A conclusione del secondo mandato da presidente nazionale dell’AIB, mi sembra utile proporre un aggiornamento rispetto alle riflessioni che proponevo, all’indomani delle elezioni del 2017, in un editoriale dal titolo Cominciamo dall’AIB, pubblicato sul numero 2/2017 di questa rivista.
Allora, il mondo non era stato ancora attraversato dalla tragedia della pandemia da Covid-19 e l’Europa non era stata ancora colpita al cuore da un conflitto causato dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia che minaccia di divenire mondiale, ma le emergenze che affliggevano il nostro settore non erano molto diverse da quelle di oggi: bandi d’appalto e di concorso spesso non rispettosi delle professionalità necessarie nelle biblioteche e ricorso massiccio al volontariato, soprattutto al sud; forme tacite o eclatanti di censura sugli acquisti delle biblioteche e/o sulle scelte di ordinamento dei libri a scaffale nelle biblioteche di pubblica lettura; marginalità crescente delle biblioteche pubbliche statali a seguito delle riforme dell’organizzazione del Ministero della Cultura e dei troppo scarsi investimenti sulle politiche assunzionali; disimpegno riguardo alle biblioteche da parte di molti comuni e regioni, soprattutto dopo che la riforma degli enti locali del 2014 aveva omesso di riassegnare espressamente le competenze relative alle biblioteche provinciali e ai servizi culturali; riduzione degli organici delle biblioteche di università e dell’autonomia organizzativa dei sistemi bibliotecari di vari atenei, che pure in molti casi hanno visto crescere i loro compiti; carenza di politiche pubbliche per la sostenibilità del mercato delle licenze sul digitale e a salvaguardia delle opportunità di accesso attuale e futuro ai prodotti digitali.
Sarebbe un errore considerare le dinamiche riguardanti le biblioteche solo dall’interno del nostro settore: le biblioteche – che, a differenza della scuola, dell’università e della sanità pubbliche, in Italia non hanno mai goduto di un forte riconoscimento legislativo – sono servizi pubblici accessibili gratuitamente, e sono servizi pubblici per la conoscenza. Come tali, scontano le conseguenze a lungo termine del disinvestimento progressivo che ha colpito almeno dalla metà degli anni Novanta del secolo scorso (ma con una netta accelerazione dopo la crisi dei mercati finanziari del 2008) tutti i servizi pubblici per il welfare e in particolare i servizi pubblici per la conoscenza.
Come hanno dimostrato varie indagini nazionali e internazionali e anche i molteplici appelli degli utenti, durante e dopo la pandemia, volti a ottenere maggiori servizi bibliotecari di base – come i cataloghi aggiornati, la consultazione in sede, le fotocopie e il prestito bibliotecario e interbibliotecario – è del tutto evidente che le biblioteche sono necessarie per il progresso della ricerca e della creatività, per l’apprendimento lungo l’arco di tutta la vita, per il benessere delle persone e delle comunità, per la crescita dei livelli di civiltà e coesione sociale. Sebbene non esistano analisi economiche aggiornate, è altrettanto evidente che, inoltre, le biblioteche generano direttamente anche un significativo indotto economico, in termini di occupazione, acquisti di beni e servizi e anche di innovazione tecnologica (esiste infatti una fiorente industria dei servizi alle biblioteche, le cui soluzioni tecnologicamente avanzate nascono proprio in risposta a una committenza bibliotecaria qualificata ed esigente).
Tuttavia, affidarsi al mercato e semmai sostenere le aziende con contributi e soluzioni diverse da quelle che fanno leva sui servizi pubblici, eventualmente demandando al terzo settore gran parte delle politiche sociali, è stato a lungo l’orientamento prevalente di molti governi, soprattutto nel settore delle infrastrutture per la conoscenza, dove il motto ‘con la cultura non si mangia’ – lanciato nella prima decade del secolo corrente da un ministro dell’Economia – è stato di fatto condiviso, prima e dopo, da molti altri decisori (ad esempio quelli che hanno puntato a ridimensionare il ‘peso’ dello studio della storia e della geografia nelle scuole), ed è secondo solo all’altro motto o luogo comune (‘… tanto c’è internet!’).
