ha sottolineato che essi hanno lo scopo di guidare lo sviluppo delle norme catalografiche, la definizione dei dati, e la messa a punto dei cataloghi. Sembra, così, incompatibile il ruolo di principi guida, generali e universali, con quello di strumenti per la definizione concreta dei dati e per l'effettiva costituzione dei cataloghi, attività applicative che dovrebbero appartenere più alla tecnica che alla teoria. La catalogazione, infatti, può essere intesa come una "fenomenologia", attività di descrizione di "fenomeni", manifestazioni di oggetti concreti dell'"esperienza", come sono i documenti, "risorse" ed "entità" nella terminologia FRBR.
Il concetto di principio nella considerazione attuale è sempre meno distante dal senso di un presupposto dinamico, pure se univoco, con due aspetti interrelati, di attinenza filosofica e scientifica. Nell'accezione più antica, filosofica, il principio ha a che fare con l'archè, i fondamenti, la realtà originaria e immutabile, il senso complessivo e definitivo. La filosofia moderna e contemporanea ha attenuato gli aspetti più astratti di fissità del principio, propendendo per una concezione dinamica, evolutiva, anche se "incorrotta". Dal punto di vista della scienza naturale, invece, il principio, per quanto "legge universale", incontestabile, è stato sempre ritenuto un processo di generalizzazione a partire dall'esperienza di un'ampia serie di casi specifici, come in fondo è considerata la conoscenza47.
Così, i principi filosofici possono essere il "cuore" indiscutibile della catalogazione, ma dal punto di vista scientifico le leggi generali devono derivare dalla considerazione della molteplicità dei casi specifici. Questo può essere posto anche alla base del modello teorico di FRBR, fondamento degli ICP, per cui consegue che se la realtà dei casi concreti muta, deve mutare anche la legge generale da essi derivata. I principi che ci riguardano sono strettamente legati alle esperienze di catalogazione, e alle tecnologie, che puntano a migliorare gli strumenti di ricerca per gli utenti. Chiedersi continuamente durante l'esperienza "cosa" si deve catalogare, per "chi" e a quali "fini", quale mondo dell'informazione il catalogo come "artefatto cognitivo"48 può creare intorno agli utenti, deve essere la base per la ridefinizione dei principi catalografici.
A questo proposito, Alberto Petrucciani si esprime nel ribadire il valore dei principi per la costituzione di un "buon catalogo", delineando il senso della qualità di tali strumenti. Questo senso sembra non essere molto presente nelle attuali discussioni, come poco considerata è la realtà in cui ci si trova nella mancanza dei principi della qualità, cioè lo scarso valore di cataloghi pieni di errori, non solo materiali, sviluppati in fretta, senza progetto, senza comprensione delle funzioni e dello spirito dell'informazione bibliografica.
La questione della qualità e dell'adeguatezza, nella realtà attuale dei grandi database di informazioni e della loro grande apertura, deve assumere una posizione centrale. La discussione dei principi FRBR sembra essere l'ultima opportunità per riprendere in mano la problematica nel momento in cui si tenta di passare alla loro applicazione pratica. Serve, però, impegnarsi nel comprendere il significato dei principi proposti e dei fini da raggiungere con il catalogo, non concentrandosi solo sulla realizzazione "formale" del modello. Le biblioteche sono l'istituzione deputata a fornire informazione di qualità, affidabile, in una società dove la diffusione di informazioni senza autorità è sempre più comune, e non possono scendere al livello di inadeguatezza degli strumenti cui si contrappongono.
Riguardo agli "operatori" di questa incessante evoluzione di principi e pratiche, Violeta Ilik è ottimista nel considerare il corrente sviluppo tecnologico e sociale come una grande opportunità per i catalogatori di liberarsi dal loro tradizionale e statico mondo "analog based", per "riconcettualizzarlo", per trasformarlo in un mondo fluido e tridimensionale.
La catalogazione può ora concentrarsi su un nuovo senso di organizzazione dell'informazione, creando nuovi generi di surrogati delle risorse non più limitati nella visione "ortogonale" dei tradizionali record di catalogo. Il semantic Web e la sua tecnologia chiamano immediatamente in causa i principi della catalogazione, liberando lo spirito del record dalla gabbia bidimensionale, per spingerlo nella direzione di una più ricca, fluida e completa concezione tridimensionale. I catalogatori, dunque, devono intendere il mondo in trasformazione, e trasformare se stessi per accettare, e anzi meglio, comprendere nuovi ruoli. Non ci si deve fare "accecare" dalle pratiche assodate, al punto da non riuscire a vederne le alternative che orientano al futuro, dove le nuove pratiche diventano semplici e comuni.
