Per Paolo Traniello

Lo scorso 14 novembre è mancato Paolo Traniello, già professore ordinario di Biblioteconomia e Bibliografia presso l’Università degli studi di Roma Tre. Milanese di nascita, classe 1938, laureato in Giurisprudenza alla Statale di Milano e in Lettere con indirizzo storico a Torino, aveva avviato la carriera accademica nell’Università della Calabria e poi dell’Aquila; ma prima ancora era stato bibliotecario, approdando dopo brevi praticantati alla direzione della Biblioteca pubblica - Casa della cultura della Fondazione Achille Marazza di Borgomanero quando ne era presidente Virginia Carini Dainotti, occupandosi poi dell'organizzazione della catalogazione collettiva presso l'Assessorato alla cultura della Regione Lombardia. Un percorso biografico e professionale, il suo, di cui sono così riepilogate le tappe principali, ma che solo con forte approssimazione si potrebbe definire lineare, costellato com’è di tante altre esperienze apparentemente eterogenee, eppure legate tutte dall’interesse per l’interpretazione della società, oltre che del ruolo delle biblioteche in essa: un filo conduttore che gli ha consentito di attraversare contesti disciplinari diversi e che futuri studi potranno meglio mettere in luce.
Quel che già oggi di lui sappiamo più o meno tutti, è che le sue ricerche hanno tracciato una linea ben riconoscibile nel panorama degli studi italiani, segnando il radicamento documentale di una storia istituzionale delle biblioteche e favorendo la contestualizzazione di fenomeni che rischiavano interpretazioni fuorvianti. Sul concetto di biblioteca pubblica, in particolare, il suo sguardo lucido ha saputo ridimensionare alcune visioni ideologizzanti importate dalla biblioteconomia anglosassone, riconducendole alla realtà italiana anche grazie al solido bagaglio di competenze giuridiche, che lo guidavano nell’analisi della legislazione di settore. Nascevano così il seminale La biblioteca pubblica. Storia di un istituto nell’età contemporanea (1997), la Storia delle biblioteche in Italia dall’Unità ad oggi (2002) – la cui seconda edizione del 2014 è tuttora in uso in corsi universitari – ‘proseguito’ in Le biblioteche italiane oggi (2005), l’innovativo Biblioteche e società (2006), pubblicati con Il Mulino, senza contare numerosi interventi sparsi in varie sedi. 
La ricerca di Paolo Traniello sulle biblioteche italiane non perdeva di vista l’orizzonte europeo, coltivato attraverso viaggi di studio e incursioni nella letteratura, professionale e non, con una sottotraccia mitteleuropea evidente nella ricezione del pensiero di Max Weber e Jürgen Habermas (anche la narrativa di Thomas Mann è stata spunto di illuminanti sue pagine). All’Europa e al mondo guardavano pure alcuni suoi progetti che non andarono oltre lo stadio esplorativo iniziale: una grande opera di storia delle biblioteche italiane – sul modello corale della Histoire des bibliothèques françaises – di cui volle farsi promotore; l’auspicata realizzazione di una piattaforma di fonti storiche digitalizzate; iniziative che avrebbero potuto compiersi solo col concorso di un nutrito gruppo di studiosi, strutture, fondi.
In anni più recenti i suoi interessi si erano spostati verso aspetti legati per così dire all’altra faccia della filiera del libro, alla sua stessa genesi, con un approccio di stampo filosofico, mirato alle radici di concetti e istituti: così il diritto d’autore veniva riletto nei termini di una storia del pensiero e della sua trasmissione, il rapporto tra editori e tipografi come chiave per delineare il lavoro intellettuale tra fine dell’ancien régime ed età industriale, senza escludere incursioni in terreni per lui non abituali ma concettualmente sfidanti (come l’applicazione dello schema FRBR a prospettive di storia dell’editoria), fino alla multiforme nozione di ‘pubblico’, in relazione allo sviluppo storico della borghesia. Appunto uno dei suoi ultimi messaggi, alla data del 21 ottobre 2023, riporta un abbozzo di titolo per il volume che aveva in mente di pubblicare nelle edizioni AIB: La biblioteca tra lettura riservata e spazio pubblico.
Sarà il tempo, saranno le analisi dei suoi scritti a dipingere più compiutamente il lascito degli studi di Paolo Traniello; è invece questo il momento per auspicare che non ne vada dimenticato il lascito umano. Due aspetti della personalità hanno specialmente ispirato la sua esistenza: l’attenzione alle persone, che se orientava la sua ricerca alle dinamiche sociali, nella sfera privata si traduceva in un impegno concreto all’azione per modificare il contesto in cui viveva, a più livelli (dall’insegnamento giovanile nelle scuole serali, ai corsi di scrittura per i carcerati, al sostegno a ragazzi in difficoltà); e una genuina curiosità, capace di spaziare nei territori del ludico e della cultura popolare o di avventurarsi in imprese editoriali, rifuggendo dalle mode in quanto tali e sempre nel perimetro di un umanesimo terenziano, nel senso di non considerare alieno da tutto ciò che l’animo umano compie e produce.