In questo difficile scenario, l’AIB in tutte le sue articolazioni – quelle territoriali e quelle scientifiche – è stata chiamata, come sempre, a prendere posizione su molteplici e quotidiane emergenze, ma al contempo si è impegnata a (ri)costruire e (ri-)proporre – dialogando nella nostra comunità, con i decisori politici e con tanti stakeholder – una visione unitaria forte della biblioteca, cioè degli elementi essenziali che la caratterizzano e della peculiare funzione sociale che li tiene insieme, per definire in astratto un’entità chiamata ‘biblioteca’, differenziandola da altri costrutti sociali e a partire da cui riconoscerne il valore d’uso nell’epoca presente e le concrete incarnazioni, le molteplici caratterizzazioni e specializzazioni dei vari istituti, come pure le innumerevoli potenzialità di interazione e cooperazione tra loro e con altri soggetti, possibili peraltro solo a condizione di disporre di personale qualificato e continuamente aggiornato.
Ero convinta all’inizio del mio mandato e lo sono vieppiù dopo sei anni di esperienza che sia compito dell’AIB elaborare e promuovere questa visione d’insieme sulle biblioteche italiane, allo stesso modo e per le stesse ragioni per cui è nostro compito attestare la qualificazione professionale dei bibliotecari italiani e definirne la deontologia: se l’AIB è l’associazione rappresentativa dei bibliotecari italiani dal 1930, è perché è sempre riuscita a porsi come osservatorio indipendente, partecipe e qualificato sul nostro settore, in grado di comprendere e unire tutte le componenti della professione, sostenendone il confronto, la collaborazione e la ricerca di sintesi su posizioni più avanzate e obiettivi e valori condivisi.
Con questa forza, la forza della nostra comunità e dei suoi alleati, in questi ultimi sei anni insieme abbiamo, tra l’altro: fornito supporto e consulenza ad amministrazioni locali e regionali impegnate nello sviluppo di servizi bibliotecari e nel reclutamento di personale, ma anche criticato pubblicamente le anomalie nei bandi di reclutamento o di appalti di servizi, talvolta ottenendone il ritiro; partecipato a molteplici tavoli di lavoro sulle professioni del patrimonio culturale e alla Commissione di monitoraggio istituita dal decreto ministeriale 244/2019 che attua l’articolo 9-bis del Codice dei beni culturali, che stabilisce che i servizi attinenti al patrimonio culturale devono essere affidati alla cura dei professionisti; accompagnato e promosso l’emanazione della legge 15/2020, Promozione e sostegno alla lettura, la prima fonte di rango legislativo primario che riconosce il ruolo fondamentale delle biblioteche di pubblica lettura per la democrazia e la partecipazione culturale; aiutato le biblioteche a reagire alla pandemia invocando il ridimensionamento della ‘quarantena’ sui libri e la più rapida e ampia apertura delle biblioteche, anche opponendoci a un’assurda e antistorica rappresentazione di questi istituti come appendici dei musei e ai tentativi di assimilarle al sistema museale; prodotto ‘manifesti’, raccomandazioni, linee guida e altri materiali di lavoro e di ricerca; spinto perché il Piano nazionale di ripresa e resilienza – che non le contemplava se non per gli aspetti, appunto, museali e ‘turistici’ o come contenitori di patrimonio di pregio da digitalizzare – fosse attuato con bandi e iniziative che prevedessero opportunità di partecipazione delle biblioteche; ottenuto l’inserimento di SBN tra le banche dati d’interesse nazionale previste dal Codice dell’amministrazione digitale (e questo è stato un primo seppur limitato passo avanti per il riconoscimento delle biblioteche e delle loro infrastrutture nazionali nelle politiche pubbliche per la trasformazione digitale dei servizi al cittadino); contribuito