Sembra ovvia la necessità che le biblioteche siano propositive nello sviluppare nuovi metodi per creare, condividere e riutilizzare metadati e gli stessi dati49. Mentre non pare che si sia fatto abbastanza per costruire il nuovo mondo bibliotecario, sfruttando le possibilità del semantic Web. C'è un intero nuovo mondo oltre le regole tradizionali, oltre MARC, da scoprire e accrescere, anziché cadere vittime dell'applicazione rigorosa di norme non più adeguate. Il problema, semmai, è quello di riuscire ad avere un ruolo influente nel trasformare il mondo dell'informazione. Serve interrogarsi se effettivamente nel futuro sarà necessario un catalogo, o uno strumento che possa essere riconosciuto come tale, e se ci sarà, serve sapere che forma dovrà avere, e quanto sarà uno strumento integrato nella rete mondiale50.
Riguardo al dibattito sul «value of libraries», Juliya Borie, Kate MacDonald ed Elisa Sze indicano alcuni principi irrinunciabili per affermare il ruolo futuro della catalogazione nel mondo dell'informazione. Nel nuovo ambiente della condivisione delle risorse, per non tradire le aspettative che gli utenti trasferiscono, anche maggiorate, dal Web alle biblioteche, queste devono offrire un accesso sempre più ampio e organizzato ai documenti e ai servizi.
Vari studi hanno cominciato ad analizzare le condizioni del cambiamento, e come le biblioteche possono agire per dominare le trasformazioni accrescendo il proprio valore nei confronti degli utenti istituzionali e della più ampia comunità globale51. Non si tratta solo di fermare l'"emorragia" di utenti che credono di essere soddisfatti meglio dal Web, ma anche di giustificare i finanziamenti crescenti di cui le biblioteche necessitano, mostrando con chiarezza i "benefici" della loro attività, «concreti o percepiti». Per questo scopo, l'azione fondamentale da svolgere è ben nota: lo sviluppo dello spirito collaborativo che è sempre stato delle biblioteche tramite i nuovi sistemi di creazione di dati interscambiabili, come FRBR, RDA e linked data. Un esempio di dati di grande valore prodotti da sempre dalle biblioteche sono gli authority file, e poter condividere tali definizioni di autorità è essenziale per gli altri agenti che creano il Web semantico.
La catalogazione deve rivendicare il proprio valore in questa più ampia discussione sul valore della biblioteca nella sua interezza52. Per propria natura, però, questa tecnica tende a restare in disparte nel rapporto della biblioteca con l'utente, e ancora di più i progressi dei cataloghi, che consentono ai ricercatori di diventare più indipendenti, nascondono chi c'è dietro tale servizio di grande "valore aggiunto". Eppure c'è un certo movimento di advocacy, a partire da professionisti sostenuti anche da semplici utenti, che tenta di definire l'importanza di una catalogazione rinnovata nel nuovo contesto.
Con acutezza, il percorso presentato da Carlo Bianchini e Mauro Guerrini inizia da Ranganathan e giunge fino a BIBFRAME, seguendo i determinanti passaggi storici di questo delicato sviluppo. L'accento è sulla necessità di riportare veramente il focus dei cataloghi sugli utenti, passo decisivo se si vuole arginare la loro fuga verso altri forse meno affidabili ma più "servizievoli" strumenti. In questo, sembra che la biblioteconomia non abbia rivalutato il senso delle proprie leggi più riconosciute, come «Save the time of the reader», che imporrebbe di realizzare strumenti di ricerca più veloci e completi, o come «Every book its reader», che indica la necessità di fare arrivare le informazioni e i documenti verso chi ne ha bisogno, "esponendoli" nel modo migliore53.