Paolo Traniello non era – né risulta che gli interessasse esserlo – un intellettuale nell’accezione à la page che di solito si attribuisce al termine, ma il suo intelletto era vivace fino all’irrequietezza: un tratto personale che credo abbia dato spessore e libertà al suo percorso professionale e privato. Dotato di logica ferrea, che aggirava e smascherava i luoghi comuni, non coltivò un particolare interesse a occupare posizioni, fondare feudi, forse nemmeno a ‘fare scuola’; semmai s’intravedeva in lui l’aspirazione a lasciare una eredità che passasse attraverso gli affetti e le idee oltre che attraverso i libri e l’azione. Ne ricorderemo perciò i modi signorili ma non affettati, l’ironia pungente e mai sarcastica, l’eleganza del fraseggio che nasceva, più che da cerimoniosità o ricercatezza di stile, da un garbo innato. La gentilezza d’animo non impediva a un carattere umbratile di esprimersi a volte con reazioni vivaci, facilmente superate da un pronto ricorso alla cordialità e alla rimodulazione dei giudizi, anche a costo di qualche ripensamento. Una salda coscienza del proprio valore, infatti, gli consentiva – all’occorrenza e senza incoerenza – di cambiare idea, per la semplice intelligenza delle situazioni mutevoli, o di ricorrere in modo aperto ai consigli altrui con la stessa sicurezza con cui era pronto a offrirne, e lo manteneva distante da presenzialismi e opportunismi, dandogli modo di dedicare le proprie energie a ciò che di volta in volta gli stava a cuore, che fosse un argomento di dibattito interessante o l’incontro con un amico. 
Tanti colleghi hanno visto per l’ultima volta Paolo Traniello al funerale di Alberto Petrucciani, solo due mesi prima di andarsene lui stesso; portava con sé il bastone e molto affanno – il cuore affaticato quasi gli impediva di camminare – ma non volle mancare. Sembra incredibile che due figure chiave per le biblioteche italiane, incarnazioni di modi diversi ma complementari di intenderne la storia e l’azione sociale e culturale, ci abbiano lasciati in un tempo così breve, l’uno più giovane ma dopo lunga malattia, l’altro ormai nella fase avanzata della maturità, in un declino tanto progressivo da non far cogliere nelle crescenti fragilità i segni premonitori dell’ultimo decadimento, perciò lasciando una dolorosa sensazione d’imprevisto. Diversi per indole e attitudini, Petrucciani e Traniello sono stati diversi anche nei loro approcci alla storia bibliotecaria, alla quale entrambi hanno dato molto. Il convegno dell’Aquila del 16-17 settembre 2002, “Storia delle biblioteche. Temi, esperienze di ricerca, problemi storiografici”, i cui atti sono stati pubblicati l’anno seguente dall’AIB, li vedeva entrambi curatori e segna forse il punto in cui con più evidenza le strade delle loro ricerche si sono intrecciate e diramate, da un lato rappresentando la concreta realtà bibliotecaria, esperibile attraverso minuziosi scavi negli strumenti ‘interni’ delle biblioteche, e dall’altro inquadrandola in un’ampia cornice legislativa e politica. Petrucciani e Traniello hanno vissuto in modo altrettanto diverso pure l’impegno professionale; più militante Alberto, anche attraverso la lunga attività nell’AIB e per l’AIB, più defilato Paolo, che, dopo un iniziale coinvolgimento nei comitati esecutivi regionali calabrese e abruzzese e nel comitato scientifico del Bollettino AIB, aveva rinunciato all’assunzione di incarichi nell’associazione professionale – di cui era orgogliosamente ‘socio d’oro’ – preferendo canali più personali per portare il suo appoggio alle biblioteche, dall’animazione di gruppi di ‘amici delle biblioteche’ alla partecipazione attiva ai programmi culturali delle biblioteche pubbliche che frequentava, anche in anni recenti. 
Proprio Alberto Petrucciani, insieme ad Angela Nuovo e Graziano Ruffini, era stato curatore quindici anni fa della raccolta di scritti in omaggio alla conclusione della carriera accademica di Paolo, pubblicata dal Sinnos (la casa editrice che Traniello stesso aveva contribuito a fondare, nata nel 1990 da una cooperativa sociale con e per i reclusi del carcere romano di Rebibbia). Il titolo, Pensare le biblioteche, rimane tuttora l’efficace sintesi di un percorso di vita e di ricerca che ha rappresentato un punto di riferimento imprescindibile per almeno due generazioni di bibliotecari e di cultori delle discipline bibliografiche, fissando nel binomio tra biblioteca e pensiero l’ampio raggio d’azione di uno studioso, ma anche il senso di una istituzione millenaria che dal pensiero non può prescindere, se vuole avere un futuro.

Chiara De Vecchis

 

AIB studi, vol. 63 n. 3 (settembre/dicembre 2023). DOI 10.2426/aibstudi-14010. ISSN: 2280-9112, E-ISSN: 2239-6152 - Copyright (c) 2023 Chiara De Vecchis