significativamente all’istruttoria per l’emanazione della direttiva europea 790/2019 e successivamente a quella per il suo recepimento nazionale, avvenuto nel 2021, che introduce le prime eccezioni e limitazioni obbligatorie al diritto d’autore a favore della ricerca, della formazione e delle biblioteche e gli altri istituti culturali e ha fornito, grazie anche al fondamentale lavoro di Eblida, l’associazione delle associazioni bibliotecarie europee, un’importante occasione per riportare le biblioteche al centro dell’agenda europea; ottenuto modifiche e integrazioni al Piano nazionale per la digitalizzazione, tra cui l’inserimento del sistema del deposito legale digitale Magazzini digitali quale destinatario dei prodotti digitali o digitalizzati destinati ad uso pubblico; celebrato, nel 2019, il ventennale di Nati per leggere, il programma nazionale riconosciuto come una delle migliori buone pratiche in materia di promozione della lettura alla prima infanzia, frutto dell’alleanza tra l’AIB, l’Associazione culturale pediatri e il Centro per la salute del bambino; portato il programma Mamma lingua. Storie per tutti, nessuno escluso, in tutte le venti regioni d’Italia, con il sostegno del Centro per il libro; elaborato, grazie al lavoro dell’Osservatorio AIB sulla formazione, programmi di aggiornamento degli associati sui temi più disparati e offerto formazione riconosciuta dal Ministero dell’Istruzione a bibliotecari e insegnanti per lo sviluppo di biblioteche scolastiche.
Al contempo, condividendo le sollecitazioni a riconfigurare le biblioteche come luoghi e servizi ‘di tutti’, con tutto ciò che ne deriva in termini di coinvolgimento delle comunità di riferimento nello sviluppo dei servizi e nelle strategie per l’inclusione, abbiamo voluto sollevare l’attenzione su alcune priorità per ancorare questa idea su basi meno labili di uno slogan o di una petizione di principio.
La prima priorità riguarda, appunto, la definizione stessa della biblioteca e delle aspettative sociali a cui questa istituzione risponde, cui abbiamo dedicato il nostro 60° congresso del 2018, e quella di biblioteca digitale, secondo i principi, i modelli e i valori indicati dal Nuovo manifesto per le biblioteche digitali elaborato dall’apposito gruppo di lavoro, di cui abbiamo discusso durante il convegno “Biblioteche per il welfare digitale” a novembre 2020. Questo lavoro sarebbe incompleto senza una specifica focalizzazione sulle condizioni per la più ampia e piena partecipazione delle persone con bisogni speciali, su cui sono al lavoro il Gruppo di studio per l’inclusione e il Gruppo di studio sulle biblioteche carcerarie, quest’ultimo anche a supporto delle attività del gruppo di lavoro previsto dalla convenzione AIB-Ministero della Giustizia, ANCI e Conferenza delle regioni, che speriamo possa essere rinnovato al più presto. Anche l’istituzione del Premio Maria A. Abenante, in memoria della nostra carissima collega scomparsa nel 2019, alla biblioteca o al/alla bibliotecario/a più inclusivo/a vuole segnalare e valorizzare le buone pratiche in questo ambito come fonte d’ispirazione.
La seconda priorità riguarda le condizioni per la qualificazione professionale del lavoro in biblioteca, i cui requisiti sono definiti dalla norma UNI, attualmente in corso di aggiornamento, alla cui stesura l’AIB partecipa mediante un proprio rappresentante, e le distanze da colmare nella formazione, nei meccanismi di riconoscimento e nel mercato, cui abbiamo dedicato il 61° congresso del 2021, “Bibliotecari, il lavoro più bello del mondo. Anche in Italia?”. Su questo tema l’Osservatorio AIB sulla professione ha prodotto molteplici strumenti, in parte da aggiornare, oltre ad avere condotto un’indagine sullo stato dell’occupazione in biblioteca prima e durante la pandemia.