Il secolo scorso si è chiuso, dal punto di vista biblioteconomico, con la pubblicazione di FRBR54, un vero «punto di svolta» per i cataloghi, che in coincidenza con questa data hanno iniziato una corsa al cambiamento, necessitata anche dalla convergenza al digitale e da una crescente "smaterializzazione" del loro oggetto di applicazione. La vera svolta di FRBR è, però, di principio, in quanto il rapporto presenta un nuovo modello logico che vuole modificare in profondità le concezioni bibliografiche e catalografiche. FRBR è stato la base per una riorganizzazione logica degli ICP, per la revisione degli standard internazionali dell'IFLA, quali ISBD, e per la messa a punto di nuovi codici di catalogazione, quali REICAT (Regole italiane di catalogazione) e RDA.
Gli sviluppi derivanti da FRBR richiedono di trasformare non solo la struttura dei dati del catalogo, ma anche i formati bibliografici e i software per la catalogazione. Tali impulsi sono identificabili in tutte le applicazioni della FRBR family, in rapporto alla quale gruppi di lavoro, report e studi hanno cambiato il proprio orientamento e anche la terminologia, passando dalla prospettiva del record bibliografico a quella dei dati in sé presi, sottolineando la crescente importanza di una concezione "granulare" dell'organizzazione dei dati. Il focus passa dal record a se stante alle entità in relazione, consentendo un approccio "globale" alle risorse, vedendole come insiemi di dati collegati, da trattare, diffondere, condividere.
Partendo da presupposti diversi, anche il mondo del semantic Web ha affrontato una simile rivoluzione, che lo ha portato a trasformarsi dal Web dei documenti al Web dei dati. È impossibile non valutare una grande convergenza tra le biblioteche e il Web semantico, sia perché i principi posti da Tim Berners Lee per i linked data, come basi per il semantic Web, sono direttamente associabili alle funzioni definite da FRAD, sia perché le definizioni di autorità prodotte nelle biblioteche sono, di fatto, prese in alta considerazione per il funzionamento del Web dei dati55.
A dispetto del livello di definizione raggiunto da principi, modelli e norme, però, il problema dello sviluppo del formato bibliografico sembra bloccare ogni avanzamento. Di fatto, sono i vecchi formati dei record a impedire l'implementazione di nuove tipologie di interfacce di ricerca, nonostante i tentativi di superamento dei limiti del formato MARC tramite ponti in grado di portare a cataloghi "FRBRizzati"56. Eppure i milioni di record creati finora non possono essere eliminati, producendone subito altri secondo i nuovi principi, anche se i vecchi record non sono direttamente utilizzabili nel nuovo contesto.
In questa situazione di stallo, si inserisce con nuova forza il progetto della Library of Congress nominato Bibliographic framework initiative, o BIBFRAME, con l'obiettivo di lanciare il futuro universo bibliografico, in cui si inseriranno non solo le biblioteche, costituito dal lavoro comune e dall'interscambio dei dati57. Pur rivelando alcuni nodi ancora da sciogliere, il programma BIBFRAME definisce che «il nuovo modello è più che la semplice sostituzione dell'attuale modello rappresentato da MARC. Esso è la base per il futuro della descrizione bibliografica, come parte del Web e del mondo della rete in cui viviamo»58.
Orientato verso tutti i generi di utenti, BIBFRAME è un modello teorico-pratico che tenta la definizione di descrizioni bibliografiche più "leggere", e più facilmente comunicabili sul Web, composte da dati diretti a essere universalmente riutilizzabili. Si basa essenzialmente sulle relazioni di quattro entità o resource: work, instance, authority, annotation. La relazione principale tra work e instance è strutturata in modo da distinguere e rapportare con chiarezza un'essenza concettuale e la sua manifestazione concreta. L'entità authority identifica un concetto o una cosa associata con un work o una instance, e l'annotation consente di espandere la descrizione di work, instance o authority.
Dinanzi alle biblioteche e ai loro strumenti di ricerca ci sono gli utenti, e tra biblioteche e utenti si insediano le tecnologie. Fin dall'invenzione dei primi cataloghi, in quanto mezzi tecnologici di mediazione, è sempre stato così, dalle schede di carta, ai computer, al Web. Aver rispetto del tempo dell'utente, aiutare a ottimizzarlo, è una formula onnicomprensiva che considera tra le prime cose il livello di efficacia dei nuovi strumenti per la ricerca di informazioni.
Milena Dobreva analizza il rapporto dei cittadini comuni, degli utenti generici, con la ricerca di informazioni e documenti, di metadati e di dati, come questione che tutte le biblioteche dovrebbero avere a cuore, visti i propositi, e la necessità, di aprirsi agli ampi spazi di circolazione e condivisione di dati del Web. Biblioteche, non solo pubbliche, e cataloghi, non solo generali, devono evolversi prendendo in considerazione le esigenze di tutti i cittadini, anche i meno familiarizzati con il senso della biblioteca.
