Storie di autonomia "speciale": le biblioteche specializzate del Ministero per i beni e le attività culturali
DOI:
https://doi.org/10.2426/aibstudi-6365Abstract
Il dibattito sulle biblioteche specializzate, oggi non più di moda, in Italia si è sviluppato soprattutto negli anni Ottanta, affrontando complesse discussioni teoriche in ambito biblioteconomico – fortemente influenzate dalla contemporanea letteratura statunitense – oltre che questioni di politica culturale e professionale.
Tuttavia il problema della specializzazione delle biblioteche aveva occupato un posto di rilievo nelle discussioni politico-parlamentari già all’indomani dell’Unità d’Italia, quando personalità come Ruggiero Bonghi, Ferdinando Martini e Guido Baccelli si erano contrapposte culturalmente e politicamente proprio su tale tema, senza però arrivare a formulare l’ipotesi di un sistema bibliotecario organico per il nuovo Regno, ma assegnando a ciascun istituto un ruolo ben definito all'interno di una organizzazione complessiva.
A partire dagli anni Venti l’idea di dotare il paese di biblioteche specializzate tornò prepotentemente in primo piano grazie a una nuova concezione degli studi che prevedeva una maggiore specializzazione delle singole discipline e una rinnovata apertura al contemporaneo – com'è testimoniato anche dalla nascita, in quegli stessi anni, di numerosi istituti culturali.
È in questo periodo che nacquero – o meglio: furono “istituzionalizzate” – le tre biblioteche statali specializzate: la Biblioteca di Archeologia e storia dell’arte, la Biblioteca di Storia moderna e contemporanea e la Biblioteca medica, che nel tempo sono riuscite a tenere il passo con le mutate esigenze della ricerca creando servizi e utilizzando strumenti e metodi in sintonia con i sempre nuovi bisogni espressi dagli studiosi.
Nonostante la mancanza di risorse – economiche e di personale – che da molti anni investe il mondo delle biblioteche, le biblioteche specializzate del Ministero per i beni e le attività culturali hanno recentemente sviluppato (e dovranno continuare a sviluppare sempre di più in futuro) una politica culturale mirata alla creazione di banche dati originali, consentendo l’accesso a un sempre maggior numero di risorse digitali organizzate per singole discipline o settori di indagine, e integrandosi con università ed enti di ricerca scientifica.Downloads
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