La terza priorità riguarda la dimensione etica del nostro lavoro applicata alla difesa della libertà di espressione e di accesso all’informazione e del diritto alla bibliodiversità. Per sottolinearla abbiamo istituito l’Osservatorio sulla censura nelle biblioteche italiane, che lavora in stretto contatto con IFLA FAIFE, e promosso la rassegna annuale Libri salvati, in ricordo dei roghi di libri avvenuti nella Germania nazista nel 1933. Nella stessa ottica e per gli stessi obiettivi s’inquadra anche l’impegno dell’AIB per le riforme in materia di diritto d’autore e per l’accesso e il riuso di informazioni e documenti di pubblico dominio (su cui l’apposito Gruppo di studio ha prodotto delle utili FAQ), a cominciare dalla documentazione del settore pubblico (si veda il Manifesto per la documentazione del settore pubblico).
La quarta priorità, che comprende tutte le precedenti, riguarda il ruolo delle biblioteche per il futuro dell’umanità per cui – dopo avere aderito all’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile – abbiamo istituito l’Osservatorio biblioteche e obiettivi di sviluppo sostenibile, che ha sostituito l’Osservatorio sulle biblioteche italiane e, da ultimo, il Gruppo di studio sull’inclusione.
Se oggi gli obiettivi di sviluppo sostenibile fissati dall’Agenda ONU per il 2030 appaiono ai più una cornice di riferimento indispensabile per le biblioteche, ciò è dovuto anche alla lungimiranza delle loro associazioni (anzitutto di IFLA, che aveva partecipato all’istruttoria per l’adozione dell’Agenda ONU). Su questo piano, l’AIB può vantare un piccolo primato in Europa, dove siamo stati tra le prime associazioni bibliotecarie a promuovere questo approccio, così come è per noi motivo di soddisfazione avere stimolato – con il convegno organizzato a Ravello il 9-10 giugno 2022 in collaborazione con il Centro universitario europeo per i beni culturali – una prima lettura dell’Agenda ONU per lo sviluppo sostenibile integrata con la Convenzione di Faro sul valore dell’eredità culturale, adottata dal Consiglio d’Europa nel 2005 e recepita in Italia con la legge 133/2020. Se infatti è abbastanza condivisa l’opinione che la cultura della sostenibilità costituisce precondizione abilitante per l’attuazione dell’Agenda 2030, questa visione non può che essere corroborata e rafforzata dall’applicazione della Convenzione di Faro, che richiama il diritto al patrimonio culturale – definito (articolo 2) quale «insieme di risorse ereditate dal passato che le popolazioni identificano come riflesso ed espressione dei loro valori, credenze, conoscenze e tradizioni, in continua evoluzione […]» – e ne afferma l’inerenza alla partecipazione alla vita culturale e il valore per la costruzione di società coese, democratiche, sostenibili che promuovono sviluppo umano e qualità della vita.
Un ulteriore aspetto d’interesse della Convenzione di Faro per le biblioteche – su cui confidiamo di avere aperto non solo un filone di ricerca, ma anche una traccia di lavoro – è la raccomandazione ivi prevista di un approccio integrato e consapevole di tutte le istituzioni pubbliche, affinché sappiano coinvolgere attori sociali e singoli nei processi di identificazione, studio, interpretazione, protezione, conservazione e presentazione del patrimonio culturale. Questa raccomandazione ci sembra particolarmente utile nella prospettiva della costruzione di un sistema bibliotecario nazionale fondato sulla collaborazione interistituzionale a più livelli, che moltiplichi le opportunità di tutela, sviluppo, fruizione e valorizzazione delle collezioni, dei servizi e delle professionalità offerti dai singoli istituti e dalle reti bibliotecarie territoriali e settoriali. Da lungo tempo l’AIB chiede una legge sulle biblioteche e sul sistema bibliotecario italiano che, partendo dai diritti delle persone, fissi principi, obiettivi, responsabilità e ambiti di cooperazione. Abbiamo riproposto in varie sedi questa richiesta, insieme a quella di procedere celermente all’emanazione del decreto MiC sui livelli uniformi minimi di qualità delle biblioteche, uno strumento previsto dal Codice dei beni culturali e del paesaggio, atteso dal 2014, che aiuterebbe a fornire indirizzi a tutti gli enti titolari di biblioteche e ai loro finanziatori.