Gli studi condotti sugli utenti di tipo accademico, ricercatori di informazione "professionisti", possono aiutare a comprendere le meno studiate esigenze degli utenti generici60. È fondamentale, inoltre, creare una "mappa" del rapporto tra le tecnologie dell'informazione e la citizen science, che si evolve grazie alle tecnologie, per capire quanto queste possono e devono influenzare lo sviluppo delle biblioteche. In specifico, come gli altri servizi tecnologici della biblioteca, il catalogo deve diventare parte di una "eInfrastructure" generale, integrandosi in una reciproca ricerca di interoperabilità.
In un mondo aperto alle tecnologie dell'informazione, per ogni tipo di utente si deve pensare a differenti recezioni e utilizzi degli strumenti di ricerca, che per le biblioteche vuol dire confrontarsi con un ampio range di esigenze, e di conseguenza con altrettante modalità di ricerca da rendere possibili e agevolare61. Questa è l'analisi esposta da Marco Ranieri, volta a scoprire gli interessi che guidano gli utenti e le tendenze che questi attuano, affermando spesso la necessità della forte presenza di un professionista in grado di fornire una "mediazione culturale" per aprire a tutti il cyberspace.
Tale efficiente mediatore deve conoscere bene la rete e le sue ramificazioni, le potenzialità, i danni, gli aspetti più popolari e quelli più chiusi, la ricchezza della sua semplicità e i rischi connessi. A seguito di questo, tutto il portale della biblioteca, e anche i cataloghi, devono mettere a disposizione i migliori servizi tarati sulle esigenze del Web, senza compromessi sulla qualità, ma in modo da mostrare il meglio della propria proposta di risorse.
In considerazione delle nuove esigenze manifestate dagli utenti, Antonella Trombone espone quali possono essere i modelli più adatti per la visualizzazione dei dati bibliografici e la 'comunicazione' della disponibilità delle risorse. FRBR ha dato un modello teorico della funzione dei dati e della loro organizzazione che è quasi rimasto tale, non essendo che parzialmente realizzato da strumenti come REICAT e RDA. La trasformazione dei modelli di trattamento dei dati, comunque, ha come scopo quello di renderli meglio visibili e quindi disponibili a un'utenza generale, poiché i dati in schemi MARC sono invisibili anzitutto ai motori di ricerca generalisti62.
In questa direzione, nei software bibliotecari l'interfaccia dell'OPAC è stata separata dall'ILS (Integrated Library System), consentendole un primo grado di evoluzione e di integrazione nel Web, e consentendo di progettare i Next Generation Catalogue (NGC). Tra le questioni base, infatti, sono la selezione e la presentazione dei dati. Per queste funzioni è necessario che le interfacce dei cataloghi permettano all'utente sia di selezionare i dati, sia di mostrarli nell'ordine preferito, in base a un linguaggio più vicino a quello comune che a quello della tecnica bibliotecaria, o a quello degli esperti. In tal senso, non si tratta solo di trovare un modello nuovo per strutturare i dati bibliografici, ma anche un sistema per presentarli, come indica FRBR, secondo nuove e intuitive relazioni tra le entità che rappresentano.
Si possono vedere a confronto tre modalità innovative di presentazione dei dati: quelle proposte dai discovery tool, dagli schemi RDA e dalle emulazioni di FRBR, il cui scopo comune è presentare in modo organico una serie di informazioni e di risorse ricavate dall'intero patrimonio della biblioteca e dalle risorse esterne da essa mediate. A questo scopo, la visualizzazione delle informazioni dovrà essere basata sulle combinazioni possibili di dati prodotti in modo granulare, e secondo schemi che consentano il meccanismo dei linked data.
Questa rassegna di note, relativa al forum internazionale che ha discusso il senso e l'importanza di provvedere con sollecitudine alla progettazione e realizzazione di un catalogo faster, smarter e richer, può essere conclusa stabilendo che non si tratta solo di auspici, o di programmazioni teoriche. Molte attività pratiche sono già bene impostate sui nuovi presupposti, e sono state presentate molte realizzazioni effettive che non sono modelli sperimentali ma veri primi passi nella direzione voluta.