Sono tante le cose su cui dobbiamo rafforzare il nostro impegno, ma quelle che siamo riusciti a fare (compresa una riforma dello statuto e dei regolamenti associativi, frutto di un’ampia consultazione e condivisione con tutti i soci) e le alleanze che siamo riusciti a costruire lungo il cammino – mostrando peraltro un alto grado di resilienza rispetto al lockdown e riuscendo in breve tempo a riorganizzare tutte le nostre attività potenziando l’uso delle piattaforme digitali – non sarebbero state possibili, in un’associazione fondata sulla partecipazione volontaria e composta da colleghi già molto impegnati nelle biblioteche dove lavorano o nella ricerca di opportunità di lavoro, senza un segretario generale (si sono avvicendate in questo compito Agnese Cargini, Giovanna De Pascale, Palmira Maria Barbini e Francesca Cadeddu, già componente del Comitato esecutivo nazionale per due mandati consecutivi e nostra referente in COLAP e nel Gruppo di coordinamento per l’attuazione del protocollo sulle biblioteche carcerarie) e una segreteria nazionale formata da persone non solo competenti e affidabili, ma anche iscritte e profondamente legate all’AIB nella piena condivisione dei valori e degli obiettivi statutari.
A loro, al vice presidente Vittorio Ponzani, a Giovanni Bergamin, Enzo Borio, Claudio Leombroni, Francesco Langella, Patrizia Luperi, Milena Tancredi, e di nuovo a Francesca Cadeddu, componenti del CEN uscente o del precedente, ai presidenti regionali che hanno partecipato ai lavori del consiglio nazionale dei presidenti e ai componenti dei loro comitati esecutivi regionali, ai coordinatori e ai componenti di osservatori, commissioni e gruppi di studio, ai responsabili e ai componenti delle redazioni (a cominciare da AIB-Web) e delle riviste, al comitato scientifico e alla redazione delle Edizioni AIB, al direttore e allo staff della Biblioteca, ai presidenti e ai componenti che si sono avvicendati nel collegio dei probiviri, nel collegio sindacale e nella commissione di attestazione, a coloro che ci hanno rappresentati e ci rappresentano in IFLA e in Eblida, a tutti gli associati e amici che hanno partecipato alla vita dell’associazione, ai partner che abbiamo trovato lungo il cammino va il mio ringraziamento più profondo per la magnifica esperienza umana e professionale che mi hanno permesso di vivere, per l’entusiasmo che mi hanno trasmesso e per le innumerevoli cose che ho imparato da loro. Se sarò riuscita a restituire almeno una piccola parte di questi doni, o a motivare qualche collega a impegnarsi di più con l’associazione, ne sarò felice.
In questi anni ho avuto l’onore di celebrare compleanni e anniversari di grandi personalità che hanno contribuito a scrivere la nostra lunga storia e il rammarico di annunciare la perdita di altre personalità, come Carlo Revelli, che ci hanno illuminato con la loro intelligenza.
Nel solco delle loro testimonianze e di questa lunga tradizione, noi ci siamo cimentati nella semina di nuove prospettive di sviluppo e qualche piccolo risultato, anche in termini di crescita reputazionale dell’AIB e dei bibliotecari italiani, abbiamo iniziato a vederlo.
Ma sono tante le cose ancora da fare e nessun risultato parziale può dirsi acquisito in questi tempi difficili; perciò, auguro ai colleghi che guideranno l’associazione per il prossimo triennio di poter trarre energia e motivi di ottimismo nel loro impegnativo lavoro dalla percezione di poter fare leva su una comunità professionale sempre più matura e coesa che vuole crescere insieme.
Rosa Maiello
AIB studi, vol. 63 n. 1 (gennaio/aprile 2023). DOI 10.2426/aibstudi-13858.ISSN: 2280-9112, E-ISSN: 2239-6152 - Copyright (c) 2023 Rosa Maiello