Anche una compiuta poster section ha sostanziato il convegno, dimostrando le realizzazioni già disponibili per gli utenti, e la strada intrapresa per il vero cambiamento.
Dato il grande senso di rilancio verso il futuro di tutta l'esperienza delle due giornate, possiamo chiudere solo con alcune domande. Sarà possibile per le macchine fare tesoro dei pregi e dei difetti dell'atteggiamento di ricerca e scoperta umano? Si potrà migliorare quello che è migliorabile ed evitare le ottusità e le vaghezze? Oppure la possibilità di servirsi anche di creatività e fantasia, sentimento e intuizione, farà sempre la differenza fondamentale? Tutto questo ci permette di pensare, dunque, a uno strumento instant, cultural e infinite?
Ultima consultazione siti web: 30 marzo 2014.
[1] Noto termine coniato da Ted Nelson nel 1974 circa, presentato nel libro stampato in proprio Computer lib / Dream machines (v. l'edizione: Theodor H. Nelson, Computer lib / Dream machines. Redmond: Tempus books of Microsoft press, 1987).
[2] Per alcuni riferimenti si può partire da: Crisi della ragione, a cura di Aldo Gargani. Torino: Einaudi, 1979.
[3] "Faster, smarter and richer. Reshaping the library catalogue. FSR 2014. International conference" (Roma, 27-28 febbraio 2014), http://www.aib.it/attivita/congressi/c2014/fsr2014.
[4] Il riferimento per i saluti di benvenuto è a Jean-Louis Bruguès, Stefano Parise e Andrea Marchitelli, per le conclusioni e il saluto finale è a Paul Gabriele Weston.
[5] Un confronto obbligato è con: Thomas S. Kuhn, The structure of scientific revolutions. Chicago: University of Chicago, 1962.
[6] Non a caso molte delle relazioni successive alle testimony citano almeno una volta Cutter, confermando che i principi dei cataloghi non sono stati dimenticati, salvo produttivamente criticarli, aggiornarli. In proposito, v. Charles A. Cutter, Rules for a printed dictionary catalogue. Washington: Government printing office, 1876.
[7] Revelli cita: Chris Oliver, Introducing RDA: a guide to the basics. Chicago: American library association, 2010.
[8] Vannevar Bush, As we may think, «The Atlantic monthly», 1945, n. 7, p. 101-108.
[9] Anche l'opera di Ranganathan è spesso citata da diversi relatori, e in particolare: Shiyali Ramamrita Ranganathan, The five laws of library science. London: Goldston, 1931.
[10] A questo, Revelli collega il concetto di centralità dell'utente, anch'esso di antica tradizione (è citato: Gabriel Naudé, Avvertenze per la costituzione di una biblioteca. Bologna: Clueb, 1992). Oggi, dunque, non è fuorviante ascoltare anche le rinnovate esigenze, e "influenze", di utenti che operano spesso con altri strumenti di ricerca.
[11] McGarry si riferisce a: Guidelines for subject authority and reference entries. München: Saur, 1993; Subject indexing: principles and practices in the 90s. München: Saur, 1995; Principles underlying subject heading languages. München: Saur, 1999; Guidelines for subject access in national bibliographies. Berlin: De Gruyter Saur, 2012.
[12] International federation of library associations and institutions. Study group on the functional requirements for bibliographic records, Functional Requirements for Bibliographic Records: final report. München: Saur, 1998.
[13] V. Atti del convegno di studi su Antonio Panizzi, a cura di Enzo Esposito. Galatina: Editrice salentina, 1982.
[14] Charles A. Cutter, Rules for a printed dictionary catalogue cit.
[15] V. International conference on cataloguing principles, Statement of principles adopted at the International conference on cataloguing principles: Paris, October 1961. London: International federation of library associations and institutions, 1971.
[16] Eric J. Miller, An introduction to the Resource Description Framework, «Journal of library administration», 34 (2001), n. 3/4, p. 245-255.
[17] Tim Berners-Lee; James Hendler; Ora Lassila, The semantic Web: a new form of web content that is meaningful to computers will unleash a revolution of new possibilities, «Scientific American», 284 (2001), n. 5, p. 34-43.
[18] A questa necessità evolutiva dei principi dei cataloghi, si collega l'esposizione di Daniel Van Spanje relativa ai diversi strumenti utilizzati per la ricerca ampia di informazioni e documenti. Proprio dalle modalità di ricerca e scoperta messe a punto dai sistemi "generalisti" si può apprendere molto su come impostare i sistemi di ricerca "specialisti", venendo incontro alle nuove esigenze degli utenti secondo il modello dei web scale discovery service. Le prospettive future prevedono, dunque, una rinnovata tecnica di trattamento e messa a disposizione dei dati, il passaggio dalla gestione e organizzazione dei record bibliografici al trattamento di estese "entità".
[19] Seymour Lubetzky, Cataloging rules and principles: a critique of the A.L.A. rules for entry and a proposed design for their revision. Washington: Library of Congress, 1953.
[20] Le relatrici, a questo proposito, presentano il loro prototipo FrbrVis: v. Tanja Merčun; Maja Žumer; Trond Aalberg, FrbrVis: an information visualization approach to presenting FRBR work families, in Theory and practice of digital libraries: second international conference: TPDL 2012. Berlin: Springer, 2012, p. 504-507.
[21] La timeline di FRBR inizia con il meeting di Stoccolma del 1990, e procede con le prime stesure del 1992 e del 1994, la pubblicazione del final report nel 1998 (v. cit.), e l'ultima stesura del 2009.
[22] Coyle cita una frase di Barbara Tillett del 2005.
[23] V. Patrick Le Boeuf, FRBR and further, «Cataloging & classification quarterly», 32 (2001), n. 4, p. 15-52.
[24] Immagine tratta dal report FRBR online: http://archive.ifla.org/VII/s13/frbr/frbr_current3.htm.
[25] http://www.cidoc-crm.org/frbr_inro.html.
[26] http://www.doi.org/factsheets/indecs_factsheet.html.
[27] http://sempublishing.sourceforge.net.
[28] http://www.loc.gov/bibframe.
[29] Chris Oliver, Introducing RDA cit.
[30] Per l'aggiornamento sugli sviluppi di RDA, v. Joint steering committee for development of RDA. 2014, http://www.rda-jsc.org/index.html.
[31] V. Anne Welsh; Sue Batley, Practical cataloging: AACR, RDA and MARC21. New York: American library association, 2012.
[32] International federation of library associations and institutions, IME-ICC: IFLA meetings of experts on an international cataloguing code. 2014, http://www.ifla.org/node/576.
[33] Functional Requirements for Subject Authority Data.
[34] Europeana Data Model. 2013, http://pro.europeana.eu/edm-documentation.
[35] Virtual International Authority File. 2013, http://viaf.org.
[36] Library of Congress, Library of Congress Authorities. 2012, http://authorities.loc.gov.
[37] La citazione richiama: Elizabeth L. Eisenstein, The printing press as an agent of change: communications and cultural transformations in early modern Europe. Cambridge: Cambridge University press, 1979.
[38] Fino a che tutto non sarà in qualche modo "ricatalogato", la mole di metadati finora prodotti non è direttamente interoperabile, né facilmente traducibile da uno schema all'altro. Un sistema di management di differenti set di metadati, dunque, è necessario non solo per la creazione di uno strumento di ricerca che operi su risorse di ambiti diversi, ma anche per uno stesso grande istituto, come spiega Paola Manoni riferendosi alla Biblioteca Vaticana, che usa differenti schemi e standard (MARC21, EAD, TEI) per ogni tipologia di materiale conservato.
[39] V. Lars M. Garshol, Metadata? Thesauri? Taxonomies? Topic maps! Making sense of it all, «Journal of information science», 30 (2004), n. 4, p. 378-391.
[40] Marcia Lei Zeng; Lois Mai Chan, Trends and issues in establishing interoperability among knowledge organization systems, «Journal for the American society for information science and technology», 55 (2004), n. 5, p. 377-395.
[41] V. Ingetraut Dahlberg, Knowledge organization: its scope and possibilities, «Knowledge organization», 20 (1993), n. 4, p. 211-222.
[42] A tale problematica si può collegare la questione dei vocabolari controllati affrontata da Massimo Gentili Tedeschi riguardo alle risorse musicali. In contesti differenti, e con l'uso di lingue diverse, gli stessi concetti possono essere espressi con impostazioni differenti, fino a portare a interpretazioni divergenti. Nel rapportare diversi tesauri, molti disguidi possono nascere cambiando il senso delle parole in un linguaggio sulla base della lingua comune e non della terminologia specifica e del contesto. Il rischio di usare i termini della lingua, anziché esprimere i concetti con tecniche specifiche di KO, è quello di realizzare record accessibili con un linguaggio non comprensibile dagli utenti specialisti, e di rendere impossibile l'interoperabilità e lo scambio dei dati.
[43] Di interconnessione tra KOS parlano anche Anna Lucarelli ed Elisabetta Viti, ponendo il problema dell'interoperabilità tra vocabolari controllati o tra schemi di classificazione in lingue diverse. Il recente standard ISO 25964 tratta il multilinguismo e la mappatura tra termini, allo scopo di consentire la ricerca multilingue nell'ambito del semantic Web. Il tesauro del Nuovo soggettario della BNCF usa un software specifico per gestire il multilinguismo, e ha implementato link di equivalenza con il LCSH (Library of Congress Subject Headings).
[44] https://www.wikidata.org.
[45] Gli item di Wikidata "linkano" a strumenti quali: SBN, VIAF, ISNI (International Standard Name Identifier), GND (Gemeinsame Normdatei), LCCN (Library of Congress Control Number).
[46] IFLA cataloguing principles: statement of International Cataloguing Principles (ICP) and its glossary, a cura di Barbara Tillett; Ana Lupe Cristán. München: Saur, 2009, http://www.ifla.org/files/assets/cataloguing/icp/icp_2009-en.pdf.
[47] Per alcune divagazioni in proposito, ci si può riferire a noti scritti quali: Gottfried Wilhelm Leibniz, Nuovi saggi sull'intelletto umano. Milano: Bompiani, 2011.
[48] V. Seymour Papert, Mindstorms: children, computers, and powerful ideas. New York: Basic books, 1980.
[49] Tony Horava, Challenges and possibilities for collection management in a digital age, «Library resources & technical services», 54 (2010), n. 3, p. 142-152.
[50] A questo proposito sono mostrati gli esempi di name authorities non MARC come VIVO http://www.vivoweb.org, e di data integration tool quale Karma http://www.isi.edu/integration/karma, che possono interagire con il nuovo modello di catalogo.
[51] Tra questi studi: Online computer library center, Perceptions of libraries, 2010: context and community. Dublin: Online computer library center, 2011, http://www.oclc.org/reports/2010perceptions/2010perceptions_all.pdf.
[52] V. Association for library collections & technical services. Cataloging & classification section executive committee, Value of cataloging librarians. 2006, http://www.ala.org/alcts/resources/org/cat/catlibvalue.
[53] V. Shiyali Ramamrita Ranganathan, The five laws of library science cit.
[54] International federation of library associations and institutions. Study group on the functional requirements for bibliographic records, Functional Requirements for Bibliographic Records cit.
[55] Gli sviluppi convergenti delle biblioteche e del Web sono stati discussi nel corso del seminario: "Global interoperability and linked data in libraries" Firenze, 18-19 giugno 2012), http://www.linkedheritage.eu/linkeddataseminar.
[56] V. Rosemie Callewaert, FRBRizing your catalogue: the facets of FRBR, in Catalogue 2.0: the future of the library catalogue, a cura di Sally Chambers. Chicago: American library association, 2013, p. 93-115.
[57] Angela Kroeger, The road to BIBFRAME: the evolution of the idea of bibliographic transition into a post-MARC future, «Cataloging & classification quarterly», 51 (2013), n. 8, p. 873-890.
[58] Library of Congress, Bibliographic framework as a web of data: linked data model and supporting services. Washington: Library of Congress, 2012, p. 3, http://www.loc.gov/bibframe/pdf/marcld-report-11-21-2012.pdf.
[59] Immagine tratta dal sito di BIBFRAME: http://www.loc.gov/bibframe/docs/model.html.
[60] V. per esempio: Association of college & research libraries. Research planning and review committee, Environmental scan 2013. 2013, http://www.ala.org/acrl/sites/ala.org.acrl/files/content/publications/whitepapers/EnvironmentalScan13.pdf.
[61] Ranieri cita, tra altri autori, Alexandre Koyré, From the closed world to the infinite universe. Baltimore: John Hopkins, 1957.
[62] V. Joshua Barton; Lucas Mak, Old hopes, new possibilities: next-generation catalogues and the centralization of access, «Library trends», 61 (2012), n.1, p. 83-106.